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12. Si direbbe che quell’uccellino dello spirito si sia liberato della miseria di questa carne e del carcere di questo corpo e può, quindi, dedicarsi meglio a ciò che il Signore gli offre. È un dono, il volo dello spirito, talmente delicato e prezioso, per quel che intende l’anima, che non le sembra possibile esservi in esso illusione. Lo stesso le accade per tutte le grazie di tal genere, nel momento in cui le riceve. I timori vengono dopo, per il fatto – ad esempio, nel caso di cui si parla – che la persona cui sono elargite si sente così imperfetta da aver ragione di temere, anche se nell’intimo resta all’anima una certezza e una sicurezza che le permettono di vivere; non, però, di lasciare da parte le precauzioni necessarie per evitare inganni.

13. Impeto chiamo un desiderio che coglie l’anima – a volte, e anche spesso – senza esser preceduto da orazione, proveniente da un improvviso pensiero di essere lontani da Dio, o dall’udire una parola che si riferisca a questo. Tale pensiero è, a volte, di tale forza e intensità che in un attimo sembra far perdere il senno. È come quando si riceve all’improvviso una notizia molto brutta e inattesa o si venga colti da uno spavento: diventa impossibile ragionare per trovare un motivo di conforto e si resta come intontiti. Così avviene qui, salvo che la pena nasce da una tal causa che l’anima si rende perfettamente conto di come sarebbe giusto morirne.

14. Sembra proprio che quanto l’anima allora comprende serva solo ad accrescere la sua pena e che il Signore non voglia che essa sia capace d’altro, neanche di ricordarsi che è la sua volontà a trattenerla in vita; le sembra, anzi, di essere in una solitudine così grande e in un abbandono così totale, da non potersi descrivere. Il mondo intero e le cose terrene le procurano infatti tormento, e nessuna cosa creata riesce a darle compagnia; essa, del resto, vuole solo il suo Creatore e vede che le è impossibile averlo se non morendo. E poiché non deve uccidersi, muore dal desiderio di morire, al punto da essere veramente in pericolo di morte; si vede come sospesa tra cielo e terra e non sa che fare. Di quando in quando Dio, per mostrarle ciò che perde, le dà qualche conoscenza di sé, in un modo così straordinario che non si può esprimerlo, non essendoci alcuna sofferenza sulla terra, per lo meno di quante io ne ho sofferte, che possa eguagliare questa. Basta che duri mezz’ora per lasciare il corpo così affranto e le ossa così slogate che non ci si può neanche servire delle mani per scrivere, oltre ad avere fortissimi dolori.