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Cerchiamo ora di vedere più in dettaglio la presentazione di alcune traduzioni:

LA TRADUZIONE INTERCONFESSIONALE :  TILC

La traduzione italiana, molto poco conosciuta nella pastorale, è la traduzione interconfessionale in lingua corrente denominata "Parola del Signore" (bibbia TILC).
Questo non significa che non sia cattolica, ma che è anche cattolica: infatti ha la piena approvazione della CEI come pure delle chiese protestanti italiane. Una bibbia importante, visto che si parla tanto di ecumenismo. Solo non è abilitata all'uso liturgico, se non in casi particolari: alcune diocesi ne hanno infatti permesso l'uso nelle messe per i fanciulli proprio per l'immediatezza e la facilità di comprensione. "Non aggiunge e non toglie alcuna informazione contenuta nei testi originali", ma cerca di comunicare al lettore di oggi soprattutto il significato. Un testo che non ha bisogno di troppi commenti e adatto quindi a chi si avvicina a Gesù o alla Bibbia per la prima volta.
Si tratta di una traduzione a "equivalenza dinamica" o “equivalenza funzionale”, che si distingue dalle altre perché cerca di rendere il testo ebraico e greco con parole e forme della lingua corrente, abitualmente usata nei rapporti interpersonali. Essa cerca di rendere i testi biblici accessibili ai principianti e comprensibili al lettore di oggi, privilegiando la trasmissione del contenuto rispetto alla conservazione degli aspetti formali delle lingue originali. Nonostante questa costante attenzione, la traduzione non è mai una parafrasi, ma resta fedele ai testi originali e rispetta le caratteristiche della lingua italiana e si sforza di non aggiungere né togliere alcuna informazione rispetto ai testi originali.

E', però, evidente che questo tipo di traduzione talvolta impedisce al lettore di rendersi conto delle sfumature delle singole parole che sottostanno alla traduzione.

Inoltre, questa traduzione tenta di colmare il divario culturale tra la realtà del tempo e del contesto in cui la Bibbia è stata scritta e quella dell'uomo contemporaneo, sebbene non sia trascurata la distanza tra queste realtà lontane e vengano mantenuti tutti i riferimenti al mondo palestinese e greco-romano. Dopo quattro anni di lavoro, nel 1976 è stato pubblicato l'intero Nuovo Testamento, mentre l'intera Bibbia è apparsa nel 1985 insieme alla seconda edizione del Nuovo Testamento. I libri Deuterocanonici sono collocati tra l'Antico e il Nuovo Testamento, preceduti da apposita introduzione che in particolare dichiara: “Il valore di questi libri fu ufficialmente riconosciuto dalla Chiesa romana nel secolo IV d.C. Essi sono stati poi dichiarati canonici dalla Chiesa cattolica nel Concilio di Trento (1546).
Da allora divenne comune il nome di libri Deuterocanonici (appartenenti al secondo canone o elenco). I Protestanti li chiamano generalmente Apocrifi, parola che originariamente significava “nascosti”. I Riformatori del secolo XVI non li hanno riconosciuti come canonici. Li hanno però considerati utili per l'edificazione personale e li hanno messi in appendice alla Bibbia.
Così, ad esempio, la confessione di fede detta “La Rochelle” (1559) dichiara a questo proposito: “benché utili, non è possibile fondare su di essi alcun articolo di fede”. Le Chiese ortodosse, anche se non hanno mai preso alcuna decisione ufficiale li includono nelle loro Bibbie”.