CREDENTI

TRADUZIONI DELLA BIBBIA

  • Messaggi
  • OFFLINE
    Credente
    00 03/08/2013 21:06

    LE TRADUZIONI DELLA BIBBIA ATTRAVERSO I SECOLI

     

    Molte sono state le traduzioni e le versioni della Bibbia nel corso dei tempi.
    Difficilmente una traduzione può essere perfetta in tutto, in quanto alcuni hanno optato più per una traduzione comprensibile adatto al linguaggio parlato all'epoca in cui è stato tradotta e quindi a discapito della fedeltà, altri invece hanno preferito tradurre con maggiore letteralità a discapito della comprensibilità.
     In ogni caso ogni traduzione è sempre migliorabile con il progredire degli studi e degli approfondimenti nelle materie bibliche.

    La scienza critica raccoglie tutti i papiri e i manoscritti più antichi esistenti, che attraverso i secoli sono stati copiati e si sono moltiplicati dipendendo l'uno dall'altro; esamina questi manoscritti, li cataloga, li confronta, ne mostra le reciproche dipendenze o somiglianze, ne nota le differenze ed arriva alla ricomposizione di un testo contenente il minor numero di errori. Lavorando così a ritroso, si arriva per quanto è possibile fino all'età di composizione del testo sacro.

    Inoltre confronta se un determinato versetto sia stato citato, e in quale forma dagli scrittori antichi o padri della Chiesa, in modo da verificare se tale o tal'altro versetto si trovava  nel testo biblico e come  esso veniva letto e commentato, oppure se, mancando nei maggiori codici e tra le citazioni patristiche sia da ritenere solo una glossa finita nel Testo.

    Ecco quindi che solo la Trasmissione di tutto il sacro DEPOSITO di fede (=TRADIZIONE), può consentire al traduttore di avere a disposizione gli strumenti adatti per fare una traduzione maggiormente  conforme agli originali, completa, comprensibile nel linguaggio corrente, ma allo stesso tempo fedele  e per quanto possibile LETTERALE, perchè solo la Tradizione può apprestare tutto il materiale occorrente, per una tale BIBLICA IMPRESA, che richiede tenacia, competenza, conoscenze adeguate, fedeltà e amore per la Parola di Dio e tante altre caratteristiche che in genere richiedono molti addetti ai lavori e molti anni.

    Nel corso dei secoli si sono avute traduzioni approssimative, sbrigative, che avevano la pretesa di essere " Bibbie " ma che in realtà non erano tali perchè  non hanno goduto delle prerogative summenzionate nè controlli che ne garantissero l'autenticità.

    In questa sezione si trovano elencate le più note traduzioni cattoliche e non cattoliche che sono state prodotte. Siccome abbiamo raccolto le notizie anche da siti non cattolici è chiaro che essi hanno referenziato positivamente la propria traduzione.

    AVVERTENZA:  Non è qui nostra intenzione fare un esame critico delle traduzioni, nè quella di dare dei giudizi su di esse, ma solo elencarli con la presentazione che abbiamo potuto raccogliere finora.


    Quello che segue è un estratto significativo dell’enciclica Divino Afflante Spiritu scritto da Pio XII nel 1943, che sottolinea con forza  l'importanza e la necessità di far ricorso ai testi originali per poter cercare di rendere le traduzioni sempre più fedeli e attendibili, e che quindi la Chiesa sente il diritto dovere di provvedere a far sì che le proprie traduzioni abbiano queste caratteristiche e che siano sempre più accurate, avendo ricevuto dai predecessori un tesoro da conservare e da trasmettere in maniera adeguata secondo il volere di Dio.

    .

    "....All'interprete cattolico che si accinge all'opera di intendere e spiegare le divine Scritture, già i Padri della Chiesa, e in prima linea Sant'Agostino, grandemente raccomandavano lo studio delle lingue antiche e il ricorso ai testi originali (Cfr. per es. S. Hieron., Praef. in IV Evang. ad Damasum, PL. XXIX, col. 526-527; August., De doctr. christ. II, 16; P.L. XXXIV, col. 42-43).

    Tuttavia tali erano a quei tempi le condizioni degli studi, che non molti, e quei medesimi soltanto in grado imperfetto, possedevano la lingua ebraica. Nel medio evo poi, mentre era in sommo fiore la Teologia Scolastica, anche la conoscenza del greco era da grande tempo scemata in Occidente, sicché anche i più grandi Dottori di quel tempo nello spiegare i Sacri Libri non si potevano basare che sulla versione latina della Volgata.

    Ai giorni nostri al contrario non soltanto la lingua greca, che col Rinascimento risorse, per così dire, a novella vita, è pressoché familiare a tutti i letterati e studiosi della antichità, ma anche dell'ebraico e di altre lingue orientali è diffusa la conoscenza fra le persone colte.

    Si ha poi adesso tanta abbondanza di mezzi per imparare quelle lingue, che un interprete della Bibbia, il quale trascurandole si precluda da sé la via di giungere ai testi originali, non può sfuggire alla taccia di leggerezza e di ignavia.

    Dovere dell'esegeta per fermo è raccogliere con somma cura, e con venerazione quasi afferrare ogni apice anche minimo, che provenga dalla penna dell'agiografo sotto l'azione del Divino Spirito, al fine di penetrarne a fondo ed appieno il pensiero. Perciò seriamente procuri di acquistarsi una perizia ogni dì maggiore nelle lingue bibliche, ed anche nelle altre lingue orientali, e rincalzi la sua interpretazione con tutti quei mezzi, che fornisce la filologia in ogni sua parte.

    Tutto ciò si studiò già di conseguire San Girolamo con le cognizioni della sua età e ad altrettanto mirarono, con indefessa applicazione e frutto più che ordinario, non pochi dei grandi esegeti dei secoli XVI e XVII, sebbene allora fosse assai minore, che adesso, la scienza delle lingue. Per ugual via dunque occorre spiegare quel testo originale, che, per essere immediato prodotto del sacro autore, ha maggiore autorità e maggiore peso di qualunque traduzione, antica o moderna, per quanto ottima; e ciò per certo si otterrà con più facilità e profitto, se alla conoscenza delle lingue si accoppierà una soda perizia della critica relativa al testo medesimo.

    Quanta importanza si debba annettere a tale critica, accortamente lo fa intendere Sant'Agostino, quando fra i precetti da inculcare allo studioso del Sacri Libri mette in primo luogo la cura di procacciarsi un testo corretto. "Ad emendare i codici - così quel chiarissimo Dottore della Chiesa - deve anzitutto attendere la solerzia di coloro, che bramano conoscere le divine Scritture, affinché gli scorretti cedano il posto agli emendati" (De doct. christ. II, 21; PL. XXXIV, col. 46).

    Oggi poi quest'arte, che suol chiamarsi critica testuale e nelle edizioni degli autori profani s'impiega con grande lode e pari frutto, con pieno diritto si applica ai Sacri Libri appunto per la riverenza dovuta alla parola di Dio. Scopo di essa infatti è restituire con tutta la possibile precisione il sacro testo al suo primitivo tenore, purgandolo dalle deformazioni introdottevi dalle manchevolezze dei copisti e liberandolo dalle glosse e lacune, dalle trasposizioni di parole, dalle ripetizioni e da simili difetti d'ogni genere, che negli scritti tramandati a mano pei molti secoli usano infiltrarsi.

    È vero che di tal critica alcuni decenni or sono non pochi abusarono a loro talento, non di rado in guisa che si direbbe abbiano voluto introdurre nel sacro testo i loro preconcetti. Ma oggi appena occorre dire che quell'arte ha raggiunta una tale stabilità e sicurezza di forme, che agevolmente se ne può scoprire l'abuso, e con i progressi conseguiti essa è divenuta un insigne strumento atto a propagare la divina parola in una forma più accurata e più pura. Neppure fa bisogno qui ricordare - essendo cosa nota e palese a tutti gli studiosi della Sacra Scrittura - in quanto onore abbia tenuti la Chiesa dai primi secoli all'età nostra, questi lavori di critica.

    Oggi dunque, poiché quest'arte è giunta a tanta perfezione, è onorifico, benché non sempre facile, ufficio degli scritturisti procurare con ogni mezzo che quanto prima da parte cattolica si preparino edizioni dei Sacri Libri sì nei testi originali, e sì nelle antiche versioni, regolate secondo le dette norme; tali cioè che con una somma riverenza al sacro testo congiungano un'accurata osservanza di tutte le leggi della critica. E tutti sappiamo che questo lungo lavoro di critica non solo è necessario a rettamente comprendere gli scritti divinamente ispirati, ma anche è imperiosamente richiesto da quella pietà che deve renderci sommamente grati a quel provvidentissimo Dio, che questi libri a noi, quasi a propri figli, mandò quali paterne lettere dal trono della sua Maestà.

    nessuno pensi che l'accennato uso dei testi originali condotto a norma di critica venga in alcun modo a derogare a quanto il Concilio di Trento saggiamente prescrisse sulla Volgata latina (Decr. de editione et usu Sacrorum Librorum; Conc. Trid. ed. Soc. Goerres, t. V, p. 91 s.).

    .. Se il Concilio di Trento volle che la Volgata fosse quella versione latina, "di cui tutti dovessero valersi come autentica", anzitutto ciò riguarda solo, come tutti sanno, la Chiesa latina e l'uso che in essa si ha da fare della Scrittura, e del resto non vi è dubbio che non diminuisce punto l'autorità e il valore dei testi originali. Infatti non era allora questione dei testi originali della Bibbia, ma delle traduzioni latine, che a quel tempo circolavano, e fra queste giustamente il medesimo Concilio stabilì doversi preferire quella che "per il diuturno uso di tanti secoli nella Chiesa stessa aveva ricevuta l'approvazione". Questa preminente autorità, ovvero, come suol dirsi, autenticità della Volgata fu dal Concilio decretata non già principalmente per motivi di critica, ma piuttosto per l'uso legittimo che se ne fece nelle Chiese lungo il corso di tanti secoli: il quale uso dimostra che essa, nel senso in cui la intese e intende la Chiesa, va affatto immune da errore in tutto ciò che tocca la fede ed i costumi. Da questa immunità, di cui la Chiesa fa testimonianza e dà conferma, proviene che nelle dispute, lezioni e prediche si possa citare la Volgata in tutta sicurezza e senza pericolo di sbagliare. Perciò quell'autenticità va detta non critica, in prima linea, ma piuttosto giuridica. Quindi l'autorità che la Volgata ha in materia di dottrinanon impedisce punto anzi ai nostri giorni quasi esige che quella medesima dottrina venga provata e confermata per mezzo dei testi originali, e che inoltre ai medesimi testi si ricorra per dischiudere e dichiarare ogni dì meglio il vero senso delle Divine Scritture.

    Anzi neppur vieta il decreto del Tridentino che, per uso e profitto dei fedeli e per facilitare l'intelligenza della divina parola, si facciano traduzioni nelle lingue volgari, e precisamente anche dai testi originali, come sappiamo che in molti Paesi lodevolmente si è fatto con l'approvazione dell'autorità ecclesiastica.

    Fornito così della conoscenza delle lingue antiche e del corredo della critica, l'esegeta cattolico si applichi a quello che fra tutti i suoi compiti è il più alto: trovare ed esporre il genuino pensiero dei Sacri Libri.

    Nel far questo, gli interpreti abbiano ben presente che loro massima cura deve essere quella di giungere adiscernere e precisare quale sia il senso letterale, come suol chiamarsi, delle parole bibliche. Perciò devono con ogni diligenza rintracciare il significato letterale delle parole, giovandosi della cognizione delle lingue, del contesto, del confronto con luoghi simili: cose tutte, donde anche nell'interpretazione degli scritti profani si suole trarre partito per mettere in limpida luce il pensiero dell'autore. I commentatori però della Sacra Scrittura, non perdendo di vista che si tratta della parola da Dio ispirata, della quale da Dio stesso fu affidata alla Chiesa la custodia e l'interpretazione, con non minore diligenza terranno conto delle spiegazioni e dichiarazioni del Magistero ecclesiastico, come pure delle esposizioni dei Santi Padri, ed anche della "analogia della fede", secondo che Leone XIII nell'Enciclica "Providentissimus Deus" con somma sapienza avvertì (Leone XIII, Acta XIII, pp. 345-346; Ench. Bibl. n, 94-96).

     

    [Modificato da Credente 04/08/2013 15:00]
  • OFFLINE
    Credente
    00 03/08/2013 21:18
    Per quanto riguarda il Vecchio Testamento, ma anche versetti del Nuovo Testamento, se si traducessero alla lettera,  varie frasi  non avrebbero senso e quindi devono essere tradotte con parole o espressioni che restituiscano il pieno significato originario. 
    Per fare questo occorre fare molte verifiche e soprattutto ripercorrere l'evolversi dei linguaggi attraverso i tempi, tenendo conto dei generi letterari utilizzati all'origine. Per questo conta molto rintracciare il modo con cui veniva percepita una determinata espressione da coloro che la leggevano, e in tal modo, da una generazione all'altra ripercorrere le varie traduzioni fatte, per non utilizzare parole e frasi, pur possibili, ma che potrebbero alterare il messaggio biblico. 

    Ecco perchè quindi non basta il vocabolario per fare una traduzione biblica accettabile. 
    Se ad esempio un termine greco permette due o più possibilità di traduzione con parole simili ma non equivalenti nella SOSTANZA, NON E' POSSIBILE USARE A CASO UNO QUALSIASI DEI TERMINI DEL VOCABOLARIO. 

    Occorre invece far riferimento ad una TRADIZIONE delle TRADUZIONI, andando a ritroso per verificare se la forma usata oggi, RENDE GLI STESSI CONCETTI CHE SI AVEVANO LUNGO IL CORSO DELLA STORIA, pur con altre forme in costante adeguamento alla lingua parlata. 
    E soprattutto, se determinate espressioni bibliche sono state sempre tradotte alla lettera e si sono mantenute costantemente INVARIATE nel corso dei secoli, NON E' AMMESSO modificarle, anche se in alcuni casi il vocabolario lo permetterebbe. 

    :::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::


    Nel Concilio di Trento (1546) la Chiesa, con apposito decreto, dichiarò la Volgata "autentica", sorgente vera della rivelazione. Il "Nuovo Testamento" comprende i libri che sono stati scritti dopo la venuta di Gesù, dal 45 al 100 d. C., tutti in lingua greca, se si eccettua il Vangelo di san Matteo che una testimonianza patristica dice composto originariamente in aramaico. Da questi scritti appare la Nuova Alleanza, che Iddio Padre per mezzo del suo Figlio Divino concede all'umanità intiera che crederà in Lui. Il numero dei libri del "Nuovo Testamento" ascende a ventisette: Vangeli di san Matteo, di san Marco, di san Luca, di san Giovanni, Atti degli Apostoli, 14 Epistole di san Paolo (ai Romani, I ai Corinzi, II ai Corinzi, ai Galati, agli Efesini, ai Filippesi, ai Colossesi, I ai Tessalonicesi, II ai Tessalonicesi, I a Timoteo, II a Timoteo, a Tito, a Filemone, agli Ebrei), 7 Epistole, dette cattoliche (di san Giacomo, I di san Pietro, II di san Pietro, I di san Giovanni, II di san Giovanni, III di san Giovanni, di san Giuda), e in ultimo l'Apocalisse di san Giovanni. 

    Se si considera la natura degli scritti neo-testamentari si ha la stessa divisione già incontrata per i libri antico-testamentari: libri storici: Vangeli e Atti; libri didattici: Epistole paoline e cattoliche; libro profetico: Apocalisse. Tutti questi libri sono considerati come sacri dalla Chiesa cattolica, e questo numero di 27 era fissato sino dal 393 d. C. nel concilio di Ippona. I concili seguenti, citiamo solo il Tridentino e il Vaticano, si pronunciarono per la canonicità e ispirazione di essi. Però nei primi secoli dell'era cristiana alcuni libri si consideravano come non autentici ed erano chiamati deuterocanonici: Epistola agli Ebrei, II e III di Giovanni, di Giuda, Apocalisse di Giovanni. Di questi la maggior parte era accettata dai Padri Apostolici e nella prima parte del II sec. si aveva qualche dubbio soltanto sulla II di Pietro. 

    Tutti gli agiografi neo-testamentari, a eccezione di Luca, erano Ebrei e scrissero i libri sacri in una lingua che non era la patria. Questo fatto va spiegato coll'intenzione degli scrittori sacri di penetrare nel mondo pagano ellenista invitato a far parte del nuovo regno messianico. La lingua neo-testamentaria è la lingua della "koinè diNlekto"", lingua volgare, di cui si hanno tante iscrizioni profane. 

    I manoscritti migliori e più antichi che contengono parte dell'"Antico" e tutto il "Nuovo Testamento" sono: il Codice Sinaitico del IV sec.; il Codice Alessandrino del V sec.; il Cod. Vaticano del IV sec.; il Cod. di Efrem, scritto (palinsesto) del V sec. Scoperte recentissime ci dànno però certezza che i quattro primi Vangeli erano scritti e conosciuti in Egitto nella prima metà del II sec. d. C. 
    [Modificato da Credente 04/08/2013 11:29]
  • OFFLINE
    Credente
    00 03/08/2013 21:37
    La Bibbia
    Con questo nome, che in greco significa "i libri", si indica la collezione dei libri sacri, ispirati da Dio, fondamento del Cristianesimo. Termine equivalente è Sacra Scrittura.

    Gli autori umani che la scrissero, cominciando da Mosè fino a san Giovanni Evangelista, l'ultimo scrittore sacro ispirato, non furono che strumenti nelle mani di Dio. Essa contiene la maggior parte della rivelazione divina, ossia di quelle verità naturali e soprannaturali che Dio volle far conoscere all'uomo. I libri che compongono la Bibbia formano due gruppi distinti chiamati l'"Antico" e il "Nuovo Testamento". L'"Antico Testamento" comprende i libri che hanno preceduto la venuta di Gesù; si possono suddividere in libri storici, dei quali i primi cinque formano il Pentateuco: Genesi, Esodo, Levitico, Numeri, Deuteronomio, Giosuè, Giudici, Ruth, Re, Paralipomeni, Esdra, Neemia, Tobia, Giuditta, Ester, Maccabei; in libri didattici: Giobbe, Salmi, Proverbi, Cantico dei Cantici, Ecclesiaste, Sapienza, Ecclesiastico; e in libri profetici: Isaia, Geremia, Baruch, Ezechiele, Daniele, Osea, Gioele, Amos, Abdia, Giona, Michea, Nahum, Abacuc, Sofonia, Aggeo, Zaccaria, Maiachia. 

    Le Bibbie cattoliche li contengono tutti. I mancanti nelle Bibbie ebraiche sono chiamati deuterocanonici, cioè inseriti in un secondo tempo nel canone: Baruch, Tobia, Giuditta, Maccabei, Sapienza, Ecclesiastico, frammenti dei libri di Ester e di Daniele.
    Questi libri non sono accettati dai protestanti e da loro sono chiamati apocrifi. 


    La lingua originale dei libri dell'"Antico Testamento" è, per la quasi totalità, l'ebraica. Solo alcune parti sono state scritte e ci pervennero in lingua aramaica.

    I sette libri deuterocanonici e le parti deuterocanoniche di Daniele e di Ester ci sono conosciuti in lingua greca. Però, a eccezione del secondo libro dei Maccabei e del libro della Sapienza, l'originale doveva essere ebraico. La versione greca dell'"Antico Testamento", che si raccomanda per la sua antichità e la sua autorità, è quella detta alessandrina, perché fatta ad Alessandria d'Egitto, o dei Settanta, perché la tradizione vuole che i traduttori siano stati in numero di settanta o più precisamente settantadue. Fu fatta tra il 301 e il 150 a.C.

    L'Esapla o Sestupla [{Exapla] fu la più celebre opera filologica del teologo e filosofo alessandrino Origene (185-254?). Essa consisteva in un imponente prospetto del Vecchio Testamento in colonne parallele (generalmente sei, donde il titolo di Sestupla secondo il testo ebraico - col. 1 -, la sua trascrizione in lettere greche - col. 2 -, la versione greca di Aquila, un cristiano ritornato all'ebraismo - col. 3 -, di Simmaco, un giudaizzante - col. 4 -, la versione detta dei Settanta, ufficiale per gli Ebrei ellenistici e pei Cristiani di lingua greca - col. 5 -, di Teodozione - col. 6 -. Quando esistevano altre versioni oltre le ricordate (come per esempio pei Salmi) queste venivano aggiunte in una settima e ottava colonna, come, viceversa, talora venivan tralasciate le due prime colonne, così da darne una edizione ridotta alle quattro colonne restanti ("tetrapla"). Lo scopo di siffatto lavoro, che doveva occupare circa 6500 pagine, era di dare una edizione critica della versione dei Settanta. A tale fine Origene faceva rilevare le "varianti" tra il testo dei Settanta e quello ebraico, segnando con òbeli (÷) i passi mancanti nel testo ebraico e aggiunti in quello greco, e con asterischi (*) i passi del testo ebraico che non si ritrovavano nella versione greca. Con questo metodo egli intendeva rivedere la versione dei Settanta e ricondurla alla purezza primitiva. Quest'opera si è conservata nella biblioteca di Cesarea in Palestina probabilmente fino al sec. VII e fu consultata e valorizzata da molti dotti, tra cui san Girolamo, autore della revisione della traduzione latina divenuta ufficiale nella Chiesa cattolica. Il suo testo dei Settanta fu pure riprodotto da copisti dando luogo a quella recensione del testo che si chiama appunto "esaplare". La sua importanza negli studi biblici dell'antichità cristiana è stata fondamentale: giacché non solo testimonia la viva sensibilità critica di codesto dotto che pur era incline alla interpretazione allegorica - tanto da divenirne un maestro e caposcuola -, ma pure il bisogno che la Chiesa antica aveva di stabilire un testo sicuro del suo libro sacro, minacciato dalle tendenziose varianti e interpolazioni delle molteplici sètte gnostiche. Dell'opera perduta ci sono giunti frammenti raccolti anche recentemente in due grandi volumi dal Field (Oxford, 1867-75); un frammento esaplare completo si ha in un palinsesto ambrosiano scoperto da G. Mercati. .
     Origene  vi consacrò oltre 12 anni, dal 228 al 240 d. C.Il prezioso manoscritto era conservato nella biblioteca di Cesarea, ove fu consultato tra gli altri da Eusebio e da san Girolamo. La sua scomparsa sembra risalire all'invasione araba nel VII sec. 
    Tra le versioni se ne trova una per la quale si ripete che fosse chiamata da sant'Agostino "la versione Itala", che egli sembra raccomandare in modo speciale.


    Col nome di Itala si indica una delle prime versioni sistematiche della Bibbia dal testo greco in quello latino fatta nell'Europa occidentale da diversi autori, tutti anonimi, fra il II e il III sec. e divenuta di uso comune in Italia. 
    Essa si distingue con il nome Itala dalla Afra, la versione della Bibbia circolante nell'Africa cristiana, che diverge dall'Itala in special modo nella traduzione dei vocaboli greci, che nell'Itala è più conforme all'indole della lingua latina. Il nome di Itala risale a sant'Agostino che dichiarò questa versione preferibile alle altre per esattezza. Tanto l'Itala che l'Afra fanno parte di quella serie di versioni latine della Bibbia compiute prima della versione geronimiana che si usa designare con il titolo complessivo di Latina vetus. Di questa e probabilmente proprio dell'Itala si valse san Girolamo per la sua celebre Volgata in parte accogliendola integralmente, in parte (per i libri del "Nuovo Testamento") limitandosi a correggerla sul testo greco. 


    LA TRADUZIONE DI ULFILA

    * La Bibbia di Ulfila è la traduzione fatta in lingua gotica da Ulfila (forma grecizzata del nome gotico Wulfila), vescovo ariano dei Goti del basso Danubio (circa 311-383), della quale abbiamo diversi manoscritti tutti provenienti dall'Italia dove furono probabilmente redatti durante la dominazione ostrogota (489-555). Il più importante di essi 187 fogli - è il cosiddetto "Codex argenteus" di Upsala che fu scoperto a Werden presso Colonia, poi depositato a Praga, di lì preso dagli Svedesi nel 1648 e offerto alla regina Cristina di Svezia; è scritto su pergamena colorata di porpora con lettere argentee e iniziali in oro; altri manoscritti scoperti in un palinsesto di Wolfenbüttel - il cosìddetto "Codex Carolinus", - all'Universitaria di Giessen, all'Ambrosiana di Milano e a Torino, sono di minor importanza. Tutto ciò che della traduzione di Ulfila ci rimane è costituito da ampi e importanti frammenti del "Nuovo Testamento" la seconda Lettera ai Corinzi, brani della Lettera ai Romani, lepaoline, un commento al Vangelo di S. Matteo e un frammento di calendario, oltre a tre brevi frammenti del "Vecchio Testamento". Ulfila ha tradotto direttamente dal testo greco, e quasi certamente dal testo in uso allora a Costantinopoli, dove egli ricevette prima la sua formazione religiosa e più tardi la consacrazione a vescovo. Il testo era forse anche intercalato da dizioni latine, e Ulfila lo seguì per lo più, pedissequamente in una prosa gotica mista di molti grecismi e di qualche latinismo. Tuttavia il problema del testo, allo stato attuale degli studi, è da considerarsi tutt'altro che risoluto: anche in relazione alla complessità dell'intrapresa a cui Ulfila si accinse. Tutta una materia etica e religiosa dovette infatti trovare espressione in una lingua a cui tali caratteri erano estranei; egli inventò da sé i caratteri, che fissò basandosi principalmente sull'alfabeto greco e servendosi anche di segni runici e latini. La lingua da lui usata, il gotico, è la più antica fra le lingue germaniche a noi note, di cui ci sono pervenuti documenti scritti, e conserva ancora le sillabe finali atone, le forme del duale e del medio passivo. Non rappresenta la lingua comune parlata da tutti i Teutoni nel VI sec., poiché presenta sostanziali differenze rispetto agli idiomi del nord e dell'occidente. Secondo la testimonianza di Procopio essa era la lingua parlata dagli Ostrogoti, Visigoti, Vandali e Gepidi. L'importanza della Bibbia di Ulfida per gli studi di storia delle lingue germaniche è addirittura incalcolabile. È infatti quasi sorprendente come il vescovo riesca spesso a esprimere con esattezza, con perfetta aderenza, nella sua lingua greggia, il pensiero - non sempre facile - del testo. La Bibbia è stata certamente il grande strumento per la conversione di quelle genti al Cristianesimo. E, per questo riguardo, essa costituisce anche un documento essenziale per intendere le condizioni di cultura di quel mondo rapidamente scomparso.


    Nel 383 Girolamo dà una prima traduzione latina dei Salmi, correggendo la "Antica latina", ossia Itala, con uno dei buoni testi conosciuti da lui della versione alessandrina. Questa prima revisione dei Salmi era subito adottata dalla Chiesa di Roma. Perciò venne chiamata Salterio romano. Oggi, in S. Pietro a Roma, nella Chiesa Ambrosiana, in parti liturgiche del Messale Romano la prima versione di san Girolamo è ancora in uso. Nel 392 Girolamo dà una seconda revisione del Salterio, conosciuta sotto il nome di Salterio gallicano. Nel sec. XVI questo Salterio fu accolto da tutta la Chiesa latina. A trent'anni Girolamo si accinge allo studio dell'ebraico e può arrischiarsi a tradurre i libri sacri direttamente dagli originali. La traduzione della Bibbia in latino, fatta da san Girolamo, prese il nome di Volgata. 


    [Modificato da Credente 04/08/2013 11:27]
  • OFFLINE
    Credente
    00 03/08/2013 22:00

    Vetus latina

    Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
     
    Pagina del Codex Vercellensis, contenente ilVangelo secondo Giovanni, 16:23-30

    Vetus latina (espressione latina traducibile in italiano con «Antica latina») è la denominazione convenzionale utilizzata per indicare tutte le diverse traduzioni della Bibbia in lingua latina fatte da vari autori in vari ambiti, dal II al IV secolo, precedenti cioè la Vulgata, la traduzione della Bibbia in lingua latina curata da Sofronio Eusebio Girolamo.

    Oltre a numerose traduzioni parziali esistevano due traduzioni complete: una, originata in Africa, ricevette il nome di Afra; l'altra, usata in Occidente, deve essere probabilmente identificata con l'Itala di cui parla Agostino d'Ippona. La lingua di partenza di questi testi è sempre il greco antico. La loro qualità è perciò molto variabile. Si sa che Agostino sperimentò un vero disgusto a causa della loro rozzezza. Il testo ricostruito a partire dai testi patristici e pochi manoscritti integrali viene edito dai monaci di Beuron dal1954 in poi.


    ---------------------------------------------------


    Per la Chiesa Cattolica, la versione latina delle Sacre Scritture nota come Vulgata, rimane la "preminente autorità".
    Secondo l’enciclica di Pio XII "Divino afflante Spiritu",  questa traduzione latina del IV secolo ad opera di Girolamo è considerata anche "affatto immune da errore in tutto ciò che tocca la fede ed i costumi" e "Da questa immunità, di cui la Chiesa fa testimonianza e dà conferma, proviene che nelle dispute, lezioni e prediche si possa citare la Volgata in tutta sicurezza e senza pericolo di sbagliare.."
    I testi ebraici e greci dai quali la Vulgata fu tradotta, secondo l’enciclica, servono a ‘confermarne’ l’autorità. 

                                 LA VULGATA

    La Vulgata (leggi Vulgàta) è una traduzione in latino della Bibbia dall'antica versione greca ed ebraica, realizzata all'inizio del V secolo da Sofronio Eusebio Girolamo. Il nome è dovuto alla dicitura latina vulgata editio, cioè "edizione per il popolo", che richiama sia l'ampia diffusione che ottenne (in precedenza con Vulgata si indicava la traduzione della versione dei Settanta, che ebbe anch'essa notevole diffusione), sia lo stile non eccessivamente raffinato e retorico, più alla portata del popolo.

    Dalla sua realizzazione fino al Concilio Vaticano II (1962-1965) la Vulgata ha rappresentato la traduzione ufficiale della Bibbia per l'intera Chiesa cattolica.

    Nei primi secoli dell'era cristiana circolavano tra le chiese cristiane dell'impero romano d'occidente, di lingua latina, numerose versioni non ufficiali della Bibbia, oggi indicate complessivamente con la dicitura Vetus latina, cioè 'vecchia (traduzione) latina'. In particolare, le traduzioni più antiche, del II secolo, sono indicate col nome di Afra, in quanto diffuse nelle province romane dell'Africa del nord. La Itala, redatta tra il II-III secolo, divenne di uso comune in Italia.

    Il carattere non ufficiale di tali versioni favorì notevolmente l'adattamento e l'interpretazione personale, producendo una notevole varietà di letture: per il Vangelo di Luca, per esempio, si arrivò a una stesura complessiva di non meno di 27 versioni, più o meno differenti tra esse. Nel caso dell'Antico Testamento, inoltre, il lavoro di traduzione era svolto a partire dalla traduzione greca della versione deiSettanta, e non dai testi originali ebraico-aramaici. Al confronto con i testi originali, pertanto, le veteresmostravano una qualità decisamente scadente.

    Per porre fine a tale anarchia e assicurare alla Chiesa una traduzione di qualità migliore il papa Damaso I si rivolse nel 382 al suo segretario personale, Sofronio Eusebio Girolamo (circa 347-420), dotato di una notevole preparazione letteraria latina (Cicerone in particolare) e greca.

    Girolamo condivide con Cicerone che occorre rifuggire dalla tentazione di uno stretto letteralismo, nella convinzione che tradurre è riportare il senso secondo le forme proprie della lingua che si utilizza. Ma Girolamo, nel contempo, sostiene anche che tale criterio debba essere temperato nei confronti della Sacra Scrittura, dal momento che in essa "anche l'ordine delle parole è un mistero".[1]

    A Girolamo fu chiesta una traduzione dalle lingue originali, che favorisse l'unità nella liturgia, eliminando anche errori e imprecisioni delle precedenti traduzioni.
    Il lavoro iniziò con una revisione dei 4 vangeli sul testo greco originale. Nel 386 Girolamo si trasferì a Betlemme, in Palestina, dove poté studiare la lingua ebraica e aramaica. A partire dal 390, si dedicò alla revisione dell'Antico Testamento, concludendo l'opera nel 405, dopo 15 anni di lavoro.

    Data la sua autorevolezza (era stata commissionata direttamente dal papa), la Vulgata soppiantò gradualmente le precedenti versioni latine: adottata da alcuni scrittori già nel V secolo, dal VI secolo diventò di uso comune, fino a diventare la versione egemone della Chiesa latina occidentale nel IX secolo. La Vulgata è tuttora il testo liturgico della Santa Messa in latino.

    Oltre alle precedenti traduzioni latine indicate collettivamente col nome Vetus latina Girolamoaveva anche a disposizione i testi originali in ebraico, aramaico, greco e l'allora autorevolissima versione greca dell'Antico Testamento detta Settanta. Data la scarsa conoscenza che abbiamo delle differenti versioni latine pre-vulgata non è possibile sapere con certezza quanto del lavoro di Girolamo sia stata una revisione dei testi precedenti e quanto sia stata una traduzione ex novo. A grandi linee, vi è un sostanziale accordo tra gli studiosi su questo quadro:

    • i 38 libri in ebraico dell'Antico Testamento, eccetto i Salmi, furono tradotti ex novo dal testo ebraico che verrà poi definito testo masoretico.
    • il libro dei Salmi è stato oggetto di una triplice versione:
      • la prima, nota come Versio Romana, fu realizzata da Girolamo già nel 382, è una revisione di una precedente traduzione latina adattata al testo della Settanta.
      • la seconda, nota come Versio Gallicana, fu realizzata tra il 386-391 a partire dal testo greco della Esapla di Origene. Divenne la versione prevalente nelle tarde edizioni manoscritte della Vulgata.
      • la terza versione fu realizzata tra il 398-405 a partire dal testo originale ebraico.
    • libri deuterocanonici di Giuditta e Tobia sono una traduzione ex novo dal testo originale greco della Settanta.
    • gli altri 6 libri deuterocanonici greci e i 27 libri del Nuovo Testamento, inclusi i Vangeli, sono una revisione di precedenti versioni latine.

    Va ribadito che tale quadro è solo approssimativo: nel caso di revisioni di precedenti traduzioni latine Girolamo a volte preferisce le letture presenti nei testi originali; altre volte, al contrario, nel caso di brani tradotti ex novo dai testi originali preferisce letture presenti nella Settanta o in precedenti traduzioni latine.

    Stile della traduzione 

    Dal punto di vista teorico, Girolamo è noto per avere applicato su larga scala il principiotraduttologico della resa ad sensum: in una lettera indirizzata a Pammachio, genero della nobildonna romana Paola, scrisse:

    « Io, infatti, non solo ammetto, ma proclamo liberamente che nel tradurre i testi greci, a parte le Sacre Scritture, dove anche l'ordine delle parole è un mistero, non rendo la parola con la parola, ma il senso con il senso. Ho come maestro di questo procedimento Cicerone, che tradusse il Protagora di Platone, l'Economico di Senofontee le due bellissime orazioni che Eschine e Demostene scrissero l'uno contro l’altro (…). Anche Orazio poi, uomo acuto e dotto, nell'Ars poetica dà questi stessi precetti al traduttore colto: "Non ti curerai di rendere parola per parola, come un traduttore fedele" »
    (Epistulae 57, 5, trad. R. Palla)

    Dal punto di vista pratico, il testo di Girolamo, sebbene aderente il più possibile ai testi originali,[2] cerca in parte di latinizzare alcuni grecismi[3] e semitismi[4] che erano già presenti nelle precedenti versioni latine, creando un testo di qualità stilistica indubbiamente superiore alle traduzioni latine precedenti.

    In alcuni loci Girolamo opta per alcune traduzioni che si mostrano in accordo con la fede cristiana, accogliendo talvolta letture già presenti nel greco della Settanta che derivavano dalla fortissima attesa messianico-escatologica presente nei secoli precedenti la venuta di Cristo. Dal confronto col testo originale ebraico o greco tali varianti, come anche numerose altre rese, possono essere considerate come 'errori' di traduzione.[5]

    In particolare:

    • in Gn 3,15 chi schiaccerà la testa del serpente non è più la stirpe, come indicato dal pronome maschile nel testo ebraico e greco, ma la donna, prefigurando il ruolo salvifico della Beata Vergine;
    • in Is 7,14 il termine ebraico ‘almah, giovane donna, venne reso col greco parthènos, vergine, e ripreso da Girolamo col latino virgo, diventando una prefigurazione della miracolosa nascita di Cristo;
    • in Sal 15,10 (16,10 TM) shàhat, sepolcro, diventa diafthoràn in greco, corruptionem in latino, prefigurando la risurrezione di Cristo.

    Prologhi 

    Oltre ad occuparsi della traduzione del testo biblico, Girolamo redasse 19 prologhi in latino ai singoli libri o a insiemi di essi: Genesi (riferito all'intero Pentateuco); GiosuèReCronache;EsdraTobiaGiudittaEsterGiobbeSalmi; libri attribuiti a Salomone (ProverbiQoelet,Cantico dei Cantici); SiracideIsaiaGeremiaEzechieleDaniele; dodici Profeti Minori;VangeliLettere di Paolo (conosciuto anche come Primum quaeritur, dall'incipit).

    Un tema ricorrente presente nei prologhi di libri dell'Antico Testamento è la preferenza accordata all'Hebraica veritas, vale a dire al testo ebraico, a discapito del testo greco dellaSettanta. Per Girolamo, nel testo ebraico sarebbe prefigurata con più chiarezza la venuta di Gesù e le caratteristiche del suo ministero. Tale scelta non può che apparire, alla luce della moderna consapevolezza storico-critica acquisita negli studi biblici, che pienamente giustificata. A suo tempo, tuttavia, per questo Girolamo fu fatto oggetto di numerose critiche: la lingua per eccellenza della cultura ellenista e romana era il greco, mentre l'ebraico, agli occhi dei dotti, non appariva che la lingua, già morta da secoli, di un insignificante, periferico e rurale popolo del mediterraneo.

    Circa il Primum quaeritur, cioè il prologo alle lettere di Paolo, in essa è difesa la tesi dell'origine paolina della Lettera agli Ebrei, che non presenta indicazioni esplicite circa l'autore, e viene proposto il paragone tra le dieci lettere e i Dieci comandamenti. Come autore di tale prologo è stata ipotizzata una figura diversa da Girolamo. I curatori della Vulgata Stuttgartensia (v. dopo) notano come tale versione delle epistole fu particolarmente popolare presso gli eretici pelagiani, e dunque è probabilmente riconducibile ad essi il Primum quaeritur. Diversa paternità è stata suggerita dall'esegeta Adolf von Harnack,[6] che ipotizza lo gnostico Marcione di Sinope o un suo seguace.

    [Modificato da Credente 04/08/2013 10:57]
  • OFFLINE
    Credente
    00 03/08/2013 22:02
    Manoscritti 

    Ad oggi si sono conservati un discreto numero di manoscritti della Vulgata. Tra questi sono particolarmente degni di nota:

    Revisioni della Vulgata

    Già a partire dall'alto medioevo si è verificato per i manoscritti della Vulgata quanto avveniva normalmente nelle trascrizioni amanuensi: la comparsa di varianti di lezione, intenzionali o accidentali, o anche di veri e propri errori di trascrittura, cosicché nessuna copia era perfettamente uguale all'originale, che era a sua volta una copia.

    Edizioni manoscritte (VI-XV secolo) 

    Il primo tentativo di ristabilire criticamente l'originale testo di Girolamo è attribuito al letterato romano-ostrogoto Cassiodoro, già verso il 550. Alcuino di York curò una versione della vulgata per l'imperatore franco Carlo Magno (Natale dell'801). Tentativi simili furono intrapresi da Teodolfo di Orleans (787?-821); Lanfranco di Canterbury (1070-1089); Stefano Hardingdi Cîteaux (1109-1134); il diacono Nicolò Maniacoria (o Maniacutia; metà del XII secolo).

    Edizioni in epoca moderna (XV-XVI secolo) 

    L'avvento della stampa ha ridotto grandemente la possibilità di errori umani e favorito l'uniformità e il confronto dei testi. Tuttavia, in un primo tempo le varie edizioni a stampa della Vulgata riproponevano acriticamente la varietà di versioni che erano disponibili nei diversi manoscritti. Tra le centinaia di antiche edizioni a stampa, quella sicuramente più nota è la cosiddetta Bibbia di Gutenberg, realizzata nel 1455 da Johann Gutenberg, l'inventore della stampa a caratteri mobili. Rappresenta il primo testo mai stampato in occidente. La prima edizione critica del testo della Vulgata, che cioè riportava le varianti di lettura, fu pubblicata a Parigi nel 1504Erasmo pubblicò nel 1516 un'edizione corretta per armonizzare il latino con l'originale greco ed ebraico. Anche uno dei testi riportati dalla Poliglotta Complutense del 1517è tratto da un manoscritto latino e corretto per armonizzarlo col testo greco. Nel 1528Robertus Stephanus pubblicò un'edizione critica che diventò la base delle successive versioni Sistina e Clementina. Un'altra edizione critica fu pubblicata da John Hentenius a Lovanio (Belgio) nel 1547.

    [Modificato da Credente 03/08/2013 22:03]
  • OFFLINE
    Credente
    00 03/08/2013 22:05

    La Vulgata Clementina (1592) 

    Vulgata Sixtina
    Incipit del Vangelo secondo Giovanni, Vulgata Clementina, edizione 1922

    Dopo la Riforma, quando la Chiesa cattolica si sforzò di contrattaccare le dottrine del Protestantesimo, la Vulgata venne riaffermata nel Concilio di Trento come l'unica versione autorizzata latina della Bibbia. Per ribadire tale autorizzazione il concilio richiese al Papa una versione standard per porre fine alla varietà di innumerevoli edizioni prodotte durante il medio evo e il rinascimento. L'edizione venne commissionata dal Papa Sisto V (1585-1590), e pertanto fu chiamata Vulgata Sistina (Biblia Sacra Vulgatae Editionis Sixti Quinti Pontificis Maximi iussu recognita atque edita). Si basò sulla edizione di Robertus Stephanus (1528), corretta in base alla versione greca. Il lavoro però fu affrettato e risentì di numerosi errori di stampa. Venne pertanto intrapresa una nuova edizione che venne portata a termine all'inizio del pontificato di Clemente VIII (1592-1605). L'edizione prodotta è detta Vulgata Sisto-Clementina, o semplicemente Vulgata Clementina, nonostante il nome di papa Sisto compaia nel titolo completo. Clemente dispose la pubblicazione di tre edizioni: 1592, 1593, 1598. Al di là delle singole e minute varianti testuali, la Clementina differisce dalle edizioni precedenti per due particolari: le prefazioni di Girolamo furono raccolte all'inizio; i libri apocrifi di 3-4 Esdra e laPreghiera di Manasse furono spostati in appendice. Il salterio, al pari delle precedenti edizioni della Vulgata, era il Gallicanum. La Clementina divenne dal 1592 la versione ufficiale adottata dal rito latino della Chiesa cattolica e fu soppiantata solo nel 1979, quando fu promulgata la Nova Vulgata.

    Edizioni successive (XVII-XX secolo) 

    Martinay e Pouget, della congregazione di s. Mauro, pubblicarono a Parigi la cosiddetta versione Maurista (1693-1706). Tra il 1734 e il 1742 il gesuita italiano Domenico Vallarsi pubblicò a Verona una nuova versione che, sebbene di qualità superiore alla maurista, tralasciava sovente di adattare il testo latino ai manoscritti greci allora disponibili. In seguito furono pubblicate molte altre versioni parziali, limitate al Nuovo Testamento. Tra queste, degne di particolare nota sono l'edizione Tischendorf del 1864 e l'edizione Oxford del 1889, curata da J. Wordsworth e H.J. White, limitata al solo Nuovo Testamento.

    Nel 1907 papa Pio X commissionò ai monaci benedettini della Abbazia di s. Girolamo a Roma una nuova edizione critica della Vulgata, da usarsi come base per una revisione della Clementina.

    Nova Vulgata (1979) 

    Nel 1965, verso la conclusione del Concilio Vaticano IIpapa Paolo VI commissionò una revisione della Vulgata in accordo con i moderni criteri esegetici e filologici. Il lavoro si basò sull'edizione critica del 1907 di Pio X. Il primo volume della Nova Vulgata, conosciuta anche come Neovulgata, (titolo completo Bibliorum Sacrorum nova vulgata editio), il Salterio, fu pubblicato nel 1969, e l'intero testo fu completato nel 1979.[7] A partire da tale data l'edizione costituisce la versione ufficiale per la liturgia latina della Chiesa cattolica.

    La Nova Vulgata non contiene i libri apocrifi di 3-4 Esdra e la Preghiera di Manasse, che già nell'edizione Clementina erano stati collocati in appendice. Il testo di Tobia e Giuditta è tratto dalla Vetus Latina, invece che dalla traduzione di Girolamo.

    Circa la metodologia traduttiva, per tutti i libri la versione latina viene armonizzata con le edizioni critiche dei testi originali in ebraico, aramaico, greco. In alcuni loci, però, la Nova Vulgata opta per traduzioni ad sensum, a discapito del testo originale.

    Nel 2001, in un documento ufficiale della Santa Sede venne ribadita la centralità nel culto cattolico del testo latino, nella fattispecie della Nova Vulgata, al quale le traduzioni bibliche nelle varie lingue nazionali dovevano fare riferimento.

    Vulgata Stuttgartensia (1994) 

    Attualmente particolarmente conosciuta e affermata è l'edizione critica della Vulgata realizzata dalla Deutsche Bibelgesellschaft di Stuttgart (Società Biblica tedesca di Stoccarda), parimenti nota per la realizzazione della BHS (Biblia Hebraica Stuttgartensia) e di una edizione critica della Bibbia Settanta. L'edizione, pubblicata nel 1994 e curata da Roger Gryson Robert Weber, è titolata Biblia Sacra Vulgata (ISBN 3-438-05303-9).

    Il testo base è quello dell'edizione benedettina del 1907, commissionata da Pio X (riferimento anche della Nova Vulgata), integrato per il Nuovo Testamento dall'edizione di Oxford del 1889, curata da J. Wordsworth e H. J. White.

    In quanto testo critico, la Vulgata Stuttgartensia tenta di riproporre il testo primitivo diGirolamo attraverso il confronto dei vari manoscritti pervenutici, primariamente il Codex Amiatinus, purgandolo degli inevitabili errori e glosse amanuensi.

    Un'importante caratteristica della Vulgata Stuttgartensia è l'inclusione dei prologhi originali di Girolamo, generali (a Bibbia, Antico e Nuovo Testamento, Pentateuco, i Vangeli) e specifici per i principali libri biblici. Nelle edizioni medievali tali prologhi non mancavano mai ed erano riveriti quasi al pari dei testi biblici veri e propri. A confronto con la Clementina, la Stuttgartensia conserva sovente un'ortografia di stampo medievale: usa oe invece di ae, conserva la Hiniziale di alcuni nomi propri (p.es. Helimelech invece di Elimelech), mantiene uno stile metrico non corretto, come attestato nei manoscritti. Per il salterio viene presentata una doppia versione, quella Gallicana e quella direttamente dal testo ebraico. Le due traduzioni sono stampate su pagine affiancate, in modo da permettere un'immediata comparazione delle varianti. Contiene anche i testi apocrifi non presenti nella Clementina: Salmi 151, Lettera ai Laodicesi, 3-4 Esdra, Preghiera di Manasse.

    Per tali divergenze con la versione classica Clementina, sebbene si mostri vicina alla Nova Vulgata, la Stuttgartensia può risultare inusuale agli studiosi di matrice cattolica.

    Uno dei motivi della particolare diffusione e ufficialità che la versione Stuttgartensia ha guadagnato tra i biblisti, oltre all'indiscussa serietà e affidabilità della Deutsche Bibelgesellschaft, è il fatto che tale versione è stata riversata su supporto digitale ed è dunque facilmente consultabile e utilizzabile per ricerche varie.

  • OFFLINE
    Credente
    00 04/08/2013 11:04

    Bibbia Poliglotta Complutense

    Da Wikipedia
     
    La prima pagina originale della Bibbia Poliglotta Complutense, raffigurante lo stemma cardinalizio di Cisneros, finanziatore dell'opera.

    La Bibbia Poliglotta Complutense è la prima edizione stampatamultilingue dell'intera Bibbia, iniziata e finanziata dal cardinalecastigliano Francisco Jiménez de Cisnerosarcivescovo di Toledo eprimate di Spagna. L'opera, interamente dedicata a papa Leone X, contiene la prima edizione del Nuovo Testamento in greco, laSeptuaginta e il Targum Onkelos. Delle 600 copie totali pubblicate, ce ne sono pervenute soltanto 123.

     

    Storia

    Con la nascita della stampa a caratteri mobili del tedesco Johann Gutenberg negli anni Cinquanta del XV secolo, subito si approfittò per incrementare la pubblicazione delle Sacre Scritture. Con grandi spese personali, il cardinal Cisneros comprò molti manoscritti e invitò i maggiori teologi dell'epoca a lavorare sull'ambizioso progetto di compilare un'enorme e completa Bibbia multilingue per «far rinascere lo studio decaduto delle Sacre Scritture». Gli studiosi si incontrarono ad Alcalá de Henares (in latino Complutum, da cui l'aggettivo "Complutense") nell'università fondata da Cisneros stesso. I lavori ebbero inizio nell'anno 1502 sotto la direzione di Diego Lopez de Zúñiga, e si sarebbero protratti per oltre 15 anni. Fra gli altri, tre studiosi ebrei convertiti parteciparono a quest'opera. Il biblista Mariano Revilla Rico osserva: " Dei tre ebrei convertiti che parteciparono all'opera del cardinale Francisco Jiménez de Cisneros, il più celebre è Alfonso di Zamora, grammatico, filosofo e talmudista, oltre che studioso di latino, greco, ebraico e aramaico ".

    Il Nuovo Testamento fu terminato e stampato nel 1514, tuttavia la sua pubblicazione fu posticipata mentre ancora si lavorava all'edizione dell'Antico Testamento, poiché era intenzione del gruppo di studiosi pubblicare entrambe le parti insieme come un'unica opera. Nel frattempo le dicerie riguardo al lavoro sulla Bibbia Complutense giunsero alle orecchie di Erasmo da Rotterdam, che pubblicò la sua personale edizione stampata del Nuovo Testamento in greco. Erasmo ottenne un privilegio di pubblicazione esclusiva di quattro anni dall'Imperatore Massimiliano I d'Asburgo e da Papa Leone X nel 1516. Il testo di Erasmo venne conosciuto col nome di Textus receptus e le edizioni successive posero le basi per la stesura seicentesca della Bibbia di Re Giacomo.

    L'Antico Testamento Complutense fu terminato nel 1517. A causa del privilegio concesso ad Erasmo, la pubblicazione della Complutense fu ritardata fino a quando papa Leone X la sanzionò nel 1520. Si crede tuttavia che non sia stata ampiamente diffusa fino al 1522. Il cardinal Cisneros morì nel novembre del 1517, soltanto cinque mesi prima della fine del lavoro sulla Bibbia, che non vide mai definitivamente pubblicata.

    Contenuti 

    Francisco Jiménez de Cisneros, ideatore e finanziatore dell'opera

    La Bibbia Poliglotta Complutense fu edita in sei volumi. I primi quattro contengono l'Antico Testamento; ogni pagina è divisa in tre colonne di testo verticali e parallele: in ebraico la esterna, la Vulgatalatina nel mezzo e la Septuaginta greca in quella più interna. In ciascuna pagina del Pentateuco, è stato aggiunto il testo inaramaico (il Targum Onkelos) e la sua traduzione in latino nella parte inferiore della pagina. Il quinto volume, contenente il Nuovo Testamento, consiste in colonne parallele in greco, e la Vulgata in latino. Il sesto volume contiene diversi dizionari in ebraico, aramaico e greco, oltre ad appendici e ad aiuti allo studio.

    La versione di san Girolamo dell'Antico Testamento è stata posta tra le versioni greca ed ebraica, cosicché la sinagoga e la Chiesa d'Oriente - come è spiegato nella prefazione - siano come i due ladroni crocifissi alla sinistra e alla destra di Cristo (rappresentato appunto dalla Vulgata latina, simbolo della Chiesa cattolica).

    Un facsimile a grandezza naturale fu stampato a Valencia tra il1984 e il 1987. È stato riprodotto prendendo come base per i testi della Bibbia (volumi 1-5) la copia conservata alla Compagnia di Gesù a Roma; per la preparazione del raro volume sesto, è stata invece utilizzata la copia conservata alla biblioteca dell'Università di Madrid.

    Lo stile di carattere dell'alfabeto greco creato per la Complutense ad opera di Arnaldo Gullen de Brocar, è stata sempre considerata da tipografi quale Robert Proctor come l'apice dello sviluppo tipografico della prima edizione, dopo la quale i manoscritti di Aldo Manuzio su questa basati avranno il monopolio del mercato per i successivi due secoli.

    In un libro sulla stampa in greco nel XV secolo, Robert Proctor afferma: " Alla Spagna va il merito di aver prodotto come suo primo carattere tipografico greco quello che senza dubbio è il più bel carattere greco mai inciso "[1]

    Struttura particolareggiata dell'opera 

    La struttura originale della Bibbia Poliglotta Complutense (pagina tratta dall'Antico Testamento)
    « Monumento dell'arte tipografica e della scienza scritturale »
    (Giudizio sulla Poliglotta Complutense)

    Nei quattro volumi che contenevano le Scritture Ebraiche il testo dellaVulgata era al centro della pagina, il testo ebraico sulla colonna esterna, e quello greco accompagnato da una traduzione latina interlineare sulla colonna interna. A margine erano riportate le radici di molti termini ebraici. In calce ad ogni libro del Pentateuco, inoltre, erano riportati i Targum di Onkelos (parafrasi aramaica del Pentateuco) con una traduzione latina.
    Il quinto volume della Poliglotta conteneva le Scritture Greche o Nuovo Testamento. Il testo era predisposto su due colonne, una colonna conteneva il testo greco, l'altra quello latino della Vulgata. Si poteva stabilire la corrispondenza fra i due testi mediante piccole lettere che rinviavano il lettore alla parola equivalente nell'altra colonna. Questo testo greco della Poliglotta fu in assoluto la prima raccolta completa del Nuovo Testamento e solo dopo fece seguito l'edizione compilata da Erasmo da Rotterdam. Il quinto volume fu scrupolosamente così controllato che sfuggirono su migliaia di parole, solo 50 errori di stampa. A motivo di questa accuratezza, critici moderni ritengono la Poliglotta superiore al testo preparato da Erasmo. I caratteri della Poliglotta, inoltre erano di una eleganza che non avevano nulla a che invidiare alla bellezza degli antichi manoscritti onciali. Il sesto volume della Poliglotta conteneva vari ausili per lo studio della Bibbia. In tale volume era contenuto un dizionario ebraico e aramaico, una interpretazione dei nomi greci, ebraici ed aramaici, una grammatica ebraica e un indice latino per il dizionario. La Poliglotta non incluse però una traduzione in spagnolo. Anche se Ximenes si proponeva con questa traduzione della Bibbia di risvegliare lo studio ormai sopito delle Scritture non sembra avesse intenzione di rendere tale Traduzione disponibile a tutti. Il suo pensiero era questo: La parola di Dio deve essere racchiusa in cauti misteri fuori della portata del volgo. Riteneva inoltre che: le Scritture dovessero essere limitate alle tre lingue antiche che Dio consentì venissero incise sull'iscrizione sopra la testa di suo Figlio crocifisso.

    ::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::



      Il valore giuridico e letterale della Bibbia Martini (Prato, 1720 – Firenze, 1809) 
                    La Sacra Bibbia - Secondo la Vulgata - Tradotta in lingua italiana

      l'elemento giuridico                        
    La Bibbia Martini è la traduzione ufficiale in italiano della Bibbia Vulgata.
     
    Per chi non conosca il latino, leggere la Bibbia Martini è come leggere
    il testo della Vulgata
    .
    La Vulgata sisto-clementina, a sua volta, è la ricostruzione della Volgata di san Girolamo.
    Papa Damaso I (382) incaricò Girolamo di tradurre la Bibbia dalle lingue originali.
    I libri canonici dell'Antico Testamento furono tradotti dai testi ebraici (de h
    ebraicaveritate).

    L'ufficialità della Bibbia Martini: i "cinque placet" 

     Il primo nullaosta nasce dall'incarico di tradurre la Vulgata dal latino all'italiano(1757)
    Decreto della Sacra congregazione (Addizione alla Quarta Regola dell'Indice) confermato dal Papa Benedetto XIV
    Precedentemente era vietata la traduzione della Bibbia nelle lingue nazionali.

     La Vulgata (1592) è ancor oggi la Bibbia ufficiale della messa in latino [Motu proprio, 2007]: 
    Recognitio dei Papi: Sisto V e Clemente VIII  (Bibbia sisto-clementina)

     Nel 1775 la Bibbia Martini riceve l'Imprimatur dal Vicario Generale s. Offizio di Torino. 

     Il quarto placet concerne la conformità della traduzione in italiano della Vulgata. 
    L'opera fu approvata nella sua interezza da Papa Pio VI, dichiarandola consona alle "Norme dell'Indice".
    "Il Breve" fu emanato il 16 aprile 1778 mentre veniva stampata la prima edizione 
    (Stamperia Reale di Torino, dal 1769 al 1781).

     Il quinto placet è rappresentato dalla nomina papale di A. Martini ad arcivescovo di Firenze (1782)  
    dopo aver completato l'opera.



     La Bibbia Martini è stata la Bibbia cattolica italiana (la Bibbia nazionale)
      per circa duecento anni, sino all'avvento della prima Bibbia CEI 
    (1ª ed. 1971).
     Dopo l'introduzione della messa in italiano 
    (dal 1965 al 1971 nella vacatio della Bibbia CEI),
       
    alcuni brani della liturgia erano tratti dalla Bibbia Martini.

    L'abate Antonio Martini fu nominato vescovo di Firenze dopo la traduzione della Vulgata 
    â—„ Alcune pagine della prima edizione
    8 edizioni nel '700 e 40 edizioni nel secolo successivo
     
    Dopo il 1870 le NOTE originali sono state rimosse e sostituite
    [Vedi link sottostante]

      l'elemento letterale                          
    Nella Bibbia Martini c'è il testo latino della Biblia Vulgata con a fronte la traduzione in italiano. 
    Non vi sono brani depennati, né aggiunti.
    All'abate Martini stava a cuore la coerenza traduttiva.
    Fu dichiarata "testo di lingua" dall'Accademia della Crusca (1885).
    Le parole in italiano del 1778 hanno lo stesso significato di oggi,
    alla pari del linguaggio dei Promessi Sposi che risale al 1825.

      nel raffronto interlineare              
    La Bibbia Martini è l'interfaccia testuale per individuare più facilmente
     
    le difformità tra la Vulgata e la Bibbia CEI 
    [testo italiano su testo italiano].
    In altre parole, la Bibbia Martini è la "prova del in italiano" dentro gli anelli delle Bibbie ufficiali.
     

      non è solo traduzione            
    La Bibbia
     Martini non è solo la traduzione della Vulgata (dal latino all'italiano), ma è anche 
    il riscontro sui codici in ebraico e in greco. Nella presentazione dell'opera c'è scritto:

    "un diligente scrupoloso confronto del greco e dell'ebraico con la stessa Vulgata...
    esaminato a parola a parola interamente lo stesso testo
    ."
    Antonio Martini fu assistito dal rabbino Terni per
     il raffronto sui manoscritti in ebraico
    e dal teologo Marchini per il raffronto sui manoscritti in greco.
    La Bibbia Martini è ricca di note. Le note, contengono citazioni prese e ricavate dai padri della Chiesa.
    Pur essendo una "versione indiretta" (dalla Vulgata all'italiano) ogni parola è stata controllata sui manoscritti in ebraico, in greco e aramaico. Ogni libro della Bibbia Martini contiene una collazione sulle variazioni tra i manoscritti e la Vulgata. E qualche volta l'abate Martini corregge il monaco Girolamo.

    La pubblicazione dell’opera in 23 volumi (6+17)  Stamperia Reale di Torino
    - Nel 1769 fu pubblicato il primo volume (Matteo e Marco).
    - Nel 1771 fu completata la pubblicazione del Nuovo Testamento (in 6 tomi).
    - Il 20 novembre 1775 giunse l'Imprimatur del Vicario Generale s. Offizio di Torino
    - Nel 1776 fu pubblicato il primo tomo dell’Antico Testamento (Torah: Genesi, Esodo, Levitico, Numeri e Deuteronomio).
    - Il 16 aprile 1778 fu emanato il breve dei Pio VI (Nel tomo IX - Giobbe e i Proverbi).
    - Nel 1779 fu pubblicato il tomo XVI: i dodici profeti minori.
    - Nel 1781 fu pubblicato l’ultimo libro, il Cantico dei cantici (tomo XVII).
      «Girolamo stabilisce, che ultimo a leggersi di tutti i libri divini sia questo Cantico» (Introduzione al tomo).

    L’opera fu finanziata dai Savoia (Carlo Emanuele IV) per diffondere un testo in italiano unificante e nazionale
    nel progetto dell'unità d'Italia [Stamperia Reale Torino]. Nel clima di illuminismo moderato, una successiva edizione [Stamperia Arcivescovile, 1782-1792 in 17 tomi] fu finanziata da due editori cattolici privati: «a spese di Gaetano Cambiagi e Francesco Moücke». Ancora una volta il Vaticano è stato assente.

    [Modificato da Credente 04/08/2013 12:03]
  • OFFLINE
    Credente
    00 04/08/2013 11:42
    TRADUZIONI NON CATTOLICHE

    Il tedesco Martin Lutero (1487-1546) ha voluto dare al suo popolo, con una sua traduzione, il libro fondamentale del Cristianesimo scritto nella sua propria lingua con aderenza al suo proprio modo di sentire.
    Prima della versione di Lutero esistevano in Germania già 14 versioni in alto tedesco e 3 in basso tedesco, delle quali la più antica era quella di Mentel uscita a Strasburgo il 1466 e la più recente era quella uscita il 1522 a Halberstadt.
    La traduzione di Lutero ha su tutte queste il vantaggio di muovere da due nuovi princìpi suggeriti dall'Umanesimo, cioè: che nella Bibbia si rispecchi l'anima del popolo a cui serve, e che il suo testo debba essere attinto dalle sue fonti più genuine. Fede nazionale e ritorno alle fonti sono dunque i fattori della originalità della Bibbia luterana. Lutero non tradusse dalla Vulgata ma risalì al testo ebraico e greco riveduto da Erasmo nel 1516.
    La lingua che egli adoperò è una felice combinazione di tutti gli elementi linguistici che costituivano al suo tempo la parlata del popolo germanico. Egli mosse dalla lingua della cancelleria sassone che considerava come sua lingua materna, ma la temperò con quella della cancelleria boemo-lussemburghese arricchendola della parlata viva del popolo del sud e del nord di Germania, parlata che egli colse dalle labbra dei contadini, delle donne sul mercato, dei bambini parlottanti con la mamma. Nel suo Messaqgio sul tradurre [Sendbrief vom Dolmetschen, 1530] egli dice infatti: "… non si deve domandare come la lettera latina debba essere detta in tedesco... ma si deve interrogare la madre in casa, i bambini per istrada, l'uomo del popolo sul mercato, e si deve guardare in bocca come parlano". Lutero voleva parlare al popolo con la lingua del popolo perché la sua prima necessità era di farsi comprendere da tutti.
    La parola di Dio, che è diretta a tutti, deve infatti poter essere compresa da tutti. In questo è la forza della sua Bibbia e una delle cause della affermazione del protestantesimo in vaste zone della Germania, aggiunta naturalmente alla invenzione della stampa. La tenace industria con cui Lutero attese per più di un dodicennio al gigantesco lavoro, utilizzando  la valentìa filologica dei suoi amici più cari e spiegando tutte le industrie del suo gusto letterario.
    Chiuso alla Wartburg egli aveva atteso a una versione germanica del "Nuovo Testamento" che vide la luce nel 1522. Negli anni successivi pose mano alla versione del "Vecchio". E di anno in anno era riuscito a mandare fuori i singoli libri del canone biblico: l'l entateuco nel 1523, Giosuè, Giobbe, i Salmi e Salomone nel 1524, i "Profeti" fra il 1526 e il 1530, i libri "sapienziali" nel 1529, gli altri "deuterocanonici" nel 1532. Finalmente nel 1534 presso l'editore Lufft di Wittenberg usciva la traduzione completa: Biblia, das ist die gantze Heilige Schrifft Deutsch. La monumentale versione segnava la vera data di nascita della letteratura tedesca. La traduzione non la si potrebbe considerare come un'opera del tutto originale e personale di Lutero. Essa è nata da una stretta, familiare, quotidiana collaborazione  con i suoi amici, dopo lunghe laboriose giornate di discussione. Lutero vi ha trasfuso la sua  sensibilità artistica, la sua squisita attitudine letteraria.
    Melantone vi ha contribuito con la sua sicura e larga perizia filologica. Il gruppo dei collaboratori avverte nitidamente l'enorme difficoltà che è nel programma di riprodurre in una lingua aspra, indocile, contorta, la fluida lucentezza dello stile ebraico. La letteratura profetica è, naturalmente, quella che oppone maggiore resistenza e provoca le più copiose incertezze. Fin dal 1528, Lutero confidava all'amico Link il suo imbarazzo nel costringere all'idioma germanico la copiosa e luccicante immaginazione dei Profeti. Gli sembrava veramente di dover ridurre il gorgheggio di un usignuolo alla cadenza monotona del cuculo. Son queste oggettive e aspre difficoltà che hanno molto spesso tratto i traduttori a parafrasare e a diluire. La Bibbia di Lutero è per la Germania e per la letteratura tedesca ciò che la Divina Commedia è per l'Italia e per la letteratura italiana: essa, spianando le differenze locali, diede alla Germania una lingua nazionale ed elevò il tedesco a dignità letteraria inaugurando l'epoca moderna.


    La prima versione inglese della Bibbia è quella di John Wycliffe (m. 1384) fatta in collaborazione con Nicola di Hereford e altri discepoli, tramandata in circa 150 manoscritti. Notissima è anche la Grande Bibbia [Great Bible], chiamata anche Cranmers'Bible dal nome di Thomas Cranmer (1489-1556) arcivescovo di Canterbury, pubblicata nel 1579 per ordine di Enrico VIII. Cromwell incaricò Coverdale di prepararne l'edizione. La stampa ne fu cominciata a Parigi e terminata a Londra.

    Altra nota versione inglese è la Bibbia di Ginevra [Genevan Bible] che ripete la traduzione protestante eseguita nel 1540 da Nicolas Malingre con la collaborazione di Calvino: Bible en laquelle sont contenus tous les livres canoniques de la Sainte Ecriture, tant du Vieil que du Nouveau Testament, et pereillement les apocryphes. Durante il regno di Maria I d'Inghilterra (1553-59) i riformisti si rifugiarono a Ginevra e a Francoforte sul Meno. A Ginevra pubblicarono in inglese questa versione che da un passo del Genesi (III, 7) fu anche detta Breeches Bible, e che aveva un commento approvato dai puritani.


  • OFFLINE
    Credente
    00 04/08/2013 11:46

    Novum testamentum Omne  di  Erasmo da Rotterdam

    Erasmo da Rotterdam il I° marzo del 1516 pubblicava presso l'editore Froben di Basilea il "Novum Instrumentum Omne".
    Il I° gennaio del 1514 era terminata la stampa della cosidetta Poliglotta Complutense, contenente la versione greca del NT. Essa era stata voluta dal cardinale arcivescovo di Toledo, Ximenes, ed era stata approntata dai dotti dell'Università di Alcalà (in latino Complutum). Tale versione terminata nel 1517, potè essere messa in vendita soltanto nel 1522, quando restituiti i codici chiesti in prestito alla Biblioteca Vaticana, essa ricevette l'imprimatur papale necessario per la stampa e la diffusione.
    I codici utilizzati da Erasmo per la sua edizione del testo greco tramandavano il testo utilizzato dalla chiesa durante l'età bizantina (conosciuto anche come: Testo di Maggioranza o Koinè), ritenuto il peggior tipo di testo nel quale ci è stato trasmesso il NT.
    Per l'ultima parte dell'Apocalisse Erasmo non possedendo un codice che presentasse la parte finale del testo, si limitò a tradurre in greco la porzione corrispondente della Vulgata latina. Il testo di Erasmo ebbe 5 edizioni rivedute dallo stesso autore, a cui seguì una revisione da parte di Simon de Colines (edizione Colinaeus) per la quale vennero utilizzati la Complutense e alcuni codici greci. Importanti furono anche le edizioni del francese Robert Estienne detto lo Stephanus (nella sua edizione del 1551 per la prima volta è adottata la divisione in versetti), e quelle del XVII° sec. della famiglia di tipografi Elzevier che crearono per il testo di Erasmo il titolo di "Textus receptus" (testo ricevuto).
    Il textus receptus fino al XIX° sec. fu ritenuto "testo rivelato" e per tale motivo considerato immodificabile.

    Nell'edizione di Erasmo, il testo greco e latino dei vangeli e degli Atti sono stampati su due colonne di 38 righe. Nel caso dell'inizio delle epistole paoline, la cornice xilografica è rossa. Le lettere iniziali di ciascun libro biblico sono rosse o nere. Erasmo usa il titolo di "Istrumentum", perchè meglio gli sembrava esprimere la natura di "opere scritte" dei vangeli.
    Erasmo pensava ad un'edizione solo del testo latino tradotto dal greco, probabilmente Froben lo convinse a mettere mano anche alla presentazione di un testo greco, sulla falsariga di un'opera analoga tentata nello stesso periodo dal cardinale spagnolo Ximenes (va detto che Erasmo era stato invitato a partecipare a quest'ultima opera ma aveva declinato l'invito). Froben riuscì avvalendosi di un privilegio imperiale a pubblicare l'edizione greco-latina nel 1516.

    Erasmo fu aiutato nel lavoro da Ecolampadio (il futuro riformatore di Basilea) e da Gerbel, ed ebbe a lamentarsi di entrambi!
    L'edizione fece scalpore per le modifiche apportate al Magnificat e al Pater Noster, e per l'eliminazione del "comma giovanneo" (1Giov. 5:7b-8a).

    Le citazioni più antiche del "comma" risalgono a Tertulliano (160-230), Cipriano (200-258), Priscilliano (m 385), Cassiodoro (480-570), Agostino (V° sec.), Atanasio (IV° sec.) e Girolamo (IV° sec.), inoltre appare nella Vulgata, nel codice 61 e nel codice Ravianus. Erasmo non trovò il "comma" nei manoscritti in suo possesso (il brano è omesso nella sua 1a e 2a ed.).



    LA BIBBIA DEL RE GIACOMO 


    La TRADUZIONE DELLA BIBBIA DEL RE GIACOMO ( KJV), sebbene sia indubbiamente la più nota, non fu la prima traduzione della Bibbia in inglese. I primi tentativi di resa di parti dei testi biblici in inglese antico risalgono al VII secolo. Sono circa 450 le edizioni parziali o complete dei libri biblici anteriori all'invenzione della stampa. Tra queste, degne di nota sono le traduzioni di John Wycliffe, del XIV secolo, dichiarata eretica in quanto propria degli eretici lollardi; di William Tyndale, realizzata tra 1525 e 1534, bandita dalla neonata (1534) chiesa anglicana; di Thomas Matthew, pseudonimo di John Rogers, prodotta nel 1537.

    In epoca pre-KJ, la traduzione anglicana ufficiale (Authorized Version) era la Bibbia di Ginevra (1557-1560), mentre i cattolici inglesi facevano riferimento alla Bibbia di Douai o Reims (1582 NT, 1609 intera Bibbia), strettamente legata alla Vulgata.

    Ritratto di Giacomo I, opera di Nicholas Hilliard

    Circa la Bibbia di Ginevra, una critica particolarmente diffusa in ambito protestante era il legame ancora troppo evidente che tale versione manifestava verso la Vulgata. Fu per tale motivo che nel maggio del 1601 il re Giacomo VI di Scozia indisse l'assemblea generale della Chiesa di Scozia presso la chiesa di Santa Columba del villaggio di Burntisland, nella contea scozzese di Fife, durante la quale propose una nuova traduzione della Bibbia in inglese.

    Assunto anche il trono d'Inghilterra nel 1603 e il nome Giacomo I d'Inghilterra, ripropose il problema durante la conferenza ecclesiastica di Hampton Court, nel gennaio 1604, nella quale venne ampiamente accolta la richiesta avanzata da parte del movimento puritano circa una nuova versione, con la motivazione ufficiale che la Bibbia di Ginevra non era adeguatamente corrispondente ai testi originali.

    Re Giacomo impose alcune direttive generali da seguirsi in corso d'opera:

    • doveva essere seguita come traccia principale la Bibbia dei Vescovi, scostandosi lievemente da essa solo laddove il testo originale lo richiedesse;
    • le parole ecclesiastiche ormai consolidate nell'uso dovevano essere mantenute. Circa la parolachurch (chiesa), essa doveva essere preferita a congregation (congregazione);
    • laddove alcuni termini risultassero ambigui si doveva optare per la lezione più comunemente usata dai più eminenti studiosi, in accordo col contesto e con l'analogia fidei;
    • non dovevano essere inserite note marginali se non con l'intento di spiegare il significato di alcuni termini ebraici o greci;
    • tali note dovevano essere inserite per spiegare la scelta di lezioni diverse da quelle presenti nellaBibbia dei Vescovi e proposte invece da altre versioni, cioè: Bibbia TyndaleBibbia Coverdale;Bibbia MatthewGrande BibbiaBibbia di Ginevra.

    Il lavoro venne svolto da 47 studiosi, sebbene ne furono contattati originariamente 54, che operarono suddivisi in sei commissioni: due a Oxford, due a Cambridge e due a Westminster. Questo l'elenco completo dei traduttori:

    • Seconda commissione di Oxford (Vangeli, Atti, Apocalisse): Thomas Ravis, George Abbot, Richard Eedes, Giles Tomson, Henry Savile, John Peryn, Ralph Ravens, John Harmar.
    • Seconda commissione di Westminster (epistole): William Barlow, John Spencer, Roger Fenton, Ralph Hutchinson, William Dakins, Michael Rabbet, Thomas Sanderson.

    Qualcuno ha ipotizzato che nel lavoro di traduzione sia stato coinvolto anche William Shakespeare(1564-1616): la 'prova' consisterebbe nel fatto che, esaminando la traduzione del salmo 46, la 46ª parola dal principio è "shake", alla quale segue, dopo altre 46 parole, "spear". Inoltre, il 46º anno d'età del celebre scrittore (1610) cade all'interno del periodo di lavorazione. Contro questa interpretazione dal sapore quasi cabalistico è stato fatto notare come giocando anche sulla Bibbia di Ginevra e su altre traduzioni inglesi precedenti la nascita di Shakespeare si ottiene lo stesso risultato.[1]

    Nel gennaio del 1609 un comitato generale di revisione si riunì a Londra per esaminare le bozze definitive prodotte dalle 6 commissioni. Tale comitato includeva John BoisAndrew DownesJohn Harmer, e uno sconosciuto indicato come 'AL'(probabilmente il vescovo gallese Arthur Lake).

    La prima stampa della KJV fu pubblicata da Robert Barker nel 1611, e poteva essere acquistata sfusa per 10 scellini, rilegata per 12.

    Fonti 

    Nel XVII secolo la stragrande maggioranza delle versioni bibliche erano eseguite a partire dal testo latino della Vulgata (fanno eccezione alcune bibbie, tra cui quella di Tyndale e Lutero).
    Innegabile pregio che soggiace alla realizzazione della KJV è il dichiarato intento di realizzare la traduzione a partire dai testi originali ebraico-aramaici (edizione della Bibbia Bromberg del 1524-25) e greci (edizione comunemente chiamata textus receptus di Erasmo da Rotterdam del 1515-16).

    Il ritrovamento di altri manoscritti dopo il XVI secolo, tra cui soprattutto i manoscritti del Mar Morto, e l'affinamento degli studi critico-filologici, ha portato all'elaborazione di edizioni critiche dei testi originali diverse da quelle usate per la KJV. Confrontata coi 'testi originali' della Bibbia oggi adottati dagli studiosi, pertanto, la KJV mostra alcune discrepanze. In molti altri passi dell'Antico Testamento, inoltre, sono presenti veri e propri errori di traduzione: il greco era allora ampiamente conosciuto, ma lo studio della lingua ebraica e aramaica tra i non giudei di inizio XVII secolo non era certo sviluppato come è ora. Come è ragionevole, nelle revisioni successive al 1611 tali discrepanze ed errori vennero corretti.

    Tuttavia, alcuni fondamentalisti cristiani (v. in particolare il King-James-Only Movement) che considerano la KJV direttamente ispirata da Dio, ritengono che il testo corretto sia proprio quello della KJV: le altre lezioni, anche se presenti su manoscritti antichi, sono corruzioni che non devono essere prese in considerazione.

    La ricerca di tale aderenza coi testi originali si manifesta in particolare nel fatto che parole non presenti nei testi sorgente ma implicati dal contesto venivano aggiunte nella traduzione ma tra parentesi quadre o in corsivo.

    Riferimento immediato della KJV, tuttavia, invece che la Bibbia dei Vescovi (come esplicitamente richiesto da re Giacomo) o i testi originali fu la Bibbia Tyndale. Per il Nuovo Testamento, almeno l'80% del testo proviene inalterato da tale versione.

    In particolare, la Tyndale aveva introdotto alcune etichette teologiche che si scostavano dalla consuetudine cristiana del tempo e che verranno riprese da Lutero e dalla tradizione protestante. P.es. i termini greci presbyterosekklesiaagapebaptisma, furono da Tyndale tradotti in inglese rispettivamente con elder, ‘anziano' (invece dell'allora comune priest, sacerdote); congregation, 'congregazione' (invece dell'allora comune Church, Chiesa); love, 'amore' (invece dell'allora comunecharity, ‘carità'); washing, 'lavaggio', (invece dell'allora comune baptism, ‘battesimo'). Alcuni di tali termini (washingcongregation) furono ripresi dalla KJV.

    Stile

    Al momento della sua uscita nel 1611, la KJV fu molto apprezzata per la qualità della prosa e della poesia che caratterizzava la traduzione. Da allora però la lingua inglese è notevolmente cambiata, come è normale che avvenga per tutte le lingue vive. Alcuni termini e strutture grammaticali pertanto possono suonare come arcaici o non immediatamente comprensibili: v. p.es. il pronome di seconda persona singolare thou, poi soppiantato nell'uso da youreplenish, riempire, poi soppiantato da fill;even, usato nel senso oggi inusuale di "cioè"; il pronome genitivo di terza persona singolare its (suo) non era ancora consolidato a livello letterario, per cui si legge p.es. the blood thereof (il suo sangue), invece di its blood.

    Per tale arcaicità di linguaggio, unitamente alla discordanza con le attuali edizioni critiche dei testi biblici, la KJV è fortemente osteggiata da alcuni studiosi anglosassoni, che la sconsigliano come testo base da adottare per gli studi biblici. Alcuni di questi studiosi: Walter BrueggemannMarcus Borg,Warren CarterJames L. CrenshawRobert W. FunkJohn Dominic Crossan, e N.T. Wright.

    Nella scelta di alcuni termini la KJV suscitò alcune perplessità tra i letterati del tempo, che li giudicarono eccessivamente 'schietti' e poco raffinati: piss, orinare (1 Samuele 25,22;34); teats, tette (Ezechiele 23,3); menstruous woman, mestruo femminile (Lamentazioni 1,17). Le versioni contemporanee inglesi provvedono piamente a modificare o parafrasare tali passi.

    Nella prima edizione del 1611 la KJV includeva un certo numero di varianti di lettura, vale a dire traduzioni diverse ugualmente possibili a partire da ambiguità dei termini originali. La maggior parte delle edizioni contemporanee della KJV omettono tali varianti (tra le edizioni contemporanee a stampa con varianti v. p.es. l'americana Cornerstone UltraThin Reference Bible, pubblicata da Broadman e Holman).

    Il nome divino o tetragramma biblico è reso normalmente con LORD tutto maiuscolo, anche se in sette passi (Genesi 22:14; Esodo 6:3; 17:15; Giudici 6:24; Salmo 83:18; Isaia 12:2; 26:4) viene reso Jehovah.

    Formato grafico 

    Una pagina della KJV del 1611 (incipit della Lettera agli Ebrei).

    La stampa della prima versione della KJV, nel 1611, avvenne prima della standardizzazione della lingua inglese, realizzatasi compiutamente nel XIX secolo. Si possono pertanto notare diverse distonie con l'attuale sistema grafico:

    • la "v" minuscola rendeva le iniziali "u" e "v", mentre in corpo e finale di parola la "u" rendeva "u" e "v".
    • la "s lunga" Å¿ era usata per le "s" finali.
    • la "j" era presente solo dopo la "i" o come finale in una numerazione romana.
    • la punteggiatura era usata in maniera differente dall'attuale.
    • l'arcaica lettera anglosassone thorn (Þ þ, pronuncia th) era a volte resa con la continentale "y", ottenendo "ye" invece del contemporaneo "the".
    • i fonemi an o am erano resi con ã, di stile stenografico, laddove si dimostrava necessario risparmiare spazio nella riga.

    Nelle edizioni contemporanee tali caratteristiche vengono corrette, uniformando il testo alla grafia moderna.

    La prima versione usava caratteri gotici invece di quelli romani a noi comuni, usati anche nella precedente Bibbia di Ginevra (nel 1614 uscì però una versione della KJV col carattere romano). Il carattere corsivo o italico indicava testo non presente nell'originale greco o ebraico ma necessario per la grammatica inglese.

    Come la Grande Bibbia e la Bibbia dei Vescovi, ma diversamente dalla Bibbia di Ginevra, l'ampio formato del volume era pensato per un uso pubblico e liturgico.

    Prefazioni e appendici 

    L'edizione del 1611 conteneva due prefazioni:

    • la prima è la "Lettera dedicatoria", vale a dire una dedica al "più alto e potente principe" Re Giacomo (v. il testo originale qui). Molte versioni britanniche della KJV riportano tale dedica, mentre è sovente assente in edizioni americane economiche o di piccolo formato.
    • la seconda e più interessante prefazione è il saggio "I traduttori al lettore" (v. il testo originalequi), una lunga e dotta trattazione che difende la qualità del lavoro traduttivo. Poche edizioni contemporanee includono tale prefazione.

    La prima edizione conteneva inoltre alcune appendici, tra cui una tabella per la lettura dei Salmi alla liturgia mattutina o serale, un calendario, un almanacco, una tavola per le festività e le ricorrenze sacre. La maggior parte di tale materiale divenne obsoleta nel 1752, con l'adozione nel Regno Unito e colonie del calendario gregoriano. Le edizioni moderne omettono tali appendici.

    Canone 

    L'edizione del 1611 della versione di Re Giacomo includeva i libri apocrifi, noti nella tradizione cattolica con la dicitura libri deuterocanonici. Si tratta di alcuni libri interi e di brani di altri libri del Vecchio Testamento, assenti nel canone ebraico ma presenti nella Settanta prima e poi nella Vulgata:

    Secondo i 39 articoli, la confessione dottrinaria della Chiesa anglicana stabilita nel 1563, questi libri erano considerati non-canonici, ma dovevano essere "letti come esempio di vita e apprendimento di buone usanze".[1]

    Nell'edizione del 1661 i testi apocrifi erano inclusi in una sezione apposita della KJV, tra la fine dell'Antico Testamento e l'inizio del Nuovo Testamento. A partire dal 1827 molte edizioni omisero tale sezione. Le edizioni contemporanee li includono raramente.

    Revisioni 

    La KJV ha subito moltissime revisioni ed edizioni: 1613, 1629, 1638, 1762, 1769. L'edizione del 1769 in particolare costituisce la base delle edizioni contemporanee. Fu stampata presso l'Università di Oxford a cura di Benjamin Blayney. Il testo in essa contenuto è sostanzialmente lo stesso della prima edizione del 1611 con alcune modifiche: è ampliato l'uso di evidenziare in corsivo le parole originariamente assenti; vengono corretti alcuni errori di punteggiatura; ortografia e grammatica vengono aggiornate secondo gli standard del XVIII secolo.

    Anche in epoca contemporanea ha subito molte revisioni, forse troppe, complice l'ampio mercato disponibile:

     

    Nella maggior parte del mondo la KJV è liberamente riprodotta in quanto esente da diritti di copyright. Questo non succede nel Regno Unito, dove i diritti sono detenuti dalla Corona Britannica. In tale paese pertanto gli editori sono autorizzati a riprodurre la KJV solo dietro esplicito consenso della regina che delega tale funzione alla Cambridge University Press. Nel caso della sola Scozia, l'autorizzazione è rilasciata dalla Scottish Bible Board.

    Fortuna e diffusione 

    La KJV sostituì la Bibbia dei Vescovi nella liturgia anglicana con molta lentezza, complice anche il fatto che il re Giacomo non emanò una direttiva a proposito. Anche la Bibbia di Ginevra, sebbene non usata ufficialmente nel culto, continuò a godere di notevole diffusione e popolarità. Solo a partire dal 1660, dopo la guerra civile inglese, le precedenti traduzioni cominciarono a perdere decisamente terreno e consenso a favore della KJV.

    Al pari della versione di Lutero per il tedesco, ha avuto un impatto notevole sull'intera lingua e letteratura inglese.

    Il lavoro di autori inglesi come John BunyanJohn MiltonHerman MelvilleJohn Dryden, e William Wordsworth risente notevolmente della KJV. Lo studioso John Hayes Gardiner (1863-1913) dellaHarvard University disse che "nello studio della letteratura inglese, se c'è un assioma che può essere accettato senza discussione è che lo stile della prosa inglese è stabilito dalla King James Version". La statunitense Compton's Encyclopedia sostiene che la KJV "è stata un modello di scrittura per generazioni di anglofoni" [3].

    Il predicatore inglese Charles Spurgeon (1834-1892) dichiarò dello scrittore protestante John Bunyan(1628-1688): "leggi quello che vuoi di lui e vedrai che è quasi come leggere la Bibbia stessa". Il racconto allegorico di Bunyan "Il cammino del pellegrino" ha rappresentato una pietra miliare della letteratura protestante: sovente è stato il secondo lavoro letterario tradotto dai missionari, quando il primo era ovviamente la KJV.

    Lo scrittore John Milton (1608-1674), autore tra l'altro del poema Paradiso perduto, è stato pesantemente influenzato dalla KJV (ogni mattina leggeva qualche pagina della Bibbia).

    Altri scrittori e poeti trassero ispirazione dalla KJV, sia quanto a contenuto che stile: William WordsworthGeorge ByronJohn KeatsHenry Wadsworth LongfellowHerman MelvilleWalt WhitmanEmily DickinsonMark TwainWilliam Dean HowellsT. S. EliotErnest HemingwayFlannery O'ConnorRobert A. Heinlein.

    [Modificato da Credente 04/08/2013 11:54]
  • OFFLINE
    Credente
    00 04/08/2013 12:22
  • OFFLINE
    Credente
    00 04/08/2013 12:22
     VARIE TRADUZIONI

    Le prime versioni in lingua volgare della Vulgata, la Bibbia in latino tradotta da Girolamo, iniziarono a comparire probabilmente a partire dal XIII sec. Si trattava, per maggior parte, di traduzioni libere di singoli libri, anonime (unica eccezione è il lavoro del domenicano Domenico Cavalca sul libro degli Atti, intorno alla prima metà del 1300) e spesso contenenti note esplicative.

    La Bibbia Thompson
    Quest'articolo tratto dalla nuova Bibbia Thompson.

    Il 1° agosto del 1471 il tedesco Vandelino di Spira pubblicò a Venezia, la prima edizione della Bibbia in italiano, con il titolo di Bibbia degnamente vulgarizzata per il clarissimo religioso duon Nicolao Malermi, nota in seguito col nome di Bibbia d'Agosto. Opera del monaco camaldolese Nicolò Malermi, che in parte tradusse dal latino e in parte ritoccò versioni manoscritte dei secoli precedenti, questa Bibbia incontrò grande favore ed ebbe molte edizioni successive.

    Nel mese di ottobre dello stesso anno, sempre a Venezia, uscì un'altra Bibbia in volgare (nota come Bibbia d'ottobre), questa volta anonima, che ricalcava sostanzialmente testi di traduzione toscana d'origine trecentesca. Quest'edizione fu soprannominata anche Bibbia Jensoniana, dal nome di Niccolò Jenson, probabile stampatore dell'opera.

    Nel 1530, presso la tipografia Giunti di Venezia, l'umanista toscano Antonio Brucioli pubblicò Il Nuovo Testamento di greco nuovamente tradotto in lingua toscana (cioè italiana) seguito, nel 1532, dall'intera Biblia, quale contiene i sacri libri del Vecchio Testamento.

    Per quanto riguarda il testo di base da lui utilizzato, sembra che per l'A.T. si sia servito della traduzione latina del celebre biblista Sante Pagnini (1527) e che per il N.T. abbia utilizzato la versione latina di Erasmo da Rotterdam (1516). Nel 1559 la sua traduzione fu messa all'Indice dalla Chiesa Cattolica.

    Nel 1536, il frate domenicano Zaccheria da Firenze produsse il suo N.T., che non fu altro che una revisione del testo di Brucioli, al quale apportò variazioni quasi esclusivamente stilistiche e formali. Due anni dopo, nel 1538, a Venezia, fu pubblicata La Bibbia nuouamente tradotta dalla hebraica verità in lingua thoscana a cura del frate domenicano Santi Marmochino. Si tratta in realtà, per l'A.T., di una revisione del testo di Brucioli con un ampio utilizzo del testo latino di Pagnini e, per il N.T., di una esatta riproduzione del testo di Zaccheria.

    Nel 1551 venne pubblicato a Lione Il Nuouo ed Eterno Testamento di Giesu Christo, tradotto dal frate benedettino Massimo Theofilo Fiorentino, direttamente dall'originale greco.

    Nel 1555 fu pubblicata a Ginevra un'edizione bilingue (italiano-francese) del N.T. a cura del valdese Giovan Luigi Pascale, nella quale fu inserita, per la prima volta in Italia, la suddivisione in versetti. Per la parte italiana, Pascale utilizzò come guida la versione del Brucioli, rivedendola sul testo greco e rendendola più scorrevole, mentre per il francese si servì della traduzione di Olivetano riveduta da Calvino. 

    Bibbia in mano

    Nel 1562, venne portata a termine una revisione rimasta anonima, della versione di Brucioli e stampata a Ginevra dall'editore Francesco Durone.

     

    Nel XVII sec. l'unica Bibbia tradotta in italiano fu quella del protestante Giovanni Diodati, pubblicata a Ginevra nel 1607 col titolo di La Bibbia. Cioè, i libri del Vecchio e del Nuovo Testamento. Nuovamente traslati in lingua italiana, da Giovanni Diodati, di nation Lucchese.Profondo conoscitore della lingua ebraica (era professore di ebraico all'Università di Ginevra), Diodati realizzò, per la prima volta in Italia, una traduzione direttamente dai testi originali greci ed ebraici. La sua opera è ancora oggi considerata, dal punto di vista stilistico, uno dei capolavori della lingua italiana del '600. Nel 1641 lo stesso Diodati portò a termine una revisione della sua opera in vista di una seconda edizione, nella quale furono introdotti i Salmi in rima.

    Nel 1757 papa Benedetto XIV espresse il desiderio di una traduzione della Bibbia in italiano. Fu così che l'abate Antonio Martini pubblicò dapprima il N.T. in 6 volumi (1769-1771) e poi l'A.T. in 16 volumi (1776-1781). Martini tradusse dalla Vulgata, e al testo italiano affiancò il testo della Bibbia latina. Questa traduzione ebbe grande successo; lo stesso papa Pio VI l'approvò, dichiarandola conforme alle norme dell'Indice. Quest'edizione fu ristampata molte volte e rimase la traduzione ufficiale della Chiesa cattolica fino alle prime edizioni rivedute sui testi originali del secolo scorso.

    [Modificato da Credente 04/08/2013 15:30]
  • OFFLINE
    Credente
    00 04/08/2013 12:23

    Le traduzioni italiane: XX-XXI secolo

     

    Presentiamo qui una rassegna delle principali traduzioni italiane della Bibbia a partire dall'inizio del Novecento.

    LegendaC: cattolica; P: protestante; E: ecumenica; EB: ebraica; I: interlineare


    1924 - La Riveduta di Luzzi (P)

    Con la crescita numerica dei protestanti italiani, si avvertì sempre più la necessità di una revisione, soprattutto linguistica, della gloriosa "Diodati". Nel 1906 venne nominato un comitato formato da rappresentanti delle varie chiese evangeliche italiane. Nel 1909 fu fondata a Roma la casa editrice Fides et amor, con il compito procedere ad una nuova traduzione della Bibbia. Curata da Giovanni Luzzi, professore presso la Facoltà Valdese di teologia di Roma, l'opera apparve in 12 volumi, con introduzione ai vari libri, un ricco apparato di note e illustrazioni.

    Nella foto a sinistra Giovanni Luzzi

     
    1929 / 1939-40 / 1957-58 - La Bibbia Salani (C)

    Sempre per la casa editrice Fides et Amor, nel 1929 esce la Sacra Bibbia curata da A. Mercati, G. Mezzacasa, G. Ricciotti et alii. Di fatto è la prima traduzione italiana dopo quella del Martini. Pur condotta sulla Vulgata, la traduzione viene verificata sul testo ebraico e greco.

    Nel 1939-40, viene ristampata dalla casa editrice Salani, con nuove note e introduzione di Giuseppe Ricciotti.

    Nel 1957-58, la Salani pubblica una Bibbia in 10 volumi (a cura di A. Vaccari). La traduzione è condotta sui testi originali e le note sono dei professori dell'Istituto Bilico di Roma.

     
    1960 - La Bibbia Nardoni (C)

    Curata da F. Nardoni, questa Bibbia esce per i tipi dell'editrice Fiorentina di Firenze.

     
    1963 - La Bibbia Marietti (C)

    Curata da S. Garofalo, F. Vattioni, L. Algisi, la traduzione è condotta sui testi originali, con ampio apparato di introduzioni, note, tavole illustrate. Ripubblicata nel 1980.

    Nell'immagine, l'edizione tascabile.

        
    1968 - La Bibbia Concordata Mondadori (E)

    Si tratta della prima edizione della Bibbia curata da un gruppo di studiosi cattolici, protestanti, ortodossi ed ebrei (S. Cipriani, F. Montanini, B. Prete, L. Moraldi, A. Soggin, P. Kizeridis, E. Toaff). Il titolo Concordata si riferisce al lavoro comune, anche se siamo ancora a livello di semplice accostamento di contributi diversi. La pubblicazione è avvenuta su slancio della SBI (Società Biblica Italiana).

    Nel 1982 è uscita nella collana Meridiani in tre volumi (vedi immagini). Ripubblicata nel 1996 nella collana Oscar Mondadori.

     

        
    1968 - La Bibbia UTET (C)

    Curata da tre importanti biblisti cattolici (E. Galbiati, A. Penna, P. Rossano) ed edita dalla casa editrice UTET di Torino, questa traduzione, condotta sui testi originali e ricca di note, è importante perché servirà come base per la traduzione CEI.

    Nella foto, Piero Rossano.

     

        
    1971-74 - La Bibbia CEI / La Bibbia di Gerusalemme EDB (C)

    Iniziata nel 1965, all'indomani del Concilio Vaticano II, la traduzione ufficiale della CEI (Conferenza Episcopale Italiana), condotta sui testi originali, vide la luce nel 1971 (editio princeps).Si è trattato di una revisione della Bibbia UTET e si è data importanza alla dimensione liturgica del testo: questa traduzione è tuttora il testo ufficiale letto durante la Messa. Nel 1974, dopo un lavoro di revisione linguistica, la traduzione esce per i tipi della EDB di Bologna: presenta il testo CEI e le note della francese Bible de Jérusalem, con evidente "effetto sfasatura" tra testo e note. Nel 2008 è uscita la nuova traduzione (vedi sotto).

        
    1976-79 / 1992 - La Bibbia TOB (E)

    Pubblicata dalla casa editrice Elledici (Leumann), prima (1976-1979) in tre volumi, poi in volume unico (1992), è la traduzione italiana della Traduction Oecuménique de la Bible (TOB). Il testo è quello della CEI, mentre le note sono della TOB.

    L’ordine dei libri testi non è quello della Bibbia CEI (Vulgata), ma quello della TOB (testo masoretico); i  deuterocanonici vengono riportati in fondo.

     

        
    1976 / 1985 / 2001 - Bibbia TILC (E)

    In titolo completo è La Parola del Signore - Traduzione In Lingua Corrente (TILC). Nel 1976 esce il Nuovo Testamento, seguito nel 1985 dall'Antico (del 2001 è una revisione del NT). Si tratta di una coedizione tra Elledici e ABU (Alleanza Biblica Universale). Per la prima volta in Italia si procede ad una traduzione veramente interconfessionale, con studiosi appartenenti alle diverse confessioni cristiane. Il criterio seguito per la traduzione, condotta sui testi originali, è una resa linguistica di tipo colloquiale, senza rinunciare al rigore filologico. Insieme alla Bibbia CEi, è la traduzione più diffusa in Italia (nella foto, l'edizione del 2007).

        
    (1967-80) / 1987 / 1991 - Bibbia Paoline - San Paolo (C)

    Il titolo completo è La Bibbia. Nuovissima versione dai testi originali, pubblicata dalle Edizioni Paoline. Raccoglie i 46 libretti che vennero pubblicati tra il 1967 e il 1980, curati dai migliori specialisti italiani. Nel 1991 è uscita un'edizione in 4 tomi, con le note integrali. Si tratta di una traduzione di ottimo livello. Di questa Bibbia sono uscite diverse edizioni; segnaliamo la Bibbia Emmaus(1998), la Bibbia Tabor (1999) e la Bibbia Ebron(2000).

     

     

     

     

     

    1994 - Nuova Riveduta  (P) - 1999 Bibbia Diodati

    Pubblicata dalla Società Biblica di Ginevra, è una revisione della revisione di Giovanni Luzzi (2004) della Bibbia Diodati. Disponibile in diversi formati, è la Bibbia in uso presso le chiese evangeliche italiane.

    Da segnalare che nel 1999, la Mondadori pubblica, nella collana I Meridiani, la storica Bibbia nella versione di Giovanni Diodati. Si tratta di tre splendidi volumi, curati da Michele Ranchetti, Milka Ventura Avanzinelli ed Emidio Campi.

     

     

     

      
    1995 - Bibbia Piemme (C)

    Erede della vecchia Marietti (vedi sopra), questa nuova edizione, curata da L. Pacomio, F. Della Vecchia, A. Pitta et alii, presenta l testo CEI, ma offre un ampio apparato di sussidi. E' per questo un'ottima edizione di studio.

        
    1995-1996  - Bibbia Ebraica  (EB)

    Pubblicata tra il 1995 e il 1996 dalla Giuntina, casa editrice storica dell'ebraismo italiano, questa splendida edizione della Bibbia ebraica, curata dal rav Dario Disegni, è divisa in quattro volumi: Pentateuco e Haftaròt, Profeti anteriori, Profeti posteriori, Agiografi. Presenta il testo ebraico (testo masoretico) e traduzione italiana a fianco.

        
    1998, 20055 - Nuovo Testamento (I)

    Curata da Piergiorgio Beretta, è la prima traduzione interlineare di tutto il Nuovo Testamento, Greco- Latino - Italiano. Nel testo greco (Nestle-Aland, 1993, nella sua 27a edizione) stampato sulle pagine di sinistra è stata inserita una nuova traduzione italiana condotta in modo strettamente letterale, parola per parola, cercando di riprodurre anche i tempi e i modi dei verbi greci. Testo Latino e Nuovissima versione italiana scorrono parallele su colonne affiancate nelle pagine di destra.

        
    2000 - I libri di Dio Mondadori (C-E)

    Nella famosa (ed economica) collana degli Oscar, la Mondadori pubblica una serie di sei volumi, con il titolo generale di I libri di Dio: La Bibbia. Pur priva di note al testo, questa edizioni si fa apprezzare per gli apparati introduttivi e soprattutto per il fatto che la traduzione è opera di poco conosciuti ma assai competenti studiosi, soprattutto cattolici.

      
    2001-2008ss. - Bibbia TINTI (I)

    Acronimo per Traduzione INTerlineare Italiana (TINTI), questa collana, edita dalla EDB e curata da Roberto Reggi, riporta il testomasoretico della Biblia Hebraica Stuttgartensiala traduzione interlineare di tipo letterale e il testo della CEI a piè di pagina.Finora sono stati pubblicati Esodo (2001), Genesi (2003), Salmi(2004), Profeti Minori (2005), Isaia (2005), Giosuè Giudici(2007), Deuteronomio (2007), Geremia (2008), Meghillot (2008). Il progetto prevede, una volta terminati i singoli libri dell'AT ebraico, la pubblicazione di una completa Bibbia interlineare italiana.

      
    2001-2007 - Bibbia Ebraica Interlineare (I)

    Pubblicata dalla San Paolo e curata da Piergiorgio Beretta, questa collana, di cui sono usciti finora (2008) i primi cinque libri della Torah e le Cinque Meghillot, presenta il testo ebraico dellaBiblia Hebraica Stuttgartensiacon traduzione interlineare di Cristiana Doveri; il testo greco dei LXX nell'ed. Alfred Rahlfs, il testo latino della Vulgata Clementina e il testo italiano dellaNuovissima versione.

      
    2008 - La Bibbia CEI - Nuova traduzione (C)

    Nuova versione della Bibbia CEI che aggiorna le due precedenti del 1971 e 1974 e porta a compimento un lavoro di revisione durato dodici anni. E'uscita la editio princeps e l'edizione economica.

    [Modificato da Credente 04/08/2013 15:27]
  • OFFLINE
    Credente
    00 04/08/2013 12:23
    [Modificato da Credente 04/08/2013 15:31]
  • OFFLINE
    Credente
    00 04/08/2013 12:23

    Papa Pio XII con l’enciclica Divino Afflante Spiritu del 1943 caldeggiò la stesura di traduzioni bibliche dai testi originali. L’invito fu accolto da diversi studiosi cattolici italiani e dette il via a numerose traduzioni moderne tra cui:

    • La Bibbia, a cura del gesuita Alberto Vaccari, 1958.
    • La Bibbia, a cura di Fulvio Nardoni, 1960.
    • La Sacra Bibbia, a cura di Enrico Galbiati, Angelo Penna e Piero Rossano, UTET 1963, 1964, 1973.
    [Modificato da Credente 04/08/2013 15:13]
  • OFFLINE
    Credente
    00 04/08/2013 17:40
  • OFFLINE
    Credente
    00 04/08/2013 17:43
    Cerchiamo ora di vedere più in dettaglio la presentazione di alcune traduzioni:

    LA TRADUZIONE INTERCONFESSIONALE :  TILC

    La traduzione italiana, molto poco conosciuta nella pastorale, è la traduzione interconfessionale in lingua corrente denominata "Parola del Signore" (bibbia TILC).
    Questo non significa che non sia cattolica, ma che è anche cattolica: infatti ha la piena approvazione della CEI come pure delle chiese protestanti italiane. Una bibbia importante, visto che si parla tanto di ecumenismo. Solo non è abilitata all'uso liturgico, se non in casi particolari: alcune diocesi ne hanno infatti permesso l'uso nelle messe per i fanciulli proprio per l'immediatezza e la facilità di comprensione. "Non aggiunge e non toglie alcuna informazione contenuta nei testi originali", ma cerca di comunicare al lettore di oggi soprattutto il significato. Un testo che non ha bisogno di troppi commenti e adatto quindi a chi si avvicina a Gesù o alla Bibbia per la prima volta.
    Si tratta di una traduzione a "equivalenza dinamica" o “equivalenza funzionale”, che si distingue dalle altre perché cerca di rendere il testo ebraico e greco con parole e forme della lingua corrente, abitualmente usata nei rapporti interpersonali. Essa cerca di rendere i testi biblici accessibili ai principianti e comprensibili al lettore di oggi, privilegiando la trasmissione del contenuto rispetto alla conservazione degli aspetti formali delle lingue originali. Nonostante questa costante attenzione, la traduzione non è mai una parafrasi, ma resta fedele ai testi originali e rispetta le caratteristiche della lingua italiana e si sforza di non aggiungere né togliere alcuna informazione rispetto ai testi originali.

    E', però, evidente che questo tipo di traduzione talvolta impedisce al lettore di rendersi conto delle sfumature delle singole parole che sottostanno alla traduzione.

    Inoltre, questa traduzione tenta di colmare il divario culturale tra la realtà del tempo e del contesto in cui la Bibbia è stata scritta e quella dell'uomo contemporaneo, sebbene non sia trascurata la distanza tra queste realtà lontane e vengano mantenuti tutti i riferimenti al mondo palestinese e greco-romano. Dopo quattro anni di lavoro, nel 1976 è stato pubblicato l'intero Nuovo Testamento, mentre l'intera Bibbia è apparsa nel 1985 insieme alla seconda edizione del Nuovo Testamento. I libri Deuterocanonici sono collocati tra l'Antico e il Nuovo Testamento, preceduti da apposita introduzione che in particolare dichiara: “Il valore di questi libri fu ufficialmente riconosciuto dalla Chiesa romana nel secolo IV d.C. Essi sono stati poi dichiarati canonici dalla Chiesa cattolica nel Concilio di Trento (1546).
    Da allora divenne comune il nome di libri Deuterocanonici (appartenenti al secondo canone o elenco). I Protestanti li chiamano generalmente Apocrifi, parola che originariamente significava “nascosti”. I Riformatori del secolo XVI non li hanno riconosciuti come canonici. Li hanno però considerati utili per l'edificazione personale e li hanno messi in appendice alla Bibbia.
    Così, ad esempio, la confessione di fede detta “La Rochelle” (1559) dichiara a questo proposito: “benché utili, non è possibile fondare su di essi alcun articolo di fede”. Le Chiese ortodosse, anche se non hanno mai preso alcuna decisione ufficiale li includono nelle loro Bibbie”.
  • OFFLINE
    Credente
    00 04/08/2013 17:46

    La traduzione concordata INTERCONFESSIONALE, è stata tradotta da evangelici e cattolici, espertI di greco - aramaico e di scritture bibliche. Un risultato da considerare importantissimo soprattutto tenendo conto di molte discussioni su termini e frasi comunemente tradotte in modo differente nelle rispettive traduzioni cattoliche o protestanti.

    Vediamo da chi è stata tradotta: nella prima pagina leggiamo della stessa Bibbia Inteconfessionale:

    - EDITRICE ELLE DI CI

    10096 LEUMANN (Torino)

    - ALLEANZA BIBLICA UNIVERSALE

    Via IV Novembre, 107 - 00187 Roma

    A chi appartengono queste due nominativi?

    Leggiamo nella seconda pagina:

    "Il testo finale di questa traduzione è stato approvato dall'Alleanza Biblica Universale (Direzione Europa)

    e, da parte cattolica, dalla autorità ecclesiastica (Conferenza Episcopale Italiana).

    Vediamo cosa scrivono gli evangelici nella presentazione di questa Bibbia Interconfessionale:

    "PRESENTAZIONE

    Questa traduzione, pubblicata in coedizione con al Elle Di Ci, è il frutto di anni di lavoro e della lunga esperienza che l'Alleanza Biblica Universale (ABU) ha acquistato traducendo la Bibbia nelle principali lingue del mondo.

    Si distingue dalle altre, perché cerca di rendere il testo ebraico e greco con parole e forme della lingua italiana di tutti i giorni, quella consueta familiare, che le persone usano per comunicare tra loro: la lingua corrente.

    Non aggiunge e non toglie alcuna informazione contenuta nei testi originali, ma cerca di comunicare al lettore di oggi, seguendo il metodo delle equivalenze dinamiche (vedi <<Questa Traduzione>> a pag. 476, prima dell'Indice Generale), proprio quel che il testo diceva agli antichi lettori. Tutti quelli che apriranno questa Bibbia sono stati, in un certo senso, presenti e partecipi, durante tutto il lavoro di traduzione. <<Se traduciamo così,-si sono domandati a ogni frase i traduttori,-il lettore di oggi comprenderà facilmente quel che il testo vuole dire?>>. La competenza biblica e linguistica di tutti i collaboratori è stata messa a servizio di questa mèta: comprensibilità del testo nella fedeltà ai suoi contenuti originali.

    Protestanti e cattolici hanno lavorato insieme in questa traduzione e insieme la presentano ai lettori. E' una traduzione interconfessionale, accolta da tutte le confessioni cristiane e offerta a ogni uomo, nella comune convinzione che la Bibbia <<può dare la saggezza che conduce alla salvezza per mezzo della fede in Cristo Gesù>> (2Timoteo 3,15)."

    Vediamo chi sono stati i collaboratori:

    COLLABORATORI:

    NUOVO TESTAMENTO

    Direttore: Jan de Waard

    Coordinatore: Renzo Bertalot

    Stilista: Giiulio Villani

    Redattore: Enrico Bonifacio

    Traduttori:

    a - cattolici: Carlo Buzzetti, Carlo Ghidelli

    b - evangelici: Bruno Corsani, Bruno Costabel

    Revisori:

    a - cattolici: Giovanni Canfora, Mario Galizzi, Carlo Maria Martini, Renzo Petraglio

    b - evangelici: Otto Rauch, Alberto Soggin

    Consulenti stabili:

    a - cattolici: Sofia Cavalletti, Settimio Cipriani, Paolo De Benedetti, Franco Festorazzi, Enrico Galbiati, Massimo

    Giustetti, Michele Pellegrino, Maria Vingiani

    b - evangelici: Piero Bensi, Luciano Deodato, Edoardo Labanchi, Fausto Salvoni, Luigi Santini

    In vista della pubblicazione dell'intera Bibbia Interconfessionale, gli editori hanno stimolato e raccolto le osservazioni alla prima edizione del Nuovo Testamento.E' stato così possibile rivedere con cura il lavoro precedente. I traduttori hanno esaminato ogni nuova proposta ed hanno preparato le introduzioni e le note. La revisione è stata coordinata da Mario Galizzi sotto la direzione di Jan de Waard e di Carlo Buzzetti."

    Per il Vecchio Testamento ci sono stati altri cattolici ed evangelici che se ti interessa te li citerò pure e alla fine dei nominativi di cattolici ed evangelici leggiamo:

    "Gli ebrei sono stati consultati per dizionarietto del Nuovo testamento e su gran parte del canone ebraico dell'Antico Testamento. La loro collaborazione ha avuto carattere personale e saltuario. Vi hanno partecipato gruppi di studio ebraico-cristiani tra i quali ricordiamo in modo particolare il S.I.D.I.C. di Roma."

    La traduzione è stata fedele al senso della lingua in cui sono stati scritti i testi sacri e in 10 anni ci sono state sette ristampe con tanto di firma ABU, ed LDC a testimonianza dell’attendibilità accordata da entrambe le parti a questa traduzione INTERCONFESSIONALE.

  • OFFLINE
    Credente
    00 04/08/2013 17:49

    BIBBIA DI GERUSALEMME

    La Bibbia di Gerusalemme è la traduzione italiana dell'edizione 1973 de La Bible de Jerusalem. La Sainte Bible traduite en français sous la direction de l'École Biblique de Jérusalem , Paris, 1973 (un rifacimento integrale di essa, che molte polemiche ha suscitato in Francia, è apparso solo di recente e, quindi, l'edizione italiana non ne tiene conto). Già la prima edizione del 1955 rappresentava il frutto del lavoro di una équipe formata dai migliori esegeti di Francia, sotto la direzione dei domenicani della celebre Scuola Biblica, l'Ecole Biblique, sorta presso la Basilica di S.Stefano a Gerusalemme, ad opera del p.Lagrange, nel 1890. Per l'edizione del 1973 traduzioni e note sono state rivedute e verificate. Hanno collaborato tra gli altri R.de Vaux, P.Benoit e Mons.L.Cerfaux. Nella Bibbia di Gerusalemme grande importanza hanno le note di critica testuale, che si propongono di ristabilire il testo biblico originale e le varianti principali conosciute, in maniera da permettere al lettore di prenderne coscienza. Le sigle TM (testo masoretico), LXX (Septuaginta), Volg (Vulgata), Q (Qumran) ed altre indicano le differenti lezioni presenti nei diversi testi antichi. L'edizione italiana della Bibbia di Gerusalemme non ha voluto ritradurre in italiano il testo biblico tradotto dalle lingue originali in francese, ma ha scelto di riprodurre semplicemente il testo della CEI, curato dalla Conferenza Episcopale Italiana, secondo la “editio princeps” del 1971. Quando nelle note non si trovano le sigle BJ (Bible de Jerusalem) o BC (Bibbia della CEI) vuol dire che le due versioni (francese ed italiana) coincidono. Quando invece compaiono le due sigle vuol dire che le due versioni adottano diverse traduzioni ed i motivi dell'una e dell'altra sono spiegati in nota. In questi casi le note della BJ sono state adattate alla versione BC. 
    Ogni libro o gruppo di libri è preceduto da introduzioni generali molto dettagliate. Le referenze marginali sono riprodotte fedelmente dalla BJ. Un sistema di segni aiuta la comprensione del testo, rinviando di volta in volta ad altri passi biblici, utili per la comprensione di un versetto. 

  • OFFLINE
    Credente
    00 04/08/2013 21:16

    LA BIBBIA TOB

    La Bibbia TOB (Traduction Oecuménique de la Bible) riprende la traduzione della Bibbia a cura della Cei, mentre le note e i commenti sono tradotti dalla II edizione francese del 1987, revisione della precedente presentata ufficialmente alle Chiese di Francia nel 1975. Questa traduzione costituisce una tappa fondamentale e irreversibile nel cammino ecumenico e, più attenta alla fedeltà letterale rispetto alla “Traduzione Interconfessionale in Lingua Corrente”, è corredata di introduzioni generali, di introduzioni ai singoli libri e di note di carattere filologico, storico e dottrinale, redatte da traduttori cattolici e protestanti in collegamento con la commissione teologica ortodossa. 
    I libri biblici non sono riportati nell'ordine della Bibbia Cei, ma seguono la Bibbia ebraica: dopo i protocanonici dell'Antico Testamento, seguono i libri deuterocanonici, quindi i libri del Nuovo Testamento. Questa scelta ha indotto gli editori a presentare una doppia traduzione del libro di Ester, una secondo l'ebraico, l'altra secondo il greco. 
    L'Antico Testamento è tradotto sul testo masoretico, salvo quei passi che vengono indicati nelle note come varianti importanti degli altri manoscritti, specialmente quelli della versione greca dei “Settanta”. I casi relativamente rari in cui ci si allontana dal testo masoretico sono segnalati in nota. 
    Per i nomi propri di persona e i toponimi è stata mantenuta la trascrizione adottata nella Bibbia Cei.

    BJ e TOB :
    la bibbia di Gerusalemme delle edizioni Dehoniane (1974). L'edizione CEI 1974 usciva con pochissime note (anche se ben curate) per cui si sentì presto l'esigenza di qualcosa di più consistente. Nella bibbia di Gerusalemme il testo CEI 1971 (non so perché non sia stato preferito quello del 1974, tanto più che è quello realmente usato nella liturgia) è affiancato dalle introduzioni e dalle note della bibbia francese "La Bible de Jérusalem" (BJ). Queste note, tradotte dal francese e scritte per una traduzione francese, non si armonizzano molto con il testo CEI (molte volte riportano: "qui BJ traduce invece così..."). A mio avviso, solo chi traduce può preparare le note migliori per la propria traduzione, mettendo in rilievo ciò che eventualmente non è proprio riuscito ad esprimere rispetto al testo originale. Stesso discorso per la bibbia TOB (quella di don Lino; edizioni Elle Di Ci 1992): testo CEI 1971 e note dalla bibbia francese "Traduction Oecuménique de la Bible" (1987). Bisogna dire che le note di BJ sono più spirituali mentre quelle TOB sono più esegetiche, cioè spiegano di più il significato e la forma originaria del testo.

    NUOVISSIMA VERSIONE DAI TESTI ORIGINALI

    A partire dagli anni '70 le Edizioni San Paolo hanno pubblicato, in 46 volumetti, una nuova traduzione della Bibbia, denominata "Nuovissima versione dai testi originali". 
    I diversi testi sono stati poi raccolti in un unico volume, a partire dal 1983. 
    Questa traduzione si caratterizza per la sua aderenza al testo originario, rispettandone anche le relative asperità, senza venire, quindi, incontro, alla scorrevolezza della lingua. Alla preoccupazione di una immediata comprensione è, insomma, preferita la lettera del Testo Sacro. 
    I traduttori sono tutti biblisti italiani e, fra essi, P.Rossano, C.M.Martini, U.Vanni e molti altri.

    La vecchia traduzione del 1958 era diffusissima (almeno fino a pochi anni fa) nelle case e molti ragazzi la usavano in quanto era la bibbia dei loro genitori. E' una traduzione molto fedele al testo (letterale) e per questo a volte poco chiara o scorrevole. La "nuovissima versione dai testi originali" (1983) che troviamo nelle nuove bibbie delle Paoline è molto curata e aggiornata dal punto di vista scientifico. Precedentemente era stata presentata in libri separati.
    Numerose note, segnalazioni di passi utili alla comprensione del testo, oltre ad ampie introduzioni ed approfondimenti, arricchiscono le edizioni recenti. Tutto questo apparato critico è stato rivisto, rispetto alla prima edizione in volumetti separati, da A.Girlanda, P.Gironi, F.Pasquero, G.Ravasi, P.Rossano, S.Virgulin.

  • OFFLINE
    Credente
    00 04/08/2013 21:17

    LA BIBBIA EBRAICA 
    A CURA DI RAV DARIO DISEGNI

    Il Rabbino Dario Disegni (1878-1967) ha tradotto in quattro volumi il Tanak. La parola Tanak designa per gli ebrei la Bibbia e deriva da TNK, le iniziali di Torah (la Legge, il Pentateuco), Neviim (i Profeti) e Ketuvim (gli Scritti o Agiografi). 
    Nel 1960 uscì la traduzione del primo volume Torah e Haftaroth, seguita nel 1962 da quella dei Profeti Anteriori, nel 1964 dai Profeti Posteriori e infine, nel 1967, a pochi mesi dalla scomparsa di Rav Disegni, il volume degli Agiografi. 
    La Torah o Pentateuco è la prima parte della Bibbia. Si divide in 5 parti che prendono il nome dalla prima o da una delle prime parole con cui hanno inizio.

    • Genesi = Bereshit (All'inizio)
    • Esodo = Schemot (Questi sono i nomi)
    • Levitico = Va-icrà (E chiamò)
    • Numeri= Bemidbar (Nel deserto)
    • Deuteronomio= Devarim (Queste sono le parole)

    Il contenuto della Torah è duplice: narrativo e legislativo. La parte narrativa è fondata sia su avvenimenti storici che su racconti. La Torah narra, dopo i racconti di creazione, in quale modo si creò un legame speciale tra il Signore ed Abramo, come tale patto fu rinnovato con i discendenti di Abramo via via fino alla generazione di coloro che uscirono dall'Egitto e ricevettero il decalogo e la promessa della terra di Canaan. 
    La parte legislativa comprende nell'interpretazione rabbinica oltre ai sette precetti cosiddetti “dei figli di Noè” cioè obbligatori per tutta l'umanità, 613 precetti (Mizvoth) dei quali 248 positivi e 365 negativi. Tale parte ha lo scopo di insegnare agli Ebrei quale sia il comportamento cui debbono attenersi per conformarsi alla volontà divina. La tradizione ebraica attribuisce la Torah a Mosè che l'avrebbe scritta sotto ispirazione divina. Gli ultimi versetti che parlano della morte di Mosè, sono attribuiti a Giosuè. 
    E' uso antichissimo nelle comunità ebraiche di leggere pubblicamente a brani successivi tutta la Torah consecutivamente, da Bereshit a Devarim. A tale scopo la Torah è stata divisa in 54 parascioth, tale essendo, secondo il calendario ebraico, il numero massimo di sabati non corrispondenti a giorni di festa solenne (mo'ed) o di mezza festa (chol hammo'ed) dell'anno. 
    Le paraschiot prendono il nome dalla prima o da una delle prime parole con cui hanno inizio. La prima (Bereshit) si legge nel sabato successivo a Simchat-Torah (in Erez Israel a Sceminì'Atsèreth), la festa della “gioia della Torah”. 
    Col nome di Haftarà (plurale Haftaroth) si intende un passo tratto dai libri dei Profeti che si legge dopo quello del Pentateuco (parascià) le mattine dei sabati e dei giorni di festa solenne. L'etimologia del nome haftarà è incerta. Probabilmente il significato è “(lettura) che rende esente”, dato che, in tempi di persecuzioni in cui era stata vietata la lettura pubblica della Torah, si leggeva l'haftarà (che esentava dalla lettura della parascià).

  • OFFLINE
    Credente
    00 04/08/2013 21:22

    LA BIBBIA DELLA CEI

    È tradotta dai testi originali ebraico, aramaico e greco. Per l'Antico Testamento, la traduzione è fatta dal testo masoretico, ma quando questo presenta delle difficoltà insormontabili, si è fatto ricorso ad altri manoscritti ebraici (ad es. quelli di Qumran) o a versioni antiche, principalmente quelle greca, siriana e latina. Per i libri greci dell'Antico Testamento (“deuterocanonici”) e per il Nuovo Testamento, viene usato il testo greco quale è stabilito dagli studiosi di critica testuale verso il 1960. Quando la tradizione manoscritta offre diverse possibilità per uno stesso testo, viene scelta la lezione più sicura, ma vengono riportate in nota le varianti di un certo rilievo o ritenute probabili. 
    Nella trascrizione dei nomi propri, i traduttori hanno tentato di riprodurre il più esattamente possibile la forma e la pronuncia degli stessi in lingua ebraica e greca, ma per quelli entrati nell'uso corrente hanno conservato la forma italianizzata ormai tradizionale e familiare ai fedeli. 
    È una traduzione preparata secondo le direttive date dalla Cei nel 1965: fedeltà al testo originale, precisione teologica, eufonia della frase e cura del ritmo. Utilizza la lingua letteraria italiana della seconda metà del XX sec. È stata pubblicata per la prima volta nel 1971 ed è stata scelta come versione ufficiale e liturgica della Chiesa cattolica italiana. Il Nuovo Testamento è stato rivisto recentemente in una nuova edizione (1997). Una ulteriore revisione è in corso ed è attesa la sua pubblicazione definitiva, unitamente alla nuova edizione dell'Antico Testamento. 

     Proprio il Concilio Vaticano II, dichiarando lingua liturgica il volgare (cioè l'italiano) e non più il latino, rende impellente la necessità di una versione ufficiale della Bibbia, approvata dalla chiesa italiana e adatta all'uso liturgico. Un gruppo di studiosi si mise subito al lavoro (1965), ma i tempi erano stretti: si decise allora di non tradurre da capo ma ricontrollare e rivedere sui testi originali una traduzione italiana già diffusa, quella delle edizioni UTET, che aveva il pregio di essere molto omogenea essendo opera di tre soli traduttori. La bozza del testo passò poi per le mani di esperti di italiano (ad es. il poeta M. Luzi), di dizione, ritmica e canto per valutarne la leggibilità e la facilità di proclamazione. Nel 1971 esce così la prima versione ufficiale della Conferenza Episcopale Italiana (CEI). Nel frattempo la preparazione dei lezionari con le letture per le messe e del breviario con la liturgia delle ore, mette subito in luce alcuni piccoli difetti della neonata traduzione. Nel 1974 esce allora una versione corretta della CEI, versione adottata in pieno nei lezionari e nel breviario. Le differenze con CEI 1971 sono minime e limitate alla scorrevolezza dell'italiano. Nel 1997) è stata presentata la revisione del Nuovo Testamento, stavolta con interventi pesanti volti soprattutto a rimediare omissioni di termini presenti invece nei testi originali, a migliorarne la coerenza interna (cioè cercare di tradurre sempre nello stesso modo medesime espressioni del testo originale) e a aggiornarla con le recenti conquiste degli studi. Mentre si attende la revisione dell'Antico Testamento per adottarla in ambito liturgico e catechistico, la CEI ne consiglia l'uso "per lo studio, per la preghiera e la riflessione nei gruppi, per la meditazione personale". Secondo gli autori, questa revisione "può e deve essere considerata come un atto di obbedienza al Concilio [...], oltre che come un gesto di doveroso servizio al popolo di Dio che vive in Italia". Anche in Italia, come già da tempo nel mondo protestante, si sente la necessità di aggiornare e migliorare sempre la traduzione dei sacri libri.