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3. Questa fiamma d’amore è lo Spirito del suo Sposo, cioè lo Spirito Santo. L’anima lo sente dentro di sé come fuoco che non solo la consuma e la trasforma in soave amore, ma anche come fuoco che arde in lei e divampa, secondo come dice. E la fiamma, ogni volta che vampeggia, immerge l’anima nella gloria e le offre un assaggio di vita divina. Tale è l’opera dello Spirito Santo nell’anima trasformata in amore: produce atti interiori che gettano fiamme e sono bagliori d’amore, nel quale la volontà dell’anima ama in modo elevatissimo, perché trasformata in amore da quella fiamma. Pertanto questi atti d’amore dell’anima sono preziosissimi. Uno solo di essi ha più merito e vale più di tutto quanto ha fatto nella sua vita prima d’essere trasformata, per quanto fosse importante. La stessa differenza che esiste tra l’abitudine e l’atto, vige anche tra la trasformazione in amore e la fiamma d’amore. Si tratta della stessa che passa tra il legno ardente e la fiamma che ne sprigiona: la fiamma è effetto del fuoco che lì brucia.
4. Tutto questo ci permette di dire che, in questo stato di trasformazione d’amore, lo stato abituale dell’anima è come il legno continuamente investito dal fuoco. Gli atti dell’anima sono come fiamme che scaturiscono dal fuoco dell’amore, che si slanciano in alto con tanta più veemenza quanto più intenso è il fuoco dell’unione. È in questa fiamma che si uniscono e si elevano gli atti della volontà rapita e assorbita nella fiamma dello Spirito Santo. La volontà si comporta come l’angelo che salì a Dio nella fiamma del sacrificio di Manoach (Gdc 13,20). In questo stato, quindi, l’anima non può compiere atti da se stessa; è lo Spirito Santo che li compie tutti e la spinge a compierli. Dal momento che è divinizzata e mossa da Dio, tutti i suoi atti sono divini. L’anima ha, così, l’impressione che ogni volta che questa fiamma divampa e produce in lei un amore pieno di dolcezza e forza divina, le dà un assaggio di vita eterna, perché la eleva ad agire come Dio in Dio.