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CAPITOLO 38
Ove si continua a parlare dei beni spirituali che accendono la devozione. Si parla degli oratori e dei luoghi consacrati alla preghiera.
1. Credo di aver fatto capire come la persona spirituale che ripone la gioia e il compiacimento nelle cose accessorie delle immagini possa cadere in molte imperfezioni, forse anche più pericolose che se essa si attaccasse agli altri beni corporali e temporali. Dico: forse di più, perché, sostenendo che sono cose sante, si sente più sicura e non ha paura dello spirito di possesso e di attaccamento naturale. Così facendo, si sbaglia profondamente, pensando di essere già colma di devozione, perché prova gusto per queste cose sante, mentre forse è solo una disposizione e una tendenza naturale che inclina verso questi oggetti come verso altri.
2. Parlerò adesso dei luoghi di preghiera, in cui alcune persone non si stancano di appendere sempre nuove immagini. Si compiacciono di disporle con ordine e gusto, perché l’oratorio sia ben decorato e faccia bella figura. Non amano di più Dio a motivo di queste cose, anzi meno, perché, come ho detto, sottraggono alla realtà vivente l’amore che portano ai dipinti e agli ornamenti. Senza dubbio ogni ornamento, ogni addobbo e tutta la venerazione che si può avere per le immagini è poca cosa rispetto a quello che esse meritano. È anche vero che coloro che le trattano con poco decoro e rispetto sono da biasimare, e ugualmente quelli che le fanno così male che, anziché favorire la devozione, la fanno passare; per questo si dovrebbe proibire a certi artigiani l’esercizio di quest’arte, perché, incapaci, lavorano rozzamente. Ma tutto questo cos’ha a che fare con lo spirito di possesso, l’attaccamento e l’affezione che tu hai per questi ornamenti e decorazioni esteriori, se ti assorbono i sensi fino a impedire al tuo cuore di andare a Dio e di amarlo dimenticando tutte le cose per amor suo? Se a causa di quelle cose manchi al tuo dovere, non solo non sarai gradito a Dio, ma egli ti punirà, perché hai cercato in tutte le cose il tuo piacere e non il suo. Tutto questo lo puoi comprendere molto bene se pensi alla festa che fecero al Re divino quando entrò in Gerusalemme. Lo accolsero con canti e rami d’olivo (Mt 21,8-9; Mc 11,8-10; Lc 19,37-38; Gv 12,13), mentre il Signore piangeva (Lc 19,41). Essi, infatti, avendo il cuore lontano da lui, credevano di ripagarlo dei suoi benefici con quelle manifestazioni esteriori. In realtà facevano festa più a se stessi che a Dio. Anche oggi non mancano persone che, quando vi è una festa solenne da qualche parte, si rallegrano, più che per l’onore che ne viene a Dio, per i divertimenti che vi trovano, per la possibilità di ammirare ed essere ammirati, per il mangiare bene e per altre cose di questo genere. Simili inclinazioni o intenzioni non sono affatto gradite a Dio, soprattutto quando gli organizzatori delle feste vi introducono cose ridicole e profane, solo per far ridere la gente, contribuendo così a farla distrarre maggiormente; altri poi organizzano cose che, invece, di suscitare devozione, solleticano il piacere della gente.
3. Cosa dire poi di altri interessi che alcuni hanno nelle feste che celebrano? Essi sanno, e Dio vede, che badano più al guadagno che alla gloria di Dio. In ogni caso, quando accade così, siano pur certi che fanno festa a se stessi, non a Dio. Tutto ciò che fanno per procurare piacere a se stessi o agli altri, Dio non lo considera. Anzi vi sono molti che si rallegreranno con coloro che partecipano alle feste del Signore, mentre Dio si adira con loro, come fece con i figli d’Israele allorché, pensando di festeggiare Dio, ballavano e cantavano davanti al loro idolo: Dio ne fece morire molte migliaia (Es 32,7-28). Anche i sacerdoti Nadab e Abiu, figli di Aronne, furono stroncati da Dio con gli incensieri in mano perché offrivano un fuoco illegittimo (Lv 10,1-2). Allo stesso modo il Signore s’indignò con quel tale che era entrato nella sala del banchetto vestito male, senz’abito nuziale: Il re comandò che fosse gettato nelle tenebre esteriori con le mani e i piedi legati (Mt 22,12-13). Da ciò si vede che Dio non sopporta quelle irriverenze che si commettono nelle feste fatte in suo onore. Quante feste, mio Dio, fanno i figli degli uomini, nelle quali viene onorato il demonio più di te! Al demonio piacciono, perché in esse, come il mercante, trova la sua piazza di mercato. Quante volte, Signore, dirai di esse: Questo popolo mi onora con le labbra, ma il suo cuore è lontano da me, perché mi serve senza motivo! (Mt 15,8-9). Dio, infatti, dev’essere servito solo per quello che è, non frapponendo altri fini; se non lo serviamo solo per quello che è, lo serviamo senza considerarlo come causa ultima.
4. Tornando agli oratori, dico che alcuni li adornano più per la loro personale soddisfazione che per piacere a Dio. Altri, al contrario, si preoccupano talmente poco del rispetto che ad essi è dovuto da non stimarli più dei loro salottini privati, anzi meno, poiché hanno più gusto per le cose profane che per quelle divine.
5. Ma per il momento lascio da parte queste persone e parlo di quelli che si comportano in maniera più sottile, cioè di coloro che si considerano persone devote. Vi sono molti fra costoro che provano una tale attrazione per il loro oratorio e un tale piacere nell’addobbarlo da impiegarvi tutto il tempo che dovrebbero dedicare a pregare Dio e a raccogliersi interiormente. Non si accorgono che se tutto questo non è finalizzato al raccoglimento interiore e alla pace dell’anima, sarà motivo solo di distrazione, come tutto il resto; il loro attaccamento e il loro gusto saranno fonte di continua inquietudine, soprattutto se qualcuno provasse a impedirglielo.