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CAPITOLO 15
Ove si espone in modo generale come la persona spirituale deve comportarsi nei confronti della memoria.
1. Per concludere ora questa trattazione della memoria, sarà bene esporre in sintesi al devoto lettore il modo che generalmente deve seguire per unirsi a Dio secondo questa potenza. Sebbene esso risulti già chiaro da quanto ho detto finora, tuttavia potrà essere più facilmente compreso se lo riassumo qui. Anzitutto bisogna ricordare che lo scopo prefisso è sempre quello di mostrare che la memoria deve unirsi a Dio per mezzo della speranza; ma non speriamo se non ciò che non possediamo ancora. Ora, quante meno cose l’anima possiede, tanta maggiore attitudine e capacità ha di sperare ciò che desidera, quindi ha più speranza. Al contrario, quante più cose possiede, tanta minore attitudine e capacità ha di sperare, quindi ha meno speranza. Perciò, quanto più l’anima spoglierà la memoria di tutte le immagini o cose create che si possano ricordare e che non sono Dio, tanto più fisserà la memoria in Dio e, di conseguenza, sarà più libera per poterla riempire dei beni divini. Ciò che l’anima deve fare per vivere in assoluta e pura speranza in Dio, è che ogni volta che le si presentano delle conoscenze, forme e immagini particolari, non deve fermarsi ad esse, ma volgersi immediatamente a Dio con uno slancio pieno d’amore. Completamente distaccata da tutte queste conoscenze, non vi penserà più e neppure se ne occuperà, se non nella misura necessaria per comprendere i suoi doveri e, se sono tali, per adempierli; ma, anche in questo caso, senza porvi attaccamento né compiacenza, perché non lascino impresso nell’anima qualche effetto. L’uomo, quindi, non deve cessare di pensare e ricordare ciò che deve fare e sapere; e se non vi sarà attaccamento alcuno, non subirà danni. Per conseguire questo spogliamento potranno essere utili i versi del «Monte» che si leggono nel capitolo 13 del libro I.
2. Ad ogni modo tengo a sottolineare che qui non ho nessuna voglia o intenzione di confondere la nostra dottrina con quella di uomini perversi che, accecati dalla superbia e dall’invidia satanica, hanno cercato di togliere dagli sguardi dei fedeli il santo e necessario uso e l’augusta venerazione delle immagini di Dio e dei santi. La nostra dottrina è molto diversa dalla loro. Noi non diciamo che non ci debbano essere immagini e che non siano venerate, come dicono quelli, ma spieghiamo la differenza che c’è tra queste immagini e Dio e come servirsi delle immagini senza farsi impedire dall’accedere alla realtà viva da esse rappresentata, così da non attaccarsi ad esse più di quanto basti per passare al piano spirituale. Infatti, se è vero che il mezzo è buono e necessario per arrivare al fine, come lo sono le immagini che ci ricordano Dio e i santi, è altrettanto vero che, quando ci fermiamo al mezzo più del necessario, esso diventa un ostacolo, come lo sarebbe qualsiasi altra cosa. Per questo mi occupo qui delle immagini e delle visioni soprannaturali, circa le quali si verificano numerosi errori e pericoli. Ma nel ricordo, nel culto e nella venerazione delle immagini, che conformemente alla nostra natura ci propone la Chiesa cattolica, non si nasconde alcun inganno o pericolo, perché in esse si ricerca solo ciò che rappresentano. E il loro ricordo non mancherà di giovare all’anima, perché le ricerca solo per amore a ciò che rappresentano: essa se ne serve a questo scopo. Per tale motivo esse l’aiuteranno certamente nell’unione con Dio, a condizione che si consenta all’anima di elevarsi, quando Dio le concede la grazia, dall’immagine al Dio vivo, dimenticando ogni cosa creata e tutto ciò che ne deriva.