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Sesta regola n° 319

La regola d'oro della vita interiore: il contrattacco

319 - Dato che nella desolazione non dobbiamo mai mutare i nostri propositi è molto utile mutare coraggiosamente sé stessi, cioè il nostro modo di agire, e dirigerlo interamente contro l'attacco della desolazione, come per esempio, dando più tempo alla preghiera, meditando con più attenzione, esaminando con più se­rietà la propria coscienza, dandoci a qualche pratica convenien­te di penitenza.

Non solo non bisogna cambiare i propositi nel momento della deso­lazione, ma neppure rimanere passivi. Restare così!... Si deve passare al contrattacco per impedire alla corrente di trascinarci via. Riprendia­mo l'esempio del seminarista tentato di lasciare il seminario.

- Sì, mi annoio, sto perdendo il mio tempo, è insopportabile.

- No, no. Non devi rimanere così. Questi falsi ragionamenti sono un segno del demonio: «Perdere il tuo tempo!». Non perderai tempo, lavorerai. Con il lavoro e la preghiera potrai ottenere la salvezza di molte anime, anche se non hai la vocazione al sacerdozio e Dio ti chia­ma al laicato. Puoi lavorare molto per la salvezza delle anime. Tutto ciò è segno del demonio! E se il demonio vuole che lasci il seminario, non vuol dire che non hai la vocazione. Non perderai il tuo tempo. Continuerai gli studi. Sarai il miglior seminarista. Praticherai bene le regole, osserverai i regolamenti, ti comunicherai tutti i giorni, aprirai la coscienza al tuo direttore spirituale, sarai generoso, farai sacrifici, pre­gherai per i peccatori...

- E se non ho la vocazione?

- Sta bene. Fra un anno o due farai gli Esercizi e Dio ti illu­minerà e ti darà la forza di fare, non la tua volontà, ma la sua. Ma adesso, continua. Comportati da buon seminarista e rivolgi­ti devotamente alla Vergine Maria. Lavora sodo!...

Ecco il contrattacco.

Il beato Pietro Fabro, sacerdote savoiardo, era andato a Parigi per laurearsi in teologia alla Sorbona. Siccome era povero, divise la camera con altri due: Saverio e Ignazio. Lui era sacerdote, un sacerdote molto pio. Ben presto però si accorse che Ignazio, più anziano di lui, semplice laico, era più esperto nelle pratiche della vita interiore. Un giorno gli confidò di avere molte tentazioni (si pensa di sensualità). Ignazio gli disse:

- Vi insegnerò un segreto per sbarazzarvene. E, nello stesso tempo, più avrete tentazioni, più avanzerete nella santità.

- Ditemi il vostro segreto!

- Ebbene, nella tentazione, moltiplicate gli atti della virtù contraria. Siete tentato di gola? Digiunate! Tentato di collera? Tacete! Siete preso da rancore? Pregate per il vostro nemico! Da sensualità? Fate peniten­za! Vi sentite pieno d'orgoglio? Umiliatevi!

Fu così che in poco tempo Pietro Fabro diventò un grande santo. A detta di sant'Ignazio era lui il miglior predicatore di Esercizi. Fu lui a celebrare la santa Messa a Mommartre quando i primi gesuiti pronun­ciarono i voti (era l'unico sacerdote, sant'Ignazio non lo era ancora). Sant'Ignazio, in questa regola, indica quattro specie molto facili di contrattacco.

I. La preghiera.

2. La meditazione.

3. I ferventi esami di coscienza (spesso il demonio ci fa credere di aver peccato mentre, non solo non abbiamo acconsentito, ma abbiamo guadagnato dei meriti reagendo. Se ci sono stati sbagli, l'esame ci dà fi­ducia e ci fa ringraziare Dio, ottenendoci il suo perdono con l'atto di contrizione e i fermi propositi).

4. Un po' di penitenza... Qualche piccola penitenza scaccia il demo­nio, per esempio tre Ave Maria recitate con le dita sotto le ginocchia, o una decina di Rosario con le braccia allargate come in croce, o una pic­cola mortificazione di gola. Il demonio teme tutto questo. Un giorno san Benedetto ebbe una terribile tentazione della carne e non riusciva a liberarsene. Allora, levatosi la tonaca, si rotolò in un cespuglio di spi­ne. II corpo era coperto di sangue, ma tutti i demoni erano fuggiti. Ab­biamo, qui un grande principio per vincere il demonio.

 

Come comportarsi, dunque, nelle tentazioni?

Siete tentati? Pregate! In quei momenti, vi avviso, spesso il demonio si impunta e intensifica la tentazione:

- È inutile! Ti vincerò una volta di più... cedi e ti lascerò tranquillo... ti è impossibile resistermi. Lo sai bene!...

Non lasciatevi impressionare. È un bugiardo! Gesù l'ha detto nel vangelo di san Giovanni. Intensificate le preghiere. Che il demonio si consideri avvisato. Se vi tenta tutta la notte, pregate tutta la notte. An­che se vi fa cadere, siate decisi a perseverare nella preghiera. Se necessa­rio, aggiungete qualche piccola penitenza, gettategli dell'acqua bene­detta, invocate «Maria, terrore del demonio», san Giuseppe, san Mi­chele Arcangelo. Allora, proprio nel momento in cui la caduta vi sem­bra inevitabile, tutt'a un tratto la tentazione è passata. Non sentite più niente... Cos'è successo? Il demonio, che non ama le sconfitte, veden­dovi decisi nella preghiera, se n'è andato senza avvertire.

 

Credere alla preghiera

Ah! amici miei, credete alla preghiera! Non insisteremo mai abba­stanza su questo punto. Un cristiano non dice mai: «Non c'è più niente da fare!». Rimane sempre il gran mezzo della preghiera, che è onnipo­tente. È l'onnipotenza di Dio nelle nostre mani. Vediamo nel Vangelo come Gesù ne ha avuto cura. Cura di insegnarla ai suoi, ma soprattutto di inculcare la fede nell'efficacia della preghiera. «Chiedete e ricevere­te, bussate e vi sarà aperto, cercate e troverete». E lo ha detto in diversi modi: «A chi chiede sarà dato, a chi bussa sarà aperto, chi cerca trova» (Mt 7; Mc 11; Lc 11; Gv 14).

«Qual è fra di voi quel padre che darà un sasso al figlio che gli chiede del pane? O se chiede un pesce, gli dia invece una serpe? O se chiede un uovo, gli dia uno scorpione? Se voi dunque, cattivi come siete, sapete dare ai vostri figli cose buone, quanto più il Padre del cielo darà lo Spi­rito Santo a coloro che glielo chiedono!» (Lc 11, 11-13).

E Gesù va ancora più lontano. Noi non avremmo mai osato tanto. Ricordate la parabola dell'amico importuno: costui a notte fonda rice­ve un conoscente digiuno dal mattino. I negozi sono tutti chiusi. Bussa ad un vicino: «Prestami un pane», «Ah no, stiamo dormendo!». «No, che non dormite». «Sì invece, lasciaci dormire». E continua a bussare. Finalmente il vicino s'affaccia: «Ecco il tuo pane, ma lasciaci in pace». E Gesù aggiunge: «Fate così col vostro Padre nei cieli». Ammettete che noi non avremmo mai osato dire questo, Lui invece l'ha detto. Si po­trebbe continuare. Ovunque nel Vangelo ritroviamo questa lezione, si­no all'ultima sera dopo la Cena. Gesù li rimprovera: «Finora non avete chiesto nulla. Chiedete e riceverete. Tutto ciò che chiederete al Padre in mio nome, ve lo accorderà».

Dobbiamo credere nell'efficacia della preghiera!

Conoscete il motto di sant'Alfonso, che dovremmo far si che resti impresso nella mente dei nostri bambini: «Chi prega si salva, chi non prega si danna!». Quali dei vostri figli ritroverete in cielo? Quelli che pregheranno. Com'è possibile, nonostante l'infinita bontà di Dio, che dei cristiani si dannino? È possibile, perchè non pregano!

Chi prega si salva, chi non prega si danna. Sant'Alfonso aggiungeva in quel gioiello che è il suo breve trattato sulla preghiera: «Tutti i santi sono in cielo perchè hanno pregato molto. Sarebbero meno santi se avessero pregato meno, e non sarebbero per niente in cielo se non aves­sero pregato».

Il santo aggiunge queste parole, ancora più consolanti: «Tutti i dan­nati sono all'inferno perché hanno smesso di pregare!... E non sarebbe­ro all'inferno se non avessero smesso di pregare!».

Mettiamo che siate in fondo all'oceano e nessuno pensa più a voi. Pregate!... Non so come, ma è certo che il Buon Dio verrà in vostro aiuto. Dicevo questo ad un ritiro. Uscendo dalla cappella, un parteci­pante mi disse: «Padre, ciò che avete appena detto è vero. Mi è proprio capitato così». E mi spiegò come, caduto in un lago dell'Alvernia (non sapeva nuotare, i suoi amici lo credevano annegato) ebbe l'idea di pre­gare la santa Vergine. In quel momento ebbe l'impressione di sentire qualcosa sotto i piedi, era una pietra! Prende coraggio, si agita come può... e i movimenti smuovono la superficie. Gli amici, che se ne stava­no andando rassegnati, ritornano di corsa... e fu salvato! Ecco un fatto vero!

In proposito, permettetemi una confidenza. Ho provato le pene più grandi che un sacerdote possa avere al mondo. Sono stato coinvolto in­timamente nell'apostasia di un gran numero di confratelli: seminaristi, religiosi e, ahimè, sacerdoti! Ebbene, posso assicurarvi che tutti, salvo qualche eccezione, avevano smesso di pregare. Qualcuno aveva smesso per zelo... Le anime aspettano!... Altri per viltà, negligenza, scoraggia­mento o vergogna... Avevano smesso di pregare! Il demonio li aveva fatti scivolare sulla buccia di banana ed ecco la catastrofe. Nemo repen­tefit pessimus, diceva san Bernardo: «nessuno diventa cattivo improv­visamente». Il lavoro preliminare del demonio è sempre stato quello di far smettere di pregare. Non più orazioni, letture spirituali, esame di coscienza, rosario, breviario, visite al SS. Sacramento, confessioni... Messe (quante volte sacrileghe, il che è peggio!); non più devozione a Maria, ecc. Così erano maturi per la catastrofe!

Sant'Alfonso raccomanda, poiché Dio esaudisce tutte le preghiere, di chiedere ogni giorno la grazia della perseveranza nella preghiera! Ec­co perché fra tanti altri motivi la devozione a Maria ha salvato e salverà tanti peccatori! Dio ascolta la pur minima preghiera. Si quis tristetur oret, dice san Giacomo: «se qualcuno è triste, preghi!». Hoc genus doe­moniorum non eicitur nisi ieiunio et oratione, dice Gesù parlando del giovane lunatico: questo genere di demoni, in particolare quello dell'impurità, si scaccia solo con il digiuno e l'orazione. Gesù ripeteva spesso: Vigilate et orate.

 

Settima regola n° 320

320 - Colui che si trova nella desolazione, consideri come il Signore, per provarlo, lo abbia lasciato alle sue forze naturali, perché re­sista come se fosse solo di fronte alle agitazioni e tentazioni del nemico; poiché lo può fare con l'aiuto divino che sempre gli re­sta, quantunque non lo senta, perché il Signore gli ha sottratto il fervore sensibile, il grande amore e la grazia intensa, lasciando­gli tuttavia la grazia sufficiente per la salvezza eterna.

 

Non crediamo che tutto sia perduto perché il Signore si nasconde, co­me lo sposo del Cantico dei Cantici che «si nasconde dietro la vite e si rallegra nel farsi cercare dalla sposa». Ma rassicuratevi, il Signore non vi lascerà mai senza una grazia sufficiente. (Attenzione, si tratta di una grazia sufficiente, che è sufficiente).

 

La tentazione di santa Caterina da Siena

Questa grande vergine mistica, che aveva continue visioni e grazie mistiche molto elevate, con il permesso di Dio si trovò un giorno in una orribile tentazione. Il demonio l'assalì con pensieri turpi e provocando­le sensazioni (in quanto, Dio permettendo, può eccitare i nostri istinti). Caterina pregava, supplicava Dio di non abbandonarla, protestava di voler morire piuttosto che peccare. Ma il demonio le diceva: « È inutile, non potrai resistere... d'altronde hai già peccato e Dio t'ha abbandona­ta».

- Oh Signore! Soccorrimi! Fammi morire o soffrire qualsiasi cosa piuttosto di offenderti!

Era infernale. Improvvisamente, però, la tentazione cessa! (Non di­menticate che la tentazione non durerà un istante in più di quanto Dio permetta). Nostro Signore le apparve. Allora, abituata ad intrattenersi familiarmente con Lui, lo rimproverò dolcemente:

- Oh, mio buon Maestro, mi hai abbandonata nel momento più ter­ribile della mia vita!

- Ma Caterina, io non t'ho abbandonata!

- Dov'eri, Signore?

- Ero nel tuo cuore.

- Nel mio cuore? Con tutto quello che c'era di cattivo?

- E tu acconsentivi?

- Oh, no! mio Signore! Tu lo sai, avrei preferito qualsiasi sofferen­za o la morte...

- Ebbene, sappi che io ti sostenevo e mi dava piacere la tua fedeltà davanti al demonio. Come avrei potuto abbandonarti?...

Nelle nostre tentazioni, non dimentichiamo mai questo esempio trat­to dalla vita di santa Caterina.