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316 - DELLA CONSOLAZIONE SPIRITUALE. Chiamo consolazione quando nell'anima si produce qualche movimento interiore, con il quale l'anima viene ad infiammarsi nell'amore del suo Creatore e Signore, e ne segue che nessuna cosa creata sopra la faccia della terra può amare in sé, ma solo nel Creatore di tutte. È ancora la consolazione che fa versare lacrime che muovono l'anima all'amore del suo Signore, sia che avvenga per dolore dei suoi peccati, o della passione di Cristo nostro Signore, o per altre cose direttamente ordinate al suo servizio e lode, infine chiamo consolazione ogni aumento di speranza, fede e carità e ogni letizia interna che chiama e attrae l'anima alle cose celesti e alla cura della sua salvezza, quietandola e pacificandola nel suo Creatore e Signore.

 

Lo vedete: chiama consolazione spirituale il piangere i propri peccati e la Passione di Gesù, poiché sono dolci lacrime. Ma non concludete per questo di essere più santi. Altre volte, malgrado ogni supplica, resterete freddi come pezzi di ghiaccio invece di piangere i peccati: non concludetene che quelle orazioni sono andate a vuoto. Quanti si scorag­giano, allora! Rodriguez cita un santo religioso che, appena si metteva a pregare, si sentiva d'un tratto come un pezzo di ghiaccio senza riusci­re a balbettare una sola parola a nostro Signore. Si accontentava di ri­petere: «Sono una bestia... sono una bestia...». Ma non perdeva il suo tempo. Certamente non più del povero pubblicano del Vangelo che non osava nemmeno levare gli occhi al cielo e si contentava di battersi il pet­to dicendo: «Pietà di me, Signore, che sono un povero peccatore! Ab­biate pietà di me! ».

 

Quarta regola n° 317

317 - DELLA DESOLAZIONE SPIRITUALE. Chiamo desolazione tutto il contrario della terza regola, come le tenebre dell'anima, il suo turbamento, l'inclinazione verso cose basse e terrene, l'inquie­tudine di varie agitazioni e tentazioni, che portano l'anima a sfi­ducia, lasciandola senza speranza, senza amore, tutta pigra, tie­pida, triste e come separata dal suo Creatore e Signore. Perché come la consolazione è contraria alla desolazione, così i pensieri che nascono dalla consolazione sono necessariamente contrari ai pensieri che nascono dalla desolazione.

Perdonatemi l'espressione un po' infantile: «Nella consolazione Dio ci dà lo zuccherino. Nella desolazione ci lascia patire la fame». Ma non si è più santi nel primo caso e più cattivi nel secondo... Quante persone si scoraggiano perché oppresse da tentazioni, anche vili e umilianti! Ve­dremo poi come agire in questi casi. La desolazione, non solo non si­gnifica necessariamente regresso, ma, presa per il giusto verso, è una grazia per avanzare in santità. Santa Giovanna di Chantal rimase molti anni in preda a terribili tentazioni. Non aveva più voglia di pregare; an­zi, quando si accingeva a pregare veniva colta da un incredibile disgu­sto; voleva abbandonare il convento e tornare nel mondo per vivere dis­sipatamente, mondanamente, in modo addirittura corrotto. Si chiede­va se avesse ancora la fede.

Si potrebbe pensare che facesse marcia indietro nella via della santifi­cazione... Al contrario, proprio in quegli anni fece i maggiori progressi nella virtù, e raggiunse quella generosità e forza d'animo che non avrebbe mai ottenuto se il Buon Dio non l'avesse fatta passare per quel­le prove.

Padre Vallet ci diceva: «Ci sono diversi modi per imparare a boxare:

1) Taluni si allenano dando colpi al cuscino. Ma in tal modo si òtter­ranno magri risultati.

2) Altri si allenano menando colpi sul punching ball. Così si progre­dirà maggiormente, tanto più che bisogna muoversi in continuazione altrimenti l'ovale rischia di gonfiarvi un occhio.

3) Ma se volete diventare dei maestri, allora allenatevi con un cam­pione. I primi giorni ne uscirete con le ossa rotte, ma in breve diverrete maestri.

Così, aggiungeva padre Vallet, il Buon Dio permette al demonio di tentarci per farci avanzare rapidamente in santità». Dunque, non con­fondete più tentazioni con regresso nella santità.

«Perché tu fossi gradito a Dio, era necessario che la tentazione ti pro­vasse», diceva l'arcangelo Raffaele a Tobia; e san Giacomo scrive nella sua lettera: «Felice l'uomo che sopporta pazientemente la prova, per­ché dopo essere stato provato, riceverà la corona di vita che il Signore ha promesso a coloro che lo amano».

E san Pietro: «Fratelli, siate sobri e vegliate, perché il vostro avversa­rio, il diavolo, vi gira attorno come un leone ruggente, cercando chi di­vorare. Resistetegli, forti nella fede... ».

Perciò, che la desolazione (e tutto ciò che essa comporta: aridità, scoraggiamento, prove, tentazioni di ogni specie) non vi inganni. Biso­gna passare di lì per arrivare alla santità.

 

Il grafico di san Giovanni della Croce

San Giovanni della Croce, all'inizio della sua opera «La salita del monte Carmelo», in cui indica l'ascensione dell'anima verso le vie mi­stiche, ha fatto un piccolo disegno per illustrare questa ascensione.

1) In basso a destra, un lungo binario morto che sale, scende, curva, svolta e va a finire in un vicolo cieco. Su questo binario san Giovanni della Croce ha scritto: «Consolazioni umane»!

- Vorrei proprio santificarmi, ma mi piacerebbe che venissero rico­nosciuti i miei sforzi, che i superiori mi incoraggiassero... non essere solo, altrimenti lascio tutto!

- Amico, sei in un vicolo cieco, non arriverai mai alla santità.

2) Altro binario morto che gira, rigira, sale, scende, risale e infine ri­torna al punto di partenza. San Giovanni vi ha scritto: «Consolazioni divine».

- No, io non cerco le consolazioni umane, ma quando prego o mi comunico vorrei sentire qualcosa di dolce, un po' d'amore per il Buon Dio, la gioia della sua presenza, il dolore per i miei peccati... e invece resto nell'aridità; ho anche delle tentazioni, mi pare di perder tempo, è inutile che preghi!

San Francesco di Sales vi dice: «Non cercate le consolazioni di Dio, ma il Dio delle consolazioni». Non giungerete mai alla santità se conti­nuate a confondere progresso e consolazione spirituale.

3) Nel mezzo della pagina (quasi la occupa per intero), una figura co­me un pozzo di miniera... angusto... tutto nero... sul quale il santo ha scritto cinque volte in spagnolo: «Nada, nada, nada, nada, nada (nulla)!». È la sola via per arrivare in alto!

- Ma, Padre, devo essermi sbagliato... Devo assolutamente fare al­tre cose. Ho delle tentazioni terribili... non faccio progressi. Se sapesse, Padre, tutti i sentimenti che mi nascono nel cuore... perdo la fede... mi viene voglia di commettere i più orribili peccati, ecc.!

- Coraggio, sei sulla strada giusta!

- Ma non è possibile! Ho l'immaginazione piena di figure impure, di astio. Mi sembra di non credere più a niente.

- Sei sulla buona strada, non mollare, continua!

Poi, in alto, il pozzo di miniera si allarga ad imbuto e si rischiara; ma san Giovanni della Croce scrive: «E là in alto, sempre niente!». Altre specie di tentazioni, molto differenti. Ci si sente così lontani dal Buon Dio! Ci si vede così vili peccatori! Si vorrebbe far meglio senza riuscir­vi!

Infine, al di sopra, i verdi prati del monte Carmelo irrigati dai sette doni dello Spirito Santo, che producono i dodici frutti dello Spirito Santo!... Coraggio dunque, che nulla vi arresti!

Che fare allora? Sant'Ignazio ve lo indica:

 

Quinta regola n° 318

318 - Ne segue che nel tempo della desolazione non si deve mai fare alcun mutamento, ma rimanere fermi e costanti nei propositi e nella determinazione in cui si stava nel tempo precedente a quel­la desolazione o nella determinazione in cui si stava nella prece­dente consolazione. Perché come nella consolazione ordinaria­mente ci guida e consiglia più lo spirito buono, così nella desola­zione è il cattivo spirito, con i consigli del quale non possiamo trovare la strada che conduce a un buon fine.

Quanti e quali errori catastrofici sono stati commessi per avere igno­rato e dimenticato questa quinta regola!

 

In tempo di desolazione non si devono mai mutare i propositi

Perché? Perché in quel momento è il demonio che ci influenza e sia­mo sicuri, se seguiamo la spinta dello spirito cattivo, di fare ciò che lui desidera. «Ordinariamente - dice sant'Ignazio - è Dio che ci guida nel tempo della consolazione». «Ordinariamente», poiché si vedrà in seguito che ci sono false consolazioni, e allora è il demonio; ma in una vera consolazione è sempre Dio che spinge. Tuttavia qui è facile sba­gliarsi.

In una desolazione invece, in un cattivo desiderio, è sempre il demo­nio che ne fa delle sue. (Ricordatevi i sei odori o le caratteristiche spie­gate nella seconda regola).

Quante vocazioni sciupate per aver dimenticato questa regola!

- Signor parroco, il piccolo non vuole più tornare in seminario. Ha proprio perso la vocazione, non è vero?

- Attenzione! Ha o non ha la vocazione? È un'altra questione. Ora subisce un attacco del demonio. Non è il momento di partire. Il demo­nio fa il suo mestiere, qualche volta questo può essere il segno di una grande vocazione. Piccolo mio, rientra in seminario. Dopo si vedrà.

- E se non ho la vocazione?

- Tra un anno o due andrai a fare gli Esercizi e là, dopo esserti mes­so nell'indifferenza ignaziana, ovvero «Dio prima di tutto», potrai sa­pere se Dio ti chiama oppure no. Ma specialmente adesso, non cambia­re.

Da parte mia, povero padre Barrielle, a 17 anni, ho avuto una voglia matta di lasciare il seminario. Fortunatamente il confessore mi ha det­to: «Aspetta». Altrimenti, oggi non sarei qui.

Quanti rinunciano alle loro decisioni alla prima insidia del demonio! Che disgrazia! Come fare per non lasciarsi ingannare? Ebbene, «atten­dere».