00 20/10/2013 21:02

CONCLUSIONE


Le Sacre Scritture sono forse il vertice della Santa Tradizione della Chiesa, ma la grandezza delle vette a cui le Scritture ascendono è dovuta alla grande montagna su cui risiedono. Tolta dal suo contesto entro la Santa Tradizione, la solida roccia della Scrittura diviene una mera palla di creta, che può essere modellata in qualsiasi forma desiderino i suoi manipolatori. Abusare delle Scritture e distorcerle non è un modo di onorarle, anche se ciò è fatto con l'intento di esaltarne l'autorità. Dobbiamo leggere la Bibbia; è la santa Parola di Dio. Ma per comprendere il suo messaggio, sediamoci umilmente ai piedi dei santi che si sono mostrati "facitori della Parola e non uditori soltanto" (Giacomo 1:22), e sono stati provati per le loro vite come degni interpreti delle Scritture. Andiamo da coloro che conobbero gli Apostoli, come i Santi Ignazio di Antiochia e Policarpo, se abbiamo una domanda sugli scritti degli Apostoli. Ascoltiamo dalla Chiesa, e non cadiamo nell'arroganza dell'auto-delusione.


NOTE


1. George Mastrantonis, trad., Augsburg and Constantinople: the Correspondence between the Tubingen Theologians and Patriarch Jeremiah II of Constantinople on the Augsburg Confession (Brookline, Mass.: Holy Cross Orthodox Press, 1982), 114. 


2.The Illustrated Bible Dictionary, vol. 2 (Wheaton: Tyndale House Publishers, 1980), "Jannes and Jambres," di A. F. Walls, 733 -734.


3. Invero questa lista non intendeva nemmeno comprendere tutti i libri che la Chiesa ha mantenuto dall’antichità, considerandoli parte della più ampia Tradizione. Per esempio, il libro di Enoch, anche se è citato nei libri canonici, non fu incluso esso stesso nel canone. Non pretenderò di sapere il perché, ma per qualche ragione la Chiesa ha scelto di conservare questo libro, eppure non lo ha assegnato a essere letto in chiesa, né lo ha posto a fianco dei libri canonici.


4. Per esempio, non c’è alcun passo in cui si parli in dettaglio della questione dell’inerranza delle Scritture, precisamente perché questa non era una questione disputata. Oggi, col sorgere dello scetticismo religioso, di questo si discute molto, e se l’epistola fosse scritta oggi, si parlerebbe di sicuro di questo argomento da qualche parte. Sarebbe sciocco concludere che, dato che non se ne parla specificamente, allora i primi cristiani non pensavano che l’inerranza delle Scritture fosse importante, o che non vi credevano.


5. Alexander Schmemann, Introduction to Liturgical Theology (Crestwood NY: St Vladimir's Seminary Press, 1986), 51 n.


6. E di fatto, questo è ciò che ha fatto il mondo accademico protestante. Anche se il protestantesimo fu fondato sulla base della credenza che la Bibbia sia l’unica autorità di fede e pratica, il moderno mondo accademico protestante è ora dominato da modernisti che non credono più nell’ispirazione o inerranza delle Scritture. Ora essi si sentoono al di sopra della Bibbia e scelgono di usarne solo quelle parti che ritengono adatte, scartando il resto come " mitologia primitiva e leggende." La sola autorità che ancora riconoscono sono se stessi.


7. I valdesi erano una setta fondata nel dodicesimo secolo da Pietro Valdo, e che in alcuni modi anticipava la Riforma protestante. A causa di persecuzioni da parte della Chiesa cattolica romana, questa setta sopravvisse soprattutto nelle aree di montagna dell’Italia nord-occidentale. Con l’avvento della Riforma protestante, i valdesi entrarono sotto l’influenza del movimento della riforma, ed essenzialmente vi si allearono. Molti tra i primi storici protestanti sostennero che i valdesi rappresentavano un resto dei "veri" cristiani esistiti fin da prima di Costantino. Anche se oggi nessuno storico credibile farebbe una simile asserzione senza prove, molti fondamentalisti e sette come i testimoni di Geova continuano a vantare una discendenza dalla chiesa primitiva attraverso i valdesi - nonostante il fatto che i valdesi esistono ancora oggi, e che certamente non riconoscono come propria discendenza i testimoni di Geova.


8. Mastrantonis, 115.


9. Ibid., 198.


10. Ibid., 115.


11. Il temine 'positivismo' viene dal francese positif, vale a dire 'sicuro,' o 'certo.' Questo termine fu usato per la prima volta da Auguste Comte. I sistemi positivisti sono costruiti sull'assunto che qualche fatto o istituzione sia la base ultima della conoscenza - nella filosofia di Comte, l'esperienza o la percezione sensoriale costituiva tale base, e pertanto egli fu il precursore dell'empirismo moderno [Cfr. Encyclopaedia of Religion and Ethics, 1914 ed., s.v. "Positivism," di S.H. Swinny; e Wolfhart Pannenburg, Theology and Philosophy of Science, trad. Francis McDonagh (Philadelphia: Westminster Press, 1976), p. 29].


12. Per esempio, un metodo per determinare la realtà degli eventi passati, tra gli studiosi di indirizzo empirico, è il principio di analogia. Poiché la conoscenza è basata sull'esperienza, allora il modo in cui uno capisce ciò che non gli è familiare è di metterlo in relazione a ciò che gli è familiare. Sotto la maschera di analisi storica essi giudicano la probabilità di un presunto evento passato (e.g. la risurrezione di Gesù) basandola su ciò che sappiamo avere luogo nella nostra esperienza. E poiché questi storici non hanno mai osservato alcunché che siano disposti a considerare soprannaturale, allora determinano che quando la Bibbia parla di un evento miracoloso, sta soltanto narrando un mito o una leggenda. Ma poiché per l'empirista un 'miracolo' comporta una violazione di una legge naturale, allora non possono esistere miracoli (per definizione) poiché le leggi naturali sono determinate dalla nostra osservazione di quanto sperimentiamo; pertanto, se tale empirista fosse coinvolto nella moderna analogia di un miracolo, quensto non sarebbe più considerato un miracolo, poiché non costituirebbe più una violazione della legge naturale. E così gli empiristi non producono risultati che negano la realtà trascendente o i miracoli; sono piuttosto i loro presupposti, fin dal principio, a negare la possibilità di tali cose. [cfr. G. E. Michalson, Jr., "Pannenburg on the Resurrection and Historical Method," Scottish Journal of Theology 33 (April 1980): 345-359.]


13. Rev. Robert T. Osborn, "Faith as Personal Knowledge," Scottish Journal of Theology 28 (February 1975): 101-126.


14. Gerhard Hasel, Old Testament Theology: Basic Issues in the Current Debate (Grand Rapids: Eerdman's Publishing Company, 1982), p. 9.


15. Ibid., p. 7.


16. Ho discusso il Protestantesimo liberale solo per dimostrare la fallacia dell'esegesi "storica". Un cristiano ortodosso verrà molto più facilmente a confronto con un fondamentalista conservatore o un pentecostale, per il semplice motivo che questi prendono la loro fede abbastanza sul serio da cercare di convertire a essa altre persone. Le denominazioni protestanti liberali hanno già abbastanza da fare per cercare di conservare i propri fedeli, e non brillano per zelo di evangelismo.<o:p></o:p>


17. Per una critica più profonda degli eccessi del metodo storico-critico, cfr. Thomas Oden, Agenda for Theology: After Modernity What? (Grand Rapids: Zondervan, 1990) pp 103-147.


18. Cleveland Coxe, trans., Ante-Nicene Fathers, vol. i, The Apostolic Fathers with Justin Martyr and Irenaeus (Grand Rapids: Eerdmans Publishing Company, 1989), p 315.


19. Di fatto una recente opera di teologia sistematica in tre volumi, di Thomas Oden, è basata sul presupposto che il "consenso ecumenico" del primo millennio debba essere normativo per la teologia [cfr. The Living God: Systematic Theology Volume One, (New York: Harper & Row, 1987), pp ix & xiv.]. Se solo Oden porta la propria metodologia alle sue logiche conseguenze, anche lui diventerà ortodosso.


20. Santo neo-martire Arcivescovo Hilarion (Troitsky), Christianity or the Church? (Jordanville: Holy Trinity Monastery, 1985), p. 11.


21. Ibid., p. 16.


22. Ibid., p. 40.


23. "In ipsa item Catholica Ecclesia magnopere curandum est ut id teneamus quod semper, quod ubique, quod ab omnibs creditum est. Hoc est etenim vere proprieque catholicum, quod ipsa vis nominis ratioque declarat, quae omnia fere universaliter comprehendit. Sed hoc ita demum fiet, si sequamur universitatem, antiquitatem, consensionem. Sequemur autem universitatem hoc modo, si hanc unam fidem vera esse fateamur quam tota per orbem terrarum confitetur Ecclesia; antiquitatem vero ita, si ab his sensibus nullatenus recedamus quos sanctos majores ac patres nostros celebrasse manifestum est; consensionem quoque itidem si, in ipsa vetustate, omnium vel certe pene omnium sacerdotum pariter et magistrorum definitiones sententiasque sectemur." San Vincenzo di Lerino, trad. Rudolph Morris, The Fathers of the Church vol.7, (Washington D.C.: Catholic University of America Press, 1949), pp. 269-271.


24. Sant'Agostino, "Sulla dottrina cristiana," A Selected Library of the Nicene and Post-Nicene Fathers. series 1, vol. ii, eds. Henry Wace and Philip Schaff, (New York: Christian, 1887-1900), pp. 534-537.


25. San Gregorio Nazianzeno, "Orazione 43, panegirico su San Basilio," A Selected Library of the Nicene and Post-Nicene Fathers of the Christian Church, series 2, vol. vii, eds. Henry Wace and Philip Schaff (New York: Christian, 18871900), p. 398n.