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Dio non fallisce. O più esattamente: inizialmente Dio fallisce sempre, lascia esistere la libertà dell'uomo, e questa dice continuamente "no". Ma la fantasia di Dio, la forza creatrice del suo amore è più grande del "no" umano. Con ogni "no" umano viene dispensata una nuova dimensione del suo amore, ed Egli trova una via nuova, più grande, per realizzare il suo sì all'uomo, alla sua storia e alla creazione. Nel grande inno a Cristo della Lettera ai Filippesi con cui abbiamo iniziato, ascoltiamo innanzitutto un'allusione alla storia di Adamo, il quale non era soddisfatto dell'amicizia con Dio; era troppo poco per lui, volendo essere lui stesso un dio. Considerò l'amicizia una dipendenza e si ritenne un dio, come se egli potesse esistere da sé soltanto. Perciò disse "no" per diventare egli stesso un dio, e proprio in tal modo si buttò giù lui stesso dalla sua altezza. Dio "fallisce" in Adamo – e così apparentemente nel corso di tutta la storia. Ma Dio non fallisce, poiché ora diventa lui stesso uomo e ricomincia così una nuova umanità; radica l'essere Dio nell'essere uomo in modo irrevocabile e scende fino agli abissi più profondi dell'essere uomo; si abbassa fino alla croce. Vince la superbia con l'umiltà e con l'obbedienza della croce.

Omelia, Cappella Redemptoris Mater, 7 novembre 2006