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LA SECOLARIZZAZIONE DELL'EUROPA

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    00 04/01/2013 18:58

    La secolarizzazione?
    L’uomo è soltanto più solo

    Creazione MichelangeloParlando del nostro periodo storico, molti osservano un processo di secolarizzazione, mentre altri ritengono che in realtà siamo già nella fase post-secolare. Certamente a livello occidentale sono nettamente aumentati coloro che non appartengono ad alcuna confessione religiosa, ma al contrario di quanto affermato dalla classica teoria della secolarizzazione, essi non hanno perso la fede in Dio ma sono in maggioranza rimaste persone individualmente religiose o vagamente spirituali. Dio è tornato nel dibattito culturale e le religioni e gli spiritualismi new age si diffondono a vista d’occhio.

    Un’altra certezza è quanto affermato dall’arcivescovo Bruno Forte sul Corriere della Sera:«Secolarizzazione? In realtà siamo già in un’età post secolare. La secolarizzazione è lo sradicamento da una appartenenza comune. Sembrava rendere l’uomo più libero e in realtà lo ha lasciato più solo. Il grande problema, ora, è la solitudine. Una società sfilacciata, una folla di solitudini nella quale l’altro diventa lo straniero morale, la sfiducia verso il prossimo e il futuro. Non è un caso che si veda più al Nord, dove la secolarizzazione ha colpito prima». La secolarizzazione, indipendentemente che sia ancora in attività o sia già terminata, ha certamente fallito: l’uomo non è divenuto più libero, ma è soltanto divenuto più solo.

    L’individualismo è ormai la caratteristica fondamentale della cultura americana, come descritto da questa recente indagine sociologica (che conferma studi precedenti). Comeha spiegato Giovanni Martinetti«opere che negli ultimi decenni hanno avuto un impatto notevole in Occidente, come quelle di Frank J, Fromm, Cox, Marcuse, DeJumeau, Solgenitsin, Toffler, notano come oggi ci si imbatta sempre più spessonell’insoddisfazione globale. La incontriamo nei quartieri eleganti e nelle case popolari, negli uffici, nelle fabbriche, nelle scuole, nei luoghi di divertimento. Non si tratta della depressione motivata da una grave disgrazia o da un pesante insuccesso, ma della noia di vivere, della delusione e demotivazione senza causa apparente».

    Anche il premio Nobel Mario Vargas LLosa ha denunciato la frivolezza e la banalità della modernità, della cultura occidentale. Molte correnti sostengono per la maggioranza che la natura, l’uomo e la cultura siano autosufficienti, non abbiano bisogno di cercare il senso ultimo, non sono in movimento verso il significato. L’uomo sarebbe realizzato per il fatto stesso di esistere. Eppure i report medici presentano una situazione opposta: antidepressivi, alcool, droghe, psicofarmaci sono consumati in misura nettamente maggiore di ieri, sopratutto in Occidente. Si chiede Martinetti: «Da dove vengono allora tutte queste ansietà, fobie, nevrastenie, queste matasse ingarbugliate che gli psichiatri non riescono a sbrogliare, queste tensioni, inquietudini, esaurimenti, insonnie, nevrosi, angosce, disperazioni? E i suicidi? E la droga? C’è qualcosa di assai più grave della droga, che pure si diffonde in modo allarmante: è l’assenza assoluta di valori che la società consumistica offre ai giovani. Bisogna riconoscerlo: viviamo in un mondo deluso. Anche se il reddito è sempre più alto e il sesso sempre più libero, la gente abita case senza fondamenta, cammina su strade senza mèta, mangia cibi che non nutrono. Eseguono senza convinzione il ballo frenetico della vita in mezzo alla baraonda di impressioni inscenata dal perpetuo mutare delle cose». Lo aveva già riconosciuto lo scrittore francese Andre Malraux, quando diceva: «Il fondo dell’uomo è l’angoscia, la coscienza della propria fatalità, da cui nascono tutte le paure, anche quella della morte». Osservando i suoi concittadini non poté esimersi dall’osservare che «la morte dell’uomoha seguito quella di Dio».

    Per questo ritorna fondamentale quel che scrisse Pio XI, nell’enciclica “Quadragesimo anno” (1931), rispondendo a tutto questo:  «se ai mali del mondo v’è un rimedio, questo non può essere altro che il ritorno alla vita e alle istituzioni cristiane, giacché questo solo può distogliere gli occhi affascinati degli uomini, del tutto immersi nelle cose effimere di questo mondo, e innalzarli al cielo; questo solo può portare efficace rimedio alla troppa sollecitudine per i beni caduchi ch’è l’origine di tutti i vizi; del quale rimedio chi può negare che la società umana non abbia al presente un sommo bisogno?».

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    00 04/01/2013 19:00

    Come l’uomo può salvarsi dalla secolarizzazione?

    Lo ha spiegato con lucidità Carlo Buttaroni, presidente dell’Istituto di ricerca Tecnè, sul quotidiano “L’Unità”«Ci siamo illusi che la tecnologia sarebbe stata capace didare risposte alle nostre esigenze di relazioni. Un’aspettativa che abbiamo pagato a caro prezzo. Perché insieme alla crescita della complessità tecnologica si è diffusa anche una cultura del risparmio emotivo che ha generato nuove forme di disagio sociale legate alla solitudine, all’apatia, alla malinconia [...]. La solitudine dell’io-globale nasce dall’aver creduto che medium potenti avrebbero risparmiato la fatica della ricerca interiore e della relazione con l’altro». L’aver generato tante monadi impaurite, è il frutto più letale dei Paesi secolarizzati e relativisti, dove oggi più di un terzo degli abitanti (Europa occidentale) soffre di disturbi psicologici. L’uomo che ha rinnegato un senso ultimo alla vita non riesce più a dare un senso adeguato nemmeno al presente, che diventa una serie slegata di infiniti  istanti: «Tutto ciò», continua il ricercatore, «ha ricadute nella capacità di percepire gli eventi della vita come una trama dotata di senso, mentre si affermano esperienze di vita in cui in ogni istante è autonomo, separate dal mondo, con momenti che non si legano a quelli che li hanno preceduti e a quelli che li seguiranno. La vita è percepita come una serie di tante esperienze parallele, che non s’intrecciano e non si legano, che non costituiscono una narrazione». 

    Si scorge da queste parole l’inconsapevole parallelo con quanto affermato un anno fa daBenedetto XVI: «La presenza in questi spazi virtuali può essere il segno di una ricerca autentica di incontro personale con l’altro se si fa attenzione a evitarne i pericoli, quali il rifugiarsi in una sorta di mondo parallelo o l’eccessiva esposizione al mondo virtuale. Nella ricerca di condivisione, di “amicizie”, ci si trova di fronte alla sfida dell’essere autentici, fedeli a se stessi, senza cedere all’illusione di costruire artificialmente il proprio profilo pubblico». Tornando all’analisi del ricercatore italiano, egli continua la sua sottolineatura del disagio vissuto dall’uomo moderno: «quello che conta è vivere ogni momento di vita in modo funzionale, adeguato alle esigenze che quel momento richiede. Tutto questo mette in crisi la dimensione dell’identità degli individui e la possibilità di sviluppare progetti di vita, perché progettare significa selezionare nel presente ciò che è coerente con il passato e soprattutto con le attese e gli obiettivi futuri. E tale selezione non può avvenire in una concezione del tempo in cui ha senso solo ciò che offre il presente e un determinato contesto, dove tutto prende forma in un universo funzionale e stabilizzato, dove cresce, per dirla con Bauman, “la solitudine del cittadino globale”, la sua insicurezza di fronte alle nuove incertezze. Ed  è paradossale trovarsi costantemente esposti al rischio della perdita di se e del senso della vita, nello stesso istante in cui il pensiero scientifico insegue l’immortalità».

    Buttaroni non offre come soluzione il ritorno al mistero della realtà, al riavvicinarsi allaproposta cristiana. Egli, dopo aver analizzato bene la situazione attuale, parla di unavaga esigenza di «cambio di vita e di prospettiva verso un nuovo ordine di valori e di riferimenti. Si sente la necessità di parole che spieghino la vita che viene avanti, lasolitudine e la sofferenza dell’altro, in una visione che restituisca significato alla vita e allo stare insieme [...] Un “nuovo inizio”» che unisca l’uomo «ai suoi simili all’interno di un progetto e una trama dotata di senso che è appunto la storia». Un ipotetico scenario, dunque, in cui l’uomo possa riposare sentendosi parte di una comunità e potendo dare un senso compiuto alla vita e alla storia. Ma questo, per noi cristiani, non è forse quello che già viviamo nella Chiesa? Anche Leopardi, anche Pascoli desideravano la stessa cosa e il teologo Luigi Giussani -commentando i loro poemi- ha scritto giustamente: «Il Verbo si è fatto carne, venne fra i suoi  e i suoi non se ne sono accorti. Ma l’uomo senza quella risposta rimane nella vita ultimamente irresoluto, anche se febbrilmente pieno di iniziative, a guardia del nullo abisso [...]. Nel grande enigma il terribile frutto è la solitudine, e nella solitudine la paura». La soluzione all’enigma, cioè all’esistenza senza Risposta ultima, non è creare infiniti rapporti virtuali,  non è stringersi impauriti gli uni agli altri -come “I due orfani” di Pascoli- per sperimentare «l’unico tepore che può attutire il gelo dell’enigma universale», come scrive ancora Giussani. Il cristiano può offrire come unica risposta allo smarrito uomo moderno la stessa che ha dato Gesù ai primi due discepoli: «Venite e vedrete»  (Gv 1, 38).

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    00 04/01/2013 19:01

    Secolarizzazione europea.
    Ma siamo proprio sicuri?

    Lo scrittore statunitense George Weigel ha offerto un interessante ragionamento su Avvenire. A metà maggio papa Benedetto XVI ha compiuto un pellegrinaggio apostolico in Portogallo: mezzo milione di persone hanno preso parte alla messa papale tenutasi all’aperto a Fatima (cfr. Ultimissima 17/5/10). Una volta tornato a Roma, duecentomila pellegrini hanno invaso piazza San Pietro per la recita del Regina Coeli, dimostrando il loro appoggio ad un pontefice assediato da mesi dalle critiche su sacerdoti colpevoli di abusi verso minori (cfr. Ultimissima 17/5/10). Una settimana dopo si è conclusa l’esposizione – durata 44 giorni – della Sindone di Torino. Nel corso di queste sole 6 settimane, qualcosa come 2 milioni di persone hanno affrontato lunghe file per passare pochi, brevi istanti di fronte a quello che credono essere stato il lenzuolo funebre di Cristo (cfr. Ultimissima 12/4/10). Per non parlare dell’ultimo viaggio in Inghilterra…(cfr. Ultimissima 20/9/10). Il prossimo agosto invece si terrà in Spagna la Giornata mondiale della gioventù, e arriverà ad ospitare due milioni di giovani pellegrini (cfr.Ultimissima 15/6/10). Mentre il mondo non europeo (America compresa) si sta riempiendo di cristiani e cattolici, dopo l’indigestione di ateismo del secolo scorso, i teorici della secolarizzazione si sono concentrati sulla situazione europea, dove riscontrano la morte della fede e l’indifferenza verso il Papa (è dal 1600 in realtà che si dice che il cattolicesimo sta per scomparire…). Ma gli attacchi quotidiani (per ultimo il putiferio creato dopo il giudizio della Chiesa sul Nobel per la Medicina Edward Roberts) dimostrano proprio il contrario. Nessuno spende energie, tempo e denaro per rimproverare e contrastare un’istituzione considerata moribonda ed un anziano di 83 anni ritenuto irrilevante. Continua Weigel: «questi stessi attacchi sono l’evidenza che la fede cristiana e la Chiesa cattolica, rimangono fattori rilevanti nella cultura europea e nella vita pubblica europea».

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    00 04/01/2013 19:02

    America religiosa, Europa laica?
    Perché il secolarismo europeo è un’eccezione

    E’ arrivato anche in Italia un libro molto interessante per decifrare le differenze nel ruolo pubblico della religione tra Europa e America. Il titolo è:“America religiosa, Europa laica? Perché il secolarismo europeo è un’eccezione” (Il Mulino 2010, 215 pp.). Gli autori, P. Berger, G. Davie, E. Fokas, sono tra i massimi sociologi della religione.

    Il quotidiano Europa riporta che il punto di partenza del libro è una messa in discussione della “tesi della secolarizzazione” che, a partire dagli anni ’50 e fino ai ’90, aveva asserito un legame tra processo di modernizzazione e secolarizzazione come indebolimento del ruolo della religione. Già prima dell’11 settembre 2001 il sociologo americano Casanova aveva messo in discussione questa tesi, che ora vede i suoi avvocati sulla difensiva, oppure scomparsi e sostituiti dagli adepti del neo-ateismo militante dei Dawkins e Hitchens. È infatti diventato chiaro ormai che il fattore religioso gioca un ruolo in ogni scenario politico-pubblico, e che il cammino verso la modernità è fatto di “modernità multiple”: se in Inghilterra la secolarizzazione ha portato con sé il fenomeno della “religione vicaria” (quella in cui la grande maggioranza dei non praticanti spera che continui ad esistere un nucleo di praticanti), in altri paesi europei lo scenario muta significativamente. Per non parlare del resto del mondo dove aumenta anno dopo anno la diffusione del cristianesimo nella tela della società.

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    00 04/01/2013 19:06

    Perché secolarizzazione fa rima con depressione?

    All’aumentare della secolarizzazione degli ultimi due secoli, è aumentato anche il disagio dell’uomo. E’ un dato di fatto ormai: cresce l’uso di alcool, di antidepressivi e di droghe, cresce l’autolesionismo sopratutto nei giovani, aumentano le malattie mentali,più di un terzo degli europei soffre di disturbi psicologici,aumentano le vittime della depressione, aumentano le forme di dipendenza in particolare quelle sessuali e terribili forme di perversione come la zoorostia, crescel’analfabetismo. ecc.. Il Censis in un suo recente rapporto ha letto così la società italiana e moderna:«sempre meno valori e ideali comuni a cui appartenere. I legami e le relazioni sociali sono sempre più fragili e inconsistenti».

    Il filosofo Pietro Barcellona, docente presso l’Università di Catania, ex membro del Consiglio Superiore della Magistratura e già deputato PCI, laico anche se avvicinatosi al cattolicesimo negli ultimi tempi, è intervenuto sulla questione affermando«L’aumento allarmante delle manifestazioni di tipo depressivo dovrebbe indurci tutti insieme a domandarci perché nella nostra epoca gli uomini sperimentano una condizione di solitudine angosciante che non ha precedenti in altre epoche caratterizzate da disastri ambientali, pestilenze ed epidemie. Questo non significa affatto dire che si stava meglio quando si stava peggio perché nessuno vuole contestare gli effetti benefici della scoperta della penicillina o della chemioterapia, ma soltanto riaffermare che la dimensione propriamente umana della malattia e della sofferenza non ha niente a che vedere con la sua spiegazione scientifica». Il filosofo risponde ad un articolo di Gilberto Corbellini e promuove allo stesso tempo il libro appena uscito “Elogio della depressione” (Einaudi 2011).

    Inutile voler ridurre la sofferenza dell’uomo a motivazioni misurabili, «il dolore umano è il più grande mistero della nostra condizione perché lega indissolubilmente la storia di ciascuno al senso dello stare al mondo e della destinazione di tutti gli esseri umani di fronte alla inevitabile percezione della caducità e della mortalità di tutto ciò che noi siamo e di tutto ciò che ci sta di fronte. La condizione umana per questa specifica comprensione del dolore trascende il pragmatismo empirico del rimedio della cura e rimanda inevitabilmente alle questioni ultime a cui la filosofia e la religione hanno cercato di rispondere nel corso della storia. La domanda sulle cose ultime è intimamente connessa all’esperienza del dolore e al senso della vita rispetto all’angoscia di morte, e perciò pone l’uomo sempre di fronte ad un problema della comprensione di sé e degli altri che non si lascia ridurre a puri meccanismi meccanici e fisiologici di causa ed effetto»Il problema appare dunque esistenziale, ed è sicuramente determinato dal tentativo violento di eclissare Dio da parte della cultura laicista. Ma da questo non deriva alcun risultato positivo per l’uomo, anzi egli appare essere «più esposto alla paura di non sapersi dare una ragione per vivere, e che spesso a causa di questa esperienza di sofferenza è colpito da malattie che riguardano anche il suo funzionamento fisiologico, è un problema che ha a che vedere anche con il modo di essere della nostra società». La crisi non è solo economica, «ma direttamente riferibile alla fragilità del nostro statuto antropologico. Il chi siamo e il dove andiamo non è un problema al quale le scienze positive potranno dare risposte». Da questo riconoscimento, compreso quello che gli esseri umani non sono soltanto biologia e non sono neppure soltanto società, dalla«consapevolezza dell’assenza di risposte» è possibile che fiorisca «l’apertura dell’essere umano verso un senso della vita che va ricercato e che, tuttavia, sempre sfugge ad ogni possesso immediato», conclude Barcellona.

    Il filosofo  Fabrice Hadjadj, scrittore e docente all’Università di Tolone, centrava il puntoqualche mese fa: «Nel suo umani­smo più rivoluzionario l’Europa ha diffuso una speranza mondana, sostituto della speranza cristiana. Ora che tale speranza è morta, il nostro Continente non conosce al­tro che la disperazione, che cerca di fuggire gettandosi a peso morto nel divertimento dello spettacolo e nei sogni della tecnologia».

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    Coordin.
    00 14/04/2014 12:51

    Il protestantesimo si adegua al mondo
    ed entra in crisi

    Sally HitchinerIl teologo Vito Mancuso teme la modernità, per questo cerca di scendere a compromessi con essa tentando di diluire e annacquare quel che della dottrina della Chiesa non riesce ad essere accettato dalla maggior parte degli abitanti delle società moderne.

    Il consiglio indiretto di Mancuso al Papa è di fare come leChiese protestanti, smettere di valorizzare la diversità sessuale e accettare i matrimoni omosessuali, smettere di sostenere il sacramento del matrimonio guardando con negatività al divorzio, contraddire la tradizione apostolica e aprire al sacerdozio femminile. Solo rinunciando al suo “insostenibile” punto di vista, ripete Mancuso, la Chiesa riceverà finalmente l’applauso del mondo e sarà accolta nell’era del progresso.

    La Chiesa è indietro, deve adeguarsi al mondo! Questo è un mantra ripetuto anche da molti cattolici. Eppure la Chiesa non ha mai inseguito le mode etiche dei periodi storici in cui si è trovata ad annunciare il Vangelo, non ha mai cercato di abbellire e mascherare la sua visione per apparire più attraente. Essa vuole semplicementerestare indietro di 2000 anni, ancorata alla verità di Gesù Cristo e dei Padri della Chiesa.

    Non è la scelta fatta dai fratelli protestanti che, da quando si sono emancipati dalla successione apostolica, non hanno potuto frenare il relativismo etico e quindi il proliferare di centinaia di altri piccoli protestantesimi. Tanto che, in alcune aree dell’America, ogni 50 km c’è una chiesa protestante appartenente ad una “versione” diversa (anglicana, battista, mormone, evangelica ecc.).

    I protestanti hanno scelto di fronteggiare la secolarizzazione all’opposto della Chiesa cattolica. Hanno “ascoltato i consigli” di Vito Mancuso: ad esempio significativo che poco tempo fa quattro vescovi della Chiesa anglicana hanno spiegato di voler accettare le nozze gay per apparire “al passo con i tempi” ed evitare «scontri con i comportamenti della società contemporanea». Dal 1994 “per apparire al passo coi tempi” gli anglicani hanno avviato il sacerdozio femminile cadendo nella trappola laica della fantomatica “discriminazione della donna” e, secondo statistiche recenti, proprio da quell’anno la pendenza di abbandoni dei fedeli per la Chiesa anglicana si è inclinata più rapidamente. Oggi il 50% dei nuovi preti è di sesso femminile e nelnovembre scorso c’è stata l’introduzione delle donne vescovo, secondo uno studiometà delle sacerdotesse ordinate non crede nella resurrezione di Cristo. La reverenda Sally Hitchiner (vedi foto) è perennemente in televisione, veste Prada e gioielli: «Non ho 80 anni, indosso ciò che voglio. Moti uomini si sentono intimiditi e non vogliono uscire con me la sera»E dichiara«La chiesa cattolica è la stessa da duemila anni e questa è la sua forza. Noi siamo una chiesa diversa, molto più tollerante, sempre in divenire». La tollerante Chiesa anglicana per questo ha decisodi eliminare le scomode parole “peccato” e “diavolo” dal rito del battesimo, preferendo una formula asettica e neutrale, politicamente corretta (tanto che il vescovo anglicano di Rochester Michael Nazir-Ali ha accusato il tentativo di«ridurre il cristianesimo a citazioni facilmente digeribili»«Il problema è che gran parte della Chiesa anglicana non crede più nell’inferno, nel peccato e nel pentimento»ha accusato un membro del Sinodo Generale).

    Una chiesa molto tollerante, come dice Hitchiner, ovvero liquida come la società in cui è immersa. Eppure -sarà un caso?- è molto alto l’allarme del rischio di estinzionedegli anglicani in Inghilterra. «La chiesa d’Inghilterra è soltanto a una generazione dall’estinzione»ha detto l’ex arcivescovo di Canterbury, Lord Carey, intervenuto al grande sinodo della chiesa d’Inghilterra. «Dovremmo vergognarci di noi stessi, nell’aria vi è un senso di sconfitta».

    Non va meglio ai protestanti in generale: i bambini battezzati nella Chiesa luterana in Svezia, ad esempio, nel 2013 sono meno della metà della popolazione e i praticanti sono il 2%, in generale un sacerdote protestante su sei, secondo una ricerca, non crede più in Dio e, in America, il 46% crede che la Terra abbia 6000 anni. Recentemente un pastore luterano ha celebrato la Messa in un minuto per non perdere la partita di football e uno dichiaratamente gay ha lanciato anatemi contro Papa Francesco imponendogli di cambiare opinione sull’omosessualità. Un libro uscito recentemente ha parlato della crisi del cristianesimo evangelico, le cui«contraddizioni sono il prodotto di una crisi di autorità che è al centro della loro fede. Gli evangelici non hanno mai avuto una sola autorità a guidarli attraverso i dilemmi o per risolvere la questione problematica di ciò che la Bibbia significa in realt໫Le inclinazioni anti-intellettualistiche della cultura evangelica», pensiamo allo scontro con il mondo scientifico sull’evoluzione/creazionismo, «non derivano dall’obbedienza sincera e fiduciosa alla Scrittura, ma da profondi disaccordi su ciò che significa la Bibbia».

    L’amicizia con i protestanti ci impone di fare loro presente tutto questo. La Chiesa cattolica continua invece globalmente a crescere (seppur anch’essa perda consensi in Europa e Nord America), Papa Francesco è riconosciuto come l’autorità morale principale del mondo intero e, allo stesso tempo, non ha intenzione di adeguarsi ad esso, non ne ha paura e non vuole annacquare la dottrina cattolica con il relativismo dei teologi new-age, nuovi portavoce di una società iper-individualista e moralmente in crisi.