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La NATIVITA' (secondo Katerina Emmerich)

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    00 22/12/2012 08:18

    La Natività nella visione della beata Anna Katharina Emmerick

    natavità
     (di Cristina Siccardi)Gesù venne concepito in maniera soprannaturale e in maniera miracolosa nacque. Il Figlio di Dio non ebbe una nascita comune, come vorrebbero farci credere molti teologi e narratori contemporanei. Il loro intento è quello di “abbassare il livello”, di “snobilitare” tutto, seguendo la strada modernista: l’antropocentrismo e il naturalismo prendono qui il sopravvento ed ecco che la Madonna diventa una donna normale; san Giuseppe un uomo ordinario e Gesù Bambino acquisisce connotati da manuale di “psicologia evolutiva”; si sente addirittura dire che Egli «combinava marachelle come tutti i bambini».
    Viene da domandarsi: ma se di monellerie san Domenico Savio non ne combinò mai, come risulta dalla sua biografia, che cosa dobbiamo pensare di Gesù Bambino? È chiaro che occorre tener fede a ciò che la Tradizione della Chiesa ha sempre detto, gettando alle ortiche tutte le false narrazioni che dalla metà del Novecento in poi hanno imperversato, offrendo immagini terra-terra, protestantizzanti, fino a giungere a vere e proprie profanazioni della “quotidianità” della Sacra Famiglia.
    Nella Notte Santa, quando l’Emmanuele si manifestò agli uomini, la Madonna generò in maniera prodigiosa, senza l’aiuto di nessuno, in un’atmosfera di perfetto candore e pudore, come la beata e mistica Anna Katharina Emmerick (1774-1824) vide e descrisse nel libro La vita della Madonna: «Vidi che un insolito movimento regnava nella natura, negli uomini e in molti luoghi del mondo. Dappertutto si manifestava un’eccezionale energia emozionale. I simboli cosmici del Natale della Luce del mondo scesero nella coscienza e nei cuori di molti uomini». Alla presenza di cori angelici, di luce intensissima, la natura freme, gli animali soavemente saltellano, nascono nuovi fiori, erbe e virgulti dal terreno; gli alberi «rinfrescati» diffondono una dolce fragranza e dal suolo scaturiscono molte nuove sorgenti d’acqua. Tutto il Creato partecipa al Grande ed Unico Evento. Ed ecco che la «Santa Vergine annunciò al suo sposo che a mezzanotte si sarebbero compiuti i nove mesi dal momento in cui fu concepito il Santo Figlio e l’Angelo l’aveva salutata Madre di Dio. (…). Inoltre lo esortò ad unirsi a Lei nelle preghiere ardenti per intercedere la misericordia di Dio verso quei duri di cuore che le avevano negato l’ospitalità».
    Siccome il momento del prodigioso evento si avvicinava, la Santa Vergine disse quindi a san Giuseppe  era ormai prossimo e che desiderava rimanere sola, perciò lo pregò di rinchiudersi nella propria cella. «Il sant’uomo fu avvolto da una luce celeste soprannaturale». Il Bambino nacque e «Giuseppe contemplò la scena come una volta Mosè aveva fatto con il roveto ardente; poi, entrato con santo timore nella cella, si gettò proteso sul terreno e si immerse nella preghiera più devota. (…).  La Madonna, inginocchiata sulla sua stuoia, teneva il viso rivolto ad oriente. Un’ampia tunica candida priva di ogni legame cadeva in larghe pieghe intorno al suo corpo. Alla dodicesima ora fu rapita dall’estasi della preghiera (…). Vidi allora il suo corpo elevarsi dal suolo.
    Frattanto la grotta si illuminava sempre più, fino a che la Beata Vergine fu avvolta tutta, con tutte le cose, in uno splendore d’infinita magnificenza. Questa scena irradiava tanta Grazia Divina che non sono in grado di descriverla. Vidi Maria Santissima assorta nel rapimento per qualche tempo, poi la vidi ricoprire attentamente con un panno una piccola figura uscita dallo splendore radioso, senza toccarla, né sollevarla». La sempre Vergine ‒ prima, durante, dopo il parto ‒ in piena salute e senza nessun segno di affaticamento, si avvolse con un velo insieme al Redentore, e lo allattò con il «suo santo latte». A Betlemme, sotto un firmamento che guidava i Magi al luogo benedetto, era nato il Re dell’Universo. (Cristina Siccardi)
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    Credente
    00 03/01/2013 00:22

    Visioni del 3 agosto 1821.

    Oggi ho avuto alcune visioni relative all'anello nuziale della Santa Vergine: ricordo bene una festa in una chiesa italiana in cui la preziosa reliquia veniva esposta sull'altare, in un ostensorio adornato magnificamente. Durante la festa vidi comparire San Giuseppe e la Beata Vergine Maria, abbigliati con le vesti nuziali; quando Giuseppe infilò l'anello al dito della Santa Sposa vidi contemporaneamente scintillare e muoversi l'anello nell'ostensorio. Sull'altare di questa chiesa italiana vidi un quadro dell'Ecce Homo, il quale era giunto miracolosamente nelle mani di un governatore romano. Quest'uomo politico era assai devoto e amico di San Pietro. Alla sinistra, nel quadro, vedevo la Sindone in cui era stato avvolto nostro Signore. Ebbi poi la visione di un banchetto nella casa di Anna. Intorno alla tavola, su cui vedevo alcuni calici, sedevano Anna col suo secondo marito, Maria, Giuseppe e tutti i parenti con alcuni fanciulli e sei ospiti stranieri. La Vergine indossava un mantello variopinto rosso, celeste e bianco lavorato a fiorami, come gli antichi paramenti per il sacrificio della Messa. Aveva un velo trasparente ed al disopra di questo un altro nero. Mi parve che fosse una festa in occasione delle nozze. Quando la festa fini, Anna ritornò a Nazareth insieme agli altri parenti, seguita da Maria e dalle altre fanciulle congedate dal tempio. Abbigliate pomposamente uscirono tutte insieme dalla città, ma non so dire quando le vergini si accomiatarono dal gruppo per proseguire verso le proprie dimore. Vidi però che pernottarono nella scuola levitica di Bethoron. Maria fece tutto il viaggio a piedi. Giuseppe invece, si era recato a Betlemme per espletare alcune commissioni.

    47 - L'Annunciazione dell'arcangelo Gabriele

    Anna aveva disposto per la Sacra Famiglia la piccola casetta di Nazareth di sua proprietà; quando Giuseppe si assentava la Vergine dimorava con sua madre. Stanotte, durante la meditazione, cercai la Santa Vergine, allora il mio spirito fu subito trasportato dall'Angelo custode in casa di sua madre Anna. Ne riconobbi ogni angolo, ma non vidi alcuno: né Maria e nemmeno Giuseppe. Vidi però Anna attraversare un bosco per recarsi a casa di Maria. La casa di Giuseppe era più piccola di quella di Anna, davanti c'era un piccolo cortile quadrato. Anna salutò la figlia e le diede un fagotto; forse era la prima volta che incontrava sua figlia dopo le nozze. Dopo aver conversato per molto tempo di faccende domestiche, vidi Anna accomiatarsi da Maria. La Vergine accompagnò sua madre per un lungo tratto di cammino. In un'altra visione vidi Giuseppe in viaggio, mentre nella casa erano rimaste con la Santa Vergine due fanciulle, la madre Anna e una sua parente vedova. Credo che le due ragazze fossero consorelle del tempio. Le vidi mettere in ordine la casa, quindi si riunirono nel cortile e conversarono amichevolmente. Verso l'imbrunire si sedettero intorno ad un tavolo rotondo, pregarono e mangiarono delle erbe. Dopo la cena ognuna si ritirò nella propria stanza, solo Anna fece prima un giro per la casa per controllare se tutto era a posto. La stanzetta di Maria si trovava accanto al focolare e vi si entrava dalla cucina. La Vergine vi entrò ed indossò una lunga veste di lana, poi si preparò alla preghiera coprendosi il capo con un lungo velo color giallo pallido. Si era tolta il velo nero che si abbassava sul volto quando parlava agli uomini. La fantesca entrò con un lumicino e accese un candeliere che pendeva dal soffitto; poi si ritirò. Allora vidi Maria prendere un basso tavolino a tre gambe coperto da un tappeto azzurro e rosso, sul quale si trovava un rotolo di pergamena. La Vergine collocò il tavolino fra il letto e la porta, a sinistra della stanza, dove al suolo era steso un tappeto con un cuscinetto di forma rotonda, sul quale si genuflesse. La Madonna, dopo essersi calata il velo sul candido viso e congiunte le mani sul petto, senza incrociare le dita, pregò per lungo tempo e con fervore con lo sguardo rivolto al Cielo. Ella chiese a Dio che la sua preghiera potesse accelerare il tempo della venuta del Redentore. Allora penetrò dall'alto una luce fortissima che andò diritta al suo fianco destro, in linea obliqua. Ne fui io stessa abbagliata, tanto che caddi sul pavimento vicino all'ingresso. In mezzo a quei raggi di luce intensa, vidi librare la figura dell'arcangelo Gabriele dinanzi alla Santissima Vergine. Di fronte a tanta luce magnifica, Maria era rimasta impietrita. Il Santo Gabriele era un giovinetto lucente dalla lunga chioma. Lievemente parlò alla Vergine muovendo le braccia ed emettendo le parole dalle labbra come lettere infuocate. Maria aveva rivolto timidamente a destra il capo velato e non osava guardare l'Angelo. Gabriele continuava a parlare, ed allora la Vergine Beata, quasi come se ubbidisse ad un comando, alzò il viso e gli rispose. L'Angelo parlò di nuovo, e questa volta Maria alzò interamente il velo, e fissandolo in volto ripetè le sante parole: "Ecco l'ancella del Signore; sia fatto di me secondo la tua parola". Dopo aver pronunciato queste parole ben chiare, la Vergine Santa rimase assorta in profonda estasi. Non vedeva più la luce della lampada, né il soffitto della camera, poiché la stanza era inondata da un torrente di luce. In quell'occasione sembrò che il Cielo si fosse aperto, e quando Maria levò lo sguardo in alto vide una striscia luminosa popolata da Angeli, all'estremità di quell'oceano di luce si mostrava la Santa ed adorabile Trinità nella forma di una fiamma triangolare le cui irradiazioni si compenetravano reciprocamente. Quando la Vergine pronunciò le parole: "Avvenga di me secondo la tua parola!" vidi scendere un alato messaggero, era lo Spirito Santo, non in forma di colomba, come viene ordinariamente dipinto, ma la sua testa aveva tratti umani aureolati da una luce soprannaturale. Due ali rilucenti gli si spiegavano a destra e a sinistra, dalle mani e dal petto gli uscivano tre torrenti di luce diretti al petto e al fianco destro dell'Annunziata, dove tornavano a riunirsi. La Vergine, trasfusa di luce, era divenuta quasi trasparente; sembrava che la sua carne si dileguasse a quella luce potente come la notte all'approssimarsi del sole. Lo splendore tanto e talmente la compenetrava, che nulla più in lei era oscuro e velato, la sua figura splendeva adesso in ogni sua forma. Appena l'Arcangelo si ritirò anche la luce scomparve, quasi che il Cielo l'avesse riassorbita. In questo momento vidi cadere sulla Vergine un'infinità di rose bianche, ciascuna accompagnata da una foglia verde. Mentre contemplavo questa visione meravigliosa, provai contemporaneamente una sensazione orrenda e di agitazione, come se qualcuno mi stesse per tendere un'insidia. Vidi un orribile serpente strisciare sui gradini di accesso e giungere vicino alla porta della stanza della Santa Vergine. Era avanzato fino al terzo gradino quando la luce riempì la Santa Vergine. Il serpente era un vero mostro alto all'incirca come un fanciullo; il corpo era piatto e largo sul petto, aveva due corte zanne. I colori più orribili concorrevano a sfigurano, mi ricordava il serpente del Paradiso terrestre. Allora, quando l'Angelo uscì dalla camera della Vergine, dinanzi alla porta calpestò il serpente che mandò sibili spaventosi. Rabbrividii dall'orrore. Poi vidi comparire tre spiriti che, calpestandolo e battendolo, lo spinsero fuori dall'abitazione. Vidi Maria, rimasta in tranquilla solitudine, rapita in estasi profonda che nelle sue preghiere adorava la presenza del promesso Salvatore. A Gerusalemme le donne dovevano rimanere nell'atrio e non potevano entrare nel tempio, nel santuario solo i sacerdoti potevano accedere; ma a Nazareth la Vergine Santissima stessa era divenuta il tempio che ospitava il Santo dei Santi, in lei cresceva il Sacerdote supremo del mondo. Tutto mi apparve pieno d'amore e di grandezza, tutto così semplice e naturale! In quel momento vidi glorificare le parole di Davide nel suo quarantacinquesimo salmo: "Il Signore ha santificato la sua capanna: Dio è nel suo interno né alcuno potrà turbarla". Era mezzanotte quando Anna, svegliata da uno strano movimento della natura, vide una nube luminosa sulla sua casa. Così turbata si alzò, e svegliate le altre donne, si recò nella stanza di Maria. Appena videro la Vergine inginocchiata e assorta in devota preghiera, le donne si ritirarono rispettosamente. Maria Santissima si avvicinò all'altare accostato alla parete e calò il rotolo dove vi era raffigurata un'immagine maschile velata, simile a quella che avevo veduto nella casa di Anna. Accèsa la torcia assicurata alla parete, la Beata Vergine pregò con fervore dinanzi a questo simbolo. All'alba si coricò. Su un alto leggio vidi delle pergamene. Fu grande il mio spavento quando vidi di nuovo l'orribile serpente strisciare verso di me, quasi cercasse un rifugio fra le pieghe del mio abito. il mio Angelo custode mi sottrasse subito al pericolo e mi allontanò dalla bestia. Vidi i tre spiriti che comparvero e batterono un'altra volta il mostro che emetteva tremendi sibili. Rabbrividisco ancora al solo pensiero. La Santa Vergine adesso sapeva che avrebbe partorito il futuro Messia. Non aveva compreso però ancora a fondo il simbolismo del trono di David e che questo Figlio non era di questo mondo. Come non aveva capito le parole di Gabriele, secondo le quali la casa di Giacobbe su cui suo Figlio avrebbe regnato nell'eternità simbolizzava la Chiesa e la comunione dell'umanità rigenerata. Maria era il puro Vaso della grazia promesso da Dio ai suoi progenitori, destinata a partorire il Messia. Tutti i suoi devoti antenati, quei santi figli di Dio, avevano contribuito ad accelerare la sua venuta e quindi quella di Cristo, Redentore dell'umanità peccatrice. Lei sola in quest'epoca costituiva il puro oro di tutta la terra, il sangue immacolato dell'umanità intera. La venuta della Madre dell'Eterno piena di grazia era stata prevista fin dall'inizio dei tempi. Nelle solennità dedicate a Maria Santissima, la Chiesa fa parlare la Santa Vergine per bocca della divina Sapienza, nei proverbi di Salomone (Pr 8,22-36):

    La Sapienza creatrice dell'Universo "Il Signore mi ha creato all'inizio della sua attività, prima di ogni sua opera, fin d'allora. Dall'eternità sono stata costituita, fin dal principio, dagli inizi della terra. Quando non esistevano gli abissi, io fui generata; quando ancora non vi erano le sorgenti cariche d'acqua; prima che fossero fissate le basi dei monti, prima delle colline, io sono stata generata. Quando ancora non aveva fatto la terra e i campi, né le prime zolle del mondo; quando egli fissava i cieli, io ero là; quando tracciava un cerchio sull'abisso; quando condensava le nubi in alto, quando fissava le sorgenti dell'abisso; quando stabiliva al mare i suoi limiti, sicché le acque non ne oltrepassassero la spiaggia; quando disponeva le fondamenta della terra, allora io ero con lui come architetto ed ero la sua delizia ogni giorno, dilettandomi davanti a lui in ogni istante; dilettandomi sul globo terrestre, ponendo le mie delizie tra i figli dell'uomo. Ora, figli, ascoltatemi: beati quelli che seguono le mie vie! Ascoltate l'esortazione e siate saggi, non trascuratela! Beato l'uomo che mi ascolta, vegliando ogni giorno alle mie porte, per custodire attentamente la soglia. Infatti, chi trova me trova la vita, e ottiene favore dal Signore; ma chi pecca contro di me, danneggia se stesso; quanti mi odiano amano la morte". In principio, prima che Dio creasse cosa alcuna io ero presso di Lui. Io esisto fino all'eternità e dall'origine dei tempi e fui prima che fosse la terra. Non esistevano ancora gli abissi ed io ero già, le sorgenti non scaturivano ancora, né i monti ancor si appoggiavano con la loro mole grave sulla terra, e neppure erano sorte le colline, ed io già esistevo. Non era ancor creata la terra, né i fiumi, e neppure i poli del circolo terrestre. Io ero presente quando Iddio creava i cieli, quando con leggi geometriche segnava le orbite dello spazio, quando assicurava il firmamento, de-terminava il livello delle fonti, poneva confini al mare e dettava leggi alle acque in modo che le onde non oltrepassassero i limiti assegnati. Ed io ero presente quando Lui poneva le fondamenta della terra; con Lui io dis ponevo tutte le cose. Mia gioia era stare sempre alla sua presenza; mi dilettavo con l'Universo: la mia allegrezza è abitare con i figli degli uomini. Uditemi dunque, figli miei! Felici sono coloro che osservano le mie vie. Ascoltate ai miei insegnamenti, e siate saggi: non rigetta te le mie ammonizioni! Felice chi mi ascolta e veglia ogni giorno alle mie porte, vigilando alla soglia di casa mia; perché chi trova me trova la vita, e ottiene il favore del Signore; chi invece mi perde danneggia se stesso, e chi mi odia, ha scelto la morte".

    Quando Gesù Cristo assunse le sembianza umane, la Santa Vergine contava poco più di quattordici anni.

    48 - Maria e Giuseppe si mettono in viaggio per recarsi da Elisabetta

    Alcuni giorni dopo l'Annunciazione dell'Angelo a Maria, Giuseppe ritornò a Nazareth per sistemare alcune faccende e vi dimorò solo alcuni giorni. Egli non sapeva ancora nulla dell'incarnazione che si era compiuta nella sua sposa. Maria Santissima, divenuta la madre di Dio e la serva del Signore, conservava il segreto per umiltà. Quando la Vergine si accorse che il Verbo si era incarnato nel suo corpo, senti un'ardente necessità di recarsi a visitare la cugina Elisabetta in Juta, presso Hebron, poiché l'Angelo le aveva detto che il corpo di Elisabetta era stato benedetto come il suo, sei mesi prima. Giuseppe accompagnò Maria ed intraprese il viaggio verso Juta perché voleva recarsi a Gerusalemme per celebrarvi la Pasqua. Si diressero, quindi, verso il sud e portarono con loro un asino sul quale saliva Maria quando era stanca di camminare a piedi. L'asino portava il carico di una bisaccia con i viveri e vari arnesi. La santa Coppia aveva portato con sé, ben conservata, una veste marrone di Maria con una specie di cappuccio; questa si chiudeva con dei nastri e la Vergine l'indossava quando andava al tempio. Maria indossava per il viaggio una camicia scura di lana, sopra aveva un abito grigio con una cintura e in testa portava una specie di cuffia gialla. Non restarono molto in viaggio. Li vidi attraversare la pianura di Esdrelon e, dirigendosi verso il sud, entrarono in Dothan, città posta sopra un'altura; presero alloggio nella casa di un amico del padre di Giuseppe. Il padrone di casa si chiamava Eldoa ed era considerato quasi un fratello da Giacobbe, il padre di Giuseppe. Ela, Eldoa o Eldad era un uomo agiato e discendeva da un re della tribù di Davide. Una volta li vidi pernottare in un tugurio, ed un'altra volta li ho veduti prendere alloggio in una capanna di vimini per i viaggiatori. La capanna si trovava a circa dodici ore di cammino dalla dimora di Zaccaria; il verde dei rami coperti di candidi fiori ne rendeva l'aspetto graditissimo. In quella regione si vedono numerosi pergolati di questo tipo o anche massicci edifici che, eretti lungo le strade maestre, servono ai pernottamenti o alle soste dei pellegrini. Qualche famiglia delle vicinanze si prendeva cura della capanna e forniva ai viaggiatori quanto occorreva loro di più essenziale, ricevendone un lieve compenso. Dopo aver assistito alle celebrazioni della Pasqua, la santa Coppia si diresse verso Juta, prendendo la via più lunga ma confortevole. Passarono vicino ad una piccola città nei pressi di Emanus. Queste strade saranno battute più tardi da Gesù nei suoi pellegrinaggi. Vidi San Giuseppe e Maria seduti in una valle per riposare. Tra i dintorni montuosi, mangiarono e si dissetarono con acqua mista ad un balsamo da loro molto usato. Ripresero il cammino passando tra enormi rupi ed arbusti secchi, dappertutto c'erano spaziose caverne dove si vedevano pietre stranissime di svariati tipi. Le valli erano assai fertili. Il loro percorso attraversava boschi, campi e immensi prati; giunti in vista della casa di Zaccaria vidi un albero adorno di bellissime foglie di un bel colore verde e mazzetti di fiori. Ogni fiore era composto di nove campanelle di color rosso pallido. Compresi il simbolismo mistico di questo fiore bellissimo.

    49 - La Visitazione: Giuseppe e Maria arrivano alla casa di Zaccaria e di Elisabetta Le due maternità più eccelse della storia cristiana si incontrano

    La casa di Zaccaria era posta sopra una collina isolata, attorniata da gruppi di case sparse nella zona. Un torrente scorreva da un monte non molto lontano. Dopo aver celebrato la Pasqua al tempio, Zaccaria ritornò a casa. Vidi Elisabetta agitata andargli incontro. Era una donna attempata, d'alta statura e di viso gentile, aveva la testa coperta da un velo. La vidi percorrere emozionata la strada verso Gerusalemme. Zaccaria si preoccupò non poco nel vederla così lontana da casa in quelle delicate condizioni. Appena lei lo vide, gli narrò di aver sognato che la cugina, Maria di Nazareth, era in cammino per visitarla. Il pio uomo, servendosi di gesti e segni, cercò di dissuaderla dimostrandole con diverse argomentazioni l'inconcretezza del sogno. Egli era convinto che una donna sposata da poco tempo non avrebbe potuto intraprendere un viaggio così lungo. Malgrado tutte le premure di Zaccaria per convincere la consorte a desistere da quell'attesa, la santa Donna non sapeva rinunciarvi. Aveva visto in sogno che una sua parente sarebbe divenuta madre del promesso Messia. Il pensiero correva alla Santissima Maria e nel suo spirito la vedeva arrivare. Alla destra del vestibolo dell'abitazione di Zaccaria c'era una stanza con delle sedie, là sedutasi, il giorno seguente, Elisabetta stette per molto tempo ad osservare l'orizzonte. Improvvisamente scorse due figure lontane, allora si alzò e corse loro incontro. Maria, lasciando indietro Giuseppe, affrettò il passo. Le due donne si porsero calorosamente ma con timidezza la mano; ammirai allora un fascio di luce trasmettersi dalla Vergine a Elisabetta. Giuseppe era rimasto indietro, rispettoso. La meravigliosa figura carismatica della Vergine, aureolata di luce soprannaturale, aveva attratto la timida curiosità della gente del vicinato che, pur mantenendosi rispettosamente ad una certa distanza, fu inconsapevolmente testimone del santo incontro. Le vedo, l'una al braccio dell'altra, attraversare il cortile interno ed entrare in casa. Giunte alla porta, Elisabetta diede nuovamente a Maria Santissima il benvenuto, ed entrarono. Giuseppe, frattanto, tirava il somaro conducendolo all'interno del cortile della dimora di Zaccaria, e consegnatolo ad un servo, entrò in una sala della casa dove vide l'anziano sacerdote. Al cospetto del venerabile saggio, Giuseppe s'inchinò umilmente e si mostrò stupito di trovarlo muto. Zaccaria, abbracciandolo con effusione, gli scrisse su una tavoletta il motivo per cui era rimasto muto dall'apparizione dell'Angelo, che Maria già sapeva. Le due donne, oltrepassata la soglia, entrarono in una sala che mi pareva servisse anche da cucina. Qui si abbracciarono per la felicità di essersi trovate. Vidi di nuovo il raggio che, più luminoso di prima, da Maria Santissima penetrò nel cuore di Elisabetta. Questa, allora, inondata di Spirito Santo e di ardore celeste, alzò le palme al cielo ed esclamò: "Tu sei la benedetta tra le donne, e benedetto è il frutto delle tue viscere. Come posso spiegarmi il turbamento che tutta mi commuove? Perché è venuta a me la madre del mio Signore? Quando mi hai salutata il mio bambino è balzato di gioia vicino al mio cuore! Oh! tu sei la fortunata fra le donne! Tu hai creduto, e ciò che credesti si avverò e si verificherà quello che ti fu promesso dal Signore". Mentre Elisabetta parlava in questo modo, condusse Maria nella stanzetta che aveva già disposto per lei affinché potesse riposarsi dal lungo cammino. La Santa Vergine allora incrociò le mani sul petto e nella sua estasi intonò il canto di lode: "L'anima mia onora il Signore e il mio spirito si vivifica in Lui, mio Salvatore, perché Egli si è degnato di contemplare la nullità della sua ancella; ed ecco che da quest'istante tutte le genti mi chiameranno beata, perché in me il Potente fece grandi cose, Egli che è grande, il cui nome è santo, la cui misericordia si spande di generazione in generazione su tutti quelli che lo temono. Egli ftce opere di potenza col suo braccio ed ha distrutto le vane speranze dei superbi; ha deposto dal loro seggio i potenti ed ha esaltato gli umili; ha colmato di doni i poveri e rimandato senza conforto i ricchi. Egli ha accolto Israele, suo servo, memore della sua misericordia, come aveva promesso ai nostri padri, ad Abramo ed ai suoi figli per l'Eternità" (cfr. Lc 1,47-55). Vidi Elisabetta assorta in estasi che cantava il Magnificat, poi le due sante donne si avvicinarono ad un piccolo tavolo su cui si trovavano dei bicchieri. Oh! come sono stata felice di poterle accompagnare con la mia preghiera!

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    Credente
    00 03/01/2013 00:23

    Suor Emmerick al pomeriggio dello stesso giorno così continuò in uno stato estatico:

    "Giuseppe e Zaccaria sono assieme e discorrono della prossima venuta del Messia e del compimento dell'antica profezia. Zaccaria è un bell'uomo anziano, vestito da sacerdote. Egli risponde sempre con segni, oppure scrivendo su una tavoletta. La stanza dove essi si trovano ha una porta sul giardino, il sole splende e tutto richiama all'armonia del cuore. Vedo adesso i due nel giardino, all'ombra di un grande albero; sono seduti al suolo su un tappeto. Dietro l'albero vi è un pozzo da cui si attinge l'acqua aprendo un rubinetto. Ammiro meglio questo giardino: è coperto di erba molto verde, ci sono fiori ed alberi carichi di piccole susine giallognole. Mentre discorrono lentamente, mangiano un po' di frutta che prendono dal sacco portato da Giuseppe. Zaccaria prosegue la conversazione sempre scrivendo sulla tavoletta. Com'è commovente la loro semplicità! I due servi e le due ancelle addette alla casa si affaccendano nei servizi domestici, preparano la tavola sotto un altro albero, dove sopraggiungono Zaccaria e Giuseppe per mangiare qualcosa. Giuseppe rimane otto giorni a casa di Zaccaria. Fino a questo momento egli ignora ancora le condizioni in cui si trova il corpo della Santa Vergine. Maria ed Elisabetta, che si comprendono per i moti interiori dell'animo, tacciono. Alcune volte, specialmente poco prima del pranzo, le sante donne intonano una litania e poi pregano tutti insieme. Vedo apparire in mezzo a loro una croce.

    3 luglio

    Ieri sera si trattennero fino a mezzanotte sotto l'albero del giardino. Una torcia li rischiarava. Poi Giuseppe e Zaccaria si ritirarono per la preghiera, anche Maria ed Elisabetta, rapite in estasi, cantarono e contemplarono il Magnificat, come ogni sera. Vidi Zaccaria condurre San Giuseppe in un orticello che apparteneva pure alla casa, e siccome era un uomo ordinato e precisissimo, così pure quest'orto mostrava una coltura diligente: era ricco di belle piante e di alberi da frutta. Vidi nell'orto una casetta quasi nascosta tra il fogliame in cui scorsi due figure; penso che rappresentassero Zaccaria ed Elisabetta quand'erano più giovani. Di più non saprei dire, perché la visione di quelle figure fu assai breve e indistinta. Frattanto, Elisabetta e Maria erano rimaste, a casa assai affaccendate. La Vergine prendeva parte a tutte le vicende domestiche e preparava tutto quanto occorreva per l'imminente parto della cugina. Lavoravano insieme a tessere un gran tappeto che doveva servire da letto ad Elisabetta. Le ebree si servivano di tappeti nel cui centro era assicurato un largo mantello di lana, in modo tale che la partoriente vi si potesse avvolgere dentro interamente col nascituro. L'orlo del tappeto era ricamato a fiori e vi erano incisi dei proverbi. Le due donne prepararono pure molte cose da regalare ai poveri in occasione del parto. Zaccaria e Giuseppe, dopo aver pregato sotto le stelle, si ritirarono a dormire nella capanna dell'orto. Allo spuntar dell'alba tornarono a casa dove si ritrovarono con le rispettive consorti. Stanotte ho visto le sante donne assorte in preghiera. Improvvisamente in questa visione ho compreso molte allusioni contenute nel Magnificat, fra le quali una relativa all'istituzione del Santo Sacramento. Al passo: "Tu hai fortificato il tuo braccio..." mi sono comparsi moltissimi simboli relativi al Santo Sacramento dell'altare contenuti nell'Antico Testamento, fra questi Abramo mentre stava per sacrificare Isacco, e Isaia che predicava la verità ad un re cattivo, il quale lo scherniva. Ho visto numerose cose da Abramo fino ad Isaia e da questi fino ai tempi della Santa Vergine. Ho visto che i giorni del Santo Sacramento e della Chiesa di Gesù Cristo erano veramente prossimi. Il saluto dell'Angelo aveva consacrato la Santa Vergine alla Chiesa, e quand'Ella pronunciò le parole dell'accoglimento: "Ecco l'Ancella del Signore, avvenga di me come tu hai detto" il Verbo di Dio che dimorava nel tempio Celeste andò a germogliare nel suo seno. La Vergine in quel momento si trasformava nel tempio terreno e nell'Arca della Nuova Alleanza di Dio. Il saluto di Elisabetta e la vivificazione di Giovanni nell'utero della madre erano stati i primi omaggi tributati dall'umanità all'Eletta del sacro Santuano.

    Prima di addormentarsi Suor Emmerick recitò le litanie dello Spirito Santo, particolarmente il Veni Sancte Spiritus. La sera seguente, come una fanciulla innocente, Suor Emmerick levò in alto le mani segnate dai santi sigilli e continuò la narrazione.

    Oggi non ho conversato quasi con alcuno, molte visioni che avevo dimenticato mi sono tornate alla mente come il mistero del Santo Sacramento dell'Antica Alleanza. Ho vissuto un momento di quiete profonda; com'è stato bello! Ho visto di nuovo la Terra Promessa dove abitava Maria. Faceva molto caldo. Vedevo quelle sante persone entrare nel giardino, prima Zaccaria e Giuseppe, poi Elisabetta e Maria. Erano sotto una specie di capanna vicino ad un albero gigantesco, sedevano su piccole sedie, mangiavano e discorrevano, ogni tanto passeggiavano, poi si fermavano per meditare e pregare. Hanno trascorso così la notte intera in quel giardino sotto la volta celeste. Mentre la bellezza della natura illuminata dalla volta stellata li circondava, Maria ha annunciato a Zaccaria che egli presto avrebbe ricevuto la grazia della parola. Il mio Angelo custode mi ha illuminato il cuore con un simbolo, il quale mostrava che solo un'ingenua e viva fede in Dio può operare e realizzare ogni cosa. Più tardi Giuseppe si è preparato per il viaggio di ritorno a Nazareth, che avrebbe fatto da solo; Zaccaria gli sarebbe stato compagno per un tratto di strada.

    7 luglio.

    Nella casa di Elisabetta ho visto la Vergine dormire nella sua stanza, era distesa su un fianco ed appoggiava la testa sul braccio. Maria era avvolta in un lenzuolo bianco dalla testa fino ai piedi. Sotto il suo cuore ho visto una gloria luminosa a forma di pera circondata da un cerchio di luce chiarissima. Avevo visto anche in Elisabetta manifestarsi una simile aureola che, sebbene fosse più ampia nella forma, presentava però minor pienezza di luce di quella di Maria.

    Sabato 8 luglio.

    Ieri sera, venerdì, ebbero inizio le solennità del sabato nella casa di Zaccaria. Alcune torce illuminavano il volto di Giuseppe e Zaccaria che, con altre sei persone dei dintorni, pregavano genuflessi intorno ad una cassa sulla quale stavano aperte le pergamene delle preghiere. Le teste degli oranti erano avvolte in panni. Mi sembrò che pregassero come gli Ebrei moderni. Un tramezzo di vimini divideva l'oratorio maschile da quello femminile, dove pregavano Maria, Elisabetta ed altre due donne. Vidi Zaccaria con una veste bianca con maniche non molto larghe, portava una larghissima cintura ornata di lettere e nastri pendenti. Un cappuccio era cucito alla parte posteriore della veste ed era ripiegato all'indietro. Anche Giuseppe indossava una veste sacerdotale assai bella. Consisteva in un mantello pesantissimo tessuto di stoffa bianca e color porpora; non aveva maniche, era agganciato sul petto per mezzo di tre fermagli ornati di gioielli. Dopo aver celebrato il banchetto del sabato, la Santa Vergine ed Elisabetta si ritirarono a pregare. Le vidi una di fronte all'altra, con le braccia congiunte sul petto e il velo nero sul volto. Durante la seconda parte del cantico un fascio di luce celeste scese su Maria. Era appena calata la notte quando Giuseppe, accompagnato da Zaccaria, si preparò ad intraprendere il cammino sotto le stelle. Prima di partire si genuflessero ancora una volta in preghiera. Giuseppe si appoggiava al suo bastone ritorto alla sommità e portava con sé un sacchetto con dei pani ed un piccolo fiasco. Anche Zaccaria si era munito di un lungo bastone. Prima della partenza strinsero le proprie consorti al petto in segno di fraterno amore; non vidi che si baciassero. Le pie donne li accompagnarono per un tratto, poi si separarono per rientrare in casa. Zaccaria e Giuseppe proseguirono da soli il cammino, confortati dalla limpida notte serena.

    Martedì 11 luglio.

    I due santi uomini passarono la notte in una capanna. Avevano preso la strada più lunga per far visita ad alcuni parenti. Credo che avessero calcolato per quel viaggio tre giorni complessivi di cammino.

    13 luglio.

    Ieri ho visto Giuseppe solo nella casa di Nazareth. L'ancella di Anna aveva ogni cura di provvederlo del necessario. Anche Zaccaria, dopo essere stato a Gerusalemme, era ritornato alla sua dimora. La Santa Vergine ed Elisabetta, intanto, lavoravano e pregavano. Dopo cena passeggiavano nell'orto, godevano la brezza serale e parlavano di Dio. Di solito le sante donne si coricavano alle ventuno per alzarsi prima dello spuntare dell'alba. Maria rimase presso Elisabetta per tre mesi, fin dopo la nascita di Giovanni; non assistè alla circoncisione del nascituro.

    Tutto questo fu quanto Suor Emmerick vide sulla Visitazione della Vergine ad Elisabetta. Ella raccontò le visioni del santo incontro nel mese di luglio, ma in realtà la visita di Maria ebbe luogo in marzo.

    Abbiamo pensato di completare questo racconto della Veggente con i seguenti passi dal Vangelo di Luca: "I vicini e i parenti udirono che il Signore aveva esaltato in lei (Elisabetta) la sua misericordia e si rallegravano con lei" (Lc 1,58). "All'ottavo giorno vennero per circoncidere il bambino e volevano chiamarlo col nome di suo padre, Zaccaria" (Lc 1,59). La circoncisione costituiva il segno dell'alleanza tra Dio e Israele (Gen 17,11) e si praticava l'ottavo giorno (Lv 12,3). Questa poteva farla chiunque, ma comunemente la faceva il padre. "Ma sua madre intervenne: "No, si chiamerà Giovanni". Le dissero: "Non c'è nessuno della tua parentela che si chiami con questo nome!". Allora domandavano con cenni a suo padre come voleva che si chiamasse. Egli chiese una tavoletta, e scrisse: "Giovanni è il suo nome!". Tutti furono meravigliati. In quel medesimo istante gli si aprì la bocca e gli si sciolse la lingua, e parlava benedicendo Dio. Tutti i vicini furono presi da timore e per tutta la regione montuosa della Giudea si discorreva di tutte queste cose. Coloro che le udivano, le serbavano in cuor loro: "Che sarà mai questo bambino?" si dicevano. Davvero la mano del Signore stava con lui. Zaccaria, suo padre, fu pieno di Spirito Santo e profttò dicendo: "Benedetto il Signore Dio d'Israele, perché ha visitato e redento il suo popolo, e ha suscitato per noi una salvezza potente nella casa di Davide, suo servo, come aveva promesso per bocca dei suoi santi profeti d'un tempo: salvezza dai nostri nemici, e dalle mani di quanti ci odiano. Così egli ha concesso misericordia ai e si è ricordato della sua santa alleanza, del giuramento fatto ad Abramo, nostro padre, di concederci, liberati dalle mani dei nemici, di servirlo senza timore in santità e giustizia al suo cospetto, per tutti i nostri giorni. E tu, bambino, sarai chiamato profeta dell'Altissimo, perché andrai innanzi al Signore a preparargli le strade, per dare al suo popolo la conoscenza della salvezza nella remissione dei suoi peccati, grazie alla bontà misericordiosa del nostro Dio, per cui verrà a visitarci dall'alto un sole che sorge per rischiarare quelli che stanno nelle tenebre e nell'ombra di morte, e dirigere i nostri passi sulla via della pace". Il fanciullo cresceva e si fortificava nello spirito. Visse in regioni deserte fino al giorno della sua manifestazione a Israele". (Lc 1,60-80).

    51 - La nascita di Giovanni - Maria ritorna a Nazareth e Giuseppe è consolato dall'Angelo

    La Vergine dunque ritornò a Nazareth e Giuseppe fece la metà del cammino per incontrarla. Durante la strada che portava da Juta a Nazareth, San Giuseppe notò per la prima volta che Maria era gravida. Egli fu turbato da molti sospetti, poiché nulla sapeva dell'Annunciazione fatta dall'Angelo alla Santa Vergine. Piena di umiltà, Maria aveva conservato in sé il segreto di Dio. Molto inquieto, Giuseppe combattè dentro se stesso l'angoscia del sospetto che lo pervadeva. La Vergine, che aveva previsto il turbamento di Giuseppe, divenne pensierosa e sempre più severa nel suo contegno; questo aumentò l'inquietudine del pover'uomo. Arrivati a Nazareth, si fermarono per due giorni presso alcuni parenti, che genereranno Parmena, il quale nacque all'epoca di Gesù e fu uno dei sette diaconi nella prima comunità cristiana riunita a Gerusalemme. Mentre alloggiavano presso questa famiglia, l'inquietudine di Giuseppe era giunta a tal punto che pensò di lasciare Maria e fuggirsene segretamente per non condannarla in pubblico. Stava appunto meditando quest'idea quando gli apparve un Angelo che lo consolò.

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    00 03/01/2013 00:27

    LA NASCITA DI GESÙ CRISTO

    Visioni sull'Avvento e la Nascita del bambino Gesù. I Magi.

    52 - Preparativi per il parto

    Domenica, 11 novembre 1821.

    Maria ricevette grande sostegno dalla madre finché questa visse. La casa di Anna era sita nella valle di Zabulon, distante circa un'ora di cammino da Nazareth. Durante l'assenza di Maria, Anna aveva provveduto alle necessità di Giuseppe inviandogli la sua ancella ogni giorno. Vidi che la Santa Vergine si preparava al parto già da due settimane, cuciva e ricamava tappeti, bende e pannolini di ogni specie. Tutto era stato disposto nei minimi particolari. Il nuovo marito di Anna si occupava nel tempio alla cura del bestiame per i sacrifici. Gioacchino era ormai morto da molto tempo. Ogni giorno Anna inviava a suo marito pesci e pani mentre egli pascolava il gregge. il cibo veniva portato in una tasca di pelle divisa internamente in vari scompartimenti. Vidi anche una giovinetta che aiutava Maria nelle faccende domestiche e veniva istruita da Lei. Credo che fosse figlia di Maria di Cleofa. Il suo nome era pure Maria. In questo periodo Giuseppe si era recato a Gerusalemme ad offrire il bestiame per il sacrificio. Vidi la Santa Vergine circondata da molte altre donne nella sua stanza. Lo stato della sua gravidanza mi parve molto avanzato. Le donne stavano preparando vestiti ed altre cose che dovevano servire al parto di Maria. In particolare le vidi intente a rifinire ed avvolgere un grande tappeto finemente cucito. Eseguivano ricami d'oro e d'argento. Esse sedevano intorno ad una cassa e avvolgevano un filo di vari colori per mezzo di due piccole aste di legno. La Vergine si preparava in modo adeguato ad accogliere il nascituro e ad organizzare nel modo più conveniente l'ospitalità alle parenti e alle compagne che si sarebbero recate ad aiutarla. La magnificenza di quest'ospitalità avrebbe sancito la nascita del Fanciullo promesso. Quindi furono pure preparati un gran numero di tappeti eleganti e coperture di ogni specie. Avevo già visto uno di quei tappeti in casa di Elisabetta quando era nato Giovanni: era ornato da una quantità di immagini e di sacre sentenze e nel mezzo si vedeva assicurato una specie di mantello chiuso e comodo, entro il quale si avvolgeva la partoriente, ma già ne avevo parlato a suo tempo. Anna era affaccendata per prendere la lana e per organizzare i vari lavori domestici.

    53 - Giuseppe è invitato dall'Angelo a mettersi in viaggio con Maria Santissima per recarsi a Betlemme

    Visioni ricevute dalla Veggente lunedì 12 novembre.

    Dopo aver lasciato l'offerta sacrificale in una stalla vicino a Gerusalemme, Giuseppe si mise in cammino verso Betlemme per osservare la legge, la quale ordinava che ciascuno dovesse prendere istruzioni nel luogo di nascita circa le nuove disposizioni sul censimento e le imposte. Giunto a Betlemme, Giuseppe pensò di stabilirsi qui con Maria, dopo che Lei avesse compiuto il rito di purificazione al tempio di Gerusalemme. Non saprei dire perché Giuseppe non dimorasse volentieri a Nazareth. A Betlemme egli infatti si informò sul materiale occorrente per fabbricarvi la sua abitazione. Quando ebbe ottenuto tutte le informazioni necessarie, se ne tornò all'albergo vicino a Gerusalemme; prese gli animali dalla stalla e li condusse al tempio, poi si affrettò a ritornarsene a casa. Era forse mezzanotte, la notte era assai fonda quando egli si trovò ad attraversare il campo Chimki, a sei ore circa di distanza da Nazareth. Improvvisamente il cammino gli venne interrotto da una luce radiosa, allora Giuseppe vide un Angelo che lo esortò a prendere Maria e a ripartire subito alla volta di Betlemme, dove Lei avrebbe dato alla luce il Bambino. Poi l'Angelo lo istruì perfino sugli arnesi e sulle cose che avrebbe dovuto portare. Gli raccomandò di condurre con sé, oltre all'asino su cui si sarebbe seduta Maria, anche un'asinella di un anno che non avesse ancora generato. L'asinella avrebbe fatto loro da guida segnando il cammino, perciò doveva essere libera da ogni cavezza o fune. Anna aspettava a Nazareth l'arrivo di Giuseppe ignara di tutto; era convinta che il Pargoletto avrebbe visto la luce nella casa di Nazareth, infatti si era affaccendata con Maria per organizzare la casa in funzione di questo evento, ma i disegni del Signore erano altri. Alla sera giunse Giuseppe.

    54 - Giuseppe comunica a Maria l'invito dell'Angelo: partenza della Sacra Famiglia

    Visioni di martedì 13 novembre.

    Appena giunse nella casa di Nazareth, Giuseppe raccontò ciò che nella notte gli era stato comunicato dall'Angelo. Andarono quindi all'abitazione di Anna e fecero i preparativi per la partenza. Anna si mostrava assai afflitta; Maria invece sapeva già che il parto sarebbe avvenuto a Betlemme e aveva taciuto solo per un sentimento di umiltà. La Vergine infatti era stata istruita dalle profezie sulla nascita del Messia. Questi scritti le erano stati forniti dalle maestre del tempio con alcune rivelazioni orali. Spesso Maria li rileggeva e poi pregava Iddio ringraziandolo della prossima nascita del Redentore dell'umanità. La Madonna si affrettava quindi a compiere il volere divino senza curarsi dell'asprezza della stagione, senza temere il freddo delle valli che si accingeva ad attraversare. Quella stessa sera Giuseppe e Maria partirono, accompagnati da Anna, Maria di Cleofa e alcuni servi. Vidi Maria seduta sulla sella dell'asino condotto per mano da Giuseppe; il somaro era carico anche dei bagagli. Frattanto il marito di Anna era sul pascolo ad accudire il gregge.

    55 - Il viaggio: come la Sacra Famiglia si lascia guidare dall'asinella. L'albero di terebinto della sacra tradizione

    Visioni di mercoledì 14, nonché del 15 e 16 novembre.

    Stamattina ho veduto i santi Viaggiatori giungere al campo di Ginim, quello situato a sei ore da Nazareth, il luogo dove apparve l'Angelo a Giuseppe. I servi di Anna avevano procurato loro un'asinella di un anno che avrebbe dovuto guidare la santa Coppia sulla strada giusta. Commovente fu l'addio che Anna e Maria di Cleofa fecero ai viaggiatori prima di tornarsene all'abitazione con i servi. Il viaggio continuò diretto verso i monti di Gilboa. Quindi lasciarono da parte le città e continuarono per le vie solitarie che indicava l'asinella con il suo trotto. Li vidi alloggiare in un podere di Lazzaro nella direzione della Samaria. L'amministratore del podere li accolse amichevolmente perché aveva avuto l'occasione di conoscerli già durante gli altri viaggi. Questo podere era ricco di bei frutteti e viali; la posizione era così elevata che dal terrazzo si godeva una magnifica ed estesa prospettiva. Lazzaro aveva ereditato questo podere da suo padre. Gesù nei suoi pellegrinaggi si fermò più volte a predicare in questi dintorni. I padroni di casa si intrattennero amichevolmente con la Santa Vergine, si meravigliarono però che nelle sue condizioni avesse osato intraprendere un viaggio così lungo. Vidi poi l'asinella saltellare in modo strano intorno a loro. L'animale guidava Giuseppe e Maria con dei simbolismi molto chiari: se bisognava proseguire diritti, senza voltare a destra o a sinistra, essa andava avanti o li seguiva saltellando; invece se bisognava voltare a un bivio li precedeva indicando con i suoi passi il retto sentiero. Quando la santa Coppia faceva sosta, l'asinella rimaneva tranquilla a breve distanza. Dopo alcune ore di cammino, la Sacra Famiglia attraversò una fredda valle che portava verso un colle. Era notte e sembrava che fosse scesa molta brina. La Vergine aveva molto freddo ed era stanchissima, chiese allora a Giuseppe di fare una sosta. Appena espresse questa richiesta l'asinella si fermò sotto un grande albero antico di terebinto, vicino al quale c'era un pozzo. Giuseppe stese sotto l'albero alcuni tappeti e preparò il giaciglio alla Vergine; poi prese una lampada dalla sua bisaccia e l'appese ad uno dei rami inferiori dell'albero, come usavano i viandanti che viaggiavano di notte. La Vergine pregò ardentemente Iddio che non la facesse soffrire troppo per il rigore della stagione. Mentre pregava in questo modo si senti pervadere nelle profondità del cuore da un'ondata di calore; allora porse le mani a Giuseppe per trovare conforto. Fecero un breve pasto con piccoli pani e frutta e bevvero acqua mista al balsamo, che Giuseppe aveva portato in un fiaschetto per confortare Maria. Il sant'uomo soffriva molto nel vedere la Vergine in quelle condizioni e cercava perciò di consolarla in ogni modo. Quando Maria si lamentava per il freddo, egli le parlava del buon alloggio che sperava di trovare a Betlemme. Le disse di conoscere una famiglia presso la quale, con un modico compenso, avrebbero ricevuto una buona sistemazione. Giuseppe espresse l'opinione che è sempre meglio pagare qualche piccola somma piuttosto che ricevere un alloggio gratuito; egli si attendeva molto da Betlemme. Le sue erano speranze umane. Non credo che avessero trascorso tutta la notte sotto quell'albero. L'albero di terebinto della sacra tradizione Il luogo in cui la Sacra Famiglia fece questa tappa appartiene alla sacra tradizione ebraica dell'Antico Testamento. Il terebinto è considerato un albero sacro ed antico che si trova nella pianura di Moreh, presso Sichem. In questo stesso luogo, sotto quest'albero, vidi Abramo mentre riceveva dal Signore la promessa del Paese per i suoi successori; Abramo vi innalzò un altare. Inoltre Giacobbe vi sotterrò gli strani idoli di Labano, ed i gioielli della sua famiglia, quando si recò a sacrificare in Bethel. Sotto quest'albero poi Giosuè edificò la capanna in cui pose l'Arca dell'Alleanza, innanzi alla quale il popolo radunato promise di abbandonare il culto degli idoli. In questo luogo Abimelech, figlio di Gedeone, fu salutato re dei sichemiti...

    Vidi la Santa Famiglia giungere ad un cascinale sito a circa due ore di strada a sud dell'albero sacro. La padrona della locanda era assente ed il marito li cacciò via bruscamente, rifiutando loro l'ospitalità. La Sacra Famiglia allora fu costretta a continuare il viaggio finché l'asinella si fermò dinanzi ad una capanna. Maria e Giuseppe vi entrarono e videro alcuni pastori affaccendati, costoro li accolsero bene e diedero loro della paglia per riposare. Essi ebbero particolare riguardo per Maria. Più tardi questi pastori si recarono al cascinale e raccontarono alla padrona quanto brava e pia fosse la Coppia che loro ospitavano. Dissero inoltre che Maria, donna bella e dall'aspetto di una santa, aveva bisogno di un pasto caldo perché gravida e stanca. Allora la padrona commossa, dopo aver rimproverato aspramente il marito per aver negato l'ospitalità a gente così brava, si recò con due fanciulli e delle provviste a far visita alla Coppia. Ella senti il bisogno di scusarsi sinceramente per il malfatto del marito. In un primo momento non osò entrare nella capanna perché si sentiva in colpa, ma poi si fece coraggio, entrò ed offrì le vivande. Chiese quindi perdono per la scortesia del suo consorte. La donna li consigliò di continuare il viaggio e superare il colle, poiché dall'altra parte avrebbero trovato una buona locanda per riposare. Il luogo dove essi adesso si trovavano era fra Samaria e Thebez, a nord di un'alta collina. A mezzogiorno di questo luogo, al di là del Giordano, si trova Succoth, e più lontano ancora Ai-non. Seguendo il consiglio della locandiera, i santi Coniugi si rimisero in cammino verso mezzogiorno e dopo circa due ore giunsero alla locanda descritta dalla donna. Il luogo era composto di alcuni edifici circondati da giardini. Erano ricoveri per il pernottamento. Vi si scorgevano anche alte masse d'arboscelli di erbe terapeutiche nel lato sud della foresteria. La Vergine discese dall'asino, che era condotto per la cavezza da Giuseppe, e si avvicinarono alla casa. Ma l'oste si scusò dicendo che la casa era già tutta occupata. Allora la Vergine si avvicinò alla moglie di costui e la pregò umilmente per il ricovero. La donna profondamente intenerita da quel contatto profondamente umano pregò il marito di aiutare quella Coppia in qualche modo. Vidi infine il padrone della locanda assegnare loro una comoda stanza in una capanna vicina. Quando costui condusse l'asino nella stalla non vidi più l'asinella, infatti durante le soste non la vedevo mai. Nella stanza, Giuseppe iniziò a pregare fervorosamente insieme alla Santa Vergine per celebrare il sabato. il loro sentimento devozionale mi commosse nella profondità del cuore. Dopo essersi ristorati, si riposarono sulle stuoie.

    56 - La Vergine istruisce i figli dell'oste - Il viaggio continua

    Sabato 17 novembre.

    Oggi ho visto la Santa Coppia trattenersi il giorno intero in questa locanda. Vidi la Vergine che aiutava i tre figli dei proprietari a leggere. Vicino a Lei c'erano anche alcune donne: la madre dei bambini e la moglie dell'oste che li aveva scacciati. Quest'ultima si era recata di nuovo in visita perché attratta dal carisma della Santa Vergine. Maria, aureolata d'amore, faceva leggere i fanciulli su piccoli rotoli di pergamena, istruendoli in un modo così gentile che i piccoli sembravano profondamente affascinati dalle sue parole. Era commovente vedere quella scena, ancor più toccante per lo spirito era sentir parlare Maria. Intanto San Giuseppe passeggiava con l'oste nei dintorni e, ammirando i prati e i giardini, discuteva di argomenti edificanti. Tale è l'uso delle pie persone in occasione della festa ebraica del sabato. La Sacra Famiglia si trattenne in questo luogo anche la notte successiva.

    Visioni del 18 novembre, domenica.

    La famiglia di quest'oste era veramente buona, si era affezionata tanto alla Santa Vergine da offrirLe ospitalità per il parto. Affabilmente i padroni della locanda le mostrarono una stanza comodissima che le sarebbe stata assegnata per il tempo del parto. La padrona offrì in modo molto cordiale ogni servizio. Ma essi rifiutarono, perché consci della missione che dovevano compiere. Il mattino seguente, quindi, si rimisero in viaggio seguendo la direzione sud-est ed allontanandosi sempre più dalla Samaria. Discendendo dal colle, scorsero il tempio sul monte Garizim che si vede anche in grande lontananza. Leoni e un'infinità di figure di animali, statue dai molteplici aspetti esposte ai raggi del sole, adornavano le terrazze superiori del monte. Sembravano custodi dell'eternità. Giuseppe e Maria viaggiarono per altre sei ore, poi presero alloggio in una ragguardevole dimora di contadini, dove furono accolti cortesemente. Questa casa era situata circa ad un'ora da Sichem nella direzione sud-est. il padrone era sovrintendente dei giardini della città che appartenevano ad alcune famiglie agiate. La dimora era posta sopra un lieve pendio. Da questo luogo a Betlemme si stendeva una catena di lunghe vallate dove vi erano disseminate numerose case di pastori. Anche qui, tempo dopo, si fermerà a predicare Gesù. Ho visto molti fanciulli che Giuseppe benedisse prima di ripartire.

    Visioni di lunedì 19 novembre.

    Vidi Giuseppe e Maria mentre percorrevano un paesaggio montuoso; spesso la Santa Vergine scendeva per camminare a piedi. Per la Madre di Dio, a causa dell'avanzata gravidanza, il viaggio era divenuto quasi impossibile. Infatti Maria si stancava presto e ogni qualvolta si presentava un luogo adatto si fermavano a riposare ed a ristorarsi. Vidi che si ristoravano spesso con quella bevanda assai rinfrescante a base di balsamo e mangiavano piccole forme di pane. Inoltre durante le numerose soste la santa Coppia si nutriva e si dissetava con la buona frutta degli alberi. Vedevo Maria sedere sulla sella senza cavalcare l'asino, ma appoggiando i piedi da un solo lato. Il movimento dell'animale era docile; in questo modo Lei poteva viaggiare nonostante fosse gravida. Spesso i santi Viandanti si bagnavano i piedi per ristorarli dalla calura e dal peso del cammino. Nell'oscurità della notte vidi Giuseppe chiedere ospitalità ad un oste. Questi, senza tenere in alcun conto le condizioni di Maria, lo trattò bruscamente mandandolo via. Furono costretti a continuare il cammino finché l'asinella si arrestò davanti ad un tugurio in cui c erano paglia e avena. Giuseppe accese la lampada e preparò un giaciglio a Maria, aiutato da lei stessa. Poi condusse dentro l'asino. La santa Coppia, dopo aver mangiato, pregò e dormi per alcune ore. Erano a ventisei ore di cammino da Nazareth e a dieci da Gerusalemme. Finora mai avevano battuto alcuna strada maestra, ma sempre seguito da vicino le carovaniere che conducevano dal Giordano alla Samaria. Le vie laterali e le scorciatoie che Maria e Giuseppe attraversarono tra i monti erano assai strette e anguste; gli asini però potevano percorrerle con destrezza.

    57 - Il viaggio si avvicina alla fine Ingresso nella grande casa del pastore

    Visioni di martedì 20 novembre.

    Lasciato questo tugurio continuarono il cammino risalendo il colle. Credo che toccassero la strada che conduce da Gabara a Gerusalemme, la quale formava il confine tra la Samaria e la Giudea. Mi sembrò che la santa Coppia fosse distante ancora molte ore da Betania quando Maria senti il bisogno di riposo e di ristoro. Giuseppe allora volse per una via laterale e andarono avanti ancora per circa mezz'ora. Giunsero così ad un bel fico, dove spesso in altri viaggi Giuseppe aveva visto accampati pellegrini e mercanti, ma lo trovarono spoglio e si sentirono molto afflitti. Così proseguirono ancora per un tratto e giunsero presto nelle vicinanze di una casa, allora Giuseppe bussò a quest'uscio e chiese ospitalità al padrone. Quest'ultimo alzò la lampada sul viso della Santa Vergine e subito beffò Giuseppe, chiedendogli se fosse per gelosia che conduceva con sé una moglie così giovane e bella in quelle condizioni. In quel momento uscì la moglie di costui e, mossa a pietà dello stato di Maria, assegnò loro cortesemente una stanza in un'ala separata della casa e portò pure dei pani perché si rifocillassero. Anche il marito, che subito dopo si era pentito per la beffa fatta, prese a trattare i santi Viaggiatori con ogni gentilezza. Il giorno seguente si rimisero in cammino, poi li vidi entrare in un altra casa abitata da giovani. Un vecchietto girava per le stanze appoggiandosi ad un bastone, nessuno si curava di loro e tutto dava un'impressione di squallore. Vidi Gesù, dopo il battesimo, che visitò la casa in cui il proprietario si era beffato di Giuseppe; Egli vide una specie di altare eretto nella stanza dove avevano dormito i suoi Genitori. Ebbi la percezione che quella famiglia avesse costruito quell'altare appena aveva appreso la meravigliosa nascita di Cristo. Il viaggio di Maria e Giuseppe si avvicinava dunque alla fine, mentre la Santa Vergine risentiva sempre più le pene fisiche della stanchezza. Invece di attraversare il deserto di Betania, via molto scomoda ma molto più breve, essi allungarono il cammino di un giorno e mezzo percorrendo le campagne poste ad oriente di Gerusalemme. Giuseppe conosceva benissimo questi luoghi poiché suo padre vi aveva posseduto i pascoli nelle vicinanze. Prodigiosamente l'asinella li aveva guidati per quest'altra strada attraverso le valli, avvicinandosi così al Giordano.

    Mercoledì 21 novembre.

    Ho veduto i santi Viaggiatori entrare in una grande casa, posta a tre ore di cammino dal luogo del battesimo di Giovanni sul Giordano e sette circa da Betlemme. Questa è la stessa dimora dove trent'anni dopo Gesù vi trascorrerà la notte dell'11 ottobre, quando si recherà a visitare il Battista dopo il battesimo. Pare che il padrone fosse assai ricco, la casa era grande, aveva annesso un cascinale e nel cortile si vedeva un pozzo. Vedevo servi andare e venire, recando cibi e radunarsi per il pasto. Il padrone accolse gentilmente i viaggiatori, si dimostrò cortese e pieno di premure verso di loro. Li fece entrare in una comoda sala ed ordinò che si avesse cura del loro asino. Un servo condusse Giuseppe al pozzo e gli lavò i piedi, poi gli diede altre vesti mentre puliva il suo abito dalla polvere. Un'ancella rendeva uguali servizi a Maria. In questo luogo la santa Coppia mangiò e trascorse la notte. La consorte del padrone aveva un carattere assai stravagante, viveva isolata in una camera. Era ancor giovane e di mentalità vana, perciò avendo veduto di nascosto i due viaggiatori, fu gelosa della bellezza di Maria. Non volle che si fermasse a lungo o partorisse in casa sua, così fece di tutto affinché i santi Viaggiatori ripartissero il giorno seguente. Vidi in quella casa anche alcuni fanciulli. Questa è la stessa donna che trent'anni dopo, l'11 ottobre, fu trovata da Gesù cieca e deforme; Egli la guarì dopo averla ammonita per la sua vanità e la sua inospitalità.

    Giovedì 22 novembre.

    Oggi, verso mezzogiorno, ho visto la santa Coppia ripartire da quella casa; alcune persone accompagnavano i due Sposi per un tratto di strada. Poche ore dopo, Giuseppe e Maria entrarono in un villaggio consistente in due lunghe file di caseggiati con cortili e giardini. I caseggiati erano attraversati da una strada molto larga. Giuseppe aveva dei parenti in questo luogo e intendeva chiedere a loro ospitalità. Appena giunti alla periferia del paese trovarono subito la grande abitazione dei parenti. Nel cortile si vedeva una grande fontana, dappertutto c'erano drappi neri e videro molti uomini riuniti certamente per una cerimonia funebre. Entrati nella casa, notarono che erano state tolte le pareti di vimini che servivano a formare altrettanti locali separati, così si aveva un solo e vasto locale, nel cui centro vi era il focolare col condotto per il fumo. Davanti al focolare era collocata qualcosa che assomigliava ad una bara avvolta in una stoffa nera. Numerose persone erano intorno a questa bara e pregavano; vestivano abiti lunghi e neri, sopra i quali avevano indossato delle camiciole bianche. I padroni erano occupati nella cerimonia e non accolsero gli ospiti, i servi però andarono loro incontro e usarono ogni riguardo specialmente con Giuseppe. Solo alcune ore dopo la famiglia, senza più indosso le camiciole bianche, si recò a visitare Maria e Giuseppe e si intrattenne amichevolmente con loro; presero tutti insieme qualche ristoro, pregarono e poi andarono a dormire.

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    00 03/01/2013 00:28

    58 - L'ultimo tratto di cammino - L'arrivo a Betlemme

    Visioni di venerdì 23 novembre.

    Oggi, verso mezzogiorno, ho visto Giuseppe e Maria riprendere il cammino alla volta di Betlemme. La padrona della grande casa voleva intrattenere Maria perché era sicura che il momento del parto era prossimo; si preoccupava perché a Betlemme la Vergine certamente non avrebbe trovato alloggio a causa del censimento. Allora Maria disse che dovevano andar via senza indugio per motivi personali e che mancavano solo trentasei ore all'Evento. Quindi partirono. Vidi che Giuseppe prima di accomiatarsi parlò con il parente dell'asinella; gli disse qualcosa per giustificare il motivo per cui l'aveva portata con sé. Giuseppe era convinto, a torto, di trovare buona accoglienza a Betlemme perché aveva qui molti amici. Anche la gente più santa può sbagliarsi sulla realtà della vita! Il sole illuminava il colle tra Betania e Gerusalemme, il tempo era magnifico e per niente freddo. Vidi Maria scendere dall'asino per porsi in ordine le vesti, quando si trovarono alle porte di Betlemme dalla parte di ponente. La santa Coppia entrò in un grande edificio affollato che era posto a pochi minuti fuori dalla città. Davanti al medesimo vidi molti alberi e numerose tende dei nuovi arrivati. Quel palazzo era l'antica dimora davidica ed era appartenuto al padre di Giuseppe, vi abitavano ancora i parenti che trattarono Giuseppe freddamente, come uno straniero. Questo palazzo era stato fissato dalle autorità romane come sede per il pagamento dell'imposta. Giuseppe si fece annunciare ed ottenne un permesso per entrare in città. Vidi che teneva l'asino per la briglia, e Maria gli camminava a fianco, l'asinella non la vedevo più.

    Dopo qualche pausa, l'estatica così riprese:

    "L'asinella non li accompagnava più, adesso la vedo, corre sola nella città dalla parte di mezzogiorno dirigendosi verso una valle. Mentre Giuseppe entra nel palazzo per sbrigare le formalità del censimento, vedo Maria recarsi in una piccola casa ed intrattenersi con delle donne che la trattano cortesemente e le offrono del cibo. Le donne stanno preparando il cibo ai soldati... sono romani, li riconosco dalle corregge di cuoio che scendono sul mento. Il palazzo conta molte sale che sono piene di scrivani ed impiegati fra i quali alcuni di alto livello, romani e giudei. Nelle sale superiori vi sono solo romani, per la massima parte militari. Vedo Giuseppe che è in una grande sala ai piani superiori, gli domandano il nome, poi guardano in lunghe pergamene di cui numerose sono appese alle pareti. Infine spiegano sul lungo tavolo alcuni di questi rotoli e gli leggono l'elenco della famiglia cui appartiene, poi gli leggono anche la stirpe di Maria". Mi parve che Giuseppe non sapesse che Maria discendeva, come figlia di Gioacchino, dalla famiglia di Davide, e che egli stesso derivasse da un anteriore ramo davidico. Quell'impiegato gli disse che per il censimento non era necessaria la presenza della consorte. Egli non pagò imposte, perché quando fu interrogato dichiarò che non possedeva né case e neppure campi ma che viveva del proprio lavoro artigianale e di un sussidio che riceveva da sua suocera. Dopo altre dichiarazioni e trascrizioni, vidi Giuseppe lasciare la sala. Scese le scale ed incontrò in una stanza a pianterreno la Santa Vergine che, nonostante quanto avesse detto l'impiegato, era stata chiamata da uno scrivano. Mi parve che gli impiegati si beffassero di Giuseppe, confrontando la sua età con quella della giovane consorte gravida. Il sant'uomo si vergognava molto per queste offese, egli temeva che Maria notasse come nel suo paese natio fosse così poco rispettato. Poi vidi il numero sette, prima cinque dita e poi subito dopo due, compresi interiormente che il censimento e le imposte furono assai disordinate per sette anni a causa delle agitazioni popolari.

    59 - La Grotta del Presepio

    Entrarono quindi a Betlemme attraverso un muro diroccato. Vidi che Maria si era fermata con l'asino all'inizio della strada mentre Giuseppe cercava alloggio tra le prime case del luogo, ma anche questa volta senza ottenere alcun risultato. Betlemme in quei giorni brulicava di stranieri. Andarono verso il centro, per le contrade, e dall'altra parte del paese, ma ogni sforzo fu vano. Maria attendeva paziente con l'asino per molto tempo all'angolo delle strade, mentre Giuseppe faceva ritorno da Lei ogni volta sempre più scoraggiato. Vidi la Santa Vergine che camminava al fianco di Giuseppe mentre l'asino veniva condotto per la briglia da lui, poi giunti ad un certo punto si diressero verso il lato sud di Betlemme. La contrada sembrava più una via di campagna che una strada di città, le case erano costruite sulla sommità delle piccole colline che costeggiavano la via stessa. Anche in questo luogo periferico la ricerca di un alloggio fu vana. Tutti i conoscenti, gli amici ed i parenti, sembravano non riconoscere più Giuseppe. Anzi, quand'egli li implorava chiedendo asilo per Maria, vidi che questa gente si inaspriva e diventava ancor più dura. Costoro non sapevano che scacciavano il Redentore, la Grazia dell'umanità! La santa Coppia si mosse allora verso un altro quartiere, arrivarono in un luogo aperto, un grande piazzale dove le case erano disseminate dappertutto. Al centro vi si vedeva un albero assai grande, che simile ad un tiglio diffondeva un'ombra spaziosa. Giuseppe sistemò la Santa Vergine sotto quest'albero, preparandole con i ramoscelli una specie di sedile. L'asino fu legato con il capo rivolto al tronco. Così egli continuò la ricerca di ospitalità nelle case dei dintorni. Maria, rimasta sola, fu presto oggetto di curiosità da parte dei passanti. Molte persone si erano fermate a guardarla, attratte da quella santa bellezza e dal contegno umile e fiducioso della Vergine; appariva affaticata, ma tranquilla e paziente. La Madonna era seduta sulle proprie ginocchia piegate all'insotto, aveva il capo chinato e teneva le mani congiunte sul petto in attesa della volontà del Signore. La candida e lunga veste senza legacci o cinture le scendeva libera fin sotto i piedi, un bianco velo le copriva il capo. Qualcuno, spinto dal forte curiosità, giunse perfino a domandarLe chi fosse. Giuseppe frattanto era tornato ancora una volta sfinito, addolorato e pallido in volto: tutti gli avevano negato un alloggio, anche chi lo conosceva e si ricordava di lui. Vidi il sant'uomo scoppiare in lacrime. Perdute anche le ultime speranze di trovare una sistemazione a Betlemme, la santa Coppia iniziò a pensare di uscire dalla città. L'unica soluzione fu quella di cercare alloggio in un ricovero di pastori dove Giuseppe si era nascosto nella sua gioventù. Si misero quindi di nuovo in cammino, e questa volta verso oriente. Uscendo da Betlemme presero un sentiero solitario che volgeva a sinistra. Il sentiero era fiancheggiato da mura, fosse e bastioni diroccati. Dopo essere saliti su un colle, scesero dal pendio e raggiunsero una prateria amena su cui crescevano diversi alberi. Questa prateria si trovava appena fuori di Betlemme, dalla parte di levante, e terminava con una collina circondata da una specie di antica muraglia. Sul campo verdissimo vi erano abeti, pini, cedri e terebinti, ne vidi anche altri dalle foglie piccole come il nostro albero cosiddetto "semprevivo". Il paesaggio era tipico della periferia di un piccolo borgo di campagna. Sul versante meridionale delle colline, ai piedi di una di esse, si snodava un sentiero tortuoso che conduceva verso l'alto, qui si trovavano numerose caverne tra cui anche quella che Giuseppe conosceva e dove aveva pensato di alloggiare con la Santa Vergine. La caverna, scavata nella parete rocciosa dei monti, era alquanto profonda. Dalla parte settentrionale iniziava con uno stretto corridoio di pareti rocciose e finiva all'interno in modo molto irregolare: per una metà con uno spazio mezzo rotondo e per l'altra angolare, le cui estremità mostravano tre angoli che finivano sul versante meridionale. La caverna era rocciosa ed era rimasta naturale e grezza; solo dalla parte meridionale, dove la via dava sulla valle dei pastori, alcune parti delle pareti erano state rafforzate o direi rifinite come un muro rudimentale. Sempre da questo lato vi era un'altra entrata otturata da grosse pietre. Giuseppe liberò quest'ingresso e lo restituì all'antica funzione. Sul lato sinistro di quest'accesso, si affacciava un'altra caverna dall'ingresso più largo della prima, il quale immetteva in un profondo e angusto tugurio, in posizione sottoelevata a quella del Presepio. L'ingresso settentrionale della Grotta del Presepio, quello usato normalmente dai pastori nel periodo estivo e primaverile, si affacciava su alcuni tetti e torri della periferia di Betlemme. Da questo lato, a destra della grotta, si trovava ancora un'altra caverna profonda in cui l'oscurità era l'assoluta padrona e nella quale vidi una volta la Santa Vergine nascondersi. Dalla parte meridionale la grotta aveva tre aperture in alto che servivano a dare aria e luce all'interno. La pianta della Grotta del Presepio potrebbe paragonarsi ad una testa umana col relativo collo. Vidi una specie di piccolo locale laterale dove Giuseppe soleva accendere il fuoco per gli usi quotidiani. Verso il lato di settentrione era stato scavato nella rupe un locale adibito a stalla, largo abbastanza per l'asino; era pieno di avena, di fieno e di altri foraggi per gli animali. Quando la "Luce dell'universo" fu partorito dalla Santa Vergine, e giunsero i Magi ad offrirLe i doni, Maria era assisa davanti al presepe con il bambino Gesù alla parete di mezzogiorno. Giuseppe si era costruito per sé una piccola stanza con tavole di vimini vicino all'ingresso che aveva riaperto. Lungo la parte meridionale della grotta, la via volgeva verso la valle dei pastori e si vedevano numerose case, sparse per le colline e sulla distesa dei campi. La collina dove si trovava la grotta, era costeggiata da una valle profonda, larga circa un quarto d'ora di cammino. Sul pendio della medesima vi erano cespugli, alberi, giardini e immensi prati. Attraversando un ruscello, che scorreva in mezzo all'erba rigogliosa del prato, e scendendo in direzione sud-est dalla Grotta del Presepio, si arrivava ad un'altra grotta chiamata comunemente Grotta del Latte o della nutrice, perché vi era stata sepolta la nutrice di Abramo, Maraha. In questa trovò rifugio in varie occasioni la Santa Vergine col bambino Gesù. Al disopra vi era un grande albero che dominava Betlemme. Nell'antica caverna accaddero vari avvenimenti al tempo dell'Antico Testamento, così vidi che Eva vi concepì e generò Seth, il figlio della promessa, dopo aver trascorso sette anni in penitenza. Fu in questo medesimo luogo che l'Angelo disse ad Eva che Dio le accordava Seth, quasi per consolarla del perduto Abele. Fu anche qui che Seth venne nutrito e allevato, mentre i fratelli lo perseguitavano, come fecero con Giuseppe gli altri figli di Giacobbe. Ho visto spesso che nei tempi primitivi, qui intorno gli abitanti delle caverne erano soliti scavare degli spazi appositi in cui dormivano con i loro fanciulli sull'erba o sulle pelli di animali. Nelle mie meditazioni vidi Gesù che, subito dopo il battesimo, visitò la Grotta del Presepio dov'era nato. Era un sabato ed il Signore ne celebrava il ricordo. I pastori l'avevano tramutata in luogo di preghiera; Egli disse loro che questo santo luogo era stato fissato dal Padre Celeste quando nacque la Vergine Santissima.

    60 - La "Grotta del Latte o dei lattanti"

    Abramo aveva avuto come nutrice una donna che egli venerava molto, si chiamava Maraha. Costei raggiunse un'età molto avanzata e seguiva sempre Abramo sul cammello quand'egli si recava da un luogo all'altro. Fu in Sukkoth che Maraha passò gran parte della sua esistenza presso Abramo; trascorse il resto della vita nella valle dei pastori quando Abramo eresse le sue tende nelle vicinanze di queste caverne. Maraha aveva oltre cento anni, e quando giunse il momento di transitare all'altra vita chiese di essere sepolta in una caverna che chiamò con il nome di Grotta del Latte o dei lattanti. La caverna della tomba della nutrice era in una relazione biblica con la Madre del Salvatore che pure allattava il neonato mentre era perseguitata ed inseguita. Infatti anche nella storia dell'infanzia di Abramo si fa menzione alla persecuzione, per salvarlo dalla quale Maraha lo aveva trasportato nella caverna. Vidi il re del paese di Abramo che sognò, o apprese dalle profezie, che sarebbe nato un fanciullo per lui pericoloso, allora diede gli ordini necessari per prevenire ogni danno contro la sua potenza. Per questo motivo la gravidanza della madre di Abramo rimase segreta e partorì in questa caverna, il bambino rimase poi nascosto con la nutrice Maraha. Costei visse come povera schiava, lavorando in solitudine presso la caverna in cui allattava Abramo. Quando i genitori ripresero il loro fanciullo, lo trovarono forte e robusto. Divenuto giovinetto, le sue espressioni e il suo modo di agire meraviglioso diedero adito a forti sospetti da parte degli emissari del re. Maraha dovette allora fuggire di nuovo nascondendo Abramo sotto il suo ampio mantello. Fu ricercato in ogni luogo e numerosi giovinetti della sua età vennero trucidati senza pietà. Fin da quei tempi remoti questa grotta diventò un luogo devozionale, specialmente per le madri che avevano lattanti e volevano chiedere per essi una grazia. Più tardi, esse venerarono nella nutrice di Abramo il simbolo della Santa Vergine nel modo stesso in cui Elia, scorgendola nella nube gravida d'acqua, fece erigere sul Carmelo un luogo di preghiera. Maraha dunque, allattando il fondatore della stirpe della Madonna, aveva cooperato alla venuta del Messia. Vidi un pozzo profondo nelle vicinanze della grotta in cui si attinse finché ne sgorgò un'acqua limpidissima. Al di sopra della grotta cresceva un albero meraviglioso, assomigliava ad un tiglio che spargeva un'ombra spaziosa, aguzzo in cima e largo alla radice. Questo era probabilmente un terebinto grosso e antico che produceva della frutta oleosa gradita al palato. Vidi Abramo e Melchisedeck sotto quest'albero. I pastori, i viaggiatori, ed in generale tutto il popolo, tenevano in gran venerazione l'albero e spesso si radunavano sotto il suo fresco fogliame, sia per riposare che per pregare. Mi sembra di aver visto una volta che l'albero ha qualche relazione con Abramo, o forse lo ha piantato egli stesso. Presso il terebinto si usava accendere il fuoco che si copriva con le pietre; solo in una determinata stagione i pastori potevano attingere dal pozzo l'acqua considerata santa. Ai due lati si vedevano delle capanne libere per chi voleva trascorrervi la notte. Una siepe circondava l'albero, il pozzo e le capanne.

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    00 03/01/2013 00:29

    61 - La Sacra Famiglia si stabilisce nella grotta

    Venerdì 23 novembre.

    Il sole calava già all'orizzonte quando Maria e Giuseppe giunsero alla grotta; vi trovarono l'asinella che saltellava lietamente davanti all'ingresso. Maria allora disse al suo sposo: "Ecco, certamente è il volere del Signore che noi alloggiamo qui". Ma Giuseppe era sconsolato ed afflitto perché era stato molto deluso dalla cattiva accoglienza che aveva trovato a Betlemme. Dopo aver sistemato l'asino sotto la tettoia dinanzi all'entrata della caverna, Giuseppe preparò un sedile provvisorio per la sua diletta consorte. L'ingresso era assai angusto, quasi occupato da ramoscelli e da paglia al di sopra dei quali pendevano stuoie di colore scuro, così anche all'interno impedimenti di vario genere erano d'ostacolo ed impedivano un minimo di vita in quel luogo. Allora Giuseppe incominciò a ripulire la grotta nel modo migliore; prima però appese la lanterna alla parete per diradare l'intensità delle tenebre. Quindi fece stendere la sua diletta sposa sul letto di ramoscelli, foglie e coperte, appena preparato nella parte di mezzogiorno. Il sant'uomo si sentiva profondamente umiliato e si scusava ancora per il cattivo alloggio. Maria, al contrario, era intimamente lieta e piena di speranza. Mentre la Vergine Santa riposava, Giuseppe prese un otre di cuoio e si recò dietro la collina, ad un ruscelletto che attraversava il prato. Dopo aver riempito l'otre sul fondo del ruscello ritornò alla grotta. Quindi andò in città a fare acquisti. Si avvicinava la solennità del sabato, in città le vie formicolavano di forestieri e, per meglio soddisfare il bisogno di tante persone, agli angoli delle strade erano stati collocati dei tavoli carichi di alimenti. Vidi Giuseppe sulla strada del ritorno, tra gli acquisti che egli aveva fatto notai una cassetta metallica chiusa da inferriate che portava appesa ad un bastone; conteneva carboni ardenti. Appena entrato, accese con questi un piccolo fuoco nella parte settentrionale della grotta. Preparò quindi una specie di pasta e cucinò un grande frutto che conteneva molti granellini; mangiarono anche dei pani. Più tardi si dedicarono a lunghe preghiere. Vidi Giuseppe mentre cercava di sistemare in modo migliore il giaciglio della Santa Vergine: sopra una strato di ramoscelli stese una di quelle coperte fatte nella casa di Anna; poi sotto il capo le pose un tappeto arrotolato. Infine portò l'asino nella grotta e lo legò, poi chiuse l'ingresso con un telo di vimini; quindi il sant'uomo preparò il suo giaciglio vicino all'entrata. Il sabato era incominciato e la santa Coppia aveva ripreso a pregare; in modo edificante presero un po' di cibo. Vidi Maria avvilupparsi nel suo mantello e pregare in ginocchio, mentre Giuseppe si assentava dalla grotta. Dopo la preghiera, Maria si stese sul letto girandosi sopra un fianco con la testa appoggiata al braccio. Giuseppe non ritornò che tardi, a notte fonda. Pregò umilmente e si coricò sul suo giaciglio, mi parve che piangesse.

    62 - Maria Santissima trascorre le ultime ore del sabato nella caverna di "Maraha"

    Sabato 24 novembre.

    La Santa Vergine trascorse il sabato nella caverna, assorta in uno stato contemplativo di preghiera. Giuseppe, invece, uscì alcune volte, probabilmente per recarsi alla sinagoga di Betlemme. Li vidi mangiare una parte del cibo preparato il giorno precedente, poi ricominciarono a pregare. Dopo il pranzo, l'ora cioè del sabato che i Giudei usano consacrare alla passeggiata, Giuseppe condusse la Vergine nella valle situata dietro la Caverna del Presepio, dove si trova la grotta di Maraha. Si fermarono così in questa grotta che è più spaziosa di quella del presepio; qui Giuseppe preparò una specie di sedia alla sua sposa. Il restante del tempo lo impiegarono nella preghiera e nella meditazione sotto l'albero sacro. Quando calò la sera Giuseppe e Maria ritornarono alla loro abitazione. Allora la Santa Vergine annunciò al suo sposo che a mezzanotte si sarebbero compiuti i nove mesi dal momento in cui fu concepito il Santo Figlio e l'Angelo l'aveva salutata Madre di Dio. Ciò detto, Maria pregò Giuseppe di fare da parte sua tutto quanto fosse possibile affinché il Fanciullo promesso da Dio e concepito in modo soprannaturale venisse ricevuto con tutto l'onore possibile. Inoltre lo esortò ad unirsi a Lei nelle preghiere ardenti per intercedere la misericordia di Dio verso quei duri di cuore che le avevano negato l'ospitalità. La Santa Consorte respinse l'offerta di Giuseppe di chiamare in aiuto due pie donne di Betlemme rifiutò dicendo che non aveva bisogno di aiuto umano. Giuseppe si recò in città per fare altri acquisti, nonché uno sgabello, frutta secca, pani e dell'uva appassita, poi ritornò alla Grotta del Presepio dove trovò la Santa Vergine distesa sul suo giaciglio. Giuseppe cucinò, e così pregarono e mangiarono in comunione. Siccome il momento del prodigioso evento si avvicinava, il sant'uomo separò la propria cella dal resto della grotta; questo lo fece con alcuni pali ai quali appese delle stuoie. Poi diede da mangiare all'asino che aveva legato vicino alla porta. La Santa Vergine gli disse che il momento era ormai prossimo e che desiderava rimanere sola, perciò lo pregò di rinchiudersi nella propria cella. Prima di ritirarsi Giuseppe accese altre lampade per tenere illuminato l'ambiente; intese allora un rumore fuori della grotta e si affrettò a vedere cosa fosse: vide che era ritornata l'asinella la quale saltellava gioiosa come se annunciasse l'Evento. Giuseppe, sorridendo, la legò sotto la tettoia e le diede da mangiare. Appena rientrato, il sant'uomo fu avvolto da una luce celeste soprannaturale. Allora vide la Madonna genuflessa e aureolata di raggi luminosi; pregava in ginocchio sul suo giaciglio col viso rivolto ad oriente e la schiena verso l'ingresso. La caverna era interamente illuminata da questa luce intensa. Giuseppe contemplò la scena come una volta Mosè aveva fatto con il roveto ardente; poi, entrato con santo timore nella cella, si gettò proteso sul terreno e si immerse nella preghiera più devota.

    63 - La Nascita di Cristo

    Lo splendore che irradiava la Santa Vergine diveniva sempre più fulgido, tanto da annullare il chiarore delle lampade accese da Giuseppe. La Madonna, inginocchiata sulla sua stuoia, teneva il viso rivolto ad oriente. Un'ampia tunica candida priva di ogni legame cadeva in larghe pieghe intorno al suo corpo. Alla dodicesima ora fu rapita dall'estasi della preghiera, teneva le mani incrociate sul petto. Vidi allora il suo corpo elevarsi dal suolo. Frattanto la grotta si illuminava sempre più, fino a che la Beata Vergine fu avvolta tutta, con tutte le cose, in uno splendore d'infinita magnificenza. Questa scena irradiava tanta Grazia Divina che non sono in grado di descriverla. Vidi Maria Santissima assorta nel rapimento per qualche tempo, poi la vidi ricoprire attentamente con un panno una piccola figura uscita dallo splendore radioso, senza toccarla, né sollevarla. Dopo un certo tempo vidi il Bambinello muoversi e lo udii piangere. Mi sembrò che allora Maria Santissima, sempre Vergine, ritornando in se stessa, sollevasse il Bambino e l'avvolgesse nel panno di cui l'aveva ricoperto. Alzatolo dalla stuoia, lo strinse al petto. Sedutasi, la Madonna si avvolse col Fanciullo nel velo e col suo santo latte nutri il Redentore. Vidi una fitta schiera di figure Angeliche nelle spoglie umane genuflettersi al suolo e adorare il Neonato divino; erano sei Cori angelici entro un alone di fulgida luce abbagliante. Un'ora circa dopo il parto, Maria chiamò Giuseppe, che se ne stava ancora assorto nella preghiera. Lo vidi avvicinarsi e protendersi umilmente, mentre guardava in modo gioioso e devoto il Bambino Divino. Solo quando la santa Consorte gli ripetè di stringere al cuore con piena riconoscenza il dono dell'Altissimo, egli prese il Bambino tra le braccia e lodò il Signore con lacrime di gioia. La Vergine allora avvolse il Bambinello nei pannolini, vidi che lo ricoprì dapprima con un panno rosso, poi lo avvolse in uno bianco fino alle ascelle, mentre avvolse la testolina in un altro ancora. La Madonna aveva con sé solo quattro pannolini. Vidi allora Maria e Giuseppe seduti al suolo; non parlavano ma parevano assorti nella meditazione. Bello e raggiante vidi il Santo Neonato tutto fasciato disteso sulla stuoia, mentre Maria lo contemplava. A quella vista esclamai: "Questo Corpicino è la salvezza dell'universo intero". Poco dopo la santa Coppia pose il divino Neonato nella mangiatoia, che era stata riempita di ramoscelli e di fini erbette, e Gli adagiarono una coperta sul corpicino. Deposto il Bambino in questa culla, che si trovava più in basso del posto dove era stato partorito, la santa Coppia pianse di gioia e cantò le lodi del Signore. Giuseppe dispose il giaciglio e la seggiola della Santa Vergine vicino al presepe. Vidi Maria Santissima, prima e dopo il parto, sempre velata e biancovestita; nei primi giorni, subito dopo l'Evento, stava seduta o inginocchiata, dormiva su un fianco e mai la vidi ammalata o affaticata. Quando qualcuno veniva a visitarla si velava ancor più accuratamente e se ne stava diritta sul posto dove era avvenuta la santa Nascita.

    64 - Gli Angeli annunciano la Nascita del Signore ai pastori - Movimento ed emozione negli uomini e nella natura - La torre dei pastori

    In queste immagini del Natale di Cristo vidi vivere nella stessa notte quei simboli antichi pieni di significati meravigliosi. Vidi che un insolito movimento regnava nella natura, negli uomini e in molti luoghi del mondo. Dappertutto si manifestava un'eccezionale energia emozionale. I simboli cosmici del Natale della Luce del mondo scesero nella coscienza e nei cuori di molti uomini. I cuori di tutta la gente buona furono commossi dalla lieta attesa, quelli dei malvagi invece furono riempiti di timore. Anche gli animali si sentirono turbati soavemente dalla lieta attesa. In molti luoghi vidi nascere fiori, erbe e virgulti dal terreno; vidi gli alberi rinfrescati diffondere un dolce olezzo; vidi dal suolo scaturire molte nuove fonti d'acqua cristallina che scorrevano copiose. Nello stesso momento in cui nacque il Salvatore, nella caverna posta più a meridione di quella del presepio scaturì una ricca fonte; il giorno seguente San Giuseppe ne scavò un canale per dare all'acqua il suo corso. Sopra Betlemme il cielo era triste e di color rossiccio, ma sopra la Grotta del Presepio, la caverna di Maraha e la valle dei pastori, si stendeva una nebbia luminosa. Nella valle dei pastori, ad un'ora e mezzo di cammino dalla grotta, cominciavano i colli vitiferi che si estendevano fino a Gaza. Sui medesimi si trovavano le abitazioni di tre capi dei pastori, come i tre Magi erano capi di tre tribù. Ad una certa lontananza dalla Grotta del Presepio vi era la torre dei pastori: in mezzo al fogliame delle alte piante, si alzava un'impalcatura gigantesca di travi combinate in forma piramidale. La torre era il punto di congiungimento per tutti i pastori della regione; aveva una scala e delle gallerie. Era fornita di piccole vedette simili alle torrette delle guardie, e molte stuoie ne coprivano i lati. Questa torre aveva alcune similitudini con quella dei tre Magi su cui si usava di notte contemplare gli astri; vista da lontano la torre di vedetta dei pastori sembrava quasi una nave alta, munita di molti alberi con le relative vele. Dalla torre si godeva il panorama generale dei dintorni, si vedevano Gerusalemme ed il monte della tentazione, presso Gerico. I pastori vi tenevano delle vedette per poter controllare gli armenti, e poterli ritirare prontamente al suono del corno quando vi era il pericolo dell'assalto dei predoni o di qualche popolazione nemica. Le singole famiglie dei pastori abitavano non lontano dalla torre; le loro case erano circondate da campi e da giardini. Lungo il colle erano state erette delle capanne, in una molto più grande delle altre e suddivisa con vari tramezzi, abitavano le consorti dei guardiani, che preparavano le vivande. Stanotte ho visto vicino alla torre le greggi sparse qua e là sotto il cielo aperto, mentre sul colle dei pastori gli armenti erano al coperto sotto una capanna. La notte santa era particolarmente immersa nel silenzio stellato; vidi una nube luminosa calare su tre pastori mentre osservavano ammirati la bellezza del cielo. Contemporaneamente udii levarsi nelle immensità del silenzio notturno un canto dolce e tranquillo. Sul principio i pastori si spaventarono di fronte a quelle manifestazioni, ma ben presto un Angelo apparve loro e così li tranquillizzò: "Non temete! Io vi reco una lieta novella che rallegrerà tutto il popolo, poiché oggi è nato il vostro Salvatore nella città di Davide, il Cristo, il Signore. Voi lo riconoscerete nel Bambino che avvolto in miseri panni giace in un presepio. Mentre l'Angelo così parlava, lo splendore circostante cresceva sempre più, ed allora scorsi sei o sette graziose figure di Angeli luminosi apparire ai pastori. Tenevano nella mano una specie di lungo nastro o pergamena, sulla quale in lettere grandi, quasi tutte come un palmo della mano, stavano scritte alcune parole. Si levò poi un canto magnifico e così udii: "Sia gloria a Dio nel più alto dei cieli, e pace in terra agli uomini di buona volontà". Poco dopo anche i pastori di guardia alla torre ebbero la stessa apparizione, e così pure altri, i quali stavano raccolti intorno ad una fontana distante tre ore da Betlemme. I tre pastori, dopo la visione degli Angeli, non si avviarono immediatamente al presepio da cui erano lontani circa mezz'ora, né vi andarono quelli della torre, i quali avevano da percorrere un doppio cammino; ma tutti preferirono raccogliersi in consiglio e discutere quali doni dovessero portare al Neonato. Quando decisero di comune accordo che doni portare al prodigioso Bambino, allora si affaccendarono per procurarli con ogni sollecitudine. I pastori giunsero al presepe il mattino presto.

    65 - La Nascita di Cristo viene annunciata nel mondo antico: a Gerusalemme, a Roma e in Egitto

    Noemi, la maestra della Santa Vergine, Anna la profetessa, il vecchio Simeone, la madre Anna ed Elisabetta di Juta, ebbero tutti delle rivelazioni concernenti la nascita del Messia. Il fanciullo Giovanni fu subito commosso e invaso da profonda gioia. Tutti ebbero una visione in cui videro Maria, ma nessuno sapeva dove si era compiuto l'Evento meraviglioso. Solo Anna sapeva che Betlemme era il luogo della salvezza. Vidi che tutti gli scritti dei sadducei, uscendo dalle custodie, si spargevano al suolo. I sadducei, spaventati, attribuirono l'avvenimento alla stregoneria e pagarono affinché il fatto rimanesse segreto. Durante la notte ebbi delle visioni su alcuni avvenimenti a Roma collegati con la nascita del Signore. Nello stesso momento in cui nacque Gesù, in un quartiere della città dove abitavano molti Giudei, improvvisamente zampillò una fonte di olio nero; tutti ne rimasero fortemente impressionati. Contemporaneamente un idolo magnifico di Giove si frantumò sotto il crollo del tetto di un tempio romano. I sacerdoti, spaventati da questo nefasto avvenimento, offrirono molte vittime agli dei del tempio. Poi interrogarono un altro idolo (credo fosse la statua di Venere) chiedendogli perché fosse avvenuto questo prodigio, la statua rispose loro: "Tutto questo avviene a Roma perché una Vergine ha generato un figlio concepito senza opera d'uomo". I sacerdoti atterriti da questa notizia, andarono a consultare i loro libri e ricordarono che settant'anni prima quell'idolo, adorno d'oro e di pietre preziose, era stato messo nel tempio; gli furono offerte vittime con grande solennità. In quel tempo viveva a Roma una profetessa assai religiosa, Serena o Cyrena, credo fosse una Giudea. Aveva delle visioni e prediceva il futuro, sapeva spiegare il motivo della sterilità di diverse donne, e godeva di buona considerazione. Aveva dichiarato pubblicamente che non era giusto tributare all'idolo onori così dispendiosi perché un giorno si sarebbe frantumato in mille pezzi. I sacerdoti la fecero rinchiudere in una prigione dove la torturarono perché non aveva saputo dire loro quando sarebbe avvenuto il triste evento. La veggente allora pregò Dio affinché le suggerisse la risposta, seppe così che l'idolo si sarebbe frantumato quando una Vergine immacolata avrebbe generato un figlio per volere divino. A tale rivelazione, i sacerdoti tacciarono per pazza Serena e la allontanarono. Quando il tetto del tempio crollò, spaccando la statua in mille pezzi, i sacerdoti si resero conto tristemente che la donna aveva detto il vero. Vidi l'imperatore Augusto sulla cima di una collina a Roma, circondato da altre persone. Al suo lato scorsi il tempio crollato. Vidi pure alcune scale che conducevano alla vetta di un monte dove si trovava una porta d'oro. Era quello il luogo dove si decidevano gli affari più importanti dello stato. Mentre l'imperatore scendeva dal monte, ammirò in cielo alla sua destra un'apparizione. Vide una Vergine seduta su un arcobaleno che stringeva al petto un Bambinello. Credo che il simbolo fosse veduto dal solo Augusto. Consultato un oracolo per conoscere il significato di tale apparizione, l'imperatore apprese che era nato un Fanciullo divino dinanzi al quale tutti dovevano cedere. Subito Augusto fece innalzare un altare sul luogo dove gli era apparso il simbolo, e con molta pompa si dedicarono numerosi sacrifici sull'ara del "Primogenito di Dio". Anche in Egitto si verificò un avvenimento testimoniante la nascita di Cristo: un idolo immenso, non lontano da Maratea e Menfi, era ammutolito e non dava più oracoli. Allora il sovrano dell'Egitto comandò che in tutto il paese fossero elevati grandi sacrifici affinché l'idolo spiegasse la causa del cambiamento. Così il feticcio fu costretto da Dio a dire che si era piegato alla potenza del Figlio nato da una Santa Vergine. Inoltre egli aggiunse che in quel luogo si sarebbe dovuto erigere un tempio dedicato al Figlio del vero Dio. Il re osservò la volontà dell'idolo e fece costruire il tempio. Infine vidi che il feticcio venne abolito dal loro culto e si tributò il culto devozionale alla Vergine col Bambino; però nel senso pagano. Quando Gesù bambino, vestito della santa Luce di Dio, fu accolto dalla Vergine Maria, i Re Magi colsero il simbolo di questa Nascita ed ebbero la sua meravigliosa visione mentre scrutavano i segreti del cielo. I Magi erano astronomi e avevano sulla cima di un monte una torre piramidale di legno per studiare i movimenti stellari. Uno di essi era di vedetta fissa sulla sommità di questa torre per osservare le stelle insieme con i sacerdoti. Ho visto spesso due Re scrutare il cielo e comunicarsi vicendevolmente le varie osservazioni; l'altro abitava in un paese lontano, posto a mezzogiorno del Mar Caspio. I Magi contemplavano in particolare un astro, dalle cui relative alterazioni o cambiamenti, sviluppavano la teologia del firmamento stellato. Questa notte ho visto il simbolo da loro tanto atteso, il quale era costituito di vari movimenti degli astri. Non si trattava di una sola stella, bensì di una costellazione. Vidi un bell'arcobaleno dove stava assisa la Vergine; posava il piede sulla mezzaluna, alla sua destra apparve un ceppo di vite e alla sinistra un fascio di spighe. Dinanzi alla Vergine emerse un calice simile a quello dell'ultima Cena. Dal suo interno vidi sporgere un Bambino aureolato di raggi luminosi come quelli del Santo Sacramento; questi raggi si diramavano in tutte le direzioni. Vidi i due Magi venire a conoscenza della santa Nascita avvenuta in Giudea. Il terzo, che abitava nel paese lontano, ebbe anch'egli la visione del santo Evento. Allora i Re, mossi dall'indicibile gioia, radunarono i tesori ed una quantità di doni ed intrapresero il viaggio per rendere omaggio al Redentore dell'umanità. Dopo pochi giorni il terzo Re raggiunse gli altri due e così continuarono il viaggio insieme. La lunga attesa del Messia era finalmente terminata; spesso li avevo visti sulla torre ad osservare le stelle e a contemplarne i simboli.

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    00 03/01/2013 00:30

    I SANTI RE MAGI

     

    Secondo gli studiosi biblici incerto ancora sarebbe il numero dei Magi e leggendario il carattere regale. I nomi attribuiti loro dalla tradizione popolare compaiono solo verso il VI secolo e sono: Gaspare, Melchiorre e Baldassare. Il primo arabo, il secondo persiano e il terzo indiano. Storicamente i Magi sono i sacerdoti del mazdeismo; si pensa che essi ne furono addirittura gli stessi fondatori. La condizione sacerdotale raggiunta mediante un rito sacrificale avrebbe conferito loro poteri supernormali. Il nome "Magi" deriva da "maga", attribuito ai greci che, quando entrarono in contatto con i persiani, li definirono appunto come "magici" (da maghiskos). Alcuni scrittori cristiani dell'antichità esprimono differenti pareri, collocando il paese d'origine dei Magi in Arabia, in Persia oppure in Caldea. Nel V secolo il papa San Leone presenterà i Magi come "le primizie della Gentilità" (Sermone XXXV,2). Nel corso dei primi secoli cristiani le raffigurazioni pittoriche li presentano in generale vestiti con l'abito consueto dei Persiani. Si specifica spesso il significato simbolico dei loro doni: la mirra allude alla morte o al sacerdozio, l'oro alla regalità, l'incenso alla divinità. Dalla loro comparsa ci vorranno otto secoli perché la leggenda fissi il loro numero, i loro nomi e le funzioni. In Oriente, dove lo studio in senso mitico delle stelle rimane tutt'ora molto più diffuso che in Occidente, il "Libro della Caverna dei tesori" (VI secolo) racconta che i Magi avevano visto una stella (costellazione) che raffigurava una fanciulla con un bambino che portava una corona. Andarono a cercare oro, incenso e mirra, che Adamo ed Eva avevano posto in una caverna per il giorno in cui fosse sorta quella costellazione, e partirono per Betlemme. I Magi sarebbero poi stati battezzati dall'apostolo Tommaso e lo aiutarono ad evangelizzare il loro paese. Un 'altra leggenda, di provenienza armena, precisa che essi erano tre fratelli e rappresentavano tre popoli differenti. I tre Santi Re sono invocati contro la grandine, le tempeste e i pericoli dei viaggi, contro la stregoneria e i malefici. Proteggono anche dalla febbre, dal mal di testa, dall'epilessia e dalla morte improvvisa. Secondo la Tradizione Cristiana le reliquie dei loro corpi sarebbero state conservate a Milano, poi con Federico Barbarossa sarebbero state traslate a Colonia. Nel 1903 alcune ossa dei Magi furono restituite a Milano. Questi personaggi sono ricordati incisivamente nel Vangelo di Matteo (2,1-12) come visitatori e adoratori del bambino Gesù.

    66 - Visioni di Suor Anna Caterina Emmerick degli antenati dei Santi Re, cinquecento anni prima di Cristo

    Una volta ebbi la grazia di vedere quanta misericordia ebbe Dio con i pagani. Gli antenati dei tre Re Magi, cinquecento anni prima del Natale di Cristo, erano assai ricchi e potenti, avevano riunite sotto un solo scettro numerose province. Essi abitavano in accampamenti di tende; invece l'altra tribù che viveva ad oriente del mar Caspio, aveva gli abitati di pietra perché le abitazioni erano esposte allo straripamento delle acque. Questi popoli dediti all'astronomia, avevano usanze culturali molto crudeli: immolavano i vecchi, gli storpi e perfino i fanciulli. Il rito da loro in uso era veramente orrendo: avvolgevano i bambini in una veste bianca e li ponevano in una caldaia dove li facevano cuocere. Nei tempi successivi, quando fu predetta a quei ciechi la nascita del Salvatore, tali riti tremendi furono finalmente aboliti. Tre figlie di re, dotate di spirito profetico, ebbero tutte contemporaneamente la certezza che nel futuro sarebbe sorta una stella da Giacobbe, e che una Vergine senza opera d'uomo avrebbe generato il Salvatore. Esse vestivano tuniche e lunghi mantelli, andavano predicando per quei paesi il miglioramento dei costumi ed annunciavano l'arrivo del Salvatore. Dissero inoltre che un giorno sarebbero giunti i servi del Signore ed avrebbero mostrato il vero culto da tributarsi a Dio. Predissero molte altre cose fin dopo gli avvenimenti dei nostri tempi. Le profezie delle tre vergini accennavano ad una certa costellazione ed alle alterazioni che sarebbero conseguentemente venute. Ne provenne quella costante osservazione degli astri che veniva fatta dalla sommità del colle. Seguendo le indicazioni simboliche delle costellazioni, e i vari cambiamenti stellari, i padri delle veggenti introducevano riforme e cambiamenti nel tempio, nel culto e negli addobbi. Offrivano pure sacrifici alla futura Madre del Salvatore, continuando però con il loro culto sanguinoso. Il tempio era costituito da una tenda che veniva cambiata continuamente con stoffe di diverso colore. Tra le riforme più importanti operate alla loro antica tradizione si annovera il passaggio della loro festa di riposo dal giovedì al sabato (questo fatto mi parve molto significativo). Conosco anche il nome pagano di questo giorno: tanna o tannada. Gesù venne al mondo nell'anno 3997.

    67 - Adorazione dei pastori

    Visioni di domenica mattina, 25 novembre.

    Alle primi luci dell'alba, i tre capi dei pastori arrivarono alla grotta dov'era nato Gesù portando i doni che avevano raccolto e che consistevano in animaletti somiglianti a caprioli o forse capretti, in ogni modo diversi da quelli che conosciamo noi. Avevano il collo lungo, occhi piccoli e chiarissimi, pelle finissima e corporatura snella. I pastori li conducevano legati da lunghe e sottili cordicelle. inoltre portavano sulle spalle degli uccelli uccisi e legati insieme su lunghe aste. Sotto al braccio ne portavano altri più grossi, ancor vivi. Vidi pure altri doni. San Giuseppe si affrettò ad accoglierli cordialmente: i pastori gli dissero che erano venuti ad adorare il Bambino della promessa messianica, rivelato loro dagli Angeli durante la notte. Quindi offrirono quello che avevano portato; Giuseppe accettò umilmente i doni e condusse i pastori dalla Vergine e dal bambino Gesù vicino alla mangiatoia. Quei devoti, impugnando ancora i bastoni, si genuflessero in grande umiltà, contemplando in adorazione per lungo tempo il Santo Bambino; senza poter proferire parola dinanzi a tanta magnificenza e luce. Istintivamente intonarono l'inno che avevano udito quella notte dall'Angelo ed un salmo molto bello. Quando si congedarono la Vergine porse nelle loro braccia il Bambino, ed essi, dopo averlo contemplato, glielo restituirono piangendo di gioia. Poi lasciarono la grotta commossi.

    Domenica sera, 25 novembre. La Veggente trascorse la giornata in gravi sofferenze fisiche e spirituali, appena cadde in estasi disse di essere stata trasportata in Terrasanta e di aver visto Gesù tentato dal demonio nel deserto. Quasi contemporaneamente disse di vederlo pure come neonato nel presepio venerato dai pastori della torre. Dopo aver pronunciato queste parole, l'estatica con rapidità sorprendente, si levò dal suo giaciglio e corse alla porta della sua stanza chiamando le persone che si trovavano nell'anticamera: "Venite presto! Venite ad adorare il Bambino; Egli è qui, vicino a me!". Parlando con un entusiasmo incredibile, ritornò subito a letto tutta raggiante e prese a cantare il Magnificat, il Gloria, e alcuni altri inni semplici ma dal significato commovente e profondamente mistico. Il giorno seguente con voce chiara e dai toni mielati, Suor Emmerick continuò a narrare.

    I pastori con le loro famiglie avevano recato molti doni: uccelli, uova, miele, tessuti di vari colori, fascetti di piante con grandi foglie. Queste piante avevano delle spighe ripiene di grossi grani. Vidi ancora i pastori inginocchiati dinanzi al Bambino intonare Salmi assai graditi all'orecchio, il Gloria e alcuni cantici dai versi molto brevi. Io cantai con loro: "O fanciullino, tu sei del colore della rosa e ci appari quale piccolo araldo della Salvezza". Nel congedarsi si inchinarono in religioso silenzio come se avessero voluto baciare il Santo Bambino.

    68 - I tre Pastori aiutano San Giuseppe mentre le donne essene servono la Santa Vergine

    Lunedì 26 novembre.

    Oggi ho visto i tre pastori aiutare Giuseppe a migliorare le condizioni della Caverna del Presepio ed in quelle laterali. Anche presso la Santa Vergine vidi parecchie pie donne occupate nell'aiutarla. Erano donne essene che abitavano in una valle ad oriente della Grotta del Presepio, vivevano in piccolissime grotte scavate nella rupe dove il monte scendeva più scosceso; istruivano i fanciulli della loro comunità religiosa. San Giuseppe, come sappiamo, le conosceva fin dal tempo della sua giovinezza. Le pie donne si alternavano nel cucinare, lavare i panni e servire come potevano la Santa Famiglia.

    69 - L'ancella di Anna giunge da Maria Santissima - La violenza di Erode

    Visioni di martedì 27 novembre.

    Mentre Giuseppe e Maria stavano contemplando il Bambino Divino, l'asino ad un tratto chinò il capo fino al suolo, inginocchiandosi con le zampe anteriori. A questa straordinaria devozione dell'animale, vidi la santa Coppia piangere di commozione. Alla sera, un anziano e l'ancella di Anna giunsero alla grotta, provenienti da Nazareth. Essi portarono una gran quantità di cose necessarie a Maria. Il vecchio servo, piangendo di gioia, ripartì subito per portare la lieta novella ad Anna, mentre l'ancella rimase ad aiutare la Santa Vergine.

    Mercoledì 28 novembre.

    Parecchie persone giunsero da Betlemme, tra le quali vidi alcuni emissari di Erode giunti per verificare la fama del Bambino miracoloso. In seguito ai discorsi dei pastori il santo Evento era divenuto pubblico. Maria, con l'ancella e Gesù, lasciò la grotta rifugiandosi nella caverna laterale. Quando giunsero gli emissari di Erode trovarono nella grotta solo Giuseppe con alcuni pastori e, dopo averlo beffato vilmente per la sua povertà e semplicità, andarono via. Maria rimase nascosta nella caverna laterale per circa quattro ore.

    Questa sera la Veggente, dall'assopimento estatico in cui si trovava, ebbe un brusco risveglio e così esclamo:

    "Erode ha fatto assassinare un dignitario nel tempio che aveva spesso protestato contro le usurpazioni del tiranno. Lo fece chiamare a Gerico per motivi diplomatici e lo fece assassinare mentre era in viaggio. Il tiranno aumentò così la sua influenza sul tempio impiegando nelle alte cariche due dei suoi figli naturali, che erano Sadducei".

    70 - La Circoncisione di Cristo - Il santo nome: "Gesù" Visioni di giovedì 29 novembre.

    Il padrone della bettola, dove avevano alloggiato ultimamente Giuseppe e Maria, si recò a visitare il Santo Bambino. Si era fatto preannunciare da un servo con molti doni. Frattanto tutti gli abitanti delle valli e dei paesi circostanti, venuti a conoscenza dell'Evento, accorsero alla grotta a riverire il nascituro.

    Sabato 1 dicembre.

    Dopo mezzogiorno, sono giunte molte altre persone. Calata la sera, le donne prepararono il banchetto sotto un pergolato dinanzi alla grotta; il pergolato era stato sistemato da Giuseppe e dai pastori fin dai giorni precedenti. Era giunta la fine del settimo giorno dalla santa Nascita e, secondo la tradizione ebraica, allo spuntare dell'ottavo giorno il fanciullo doveva essere circonciso. Giuseppe infatti era andato a Betlemme ed era ritornato insieme a tre sacerdoti, con loro c'erano anche un anziano ed una donna che nella sacra cerimonia sembrava avesse il compito di nutrice. La donna portava con sé una specie di sedia ed un grosso piatto di pietra di forma ottangolare, sul quale vidi collocati gli oggetti necessari alla circoncisione. I medesimi furono disposti sulle stuoie che coprivano il terreno dove aveva luogo la cerimonia. La sedia era come una cassa che quando si apriva formava un largo sedile. Fu coperta con un panno rosso. La pietra ottangolare aveva due piedi di diametro. Nel centro della medesima vi era un incavo coperto da una lastra di metallo che conteneva in piccoli scompartimenti tre astucci ed un coltello di pietra. La pietra venne collocata sopra uno sgabello a tre piedi coperto da un tappeto. Terminata la preparazione, i sacerdoti salutarono Maria e il bambino Gesù. Li vidi parlare affabilmente con la Vergine, e commossi presero il Bambino nelle loro braccia. Poi cominciò il banchetto sotto il pergolato, una folla di popolo era presente come vuole la tradizione, Giuseppe ed i sacerdoti distribuivano doni e cibarie finché tutto fu diviso. Il sole frattanto tramontava e il suo disco mi parve rosso e immenso, molto più grande di come ci appare nel nostro paese. Notai che quando fu bassissimo la Caverna del Presepio ne fu interamente irradiata.

    Domenica 2 dicembre.

    Nella grotta le lampade accese, le preghiere e i cantici si protrassero fino al mattino successivo. La Santa Vergine era timida e smarrita. Erano le prime luci dell'ottavo giorno dopo la nascita di Gesù, ed aveva custodito sul petto, in una piega del mantello, un panno che serviva per avvolgere il Santo Bambino e tergergli il sangue. La pietra ottangolare fu ricoperta dai sacerdoti da un panno rosso e superiormente da uno bianco mentre risuonavano ininterrotte le preghiere e i cantici della cerimonia. La Vergine avanzò velata e depose nelle mani dell'ancella il Bambino con il panno che serviva a fasciarlo. Dopo aver ripetute le preci, l'ancella a sua volta lo passò a Giuseppe e questi alla nutrice, che distese il Bambino ricoperto da un velo sulla pietra ottangolare. Giuseppe teneva fermo il Bambino per la parte superiore del corpo. A destra e a sinistra, stavano in ginocchio due sacerdoti, ciascuno dei quali teneva un piedino del Bimbo, mentre quello che compiva la sacra cerimonia stava in ginocchio dinanzi al medesimo. Sollevata la piastra che ricopriva la pietra ottangolare, il sacerdote sacrificante alzò i tre astucci contenenti l'acqua per la ferita e l'unguento. Il coltello aveva il manico e la lama di pietra. La punta ad uncino del coltello operò il taglio. Una seconda ferita fu fatta al Bambino con l'unghia tagliente del dito del sacerdote, che succhiò la piaga e l'asperse con l'acqua, strofinandola poi con un altro rimedio che prese dall'astuccio per rimarginare la ferita. Ciò che era stato staccato col coltello fu riposto tra due laminette concave di color bruno ma risplendenti. L'oggetto venne poi consegnato alla Vergine. La cosiddetta "nutrice", fasciata la piaga, avvolse il Fanciullo Divino nel panno fino alle ascelle. Il velo che Gli copriva la testa fu avvolto intorno al corpo. Infine, quando Gesù fu posto sulla pietra ottangolare, ricominciarono le preghiere. Sebbene l'Angelo avesse detto a Giuseppe che il Bambino doveva chiamarsi Gesù, il sacerdote non accettò subito il nome ma continuò la preghiera affinché Dio l'illuminasse nel modo giusto. Allora la figura luminosa di un Angelo, comparendo al sacerdote, gli presentò allo sguardo interiore una tavoletta simile a quella che vediamo sulla Croce, sulla quale stava scritto: Gesù. Il religioso parve profondamente commosso e, illuminato dalla divina ispirazione, scrisse il santo nome su una pergamena. Frattanto il Santo Bambino piangeva disperatamente, Giuseppe lo prese e lo passò dalle mani dei sacerdoti a quelle di Maria, la quale con altre due donne se ne stava in fondo alla grotta. La Vergine cercò di acquietare il Bambino porgendogli il proprio petto. La cerimonia si concluse quando la Madonna pose il Bambino sulla pietra ottangolare e i sacerdoti incrociarono le mani sopra di Lui, poi lo riconsegnarono a Maria Santissima. Giuseppe porse a Maria anche i pannolini intrisi di sangue e la nutrice conservò le filamenta sanguinose. Ricominciata la preghiera ed i canti solenni, si affacciava timidamente il nuovo giorno. L'asino durante la solenne cerimonia era rimasto legato in un angolo della spelonca. Vidi i sacerdoti, illuminati dalla luce dello Spirito Divino, che con Giuseppe e i pastori si rifocillavano sotto il pergolato. Durante la mattinata si presentarono all'ingresso della grotta numerosi poveri, e pure questi furono rifocillati. Vidi poi una quantità di medicanti sporchi e luridi che giunsero alla grotta attraverso la valle dei pastori. Sembrava che si dirigessero ad una festa che aveva luogo a Gerusalemme. I mendicanti dopo aver ricevuto da Giuseppe molti doni e il desinare, posero molte domande indiscrete, inoltre bestemmiarono ed oltraggiarono tutti. Non so chi fossero costoro, ma mi fecero un'impressione assai triste. La notte seguente il Santo Bambino fu molto inquieto, lo vidi piangere assai per il dolore. La Santa Vergine e Giuseppe se lo scambiavano tra le braccia e lo confortavano. La donna che aveva avvolto Gesù nei pannolini ritornò per rinnovare le fasciature.

    71 - Elisabetta giunge alla grotta. Visioni di lunedì 3 dicembre.

    Seduta sopra un asino condotto da un vecchio servo, vidi Elisabetta dirigersi verso il presepe. Era partita da Juta. Giuseppe l'accolse con gran cortesia e immensa fu la gioia delle due donne nel ritrovarsi. Piangendo di commozione, la sposa di Zaccaria strinse al seno il bambino Gesù. Fu preparato per lei il giaciglio vicino al luogo dove era nato il Salvatore. La culla dove dormiva adesso Gesù veniva posta spesso su un alto piedistallo, simile a quei cavalletti che si usano per segare la legna. Da qui il bambino Gesù era contemplato dai più intimi che poi Lo accarezzavano e pregavano. Vidi anche quando Maria era stata in una culla tenuta in simile modo.

    Martedì 4 dicembre.

    Ieri sera ed oggi ho visto le due sante donne assorte per molto tempo in adorazione dinanzi al Santo Bambino. Esse parlavano spesso di quell'Evento meraviglioso. Io mi sentivo con loro, ed ascoltavo con vera gioia quanto dicevano. Maria narrò ad Elisabetta tutto ciò che le era accaduto, e quando le spiegò le difficoltà che aveva trovato nella ricerca di un ricovero per la notte a Betlemme, Elisabetta pianse amaramente sulla durezza degli uomini. Poi le raccontò molte cose che si riferivano alla santa Nascita di Gesù, e di alcune circostanze, come del momento dell'Annunciazione quando aveva la sensazione che il cuore le scoppiasse nel petto e si sentiva invadere da un'inesprimibile voluttà. La Beata Vergine confessò ad Elisabetta che in quel momento si senti portar via dagli Angeli nelle regioni Celesti, e contemporaneamente fu totalmente cosciente della propria nullità. Le manifestò inoltre il vivo desiderio della salvezza che provò quando vide apparire la figura del proprio Fanciullo avvolta dalla luce dello Spirito Divino. Allora Elisabetta le disse: "Tu fosti graziata nel tuo parto più delle altre donne; anche il parto di Giovanni, sebbene non doloroso, fu diverso del tuo". Anche oggi ho visto ancora molti di quegli orribili ceffi erodiani; essi sono passati dinanzi alla porta e hanno chiesto doni, poi li ho sentiti insultare e bestemmiare. Giuseppe ha rifiutato loro qualsiasi cosa. Numerosi personaggi di posizione elevata erano partiti da Betlemme affollandosi verso sera intorno alla grotta; siccome Maria non voleva farsi vedere da loro, corse a nascondersi nella grotta laterale a quella del presepio. Vidi la Santa Vergine uscire col Bambino e recarsi nell'altra caverna. Giuseppe vi aveva fatto degli accorgimenti, l'ingresso era assai più angusto: quattordici gradini immettevano in un piccolo antro, poi si accedeva in un locale più grande di quello del presepio. Maria Santissima entrò in questa caverna e adagiò il bambino Gesù in una specie di conca scavata nel terreno. Alcune volte il Fanciullo era nudo, tranne una fascia attorno al corpo, altre volte lo vidi fasciato interamente. Spesso giungeva anche la nutrice; Maria divideva i doni con lei, che a sua volta li distribuiva ai poveri di Betlemme.

    72 - I Magi si mettono in viaggio verso Betlemme

    Visioni comunicate dalla Veggente al pellegrino nell'anno 1821. La Veggente stabilì il giorno dell'Evento un mese prima della data ecclesiastica, cioè il 25 novembre. In quel giorno stesso vide partire i Magi per la Giudea. Sempre secondo le sue contemplazioni, Suor Caterina ritenne che il viaggio dei tre Re fosse durato circa un mese, diversamente dalla tradizione ufficiale dei tredici giorni che intercorrono tra il Natale e l'Epifania.

    Mentre costruivo il piccolo presepio nel convento vidi i Santi Re dirigersi verso Betlemme seguendo la stella.

    Visioni del 25 novembre.

    Nella notte della vigilia del santo Natale, mentre tutto era già pronto per il lungo viaggio, due Magi scrutavano ancora gli sterminati campi del cielo stellato. Erano sulla torre piramidale e guardavano attraverso lunghi cannocchiali la stella di Giacobbe che aveva una coda. Questa era apparsa ai loro occhi quasi divisa in due parti, in entrambe si scorgeva la figura di una grande Vergine luminosa, dinanzi alla quale aleggiava un Bambino raggiante di luce. Dal fianco destro del Fanciullo usciva un ramo sul quale, a guisa di fiore, si trovava una torre dalle molteplici entrate. Vidi che la torre, a poco a poco, si trasformava in una città. Era la Gerusalemme celeste! Appena comparso questo simbolo i due Magi partirono senza indugi. Theodeko, il terzo Re, che abitava a circa due giorni di viaggio più ad oriente, appena vide il simbolo partì in tutta fretta per raggiungere le carovane degli altri Magi.

    26 novembre.

    Colta da un'estasi profonda, mi addormentai e mi trovai nella grotta vicino alla Madonna, la quale una volta mi aveva concesso di tenere tra le braccia il Pargoletto che stringeva al suo cuore. Era notte quando giunsi da Lei: Giuseppe aveva appoggiato il capo sul braccio destro e dormiva; egli era nella piccola stanza accomodata a destra presso l'entrata. Maria era desta e sedeva al solito posto vicino al presepio, tenendo il Bambino stretto al seno e sotto il velo. Durante il giorno, parte del suo giaciglio arrotolato in forma di grande guanciale le serviva per sedersi. La pregai ardentemente in ginocchio di concedermi un po' il Bambino fra le braccia. Nonostante sapesse come era forte il mio desiderio, continuando a contemplare il Santo Fanciullo non volle darmelo, forse perché stava allattandolo. Io al suo posto avrei fatto altrettanto. Mi sovviene allora che i tre Magi, animati dal loro sentimento devozionale, erano in marcia per raggiungere la Vergine e il Santo Bambino. Nei cuori dei tre devoti Re il desiderio salvifico intenso e puro era stato alimentato dalla fiamma dell'attesa dei loro padri. Sentivo interiormente aumentare il desiderio ardente di trovarmi vicino a loro. Cosicchè, finita la mia preghiera, scivolai pian piano fuori dalla grotta con ogni cautela per non disturbare la Santa Famiglia; dopo un lunghissimo cammino raggiunsi la carovana dei tre Santi Re. Fu in questo viaggio che vidi molte cose sui costumi e le abitudini di alcuni popoli, nonché sui riti profani che essi tributavano agli idoli. Fui dapprima condotta verso mezzogiorno, in un paese che non conoscevo e dove mai ero stata. Era sabbioso e sterile. Si vedevano disseminati sulla collina dei piccoli villaggi composti da capanne di vimini dal tetto di giunchi, abitate da poche famiglie. Non vidi molti alberi, ma alcune grandi piante sotto le quali tenevano gli idoli. Mi sembrò che questa gente vivesse ancora in uno stato molto selvaggio perché si alimentava con la carne di uccelli rapaci. La loro carnagione era color rame, i capelli giallo volpino, la statura bassa ed erano quasi tutti grassi, ma notai che erano agili e attivi. Non ho visto che avessero con loro animali domestici o greggi. Il loro dorso era nudo e le donne avevano il petto coperto da una fascia dai diversi colori. Strisce gialle e verdi erano cucite e ricamate sulla parte anteriore della veste, la quale aveva nel mezzo una fila di bottoni e terminava a punta sulle spalle. Il ricamo era assai grossolano, simile a quello degli antichi paramenti sacerdotali. Costoro fabbricavano con i germogli di un piccolo albero tappeti rudimentali, che poi vendevano in città. Vidi i loro idoli collocati sotto gli alberi. Questi avevano la testa di un bue dalle lunghe corna, la bocca era aperta, il corpo traforato da immensi buchi, ed inferiormente, in una larga apertura, ardeva il fuoco che serviva ad abbrustolire le vittime dei sacrifici. Vidi anche idoli più piccoli, alcuni a forma di uccelli e di draghi, un cane a tre teste ed un lungo serpente avvolto nelle proprie spire. All'inizio del viaggio mi parve di avere alla destra un grande fiume dal quale mi allontanavo sempre più. Abbandonato questo paese di selvaggi, la via che percorrevo nello spirito conduceva sempre più verso l'alto, finché ascesi un monte di bianchissima sabbia ricoperto di mucchi di pietruzze nere che sembravano cocci di vasi e di tazze. In questo luogo la mia attenzione fu attirata da alcuni alberi dal tronco coperto di foglie di enorme grandezza e dalla forma piramidale. Ho veduto pure altri alberi con le foglie lisce a forma di cuore. Giunsi quindi in un paese con pascoli di enorme estensione; vidi in questa terra alcune colline dove pascevano greggi innumerevoli. Sembrava che ci fosse gran cura delle viti, essendo queste ben disposte su regolari terrapieni e circondate da siepi intrecciate. I proprietari abitavano in capanne dal tetto liscio e dalle porte di vimini. Le capanne erano rivestite di stoffa di lana bianca, simile a quella che avevo visto intessere dal popolo selvaggio. L'accampamento era disseminato sul vasto pianoro interrotto da estese boscaglie e da bassi boschetti, le tende erano poste in circolo intorno ad una di maggiori dimensioni. Gli armenti erano di genere diverso. Vidi pecore ricoperte da fiocchi di lana bitorti e con lunghissime code; animali con le corna che parevano capretti ed erano grassi come agnelli, e altri quadrupedi simili ai cavalli della steppa. Vidi cammelli ed elefanti, anche bianchi, rinchiusi entro uno steccato rudimentale; erano addomesticati e venivano adoperati solamente per gli usi domestici. Ebbi la percezione che quei greggi, gli animali ed i campi, appartenessero tutti ad uno dei Magi partiti per Betlemme. Alcuni pastori indossavano giubboni lunghi fino alle ginocchia. Suppongo che durante l'assenza del loro sovrano, alcuni sovrintendenti avessero l'incarico di controllare e contare i capi. Infatti vidi giungere sul luogo delle persone vestite in modo distinto, avvolte in lunghi mantelli, le quali esaminavano tutto ed ascoltavano il rapporto dei singoli pastori. I sovrintendenti entravano nella tenda più grande e scrivevano le loro osservazioni sulle tavolette. I branchi e le greggi si contavano e si controllavano pure vicino alla tenda principale. Arrivai nella notte sui pascoli dei Magi; regnava un profondo silenzio su quelle pianure. Vidi molti pastori che dormivano sotto le tende mentre altri si muovevano cautamente fra le bestie sonnolenti che giacevano vicine sulla prateria. Vidi i pastori contemplare il cielo notturno disseminato di astri luminosi, mentre le miti pecorelle distese al suolo, con lo sguardo obbediente, seguivano i movimenti di costoro che le guidavano. Fui pervasa di commozione a quella scena riportando alla mente il Buon Pastore, il quale non riposò fino a quando non ebbe ritrovato la pecorella smarrita e l'ebbe ricondotta all'ovile. Il Padre Celeste e misericordioso aveva inviato il suo Unigenito affinché si incarnasse per riportare all'ovile le pecorelle traviate, assumendosi, quale Agnello di Dio, le colpe di tutta l'umanità. I Re di questi pastori erano partiti la notte antecedente, illuminati dalla stella prodigiosa. Le lunghe zampe dei cammelli rompevano il profondo silenzio della notte del deserto. La carovana, attraversando con passo celere l'accampamento, si arrestò vicino alla tenda principale. I cammelli del campo, risvegliati al rumore improvviso, si alzarono rivolgendo il lungo collo; udii anche il belare delle pecore e degli agnelli ridestati. Scesi dalle loro cavalcature, alcuni dei frettolosi arrivati scossero dal sonno i pastori che riposavano sotto le tende. Frattanto i più vicini fra i guardiani notturni erano accorsi alla tenda principale. Dopo poco tempo tutto il campo fu sveglio: vidi numerose persone che, ancora sonnolenti, si strinsero intorno ai sopraggiunti e discorrevano con loro accennando alle stelle. I nuovi arrivati parlavano di una certa costellazione o apparizione che era comparsa in cielo e che era già sparita. Questi uomini facevano parte della carovana di Theodeko che giungeva da quel paese lontano. I viaggiatori chiesero ai pastori quale tratto di strada potevano aver già percorso Mensor e Sair. Theodeko infine, dopo aver preso alcune informazioni, decise di dirigersi ad un punto dove i tre erano soliti incontrarsi nelle occasioni particolari.

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    00 03/01/2013 00:32

    73 - Altre visioni sui tre Magi - Il viaggio prosegue

    Nella notte tra il 27 e il 28 novembre, mentre spuntava l'aurora, Theodeko ed il suo seguito raggiunsero Mensor e Sair in una città antica in rovina. Vidi numerose alte colonne disposte in fila. Le porte sotto le torri quadrangolari erano per metà diroccate e dappertutto erano disseminate delle belle statue che non mostravano le posizioni goffe dello stile egiziano, bensì erano fatte bene con un certo atteggiamento molto espressivo. il terreno era sabbioso e ricoperto da mucchi di sassi. In mezzo alle rovine vidi in agguato, accovacciate, certe persone che mi parvero ladri ben addestrati alla rapina. Indossavano solo una pelle di animale intorno al corpo ed avevano in mano degli stocchi. Erano di color bruno, di bassa statura, muscolosi e assai agili. Vidi le tre carovane dei Magi congiungersi al centro della città. Allo spuntar del giorno abbandonarono questo luogo e proseguirono frettolosi il viaggio. Molti poveri di questa zona, che erano stati allietati dalla generosità dei tre sovrani, si aggregarono alle carovane. Dopo una mezza giornata di viaggio, i Magi pensarono di riposare per un giorno intero. In questa città piena di rovine, poco dopo la morte di Cristo, l'apostolo Giovanni mandò Saturnino e Jonadab (il fratellastro di Pietro) a predicarvi il Vangelo. Theodeko aveva una carnagione di un bel color giallo; lo ricordo ammalato nella sua tenda quando, trentadue anni dopo, Gesù andò a visitare i tre Magi. Ogni Re era seguito da quattro parenti. Vidi anche persone d'alto rango accompagnate a loro volta da servi e cammelli. Fra i numerosi giovani del seguito, ricoperti solo da una fascia ai fianchi, vedo Eleazaro del quale posseggo una reliquia. Egli subirà il martirio.

    Quando Anna Caterina fu interrogata dal suo confessore sui nomi dei Santi Re così rispose:

    "Mensor, quello dai colore bruno, dopo la morte di Cristo, fu battezzato da San Tommaso con il nome di Leandro; Theodeko, dal colore giallo e di età avanzata, accolse dallo stesso San Tommaso il nome di Leone. il moro, che quando giunse Gesù, era già morto, si chiamava Seir, ovvero Sair".

    Il confessore allora le domandò: - E quest'ultimo come fu chiamato all'atto del battesimo? -

    Egli era già morto e non ebbe altro battesimo che quello dell'intenzione".

    Allora il confessore soggiunse: - Questi nomi non li ho mai sentiti da quando sono al mondo, ho sempre saputo che si chiamavano "Gaspare, Melchiorre e Baldassare".- Suor Emmerick così gli rispose:

    "Si sono chiamati così, perché questi sono nomi simbolici che corrispondono ed esprimono precisamente il loro carattere: il primo è "amorevole"; il secondo: "si aggira dolcemente intorno"; il terzo significa: "pronto con la volontà ad aderire a quella di Dio".

    La Veggente pronunciò queste parole con grande allegria, accompagnando l'espressione di ciascun nome col gesto e stendendo la mano fuori dal letto.

    Visioni del 28 novembre.

    Dopo una mezza giornata di cammino dalla città delle statue, i tre Magi e le loro carovane entrarono in un paese molto più fertile. Io mi sentii unita alle loro carovane. Vidi che in questo paese le abitazioni dei pastori erano numerose e disseminate, fatte di pietre bianche e nere. La carovana andava accostandosi ad un pozzo della pianura, vicino al quale si trovavano numerose capanne assai vaste e aperte da un lato. Tre di queste erano disposte al centro di tutte le altre; mi parve che fosse un luogo destinato alla sosta delle carovane. Ognuna delle tre carovane dei Magi era presieduta da cinque persone, compreso il sovrano, il quale aveva cura di ogni cosa, presiedeva alle riunioni ed impartiva gli ordini. I componenti di ogni tribù al seguito dei Magi, avevano un colore di carnagione diverso dalle altre, come erano diversi pure nel vestito. Tutti portavano sandali molto aperti, i piedi nudi erano sormontati da cordicelle sottilissime che li mantenevano legati alle suole. Persone di alto rango sedevano comode sul carico degli animali e impugnavano un bastone per distinguersi. Portavano alla cintola sciabole, coltelli e borse. Costoro erano seguiti da bestie grandi quasi come cavalli, cavalcate da servi e schiavi che stavano seduti sul carico degli animali stessi. Le carovane si fermarono intorno ad una vasca chiusa da un coperchio, che fu aperta da un uomo che aveva accompagnato la carovana fin dalla città diroccata; così dietro il pagamento di un'imposta le bestie poterono abbeverarsi. Poi tolsero dai somari delle ceste contenenti le provviste e da quelle mangiarono, mentre dei vasi di pietra furono riempiti di foraggio e posti davanti agli animali. Quella gente aveva trasportato molte provviste anche per le proprie cavalcature. Vidi moltissimi pani ben conservati in scatole di cuoio, vasellami preziosissimi di un metallo giallognolo e tempestati di gemme, calici preziosi di cui si servivano per bere. Gli orli dei vasi erano muniti di pietre preziose di color rosso. Dopo che le bestie furono sazie e dissetate si accesero i fuochi. Vidi formare al centro del campo una grande pira di legname dove furono arrostiti numerosi uccelli. I tre sovrani e gli anziani distribuivano il cibo perfino ai loro servi e agli schiavi seduti un po' in disparte. Mi sento commossa nel vedere l'amabile e infinita generosità dei Santi Re! Li vedo dividere i pasti con i poveri accorsi da ogni parte. E, come si fa con i fanciulli, porgono perfino alle loro labbra i vasi aurei per dissetarli.

    74 - La lunghezza del viaggio

    Ho saputo molte cose intorno ai Magi: Mensor era Caldeo, la capitale era Acaiaia, che giaceva su un'isola in mezzo ad un fiume. Nel suo castello Mensor abitava raramente perché preferiva vivere con i suoi pastori in mezzo alle greggi. il moro Sair abitava credo a Partherme (forse la pronuncia giusta era Parthiene o Parthomaspe), che era il suo paese natio. Un po' fuori di questa città si trovava un lago. Sair era di carnagione nera e aveva labbra grandi e molto rosse, come i componenti di tutta la sua tribù; le popolazioni dei dintorni del paese di questo sovrano invece erano bianche. La capitale del regno non era molto grande. Theodeko, che invece era bianco, abitava nel paese posto assai più lontano, cioè nella Media, la quale se non erro mi sembra che si stendesse su due mari. Theodeko era il più ricco degli altri Re; dovette fare il maggior sacrificio per compiere il viaggio. Infatti egli avrebbe potuto recarsi a Betlemme seguendo la via diretta, ma preferì unirsi agli altri compiendo un giro vizioso per Babilonia. La posizione topografica dei tre regni formava una specie di triangolo. il viaggio dei Magi durò complessivamente circa settecento ore, vidi anche il numero sei, forse settecentosei, sedici o sessanta. Siccome viaggiarono spesso giorno e notte e avevano ottime cavalcature, percorsero questa distanza in soli trentatre giorni. La stella che li guidò, era come un globo luminoso, il quale sembrava sospeso ad un raggio radioso proveniente da un torrente di luce e guidato da una mano invisibile. Durante il giorno il globo luminoso superava la luce del sole. Considerando la lunghezza del viaggio mi parve quasi impossibile che potesse essere compiuto in così breve tempo, viste anche le difficoltà del terreno sul quale si muoveva la carovana. La stella si distingueva assai bene di notte, era di un colore rossiccio simile a quello della luna quando spira il vento forte; la sua coda era pallida e prolungata. Vidi i Magi ed il loro seguito percorrere spesso tratti di strada a piedi, muovendosi a capo scoperto e assorti in preghiera. Quando il terreno però ritornava ad essere buono, essi montavano di nuovo le loro cavalcature e proseguivano il cammino in modo molto più spedito. Altre volte li vedevo avanzare lentamente nella notte mentre intonavano inni di lode che, risuonando nell' aria notturna, producevano una dolce emozione nello spirito.

    75 - La carovana dei Magi - Il re di Causur

    Visioni dal 29 novembre al 2 dicembre.

    Nella notte dal 29 al 30 novembre, cioè dal giovedì al venerdì, mi vidi con la carovana dei Santi Re, non saprei descrivere mai abbastanza bene con quanta gioia, ordine e obbedienza essi compivano ogni minima azione. Durante la notte li guida sempre la stella con la lunga coda che tocca quasi la superficie terrestre. Quegli uomini eccellenti, ora la guardano silenziosi, altre volte ne parlano rispettosi dalle loro cavalcature, e talvolta le elevano inni di ringraziamento. Il tono del canto è lento e commovente, consta di note basse e altissime. Quel canto squarcia il silenzio delle notti stellate del deserto e lascia una profonda impressione nel cuore. Percepisco nel mio spirito il sottile e delicato simbolismo di quelle dolci note. Straordinariamente preciso e ordinato è il muoversi di quella carovana divisa in più gruppi. Ciascuno di questi è preceduto da un cammello molto alto e caricato di gravi pesi da ambo i lati della gobba, sulla quale siede uno dei capi della carovana impugnando uno stocco. A questo cammello seguono i cavalli e gli asini, tutti carichi, montati da persone dipendenti dal capo che siede sul cammello. Segue poi un altro gruppo e così via. I cammelli hanno un passo leggerissimo ma assai lungo, posano lo zoccolo duro sul suolo come se avessero cura di non rompere qualche cosa. Il corpo non si muove per niente e pare che le sole gambe abbiano movimento. La testa, sorretta dal lungo collo, accenna appena ad aver vita. Pure gli uomini della carovana agiscono in modo tranquillo, attenti a quello che fanno e senza occuparsi del futuro. Questo popolo in movimento, che segue i Magi e non conosce ancora il Signore, si muove pacifico e contemplante per essere da Lui redento e colmato di grazia. Noi invece, nelle nostre processioni, siamo disordinati, indifferenti e senza devozione alcuna. Vedo la carovana attraversare il paese di Atom, dove abitò Azaria, il sacerdote idolatra.

    Venerdì 30 novembre.

    La carovana si è fermata in un campo vicino ad un pozzo. Nelle vicinanze vi sono molte capanne, da una delle quali viene un uomo che apre il pozzo. Qui fanno fatto una breve pausa, si dissetano loro e gli animali, ma non scaricano nulla.

    Sabato i dicembre.

    La carovana prosegue il viaggio attraverso le pianure, mentre ieri l'avevo vista salire per erti pendii. Alla loro destra vedo dei monti e mi pare che scendendo si avvicinino ad una regione dove sono frequenti le abitazioni. Piante e pozzi fiancheggiano la via. Gli abitanti del luogo hanno steso dei fili fra un albero e l'altro, e con i medesimi intrecciano larghi tappeti. Questo popolo è adoratore degli idoli dalla testa di bue, e dona generosamente cibo a tutti i poveri che seguono la carovana dei Re. Mi meraviglio quando vedo che gettano i piatti tondi sui quali hanno mangiato.

    Domenica 2 dicembre.

    I Re giunsero presso una città, il cui nome risuonò al mio orecchio come "Causur"; essa consisteva in tende erette sopra un terreno pietroso. In questa città appunto si fermarono a visitare il sovrano. Dal momento che erano partiti dalla città antica in rovine fino a questo luogo, avevano percorso molte miglia in sole sessanta ore di marcia. Quando i Magi narrarono cosa avevano veduto, il re di Causur si meravigliò assai, e preso un cannocchiale vide egli stesso la stella ed in essa l'immagine di un Fanciullo con una croce. Allora costui li pregò che passassero di nuovo da lui al ritorno per riferirgli ciò che avevano veduto, poiché egli desiderava offrire a questo Santo Bambino altari e sacrifici. Sono curiosa di vedere se questo re manterrà la sua promessa! Sentii i Magi narrargli come avessero incominciato ad osservare il corso delle stelle.

    76 - L'osservazione delle stelle presso i tre Magi. La stella di Giacobbe.

    I progenitori dei Magi discendevano dalla stirpe di Giacobbe, anticamente vivevano nel Caucaso e possedevano diverse terre in paesi lontani. Circa 1500 anni prima della nascita di Cristo abitava quei luoghi una tribù degli antenati dei Magi. Il profeta Balaam viveva nei dintorni e uno dei discepoli ne diffuse le sue profezie, rivelando il significato della stella di Giacobbe che un giorno sarebbe sorta. La profezia trovò una favorevole accoglienza fra la gente di quella tribù. Fu quindi edificata un'alta torre sopra un monte, sulla quale molti savi astronomi facevano osservazioni sull'universo stellato per scrutare i simboli della stella. La torre aveva la base molto larga e la sommità molto stretta. Ho veduto le piccole celle dove i savi dimoravano ordinariamente per compiere i loro studi. Quelle ricerche, con i relativi sviluppi, passarono tradizionalmente di generazione in generazione. Vari avvenimenti però fecero in modo che a poco a poco l'interesse per l'osservazione degli astri fosse trascurata. Cinquecento anni prima della venuta di Cristo si diffuse invece tra questo popolo l'idolatria più crudele, giungendo al punto di sacrificare agli idoli i fanciulli per favorire la venuta del Bambino promesso. In questo tempo il popolo astronomo era suddiviso in tre famiglie lontane l'una dall'altra, governate da tre fratelli. Ciascuno di questi aveva a sua volta tre figlie profetesse che riaccesero nelle tre tribù la fiamma dell'amore per l'astronomia. Esse annunciarono pubblicamente la venuta della stella e del Santo Bambino discendente da Giacobbe. Allora tutti ripresero ad attendere la venuta del Santo Bambino nel modo più giusto e iniziarono di nuovo lo studio profondo del significato degli astri. Per diretta discendenza dai padri delle veggenti, videro la luce i tre Magi. Nel corso di quasi cinquecento anni, durante tutto il periodo che intercorre tra le profetesse e i Magi, continuò sempre attentamente l'osservazione delle stelle sulla torre costruita per uso comune. Questo studio serviva anche ad introdurre cambiamenti culturali nei riti religiosi del paese. Si notarono così segni meravigliosi negli astri. Purtroppo i sacrifici umani durarono fino alla concezione della Vergine Benedetta. Mentre i Magi davano spiegazioni su questi segni al re di Causur io ne vidi parecchi. Dalla concezione di Maria in poi, i simboli astronomici avevano fatto sempre più riferimento al prossimo santo Evento. Negli ultimi tempi, alcuni segni nel cielo simbolizzavano perfino i patimenti della Vergine e di Gesù.

    77 - La scala di Giacobbe e i simboli primitivi dell'Avvento e della venuta di Maria

    I Magi avevano avuto la visione della sommità della scala di Giacobbe che toccava una stella; così, dal numero dei gradini e dai simboli apparsi, seppero calcolare l'avvicinarsi dell'Avvento e della prossima apparizione della stella profetizzata da Baalam. Quando Maria Santissima fu concepita, i Santi Re videro l'idolo pagano della vergine con lo scettro e la bilancia piena di grappoli e di spighe; poco al di sotto di quest'idolo appariva l'immagine della Santa Vergine col Santo Bambino. Betlemme appariva allo sguardo dei Magi come un bel castello in cui stavano contenute quelle grazie che si diffondevano in tutto il mondo. Qui videro la Madonna col Santo Bambino, circondati da un'aureola di splendore, accogliere le offerte di numerosi sovrani che si prostravano ai loro piedi. I Re astronomi videro pure la Gerusalemme celeste, poi una via oscura e piena di sangue, di spine e di patimenti. Allora essi pensarono ingenuamente che la Gerusalemme celeste fosse il regno di questo Re sulla terra e credevano di poterla raggiungere con il loro viaggio. La via sanguinosa era stata da loro interpretata come il simbolo delle tribolazioni di questo lungo viaggio, senza immaginare che significasse la Passione di Cristo. I Magi videro sulla parte inferiore della scala di Giacobbe un simbolo che si riferiva alla fuga di Maria Santissima in Egitto. Vidi sulla scala di Giacobbe un gran numero di immagini, molte si riferivano alla Madonna nelle Litanie lauretane: il pozzo suggellato, il giardino recinto ed il simbolo dei Re che si scambiavano reciprocamente lo scettro ed i ramoscelli. Questi simboli apparivano nella costellazione ed erano seguiti attentamente dai Santi Magi, i quali appena videro quello dei Re e del Bambino con la croce si misero in viaggio senza più alcun dubbio. Questo simbolo era nella stella, che non era una cometa ma una meteora risplendente portata da un Angelo. Quando i Magi non la vedevano, erano guidati nello spirito dall'Angelo. Grande era la loro attesa, come pure grande fu la loro delusione quando notarono che tutti ignoravano il grande Evento. Giunti poi a Betlemme, quando invece del magnifico castello apparso nella stella videro una deserta spelonca, furono compresi da dolorosa incertezza. Ma appena videro il Santo Bambino ritornarono nella profondità della loro fede prostrandosi devoti dinanzi alla sua Luce. Le osservazioni che essi facevano delle stelle andavano sempre congiunte a digiuni, preghiere, rinunce e purificazioni. Le contemplazioni non consistevano nell'osservazione di una singola stella, bensì delle costellazioni. Quando queste osservazioni venivano fatte da persone senza purificazione spirituale e dal carattere grossolano, esse venivano assalite da violente convulsioni; a queste reazioni risale la prima causa delle orribili inumazioni di vittime. Altri però, come per esempio i Santi Re, non solo vedevano il simbolo riflesso evidente come uno specchio nella quiete profonda del loro animo, ma si sentivano inondati dalla grazia che li rendeva sempre più devoti e migliori nello spirito.

    78 - Matta avverte l'arrivo dei Magi

    Visioni da lunedì 3 a sabato 8 dicembre.

    Appena i tre Re ebbero lasciato Causur, una lunga carovana di persone distinte che seguivano la stessa via si uni a loro. Ho visto l'enorme carovana congiunta snodarsi attraverso vaste campagne; il 5 dicembre hanno sostato presso un pozzo e abbeverato le bestie senza però togliere il carico.

    In questi giorni, la venerabile Suor Emmerick intonò spesso nel sonno versi commoventi. Quando fu interrogata in merito, così rispose:

    "Io canto come gli amati Santi Magi che intonano strofe piene di significato spirituale, per esempio: - Noi valicheremo i monti e ci prostreremo innanzi al nuovo Re. - Qualcuno inventa un altro versetto e lo canta; gli altri lo ripetono in coro; poi un secondo compone un altro verso, e così via, e proseguono il cammino alternando dolcemente i cantici". All'interno della stella che indicava loro la via, vidi la figura di un Bambino con una croce.

    Mercoledì 5 dicembre.

    Maria intanto aveva avuto una visione che le annunciava l'arrivo dei Re; ciò avvenne mentre questi erano presso il sovrano di Causur. La Madonna vide anche che quest'ultimo aveva manifestato l'intenzione di erigere un altare a suo Figlio. Rese partecipi Elisabetta e Giuseppe dell'avvenimento e disse che voleva prepararsi a ricevere i Magi. Vidi Maria costretta a nascondersi di nuovo perché erano giunti alla grotta alcuni curiosi. Oggi ho visto giungere un servo a riprendere Elisabetta, che se ne è ritornata con lui a Juta. I giorni dal 6 all' 8 dicembre passarono generalmente assai tranquilli. La Santa Famiglia fu sola eccetto l'umile ancella di Anna. Questa era una vedova di circa trent'anni, senza figli, legata ad Anna da parentela. Il defunto marito la trattava duramente perché lei si recava spesso dagli Esseni e pregava per la salvezza d'Israele. Dopo poco che egli l'aveva abbandonata, morì; allora Anna accolse la donna presso di sé. La vidi spesso alla grotta dedita al servizio della Santa Famiglia. in questi giorni non vidi più la canaglia arrogante che era venuta a bestemmiare e urlare chiedendo sempre più doni a Giuseppe. Vidi Giuseppe che celebrava il sabato con Maria e l'ancella alla luce del presepio. Sabato sera incominciò la festa della Dedicazione, Giuseppe appese dei candelabri in tre differenti posti della grotta e su ciascuno accese sette lumicini. Le Ebree allattano i bambini soltanto per poco tempo, vidi che anche Gesù, pàssati i primi giorni, ebbe per nutrimento un brodo fatto col midollo d'una pianta acquatica. Durante il giorno l'asino pascolava sul prato, rientrava nella grotta soltanto di sera.

    79 - I doni di Anna alla Santa Vergine. - Visioni di domenica 9 e lunedì 10 dicembre.

    Da quando era iniziata la festa della Dedicazione a Gerusalemme, alla grotta c era molta quiete, nessuno veniva in visita o a disturbare. il mattino dopo vidi un servo di Anna recare molti oggetti per la Vergine, tra i quali un lavoro femminile per produrre una cintura e una magnifica cesta piena di frutta ricoperta da freschissime rose. Il cesto era alto e di forma sottile; le rose non avevano il solito colore ma erano piuttosto di color carne, ve ne erano anche delle bianche e delle gialle con molte foglie. Maria gradì molto questo dono perché vidi che collocò la cesta vicino a sé.

    Il viaggio dei tre Re.

    Frattanto, vidi i Santi Re attraversare certe montagne ricoperte di piccole pietre a forma di conchiglia. Vorrei possederne alcune, mi piace tanto la brillantezza della loro superficie! Su quei monti vi sono molti spazi ricoperti di sabbia bianca. In quella zona si stabiliranno più tardi i Magi e Gesù li visiterà durante il terzo anno della sua predicazione.

    Martedì li e giovedì 13 dicembre.

    Mi sembra che Giuseppe desideri trasferirsi a Betlemme dopo la purificazione di Maria, anzi credo che abbia fatto già la ricerca di un'abitazione nella cittadina. Tre giorni or sono alcune persone distinte di Betlemme si recarono in visita alla Santa Famiglia e offrirono a Giuseppe ospitalità nella loro casa. Maria Santissima si nascose nella caverna laterale mentre Giuseppe rifiutò l'offerta. Anna fece annunciare la sua prossima venuta alla grotta. Vidi che a Gerusalemme si introducevano molti cambiamenti riguardo alla festa. In molte case si chiudevano le finestre o si calavano le tende. Un sacerdote, con in mano delle pergamene, si recò alla grotta. Lo vidi seduto con Giuseppe dinanzi ad un tavolino con una tovaglia rossa e una bianca, entrambi erano immersi nella preghiera. Mi pare che costui fosse venuto per vedere se Giuseppe celebrava la festa, o per annunciargli una nuova celebrazione.

    80 - Il lungo viaggio dei Magi continua: in cammino verso il Giordano - Visioni della Veggente sulle tappe e le vicende del viaggio Da domenica 16 a martedì 18 dicembre.

    Conclusasi la festa di Dedicazione, la domenica 16 e il lunedì 17 molti abitanti dei dintorni vennero alla grotta e fra essi anche medicanti importuni. Lunedì 17 giunsero due servi di Anna con viveri ed arnesi. Essi anticiparono di nuovo la prossima visita della Santa Madre. Maria aveva regalato ai poveri quasi tutto quello che possedeva. Giuseppe preparava la grotta per accogliere la visita di Anna e, secondo la visione di Maria, anche per l'arrivo dei Re. Lo vedevo ripulire le caverne laterali ed anche quella di Maraha in cui aveva messo tutte le provviste. Frattanto i Magi procedevano la loro marcia nel modo più spedito: disponevano di numerosi dromedari che hanno il passo più veloce dei cavalli. I Re adoperavano come unità di misura e di orientamento, la marcia di dodici ore al giorno. La sera tardi vidi i Magi con la loro carovana giungere in una piccola città composta da caseggiati sparsi senza ordine. Molte case erano circondate da alte siepi. Mi parve che questa fosse una città ebrea. Il luogo si trovava in linea retta con Betlemme. I Magi erano giunti nella città al chiarore lunare, guidati dalla stella, mentre intonavano allegri canti devozionali. Sembrava che gli abitanti di quel luogo non vedessero la stella e che comunque poco se ne curassero. In ogni modo quella popolazione si mostrò buona e ospitale. Essendo alcuni viaggiatori già scesi dalle cavaicature, gli abitanti accorrevano per aiutarli ad abbeverare le loro bestie. Quest'episodio mi richiamò alla memoria i tempi di Abramo, quando tutti gli uomini erano allora così buoni e cortesi tra loro. Quando la carovana dei Magi dopo poco riparti, molti abitanti l'accompagnarono per un buon tratto fuori della città. La stella non risplendeva sempre, anzi si offuscava spesso, si illuminava solo quando i Re transitavano luoghi abitati da persone buone. Talvolta quando i viaggiatòri la vedevano brillare di maggior luce, si sentivano profondamente commossi e credevano che nei dintorni ci fosse il Messia.

    Martedì 18 dicembre.

    Questa mattina i viaggiatori hanno aggirato le mura di una tetra ed oscura città; poi, dopo un breve tratto di cammino, hanno superato un fiume che ha la foce nel mar Morto (forse l'Armon).

    Da mercoledì 19 a venerdì 21 dicembre.

    Questa sera ho veduto la carovana dei Re giungere a Methane, presso Armon, frattanto si sono uniti alla carovana altre decine di mendicanti attirati dalla generosità dei Magi. Nella città convivevano piuttosto male pagani e Giudei, essi non si dimostrarono interessati alla storia del Bambino della salvezza e non vollero dare il permèsso alla carovana di accamparsi dentro le mura. Infine concessero l'alloggio fuori dalle mura orientali. Con la massima ingenuità e schiettezza, i Magi narrarono ai curiosi la storia dell'Avvento tanto atteso dai loro antenati da circa duemila anni. Con molta tristezza però notarono che nessuno era interessato alla stella. Quella sera la stella era circondata dalla nebbia, ma quando nel bel mezzo della notte ricomparve più maestosa e splendente di primà, allora i Re corsero fuori dal campo e, svegliati gli abitanti, la mostrarono, ma tra quelli che la guardavano stupiti quasi nessuno si vedeva commosso, anzi molti si sentivano adirati con i Re e pensavano solo di trarre vantaggio dalla loro ingenua generosità. Quando i tre Santi Re si congedarono da questo popolo, la stella splendeva ancora tra le nubi. Nonostante la moltitudine si fosse stupita di fronte a questo splendore, nessuno aveva aperto il cuore alla devozione. I Magi pazienti, prima di allontanarsi distribuirono alla massa certi pezzetti triangolari di foglie d'oro e di grani di color scuro. Infine, scortati dagli abitanti, attraversarono la città intera, qui videro statue di idoli e templi; poi passato il fiume e attraversato un villaggio ebreo, proseguirono verso il Giordano. Ormai erano a poco più di ventiquattro ore di marcia da Gerusalemme.

    81 - L'arrivo di Anna alla grotta. I tre Re passano il Giordano

    Da mercoledì 19 a sabato 22 dicembre.

    Il giorno 19 vidi che Anna era in viaggio verso Betlemme, era accompagnata dal suo secondo marito, dall'ancella, da un servo e da Maria Heli. Avevano portato due asini carichi di doni e provviste alimentari. Trascorsero la notte non lontani da Betania, sulla strada che porta a Betlemme. Intanto Giuseppe aveva disposto nella grotta l'alloggio per gli ospiti, per questo motivo Giuseppe, Maria e il Bambino si ritirarono nell'altra caverna. Vidi molti curiosi giungere da Betlemme per far visita al Bambino; il Santo Neonato si lasciava accarezzare solo da alcuni senza difficoltà, mentre appena era toccato da altri piangeva e si dibatteva. Nell'altra caverna, dove erano traslocati, vidi il bambino Gesù giacere vicino alla Vergine in un cestello fatto di scorze d'albero; il letto della Vergine e il cestello col Bambino erano protetti da una parete di vimini costruita da Giuseppe. Il sant'uomo dormiva in un angolo remoto separato da una piccola parete. Vidi Giuseppe portare a Maria dei cibi su un piattino ed un vaso con l'acqua.

    Giovedì 20 dicembre.

    Anna ha portato molti doni: panni, tappeti e provviste di ogni genere per la Santa Famiglia. Profondamente commossa, Maria ha deposto il Santo Bambino nelle braccia di sua madre. Anna ha diviso la gioia con la sua diletta figlia accarezzando e baciando il Pargoletto divino. il vecchio servo era assai umile e molto timido, l'ancella portava una lunga chioma ed era vicina a lui. Poi si sono prostrati tutti al suolo e, in estasi devozionale, hanno adorato il Santo Bambinello. Ho sentito la Madonna annunciare affettuosamente a sua madre l'arrivo imminente dei tre Re dall'Oriente, apportatori di preziosi doni.

    Sabato 22 dicembre.

    Vidi Anna lasc~are la grotta e recarsi in un altro paese, per fare una visita a sua sorella minore sposata con un membro della tribù di Beniamino. Non mi sovviene il nome di questo paesino ma vidi che consisteva solamente in alcune case. Vidi i Magi allontanarsi di notte da Matanea e giungere a Bethabara; passarono di buon mattino il Giordano, ed essendo sabato, non incontrarono che pochi viandanti. Quando il fiume veniva attraversato da carovane intere, come in questo caso, i barcaioli fabbricavano una specie di ponte per traghettarle. L'operazione durò finché tutti passarono felicemente sulla sponda occidentale del fiume. Quindi la carovana dei Magi si snodò alla destra della città di Gerico senza toccarla, e, sebbene fosse in linea retta con Betlemme, continuò sul lato destro. Frattanto si aggregarono alla carovana altre cento persone. In lontananza mi apparve un villaggio bagnato da un torrente. Sembrava che nella loro marcia i Magi dovessero passare per quel villaggio; li vedevo costeggiare per un lungo tratto la riva sinistra del fiumiciattolo mentre Gerusalemme appariva loro in distanza.

    Poco dopo Anna Caterina disse:

    Non sono entrati nel villaggio, ma si dirigono a destra verso Gerusalemme. Vidi infatti giungere i Santi Re dinanzi alle mura di Gerusalemme. La città ergeva arditamente le sue torri nelle regioni celesti. La stella brillava di pallida luce dietro le mura della città. Quanto più i viaggiatori si avvicinavano a Gerusalemme, tanto più si scoraggiavano perché la stella aveva perduto lo splendore ed era quasi scomparsa. Nel cielo della Giudea la videro solo rare volte. I Santi Re pensavano che nel paese del neonato Redentore l'avvenimento fosse conosciuto e celebrato con gioia. Ma non avendovi scorto alcuna manifestazione di giubilo, i Magi si sentirono afflitti, temendo di restare frustrati nella loro attesa.

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    00 03/01/2013 00:33

    82 - L'arrivo a Gerusalemme dei Magi - Erode è sconvolto

    La carovana adesso aveva al seguito più di duecento persone. Si erano unite alla medesima anche alcuni personaggi distinti. Vidi i tre Re che sedevano sopra i cammelli a due gobbe, carichi di bagagli. Le persone distinte procedevano su cavalcature assai veloci; non so se fossero cavalli o asini1 guarniti di preziose gualdrappe e redini adornate di innumerevoli catenelle d'oro. Entrati a Gerusalemme, il popolo fu assai sorpreso nel vederli. Quando i Magi esposero il motivo della loro venuta, si accorsero che perfino in questa città nessuno era a conoscenza della stella e del Santo Bambino. Tutti si dimostrarono meravigliati di questa storia. Quando però i guardiani delle porte udirono l'offerta dei Magi di pagare lautamente l'ospitalità nella città, e che desideravano parlare al sovrano, mandarono subito ad avvertire Erode. Frattanto alcuni cittadini presero a deridere i Re. Tempo dopo, i Magi appresero con tremendo stupore che anche Erode mai aveva sentito parlare del Santo Neonato, allora la loro afflizione aumentò. Ma dopo aver pregato, si sentirono subito pieni di fede e di coraggio; allora si affidarono a Colui che per mezzo della stella li aveva condotti in quel luogo. La carovana fu infine fatta entrare per la porta vicina al monte Calvario; i Magi e il seguito furono condotti in un cortile rotondo con abitazioni. Abbeverarono le bestie e poi le condussero nelle stalle, mentre i bagagli dei Re e del loro seguito furono attentamente perquisiti. Vidi poi Theodeko condotto segretamente al castello di Erode su un'altura. Erano le ore ventidue quando fu ricevuto da un cortigiano di Erode in una grande sala al piano terra. Al castello c'era una festa, le sale erano illuminate e affollate di cortigiani, vidi donne in abbigliamento succinto. Il maggiore dei tre Magi espose tutto con naturalezza e pregò il cortigiano di domandare al suo sovrano se sapesse dove fosse il nuovo Re dei Giudei. Inoltre gli disse sinceramente che essi erano giunti fin qui per adorarlo, seguendo la stella inviata dalla Provvidenza celeste. Quando l'uomo informò Erode, questi ne fu assai spaventato. Dissimulando il proprio risentimento, il tiranno fece rispondere che non ne sapeva nulla ma avrebbe chiesto subito informazioni. Intanto i Santi Re, sconsolati, andarono per la città cercando di udire o vedere qualcosa, scrutando invano il cielo di Gerusalemme con la speranza di vedere la stella. Appena Theodeko si allontanò dal castello, Erode, rimasto sbigottito dalla notizia, fece convocare con urgenza i saggi e i sacerdoti. Era mezzanotte quando vidi i santoni con i libri della Legge recarsi al castello. Oltre venti eruditi e veggenti, vestiti di abiti sacerdotali orna-ti di piastre e con le cintole adorne di lettere, si erano riuniti intorno ad Erode per esaudirne la volontà. Costoro mostrarono al sovrano un passo di uno scritto antico e gli risposero: "Egli deve essere nato in Betlemme di Giuda, secondo le parole del profeta Michea: "Tu o Betlemme, così piccola per essere tra i capoluoghi di Giuda, da te uscirà il Re che deve reggere il mio popolo in Israele" (cfr. Mi 5,1); Allora il tiranno impallidì; lo vidi recarsi con alcuni sacerdoti sulla terrazza del palazzo per scrutare il cielo e cercare la stella di cui aveva parlato Theodeko. Non videro nulla. Il sovrano dei Giudei fu assalito da una viva inquietudine, i dottori e i sacerdoti cercarono di acquietarlo dicendogli di non credere alle fantasticherie di quei Re, della loro stella e del novello sovrano, se veramente fosse avvenuta una tal nascita i sacerdoti del tempio della città santa l'avrebbero già saputo.

    83 - I tre Re si presentano ad Erode e ripartono per Betlemme. - Domenica 23 dicembre.

    Questa mattina Erode fece venire al suo palazzo i Re che furono ricevuti in tutta segretezza sotto un atrio e poi introdotti in una sala. Quale segno di buona accoglienza, vidi vasi con ramoscelli verdi e alcuni rinfreschi. Attesero un tempo, e appena videro apparire il sovrano nella sala si inchinarono e gli chiesero se avesse avuto notizie del nuovo re dei Giudei. Erode, che era accompagnato da alcuni saggi, cercando di nascondere la sua agitazione interiore, pose a sua volta domande ai Magi su quello che avevano veduto. Mensor allora gli narrò dell'ultima immagine che era apparsa nella stella: cioè di una Vergine col Fanciullo dal cui fianco destro sporgeva un ramo che sosteneva all'estremità una torre con molte entrate. La torre si era a poco a poco ampliata fino a divenire una città, mentre il Bambino con la corona, la spada e lo scettro, era apparso sulla città stessa qua-le suo dominatore. Poi Mensor così concluse la descrizione di questa visione: "Allora noi vedemmo giungere in questo luogo tutti i sovrani della terra per prostrarsi e adorare il Bambino, perché Egli possiede un Regno che è superiore a tutti gli altri". Erode gli disse: "Esiste una profezia analoga, la quale determina il luogo di Efrata, intorno a Betlemme, in cui potreste tentare di trovare il Bambino e adorano in silenzio contemplativo e sincerità!". Poi il sovrano concluse manifestando il desiderio di udire la loro relazione quando fossero passati sulla strada del ritorno, "affinché egli pure potesse colà recarsi e prestare il suo omaggio" (cfr. Mt 2,8). I Magi, senza toccare i rinfreschi e i cibi preparati per loro, andarono via in fretta dopo essersi accomiatati da Erode. Essi ripresero subito il viaggio alla volta di Betlemme, seguendo le istruzioni della profezia accennata da Erode. Quando si misero in viaggio, siccome vidi ardere le fiaccole, suppongo che fosse prima dell'alba. Molti mendicanti, che avevano seguito la carovana, si erano dispersi per Gerusalemme e non proseguirono il viaggio al seguito dei Magi. Vidi il lungo corteo dei carri, cavalieri, cammelli e uomini a piedi, uscire dalla porta posta a mezzodì di Gerusalemme. Un gruppo di persone li seguì fino ad un ruscello vicino alla città. Passato il ruscello, i Re sostarono in attesa di vedere comparire la stella; quando dopo poco questa apparve luminosa essi lanciarono grida di gioia e con lieti canti proseguirono la via. La stella, che di notte splendeva come un globo di fuoco, ora si distingueva appena in forma rotonda come quando si mostra la luna in pieno giorno. Spesso la vidi offuscata dalle nubi. La via diretta che da Betlemme conduceva a Gerusalemme, formicolava di viaggiatori che portavano numerosi asini carichi di bagagli. Credo che fossero persone che facevano ritorno a Gerusalemme dopo aver pagato l'imposta a Betlemme, o che si recavano al mercato o al tempio di Gerusalemme. La strada secondaria che invece percorrevano i Santi Re, era laterale a quella principale, più lunga e solitaria. Fu certamente per volere di Dio che giunsero la sera a Betlemme senza eccitare troppo la pubblica curiosità. Vidi la carovana avanzare al tramonto del sole sempre mantenendo lo stesso ordine: Mensor precedeva con tutti i suoi, poi seguiva il moro Sair; infine Theodeko, il più anziano dei Re.

    84 - La stella indica ai Magi la Grotta del Presepio

    Era il crepuscolo di domenica quando la carovana si arrestò dinanzi allo stesso palazzo dove Maria e Giuseppe si erano fatti registrare. Vidi tra le altre case, una più grande di tutte, con un cortile chiuso e circondata da un prato e alcuni alberi, al centro del quale vi era un pozzo. Sulla piazza si trovavano alcuni soldati romani posti a guardia del palazzo dov'era l'ufficio delle imposte. Al giungere della carovana molti curiosi le si affollarono intorno. Frattanto la stella era sparita ed i Santi Re incominciarono ad inquietarsi. Altre persone, uscite dalle loro case, si erano fatte loro incontro festose, agitando dei rami ed offrendo ai Magi pani e bevande; poi cominciarono ad interrogarli, come era l'usanza del tempo alla vista di nobili viaggiatori. Frattanto gli animali si dissetavano alla fontana sotto gli alberi. Pensai che la causa di quel benvenuto era dovuto ai pezzetti d'oro che i Re distribuivano alla folla, mentre a Maria e Giuseppe, che non avevano potuto distribuire nulla o ben poco, era stata chiusa la porta in faccia. Dopo l'incontro con Erode, i Magi istintivamente non amavano più attirare la pubblica attenzione e chiesero solo dove porre il campo; venne consigliata loro la valle dei pastori. In quello stesso momento i Magi scorsero uno splendore scintillante nel cielo stellato, allora immediatamente risalirono sui cammelli. Seguendo la fossa della città e delle mura diroccate, aggirarono Betlemme per la parte meridionale avvicinandosi alla grotta dal lato in cui i pastori avevano avuto l'apparizione degli Angeli. Istruiti da alcuni pastori locali, esperti del terreno, la carovana pose l'accampamento dalla parte posteriore della caverna di Maraha. Già parte dell'accampamento era stato disposto quando, sulla collina del presepio, la stella apparve chiara e splendente come non mai; un raggio abbagliante di luce scendeva perpendicolarmente sulla grotta di Gesù. I Magi, che osservarono attenti il fenomeno miracoloso, videro formarsi in mezzo a quello splendore notturno l'immagine del Bambino, come già l'avevano visto un'altra volta nella stella.

    85 - Gioia e commozione dei Magi alla presenza della Beata Vergine

    Commossi dalla gioia, essi si scoprirono il capo attestando l'alta venerazione in cui erano stati compresi; poi, salendo la collina, rinvennero finalmente l'ingresso della grotta. Mensor ne aprì la porta e fu inondato da una luce fulgente; in fondo alla caverna c'era la Vergine seduta col Bambino, proprio nel modo in cui l'aveva vista nelle sue contemplazioni. Emozionato nel più profondo del cuore, corse dai compagni annunciando loro il portento. Giuseppe ed un vecchio pastore uscirono ad incontrarli; i Santi Re gli dissero che erano venuti con i doni ad adorare il Pargoletto Celeste, Re dei Giudei, condotti da una stella. Giuseppe accolse i Magi con molta cordialità. Essi, però, vollero ritornare subito al campo ad abbigliarsi per l'occasione di ampi mantelli di candido colore, ornati di ricami d'un bel giallo risplendente come la seta grezza. I mantelli erano leggerissimi ed il loro strascico toccava il suolo; i Santi Re li indossavano solo in occasione delle grandi solennità religiose. Portavano alla cintura borse appese con catenelle d'oro; sottobraccio tenevano cofanetti preziosi coperti da manti. Ciascun sovrano aveva un seguito di quattro parenti. Alcuni servi di Mensor portavano un tavolino rotondo, un tappeto con frange ed alcuni preziosi oggetti. Giuseppe li guidò fino all'ingresso, qui ricoprirono la tavoletta col ricco tappeto, la colmarono di astucci, di vasi e di altri oggetti che ciascuno si levava dalla cintola; erano i doni che i Magi offrivano in comunione. Quando tutti si tolsero i sandali, Giuseppe aprì la porta della grotta: allora due servi di Mensor stesero al suolo un tappeto ed egli entrò, seguito da altri due paggetti con i doni. Giunto al cospetto della Santa Vergine, il Re s'inginocchiò e, ricevendo dalle mani dei servi i doni, li pose umilmente su un piccolo sgabello ai piedi di Maria. Poi i servi si ritirarono. I quattro accompagnatori di Mensor, umilmente inginocchiati, stavano presso quest'ultimo, mentre gli altri due Re col loro seguito si erano fermati all'ingresso sotto la tettoia. I Magi furono presi da grande emozione, invasi dal timore e dalla profonda venerazione. Li vidi abbacinati dal vivo e celeste chiarore della caverna, eppure altra luce non v'era che quella della lanterna. Difronte all'ingresso, nel luogo stesso dov'era nato, si trovava un cestello sull'alto piedistallo, su questo giaceva la "Luce del mondo" avvQlto in un panno. Quando i Re entrarono timorosi, la Santa Vergine si velò e prese in grembo il bambino Gesù. Mensor, in ginocchio e a capo scoperto, offrì i doni e pronunciò sommesse parole di omaggio. Intanto Maria Santissima, togliendo al Pargoletto la fascia color bianco e rosso che avvolgeva la parte superiore del corpicino, lasciava scorgere l'amabile figura mentre con una mano gli teneva sollevata la testolina e con l'altra gli circondava il corpo. Il Bambino, quasi in atteggiamento di adorazione, teneva le mani incrociate sul petto. Era spendente di graziosa bellezza. Contemplando i tre Magi mi sentii profondamente commuovere dall'innocenza dei loro cuori. Quanto sono beate e sincere nella preghiera queste pie persone che, partite da levante, sono andate ad adorare Gesù. Mi sembrano veramente dei fanciulli! Io mi sento di essere uno spirito vacante, sospesa nell'aria, altrimenti non li vedrei così; eppure in questo momento esisto sulla terra! Mentre ero assorta in questa contemplazione una voce mi disse: "Che t'importa di ciò che sei? Alzati e loda il Signore che èeterno e tutto comprende". Allora vidi Mensor estrarre da una borsa che gli pendeva dalla cintola un pugno di bastoncini d'oro scintillanti, lunghi circa un dito. Egli li depose vicino al Fanciullo divino. Maria accettò con semplice affabilità l'oro. Mensor offriva questi bastoncini d'oro puro animato da divi-no amore e da pie intenzioni, compresi che aveva sempre cercato di raggiungere la verità di tutte le cose. Mensor e le quattro persone che l'accompagnavano si ritirarono, lasciando che avanzasse Sair con i suoi seguaci. Questi pure si inginocchiò e con umili accenti offrì il suo dono, consistente in un'aurea navicella ripiena di piccoli grani verdognoli di resina, che depose sulla tavoletta dinanzi al Bambino. Offriva l'incenso delicato perché, volonteroso e pio, sapeva adattarsi e seguire la Volontà Divina. Prima di ritirarsi rimase genuflesso lungo tempo, assorto in profonda commozione. Avanzò dunque Theodeko, alto e corpulento, non potendo inginocchiarsi si inchinò, presentando sulla tavola un vaso d'oro contenente un'erba fine e di color verde che sembrava portasse ancora le radici. Era questo un alberello dalle foglie increspate e lucide, i cui verdi rami erano diritti e portavano dei bei fiorellini bianchi. Theodeko offriva la mirra quale simbolo della mortificazione e del trionfo sulle passioni, infatti quell'uomo pio aveva combattuto e vinto molte tentazioni mosse dal culto degli idoli, dell'irascibilità e della poligamia. Egli e tutto il suo seguito, stettero per molto tempo genuflessi in grande commozione innanzi a Gesù. Io intanto sentivo compassione per tutti i servi che erano rimasti fuori dalla grotta in attesa di poter adorare per ultimi il bambino Gesù e la Madonna. Immensa fu l'ingenuità e la semplicità delle parole dei Santi Re e dei loro seguaci. Ecco approssimativamente il senso delle loro parole, mentre genuflessi presentavano i doni: "Noi abbiamo veduto la sua stella ed abbiamo saputo che Egli è il Re dei re, perciò veniamo ad adorarlo ed a porgergli l'offerta dei nostri doni". Poi cantarono inni di lode ed iniziarono a pregare con l'umiltà più profonda; vidi lacrime di gioia scorrere sulle loro guance, riempiendoli di grazia. La Madre Divina aveva accettato umilmente i doni che le erano stati fatti, e sebbene non parlasse, pure il segreto movimento del velo tradiva la commozione da cui era agitata. Il nudo corpicino di Gesù si mostrava raggiante dal velo entro cui era avvolto. Dopo che i Santi Re ebbero presentato i propri omaggi la Madonna, pronunciando alcune umili parole di ringraziamento a ciascuno di essi, ritirò alquanto il velo dalla sua persona. Allora io mi sentii istruita sull'accettazione dei doni del cuore e sull'amore sincero. Ebbi innanzi tutto conoscenza della vera dimensione della bontà di Giuseppe e di Maria; Essi non riterranno quei doni tutti per loro ma li divideranno con i poveri ed i pastori. Prima di ritirarsi, i Re incensarono, con pieno sentimento devozionale, Gesù, Giuseppe, la Madonna e la grotta. Poi con i mantelli leggeri avvolti attorno al loro corpo, vidi i Magi abbandonare la grotta insieme ai nobili del seguito per far ritorno al loro alloggio. Entrarono quindi nella grotta i servi, che nel frattempo avevano alzato le tende, sistemato gli animali e preparato il campo, infine avevano atteso umilmente fuori della grotta. Erano circa in trenta e conducevano con loro una schiera di fanciulli, i quali avevano la testa coperta e indossavano solo un semplice mantelletto. Li vidi entrare nella grotta cinque per volta, erano introdotti da un capogruppo. Appena varcavano l'ingresso si genuflettevano innanzi al Bambino e L'adoravano silenziosi. Alla fine entrarono tutti i fanciulli e, inginocchiatisi, innalzarono con fervore innocente e gioioso la loro preghiera al Bambino celeste. I servi non si fermarono a lungo dinanzi al Presepio a causa delle gravose incombenze che li attendevano. Vidi Maria Santissima e Giuseppe commossi fino alle lacrime per questa solenne adorazione tributata al Figliolo Divino. I servi e la Santa Famiglia avevano unito le loro preghiere a quelle dei Magi e fino alle vallate dei dintorni risuonava l'armonico abbraccio della grazia. Con l'omaggio dei tre Santi Re venuti da lontano, quei genitori avevano visto il compimento della grande attesa. Quando tutti lasciarono la grotta, le stelle riempivano il firmamento celeste della scena notturna. Il seguito dei Magi si era radunato intorno ai fuochi che circondavano l'albero di terebinto presso la grotta di Maraha. Udii allora dal campo dei Santi Re levarsi i canti solenni del rito religioso dedicato alle stelle.

    86 - Giuseppe alloggia i tre Re

    Mai potrei descrivere quanto fosse commovente udire quel canto nel silenzio della valle. Gli antenati dei Magi avevano pregato ed elevato i loro inni alle stelle per molti secoli finché questa sera ogni attesa era stata ripagata, e gli animi erano stati inondati di gioia e di riconoscenza. Intanto Giuseppe, aiutato da due anziani pastori, aveva preparato nelle tende dei Magi un pasto frugale. Sopra una bassa tavola disposero dei piatti con pani, frutta, favi di miele ed erbe, oltre a vari fiaschetti di balsamo. Questi cibi erano stati preparati da Giuseppe quando Maria gli aveva annunciato l'arrivo dei Re. Finito il canto notturno, tutti tornarono alle loro tende per desinare, e Giuseppe consumò il pasto frugale assieme ai Magi. All'inizio si dimostrò timido di fronte ai Re, ma poi entrò sempre più in comunione con costoro. Nell'avere queste visioni mi ricordai di mio padre, un povero contadino, che in occasione della mia vestizione nel chiostro si trovò assiso a tavola in mezzo a molte distinte persone. All'inizio del banchetto l'umiltà e l'ingenuità lo resero timido, in seguito però divenne giulivo e fu il protagonista della festa. Giuseppe si ritirò nella grotta subito dopo il banchetto, mentre alcuni dei ricchi della carovana si recarono in un albergo di Betlemme; altri invece si stesero sui giacigli che erano stati disposti intorno alla tenda maggiore e si riposarono. Quando Giuseppe fu di ritorno alla grotta, collocò i doni ricevuti dai Magi dietro ad una parete mobile. Né Giuseppe, né l'ancella e tantomeno Maria avevano contemplato i doni con compiacenza mondana; li distribuirono ai poveri. Quando la carovana era giunta a Betlemme, vidi che intorno vi era nato un trambusto e una certa agitazione. Un gruppo di persone aveva seguito la carovana e veduto dove questa si dirigeva. Giunti fino alla valle dei pastori, i curiosi erano ritornati a Betlemme. Alcuni Giudei però erano rimasti nascosti nella campagna e avevano spiato quegli incontri gioiosi, poi erano tornati in città a riferire calunnie su ipotetici riti magici. Piansi amaramente quando ebbi quelle visioni; mi addolora sempre constatare che quando Dio si avvicina a qualche anima, molti vengono spinti dall'invidia e inventano ogni specie di falsità. Che compassione ho per questi ciechi che respingono la grazia e la salvezza! I Magi, invece, hanno sopportato un così lungo cammino per trovare la salvezza.

    87 - L'inquietudine di Erode

    Frattanto Erode a Gerusalemme era molto inquieto, convocati di nuovo i dottori, consultava i libri sacri e discuteva sulle parole dei Magi e gli avvenimenti collegati. Dopo un battibecco con i savi dottori, vidi spegnersi le fiaccole e tutto scese nel silenzio. Mi sembrò che il sovrano avesse ordinato ai saggi e ai fedelissimi di lasciar cadere il fatto nell'assoluta dimenticanza. Nei giorni seguenti Erode fu invaso dall'ira per un altro problema: egli si trovava nel suo castello di Gerico, da cui aveva preso il controllo sul tempio facendo uccidere tutti gli oppositori. il giorno 25 casleu, si era recato a Gerusalemme per celebrarvi la solennità della Dedicazione; in quell'occasione aveva offeso gravemente i sacerdoti facendo porre sulla porta del tempio "il capretto d'oro". Un sacerdote, che non aveva saputo resistere a tanta provocazione, aveva rovesciato a terra l'idolo ed era stato incarcerato. Ne era nato un gran tumulto. Mentre Erode si trovava in questa disposizione d'animo particolare, lo raggiunsero confusamente voci sulla nascita di Cristo. Nella Giudea si era fatta viva la voce della prossima venuta del Messia. Notizie di eventi miracolosi avevano accompagnato la nascita di Gesù e circolavano particolarmente ad opera dei pastori. I ricchi ed i dotti erano invece convinti che tutto ciò fosse un'invenzione favolosa. Quando la cosa giunse alle orecchie di Ero-de, egli fece fare delle indagini segrete a Betlemme e dintorni. I suoi spioni giunsero alla grotta, parlarono con San Giuseppe e constatarono di avere a che fare con gente povera. Riferirono dunque al loro sovrano che non vi era nulla da temere da gente così miserabile. Per apprendere la verità su questo novello re, suo temibile concorrente, Erode aveva fatto credere ai Magi di voler adorare anch'egli il Santo Bambino. Il tiranno cercava di agire con la massima prudenza: egli non voleva provocare il popolo adoperando violenza visibile contro i nascituri, e non voleva nemmeno che la massa credesse che il loro sovrano avesse paura del nuovo re. Quando i Magi non ripassarono per Gerusalemme, Erode li additò in pubblico come fanatici ingannatori. Più tardi, avendo forti sospetti su quella miserabile famiglia nella grotta, Erode ordinò che nessuno dovesse frequentarla e tantomeno dare adito a voci di presunte santità prive di senso. Quando la Sacra Famiglia ritornò a Nazareth, quindici giorni dopo il parto, ben presto il caso fu generalizzato e cadde in dimenticanza. Per la massa del popolo tutto ciò era stato un avvenimento oscuro; però le pie persone tacquero, ancora piene di speranza. Tutto ritornò così nel silenzio. Quando Erode pensò che, siccome nessuno ne parlava più, era giunto il momento di disfarsi di Gesù, seppe che la Santa Famiglia lo aveva prevenuto abbandonando Nazareth. Furioso, il sovrano di Gerusalemme fece fare delle ricerche e delle lunghe indagini; quando svanì ogni speranza di ritrovare il Bambino, abbracciò la disperata idea di far uccidere tutti i fanciulli. Perciò organizzò gruppi di guardie armate, per prevenire tumulti e per controllare che nessun bambino potesse sfuggire dal suo regno.

    88 - Un Angelo avverte i Santi Re del pericolo erodiano. - Visioni di lunedì 24 dicembre.

    Di buon mattino vidi i Magi, accompagnati da molte persone del loro seguito, recarsi a visitare nuovamente il Bambino e la Santa Vergine. Poi si occuparono di sistemare il campo. Li vidi pieni di gioia prodigarsi nell'offerta di doni. Agivano sempre così quando accadeva qualche lieto avvenimento. I pastori che servivano i Re ed il loro seguito furono pure generosamente ricompensati. Vidi molti poveri andarsene ricolmi di doni. I Magi coprirono con le pellicce le spalle di alcune povere vecchiette che, misere e curve sotto il peso degli anni, si erano trascinate fino all'accampamento. Molti componenti della carovana si unirono in matrimonio con i figli o le figlie dei pastori e stabilirono la loro dimora in quelle valli. Avevano chiesto il permesso ai Re, ed ottennero di essere congedati insieme a vistosi regali. Costoro ricevettero dai Magi tappeti, vasi e grani d'oro, perfino le cavalcature. I Magi dispensavano anche molto pane. Al pensiero dove mai potessero prenderne in tanta quantità, mi sovvenne di aver visto i servi e i carovanieri dei Magi preparare certi pani di forma schiacciata con la farina, che poi cuocevano in vasi di ferro. Vidi poi che li impacchettavano strettamente l'uno sopra l'altro in scatole di cuoio che portavano appese al fianco degli asini. Ho visto venire da Betlemme molti mendicanti che avevano iniziato ad importunare i Re chiedendo loro doni, accampando richieste pretestuose e manomettendo perfino i bagagli del seguito. Erano certamente provocatori. I Magi decisero di accomiatarsi e di fare ritorno ai loro paesi. Essi avevano intenzione di passare per Gerusalemme e mettere al corrente Erode della cosa. Questa volta però volevano partire in silenzio, a piccoli gruppi, per non allarmare la regione e la popolazione locale. Essi avevano compreso l'errore fatto nel venire, quando il loro trionfalismo aveva rotto l'incantesimo del silenzio. Ammaestrati dall'esperienza, adesso avevano pensato di porvi rimedio. La sera vidi Mensor entrare nella grotta per il commiato, Maria gli porse il Santo Pargoletto tra le braccia; vidi il Re raggiante di gioia. Dopo Mensor, seguirono gli altri due che si accomiatarono piangendo di commozione. In quest'occasione, essi fecero alla Sacra Famiglia nuovi doni: molti pezzi di stoffa grezza, dei panni rossi e a fiorami, bellissimi tappeti, e vi lasciarono perfino gli ampi e finissimi mantelli; donarono pure astucci contenenti dei grani e una cesta che conteneva dei vasi da cui crescevano certe erbette verdi assai fini che davano dei fiorellini bianchi. Era mirra. A Giuseppe diedero in dono anche delle alte ceste contenenti uccelli. I Magi, nel congedarsi definitivamente dalla Madonna e dal Bambino, piansero commossi. La Santa Vergine, frattanto, era rimasta in piedi dinanzi a loro e teneva il Bambino fra le braccia avvolto in un velo. Ella accompagnò per alcuni passi i Santi Re verso l'ingresso della grotta, poi si fermò e diede a Mensor il sottile velo di stoffa color giallo che portava sul capo, affinché questi potesse avere un ricordo dell'avvenimento. Inchinatosi riverenti, i Magi accettarono con gioia quel dono prezioso della Madonna, mentre il cuore batteva dentro di loro gonfio di riconoscenza e di santo timore. Da quel momento il velo fu per loro la reliquia più sacra conservata gelosamente. Maria aveva accettato quei sentimenti devozionali con sincera umiltà, con quella stessa espressione di amore che ebbe per Giuseppe quando era disperato per non aver trovato un luogo per la notte. La Vergine era più addolorata di lui perché comprendeva nella profondità dell'animo come fosse grande la sua umiliazione. Questo è il vero amore che scaturisce dalle profondità del cuore. Quindi alla luce delle fiaccole, i Santi Re si recarono sotto il grande terebinto per tenervi la cerimonia religiosa. Una fiaccola ardeva sotto l'albero, mentre essi iniziarono a pregare e a cantare dolcemente sotto lo scintillio luminoso degli astri del firmamento celeste. Le voci dei fanciulli del seguito si sentivano risuonare armoniose e innocenti nel coro. Terminato il rito, mangiarono un pasto frugale; poi mentre alcuni fecero ritorno all'albergo di Betlemme, gli altri si coricarono nell'accampamento. A mezzanotte vidi improvvisamente apparire un segno celeste: mentre i Re dormivano tranquillamente, radunati sotto la tenda più grande, vidi un giovane circondato da una luce meravigliosa; era un Angelo che li ammoni di non passare per Gerusalemme, bensì costeggiare il mar Morto e prendere il cammino del deserto. A quel sogno tutti balzarono dai giacigli, andarono a svegliare i servi e si recarono alla grotta a destare Giuseppe, il quale corse subito a Betlemme a chiamare coloro che vi passavano la notte. Frattanto questi ultimi, avendo avuto anch'essi contemporaneamente uguale apparizione, si erano già messi in cammino verso l'accampamento e avevano incontrato Giuseppe. In pochissimo tempo fu levato il campo e, tolte le tende e preparati i bagagli, fu disposta ogni cosa per l'immediata partenza. I Re si congedarono da Giuseppe abbracciandolo per l'ultima volta; subito dopo la carovana, divisa in piccoli drappelli, mosse a passo celere verso il deserto d'Engaddi. I Magi avevano pregato la Santa Famiglia di fuggire con loro; poi avevano esortato Maria a nascondersi con il Bambino per ovviare all'imminente pericolo. L'Angelo indicava la via ai Magi, che ben presto furono fuori dalla vista di Giuseppe. I piccoli drappelli, sgravati dal carico del viaggio d'andata, distavano circa un quarto d'ora l'uno dall'altro. Dapprima la marcia volse a levante, poi si diresse verso il sud. Questa fu la stessa strada percorsa da Gesù, quando ritornò dall'Egitto.

    89 - Misure delle autorità di Betlemme contro i Magi. Zaccaria di Juta visita la Sacra Famiglia.

    Visioni di martedì 25 dicembre.

    Quando scattò l'ordine di cattura da parte degli erodiani, i Magi erano già a Engaddi. L'Angelo aveva ammonito i Re veramente in tempo. Nella stessa notte della loro partenza le autorità di Betlemme avevano inviato le guardie a prelevare i Magi nel sonno per rinchiuderli nei sotterranei della sinagoga, con l'accusa di perturbare l'ordine del paese. Ma quando le guardie erano giunte nella valle in cui i Santi Re avevano tenuto l'accampamento, meno qualche palo servito a sostenere le tende e l'erba calpestata, non trovarono che la quiete più silenziosa. Al mattino, quando si apprese che i Magi erano fuggiti nella notte, tra la popolazione di Betlemme Iniziò a serpeggiare una grande agitazione: presero a circolare le opinioni più confuse e diverse, in tutta la città e nei dintorni. Molti si erano pentiti di non aver voluto alloggiare Giuseppe; altri si perdevano in chiacchiere inutili, descrivendo i Re quali fanatici avventurieri. Vidi la piazza centrale di Betlemme ricolma di popolo. Da uno scalone del palazzo del governo, vicino alla sinagoga dov'era una grande fontana ombreggiata da piante, un uomo circondato da altri leggeva un proclama. Tutti erano assorti nell'ascolto. Nel proclama si vietava ai cittadini di Betlemme e dintorni di frequentare la grotta della collina perché era origine di dicerie e falsità che compromettevano l'ordine pubblico. Vidi poi il popolo ritornare alle proprie abitazioni, mentre San Giuseppe, scortato da due persone, veniva condotto in quello stesso palazzo per essere interrogato da funzionari del governo erodiano. Lo vidi poi far ritorno alla grotta e recarsi una seconda volta da questi vecchi Giudei. Aveva un sacco sulle spalle che depositò su un banco alla loro presenza; scaricò da questo una buona parte dell'oro che aveva avuto in dono dai Re. Allora i vecchi giudici lo rimisero subito in libertà. Mi sembrò che quel processo fosse stato intentato a soli fini speculativi. La Santa Famiglia adesso era sospettata e isolata dalla popolazione dei dintorni. Giuseppe frattanto aveva provveduto a nascondere i doni e il resto dell'oro dei Magi nella caverna di Maraha ed in un'altra grotta della collina. Questa sera ho visto arrivare Zaccaria da Hebron per fare una visita alla Sacra Famiglia. Egli, pieno di commozione e di gioia, ha abbracciato il Santo Bambino elevando al Cielo un cantico di lode. Avevo già udito cantare dal vecchio sacerdote un inno simile in occasione della circoncisione di Giovanni.

    90 - La Sacra Famiglia si nasconde. - Visioni di mercoledì 26 dicembre.

    Oggi Zaccaria è ripartito, mentre Anna, la figlia maggiore, il secondo marito e l'ancella hanno fatto ritorno alla grotta. La figlia di Anna mi sembrava più vecchia di sua madre. Il secondo marito di Anna, Eliud, era molto più anziano e di costituzione fisica più robusta di Gioacchino. La Santa Madre aveva avuto da lui una figlia che si chiamava pure Maria; quando nacque Gesù questa aveva all'incirca sette anni. Alla morte di Eliud, Anna, seguendo la volontà divina, prese un terzo marito da cui ebbe ancora un figlio; questi fu chiamato "il fratello di Cristo" dalla voce del popolo. Vedevo che Maria Santissima, piena di grazia e irrorata di gioia, affidava spesso il Bambino nelle braccia di Anna. Le due sante donne Gli strofinavano la testolina e poi la coprivano con un panno. La Santa Famiglia trattava sempre il Bambino Divino con un rispetto devoto e profondo, ma ogni atto era semplice ed ingenuo come dovrebbe essere ogni azione dell'uomo che vive nella grazia dello Spirito Santo. Il Bambino Divino mostrava un amore eccezionale per sua madre. Quando Maria raccontò ad Anna tutti i particolari della visita dei Magi, ella si commosse al pensiero che Dio avesse chiamato gente così lontana ad adorare il Figlio della Promessa. Poi la Madonna mostrò alla madre i doni portati dai Santi Re, nascosti in un vano della parete. Le sante donne li contemplarono commosse, come testimonianza sincera della devozione dei Magi per il loro Prediletto. Anna aiutò Maria a distribuire i doni e a disporre le faccende domestiche. Intorno alla grotta regnava la quiete più profonda; le autorità avevano fatto sbarrare tutte le strade di accesso. Per evitare ogni contatto pubblico, Giuseppe non andava più a Betlemme per gli acquisti; i pastori dei dintorni provvedevano a tutto. Essendo il luogo divenuto insicuro e molto osservato dalle guardie erodiane, la Santa Famiglia aveva pensato di mettere in salvo tutto i propri averi. Ho visto quindi Eliud e l'ancella di Anna partire con un asino pieno di bagagli. Anche l'ancella portava due involti, l'uno sul dorso e l'altro appeso al collo. I bagagli contenevano tutto il restante delle offerte dei Santi Re, come le stoffe e i vasi d'oro che più tardi furono adoperati nelle cerimonie religiose cristiane. Pare che i due domestici avessero il compito di portare quei beni solo fino ad un certo punto, dove altri servi di fiducia di Anna avrebbero proseguito il cammino fino a Nazareth. Alcune volte ebbi la visione di Anna e Maria Santissima che, nella caverna laterale, ricamavano o tessevano un tappeto assai grande. Vedo la Grotta del Presepio vuota, solo l'asino si trova dietro la parete di vimini. Oggi sono venuti di nuovo alcuni ufficiali di Erode e li ho visti cercare il Neonato dappertutto. La permanenza in questo luogo diventa sempre più pericolosa. Una ricca ebrea che aveva appena dato alla luce un figlio fu sottoposta a numerose angherie e maltrattamenti; Erode era invaso sempre più dal timore di perdere il trono. Infatti due vecchi pastori avvertirono Giuseppe di essere più prudente di fronte all'incombente pericolo erodiano. Allora i nostri si rifugiarono definitivamente nella caverna di Maraha. Li vidi attraversare la valle nella notte seguendo la debole luce di una lanterna. A questo punto ebbi una magnifica visione: vidi il Santo Bambino, mentre riposava tra le braccia di Anna, circondato da un'aureola formata da sette figure di Angeli intrecciati insieme. Numerose altre figure indistinte, ma luminosissime, conducevano per il braccio Anna, Giuseppe e Maria.

    91 - De lacte Sanctissimae Virginis Mariae (il miracolo del latte di Maria)

    Visioni di giovedì 27 dicembre.

    Vidi due pastori correre nella caverna di Maraha per avvertire la Santa Vergine di un pericolo incombente: di nuovo guardie erodiane venivano alla ricerca del suo Figliolo. Maria allora, invasa dal timore, consegnò il Bambino a Giuseppe, che lo avvolse subito nel suo mantello e lo portò via. Maria rimase sola e angosciata per oltre mezza giornata. Giunta l'ora in cui soleva allattare il Bambino, fece come tutte le buone madri in queste situazioni: premette dal suo seno addolorato il latte, che fluì in un'incavatura bianca scavata nella spelonca. Maria narrò questo fatto ad vecchio pastore, venuto per condurla dal Bambino, allora l'uomo subito tolse il latte verginale che era ancor tiepido dall'incavatura e lo portò a sua moglie che non poteva allattare il figlioletto; fece questo con la più ingenua sponaneità e profonda fede. La buona consorte bevve il nutrimento con viva fiducia e subito, ricompensata per la sua fede, fu in grado di allattare il proprio bambino. Da quando avvenne questo fatto, anche la semplice pietra bianca della spelonca, su cui Maria aveva lasciato scorrere il suo latte, possedette tale facoltà. Ancor attualmente gli infedeli maomettani la considerano come un rimedio salutare per le madri che non possono dare latte. Il suolo della "Grotta del santo latte" fu sempre tenuto in grande venerazione da chi visitò i luoghi santi. I devoti pellegrini hanno l'usanza di mettere la terra di questo suolo in piccoli astucci su cui vi scrivono esteriormente: De lacte Sanctissimae Virginis Mariae, poi li spediscono come reliquie e santi ricordi nei paesi della Cristianità.

    92 - Celebrazione della ricorrenza delle nozze di Maria Santissima

    Giuseppe non si tenne nascosto nella caverna di Maraha; lo vidi con i pastori intrecciare ghirlande ed addobbare la Grotta del Presepio per celebrarvi la commemorazione delle sue nozze. Quando tutto fu pronto, Giuseppe andò a prendere la Vergine col Bambino ed Anna per condurli nella grotta adornata a festa. Qui li aspettavano già Eliud, l'ancella ed i tre anziani pastori. Le pareti erano state tutte abbellite da corone di fiori ed in mezzo alla caverna vi era un piano su cui si vedevano dei cibi. Al suolo erano stati stesi alcuni tra i migliori tappeti, scelti tra quelli donati dai Santi Re. Al centro della tavola vidi che si ergeva un mazzo piramidale di foglie e fiori, sulla dma del medesimo vi era un ramo su cui riposava una colomba, che credo fosse finta. Vidi la grotta intrisa di splendore e di gioia. Sopra un piccolo banco era stata posta la culla in cui giaceva il Santo Bambino, mentre Maria e Giuseppe, incoronati di ghirlande, gli stavano al fianco e bevevano nelle coppe. Erano presenti anche alcuni pastori. Dapprima cantarono lietamente i salmi, poi incominciarono un pasto assai frugale. Vidi gli Angeli entrare nella grotta e percepii la mano di Dio presiedere quella scena di gioia. Finita la festa, la Santa Vergine insieme ad Anna ed al Bambino, lasciò subito la grotta per ifugiarsi di nuovo nella caverna di Maraha. Tutti rimasero commossi e dolcemente rapiti nella grazia di Dio.

    93 - Preparativi per la partenza. - Visioni da venerdì 28 a domenica 30 dicembre.

    In questo tempo vidi San Giuseppe occuparsi dei preparativi per la prossima partenza. Egli donò ai pastori quasi tutto, comprese le pareti di vimini e tutti gli altri oggetti che aveva costruito per abbellire e per rendere più comoda la grotta. Oggi, dopo mezzogiorno, ho visto molte persone passare vicino alla grotta, ma siccome sembrava abbandonata, hanno continuato il loro cammino. Vedo la Santa Famiglia intenta negli ultimi preparativi per la partenza. Due asini sono stati caricati dei doni dei Santi Re: tappeti, pani e stoffe. Prima di mettersi in viaggio, la Sacra Famiglia celebra il sabato nella caverna del "santo latte". Nei dintorni tutto è tranquillo. Anna, Eliud ed i servi sono partiti per primi alla volta di Nazareth. Questa notte, per la seconda volta, ho visto Maria uscire dalla grotta di Maraha per recarsi in quella del presepio. Disteso il Bambino su un tappeto, sul posto dove era nato, Gli si è inginocchiata vicino e ha pregato. Allora improvvisamente, come quando è nato Gesù, ho visto tutta la caverna rifulgere di luce e l'adorabile Madre di Dio risplendere per quella luce straordinaria.

    94 - Anna Caterina Emmerick: le reliquie dei tre Magi

    Certamente per volere di Dio, le reliquie dei Santi e dei Martiri durante in secoli cristiani hanno santamente influenzato numerosi membri del Corpo Mistico di Gesù Cristo. Le grazie che provengono dalle reliquie, consistenti in un qualunque oggetto consacrato, furono molto evidenti nell'anima eletta della pia Emmerick. Al solo contatto, per esempio, con un pezzo di stoffa di una veste di un Santo, la Veggente era in condizione di narrare la vita di quest'ultimo fin nei minimi particolari. Tale grazia fu quasi ignorata dalle Commissioni ecclesiastiche che studiavano i ftnomeni mistici di Suor Emmerick. Dalle varie testimonianze e dal comportamento stesso della Veggente noi siamo persuasi che questo dono spirituale era in lei assai manfesto. Tale prodigiosa facoltà infatti fu confermata quando Anna Caterina ricevette un gran numero di oggetti sacri e fu in grado di riconoscerne immediatamente la loro origine. A causa della decadenza della fede e della soppressione di numerose chiese e conventi42, i preziosi ricordi custoditi in molte chiese andarono dispersi o ceduti ad antiquari. L'esistenza di molti santi ricordi abbandonati, comunque sparsi nei dintorni, fu segnalata dalla Veggente; infatti molti arredi e oggetti sacri furono poi rinvenuti grazie alle sue rivelazioni. Il reverendo Overberg, il suo confessore straordinario, le procurò così due vasi ricolmi di reliquie dei Santi, molte delle quali ritrovate in una chiesa antichissima demolita. Tra le medesime, c'erano pezzetti di stoffa appartenuta ai Re Magi. Suor Emmerick era persuasa che Anna fosse partita da Betlemme portando con sé qualche cosa che appartenesse a lei. Evidentemente alludeva alle stoffe che erano state donate dai Re alla Santa Famiglia e poi giunte, dopo circa milleottocento anni, nelle sue mani stigmatizzate. La Veggente, con templando due pezzi di stoffa, l'uno giallo di lana, l'altro di seta rosso-bruno, che erano stati parte dei mantelli dei Santi Re, disse:

    Io devo possederne ancora un altro. Questi tre pezzetti di stoffa che posseggo appartennero a tre manti dei Magi: uno assai pesante per il cattivo tempo, un altro giallo, ed uno rosso di lana finissima e leggera. Nelle ricorrenze solenni però i Re vestivano manti di seta grezza molto lunghi e risplendenti d'oro; gli orli venivano sollevati dai paggi. Quando essi erano soli, e soffiava il vento, vedevo i loro mantelli muoversi formando larghe pieghe. Sento di aver vicina una simile reliquia e, per influenza di questa stessa, stanotte ho visto come si lavorava e si tesseva la seta..."

    Così Suor Emmerick descrisse alcune visioni intorno alle donne che tessevano la seta in un paese posto a levante dei domini dei Magi, probabilmente dove si spinse anche San Tommaso.

    "Il pellegrino", senza speczficarne la natura, le porse un involucro contenente alcune reliquie. Ella, quindi, palpando tra le mani un sottile nastro avvolto in un gomitolo di stoffa naturale, disse:

    "Questo pezzetto è dì finissima lana, doveva appartenere certamente ad un mantello di Mensor. Quel mantello aveva i fori per passarvi le braccia ma era senza maniche". "Anche questi altri (così disse mentre prendeva due pezzetti di stoffa di lana color nanchino) appartennero ad un mantello che i Santi Re lasciarono ai pastori. Questo invece (un pezzetto di tappeto di stoffa rossa> stava davanti al santo Sepolcro nel tempo in cui i Cristiani possedevano Gerusalemme. Quando i Turchi espugnarono la città, i cavalieri cristiani si divisero il tappeto e così ognuno di essi ne ebbe un pezzetto come ricordo. Questa invece (un pezzetto quadrato di stoffa serica ornata di color giallo e bianco) apparteneva alla stola del santissimo prete Alessio, il quale credo fosse un cappuccino e pregava sempre sul santo Sepolcro. Quando i Turchi conquistarono Gerusalemme fecero entrare i loro cavalli nelle chiese cristiane; presero padre Alessio e lo maltrattarono assai: nel luogo in cui egli pregava gli posero vicino una vecchia turca. Ma siccome il santo prete non si lasciava intimidire e corrompere, lo murarono vivo nel sepolcro, incaricando la donna di passargli ogni tanto cibo e acqua in modo che non morisse subito". Poi palpando un pezzetto di seta color verde e bruno, Anna Caterina disse: "Non è propriamente una santa reliquia, però è un oggetto venerabile. Fu levata dalle panche della chiesa del santo Sepolcro su cui sedevano i principi e i cavalieri cristiani e fece parte della suddivisione fatta al tempo dell'invasione Turca". Infine parlando di un pezzo di carta ripiegato disse: "Contiene una pietruzza della cappella del santo Sepolcro e vi è unita anche una scheggia delle ossa del discepolo Silvano di Sichar".

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    00 03/01/2013 00:35

    LA MADRE DOLOROSA

    "E anche a te una spada trafiggerà l'anima" (Lc 2,35) (La profezia di San Simeone alla Madonna)

    Capitolo VI

    LA PURIFICAZIONE DI MARIA SANTISSIMA

     

    95 - La cerimonia al tempio - Simeone La partenza della Santa Famiglia alla volta di Nazareth

    Come la Legge prescriveva, si avvicinava il giorno in cui la Santa Vergine doveva presentare il suo Primogenito al tempio. Maria si dispose per il viaggio, che sarebbe poi continuato verso Nazareth. La sera di domenica 30 dicembre, i pastori ricevettero i doni che Anna aveva donato alla Santa Famiglia. Giuseppe aveva avuto cura di pulire e di liberare da tutti gli oggetti la grotta, la caverna di Maraha e quella laterale. Anzi vidi che ripulì anche il suolo. Tra la domenica e il lunedì 31 dicembre, Maria e Giuseppe si congedarono dai sacri luoghi, destinati a divenire oggetto di devozione per tutta la Cristianità. Entrati per l'ultima volta nella grotta, stesero il tappeto sul posto dove era nato il Bambino e pregarono in ginocchio, poi ripeterono la cerimonia sullo stesso luogo dove era stato circonciso. Spuntava appena il giorno quando la Santa Famiglia lasciò quei luoghi tanto significativi. La Vergine era adagiata trasversalmente sulla groppa dell'asino, tra alcuni involucri e tappeti che gli anziani pastori avevano preparato per il viaggio. Giuseppe le pose in grembo il Bambinello e la Madonna lo contemplò felice; il Santo Pargoletto era avvolto nell'ampio velo. I pastori prima di accomiatarsi accompagnarono commossi la Sacra Famiglia fino ad un certo punto. Questa volta non presero la strada principale ma compirono un largo giro, dalla grotta a quella di Maraha, dirigendosi poi verso il sud di Betlemme affinché nessuno potesse osservarli.

    30 gennaio.

    Durante la giornata ho visto la Santa Famiglia avanzare assai lentamente sulla strada che da Betlemme conduce a Gerusalemme, cosicché suppongo si siano fermati spesso. A mezzogiorno riposarono su alcune panche che circondavano un pozzo coperto. Due donne, avvicinatesi a Maria, le offrirono dei piccoli vasi contenenti del balsamo e dei pani. L'offerta che Maria recava al tempio si trovava in una cesta caricata sull'asino. La corba aveva tre scompartimenti, due dei quali pieni di frutta e il terzo rinchiudeva in un graticcio due tortorelle. Verso sera li vidi passare innanzi a Gerusalemme; essi l'aggirarono dal lato di mezzogiorno, mantenendosi a una distanza di circa un quarto d'ora dalla città. Poi li vidi entrare in una piccola casa situata vicino ad un vasto dormitorio pubblico. Questa casa era abitata da due coniugi senza figli; essi accolsero Maria con un'esplosione di giubilo. Erano Esseni, parenti di Giovanna Chusa. L'uomo era occupato come giardiniere e aveva un compito di responsabilità relativo alla cura delle strade di Gerusalemme. Vidi che la Santa Vergine rimase quasi sempre sola con Gesù in una stanza; aveva disteso il Bambino su un tappeto. Era assorta in preghiera come se si preparasse alla cerimonia sacrificale. Ebbi delle chiare visioni di Angeli che comparvero in quella stanza per adorare Gesù. Frattanto io ricevetti interiormente tutte le istruzioni per l'accoglimento spirituale dei Santi Sacramenti. Vidi Maria Santissima assorta in profonda estasi e, sebbene non possa assicurarlo, credo che vedesse gli Angeli e fosse entrata in comunione con loro. I coniugi che ospitavano la santa Coppia usarono per la Madre di Dio ogni possibile premura e cortesia, credo che essi avessero l'intuizione della santità del bambino Gesù. Verso le sette di sera ebbi una visione relativa a San Simeone: lo vidi assai vecchio e magro e portava la barba corta; era sacerdote ma senza distinzione di rango; aveva moglie e tre figli già adulti, dei quali il più giovane aveva quasi vent'anni. Simeone dimorava vicinissimo al tempio; lo vidi attraversare uno stretto ed oscuro corridoio che lo conduceva all'interno del santuario, entrò in una piccola cella a volta scavata nello spessore della muraglia. In questa cella vi era solo una finestrella dalla quale si poteva guardare nel tempio sottostante. Mentre il vecchio Simeone restò inginocchiato, rapito nella preghiera, gli apparve un Angelo il quale lo avverti che il prossimo Bambinello offerto al tempio sarebbe stato il Messia dell'umanità. L'Angelo comunicò inoltre a Simeone che dopo aver veduto il Messia sarebbe avvenuto il suo trapasso. Vidi quella piccola cella inondata di luce e San Simeone raggiante di gioia. Ritornato alla sua abitazione pieno di giubilo, il vecchio raccontò a sua moglie ciò che gli era stato annunciato. Quando la consorte si allontanò per riposarsi, egli si mise di nuovo a pregare. Vidi anche la profetessa Anna pregare nella sua cella mentre aveva una visione sulla presentazione di Gesù al tempio. Ho visto alcuni devoti Israeliti flagellarsi, ma senza gesti violenti o di rabbia.

    2 febbraio.

    L'alba del nuovo giorno non era ancora sorta quando la Santa Famiglia, accompagnata dalla devota coppia di Esseni, si diresse al tempio di Gerusalemme. Conducevano con loro l'asino carico. Entrarono in un cortile circondato da una muraglia; Giuseppe ed il suo ospite condussero l'asino in una stalla vicina, mentre Maria veniva accolta amorosamente da una donna attempata. La Vergine fu condotta insieme col Bambino in un corridoio coperto che immetteva all'interno del tempio. Siccome tutto era ancora immerso nell'oscurità, si servirono di una lanterna. Il vecchio sacerdote Simeone, pieno di santa attesa, corse ad incontrare Maria Santissima, e scambiate con Lei alcune allegre parole strinse vivamente al petto il Bambinello. L' annuncio che aveva avuto dall'Angelo il giorno precedente l'aveva reso pronto all'accoglienza del promesso Bambino e delle pie donne. Simeone indossava la lunga veste che usavano portare i sacerdoti quando non erano occupati nel servizio divino. Io l'ho veduto altre volte nel tempio come vecchio sacerdote di rango non molto elevato, ma che si distingueva per la sua grande umanità e semplicità d'insegnamento. Allora la Santa Vergine fu condotta dalla donna attempata nell'atrio in cui doveva avvenire la presentazione. Le sue antiche maestre, Anna e Noemi che abitavano in questa parte del tempio, corsero ad incontrarla. Simeone1 che frattanto si era allontanato, venne nuovamente a prendere la Beata Vergine e la condusse nel luogo dove solitamente si benediceva il primogenito. Anna, cui Giuseppe frattanto aveva consegnato il cesto con le vittime sacrificali, e Noemi li seguirono. Giuseppe entrò per un'altra porta e si recò al lu ogo destinato agli uomini. Nel tempio era stato tutto disposto per la cerimonia. La sala in cui aveva luogo il sacrificio, era grande come la chiesa maggiore di Dùlmen. Lungo le pareti ardevano numerose piccole fiaccole disposte a forma piramidale. Dinanzi ad una specie di altare vidi alcuni sacerdoti che aprirono una cassa quadrangolare, dalla quale ne uscirono numerosi oggetti. Montarono così una specie di vasto tavolo su cui posero un gran piatto; poi lo ricoprirono con un panno rosso cui sovrapposero un velo bianco trasparente, tanto lungo da toccare il suolo. Ai quattro angoli del tavolo vennero poste delle torce ardenti, ed in mezzo due piatti ovali e due ceste. Tutti questi oggetti furono tolti da vari scomparti della cassa, dalla quale trassero anche gli abiti sacerdotali che collocarono sopra un altro altare. L'altare provvisorio del sacrificio era circondato da un graticcio. Ai due lati della sala si vedevano sedili disposti a diversa altezza, dove alcuni sacerdoti erano assorti in orazione. Allora Simeone, dopo aver fatto attraversare il graticcio a Maria, che teneva in braccio Gesù avvolto in un velo azzurro, fece deporre il Santo Bambino in una navicella sul tavolo dove arde-vano le lampade. In quel momento, come un improvviso apparire del sole, un indicibile splendore riempì il tempio. Percepii allora la presenza di Dio in quel luogo e, sopra il bambino Gesù, vidi il cielo aprirsi e lasciar scorgere il trono della Santissima Trinità. Subito dopo Simeone condusse Maria nella sala destinata alle donne; la sala aveva delle aperture come grate. La Vergine vestiva un abito azzurro, portava sul capo un velo bianco ed era interamente avvolta in un lungo manto color gialliccio. Recatosi all'altare sul quale avevano posto gli abiti sacerdotali, Simeone e tre altri sacerdoti si abbigliarono per la cerimonia. Portavano al braccio una specie di piccolo scudo ed in testa un berretto diviso nel mezzo da una larga fessura. Uno di essi si pose dinanzi all'altare del sacrificio, un altro si collocò dietro, mentre gli altri due si posero ai lati del tavolo e pregarono per il fanciullo. Allora Anna, accostatasi alla Madonna, le diede il cesto delle vittime; Maria avanzò con questo fino all'altare dei sacrifici e qui si fermò. Simeone quindi, guidò la Santa Vergine davanti all'altare su cui depose le sue offerte. In uno dei piatti ovali fu posta la frutta, nell'altro alcune monete, e le tortorelle furono lasciate nel canestro. Mentre Maria e Simeone erano rimasti dinanzi all'ara, il sacerdote che stava dietro, levò dalla navicella il Bambino e lo sollevò in alto volgendolo verso varie parti del tempio. Dopo aver pregato a lungo su Gesù, lo consegnò a Simeone che a sua volta lo restituì alla Santa Madre. Quindi il sacerdote celebrante prese una pergamena da un leggio e lesse alcune preghiere per la Vergine e per il Santo Bambino. La Madonna, aureolata di luce celeste, seguì Simeone alla balaustra dove Anna l'attendeva per condurla alla sala destinata alle donne. Nel vestibolo frattanto vidi radunate altre venti donne per il sacrificio dei loro neonati. Giuseppe restava ritirato nel luogo destinato agli uomini. Innanzi all'altare maggiore i sacerdoti incominciarono ad incensare e pregare; gli altri religiosi seguivano con i gesti la preghiera. Finita la cerimonia, Simeone si recò da Maria Santissima e, rapito in un'estasi di gioia, prese il Bambino tra le braccia. Poi rivolto verso il Cielo ringraziò il Signore in questo modo: "Signore, permetti che il tuo servo muoia in pace, poiché ora i miei occhi hanno visto la salvezza che Tu vuoi donare ai popoli, la luce che deve illuminare i pagani e la gloria del popolo tuo, Israele". Dopo aver benedetto San Giuseppe e Maria, Simeone rivolse alla Vergine queste parole: "Il Santo Bambino sarà causa di caduta per molti in Israele, per molti altri invece causa di risurrezione e sarà assai contrastato, perché saranno svelati i pensieri di molti cuori. La tua anima poi verrà trapassata dalla spada del dolore ed allora i cuori di molti si convertiranno al vero Dio!". Quando Simeone ebbe finito il suo discorso, la profetessa Anna, mossa da divino entusiasmo, parlò a lungo del Bambino e chiamò Maria: "Donna beata". Tutti furono inteneriti e mostrarono la massima devozione guardando Gesù e Maria, bella e raggiante come una rosa celeste. Perfino i sacerdoti espressero entusiasmo, sebbene sembrasse che l'Evento non fosse loro sconosciuto. La Santa Famiglia agli occhi del popolo fece una semplice offerta al tempio; ma Giuseppe diede in segreto al vecchio Simeone e ad Anna alcune lamine d'oro triangolari per sostenere le vergini povere che venivano educate al tempio. Vidi la Santa Vergine col Bambino accomiatarsi da Anna e Noemi nel cortile. Quindi la Santa Famiglia partì subito alla volta di Nazareth. Non ho veduto quali offerte fossero state fatte dalle altre famiglie presenti al tempio per il sacrificio dei loro fanciulli, però sento che ciascuna di loro ebbe una grazia speciale e più tardi subiranno la ferocia erodiana. La cerimonia al tempio termmò alle nove del mattino; la Santa Famiglia fece la prima tappa a Bethron. Giuseppe però continuava a sperare in cuor suo di stabilirsi a Betlemme.

    96 - Notizie sul viaggio di ritorno dei Santi Magi e la morte di Simeone

    Sulla riva di un fiume vidi i Santi Magi che celebravano una cerimonia religiosa. In quel luogo vi era una grande casa circondata da altre più piccole. Il primo tratto del viaggio fu percorso rapidamente dalle carovane dei Magi, poi si mossero più lentamente. Mi parve di vedere alla guida delle carovane un fanciullo vestito di luce raggiante; parlava talvolta con i Magi. Li vedo lasciare a destra un paese che mi viene indicato con due lettere: "Ur".

    3 gennaio. La morte di Simeone.

    Simeone aveva tre figli, il maggiore aveva circa quarant'anni ed il minore venti. Ambedue servivano nel tempio e si mantennero sempre amici sinceri di Gesù e dei suoi discepoli; furono suoi seguaci fin dopo l'Ascensione al cielo. Uno di essi preparò a Gesù ed ai discepoli l'agnello dell'ultima Pasqua. Quando Gesù fu chiamato al Cielo e scoppiò la prima persecuzione contro i Cristiani, vidi i figli, oppure i nipoti di Simeone, impegnarsi in favore dei seguaci del Redentore. L'anziano sacerdote era unito da legami di parentela con il padre di Serapia (poi chiamata Veronica) e, per mezzo di quest'ultimo, era in parentela anche con Zaccaria. Quando San Simeone, dopo la profezia su Gesù, ritornò alla propria abitazione, si ammalò. Nonostante fosse afflitto dalla malattia si intrattenne a lungo in gioia estatica a discorrere con la moglie ed i figli. Durante la notte, vidi le ultime ore della sua vita su questa terra. Dopo aver fatto le ultime raccomandazioni alla moglie ed ai figli, il vecchio sacerdote si mise a parlare del Santo Bambino, Salvatore d'Israele, e di tutto quello che l'Angelo gli aveva annunciato. il suo aspetto irradiava splendore e grave allegrezza. Lo vidi morire tranquillo nelle braccia della sua famiglia che si rassegna-va a tanto necessario dolore. Un'aureola di luce circondava il letto di San Simeone nel momento del suo trapasso; numerosi sacerdoti ebrei che pregavano vicino al suo capezzale ne furono illuminati. Quando spirò, il suo corpo venne trasportato in una stanza vicina e collocato su di un'asse traforata, lo si ricoprì di un panno, sotto il quale fu lavato con panni bagnati. In tal modo il corpo veniva lavato senza che mostrasse le sue nudità. L'acqua, scorrendo attraverso i fori dell'asse, finiva in un sottoposto bacino di rame. Finita tale operazione, ricoprirono il suo corpo di grandi foglie verdi e lo circondarono di fuscelli di erbe, poi l'avvolsero come un fanciullo in un lenzuolo che gli strinsero intorno al corpo con delle bende. Alla sera Simeone fu sepolto. Alcune persone munite di fiaccole portavano la bara, un po' diversa da quelle nostre. Vidi il corteo funebre muoversi in modo più spedito di come facciamo noi. Il sepolcro che doveva accogliere il corpo di San Simeone era posto non lontano dal tempio, consisteva in una nicchia scavata nel centro di un piccolo rialzo di terra in cui la porta era praticata trasversalmente. La parete interna era costruita in un modo particolare, e sebbene più rudimentale, aveva qualcosa di simile con le pareti ruvide che ho veduto nel primo chiostro di San Benedetto. Le pietre della parete erano di vario colore e simili a quelle della cella che Maria Santissima aveva abitato nel tempio. Il sepolcro era molto piccolo. In occasione di queste cerimonie funebri solitamente si offriva al corpo mortale alcune monete, pietruzze ed anche cibi preparati.

    97 - Arrivo della Santa Famiglia da Anna

    La Santa Famiglia giunse di sera a casa di Anna nei pressi della valle di Zabulon. Si celebrò una piccola festa di famiglia. Sul tavolo ardeva una lampada. Vidi il marito di Anna che si occupava degli ospiti. Maria Heli era assente. Poiché Giuseppe e Maria intendevano fermarsi per qualche tempo, tolsero il carico all'asino. Tutti furono felici di vedere il Santo Bambino, ma la loro gioia era silenziosa perché proveniente dalle profondità del cuore. Mai ho veduto questa gente abbandonarsi troppo all'impeto di un sentimento emozionale, qualunque esso fosse. Vidi poi un piccolo banchetto cui parteciparono anche alcuni sacerdoti. Fra le donne che mangiavano in una stanza separata riconosco Maria Heli e sua figlia Maria di Cleofa; poi vidi un'altra donna che abitava nel paese di Elisabetta e l'ancella di Maria, quella che era alla grotta di Betlemme. Oggi ho visto partire Giuseppe con Maria, il Santo Bambino e l'ancella alla volta della dimora di Nazareth, portavano con loro due asini carichi.

    Il giardino di San t'Anna; riflessioni personali della Veggente

    Oggi, mentre pregavo, mi trovai assorta in uno stato di estasi profonda e mi vidi in spirito presso una giovane coppia afflitta da una grave malattia mortale; se fossero morti avrebbero lasciato sola la vecchia madre senza alcun sostegno. Conoscevo questa famiglia, da molto tempo non ne avevo più notizie. Siccome nei casi dolorosi invoco sempre l'aiuto di Sant'Anna, mi vidi nella sua casa e potei contemplare il giardino con gli alberi carichi di pere, di prugne e di altra frutta. Nonostante la stagione fosse rigidissima, colsi la frutta abbondante e meravigliosa e la portai ai due giovani sposi, i quali subito la gustarono e guarirono. Dopo diedi il resto di quella frutta a molte persone che conoscevo e ad altre che mi erano ancora sconosciute; tutti ne furono assai confortati. Probabilmente questo è il simbolo delle grazie che si ricevono attraverso l'intercessione di Sant'Anna. Forse fui condotta nel giardino della Santa Madre di Maria per cogliere la frutta delle sue grazie perché ella è la protettrice dei casi dolorosi. Nel suo giardino si coglie la frutta della salvezza e di ogni verità. Quando colgo la frutta nei giardini dei Santi comprendo che a queste grazie sono anche aggiunte le sofferenze.

    98 - Sulla stagione in Palestina

    Quando la Veggente fu interrogata dal "pellegrino" intorno alla stagione in Palestina, così rispose:

    "Vedo spesso pioggia e nebbia, talvolta anche la neve, che presto si dilegua. Vedo pure alberi senza foglie carichi di frutta. Qui si miete già quando da noi è appena primavera. Durante l'inverno vedo gli uomini camminare avvolti in ampi mantelli che ricoprono anche la testa."

    6 gennaio.

    Maria si è recata in visita a sua madre verso mezzogiorno. Vedo Anna che ha tra le braccia il Santo Bambino. Verso sera la Santa Vergine si prepara per il ritorno a casa; la via che Maria si appresta a percorrere è assai amena e lunga circa mezz 'ora di cammino attraverso una zona collinare e verdi prati. Frattanto Anna ha mandato alcuni domestici a Nazareth con altri viveri per Giuseppe e Maria. Oh! Com'è commovente tutto quello che avviene nella Santa Famiglia! Maria è una tenera madre per il Bambino Divino e una fedele ancella per Giuseppe, a sua volta quest'ultimo è il più affezionato amico e il più umile servo della Vergine. Con quanto affetto la Madonna stringe in grembo il Santo Pargoletto! A questa visione l'animo di molta gente mi pare duro e orribile.

    99 - Preghiera e purificazione della Santa Vergine Maria

    Il simbolismo della festa della purificazione di Maria Santissima mi appare assai difficile da spiegare. Quando contemplo la Chiesa Cattolica la vedo come un grande tempio trasparente in cui si celebra una grande solennità. Il tempio ondeggia sulla terra come se fosse sul mare ed è pieno di Cori angelici che circondano festosi la Santissima Trinità. Mentre continuo a vedere il simbolo della Santa Trinità sento la presenza di Gesù che mi consola. Vedo l'Incarnazione del bambino Gesù tenuto unito al tempio trasparente da un raggio di luce. Al centro del tempio vedo apparire un altare che non è esattamente come quelli che abbiamo nelle nostre chiese. Su questo c'è un piccolo albero dalle larghe foglie, simile a quello del peccato originale nel paradiso terrestre. Quando la Vergine appare dinanzi all'altare con il Santo Bambino tra le braccia, l'albero dalle larghe foglie si china ed inaridisce. Vedo poi un Angelo d'alta statura, ornato di sacri ornamenti e con il capo circondato da una corona, il quale si avvicina a Maria Santissima e ricevendo Gesù tra le braccia lo depone subito sull'altare. In questo stesso istante il Fanciullo dispare nella Santa Trinità. Allora l'Angelo porge alla divina Madre un globo rilucente su cui vi è l'immagine del Santo Bambino avvolto in fasce. Con il globo lucente tra le mani, Maria si dirige sull'altare librandosi nell'aria. Subito dopo vedo giungere da ogni parte poverelli che consegnano alla Vergine dei ceri accesi. Ella, a sua volta, li passa al Bambino assiso sul globo lucente. I numerosi lumi diffondono un'aureola di luce magnifica e intensa intorno a Maria e al Santo Bambino. È una cerimonia solenne e ricca di splendore. La Vergine Santissima ha un ampio mantello che scende in larghe pieghe al suolo. Io credo che l'inaridirsi dell'albero della scienza di fronte all'apparizione di Maria, e la trasformazione del Santo Fanciullo offerto sull'altare della Santissima Trinità, simbolizzino la pace e la nuova Alleanza fra l'uomo e Dio. L'offerta dei ceri da parte dei poveri alla Madre divina, e da Lei consegnati a Gesù affinché illumini il mondo, simbolizzano la consacrazione dei poveri all'illuminazione del mondo e l'intercessione della Vergine presso suo Figlio. Vedo infine le fiammelle divenire una sola fiamma che rischiara l'universo.

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    00 03/01/2013 00:36

    LA STRAGE DEGLI INNOCENTI

     

    100 - Le visioni di Anna Caterina Emmerick intorno ai preparativi di Erode per la strage degli Innocenti

    Sabato 10 febbraio 1821, Suor Emmerick si addormentò, dopo essere stata assai disturbata da preoccupazioni temporali relative all'abitazione. Si svegliò consolata perché aveva sognato un anziano e pio sacerdote di sua conoscenza che era venuto a confortarla.

    Questo sacerdote pio e saggio mi disse: "Non curarti di nessuna abitazione, ma pensa soltanto a tener puro il tuo cuore per ricevere degnamente il Signore quando Egli viene ad abitare in te. Quando Giuseppe giunse a Betlemme non cercò abitazione per sé ma piuttosto per Gesù, allora ripulì accuratamente la Grotta del Presepio". Inoltre aggiunse: "Quando l'Angelo esortò Giuseppe a fuggire con Gesù e con Maria Santissima in Egitto, egli non si curò di cercare un'abitazione ma partì immediatamente obbedendo al comando Divino".

    Lo scrittore, supponendo che l'estatica avesse anche quest'anno visioni relative alla fuga in Egitto, le domandò: "Giuseppe fuggì proprio in questo giorno in Egitto?". Lei rispose chiaramente: "No, il giorno in cui la Santa Famiglia fuggì corrisponde al nostro 29 febbraio".

    In merito all'età precisa di Gesù al tempo della fuga, ella disse:

    "Gesù poteva avere poco più di un anno; lo vidi giocare vicino ad un cespuglio di balsami durante una sosta".

    Un'altra volta Suor Emmerick disse di aver saputo che Gesù a quell'epoca aveva l'età di nove mesi.

    Domenica 25 febbraio.

    Vedo la Santa Vergine lavorare all'uncinetto e tessere abitini. Tiene assicurato alla coscia destra un piccolo rotolo contenente della lana, ed in mano ha due bastoncini che mi sembrano d'osso e che portano alle estremità degli uncinetti. Il Santo Bambino giace nella culla e la Madonna lavora seduta oppure in piedi, ma sempre vicino a Lui. Giuseppe invece lavora come artigiano: intreccia delle stuoie con fili di scorza d'albero. Con queste forma delle intere tavole che servono per montare letti. In una capanna vicino alla casa egli ha immagazzinato un gran numero di simili stuoie e le ha disposte l'una sull'altra. San Giuseppe lavora con molto amore, sulle stuoie vi scolpisce anche disegni raffiguranti stelle, cuori ed altre simili immagini. Egli è lontano dall'immaginare la prossima persecuzione e la fuga in Egitto. Anna viene quasi ogni giorno a visitare la Santa Famiglia. Ebbi la visione di Erode che faceva arruolare nuove guardie: gli arruolati ricevevano equipaggiamento e armi in un grande cortile. Portavano al braccio una specie di scudo a mezzaluna e impugnavano lance e sciabole corte assai larghe, simili ai nostri coltelli da macello. Avevano in testa l'elmo e molti porta-vano legacci intorno alle gambe.

    Lunedì 26 febbraio.

    Vidi Erode assai agitato e tormentato nell'animo, come quando i Magi lo avevano interrogato se conosceva il nuovo "re dei Giudei". Egli si consigliava con "i dotti delle sacre carte", i quali studiavano i sacri Scritti contenuti in lunghe pergamene assicurate a dei bastoni lunghissimi. Siccome non si riusciva a stabilire con precisione dove fosse nato il "futuro re", Erode diede l'ordine crudele di sopprimere con cautela tutti i fanciulli minori di due anni. I nuovi soldati, che appunto erano stati addestrati ed equipaggiati, furono inviati in diversi luoghi tra Gerusalemme e dintorni. La truppa più numerosa fu mandata a Betlemme. Credo che i soldati avessero ricevuto il compito di occupare i luoghi dove passavano le madri con i propri figli dirette a Gerusalemme. Questo veniva fatto per non agire direttamente nei centri abitati, perché il tiranno temeva eventuali sommosse popolari.

    Martedì 27 febbraio.

    I soldati di Erode, oltre Gerusalemme e dintorni, strinsero la morsa intorno ad Hebron, Betlemme e in un altro paese che si trova presso il mar Morto. Gli abitanti di queste zone furono atterriti.

    101 - Preghiera di Suor Emmerick nella ricorrenza della strage degli Innocenti: Dio salva un fanciullo per intercessione della Veggente

    Ieri sera Suor Emmerick si addormentò molto agitata; improvvisamente si alzò sul letto e, raggiante in volto, così esclamò:

    "11 povero fanciullo è salvo! Ho pregato molto finché la madre dopo averlo stretto a sé, ha rinunciato a gettarlo nella palude. Dio, come sono felice di ciò!".

    A queste parole, lo scrittore le domandò cosa avesse voluto dire; allora la mistica di Dulmen così proseguì:

    "Non molto lontano da qui, una ragazza sedotta voleva annegare il suo bambino appena nato. In seguito alle visioni sulla strage degli Innocenti ho pregato Iddio con molto fervore affinché non lasciasse morire alcun bambino senza battesimo. Quando fioriscono le rose nel giardino della Chiesa celeste bisogna coglierle sulla terra; Dio mi ha così esaudito, ed io sono stata d'aiuto a quella madre e a suo figlio".

    Il giorno seguente Suor Emmerick descrisse la visione in modo più comprensibile:

    "Il mio Angelo custode mi aveva condotto da una ragazza sedotta. Mi pare che fosse giunta nei pressi di una palude, a sinistra della strada che conduce a K.. Dopo aver messo alla luce il bambino lo pose nel grembiule e si avvicinò faticosamente alla palude, la cui superficie era piena di erba. Dietro a lei vidi una figura gigantesca ed oscura vestita di luce sinistra, credo che fosse uno spirito maligno. Appena avanzai, pregando ardentemente, la figura nera fuggì via. Frattanto la madre, dopo aver riabbracciato e benedetto il bambino, non ebbe più il coraggio di annegano. Era confusa e non sapeva cosa fare, pianse amaramente. Io, che ero giunta vicino a lei con lo spirito, la consolai e le suggerii di affidarsi al consiglio del suo confessore. Ella non mi vide ma il suo Angelo custode glielo riferì.

    102 - Anna e la sua ancella portano sostegni alimentari alla Sacra Famiglia - Preghiera in comune

    Martedì 27 ftbbraio.

    Oggi ho veduto Anna e l'ancella dirette a Nazareth. L'ancella portava un involto pendente al fianco, un canestro sul capo e un altro in mano. Erano panieri rotondi, di cui uno era trasparente e conteneva alcuni uccelli. Anna provvedeva ai bisogni di sua figlia poiché Maria non aveva sempre l'occorrente nella sua abitazione.

    Mercoledì 28 febbraio.

    Verso sera, vidi Anna e sua figlia maggiore vicino alla Vergine. Maria Heli aveva portato anche suo nipote, il primogenito di Maria di Cleofa; il fanciullo aveva quattro o cinque anni ed era assai robusto. Gesù era l'oggetto della loro tenerezza, se lo strinsero tutte al petto e poi lo passarono nelle braccia del fanciullo. Maria Heli abitava in un piccolo villaggio situato a circa tre ore di cammino da Nazareth, verso il sud. La sua dimora, come quella di Anna, era ben curata. Un cortile murato mostrava al centro un pozzo, l'acqua zampillava in un bacino di pietra manovrando un certo dispositivo al suolo. Suo marito si chiamava Cleofa; sua figlia, Maria (Cleofa), era maritata con un certo Alfeo ed abitava all'altra estremità del villaggio. Quando di sera le donne pregavano, alla parete veniva appoggiato un tavolo coperto di stoffa rossa e bianca sul quale si trovava un rotolo. La Vergine lo svolgeva e lo appendeva alla parete sopra il tavolo: allora si mostrava una figura dai colori chiari, era assai strana, sembrava un cadavere fasciato come un bambino e avvolto in un lungo mantello bianco. ll mantello copriva anche la testa della figura, che teneva qualcosa nella mano. Vidi quest'immagine già a casa di Anna, in occasione della cerimonia di commiato per l'ingresso al tempio di Maria Santissima. Allora questa figura, che pareva tenesse in mano un calice, mi richiamò alla mente Melchisedeck; un'altra volta mi parve raffigurasse Mosè. Mentre le donne pregavano alla luce di una lampada, io mi sentii vicino a loro. La Santa Vergine e la sorella stavano davanti ad Anna, avevano le mani raccolte sul petto e poi le allargavano. Maria Santissima leggeva lentamente, quasi sussurrando, da un'antica pergamena che svolgeva a poco, a poco. Il modo e il tono con cui intonavano le preci mi rammentava il coro soave del chiostro.

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    00 03/01/2013 00:38

    LA FUGA IN EGITTO

     

    103 - L'Angelo sveglia Giuseppe e lo invita a fuggire Commiato dalle sante donne e fuga verso l'Egitto. - Visioni dalla notte di giovedì 1 marzo alla mattina di venerdì 2 marzo

    Nella casa della Santa Famiglia tutti dormivano, la notte era calata già da tempo. Maria Santissima dormiva nella stanza a destra del focolare, Anna nella stanza a sinistra e sua figlia maggiore dormiva fra la stanza di Giuseppe e quella di Anna. Le pareti divisorie delle stanze consistevano in semplici tavole di vimini, superiormente ricoperte di tavole fatte di scorze intrecciate. Il letto di Maria era diviso dal resto della stanza da una tenda; ai suoi piedi, posto in una posizione rialzata sopra un tappeto di lana, giaceva il Santo Bambino. Vidi Giuseppe che dormiva con la testa appoggiata al braccio. Sognò un fanciullo splendente di luce radiosa avvicinarsi al suo giaciglio e parlargli. Giuseppe si svegliò, ma subito si riaddormentò, vinto dalla stanchezza e dal sopore; L'Angelo lo prese per mano e lo fece alzare. Giuseppe riacquistò i sensi e si alzò. Recatosi alla lampada che ardeva dinanzi al focolare vi accese la sua e si recò nella stanza di Maria, dopo aver parlato con Lei andò nella stalla dove si trovava l'asino, poi andò in una stanza dove erano custoditi una quantità di arnesi diversi e vi fece i preparativi per la partenza. Frattanto Maria si alzò, si vesti e andò da Anna, mettendola al corrente dell'invito Divino. Allora tutti si alzarono lasciando però dormire tranquillo il bambinell6 Gesù. Per quanto fossero addolorati nel dividersi, pensarono ad eseguire bene quel doloroso volere di Dio senza abbandonarsi alla tristezza dell'addio. Disposero quindi tutto quanto fosse necessario per il viaggio. Anna e Maria Heli si affaccendarono assai nel preparare tutto l'occorrente. Maria Santissima non prese però con sé tanti oggetti come quanto era partita da Betlemme. Raccolti insieme alcuni tappeti, fecero un piccolo involto e lo portarono a Giuseppe per farlo caricare sull'asino. Tali preparativi furono eseguiti in pieno silenzio, tranquillamente e con la massima sollecitudine, come si addice appunto ad una partenza segreta di cui si è avvertiti nel silenzio della notte. Quando Maria andò a prendere il Santo Bambino, fu presa da tale fretta da non poterGli cambiare nemmeno i pannolini. Non saprei come descrivere la commovente tristezza dipinta sul volto di Anna e delle altre donne. Tutti, perfino il figlioletto di Maria Heli, piangendo, si premevano al cuore il pargoletto Gesù. Anna abbracciò strettamente la Santa Vergine e piangeva, come se avesse il presentimento che non l'avrebbe mai più rivista. Prima di mezzanotte si erano congedati da tutti e avevano lasciato quella dimora. Anna e Maria Heli accompagnarono Maria per un lungo tratto, fuori Nazareth. Giuseppe seguiva le donne guidando l'asino; la Vergine portava il Bambino ben coperto. Un ampio mantello avviluppava Maria col Bambino, un gran velo di forma quadrangolare le ricadeva sul viso avvolgendo la parte superiore del capo. Dopo aver fatto un pezzo di strada, le sante donne furono raggiunte da Giuseppe con l'asino carico di ceste e di otri d'acqua. Le ceste avevano numerosi scompartimenti riempiti di picco-li pani, uccellini vivi ed anfore. Sul dorso dell'asino era collocata un specie di sella, ed ai fianchi erano stati disposti i vari bagagli. Attaccata alla sella vi era un'asse per appoggiarvi i piedi. Ad un certo punto vidi ripetersi gli abbracci. Anna benedisse infine sua Figlia, la quale, visibilmente commossa, salì sul somarello che partì, tirato per la cavezza da Giuseppe.

    Quella notte la Veggente visse nella sua anima la scena del dolore di Anna e di Maria Heli. La vidi piangere amaramente. - Venerdì 2 marzo.

    Mentre Anna, Maria Heli e gli altri erano intenti a riordinare la casa di Maria e di Giuseppe, vidi contemporaneamente la Santa Famiglia attraversare molti paesi e poi fermarsi a riposare in una capanna posta a mezzogiorno. Verso sera sostarono nel paesino di Nazara, presso certa gente che viveva nella solitudine e che era comunemente disprezzata. Questi non erano veri Ebrei, poiché nella loro religione avevano usanze pagane. il loro tempio era posto nella regione della Samaria, sul monte Garizim. Essi accolsero amichevolmente la Santa Famiglia che soggiornò in quel luogo anche il giorno seguente. Al ritorno dall'Egitto, Giuseppe, Maria e il Bambino visitarono di nuovo quella brava gente; così farà pure Gesù, quando a dodici anni si recherà al tempio e sarà di passaggio sulla via del ritorno. Questa famiglia di Ebrei sarà poi battezzata da Giovanni e si convertirà al Cristianesimo.

    104 - Il terebinto di Abramo e la pianura di Moreh. - Domenica 4 marzo.

    Dopo aver trascorso il sabato a Nazara, la Santa Famiglia riprese subito il viaggio. La domenica sera e la notte del lunedì si accampò sotto il vecchio albero di terebinto. Il terebinto di Abramo, dai santi Fuggiaschi ben conosciuto, si trovava presso la pianura di Moreh, era non lontano da Sichem, Thenat, Siloh ed Arumah. in questa zona la strage e la persecuzione erodiana contro i fanciulli era già iniziata, perciò tutti gli abitanti erano in forte agitazione. Fu presso quest'albero che Giacobbe sotterrò gli idoli di Labano. Giosuè radunò il popolo sotto questo terebinto, vicino al quale aveva fatto collocare l'Arca dell'Alleanza nel tabernacolo, e fece giurare solennemente a tutti la rinuncia al culto degli idoli. Abimelech, figlio di Gedeone, fu salutato in questo luogo come re dei Sichemiti. Questa mattina ho veduto la Santa Famiglia che riposava tranquillamente presso un cespuglio di balsami in posizione amena. Il pargoletto Gesù era in grembo alla Santa Vergine a piedi nudi. Il cespuglio di balsami produceva dei frutti rossi e stillava dal tronco gocce di un liquido denso. Giuseppe ne riempì un'anfora. Poi presero un pasto frugale con pani e piccola frutta selvatica che avevano raccolto dai vicini cespugli. L'asino aveva pure trovato di che dissetarsi e pascolare. in lontananza alla loro sinistra, si vedevano il colle e la città di Gerusalemme. Tutta questa scena infondeva una quiete profonda.

    105 - Elisabetta fugge con il piccolo Giovanni nel deserto. I tre fuggiaschi sostano in una grotta e in altri luoghi.

    Dopo che la Santa Famiglia ebbe valicato alcune alture, che sono propagini del monte degli Ulivi, li vidi prendere alloggio in una vasta e selvaggia spelonca su un monte presso Hebron, un po' dopo Betlemme. Credo che questa fosse la sesta stazione del loro viaggio. Quando i santi Viandanti arrivarono in questo luogo erano assai stanchi ed afflitti. Maria Santissima era addolorata e piangeva, perché soffrivano per la mancanza di molte cose. Erano costretti a fuggire per le strade solitarie e ad evitare tutte le città ed i pubblici alberghi. In questa caverna si fermarono per un giorno intero. Ma l'Onnipotente li soccorse e li ristorò: in seguito alle preghiere della Santa Vergine scaturi prodigiosamente una fonte e comparve una capra selvatica che si lasciò mungere. Più tardi apparve loro un Angelo che li consolò. Fu in questa spelonca che un profeta, credo Samuele, si fermava spesso a pregare. Fu proprio in questi luoghi che Davide pascolava le pecore del padre; quivi pregava e ricevette per mezzo di un Angelo i comandi del Cielo, come per esempio fu avvertito di prepararsi al combattimento contro Golia.

    Martedì 6 marzo.

    Elisabetta e Zaccaria furono avvertiti da un messo fidato della Santa Famiglia sulla prossima strage degli Innocenti; allora Elisabetta si recò subito nel deserto per nascondere il piccolo Giovanni. Questo luogo era lontano due ore da Hebron. Vidi Zaccaria accompagnarli per un tratto di strada. Giunti ad un ponte di travi che attraversava un fiumiciattolo si divisero; Zaccaria si avviò verso Nazareth, seguendo la via che aveva fatto Maria al tempo della Visitazione. Lo vidi in cammino; forse il sant'uomo andò a Nazareth per chiedere ad Anna più particolari sulla terribile minaccia. Il piccolo Giovanni aveva quasi due anni, vestiva una pelle di animale e saltellava allegro come fanno tutti i fanciulli.

    Anna Caterina non intende il deserto vero e proprio, cioè non vede una pianura interminabile di sabbia, ma piuttosto un luogo solitario e arido con rupi, caverne e spelonche d'ogni specie, con cespugli carichi di coccole e di altra frutta selvatica.

    Elisabetta condusse il piccolo Giovanni in una spelonca, dentro la quale, dopo la morte di Gesù, dimorò per qualche tempo anche Maddalena. Vidi frattanto la Santa Famiglia costeggiare la sinistra del Mar Morto, per sette ore si diressero verso il sud e, due ore dopo Hebron, entrarono nella zona desertica in cui si era rifugiata Elisabetta col piccolo Giovanni. La via che essi percorrevano passava molto vicino alla grotta di Giovanni. Vidi la Santa Famiglia che, stanca ed affaticata, per-correva tristemente il deserto; gli otri d'acqua e le anfore di balsamo si erano svuotati. La Vergine era molto afflitta perché erano tormentati dalla sete. Allora si recarono in un luogo in cui il terreno produceva cespugli ed alcune erbe magre; Maria scese dall'asino per sedersi sul terreno col suo caro Bambinello. A poca distanza vidi con commozione il piccolo Giovanni correre libero e senza timore in quel luogo deserto; aveva addosso una pelle di agnello mantenuta sulle spalle da una cintola e impugnava un bastoncino dal quale pendeva un fiocco di scorza d'albero. Sembrava inquieto e ansioso perché percepiva la vicinanza dell'assetato Redentore. Agitato come quel giorno nel grembo materno al cospetto della Madre del Signore, egli sentiva dentro il suo cuore che Gesù soffriva la sete. Così inginocchiatosi, con le braccia protese, implorò ardentemente Dio affinché gli fosse dato di conoscere il mezzo per estinguergliela. Dopo aver pregato in questo modo per un certo tempo, si senti ispirato da qualcosa di superiore e corse ad un dirupo della roccia dove affondò il suo bastoncino. Immediatamente ne scaturì un abbondante zampillo d'acqua fresca. Rapidamente il fanciullo raggiunse un alto promontorio da cui scorse la Santa Famiglia che passava in lontananza. Appena lo vide, la Vergine sollevò in alto il Santo Bambino e, mostrandoGli Giovanni, disse: "Ecco Giovanni nel deserto!". Questi saltellò pieno di giubilo presso la fonte e, agitando il fiocco del bastoncino, corse di nuovo a nascondersi nella sua solitudine. Vidi poi il ruscello, scaturito dalla fonte aperta da Giovanni, gorgogliare ai piedi dei viaggiatori che si ristoravano. La Santa Vergine si era assisa sull'erba ed erano pieni di gioia. Giuseppe scavò a poca distanza una fossa che presto fu riempita d'acqua, quando questa divenne limpida ne bevvero; poi Maria lavò il Bambino nell'acqua cristallina. Ciò fatto, si bagnarono le mani, i piedi ed il volto. Infine Giuseppe condusse l'asino alla fonte, lo fece dissetare e poi riempì gli otri. L'erba inaridita si rialzò vigorosa ed uno splendido raggio di sole illuminò quelle persone riconoscenti a Dio per tanto favore. In questo luogo di grazia si trattennero per due o tre ore. Più tardi i santi Fuggiaschi fecero l'ultima tappa nel regno di Erode, vicino ad una città di confine che si chiamava Anam, o Anim. Li vidi entrare in una casa isolata che serviva da rifugio per coloro che viaggiavano nel deserto. Sopra un'altura si vedevano disseminate capanne e tuguri, nelle vicinanze crescevano cespugli e frutta selvatica. Credo che gli abitanti fossero cammellieri poiché vidi molti cammelli che giravano liberi tra le siepi. Sebbene fosse gente rozza, e addirittura sembra che si fosse occupata di ladroneria, accolse cortesemente la Santa Famiglia. Anche nella città vicina di Anam abitavano molti uomini disorientati. Fra gli altri distinsi un giovane di circa vent'anni che si chiamava Ruben".

    106 - Le serpi e le lucertole volanti. - Giovedì 8 marzo.

    Sotto il firmamento stellato della notte vidi la Santa Famiglia attraversare il mare di sabbia nel quale l'unica vegetazione era costituita da bassi cespugli8. Mi sembrò di viaggiare con loro per quelle solitudini. Questa zona desertica era pericolosa a motivo delle numerose serpi che si nascondevano raggomitolate dentro piccole buche fra il denso fogliame. Emettendo acuti sibili esse si avvicinavano ai santi Fuggiaschi che, protetti dalla splendente aureola, continuavano incolumi il loro cammino. Vidi un'altra specie mostruosa di animali pericolosi il cui corpo lungo color bruno, sorretto da corte zampe, aveva ali simili a quelle dei pipistrelli. Questi animali volavano rapidissimi a fior di terra ed avevano il capo che assomigliava alquanto a quello di un pesce (come lucertole volanti). I santi Fuggiaschi decisero di fermarsi in una profonda cavità del terreno, all'inizio di una strada scoscesa.

    "Ero molto agitata per i pericoli che incombevano sulla Santa Famiglia. Il luogo dove si era soffermata era orribile, volevo fare qualcosa per proteggerli, come intrecciare con i giunchi un recinto che ne dzftndesse la parte più esposta ai pericoli; ma un orso terribile mi procurò grande angoscia. Allora apparve il vecchio sacerdote, morto da qualche tempo, il quale afferrò l'animale per la testa e lo gettò lontano. Gli chiesi come mai si trovasse in questo luogo, perché certamente doveva trovarsi meglio in quello da cui proveniva, al che egli rispose: "Io volevo soltanto esserti di aiuto, né intendo fermarmi qui più a lungo". Mi disse altre cose e mi preannunciò che si sarebbe fatto vedere ancora.

    La Santa Famiglia avanzò verso sud, sulla strada comunemente battuta. Il nome dell'ultimo paese erodiano, fra il deserto e la Giudea, era Mara. Gli abitanti di questo luogo erano rudi e selvaggi, la Santa Famiglia non potè ottenere da loro alcun ristoro o aiuto. Di là passarono nel deserto vero e proprio. Non vi era strada, e non conoscendo il cammino si trovarono in grande imbarazzo. Dopo che ebbero percorso un breve tratto si trovarono dinanzi ad una montagna erta ed oscura. Addolorati e smarriti s'inginocchiarono e pregarono Dio che li soccorresse. Frattanto, numerosi animali selvaggi si erano avvicinati a loro ponendoli in uno stato angoscioso; Giuseppe e Maria notarono però che quelle bestie non erano cattive ed anzi li contemplavano con occhio mite. Mi ricordai allora dello sguardo del vecchio cane che portava il mio confessore quando veniva a trovarmi. In verità quelle bestie erano giunte per indicare la via alla Santa Famiglia: guardavano il monte, correvano verso di esso, poi ritornavano indietro, proprio come se volessero condurli in un certo luogo. Infine quegli animali guidarono i santi Viandanti attraverso il monte (forse il Sair), finché ebbero di fronte un bosco.

    107 - I ladroni - Il fanciullo lebbroso miracolato

    Sulla via che conduceva al bosco vidi una brutta capanna dove si nascondevano alcuni ladroni; non lungi da questa c'era un albero da cui pendeva una lanterna che serviva ad attirare in quel posto i viandanti sfortunati. La strada affondava ad ogni tratto. La capanna, che poteva essere smontata in breve tempo, era circondata da numerosi fossati per far inciampare i viaggiatori e depredarli. La Santa Famiglia, ignara della trappola, si avvicinava appunto alla capanna quando improvvisamente fu circondata da cinque predoni. La banda era animata da propositi malvagi contro i nuovi arrivati. Ma, quando alla vista di Gesù un raggio della grazia attraversò il cuore del capo dei ladroni, ogni proposito cattivo fu allontanato. Tempo dopo la Vergine racconto l'episodio a sua madre, dicendole di aver visto quale effetto avesse prodotto quel raggio di luce nel cuore del ladrone. Questi condusse la Santa Famiglia incolume nella sua capanna attraverso i fossati del sentiero. Nella tenda si trovavano la moglie del ladrone e due figli. Costui allora raccontò alla consorte il profondo sentimento d'amore che aveva provato nel vedere quel Santo Bambino. Vidi la moglie del ladrone accogliere i Viandanti con timida cortesia. I Viaggiatori si sedettero al suolo in un angolo della capanna, preparandosi a consumare un frugale pasto con le provviste che avevano portato con loro. Nei primi momenti quei furfanti sembrarono timidi e paurosi al contatto con la santa aurea della Famiglia, ma a poco a poco acquistarono confidenza. Condotto sotto la tettoia l'asino degli Ospiti, i briganti presero maggior dimestichezza con la semplicità di Giuseppe e la bontà della Beata Vergine. La consorte del capobanda offrì a Maria Santissima dei piccoli pani con miele e frutta, poi le diede da bere. Il fuoco ardeva entro una fossa scavata in un angolo della capanna. La donna assegno alla Madonna una lato riparato della capanna e, assecondando il desiderio da Lei espresso, le portò un catino d'acqua per lavare il Santo Bambino. Quindi Maria lavò Gesù dopo averlo ricoperto di un panno. Il ladrone, frattanto, appariva assai commosso, parlava con la sua consorte dicendole: "Questo fanciullo ebreo non è come tutti gli altri; egli è certamente un santo. Prega sua madre che ci permetta di lavare nostro figlio nell'acqua che è servita al suo bagno". Prima ancora che la donna si avvicinasse a Maria per pregarla di questo favore, la Santa Vergine acconsenti con un cenno. Allora la donna si allontanò, ritornando dopo poco con un fanciullo di circa tre anni tra le braccia le cui membra erano completamente irrigidite dalla lebbra; tutto il suo corpicino era ridotto ad una sola piaga e il viso si poteva appena riconoscere. L'acqua in cui si era lavato Gesù era ancora limpida, appena il lebbroso ne fu immerso, ogni anomalia che copriva la pelle si staccò dal suo corpo cadendo sul fondo del bacino. Così il fanciullo fu miracolato. Sua madre, fuori di sé dalla gioia, voleva abbracciare la Santa Vergine e Gesù, ma Maria rifiutò l'abbraccio, invece pregò la donna che facesse scavare un pozzo nel suolo fino a toccare la rupe per versarvi dentro quell'acqua. Così quest'acqua miracolosa avrebbe comunicato a quella del pozzo la grazia terapeutica di guarire la lebbra. Vidi la moglie del capobanda intrattenersi ancora per molto tempo con Maria. Credo si proponesse in cuor suo di fuggire dall'orribile dimora dei ladroni appena se ne fosse presentata l'occasione. Vidi alcune persone contente dell'avvenuto miracolo. Sembrava che la donna non volesse finire di narrare a tutti i conoscenti l'avvenuto prodigio. Così durante la notte giunsero alcune persone e fanciulli per ammirare e lodare la Santa Famiglia. Maria non dormi per tutta la notte e stette seduta in mezzo al letto. La mattina dopo, riforniti di viveri freschi, i santi Fuggiaschi ripartirono. Furono accompagnati dai ladroni che vollero indicare loro il sentiero sicuro. Giunto il momento di separarsi, il capo dei briganti fu molto commosso e disse loro: "In qualunque luogo vi troverete ricordatevi di noi" Allora mi apparve il simbolo della crocifissione e percepii che "il buon ladrone", il quale disse a Gesù: "Ricordati di me quando sarai nel tuo Regno", era appunto quel fanciullo risanato dalla lebbra. Dopo alcuni anni la consorte del capo dei furfanti si stabilì in un luogo tranquillo presso una fonte miracolosa. La Santa Famiglia si mise in cammino per attraversare il deserto. Avendo di nuovo smarrita la via, vidi degli animali avvicinarsi a loro, particolarmente lucertole, pipistrelli notturni e serpi. Questi, strisciando lentamente, sembrava volessero indicare la direzione giusta da mantenere.

    108 - La rosa di Gerico - La Santa Famiglia raggiunge l'Egitto

    Dopo molto cammino, Maria e Giuseppe per la terza volta persero l'orientamento. Allora avvenne un magnifico fenomeno miracoloso che guidò i loro passi: d'ambo i lati di una strada scorsero le cosiddette rose di Gerico; queste hanno i ramoscelli increspati, il fiore nel centro ed il gambo diritto. Con giubilo seguirono la via tracciata dalle pianticelle, e così attraversarono il deserto senza altre difficoltà. Seppi che a Maria fu rivelato come più tardi gli abitanti del paese avrebbero colto quelle rose e le avrebbero offerte ai viaggiatori in cambio del pane. Io stessa ricevetti alcune chiarificazioni sull'episodio poco tempo dopo. Il nome di questo luogo era Gase o Gose. Giunti a Lepe, vidi dei canali di acqua e alcuni argini. Allora i santi Fuggiaschi attraversarono un fiumiciattolo sopra una zattera di travi, sulla quale vi era una gran vasca in cui venivano collocati gli asini. Vidi Maria seduta col Bambino sopra una trave mentre due uomini traghettavano la zattera sull'altra riva. Erano assai brutti d'aspetto, seminudi, di color bruno ed avevano il naso schiacciato e le labbra sporgenti. Essi mi sembrarono inoltre assai rozzi e villani, non dissero una sola parola durante il tragitto. Abitavano in alcune case lontane dalla città. Credo che questa fosse stata la prima città pagana incontrata da Giuseppe e Maria. La Santa Famiglia aveva viaggiato per dieci giorni nel deserto e per altri dieci nella Giudea. Giuseppe, Maria e il Bambino si trovavano adesso sul suolo egiziano. Innanzi ad essi si apriva una vasta pianura interrotta da verdi praterie in cui pascolava il bestiame. Vidi anche degli alberi nei quali stavano scolpiti gli idoli dalla figura di fanciulli fasciati in larghe bende. Tutt'intorno si vedevano uomini di rozza statura, vestiti come quelli che filavano il cotone nel paese confinante con i Magi. Costoro si inchinavano in adorazione dinanzi ai loro idoli. Appena entrarono in Egitto, Maria e Giuseppe non sapevano come nutrire il loro Bambino perché mancavano di tutto. Essi soffrirono tutte le povertà umane; nessuno voleva dare niente a quegli stranieri. Li vidi entrare in una capanna; tutte le bestie che vi si trovavano ne uscirono spontaneamente lasciando libero il luogo. Finalmente ottennero un poco d'acqua da alcuni pastori impietositi. Maria, Giuseppe e il Santo Bambino languenti e privi di ogni soccorso, attraversarono un bosco in cui si trovava una palma carica di datteri. Vidi quest'albero piegarsi e porgere la cima appena la Vergine gli si avvicinò sollevando in alto il bambino Gesù. L'albero rimase poi in quella posizione. Numerosi ragazzi seminudi accorsero dal vicino villaggio e seguirono Maria che aveva offerto loro in dono la frutta. Circa un quarto d'ora più tardi, la Sacra Famiglia si nascose in un grosso sicomoro cavo nel tronco; questo servì per dileguarsi dalla vista dell'inQpportuno corteo dei ragazzi. In questo tronco trascorsero pure la notte.

    109 - La fonte miracolosa e il giardino dalle piante balsamiche

    All'indomani i santi Profughi proseguirono la via attraversando aride e sabbiose zone desertiche, li vidi spossati fino all'estremo limite delle proprie forze. Si sedettero su una piccola duna, mentre la Santa Vergine entrò in profonda contemplazione per innalzare a Dio un'ardente preghiera e una devota supplica. Mentre pregava, le scaturì accanto una fonte d'acqua abbondante e cristallina che serpeggiò sul terreno. Giuseppe scavò profondamente alla fonte un bacino, poi fece un canale che servisse allo scolo dell'acqua. Mentre Maria lavava il Bambino, Giuseppe abbeverava l'asino e riempiva gli otri. Poi si riposarono. Frattanto, orribili animali, simili nella forma a grandi lucertole ed a testuggini, vennero a dissetarsi all'acqua del nuovo ruscello. Come le altre volte, non fecero alcun male alla Santa Famiglia, anzi mi sembrò che la guardassero quasi con gratitudine. il paesaggio intorno, benedetto dalla sorgente d'acqua, rinacque a vera vita. Gli alberi fruttificarono e vicino ad essi crebbero persino alcune piante curative. Quel luogo sarebbe divenuto un giorno una nota oasi con un giardino di piante balsamiche dove numerose persone vi avrebbero dimorato stabilmente. Tra queste mi parve di vedere la madre del giovinetto lebbroso risanato dall'acqua dove si era bagnato Gesù. Più tardi ebbi delle visioni relative al luogo. Vidi le piante balsamiche che circondavano un giardino al centro del quale crescevano molti alberi da frutta. Molto tempo dopo vi si scavò un altro pozzo assai profondo. Una ruota mossa dai buoi vi attingeva l'acqua che, mista a quella della fonte di Maria, irrigava il giardino. Se l'acqua del pozzo non veniva miscelata a quella della fonte, anziché giovare al terreno lo danneggiava. I buoi che ponevano in movimento la ruota, non lavoravano dal mezzogiorno del sabato fino al mattino del lunedì. I santi Profughi, dopo essersi ristorati, avanzarono verso la vasta e antica città di Eliopoli, detta anche On. Quando Gesù morì, in questa città vi abitava Dionigi l'Aropagita. Ai tempi d'Israele vi abitava Putifar, il sacerdote egiziano, la cui figlia, Asenet, sposò il patriarca Giuseppe. La guerra aveva distrutto la città e fiaccato gli abitanti, i quali avevano poi ricostruito nuove abitazioni sulle rovine di quelle precedenti. Passando sopra un lungo ponte, i santi Fuggiaschi attraversarono un fiume larghissimo (il Nilo) che mi parve si dividesse in più bracci. Giunsero in una piazza che si apriva davanti alla porta della città ed era circondata da una specie di pubblico passaggio. Su di una colonna, larga alla base e stretta alla cima, si mostrava un grand'idolo con la testa di bue che teneva tra le braccia una specie di fantoccio. I numerosi devoti che in grosse carovane uscivano dalla città, usavano deporre le offerte sotto quest'idolo, sopra cerchi di pietra che parevano panche o sedili. Non lontano da questa statua pagana vi era una grande palma sotto la cui ombra si era seduta a riposare la Santa Famiglia. Mentre se ne stavano seduti tranquillamente, un terremoto fece precipitare l'idolo. Il popolo, emettendo grida selvagge, si riversò sulla piazza e circondò minaccioso la Santa Famiglia, perché alcuni avevano gridato che loro sarebbero stati la causa del terremoto. Appena la minaccia della gente diventò incombente, la terra ricominciò a tremare ed il grosso albero si ripiegò tutto verso il terreno. L'idolo sprofondò in un cratere enorme che si era riempito di acqua fangosa e nerastra; si videro appena le corna spuntare dal fango. Alcuni fra i più violenti tumultuanti annegarono nella voragine oscura. A quella vista tutti gli altri si ritirarono timorosi. Quindi la Santa Famiglia entrò tranquillamente nella città e prese alloggio vicino ad un vasto tempio idolatra, in un locale all'interno di una grossa muraglia.

    110 - Visioni sulla vita della Santa Famiglia nella città di 0n (o Eliopoli)

    Suor Emmerick comunicò le visioni intorno alla vita della Santa Famiglia ad Eliopoli o On.

    Passai il mare e mi recai in spirito in Egitto, trovai i santi Viandanti che abitavano in quell'antica città in rovina. Vidi le acque del fiume scorrere sotto grandi ponti; vidi pure massicce muraglie e torri in rovina. Templi che si conservavano quasi intatti e colonne che parevano torri su cui si saliva per mezzo di scale esterne fatte a chiocciola. Erano alte ed acute all'estremità, adornate di strane figure di animali simili a cani con la testa umana, accucciati al suolo. La Santa Famiglia aveva preso alloggio in alcune sale di un grande edificio di pietra, appoggiato a colonne basse e solide di forma rotonda e quadrangolare. Presso queste colonne molte persone si erano adattate le loro abitazioni. L'edificio era situato in posizione sottoelevata ad una strada su cui passavano non solo i pedoni ma anche i carri; l'alloggio si trovava dirimpetto ad un gran tempio pieno di idoli, con due cortili. Il luogo scelto da Giuseppe per stabilire la propria dimora era uno spazio circondato da un muro e da una fila di colonne assai grosse ma non molto alte. In questo spazio egli suddivise le stanze per mezzo di assicelle. L'asino fu pure accomodato in un posto diviso dal resto dell'abitazione da una parete di legno. Giuseppe e Maria avevano eretto un piccolo altare vicino al muro, riparato da una parete di legname. Quest'altarino consisteva in un tavolino coperto di un panno rosso, su cui si stendeva un altro panno bianco e trasparente. Una lampada ardeva perennemente al disopra del tavolo. Li vidi spesso assorti in preghiera. Giuseppe iniziò ad esercitare privatamente il suo mestiere producendo tavoli, sgabelli e delle tettoie per riparare i contadini dai raggi cocenti del sole. La Santa Vergine invece tesseva tappeti e si occupava di un altro lavoro (non so se si trattasse pure di filatura o qualcosa di simile) per cui adoperava un bastoncino con un nodo all'estremità. Vidi spesso della gente andare a visitare la Santa Famiglia e particolarmente il Bambino. Il Pargoletto, che irradiava innocenza, giaceva nella sua culla sul piedistallo di legno. Lo vidi con le piccole braccia pendenti dall'una e dall'altra parte della culla. Ebbi una visione in cui il piccolo Gesù era assiso sul suo lettuccio mentre Maria Santissima sedeva vicino a lui e lavorava a maglia. Un cestello era accanto a Lei e tre donne le tenevano compagnia. Maria lavorava per gli Ebrei di Gosen e si guadagnava il pane e gli altri alimenti. Gosen era una piccola città a settentrione di Eliopoli situata su un territorio interrotto da canali. La comunità ebraica che vi risiedeva aveva alterato il suo culto, molti suoi componenti strinsero amicizia con la Santa Famiglia. Gli Ebrei di Gosen frequentavano il tempio situato di fronte alla dimora di Giuseppe e Maria; essi osavano paragonarlo a quello di Salomone. Non lontano dal tempio, Giuseppe aveva adattato un luogo di culto dove si radunavano a pregare tutti gli Ebrei osservanti di Eliopoli; prima di allora mai avevano pregato in comune. Il luogo di preghiera era dotato superiormente da una piccola cupola, e quando si apriva lasciava scorgere liberamente il cielo. Al centro del locale vi era il tavolo dei sacrifici coperto dei panni rituali. Sopra questo tavolo o altare erano appoggiate delle pergamene avvolte. Il sommo sacerdote era un uomo molto vecchio. Qui gli uomini e le donne si dividevano per la preghiera comune, diversamente da come facevano in Terrasanta: i primi stavano da un lato e le seconde dall'altro lato della sala. Vidi in questo luogo la Santa Vergine col bambino Gesù. La Madonna era seduta al suolo e s'appoggiava ad un braccio, mentre il Bambinello sedeva dinanzi a Lei; Egli indossava una tunica color celeste e teneva le braccia conserte sul petto. Giuseppe, come era solito fare, stava dietro a Maria, sebbene tutti gli altri uomini fossero nel lato opposto loro assegnato. Gesù cresceva e riceveva frequentemente la visita di altri fanciulli. Egli parlava già abbastanza bene e si muoveva con tutta sicurezza; trascorreva parte della giornata con Giuseppe e talvolta lo seguiva anche quando egli andava fuori casa per prestare la sua opera. Il Santo Fanciullo vestiva una camiciola tessuta senza cuciture. A causa dell'improvviso crollo di alcuni idoli venerati da questa popolazione, Gesù, Giuseppe e Maria continuarono a subire non poche persecuzioni. La Famiglia era tacciata continuamente di essere causa dei malaugurati eventi, anche perché abitava presso il tempio degli ebrei-pagani.

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    00 03/01/2013 00:40

    111 - Un Angelo annuncia alla Santa Famiglia la strage dei fanciulli ordinata da Erode

    Verso la metà del secondo anno di vita di Gesù, un Angelo avverti Maria ad Eliopoli della strage dei bambini ordinata da Ero-de, premeditata ed organizzata già molto tempo prima dal tiranno. Giuseppe e Maria ne furono assai afflitti e Gesù pianse tutto il giorno. In occasione della presentazione di Gesù al tempio, le profezie di Simeone ed Anna erano giunte all'orecchio di Erode. Il tiranno, già agitato per l'episodio dei Magi e per le voci precedenti, si mise maggiormente in allarme e preparò l'infanticidio di massa meditato da lungo tempo; inviò quindi ordini più severi alle guardie di stanza nei dintorni di Gerusalemme, Gigal, Betlemme e fino ad Hebron. Appena egli ritornò da Roma fece ricercare Gesù a Nazareth, e non avendolo trovato, diede definitivamente l'ordine dell'infanticidio di massa. Quandò Erode diede l'ordine di razziare tutti i fanciulli nunon di due anni, Elisabetta venne esortata da un Angelo a nascondere di nuovo suo figlio. Così fuggi per la seconda volta col piccolo Giovanni nel deserto. Giovanni aveva allora due anni ed era appena ritornato a vivere con i genitori perché le voci di un probabile pericolo erano state smentite. In quel tempo Gesù aveva un anno e mezzo e camminava da solo. Le autorità avevano promesso premi alle donne feconde, e queste, adornati festosamente i pargoli, si erano recate agli uffici siti nei diversi luoghi di raccolta. Vidi le madri che partivano con i loro figlioli dai luoghi della provincia del regno erodiano per confluire a Gerusalemme, a Betlemme, a Hebron, e negli altri centri di raccolta. Quelle famiglie, giunte sui loro asini, riponendo tante speranze in quel viaggio, avevano portato i loro fanciulli a morire sventrati! Appena giunsero a destinazione i padri furono rimandati indietro, le madri con i loro pargoli invece vennero condotte in un gran luogo di raccolta nel quale vi entravano lietissime, convinte di ricevere un premio per la loro fecondità. A Gerusalemme l'edifido di raccolta era alquanto lontano dalla città e vicino alla dimora di Pilato. La costruzione dove il procuratore romano abitava era fatta in modo tale che difficilmente da fuori si poteva sentire o vedere quello che accadeva all'interno. Pare che fosse anche un penitenziario o una casa di giustizia perché nei cortili vidi pali, ceppi d'albero e catene per i supplizi dei prigionieri. Quei legni venivano chinati, legati assieme, poi improvvisamente disciolti, quando si doveva giustiziare qualcuno con l'orribile pena dello squartamento. L'edificio vicino alla dimora di Pilato si presentava pure assai massiccio, dall'aspetto tetro, il cortile era grande quasi come il cimitero che fiancheggia la chiesa di Dùlmen. Una porta immetteva in un corridoio e nella corte, la quale era fiancheggiata da due caseggiati laterali a destra e a sinistra. In questi due edifici furono rinchiuse tutte le madri con i loro figli. Allorché le donne si accorsero di essere prigioniere, tutte le speranze crollarono in una volta sola ed esse cominciarono a piangere e a disperarsi in tutti i modi. Passarono tutta la notte gemendo con i loro fanciulli. Erano passate dalla più viva speranza alla più amara ed angosciosa disperazione, come avviene spesso per ogni essere umano.

    Il giorno dopo, 9 marzo, alla stessa ora, la Emmerick continuò il suo acconto.

    Oggi a mezzogiorno ho assistito all'orribile spettacolo della strage degli Innocenti che avvenne nel palazzo di giustizia. Nella grande ala che chiudeva il cortile, da uno dei lati, vi era a pian terreno una vasta sala simile ad una prigione o ad un corpo di guardia. Il piano superiore si divideva pure in sale, le cui finestre davano sul cortile. Radunati a consiglio in una di queste, vi erano alcuni nobili signori seduti intorno ad un grande tavolo dove si trovavano delle pergamene. Credo che fosse presente anche Erode, poiché vidi uno con la corona sul capo, avvolto in un mantello rosso foderato di pelliccia bianca cosparsa di fiocchetti neri. Molti distinti personaggi lo circondavano ed egli contemplava tranquillamente l'orrida scena da una finestra. Dai caseggiati laterali, le donne furono avviate con i bambini nella gran sala a piano terra, giunte all'entrata, i manigoldi strappavano dalle madri i fanciulli e li trasportavano nella corte, dove vidi venti boia snaturati che li uccidevano, traforando loro il cuore con le lance o decapitandoli con le spade. Alcuni bambini erano ancora avvolti nelle fasce e avevano poppato al seno delle madri fino a pochi minuti prima, altri erano già grandicelli e vestivano abitini tessuti. Senza spogliarli li uccidevano in questo modo bestiale, poi afferrandoli per un braccio o per un piede li lanciavano nel mucchio di cadaverinì pieni di sangue. Lo spettacolo era orribile. Le urla di dolore delle madri che, affollate e rinchiuse nella sala terrena si erano accorte della strage dei figlioli, erano tremende. Esse si sentivano straziare il cuore, si strappavano i capelli e si contorcevano le mani. Il numero di esse a poco a poco crebbe, in breve tempo l'ampia sala divenne per loro angusta ed avevano appena lo spazio per muoversi. Credo che la strage fosse proseguita fino a sera. Nel cortile stesso fu scavata una fossa enorme dove vennero gettati i cadaverini. Non mi sovviene precisamente il numero delle vittime, sebbene questo mi fosse stato indicato con il numero sette o diciassette (millesettecento, o settecento, come anche settemila14. Quello spettacolo mi atterri a tal punto che quando mi risvegliai, a stento ebbi ricordo di simili scene. Durante la notte, le madri legate assieme e divise per gruppi di destinazione furono ricondotte alle proprie abitazioni. L'avvenimento che vidi si volse a Gerusalemme, proprio nello stesso palazzo del tribunale in cui venne condotto Gesù, non lontano dall'abitazione di Pilato. All'epoca del processo a Gesù l'edificio era stato in parte trasformato. Quando il Salvatore andò dal Padre suo, vidi molte anime da quel luogo salire al Firmamento.

    112 - Giovanni fugge di nuovo nel deserto. La Santa Famiglia lascia Eliopoli per stabilirsi a Matarea

    Elisabetta intanto rimase nel deserto per quaranta giorni con il suo bambino. Vidi che cercò per molto tempo una caverna dove poter nascondere bene Giovanni. Quando la santa Donna ritornò alla sua dimora, Giovanni rimase nascosto nella grotta. Vidi un Esseno, della comunità del monte Oreb, recarsi ogni otto giorni nel deserto a visitare il fanciullo; gli portava vivande e lo aiutava in ogni suo bisogno. Ouesto sant'uomo era un parente di Anna, la profetessa del tempio. Egli si recava da Giovanni ogni otto giorni, poi ogni quindici, finché quest'ultimo si abituò a vivere nel deserto da solo e non ebbe più bisogno del suo aiuto. Dio aveva destinato Giovanni a vivere isolato dagli uomini e a crescere nell'innocenza della solitudine. Al pari di Gesù, Giovanni non frequentò alcuna scuola ma fu istruito dallo Spirito Santo. Spesso lo vidi circondato da figure lùminose. Il deserto non era affatto desolato e sterile, ma vi crescevano erbe ed arbusti fruttiferi; in mezzo alle rupi nascevano fragole e Giovanni le coglieva e se ne cibava. Gli animali e specialmente gli uccelli non lo fuggivano ma invece, volando sulle sue spalle, vi si fermavano ed ascoltavano attenti le sue parole, che pareva comprendessero perfettamente. Spesso gli uccelli gli servivano addirittura come messaggeri. Una volta lo vidi in un'altra regione, presso un fiume, mentre i pesci si avvicinavano alla riva, chiamati da lui. Tutti gli animali gli si erano molto affezionati, lo servivano e lo avvisavano in molte occasioni. Lo conducevano ai loro nidi ed ai loro ovili e, quando egli temeva l'avvicinarsi di qualcuno, trovava rifugio sicuro nelle loro tane. Frutta, radici ed erbe erano il nutrimento quotidiano del piccolo Giovanni. Egli non aveva da cercare molto lontano il suo nutrimento, poiché o intuiva il luogo dove trovarlo, oppure gli animali glielo indicavano in qualche modo. Portava sempre avvolta intorno al corpo una pelle e teneva tra le mani il bastoncino; lo vidi internarsi nel deserto e, come altre volte, avvicinarsi alla casa paterna. Due volte si incontrò anche con i suoi genitori, i quali avevano sempre grande desiderio di vederlo. Probabilmente essi si tenevano in contatto mediante visioni divine, perché vidi che quando Elisabetta e Zaccaria si recavano a trovarlo egli andava già loro incontro. La Santa Famiglia dimorava ad Eliopoli da circa un anno e mezzo. Giuseppe decise di abbandonare quel luogo perché mancava il lavoro e, inoltre, dovevano soffrire le persecuzioni della gente. Essi partirono dunque verso Menfi per stabilirsi a mezzogiorno di Eliopoli. Sulla strada fecero una sosta in una piccola città e, mentre erano assisi nell'atrio del tempio pubblico, l'idolo che vi si trovava crollò e si frantumò in mille pezzi. Questo aveva la testa di bue, tre corna e molti buchi nel corpo, nei quali si ponevano le vittime che dovevano essere arse. Allora i &acerdoti idolatri, sdegnati, si riunirono e minacciarono la Santa Famiglia. Accadde però che uno di questi, improvvisamente, fu memore delle sciagure subite dai loro antenati quando perseguitavano gli Ebrei, allora i santi Profughi furono lasciati in libertà. Continuando il cammino Giuseppe, Gesù e Maria giunsero a Troja, posta a mezzogiorno del fiume Nilo e dirimpetto a Menfi. Vidi la città grande ma con le vie assai sudicie. Giuseppe e Maria ebbero l'intenzione di fermarsi qui, ma furono male accolti. Chiesero datteri e un po' d'acqua e non ne ricevettero da alcuno. Menfi giace su ambedue le rive del Nilo, che in questo luogo è assai largo e forma molte isole. Sulla riva orientale, al tempo del Faraone, vi era un magnifico palazzo circondato da giardini; sull'alta torre spesso saliva la figlia del re. Vidi anche il luogo preciso in cui fu rinvenuto Mosè nel canestro galleggiante sulle acque. Menfi poteva essere considerata una sola grande città con Eliopoli e Babilonia, perché nei tempi antichi questi tre agglomerati erano congiunti tra loro da un immenso numero di caseggiati e costruzioni varie. Ai tempi della Santa Famiglia, siccome molte di quel-le costruzioni erano cadute in rovina, non esisteva più la continuità di caseggiati che legava le tre città tra le due sponde del Nilo. Scendendo lungo il corso del fiume i nostri abbandonarono Troja e giunsero a Babilonia, città sudicia e brutta. Proseguirono e passarono per un argine che sarà pure percorso da Gesù molti anni dopo, quando risusciterà Lazzaro e poi attraverserà l'Egitto per raggiungere i suoi discepoli a Sichar. I santi Profughi costeggiarono così il Nilo per altre due ore seguendo una strada ingombra di rovine; poi superato un braccio del fiume, ovvero un canale, giunsero ad un paese il cui nome fu più tardi Matarea. Questo luogo, circondato dal deserto, aveva le abitazioni per la maggior parte fatte di legno di dattero e cementate col fango disseccato; il tetto consisteva in giunchi tenuti insieme. Giuseppe trovò molto lavoro in questa dttà poiché erigeva case più solide per mezzo di tavolate di vimini. Non lontano dalla porta attraverso la quale erano entrati in città, vi era un luogo solitario in cui la Famiglia decise di stabilire la dimora e un laboratorio per le attività di Giuseppe. Anche in questo paese, appena giunti, l'idolo di un piccolo tempio rovinò al suolo. il popolo infuriato, fu acquietato da un sacerdote illuminato che rammentò loro i flagelli dai quali il popolo egiziano era stato mortificato. Qualche tempo dopo, poiché molti Ebrei e pagani convertiti si erano uniti alla Sacra Famiglia, i sacerdoti abbandonarono a questa nuova comunità il piccolo tempio dov'era crollato l'idolo. Giuseppe fece di esso una sinagoga, divenendo la guida e il padre spirituale della comunità. Egli ripristinò il culto che era stato alterato, e insegnò il canto dei salmi. Abitavano in questa città molti Ebrei poverissimi. Le loro abitazioni erano fosse o edifici in rovina. A due ore di cammino, fra Oh ed il Nilo, vi era un paese abbastanza popolato da Ebrei, gli abitanti erano caduti nell'idolatria più deplorabile; adoravano un vitello d'oro e un'altra figura dalla testa di bue, circondata da certi simboli di animali simili alla fama. Essi possedevano inoltre una specie di arca in cui conservavano oggetti orribili. Terribile era il loro rito idolatra, e ancora più disgustose erano certe sfrenatezze cui si davano in sale sotterranee, attraverso le quali credevano di accelerare la venuta del Messia. Nella loro ostinazione non volevano in alcun modo ravvedersi. La comunità di Giuseppe però finì per rappresentare il punto d'attrazione di numerosi Ebrei di questo culto pagano. Gli Ebrei della terra di Gosen avevano già conosciuto la Sacra Famiglia ad Oh, quando la Santa Vergine si era occupata di fare maglie unendo e intrecciando giunchi. Questo solo per soddisfare le necessità essenziali della gente. Infatti, per quanto Maria avesse necessità di guadagnare, la vidi spesso rifiutare certi lavori ordinati da donne per soddisfare i capricci della vanità fernnunile. In risposta ai suoi bonari rifiuti udii quelle donne ingiuriarla con espressioni grossolane.

    113 - Il santuario della Santa Famiglia

    La vita in Matarea fu per loro assai grave e soffrirono mancanza d'acqua e di legna, specialmente nei primi tempi. Gli abitanti del luogò si servivano per gli usi domestici di erba disseccata o di canne. La Santa Famiglia si nutriva quasi sempre di cibi freddi. Siccome gli abitanti di Matarea non sapevano costruire le loro capanne, Giuseppe fu subito chiamato ad accomodare le capanne che più ne avevano bisogno. Ma era trattato alla stregua di uno schiavo, lo pagavano male e spesso tornava a casa senza aver ricevuto ricompensa alcuna. il legname mancava, e seppure ve n era qualche raro pezzo, mancavano gli strumenti per lavorarlo perché questa gente conosceva solo comuni coltelli di pietra o di osso. Giuseppe, che aveva portato con sé gli strumenti più necessari, riusciva invece a tagliare il legno e a fare simili lavori. Grazie alla sua infaticabile mano, la Sacra Famiglia era riuscita anche a disporre un po' meglio il suo alloggio. Il sant'uomo, mediante tavole di giunchi leggerissime, montò piccole stanzette, poi preparò un focolare e fabbricò due tavolini e alcune sedie. Gli abitanti di Matarea usavano mangiare sul terreno. In questa dimora i santi Fuggiaschi vi trascorsero alcuni anni, ed io ebbi modo di vedere molte cose relative all'infanzia di Gesù. Egli dormiva in una nicchia scavata da Giuseppe nella parete del-la bottega, la Vergine dorrniva vicino a Lui. Spesso la vidi alzarsi di notte e pregare inginocchiata l'Altissimo dinanzi a Gesù. Giuseppe dormiva in un'altra piccola stanzetta. In un andito isolato dal resto della casa era stato disposto un piccolo oratorio. Giuseppe, Maria Santissima e Gesù avevano ciascuno il loro posto di preghiera, sia stando seduti, in ginocchio, come anche in piedi. Vidi la Santa Vergine pregare spesso dinanzi all'altarino della casa, eretto in una nicchia nel muro; era un tavolo piccolo ricoperto dei panni cultuali. Vicino all'altarino vidi dei piccoli mazzi di fiori disposti entro vasi in forma di calice; vidi pure l'estremità di quel bastoncino che Giuseppe aveva ricevuto al tempio, il quale era assicurato entro un astuccio largo circa un pollice e mezzo. Ho veduto anche alcuni simboli egiziani relativi alla nascita della Madonna, ma li ricordo solo confusamente.

    114 - Elisabetta conduce Giovanni per la terza volta nel deserto

    Mentre la Santa Famiglia dimorava in Egitto, il piccolo Giovanni ritornò a vivere con i propri genitori a Juta, mantenendosi accuratamente nascosto. Ma fu notato da qualcuno e il pericolo si fece di nuovo incombente, allora Elisabetta fu costretta a ricondurlo di nuovo nel deserto. Era il terzo ritorno di Giovanni. Egli aveva a quel tempo quattro o cinque anni. Zaccaria era assente quando essi partirono, credo che si fosse allontanato per evitare il dolore dell'addio, perché amava moltissimo suo figlio. Prima che Giovanni andasse via con la madre, Zaccaria lo benedisse come era sua abitudine ogni qualvolta si assentava. I capelli di Giovanni erano più scuri di quelli di Gesù, e in tutto il tempo che egli dimorò nel deserto gli vedevo sempre fra le mani il bastoncino bianco. Lo vidi condotto per mano da sua madre. Elisabetta attraversò con lui a passo veloce le solitudini del deserto. Indossava una lunga veste e ogni suo movimento era sempre rapido e risoluto. Spesso, durante il cammino, Giovanni precedeva la madre e lo vedevo fanciullo semplice e ingenuo, sebbene mai fosse troppo inquieto né distratto. Camminarono verso sud, costeggiando un fiume sulla riva destra, poi passarono all'altra riva su una zattera. Elisabetta, che era una donna assai energica, sapeva trattare vigorosamente anche i remi. Giunti all'altra sponda, i due si inoltrarono in una via che volgeva a sinistra. Percorse alcune miglia, entrarono in una caverna che, nonostante si trovasse in una zona deserta e selvaggia, aveva alla sua entrata alcuni alberi fruttiferi. Giovanni si nutriva con quella frutta. Sistemato alla meglio suo figlio, Elisabetta prese congedo da lui: lo benedisse, lo strinse al cuore, lo baciò sulle guance e sulla fronte, poi se ne andò. Più volte quella Santa Madre si volse indietro cercando con gli occhi lucidi di lacrime il figlio, lasciato solo nella caverna selvaggia. Frattanto questi, senza timore, s'inoltrò arditamente all'interno della grotta. Dio mi concesse la grazia di sentirmi presente a tutto quanto avveniva, facendomi sentire nella visione come una fanciulla. Mi parve infatti di avere l'età di Giovanni e di accompagnarlo nelle sue passeggiate, spesso mi angustiavo per lui vedendolo allontanarsi troppo dalla grotta nelle sue scorrerie. Mi consolava una voce dicendomi che non avevo alcun motivo per affliggermi perché Giovanni sapeva benissimo ciò che faceva. Allora mi sembrò di essere insieme ad un amico fidato della mia gioventù e di attraversare le solitudini del deserto con lui. Vidi in tal modo molti fatti che gli accaddero durante il soggiorno in questo luogo selvaggio. In una visione passeggiavamo insieme, in quest'occasione Giovanni mi narrò alcuni fatti che gli erano accaduti durante la sua precedente vita solitaria. Mi rivelò le mortificazioni che si era imposto e come tutte le cose che lo circondavano lo avessero ben istruito ai misteri della vita e della natura, sebbene ciò fosse avvenuto in modo per lui incomprensibile. Spesso, quando mi trovavo sul pascolo, lo chiamavo in questo modo: "Giovanni, vieni qua col tuo bastoncino e la tua pelle sulle spalle". Allora alcune volte mi appariva, veniva verso di me e giocavamo insieme come fanno tanti fanciulli; frattanto mi raccontava molte cose della sua vita, e molte altre volte mi istruiva sui misteri dello spirito e della natura. Mai mi meravigliavo quando lo vedevo ricevere istruzioni dalle piante e dagli animali, poiché io stessa quando mi trovavo a pascolare il gregge trovavo meravigliose istruzioni da ogni fiore, dal campo e da ogni uccello, come se leggessi in un libro prezioso. Anche il cogliere le spighe, l'estirpare l'erba ed il radunare le radici, era per me perenne fonte d'istruzione. Ogni forma, ogni colore, ogni cespuglio, era oggetto di profonde considerazioni e contemplazioni. Quando io partecipavo a qualcuno queste gioie dell'animo, escluso lo stupore, il più delle volte scorgevo un sorriso scettico. Di fronte a queste reazioni dei miei ascoltatori, mi abituai a tacere. Seguendo il fanciullo Giovanni nel deserto, lo vidi comunicare con i fiori e con gli animali. Specialmente gli uccelli erano i suoi prediletti: quando passeggiava, e ancor più quando pregava in ginocchio, essi accorrevano cinguettando intorno a lui. Se egli poneva il suo bastoncino orizzontalmente, fra i rami degli alberi, accorrevano alla sua voce numerosi uccelli variopinti e si disponevano in fila sul suo bastone. Allora Giovanni parlava amichevolmente con loro, quasi come se tenesse scuola. Altre volte lo vidi seguire gli animali nei covi e nelle tane, dar loro cibo e contemplarli con la massima compiacenza.

    115 - Erode fa arrestare e uccidere Zaccaria. Morte di Elisabetta.

    All'età di sei anni, Giovanni viveva ancora nel deserto. Elisabetta era andata a fargli visita mentre Zaccaria si era recato ad offrire vittime al tempio. Temendo di essere interrogato dagli erodiani, questa volta il vecchio sacerdote volle ignorare a proposito il luogo dove si trovasse suo figlio. Però Giovanni si recava a trovare il padre segretamente nella notte, e dimorava qualche tempo nella casa. Siccome le potenze celesti guidavano sempre i passi di Giovanni, probabilmente l'Angelo custode lo avvertiva quando fosse possibile percorrere senza pericolo la via che conduceva alla dimora dei genitori. Figure luminose, come quelle degli Angeli, lo accompagnavano nelle sue peregrinazioni. Il Battista era stato destinato da Dio a crescere isolato dal mondo e ad essere educato solo dallo Spirito Divino, vidi che non aveva bisogno di alimentarsi con il cibo usato dall'uomo per soddisfare la fame. La Provvidenza dispose che egli fosse condotto nel deserto spinto dalle circostanze esterne che conosciamo. Per questa vita la sua natura era irresistibilmente inclinata. Infatti già nella sua prima infanzia lo vidi anima solitaria e contemplativa. Quando per divina ammonizione la Santa Famiglia fuggi in Egitto, anche Giovanni, il precursore di Gesù, dovette rifugiarsi nel deserto; così fu per tre volte. Fin dal momento della sua nascita egli aveva attirato l'attenzione pubblica e il sospetto delle autorità di possedere facoltà soprannaturali. Giovanni si era presto attirato il sospetto degli sbirri erodiani sia per il comportamento che per la sua aurea luminosa. Parecchie volte, senza far ricorso alla violenza, il tiranno aveva chiesto a Zaccaria dove si trovasse il figlio. Ma questa volta, dopo la strage degli Innocenti, appena il vecchio saggio arrivò alla porta principale di Gerusalemme, quella che dà sulla strada di Betlemme, i soldati di Erode gli tesero un agguato, lo sorpresero e lo maltrattarono crudelmente. Lo trascinarono quindi in una prigione posta alle falde del monte Sion, presso il quale più tardi passeranno i discepoli di Gesù per recarsi al tempio. Dopo aver sottoposto il povero vecchio alle più bestiali torture per strappargli la rivelazione della dimora di suo figlio, Zaccaria fu crudelmente trucidato per ordine di Erode. I suoi amici ne seppellirono il corpo non lontano dal tempio. Intanto Elisabetta si era incamminata verso casa per raggiungere il suo consorte, credendo che Zaccaria fosse ritornato ormai a Juta dopo il servizio al tempio. Giovanni accompagnò sua madre per un tratto di strada, quindi, ricevuta la materna benedizione ed un bacio, se ne ritornò allegramente alle sue solitudini. Appena rientrata alla sua dimora, Elisabetta apprese l'orribile notizia dell'assassinio del suo sposo. Profondamente scossa dall'orrore e dall'enorme dolore, la santa Donna ritornò disperata dal figlio col proposito di passarvi il resto dei suoi giorni. Non molto tempo dopo ella morì nel deserto e fu sepolta dall'Esseno dell'Oreb. Giovanni, rimasto senza genitori, si addentrò ancor più nel deserto. Lo vidi aggirarsi sulla sabbia in riva ad un piccolo lago, infine si immerse nell'acqua, mentre i pesci gli accorrevano vicino come vecchi amici. il Battista visse presso quel lago per molto tempo; nel bosco vicino si era costruito con rami d'albero una rudimentale capanna per viverci e trascorrere le notti. La capanna era bassa ed angusta, bastava appena come meschino giaciglio. Spiriti ed Angeli aureolati e vestiti di luce chiarissima venivano a trovarlo; il predecessore di Gesù parlava spesso con loro senza timore o stupore, ma con umile devozione. Pareva che quegli spiriti gli insegnassero molte cose e specialmente richiamassero la sua attenzione su certi oggetti degni di particolare considerazione. il suo bastoncino, al quale era assicurato il ramoscello collocato orizzontalmente con scorze d'albero, aveva assunto la forma di una croce. Una nipote di Elisabetta era andata a vivere nella dimora disabitata in Juta. Questa casa era disposta assai bene. Quando Giovanni si fece adulto andò per l'ultima volta a rivedere il tetto paterno, poi si allontanò internandosi nel deserto dove rimase finché ricomparve nel mondo degli uomini.

    116 - Matarea: la Santa Vergine scopre una fonte vicino alla sua dimora. Due Angeli annunciano a Gesù la morte di Erode

    Anche in Matarea, in cui altra acqua non si conosceva che quella fangosa del Nilo, Maria fu esaudita nella sua preghiera rinvenendo una fonte naturale sotterranea. I primi tempi trascorsi in questo luogo furono veramente difficili innanzitutto per la scarsità d'acqua. Infatti la Santa Famiglia soffrì molte privazioni vivendo solamente di frutta e d'acqua pessima. Già da molto tempo, Maria e Giuseppe cercavano invano una fonte d'acqua pura; Giuseppe si era già preparato ad andare nel deserto con l'asino, dove presso il boschetto di erbe balsamiche avrebbe trovato l'acqua con cui riempire gli otri. Ma avendo la Santa Vergine pregato il Signore con molta insistenza, un Angelo le svelò l'esistenza di una fonte d'acqua dietro la loro abitazione. Subito dopo la rivelazione, oltrepassando la muraglia che circondava la casa, Maria discese in una bassa spianata dove in mezzo ad un cumulo di rovine si vedeva un vecchio e grosso albero. Ella teneva in mano una verga che portava all'estremità una paletta. Con questa battè il terreno presso l'albero e subito ne scaturì una fonte limpida e purissima. Piena di gioia, Maria corse ad avvertire Giuseppe che aprì meglio l'imboccatura della fonte. Quell'apertura, allora otturata, era gia esistita nei tempi antichissimi, infatti si conservavano ancora perfettamente alcune muraglie di un antico pozzo. Giuseppe la riaprì di nuovo e la circondò assai abilmente di pietre. Dalla parte in cui Maria aveva battuto il terreno quando si era avvicinata all'antico pozzo, si trovava una grossa pietra che sembrava fosse servita da altare per antichi culti. Qui la Santa Vergine metteva spesso ad asciugare al sole le vesti ed i panni di Gesù. La riapertura del pozzo rimase sconosciuta agli altri e se ne servì solo la Santa Famiglia, finché vidi Gesù condurre gli altri fanciulli in questo luogo benedetto e dare loro da bere in una foglia ripiegata in forma di cono. Quando i fanciulli raccontarono il fatto ai loro parenti, vidi giungere altra gente al pozzo, che da allora in poi servì principalmente ai Giudei di Matarea. Vidi anche quando Gesù per la prima volta portò l'acqua a sua madre: Egli si accostò di soppiatto al pozzo con un secchio, ne attinse l'acqua e la portò a sua madre mentre questa pregava in ginocchio. Vidi la Madonna commuoversi indicibilmente e, sempre rimanendo inginocchiata, lo pregò di non farlo più perché avrebbe corso il rischio di cadere nel pozzo. Gesù rispose che avrebbe avuto cura dui sé, ma che desiderava attingere l’acquya ogni qualvolta Lei ne avesse bisogno. Il piccolo Gesù prestava ai suoi genitori servizi di ogni specie con grande cura e attenzione. Quando Giuseppe lavorava non troppo lontano da casa ed aveva dimenticato qualche arnese, Egli subito glielo portava. Io credo che la gioia dei genitori per quel Figlio così diligente fosse tanto grande da alleviare loro ogni altro dolore. Vidi Gesù recarsi parecchie volte ad un paese ebreo, distante circa un miglio da Matarea, per scambiare il lavoro di sua madre con il pane. I numerosi animali feroci che si aggiravano in quei dintorni non solo non gli facevano del male ma si comportavano con Lui amichevolmente. Lo vidi giocare perfino con i serpenti. A cinque o sei anni Egli si recò per la prima volta da solo al paese ebreo, due Angeli gli apparvero lungo la via e gli comunicarono che Erode il Grande era morto. Gesù allora si inginocchiò e pregò; quel giorno egli indossava una tunica di color bruno, ornata di fiori gialli, che gli aveva confezionato la Santa Madre. Il Pargoletto divino non rivelò questa vicenda ai suoi Genitori, forse per umiltà o per il divieto degli Angeli, perché non dovevano ancora abbandonare l'Egitto.

    117 - Il pozzo di Matarea

    Il pozzo di Matarea fu dunque di nuovo riattivato grazie al miracolo operato dalla Santa Vergine. Benché fosse caduto in rovina da molto tempo era ancora internamente murato. Vidi che anticamente quando Giacobbe aveva soggiornato in Egitto, precisamente in quello stesso luogo, egli aveva scoperto il pozzo e aveva compiuto un sacrificio sulla grande pietra che lo copriva. Al tempo in cui Abramo era andato a vivere in Egitto, aveva eretto le sue tende proprio presso il pozzo di Maratea e là aveva istruito il popolo radunato. Per alcuni anni Abramo aveva dimorato in questo paese insieme a Sara, a numerosi fanciulli e ragazze, le cui madri erano rimaste nella Caldea. Temendo che a causa della bellezza di Sara, sua consorte, gli Egiziani avrebbero potuto assassinarlo, aveva detto che questa era sua sorella. Non era falso perché Sara era veramente sua sorella adottiva ed era figlia di Tharah, padre di Abramo e di un'altra madre16. Il re aveva fatto condurre Sara nel suo castello e voleva prenderla in moglie. Allora Sara ed Abramo pregarono Dio; subito dopo il re, le sue mogli, e tutte le donne della città si ammalarono. Quando il sovrano chiese agli indovini quale fosse la causa di tanto male, gli fu risposto che la causa era la moglie di Abramo. Il re allora gliela restituì, pregandolo di abbandonare subito l'Egitto, poi~hé egli riconosceva in Abramo la protezione degli dei. Abramo gli rispose che non poteva lasciare l'Egitto se prima non avesse avuto l'albero genealogico della sua famiglia, e narrò in qual modo quell'albero fosse colà pervenuto. Il sovrano, consultati i sacerdoti, fece restituire ad Abramo quanto gli apparteneva, domandandogli il permesso di poter tenere nei suoi scritti memoria dell'avvenimento. Così Abramo ritornò col suo seguito nel paese di Canaan. Già all'epoca della Santa Famiglia, i lebbrosi conoscevano il pozzo di Matarea quale fonte taumaturgica assai efficace per guarire la loro malattia. Molto tempo dopo in questo luogo fu innalzata una piccola chiesa cristiana. Presso l'altare vi era l'entrata attraverso la quale si accedeva all'antica dimora di Maria. il pozzo era circondato da case, e le proprietà terapeutiche dell'acqua continuarono per secoli ad essere usate con grande efficacia contro numerose malattie, in particolare la lebbra. Alcuni, lavandosi con quell'acqua, perdevano subito il fetore che emanava dal loro corpo. Quest'uso perdurò ancora ai tempi dei Maomettani. Vidi che i Turchi tenevano sempre accesa una luce nella chiesa di Matarea; essi temevano persino qualche sciagura se avessero trascurato di accenderla. Nei tempi odierni il pozzo è finito lontano dall'abitato, circondato da molti alberi selvatici.

    118 - Il ritorno della Santa Famiglia dall'Egitto

    Sebbene Erode fosse morto già da qualche tempo, il pericolo non era interamente cessato. Per San Giuseppe e la sua Famiglia la dimora in Egitto si rendeva sempre più pesante. Queste popolazioni, tra le quali essi vivevano, praticavano un orribile rito che sacrificava perfino i fanciulli malati o nati con qualche difetto fisico. Qualcuno addirittura per dar prova dell'assoluta devozione, sacrificava i propri figli sani. In Egitto inoltre si celebravano cerimonie segrete assai indecenti. Vidi che anche alcune comunità ebraiche residenti in questo paese non erano esenti da simili orrori. San Giuseppe si occupava assiduamente dei suoi lavori di falegname. Però, quando rientrava a casa, continuava a lamentarsi perché non gli era stata corrisposta la paga pattuita, sebbene avesse lavorato diligentemente. Immerso nel suo dolore, egli s'inginocchiava all'aria aperta e pregava Dio in un luogo solitario, affinché lo sollevasse dall'angoscia che l'opprimeva. Una notte gli apparve in sogno un Angelo assicurandolo che poteva far ritorno a Nazareth, soggiunse che non aveva nulla da temere poiché sarebbe stato assistito dal mondo celeste. Vidi Giuseppe comunicare la notizia a Maria e a Gesù; poi vidi la preparazione del viaggio con quella solita celerità e sottomissione come erano abituati. Quando fu nota la decisione della loro partenza, molte persone assai afflitte si recarono da loro a congedarsi. Portarono molti doni in piccoli vasi fatti di corteccia d'albero. Notai che il dolore della gente era veramente profondo, molti erano Ebrei ed altri erano pagani convertiti. Altri, invece, come gli Ebrei caduti in idolatria, erano convinti che la Santa Famiglia era dedita alla stregoneria e possedesse l'assistenza del più potente degli spiriti maligni; perciò appresero con grande gioia la notizia della partenza. Fra le brave persone che venivano ad offrire i loro doni, vi erano le madri dei fanciulli che erano stati compagni di gioco di Gesù. Particolarmente mi ricordo di una donna molto ricca, il cui nome era Mira. Ella chiamava suo figlio 'figlio di Maria"; questi era Diodato, allora ancora un fanciullo. La donna regalò a Gesù alcune monete triangolari di diversi colori; mentre le riceveva, il Signore guardava in viso sua Madre. Giuseppe insieme con la Famiglia prese la via del ritorno; portavano con loro l'asino carico di bagagli. Giunti a Eliopoli continuarono verso il sud di quella città, fino all'altra fonte scaturita in seguito alle preghiere di Maria. Adesso i dintorni erano divenuti ameni e verdeggianti; la fonte, come un ruscello, scorreva attorno ad un giardino di forma quadrangolare circondato da cespugli di erbe terapeutiche. In mezzo al giardino crescevano pure delle palme fruttifere di datteri, sicomori e altra frutta. Le piante di balsamo erano alte come viti di media grandezza. Giuseppe faceva con la corteccia d'albero dei piccoli vasi coperti di pece, erano assai lisci alla superficie e di bella apparenza. Durante le soste, egli si occupava di questo lavoro. I vasetti potevano avere varie utilizzazioni. Vidi Giuseppe appenderli ai ramoscelli rossicci delle piante terapeutiche; in questo modo raccoglieva le gocce di balsamo che stillavano dal tronco e servivano da bevanda lungo il cammino. La Santa Famiglia si fermò parecchie ore in questa magnifica oasi. Vidi la Madonna lavare alcuni oggetti che poi mise ad asciugare. Dopo essersi ristorati all'onda limpida della fonte, riempito l'otre ed i vasetti di balsamo, ripresero il cammino proseguendo sulla strada principale. Nelle numerose visioni relative al viaggio di ritorno, vidi la Santa Famiglia camminare senza incontrare alcun pericolo. Una tavoletta sottile di legno, posta sul capo ed assicurata da un panno che si allacciava sotto il mento, difendeva i tre Viaggiatori dai raggi cocenti del sole. Gesù indossava un abitino color bruno e portava scarpe di corteccia che gli aveva fatto Giuseppe; queste ricoprivano solo la metà del piede. Maria non portava scarpe ma semplici suole sotto le piante dei piedi, legate ai polpacci da cordicelle. Era afflitta perché il Santo Bambino camminava spesso sulla sabbia cocente, perciò si fermava spesso a vuotargli le scarpe dalla sabbia. A volte lo metteva seduto sull'asino affinché si riposasse. Li vidi attraversare molte città e passare vicino a delle altre. Fra le numerose che udii, ricordo adesso solo il nome di Ramesse. Passarono anche un piccolo fiume che avevano guadato in senso inverso durante la fuga verso l'Egitto, e che, proveniente dal mar Rosso, si versava nel Nilo. Giuseppe non voleva ritornare a Nazareth ma intendeva stabilire la sua dimora nella città natia di Betlemme; aveva però i suoi dubbi nel realizzare questo progetto, avendo sentito dire nella Terra Promessa che in Giudea regnava a quel tempo Archelao, uomo assai crudele. Giunti a Gaza, vi si trattennero per tre mesi. Molti pagani abitavano questa città. Giuseppe era indeciso e pensava di stabilirsi a Betlemme, sebbene fosse stato più prudente vivere a Nazareth per evitare la minaccia del crudele Archelao. Allora un Angelo apparve in sogno a Giuseppe e lo esortò a ritornare a Nazareth senza indugiare. Egli seguì l'esortazione celeste senza più alcun dubbio. Anna ed alcuni altri parenti erano i soli a conoscere la dimora in Gaza della Santa Famiglia. Quando avvenne il ritorno a Nazareth della Santa Famiglia, Gesù aveva quasi otto anni.