CREDENTI

MEDITIAMO LE SCRITTURE (Vol 5) Anno C

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    00 01/01/2013 07:57
    don Roberto Rossi
    Il Signore dà la pace e fa beati gli operatori di pace

    Buon Anno nel Signore! Per molti la prima parola pronunciata oggi è stata: Auguri! E' la stessa parola che la Bibbia ci rivolge all'inizio del nuovo anno: "Ti benedica il Signore e ti protegga, faccia brillare il suo volto su di te". L'augurio che la Parola di Dio rivolge a ciascuno, oggi, è di scoprire Il Dio dal volto luminoso, per diventare persone luminose e avere accanto persone luminose, nella nostra famiglia, nelle comunità, nei luoghi di lavoro e di studio. Dio ci benedice ponendoci accanto tali persone, dal volto e dal cuore pieni di luce, che sanno vivere bontà e bellezza. E noi stessi dobbiamo essere persone di luce.

    Oggi è la festa della Madre di Dio. Chi più di Maia Ss. è stata persona di luce, lei che ha accolto e generato Cristo, luce del mondo?

    La festa di oggi ci offre molteplici motivi di riflessione: la chiesa scandisce per tutti noi ripetutamente nel nome del Signore una solenne benedizione sacerdotale. È l'augurio migliore che possiamo ricevere e scambiarci in questo giorno: viene da Dio, ma è per tutti noi. Pur essendo la festa della Madre di Dio, domina la figura del Cristo e ci viene ricordata ancora la sua opera di salvezza per l'intera umanità. Maria è sapientemente incastonata nel mistero del suo Figlio per sottolineare il suo ruolo nella storia della salvezza e in quello sempre attuale di Madre dei credenti. Noi onoriamo Maria sempre vergine, proclamata nel Concilio di Efeso "santissima madre di Dio" perché Cristo sia riconosciuto veramente Figlio di Dio.

    È nel nome di Maria che dal 1967 si celebra oggi in tutto il mondo cattolico la giornata mondiale della pace. Dono divino, dono messianico è la pace. Non può essere costruita soltanto da noi uomini e soprattutto non potrà mai essere proclamata efficacemente fin quando non si depongono le armi. La pace degli uomini non può essere diversa da quella di Cristo: va quindi costruita sulle solide basi dell'amore fraterno e della grazia divina.

    Ogni cristiano per vocazione deve essere un costruttore di pace cominciando magari dalle mura domestiche, impartendo una sana educazione ai figli con la forza dell'esempio. Il tutto dobbiamo accompagnarlo con la forza della preghiera come fa la liturgia di questo giorno che ci fa ripetere nella orazione: "Tu, o Dio nella verginità feconda di Maria hai donato agli uomini i beni della salvezza eterna", una salvezza che inizia già durante il nostro pellegrinaggio terreno.

    Per la giornata mondiale della Pace di quest'anno, il Papa ha dato come tema: "Beati gli Operatori di pace". La beatitudine non è solo una promessa per il futuro ma è già ora in atto: beato non è, semplicemente, chi invoca la pace e la desidera, ma chi mette in atto le strategie per renderla possibile. Si opera per la pace operando nell'amore e nella verità per la libertà e per la giustizia e in ogni momento, dice il documento del Papa.
    I piccoli passi per la pace sembrano contraddetti dalle tensioni e dalle tentazioni di violenza. Abbiamo presenti i problemi nella Terra Santa, la pressione dell'Iran sulla striscia di Gaza, e sulla Siria, l'evoluzione lenta ma inesorabile verso la fine di quel regime, il pericolo di strumentalizzazione o di involuzione delle primavere arabe; pensiamo all'Egitto, alle violenze in diverse zone dell'Africa e dell'Asia, spesso contro i cristiani.
    Gli uomini di pace non devono disperare, non rassegnarsi né cedere alla tentazione di rispondere alla violenza con la violenza. Noi non disperiamo mai, la pace è sempre possibile, è sempre parte del nostro compito e della nostra missione.
    Si fa riferimento anche ai 50 anni dalla grande enciclica di Giovanni XXIII "Pacem in terris": la pace fondata sulla giustizia e sui diritti. Il diritto è il fondamento della pace, il riferimento alla dignità umana per la pace interiore e pace fra gli uomini è il punto di partenza del messaggio 2013.
    Già altre volte si è tornati su questo concetto con Giovanni Paolo II nel messaggio del 1° gennaio 2002: "Non c'è pace senza giustizia", "non c'è giustizia senza perdono", e nel 1° Gennaio 2003, "la pace: un impegno permanente". Nel documento nuovo vengono posti in evidenza l'emergenza antropologica, la natura e l'incidenza del nichilismo, e per contrario i diritti fondamentali: il diritto alla vita contro aborto ed eutanasia e contro ogni sopruso; e poi il diritto alla libertà di coscienza, alla libertà religiosa, che non si riduce a libertà di culto ma è libertà di ricerca della verità e del senso della vita ed è la radice di ogni libertà; il diritto al lavoro per una crescita economica equa e solidale e in un nuovo modello di sviluppo fondato su una nuova impostazione per la vita degli uomini; il diritto a difesa del matrimonio fra uomo e donna, origine della famiglia. Infine ricorda il ruolo della famiglia stessa per una vera educazione alla pace. Il papa pone anche una riflessione etica su alcune misure che nel mondo si stanno adottando per contenere la crisi economica e finanziaria, l'emergenza educativa, la crisi delle istituzioni e della politica, che è anche, in molti casi, crisi della democrazia. La guida del magistero non sempre è adeguatamente accolta (anche fra i cristiani si preferisce a volte pensare o fare altro). Ma tale guida è preziosa per affrontare le situazioni difficili con una dimensione positiva e di speranza.
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    00 02/01/2013 07:29
    padre Lino Pedron


    Per comprendere bene la testimonianza di Giovanni Battista, bisogna chiarire cosa significa il termine "giudei". Nel linguaggio del Vangelo di Giovanni, essi sono i capi religiosi che entrano in polemica con Gesù, sono gli avversari di Gesù e di Giovanni Battista, sono i rappresentanti del mondo che non crede. Essi vanno distinti dagli "israeliti", che sono invece quelli che ascoltano la parola di Gesù (cfr Gv 1,47) e sono i "poveri di Dio", il "resto d'Israele" che attende il Messia.
    La delegazione, composta da persone autorevoli, come sacerdoti e leviti, pone al Battista la fondamentale domanda della sua identità: "Tu chi sei?". Giovanni confessa con schiettezza di non essere il Cristo, il Salvatore atteso da Israele.
    A questa prima risposta negativa seguono altre domande degli inviati: "Chi sei allora, sei Elia?...Sei tu il profeta?" (v. 21). Il Battista risponde con prontezza e decisione anche a queste domande. Egli non è Elia o il Profeta, personaggi attesi per il tempo messianico.
    Il disorientamento dei suoi interlocutori è grande. Agli inviati, che ancora una volta cercano una spiegazione sulla sua identità, presenta se stesso con le parole di Isaia: "Voce di uno che grida nel deserto" (v. 23), e prepara la via al Cristo, vera salvezza.
    Egli è la voce che invita a ritornare nel deserto per preparare spiritualmente il cammino al Messia. Egli non richiama l'attenzione su di sé, ma su colui che sta per arrivare.
    I giudei, però, non sono soddisfatti delle sue risposte e gli domandano ancora: "Perché dunque battezzi, se tu non sei il Cristo, né Elia, né il Profeta?" (v. 24). Ed egli con la sua precisa risposta giustifica il suo operato e la sua missione: "Io battezzo con acqua" (v. 26). Giovanni pratica questo rito perché ogni uomo si disponga ad accogliere la rivelazione del salvatore d'Israele.
    La definitiva conferma che egli non è il Messia, Giovanni la dà ai suoi interlocutori dicendo che il Cristo è già presente in mezzo al popolo. Egli non accosta la sua persona a quella del Salvatore per fare un confronto, ma solo per mettere in risalto la grandezza e la dignità del Cristo. La sua vita ha dimensioni di eternità e Giovanni non è degno di rendergli il più umile dei servizi, come quello di slacciare i sandali, che pure era un compito riservato agli schiavi.
    La subordinazione del Battista a Gesù è totale. Con la parola e con la vita egli offre al Messia una testimonianza che cerca di suscitare la fede di tutti verso il grande sconosciuto che vive tra gli uomini e che essi non conoscono. La sua umiltà e la sua fedeltà sono esemplari: egli allontana sempre più l'attenzione e lo sguardo da sé per orientare tutti verso il suo Signore.
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    Coordin.
    00 03/01/2013 08:02
    a cura dei Carmelitani
    Commento Giovanni 1,29-34

    1) Preghiera

    O Dio, tu hai voluto che l'umanità del Salvatore,
    nella sua mirabile nascita dalla Vergine Maria,
    non fosse sottoposta alla comune eredità dei nostri padri;
    fa' che liberati dal contagio dell'antico male
    possiamo anche noi far parte
    della nuova creazione,
    iniziata da Cristo tuo Figlio.
    Egli è Dio, e vive e regna con te...

    2) Lettura del Vangelo

    Dal Vangelo secondo Giovanni 1,29-34
    Il giorno dopo, Giovanni vedendo Gesù venire verso di lui disse: "Ecco l'agnello di Dio, ecco colui che toglie il peccato del mondo! Ecco colui del quale io dissi: Dopo di me viene un uomo che mi è passato avanti, perché era prima di me. Io non lo conoscevo, ma sono venuto a battezzare con acqua perché egli fosse fatto conoscere a Israele".
    Giovanni rese testimonianza dicendo: "Ho visto lo Spirito scendere come una colomba dal cielo e posarsi su di lui. Io non lo conoscevo, ma chi mi ha inviato a battezzare con acqua, mi aveva detto: "L'uomo sul quale vedrai scendere e rimanere lo Spirito è colui che battezza in Spirito Santo. E io ho visto e ho reso testimonianza che questi è il Figlio di Dio".

    3) Riflessione

    ? Nel Vangelo di Giovanni la storia ed il simbolo si uniscono insieme. Nel testo di oggi, il simbolismo consiste soprattutto nelle evocazioni di testi conosciuti dell'Antico Testamento che rivelano qualcosa riguardo l'identità di Gesù di Nazaret. In questi pochi versi (Gv 1,29-34) esistono le seguenti espressioni con densità simbolica: a) Agnello di Dio; b) Togliere il peccato del mondo; c) Esisteva prima di me; d) La discesa dello Spirito sotto forma di una colomba; e) Figlio di Dio.
    a) Agnello di Dio. Questo titolo evocava il ricordo dell'esodo. La notte della prima Pasqua, il sangue dell'Agnello Pasquale, con cui si macchiavano le porte delle case, era per la gente segno di liberazione (Es 12,13-14). Per i primi cristiani Gesù è il nuovo Agnello Pasquale che libera il suo popolo (1Cor 5,7; 1Pt 1,19; Ap 5,6.9).
    b) Togliere il peccato del mondo. Evoca una frase molto bella della profezia di Geremia: "Nessuno più avrà bisogno di insegnare al suo prossimo o ai suoi fratelli: "Riconoscerete il Signore, perché tutti mi conosceranno, dal più piccolo al più grande, dice il Signore; poiché io perdonerò la loro iniquità e non mi ricorderò più del loro peccato." (Ger 31,34).
    c) Esisteva prima di me. Evoca diversi testi dei libri sapienziali, in cui si parla della Saggezza di Dio che esisteva prima di tutte le altre creature e che era accanto a Dio, quale maestro dell'opera nella creazione dell'universo e che, alla fine, fissò la sua dimora in mezzo al popolo di Dio (Pro 8,22-31; Eccle 24,1-11).
    d) Discesa dello Spirito sotto forma di una colomba. Evoca l'azione creatrice dove viene detto che "lo spirito di Dio aleggiava sulle acque" (Gen 1,2). Il testo della Genesi suggerisce l'immagine di un uccello che vola sul nido. Immagine della nuova creazione in movimento grazie all'azione di Gesù.
    e) Figlio di Dio: è il titolo che riassume tutti gli altri. Il miglior commento di questo titolo è la spiegazione di Gesù stesso: "Gli risposero i Giudei: «Non ti lapidiamo per un'opera buona, ma per la bestemmia e perché tu, che sei uomo, ti fai Dio». Rispose loro Gesù: «Non è forse scritto nella vostra Legge: Io ho detto: voi siete dèi? Ora, se essa ha chiamato dei coloro ai quali fu rivolta la parola di Dio (e la Scrittura non può essere annullata), a colui che il Padre ha consacrato e mandato nel mondo, voi dite: Tu bestemmi, perché ho detto: Sono Figlio di Dio? Se non compio le opere del Padre mio, non credetemi; ma se le compio, anche se non volete credere a me, credete almeno alle opere, perché sappiate e conosciate che il Padre è in me e io nel Padre.»" (Gv 10,33-38)

    4) Per un confronto personale

    ? Gesù ha offerto se stesso, completamente, per tutta l'umanità, ed io cosa posso offrire per aiutare il mio prossimo?
    ? Anche noi abbiamo ricevuto lo Spirito Santo. Quanto sono conscio che sono il suo tempio?

    5) Preghiera finale

    Cantate al Signore un canto nuovo,
    perché ha compiuto prodigi.
    Gli ha dato vittoria la sua destra
    e il suo braccio santo. (Sal 97)
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    Coordin.
    00 04/01/2013 08:33
    Movimento Apostolico - rito romano
    Che cosa cercate?

    Tutto nasce dall'incontro e dalla parola. La vita è un incontro continuo, perenne, quotidiano. I frutti però dipendono interamente dalla parola che diciamo. Questa è in tutto simile ad un germe di vita. Se la parola è sana, buona, vera, la vita che nascerà sarà sana, buona, vera. Se invece essa è cattiva, falsa, malata di inganno e di menzogna, anche la vita che nascerà sarà cattiva, falsa, malata. Nessun incontro è neutro, senza significato, senza frutto. L'evangelizzazione è nell'incontro che si fonda. Il cristiano se pone attenzione, può trasformarsi in un evangelizzatore perfetto e può raggiungere il mondo intero, sempre, perché sempre è in contatto con infinite persone.
    Questa verità dovremmo tutti metterla nel cuore. Per fare questo però dovremmo per prima cosa divenire tutti uomini e donne dalla parola vera, sana, giusta, evangelica sempre. Per possedere questo germe di vita buono, urge cambiare la nostra stessa natura e da natura di male, peccato, vizio, trasgressione, farla divenire natura di bene, obbedienza, virtù, osservanza dei Comandamenti. Chi porta la sua vita nelle Beatitudini potrà bene evangelizzare il mondo, perché la sua parola è di vita e non di morte, di verità e non di errore, di giustizia e non si empietà, di carità e non di egoismo. È il nostro cambiamento di natura che ci dona una parola di salvezza.
    Giovanni il Battista oggi rende testimonianza a Gesù. E' Lui l'agnello di Dio, il Nuovo Agnello della Nuova Pasqua. È Lui che libera il popolo da ogni schiavitù. È Lui la carne e il sangue della salvezza. È Lui l'espiatore dei nostri peccati e delle nostre colpe. Giovanni sa chi è Cristo Gesù e lo testimonia ai suoi discepoli. L'onestà di un uomo è proprio questa: sapere dov'è la salvezza vera e indicala, mostrarla, testimoniarla, anche a costo di farsi lui da parte o di essere lasciato solo. Senza questa onestà nessuna evangelizzazione sarà mai possibile, perché Dio non sceglie noi come via di salvezza, ma solo come testimoni della sua verità.
    I due discepoli che erano con Giovanni il Battista abbandonano il loro maestro e seguono Gesù. Gesù si volta, chiede loro cosa cercano. Essi rispondono semplicemente che vogliono sapere dove Lui abita. Gesù li invita a seguirlo: "Venite e vedrete". Dove abita Gesù? Nel seno del Padre e nel cuore dell'uomo, che lo accoglie. Questa è la sua casa. Gesù, dopo le parole di Giovanni, già abitava nel loro cuore, per questo la loro decisione di seguirlo. Chi lo aveva messo nel cuore era stata la parola di verità di Giovanni. Potenza di salvezza di una sola parola vera! Straordinaria efficacia di cambiamento di vita che possiede una retta testimonianza. Se noi tutti comprendessimo questa potenza e avessimo sempre sulle labbra una parola vera, ogni cuore dell'uomo potrebbe all'istante divenire la sua casa e la sua dimora.
    Vergine Maria, Madre della Redenzione, Casa di Dio, Dimora del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo, Angeli e Santi, fateci persone dalla parola vera, giusta, perfetta.
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    Coordin.
    00 06/01/2013 07:33
    don Roberto Seregni
    Per tutti i popoli

    Lo scrivo subito a scanso di equivoci: non erano tre e nemmeno re (dove sta scritto nel Vangelo?). Ciò che è certo è che venivano da lontano, da Oriente, forse dall'Arabia. L'Evangelo li definisce con la parola greca "magoi", che sta ad indicare astronomi, studiosi del cielo.
    La loro è la storia di un cammino, di una partenza lontana, di una ricerca, di un desiderio. Si fidano di una stella, trovano la loro strada tracciata nel cielo. Alzano gli occhi e come unica segnaletica del loro viaggio scrutano i cieli apparecchiati di stelle.
    La narrazione del Vangelo descrive benissimo il contrasto tra la dinamicità e la ricerca dei magi, e la staticità e la chiusura di Erode, dei sacerdoti e degli scribi.
    Loro così vicini non hanno visto nulla e non hanno capito niente. L'avevano lì, a due passi, bastava aprire gli occhi. Ma la stella era nel cielo, e loro - i potenti - erano troppo preoccupati a tenersi ben stretti ai loro scranni di potere. (Quanto ci assomigliano!)
    I magi, invece, da lontano hanno visto quella luce, senza saperlo hanno incarnato la profezia di Isaia: "Cammineranno le genti alla tua luce." (Is 60, 3). Hanno visto e sono partiti. Senza sapere verso dove. Partiti e basta.
    Come Abramo, padre della fede.
    Appunto.

    Il fatto dei magi spalanca l'annuncio del Vangelo: quella luce brilla su tutti i popoli! Il Messia nato della grotta di Bethlemme è per tutti.
    Questa è l'Epifania, cioè la "manifestazione". Una festa per annunciare che il Messia nato nella grotta di Betlemme non è un tesoro privato di Israele - popolo della promessa - ma è per tutti. I Magi, che erano pagani e stranieri, giungono da oriente proprio per indicare questa direzione universale della salvezza donata da Cristo.
    Questa festa è una rivelazione, ma anche un compito, un invio missionario per ciascuno di noi.
    Ogni discepolo del Rabbì è chiamato a prolungare nella sua carne, nella sua persona questa epifania di Dio.
    Ogni discepolo è chiamato a fare della sua vita un annuncio universale di salvezza: Gesù, uomo tra gli uomini, è la manifestazione ultima e definita di Dio.

    Allora non avere paura.
    Non importa da dove parti, da vicino o da lontano.
    Conta quanto cammini, quanto ti fidi della stella, quanto ti affidi a quella Parola che ti interpella e ti inquieta, quanto confidi nel Soffio universale dello Spirito.
    Alla faccia della vecchia Befana, oggi è festa per tutti: per i buoni e per i cattivi, per chi se lo merita e per chi non se lo merita, per i vicini e per i lontani. A tutti è data la possibilità di fare l'esperienza di quel Dio che si fa uno di noi.
    Se fosse solo per i prescelti che Vangelo sarebbe?
    Che bellezza ci sarebbe in un annuncio di salvezza che guarda al codice fiscale per stabilire se sei dentro o fuori?

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    Coordin.
    00 07/01/2013 07:01
    padre Lino Pedron


    Matteo vede il trasferimento di Gesù da Nazaret a Cafarnao come realizzazione di Is 8,23-24 e quindi come volontà di Dio.
    Isaia aveva annunciato il passaggio da un tempo di oppressione a un tempo di salvezza. Il tempo della sventura ricorda probabilmente la conquista dei territori del nord, abitati da tribù del popolo d'Israele, da parte del re assiro Tiglat-Pileser (cfr 2Re 15,29) nel 734 a.C. Questa invasione portò a una notevole fusione della popolazione ebraica con i pagani. Per questo il territorio fu chiamato "provincia dei pagani" (Galìl haggojìm) da cui è derivato il nome di Galilea.
    Sia in Mt 4,5 sia in 12,18-21 la salvezza dei pagani è presentata con una citazione di Isaia, perché la salvezza universale è l'adempimento di una promessa dell'Antico Testamento. La luce è simbolo della presenza di Dio che salva. Essa sconfigge le tenebre della perdizione e della morte.
    Il v 17 è un breve sommario che riguarda la proclamazione del regno dei cieli. Non è data alcuna indicazione precisa né del luogo né degli ascoltatori per indicare che questo annuncio è rivolto a tutti gli uomini di tutti i tempi e di tutti i luoghi. Da questo momento la proclamazione del regno dei cieli non cesserà più. Essa continuerà nella predicazione dei discepoli che sono inviati a diffondere il vangelo del regno in tutto il mondo (Mt 24,14; 26,13). D'ora in avanti è per tutti tempo di decisione e di conversione.
    La conversione è il punto di partenza della vita cristiana: i racconti di chiamata che seguono devono essere letti come esempi di ciò che la conversione può esigere dall'uomo. La conversione al regno dei cieli si realizza nel seguire Gesù e nell'entrare nella comunità dei discepoli che si stanno raccogliendo attorno a lui.
    Le folle che seguono Gesù formano l'uditorio del discorso della montagna che segue nei cap. 5-7. Matteo ci presenta Gesù come il primo missionario e l'esempio di tutti i futuri missionari. In lui parola e azione procedono insieme. Il suo annuncio riguarda sempre il regno dei cieli, ossia ciò che Dio ha fatto e farà per la salvezza degli uomini.
    L'attività intensa svolta da Gesù in Galilea consegue un triplice risultato: la sua fama si diffonde, la gente porta a lui i suoi malati, affluiscono grandi folle. Tutta la miseria del suo popolo sta lì davanti a lui ed egli offre la sua salvezza a tutti i bisognosi.
    L'annuncio del vangelo del regno dei cieli è soprattutto a favore dei poveri e dei sofferenti. Gesù si impegna totalmente nella liberazione dell'uomo da tutte le sue miserie.
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    Coordin.
    00 08/01/2013 08:08
    Movimento Apostolico - rito romano
    Dei pezzi di pane portarono via dodici ceste piene

    La Scrittura Antica conosce una particolare moltiplicazione della farina e dell'olio.

    Dopo alcuni giorni il torrente si seccò, perché non era piovuto sulla terra. Fu rivolta a lui la parola del Signore: «Àlzati, va' a Sarepta di Sidone; ecco, io là ho dato ordine a una vedova di sostenerti». Egli si alzò e andò a Sarepta. Arrivato alla porta della città, ecco una vedova che raccoglieva legna. La chiamò e le disse: «Prendimi un po' d'acqua in un vaso, perché io possa bere». Mentre quella andava a prenderla, le gridò: «Per favore, prendimi anche un pezzo di pane». Quella rispose: «Per la vita del Signore, tuo Dio, non ho nulla di cotto, ma solo un pugno di farina nella giara e un po' d'olio nell'orcio; ora raccolgo due pezzi di legna, dopo andrò a prepararla per me e per mio figlio: la mangeremo e poi moriremo». Elia le disse: «Non temere; va' a fare come hai detto. Prima però prepara una piccola focaccia per me e portamela; quindi ne preparerai per te e per tuo figlio, poiché così dice il Signore, Dio d'Israele: "La farina della giara non si esaurirà e l'orcio dell'olio non diminuirà fino al giorno in cui il Signore manderà la pioggia sulla faccia della terra"». Quella andò e fece come aveva detto Elia; poi mangiarono lei, lui e la casa di lei per diversi giorni. La farina della giara non venne meno e l'orcio dell'olio non diminuì, secondo la parola che il Signore aveva pronunciato per mezzo di Elia. (1Re 17,7-16).

    Conosce anche la moltiplicazione dell'olio ed anche del pane in una sola volta.

    Una donna, una delle mogli dei figli dei profeti, gridò a Eliseo: «Mio marito, tuo servo, è morto; tu sai che il tuo servo temeva il Signore. Ora è venuto il creditore per prendersi come schiavi i miei due bambini». Eliseo le disse: «Che cosa posso fare io per te? Dimmi che cosa hai in casa». Quella rispose: «In casa la tua serva non ha altro che un orcio d'olio». Le disse: «Va' fuori a chiedere vasi da tutti i tuoi vicini: vasi vuoti, e non pochi! Poi entra in casa e chiudi la porta dietro a te e ai tuoi figli. Versa olio in tutti quei vasi e i pieni mettili da parte». Si allontanò da lui e chiuse la porta dietro a sé e ai suoi figli; questi le porgevano e lei versava. Quando i vasi furono pieni, disse a suo figlio: «Porgimi ancora un vaso». Le rispose: «Non ce ne sono più». L'olio cessò. Ella andò a riferire la cosa all'uomo di Dio, che le disse: «Va', vendi l'olio e paga il tuo debito; tu e i tuoi figli vivete con quanto ne resterà». (2Re 4,1-7).

    Da Baal Salisà venne un uomo, che portò pane di primizie all'uomo di Dio: venti pani d'orzo e grano novello che aveva nella bisaccia. Eliseo disse: «Dallo da mangiare alla gente». Ma il suo servitore disse: «Come posso mettere questo davanti a cento persone?». Egli replicò: «Dallo da mangiare alla gente. Poiché così dice il Signore: "Ne mangeranno e ne faranno avanzare"». Lo pose davanti a quelli, che mangiarono e ne fecero avanzare, secondo la parola del Signore. (4,41-44).

    Quanto oggi opera Gesù attesta la verità del suo essere inviato da Dio. Lui è da Dio più che Elia, più che Eliseo, più che ogni altro profeta del Signore. La grandezza del segno è rivelatrice della grandezza della sua origine. Per gli Apostoli duecento denari non sono sufficiente. Per Gesù invece bastano solo pochi pani e tutti mangiano a sazietà.

    In Gesù opera tutta l'onnipotenza creatrice del Padre. Il Padre è nella sua preghiera, nella sua invocazione, nella sua Parola. Il Padre e Gesù sono una sola azione, una sola Parola, una sola volontà, una sola Onnipotenza. Questa verità ogni uomo deve mettere nel cuore. Il vero segno deve condurre all'accoglienza di ogni sua parola. Il segno è la porta che introduce nella verità soprannaturale, divina, di Cristo Gesù.
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    Coordin.
    00 09/01/2013 07:33
    padre Lino Pedron


    Gesù "costringe" i discepoli a lasciare la folla esaltata e a precederlo sull'altra riva: Lo svezzamento è severo e il viaggio che li attende particolarmente faticoso. Nello stesso tempo, Gesù congeda la folla e sale sul monte a pregare.
    Nei momenti di euforia, Gesù è solito fare il vuoto attorno a sé e ai discepoli. Nella preghiera offre al Padre, dal quale proviene ogni bene, gli onori, la gloria e i ringraziamenti che la folla aveva rivolto a lui e ai discepoli.
    Ma lo sguardo fisso in Dio non distrae Gesù dalle necessità degli uomini, anzi, gliele fa vedere più distintamente.
    Nell'Antico Testamento, Dio cammina sulle acque (Sal 77,20; Gb 9,8; 38,16; Sir 24,5; Is 43,16). Egli infatti domina i flutti e calma la loro violenza (Sal 65,8; 77,17; 89,10; 93,4; 107,28-30).
    L'apparizione di Gesù ai discepoli li impaurisce e li fa gridare perché lo scambiano per un fantasma. La parola che Gesù rivolge loro: "Abbiate fiducia. Sono io. Non temete" (v. 50) è un invito alla calma, che accompagna ogni rivelazione divina (Es 14,13; 20,20; Sof 3,16-17), una rivelazione della sua divinità (Es 3,4; Dt 32,39; Is 41,4; 43,10) e un aiuto a superare la paura (Gen 15,1; Gs 8,1; Dn 10,12.19; Tb 12,17).
    Marco conclude il racconto con un'espressione fortissima: "Erano fuori di sé del tutto!" (v. 51). Perché? "Perché non avevano capito il fatto dei pani, essendo il loro cuore indurito (v. 52). Se essi avessero penetrato il mistero della moltiplicazione miracolosa, avrebbero riconosciuto colui che veniva camminando sulle acque del mare. Il martellare dei miracoli sulla loro intelligenza li rendeva ancora più confusi e spaventati: ne ritenevano gli elementi esterni, ma non riuscivano ancora a scendere nel loro significato più profondo. E' un accecamento dello spirito. Una cecità che non impedisce di vedere gli avvenimenti, ma di capire la portata dei gesti compiuti da Gesù, di penetrare il significato profondo di ciò che passa sotto i loro occhi e, soprattutto di trarne le dovute conseguenze a riguardo della persona di Gesù.
    Durezza di cuore significa, in definitiva, totale incapacità di percepire il profondo significato della rivelazione che Gesù fa di se stesso attraverso le parabole e i miracoli. I Dodici non comprendono il mistero della sua persona, che traspare qui nel miracolo dei pani (cfr Lc 24,13-35).
    Questo brano ci dice l'identità misteriosa del pane. E' il Signore che appare ai suoi come il Dio creatore e liberatore, dominatore del caos e salvatore dall'abisso. Egli si manifesta dicendo il nome rivelato a Mosè: "Io sono" (Es 3,14).
    L'Eucaristia non è una semplice condivisione e fraternità, ma è il Signore che si dona totalmente a noi nel suo amore. Mangiare l'Eucaristia significa nutrirsi di Cristo e porsi reciprocamente al servizio dei fratelli. I discepoli sulla barca sono in difficoltà perché non hanno capito questo (v. 52).
    L'Eucaristia è la forza del cammino della Chiesa nella misura in cui la comunità cristiana riconosce in essa il suo Signore morto e risorto.
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    Coordin.
    00 10/01/2013 07:37
    Eremo San Biagio
    Commento su 1Gv 5,4

    Dalla Parola del giorno
    ?Tutto ciò che è stato generato da Dio vince il mondo; e questa è la vittoria che vince il mondo: la vostra fede.?

    Come vivere questa Parola?
    Il mondo: non quello inteso come stupendo universo creato da Dio, neppure il mondo come insieme di uomini e donne infinitamente amati da Lui. Il mondo, invece, inteso come mondanità: un modo di essere continuamente sedotto dal piace egoico, dall?attaccamento al denaro e alla roba e dall?arroganza di un orgoglio che prevarica sugli altri.
    Ecco, l?antitesi (tutta a nostro vantaggio!) sta qui: quello che in noi viene da Dio, cioè è grazia sua e a Lui conduce, ha un intrinseco potere salvante. Dio ?ha suscitato per noi una salvezza potente? (Lc 1,69). Non c?è da temere! C?è solo da esporsi a questa potenza divina che è vittoria della luce sulle tenebre, della grazia sul peccato, della vita sulla morte.
    In concreto l?atteggiamento vincente è l?esercizio della fede: un credere che diventa vero e operante nell?esercizio della carità.
    Sì, il cristiano è, per vocazione, un vittorioso su tutte le forze del male e quindi sulle forze dell?angoscia, sulla depressione, sul pessimismo che assediano questo nostro mondo. Perché Colui che vonce è Cristo, col suo mistero pasquale. Bisogna dunque lasciarlo vivere in noi; lasciarlo scandire la sua vita nella nostra, aderendo al suo amore nella quotidianità.

    Quello su cui oggi mi soffermerò è proprio questa possibilità, in Cristo e con Cristo, di dare scacco matto a ogni negatività che tenta d?intaccare la mia pace.

    Signore, che io contempli Te, il Tuo mistero di Incarnazione; che io entri nella dinamica del Tua morte e risurrezione con canzoni di gioia. Io, con Te, ainco il mondo!

    La voce di un grande teologo-mistico
    Adoriamo Dio, poiché ha amato talmente l'uomo e la sua povera carne, da trapiantarla per tutta l'eternità in seno alla fiamma incandescente della sua divinità! Dio incomprensibile, avventura dell'amore!
    Karl Rahner
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    00 11/01/2013 07:22
    Messa Meditazione
    Stese la mano e lo toccò

    Lettura
    Nel vangelo, Gesù guarisce un lebbroso restituendogli la possibilità di vivere in pienezza, di entrare in relazione con Dio e con gli altri. Nella prima lettura, Giovanni ribadisce che la vita eterna, la pienezza della vita, si ha solo credendo nel Figlio di Dio.

    Meditazione
    La guarigione di un lebbroso rappresenta, meglio di altre, la liberazione da tutto ciò che rende impuro. La lebbra, infatti, era considerata la malattia per eccellenza, che rendeva impuri impedendo di entrare in rapporto con gli altri e con Dio: sebbene sia ancora vivo, il lebbroso è come se fosse già morto, perché gli sono impedite tutte le relazioni. Il comportamento del lebbroso mette in evidenza la dignità di Gesù: si getta sui suoi piedi e lo chiama Signore. Le sue parole rivelano la grande fede che lo abita: è certo che basterà la volontà di Gesù per guarirlo. In risposta a questo atto di fede, non solo il Signore rivela la sua volontà di sanarlo, ma stende la mano e lo tocca: lo vuole guarire, ma, prima di tutto, gli dimostra il suo desiderio di essergli vicino, di entrare in relazione con lui. Ora, al lebbroso sanato non resta che andare dai sacerdoti perché constatino l'avvenuta guarigione. Quella guarigione, però, è anche un segno che testimonia la presenza del Messia in mezzo a loro, il compiersi del tempo della salvezza definitiva. L'eco di quanto accaduto si diffonde, le folle cercano Gesù per ascoltarlo e farsi guarire, ma egli, davanti ad un tale successo, si ritira in preghiera nel deserto: lì ritorna alla relazione con il Padre da dove si alimenta la sua missione, il suo vivere per gli altri. Spesso, nella vita, ci capita di trovarci accanto a persone ammalate e di chiederci cosa possiamo fare per loro. Il comportamento di Gesù ci rivela che il malato ha bisogno soprattutto di compassione, di considerazione, di riconoscimento: forse non possiamo fare molto per donargli la guarigione fisica, ma, attraverso i nostri gesti, il nostro sguardo, potremmo farlo sentire amato, apprezzato, testimoniargli l'interesse che Dio ha per lui.

    Preghiera
    «Non respingere la supplica del povero, non distogliere lo sguardo dall'indigente» (Sir 4,4): con queste parole, chiedo a Dio la grazia di un cuore compassionevole, che non chiude gli occhi davanti al bisogno di chi mi è accanto.

    Agire
    In questi giorni, cercherò di far visita ad una persona malata, o di far sentire la mia vicinanza a chi si sente messo ai margini della vita.

    Commento a cura di Marzia Blarasin
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    00 12/01/2013 09:07
    Movimento Apostolico - rito romano
    Nessuno può prendersi qualcosa se non gli è stata data dal cielo

    Il tema dello sposalizio tra Dio e il suo popolo è ricorrente in tutto l'arco dell'Antico Testamento. È un tema che ci rivela la profondità dell'amore di Dio per l'uomo.

    Liete parole mi sgorgano dal cuore: io proclamo al re il mio poema, la mia lingua è come stilo di scriba veloce. Tu sei il più bello tra i figli dell'uomo, sulle tue labbra è diffusa la grazia, perciò Dio ti ha benedetto per sempre. O prode, cingiti al fianco la spada, tua gloria e tuo vanto, e avanza trionfante. Cavalca per la causa della verità, della mitezza e della giustizia. La tua destra ti mostri prodigi. Le tue frecce sono acute - sotto di te cadono i popoli -, colpiscono al cuore i nemici del re. Il tuo trono, o Dio, dura per sempre; scettro di rettitudine è il tuo scettro regale. Ami la giustizia e la malvagità detesti: Dio, il tuo Dio, ti ha consacrato con olio di letizia, a preferenza dei tuoi compagni. Di mirra, àloe e cassia profumano tutte le tue vesti; da palazzi d'avorio ti rallegri il suono di strumenti a corda. Figlie di re fra le tue predilette; alla tua destra sta la regina, in ori di Ofir. Ascolta, figlia, guarda, porgi l'orecchio: dimentica il tuo popolo e la casa di tuo padre; il re è invaghito della tua bellezza. È lui il tuo signore: rendigli omaggio. Gli abitanti di Tiro portano doni, i più ricchi del popolo cercano il tuo favore. Entra la figlia del re: è tutta splendore, tessuto d'oro è il suo vestito. È condotta al re in broccati preziosi; dietro a lei le vergini, sue compagne, a te sono presentate; condotte in gioia ed esultanza, sono presentate nel palazzo del re. Ai tuoi padri succederanno i tuoi figli; li farai prìncipi di tutta la terra. Il tuo nome voglio far ricordare per tutte le generazioni; così i popoli ti loderanno in eterno, per sempre. (Sal 45 (44) 1-18).

    È un tema che ci dice a quale altezza di unità Dio vuole entrare in contatto con la sua creatura. Vuole stringere con essa il patto per divenire una sola vita, un solo alito.

    Per amore di Sion non tacerò, per amore di Gerusalemme non mi concederò riposo, finché non sorga come aurora la sua giustizia e la sua salvezza non risplenda come lampada. Allora le genti vedranno la tua giustizia, tutti i re la tua gloria; sarai chiamata con un nome nuovo, che la bocca del Signore indicherà. Sarai una magnifica corona nella mano del Signore, un diadema regale nella palma del tuo Dio. Nessuno ti chiamerà più Abbandonata, né la tua terra sarà più detta Devastata, ma sarai chiamata Mia Gioia e la tua terra Sposata, perché il Signore troverà in te la sua delizia e la tua terra avrà uno sposo. Sì, come un giovane sposa una vergine, così ti sposeranno i tuoi figli; come gioisce lo sposo per la sposa, così il tuo Dio gioirà per te. Sulle tue mura, Gerusalemme, ho posto sentinelle; per tutto il giorno e tutta la notte non taceranno mai. Voi, che risvegliate il ricordo del Signore, non concedetevi riposo né a lui date riposo, finché non abbia ristabilito Gerusalemme e ne abbia fatto oggetto di lode sulla terra. Il Signore ha giurato con la sua destra e con il suo braccio potente: «Mai più darò il tuo grano in cibo ai tuoi nemici, mai più gli stranieri berranno il vino per il quale tu hai faticato. No! Coloro che avranno raccolto il grano, lo mangeranno e canteranno inni al Signore, coloro che avranno vendemmiato berranno il vino nei cortili del mio santuario. Passate, passate per le porte, sgombrate la via al popolo, spianate, spianate la strada, liberatela dalle pietre, innalzate un vessillo per i popoli». Ecco ciò che il Signore fa sentire all'estremità della terra: «Dite alla figlia di Sion: "Ecco, arriva il tuo salvatore; ecco, egli ha con sé il premio e la sua ricompensa lo precede". Li chiameranno "Popolo santo", "Redenti del Signore". E tu sarai chiamata Ricercata, "Città non abbandonata"». (Is 62,1-12).

    Sposo dell'umanità è uno solo: Cristo Gesù. Tutti gli altri siamo ministri del mistero.

    Tutti gli altri siamo chiamati ad essere la sposa di Cristo Gesù sulla terra e nei cieli.
    Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, introduceteci in questo mistero.
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    00 13/01/2013 10:35
    don Roberto Seregni
    In fila con i peccatori

    Diverse volte ho avuto la fortuna di viverlo sulla pelle e in molte occasioni ho raccolto racconti, storie, esperienze che mi hanno confermato che davvero Dio si lascia incontrare nei luoghi e nelle occasioni più impensabili. Anzi: proprio dove uno mai si aspetterebbe di trovarlo, lì avviene l'incontro.
    A volte decisivo.

    Sì, Dio è così: ama stupire, ribaltare, meravigliare.
    Chissà cosa hanno pensato i penitenti sulle rive del Giordano. Riconoscendosi peccatori e bisognosi di conversione si erano messi in fila davanti a Giovanni per ricevere il suo battesimo. Peccatori tra i peccatori mai avrebbero immaginato di trovare lì, in fila al loro fianco, l'atteso Messia!
    Non nel tempio tra fiumi di incenso, non onorato da re e potenti, non con un carro di fuoco che scende dal cielo, ma in fila con i peccatori: così Dio gira le carte in tavola.
    La prima mossa pubblica di Gesù svela la scelta radicale e spiazzante della solidarietà con il suo popolo: Gesù si mette in fila con i peccatori senza corsia preferenziale.
    A questa scelta di solidarietà Gesù rimarrà fedele per tutta la sua vita, fino alla Croce: in fila con i peccatori al Giordano, crocifisso in mezzo a loro sul Calvario.
    La discesa dello Spirito e la Parola del Padre rivelano un compiacimento trinitario sulla missione del Figlio. La voce e la colomba rivelano l'identità di Gesù, svelano che quell'uomo in fila con i peccatori davanti al Battista è la trascrizione storica del Volto di Dio. Cioè: Dio è così, è proprio così come Gesù sta iniziando a svelare!

    Coraggio! Cercalo e lasciati trovare dove Lui ha scelto di lasciarsi incontrare.
    In quella promessa impegnativa, in quell'anziano che ti ferma in strada per raccontarti qualcosa, nella vicina di casa che ti chiede un favore, nella preghiera quotidiana e attenta, nella fatica di scegliere, in quella ferita che ancora fa male.
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    00 14/01/2013 07:21
    padre Lino Pedron


    Giovanni il Battista ha introdotto Gesù nella storia del suo tempo, poi è scomparso dalla scena bruscamente: questo è il destino di tutti i profeti. Giovanni scompare per lasciare il posto al "più forte" di lui.
    Le parole di Gesù del v. 15 contengono due elementi: l'annuncio di ciò che Dio sta per fare e il comando agli uomini perché rispondano all'azione di Dio con l'atteggiamento adeguato: la conversione e la fede.
    "Il tempo è compiuto". L'attesa è finita, le promesse si sono realizzate; è l'ultima tappa della storia della salvezza, l'ultima fase della realizzazione del progetto di Dio; è la fine dei tempi (Ger 3,17; 5,8; 50,4.20; Ez 7,7.12; Dan 7,22; 12,4.9); è giunta la pienezza dei tempi (Gal 4,4; Eb 9,26); il momento presente è pieno fino all'orlo della presenza di Dio che salva.
    Proclamando il vangelo, Gesù dà consistenza alla storia degli uomini, dà un contenuto vero e un senso nuovo al tempo e allo spazio: dà senso al passato, al presente e al futuro. Gesù è Dio che riempie di senso infinito il nostro non-senso: senza di lui siamo pieni di vuoto.
    "Il regno di Dio è vicino". E' vicino il momento in cui Dio eserciterà in modo effettivo e completo la sua sovranità sul mondo. Se adesso il mondo è governato dalla potenza del denaro, dell'inganno e della forza (la potenza di satana), è vicino il momento in cui Dio prenderà nelle sue mani il potere. Sta per cambiare radicalmente il regime del governo del mondo: si instaura definitivamente la sovranità di Dio che significa giustizia, concordia, pace, pienezza di vita.
    "Dio regna!" è la buona notizia. Se finora gli uomini hanno obbedito a satana e le loro scelte erano determinate dall'interesse, dal proprio comodo e dalla volontà di primeggiare, ora non deve più essere così: c'è stata la rivoluzione, è cambiato il regime e la legge.
    Il regno di Dio è presente nella persona di Gesù, nelle sue parole: poi si comunicherà ai Dodici, alle folle e al mondo.
    "Convertitevi e credete nel vangelo". La conversione è un cambiamento radicale, un vero e proprio rovesciamento, un passaggio dall'egoismo all'amore, dalla difesa dei propri interessi alla solidarietà. Deve cambiare l'atteggiamento interiore e la condotta esteriore. Convertirsi è voltarsi verso Dio in atteggiamento di obbedienza e accogliere con gioia la sua sovranità. Se la sovranità di satana era oppressiva, quella di Dio sarà liberante: servire Dio è regnare.
    Ecco dunque il vangelo: la possibilità di sperimentare gioiosamente la sovranità di Dio sulla propria vita.
    Il breve racconto della chiamata dei primi quattro discepoli vuole essere un esempio concreto di conversione; non la conversione proposta a degli specialisti del regno di Dio, ma semplicemente la conversione necessaria per essere cristiani.
    L'iniziativa è di Gesù: la vita cristiana non è tanto una scelta nostra quanto una risposta alla sua chiamata. L'appello di Cristo ha una nota di urgenza: è il momento favorevole, non c'è tempo da perdere: è la grande occasione.
    L'appello di Gesù esige un distacco radicale: lasciare le ricchezze (Mc 10,21), abbandonare la strada del dominio e del potere (Mc 9,35), smantellare quell'idea di Dio che abbiamo costruito a difesa dei nostri privilegi (Mc 7,8-13), vivere nella logica della croce (Mc 8,34) fino a riconoscere nel volto sfigurato di un uomo crocifisso la vera immagine del Dio senza figura (Mc 15,39).
    "Subito, lasciate le reti, ... lasciato il padre, ... lo seguirono". Il racconto della chiamata degli apostoli si ispira alla chiamata di Eliseo (1Re 19,19-21). Immediata rottura con il passato, cambio di rotta, conversione. Per questi primi quattro discepoli la forza di attrazione del regno di Dio è stata così grande da superare quella del possesso, degli affetti familiari e dell'abitudine. La fede si concretizza in un'adesione totale alla persona di Gesù, nell'accogliere lui come guida e come scopo della propria vita: vivere per lui nel senso più pieno.
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    00 15/01/2013 07:27
    Eremo San Biagio
    Commento su Ebrei 2,6-8

    Che cos'è l'uomo perché di lui ti ricordi o il figlio dell'uomo perché te ne curi? Di poco lo hai fatto inferiore agli Angeli, di gloria e di onore lo hai coronato e hai messo ogni cosa sotto i suoi piedi
    Eb 2,6-8

    Come vivere questa Parola?

    Conoscere Gesù, la sua grandezza, è schiudere l'uscio di uno stanzino di cui si rischia di dimenticare l'esistenza, perché troppo occupati a trattenerci fuori di casa. Restiamo quasi spaventati dal cigolio della porta i cui cardini cominciano ad arrugginire a causa del disuso. Ma vale la pena varcare quella soglia, e ti trovi di fronte alla tua stessa straordinaria bellezza.

    No, non sto esagerando: non ci amiamo abbastanza perché non ci apprezziamo e non ci apprezziamo perché siamo diventati estranei a noi stessi. Il primo "tu" che dobbiamo imparare a contattare per scoprirne le insondabili ricchezze e trasformare la vita in un canto di gioiosa riconoscenza, siamo proprio noi stessi.

    E Gesù, la sua umanità è la via di accesso al nostro io più sicura e più veritiera. Contemplandolo dalla culla alla croce una sola parola può affiorare stupita e commossa al nostro labbro: quella che ci suggerisce il salmo 8 e ci ripropone la lettera agli Ebrei: "Che cos'è l'uomo, che cosa sono io, perché tu, Dio grande, onnipotente, ineffabile ti ricordi di lui, te ne prendi cura fino a farti suo fratello e condividere con lui la gloria, l'onore e il potere di cui sei ammantato?".

    No, non possiamo svendere superficialmente un dono così grande! Non possiamo diventare schiavi di ciò che Dio ha messo sotto i nostri piedi perché lo usassimo regalmente!

    Voglio rompere ogni titubanza, quest'oggi, e inoltrarmi là dove dimoro troppo poco, forse mai, per il timore di incontrarmi con quello sconosciuto che sono io. E voglio guardarmi negli occhi per scoprire quella traccia che il tocco di Dio, creandomi, vi ha lasciato. E gioirne.

    Signore, finora ti ho ringraziato per tante cose: la natura che mi circonda, le persone che mi amano, gli eventi che mi hanno allietato... Ma quanto ti ho ringraziato per quel dono stupendo che sono io? Perdonami per non essermi apprezzato abbastanza, accantonando così il regalo che più di ogni altro mi parla del tuo amore.

    La voce di un dottore della chiesa

    Vanno gli uomini ad ammirare le vette dei monti, ed i grandi flutti del mare, ed il lungo corso dei fiumi, e l'immensità dell'Oceano, ed il volgere degli astri, e si dimenticano di se medesimi
    Sant'Agostino
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    Coordin.
    00 16/01/2013 07:49
    a cura dei Carmelitani


    1) Preghiera

    Ispira nella tua paterna bontà, o Signore,
    i pensieri e i propositi del tuo popolo in preghiera,
    perché veda ciò che deve fare
    e abbia la forza di compiere ciò che ha veduto.
    Per il nostro Signore Gesù Cristo...

    2) Lettura del Vangelo

    Dal Vangelo secondo Marco 1,29-39
    In quel tempo, Gesù uscito dalla sinagoga, si recò subito in casa di Simone e di Andrea, in compagnia di Giacomo e di Giovanni. La suocera di Simone era a letto con la febbre e subito gli parlarono di lei. Egli, accostatosi, la sollevò prendendola per mano; la febbre la lasciò ed essa si mise a servirli.
    Venuta la sera, dopo il tramonto del sole, gli portavano tutti i malati e gli indemoniati. Tutta la città era riunita davanti alla porta.
    Guarì molti che erano afflitti da varie malattie e scacciò molti demoni; ma non permetteva ai demoni di parlare, perché lo conoscevano.
    Al mattino si alzò quando ancora era buio e, uscito di casa, si ritirò in un luogo deserto e là pregava.
    Ma Simone e quelli che erano con lui si misero sulle sue tracce e, trovatolo, gli dissero: "Tutti ti cercano!". Egli disse loro: "Andiamocene altrove per i villaggi vicini, perché io predichi anche là; per questo infatti sono venuto!"
    E andò per tutta la Galilea, predicando nelle loro sinagoghe e scacciando i demoni.

    3) Riflessione

    ? Gesù restaura la vita per il servizio. Dopo aver partecipato alla celebrazione del sabato nella sinagoga, Gesù entra in casa di Pietro e guarisce sua suocera. La guarigione fa sì che lei si alzi in piedi e, con la salute e la dignità recuperate, comincia a servire le persone. Gesù non solo guarisce la persona, ma fa anche in modo che questa si metta al servizio della vita.
    ? Gesù accoglie gli emarginati. Quando comincia ad imbrunire, il pomeriggio, terminato il sabato, quando spunta nel cielo la prima stella, Gesù accoglie e guarisce i malati ed i posseduti che la gente gli aveva portato. I malati ed i posseduti erano le persone più emarginate in quell'epoca. Non avevano nessuno a cui ricorrere. Dipendevano dalla carità pubblica. Oltre a questo, la religione le considerava impure. Non potevano partecipare alla comunità. Era come se Dio le rifiutasse e le escludesse. Gesù le accoglie. Ecco quindi che appare chiaro in cosa consiste la Buona Novella di Dio e ciò che vuole fare nella vita della gente: accogliere gli emarginati e gli esclusi, ed inserirli di nuovo nella convivenza della comunità.
    ? Rimanere uniti al Padre, mediante la preghiera. Gesù ci viene presentato mentre prega. Compie un grande sforzo per avere il tempo e l'ambiente adeguato per pregare. Si alza prima degli altri e si reca in un luogo deserto, per poter stare solo con Dio. Molte volte i vangeli ci parlano della preghiera di Gesù, in silenzio (Mt 14,22-23; Mc 1,35; Lc 5,15-16; 3,21-22). Attraverso la preghiera mantiene viva la coscienza della sua missione.
    ? Mantenere viva la coscienza della missione e non rinchiudersi nel risultato già ottenuto. Gesù è conosciuto. Tutti vanno dietro a lui. Questa pubblicità piace ai discepoli. Vanno a cercare Gesù per riportarlo di nuovo dalla gente che lo cercava, e gli dicono: Tutti ti cercano. Pensavano che Gesù sarebbe andato al banchetto. Rimangono delusi! Gesù non fa caso e dice loro: Andiamocene altrove. E' per questo infatti che sono venuto! Sicuramente saranno rimasti meravigliati! Gesù non era come loro se lo immaginavano. Gesù aveva una coscienza molto chiara della sua missione e voleva trasmetterla ai discepoli. Non vuole che si chiudano nel risultato già ottenuto. Non devono guardare indietro. Ma devono mantenere viva, come fa Gesù, la coscienza della loro missione. E' la missione ricevuta dal Padre, che deve orientare le loro decisioni.
    ? E' per questo infatti che sono venuto! Questo fu il primo malinteso tra Gesù ed i suoi discepoli. Per il momento, si tratta solo di una piccola divergenza. Più avanti, nel vangelo di Marco, questo malinteso, malgrado le molte avvertenze di Gesù, crescerà e arriverà ad essere quasi una rottura tra Gesù ed i discepoli (cf. Mc 8,14-21.32-33; 9,32;14,27). Anche oggi ci sono malintesi sul cammino dell'annuncio della Buona Novella. Marco aiuta a fare attenzione alle divergenze, per non permettere che crescano fino alla rottura.

    4) Per un confronto personale

    ? Gesù non è venuto per essere servito, ma per servire. La suocera di Pietro comincia a servire. Ed io, faccio in modo che la mia vita sia un servizio a Dio ed ai miei fratelli ed alle mie sorelle?
    ? Gesù ha coscienza della sua missione mediante la preghiera. E la mia preghiera?

    5) Preghiera finale

    Lodate il Signore e invocate il suo nome,
    proclamate tra i popoli le sue opere.
    Cantate a lui canti di gioia,
    meditate tutti i suoi prodigi.
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    Coordin.
    00 17/01/2013 06:08
    Movimento Apostolico - rito romano
    Gesù non poteva più entrare pubblicamente in una città

    L'onnipotenza taumaturgica di Gesù Signore non ha limiti. A Lui è sufficiente una sola parola e tutto l'universo visibile e invisibile, animato e inanimato, spirituale e materiale, si pone subito al suo comando. L'obbedienza della creatura è immediata, istantanea, senza alcun ritardo o lasso di tempo. Oggi viene da Gesù un lebbroso e gli chiede la guarigione, affidandosi alla sua volontà: "Se vuoi, puoi purificarmi!".
    Si è detto che la compassione di Cristo verso l'uomo non è governata dal suo cuore né dalla sua volontà, bensì dal cuore del Padre e dal suo eterno volere. È questo il grande mistero che avvolge Gesù e che fa la differenza con ogni altro uomo. Tutti, chi più chi meno, si lasciamo guidare e muovere dal proprio cuore non solo verso il bene, molto di più verso il male. L'uomo si sente padrone e signore di ogni suo atto, sentimento, moto del cuore e della mente. Lui non è vero servo del Signore, perché la sua volontà non è data tutta al suo Dio. Con Gesù questo non si può dire. Lui è tutto del Padre suo, sempre del Padre suo. Il Vangelo ci ricorda un solo momento in cui Lui era fortemente tentato di riprendersi la sua volontà. Si prostrò nella preghiera e la tentazione fu superata: "Uscì e andò, come al solito, al monte degli Ulivi; anche i discepoli lo seguirono. Giunto sul luogo, disse loro: «Pregate, per non entrare in tentazione». Poi si allontanò da loro circa un tiro di sasso, cadde in ginocchio e pregava dicendo: «Padre, se vuoi, allontana da me questo calice! Tuttavia non sia fatta la mia, ma la tua volontà». Gli apparve allora un angelo dal cielo per confortarlo. Entrato nella lotta, pregava più intensamente, e il suo sudore diventò come gocce di sangue che cadono a terra. Poi, rialzatosi dalla preghiera, andò dai discepoli e li trovò che dormivano per la tristezza. E disse loro: «Perché dormite? Alzatevi e pregate, per non entrare in tentazione»" (Lc 22,39-46). La preghiera intensa, forte, tenace, sempre ci fa consegnare la nostra volontà al Signore. Anche in questo Gesù è vero Maestro.
    Venne da lui un lebbroso, che lo supplicava in ginocchio e gli diceva: «Se vuoi, puoi purificarmi!». Ne ebbe compassione, tese la mano, lo toccò e gli disse: «Lo voglio, sii purificato!». E subito la lebbra scomparve da lui ed egli fu purificato. E, ammonendolo severamente, lo cacciò via subito e gli disse: «Guarda di non dire niente a nessuno; va', invece, a mostrarti al sacerdote e offri per la tua purificazione quello che Mosè ha prescritto, come testimonianza per loro». Ma quello si allontanò e si mise a proclamare e a divulgare il fatto, tanto che Gesù non poteva più entrare pubblicamente in una città, ma rimaneva fuori, in luoghi deserti; e venivano a lui da ogni parte.
    Gesù conosce la sua missione. L'ha manifesta per intero nella Sinagoga di Nazaret: "Venne a Nàzaret, dove era cresciuto, e secondo il suo solito, di sabato, entrò nella sinagoga e si alzò a leggere. Gli fu dato il rotolo del profeta Isaia; aprì il rotolo e trovò il passo dove era scritto: Lo Spirito del Signore è sopra di me; per questo mi ha consacrato con l'unzione e mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio, a proclamare ai prigionieri la liberazione e ai ciechi la vista; a rimettere in libertà gli oppressi, a proclamare l'anno di grazia del Signore" (Lc 4,16-19). Il segno in Lui non è fine a se stesso. Deve produrre un vero processo di fede. La fede è sempre alla Parola, alla quale si deve obbedire con pronta e sollecita risposta. Il rischio che ci si fermasse al segno è altissimo. Per questo Gesù ammonisce severamente il miracolato che taccia, non dica niente a nessuno. Il miracolo per il miracolo non è espressione della missione di Gesù. La fede invece sì che è espressione perfetta. Colui che era stato guarito non obbedisce a Gesù e divulga la sua guarigione ai quattro venti. Con quale risultato? Che Gesù non poteva più entrare pubblicamente in una città. Rimaneva fori, in luoghi deserti. La gente però accorreva a lui da ogni parte. È facile confondere la nostra opera di compassione, pietà, misericordia. È facile fermarsi al dono materiale che si riceve senza aprirsi per nulla alla fede nella Parola del Vangelo. A noi l'obbligo di non lasciarci mai fuorviare dalla giusta e santa compassione.
    Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci strumenti di vera fede.
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    Coordin.
    00 18/01/2013 06:38
    Parlando dell'ingresso nel riposo di Dio la lettera agli Ebrei dice che è una promessa che rimane in vigore. C'è un primo significato, che si coglie immediatamente. Adesso noi stiamo attraversando il deserto, e la Terra promessa è davanti a noi. Non vi siamo ancora entrati, e dobbiamo stancarci, faticare, soffrire, affrontare molti ostacoli. Però c'è questa promessa, e se noi prestiamo fede alla parola di Dio siamo sulla strada giusta e siamo certi di arrivare un giorno nel suo paradiso, nel suo riposo.
    Ma c'è anche un'altra prospettiva, più profonda.
    L'autore dice: "Possiamo entrare in quel riposo, noi che abbiamo creduto": già ora entriamo nel riposo di Dio. L'invito di Dio non è soltanto per il futuro, è già per adesso. Un altro passo dice che "noi abbiamo come un'ancora nella nostra vita, sicura e salda" (cfr. 6,19) e questa ancora è la fede. Noi non abbiamo soltanto la speranza di ricevere una ricompensa alle nostre fatiche, ma, nella fede, vediamo che già ora Dio ci dà i suoi doni. Questo è l'atteggiamento cristiano:
    sapere che tra le difficoltà, le preoccupazioni, le sofferenze della vita, Dio già adesso ci invita a "entrare nel suo riposo", a essere con lui nella pace, nella tranquillità, nella gioia.
    Il Vangelo ci dà un esempio della efficacia immediata della fede. "Gesù, vista la loro fede, disse al paralitico: "Figliolo, ti sono rimessi i tuoi peccati"". Non ha detto: "I tuoi peccati ti saranno rimessi nell'ultimo giudizio", ma "ti sono rimessi", vista la loro fede: la fede fin da ora ottiene il dono di Dio, anche quando le circostanze direbbero il contrario. La fede è possesso anticipato delle cose che si sperano.
    Noi siamo sempre invitati a entrare nel riposo di Dio, specialmente nella Messa: "Beati gli invitati alla cena del Signore". La cena del Signore in un certo senso è nel futuro, nella definitiva, e il banchetto celeste. Ma in un altro senso partecipiamo in ogni Eucaristia, nella fede, al banchetto celeste, siamo invitati a essere con Dio: nella gioia di Dio, nell'amore di Dio, nella pace di Dio. E in ogni momento della giornata dobbiamo sentire questo invito: "Entrate adesso nel mio riposo".
    I tre giovani non erano certo m una situazione tranquilla in apparenza, ma il racconto di Daniele dice che spirava un vento leggero e che nel martirio erano come in cielo, e cantavano: "Benedite il Signore, lodatelo ed esaltatelo, perché ci ha liberati!". Anche noi siamo invitati allo stesso canto, anche in modo paradossale, che è proprio il modo della fede, perché attraverso le difficoltà, al livello più profondo raggiungiamo Dio.
    Siamo Stati posti per sempre nell'amore di Cristo, ed egli ci ripete: "Rimanete nel mio amore".
    lachiesa.it
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    Coordin.
    00 19/01/2013 08:28
    Non sono venuto per chiamare i giusti, ma i peccatori

    Lettura
    Nel vangelo, Gesù, chiamando alla sequela Levi, un pubblicano, e mangiando insieme ai peccatori e ai pubblicani, rivela lo scopo della sua missione: chiamare i peccatori. Nella prima lettura, il Signore sceglie Saul come re di Israele, suo popolo.

    Meditazione
    Marco presenta Gesù che, raggiunto dalla folla lungo il mare, si sofferma con essa e l'ammaestra. In questo contesto di insegnamento è collocata la chiamata di Levi, il figlio di Alfeo. Ancora una volta, Marco non rivela il contenuto dell'insegnamento, ma, il fatto che la chiamata di Levi si collochi in un tale contesto, sembra quasi suggerire che la vocazione di questo esattore delle tasse fa parte integrante dell'insegnamento che il Signore sta offrendo. Come era accaduto per i primi discepoli, la chiamata alla sequela raggiunge Levi nel pieno delle sue attività, nel suo quotidiano. Anche la risposta del chiamato è simile a quella di Pietro, Andrea, Giacomo e Giovanni: egli si alza e segue Gesù. La prima tappa di questa sequela porta Levi a mangiare insieme con Gesù, condividendo, però, questo momento con i pubblicani e i peccatori. Prima di diventare discepolo del Signore, Levi era uno di loro, un pubblicano, considerato dalla gente un peccatore a causa del suo lavoro. Ora, da discepolo del Signore, è invitato a condividere con loro la mensa. Ed è questa situazione di condivisione che provoca la reazione degli scribi, perché, nell'antichità, il mangiare insieme impegnava tra loro i commensali, li faceva entrare in una comunione di vita. Come può dunque, un uomo come Gesù mangiare con peccatori e pubblicani? Per rispondere alla critica mossagli, Gesù rivela lo scopo della sua missione: «non sono venuto per chiamare i giusti, ma i peccatori». Con questo parole, il Signore esplicita l'insegnamento contenuto nella chiamata di Levi e nel mangiare insieme ai peccatori e pubblicani: egli desidera chiamare a sé coloro che più hanno bisogno della sua misericordia perché entrino nella comunione con Dio. Non solo, anche ai discepoli di Gesù viene chiesto di condividere la sua "passione" per chi è "lontano da Dio": anche noi siamo chiamati, nel nostro quotidiano, a "mangiare insieme a peccatori e pubblicani", a testimoniare concretamente il volto misericordioso e compassionevole del Padre.

    Preghiera
    «Come io vi ho amato, così amatevi anche voi gli uni gli altri» (Gv 13,34): alla luce del comandamento di Gesù, chiedo al Padre la grazia di essere, nel mio quotidiano, strumento del suo amore.

    Agire
    Proverò a "mangiare insieme" ad una persona a cui mi è difficile offrire il perdono.

    Commento a cura di Marzia Blarasin
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    00 20/01/2013 07:20
    mons. Gianfranco Poma
    Ci fu una festa di nozze

    Nell'anno liturgico che stiamo vivendo, la conclusione del tempo natalizio aggancia l'inizio del tempo ordinario e ci invita a comprendere che il mistero di Dio che si è incarnato si realizza nello scorrere della storia per darle un senso nuovo.
    Oggi la Liturgia ci invita a rivivere l'evento delle nozze di Cana, momento culminante, dopo l'incontro dei Magi con Gesù e la teofania del Battesimo, della manifestazione del Figlio di Dio nella carne dell'uomo.
    L'evento di Cana è la conclusione del prologo narrativo del Vangelo (Giov.1,19-2,12) e l'inizio della parte successiva che arriva ancora a Cana (Giov.2,1-4,54): da Cana a Cana, dall'inizio dei segni al secondo, che ne riprende e approfondisce il significato, mostrando che in realtà, il segno delle nozze non è tanto il primo di una lunga serie ma piuttosto l' "archetipo" di tutti i segni, quello nel quale tutti gli altri sono già contenuti.
    "Questo archetipo dei segni fece Gesù, in Cana di Galilea e manifestò la sua gloria, e credettero in lui i suoi discepoli". Con questa frase densissima Giovanni riassume il significato dell'evento che ha descritto.
    Gesù ha fatto l' "archetipo dei segni". Giovanni inizia il suo Vangelo con una settimana che riprende e fa nuova la prima settimana della Genesi: adesso tutto è nuovo. A Cana Gesù compie un gesto che è l'inizio della comprensione nuova della realtà. Dal momento che la Parola si è fatta carne, la carne è una Parola che va interpretata: la prima creazione adesso è piena di Dio, ha un senso e una densità inesauribile. Vedere, toccare, gustare...: tutto è estremamente concreto e tutto ne dilara infinitamente il se so: il segno di Cana è la nuova chiave interpretativa della realtà.
    "Manifestò la sua gloria": la gloria è la manifestazione di Dio. A Cana Gesù ha rivelato il volto che Dio vuole mostrare di sé: Dio è Colui che si accosta all'uomo, per fargli dono di se stesso e per mostrargli che tutto è segno del suo amore.
    "E i suoi discepoli credettero in lui". La fede, per Giovanni, consiste nel "rimanere" in Gesù, vivendo con lui e come lui la dimensione filiale: consiste nel vivere con lui la vita di Dio nella carne e sperimentare che la carne è piena di Dio, nel veder Dio in tutte le cose.
    A Cana è cominciata l'umanità nuova fatta da coloro che credendo in Gesù, sono diventati i suoi discepoli, che sperimentano la presenza amorevole di Dio che afferra, compenetra, la loro vita a tal punto che tutto dell'uomo è pieno di Dio, perché "il terzo giorno ci furono le nozze, in Cana di Galilea": a Cana è cominciata la vita nuova, una festa di gioia, perché il mondo è pieno dell'amore di Dio.
    Tutto è così normalmente umano, in questo racconto, e tutto è così simbolico, perché tutto è segno dell'incontro d'amore tra Dio e l'umanità: si tratta dell' "inizio" della comprensione nuova della realtà, così profonda che rimane inesauribile, tanto che ciascuno di noi, leggendo e credendo può sperimentare e rinnovare in modo personale l'evento di Cana.
    "Il terzo giorno...": nello scorrere dei giorni della settimana, uno dopo l'altro, Giovanni nota "il terzo giorno" che evidentemente anticipa quello della risurrezione, quello della vita che vince la morte, della luce che vince la tenebra. "Il terzo giorno" può essere anche per noi, qualsiasi giorno della settimana.
    "C'erano le nozze". Sono ben singolari queste nozze, nelle quali sono presenti tanti personaggi, ma lo sposo rimane sconosciuto e "assente", con una fidanzata che ancora di più brilla per la sua assenza. In realtà tutta l'umanità celebra le nozze: tutta l'esistenza diventa una festa di nozze di cui noi siamo gli sposi chiamati a gustare la bellezza dell'amore quando ci apriamo all'esperienza che qui ci è offerta.
    "C'era la madre di Gesù". Nel IV Vangelo solo due volte, a Cana e ai piedi della croce (19,25) appare "la madre di Gesù", alla quale egli si rivolge chiamandola "donna": non compare mai il suo nome "Maria". L'evangelista la caratterizza per la sua relazione materna con Gesù, mentre egli non la chiama mai con il termine che qualifica la sua relazione biologica con lei. Evidentemente il Vangelo ci sta introducendo in una esperienza nella quale la vita è nuova e le relazioni hanno un senso nuovo: la donna è nuova perché l'uomo sia nuovo.
    "E fu chiamato alle nozze anche Gesù con i suoi discepoli": l'umanità che vuole gustare la gioia delle nozze, è avvertita che anche lui, con i suoi discepoli, sono chiamati a farne parte.
    La madre di Gesù è la sola che si accorge della mancanza del vino e si rivolge solo a lui: "non hanno più vino".Come è possibile fare la festa se non hanno vino? Tutto questo è simbolico della condizione dell'umanità, che sperimenta la propria impotenza di fronte a Dio che si aspetta dal suo popolo la fedeltà di cui è incapace.
    Gesù parla a sua madre chiamandola "donna" e ponendole la domanda "che c'è tra me e te?", provocandola a stabilire con lui una relazione nuova, nella quale si rinnova la figura femminile: è la donna credente, la nuova Eva, che anticipa a Cana, ciò che avverrà definitivamente sotto la Croce. La donna che nella Croce vede e sperimenta che Dio è un infinito, misterioso scambio di amore, diventa la madre di una umanità ormai avvolta dall'amore di Dio La donna credente è la madre dell'uomo nuovo che ascolta la Parola di Dio e vive di essa.
    "Fate quello che vi dirà". Così ella si rivolge ai servi comunicando loro la sua totale fiducia in Gesù. Ascoltare la Parola di Gesù, il figlio della fede di Maria, significa ormai ascoltare la Parola di Dio che si è accostato all'umanità, non per dare una legge, ma per riempire la sua fragilità condividendola totalmente.
    "E disse Gesù: Riempite le sei anfore...": qui, tutto è simbolico. Tutto è sovrabbondante, eppure non è ancora la pienezza: manca la settima anfora che sarà riempita sotto la Croce, quando Gesù svuotandosi totalmente di sé, accoglierà la pienezza di Dio alla quale tutti potranno attingere.
    "Attingete e portatene a chi dirige il banchetto". Chi ascolta Gesù, chi con lui è ormai pieno della vita del Padre, gusta in modo nuovo l'umanità: dalle anfore piene di acqua chi crede in Gesù attinge il vino migliore. L'umanità povera, fragile nella quale Dio si è incarnato ormai è piena di grazia, di bellezza.
    E si crea un contrasto tra due gruppi di persone: i servi, che conoscono perché hanno ascoltato la Parola di Gesù, e colui che dirigeva il banchetto. Ritorna, qui, l'ironia di Giovanni: forse in trasparenza egli parla della sua comunità: colui che per il suo ruolo dovrebbe sapere, in realtà non conosce, mentre solo coloro che servono possono comprendere le meraviglie di Dio.
    Solo la fede fa entrare l'umanità nella festa a cui è chiamata: è una festa di nozze, è l'esperienza dell'intimità di Dio con la carne del mondo. La fede è l'accoglienza di Dio nella carne ed è l'esperienza della carne che risplende della gloria di Dio: è l'acqua che diventa vino. Questo avviene veramente, nella nostra vita, perché una donna ha creduto nell'amore di Dio, lo ha accolto nel suo grembo e lo ha generato: perché ogni donna credente possa generare l'uomo nuovo e l'umanità intera gusti la festa di nozze.
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    Coordin.
    00 21/01/2013 08:14
    Movimento Apostolico - rito romano
    Nessuno versa vino nuovo in otri vecchi

    Ogni azione che l'uomo compie, è vera se esce fuori di lui e si trasforma in una grande opera di carità, misericordia, compassione, elemosina, giustizia perfetta. Dio stesso nell'Antico Testamento aveva conferito al digiuno questa verità: "Ecco, nel giorno del vostro digiuno curate i vostri affari, angariate tutti i vostri operai. Ecco, voi digiunate fra litigi e alterchi e colpendo con pugni iniqui. Non digiunate più come fate oggi, così da fare udire in alto il vostro chiasso. È forse come questo il digiuno che bramo, il giorno in cui l'uomo si mortifica? Piegare come un giunco il proprio capo, usare sacco e cenere per letto, forse questo vorresti chiamare digiuno e giorno gradito al Signore? Non è piuttosto questo il digiuno che voglio: sciogliere le catene inique, togliere i legami del giogo, rimandare liberi gli oppressi e spezzare ogni giogo? Non consiste forse nel dividere il pane con l'affamato, nell'introdurre in casa i miseri, senza tetto, nel vestire uno che vedi nudo, senza trascurare i tuoi parenti? Allora la tua luce sorgerà come l'aurora, la tua ferita si rimarginerà presto. Davanti a te camminerà la tua giustizia, la gloria del Signore ti seguirà. Allora invocherai e il Signore ti risponderà, implorerai aiuto ed egli dirà: «Eccomi!». Se toglierai di mezzo a te l'oppressione, il puntare il dito e il parlare empio, se aprirai il tuo cuore all'affamato, se sazierai l'afflitto di cuore, allora brillerà fra le tenebre la tua luce, la tua tenebra sarà come il meriggio. Ti guiderà sempre il Signore, ti sazierà in terreni aridi, rinvigorirà le tue ossa; sarai come un giardino irrigato e come una sorgente le cui acque non inaridiscono. La tua gente riedificherà le rovine antiche, ricostruirai le fondamenta di trascorse generazioni. Ti chiameranno riparatore di brecce, e restauratore di strade perché siano popolate. Se tratterrai il piede dal violare il sabato, dallo sbrigare affari nel giorno a me sacro, se chiamerai il sabato delizia e venerabile il giorno sacro al Signore, se lo onorerai evitando di metterti in cammino, di sbrigare affari e di contrattare, allora troverai la delizia nel Signore. Io ti farò montare sulle alture della terra, ti farò gustare l'eredità di Giacobbe, tuo padre, perché la bocca del Signore ha parlato" (Is 58, 3-14). Ecco il digiuno insegnato dal Signore: astenersi da ogni male verso i fratelli, rivestirsi di alta, eccellente, forte, grande, immensa carità verso di essi.
    I discepoli di Giovanni e i farisei stavano facendo un digiuno. Vennero da lui e gli dissero: «Perché i discepoli di Giovanni e i discepoli dei farisei digiunano, mentre i tuoi discepoli non digiunano?». Gesù disse loro: «Possono forse digiunare gli invitati a nozze, quando lo sposo è con loro? Finché hanno lo sposo con loro, non possono digiunare. Ma verranno giorni quando lo sposo sarà loro tolto: allora, in quel giorno, digiuneranno. Nessuno cuce un pezzo di stoffa grezza su un vestito vecchio; altrimenti il rattoppo nuovo porta via qualcosa alla stoffa vecchia e lo strappo diventa peggiore. E nessuno versa vino nuovo in otri vecchi, altrimenti il vino spaccherà gli otri, e si perdono vino e otri. Ma vino nuovo in otri nuovi!».
    Viene Gesù e predica proprio questo digiuno: "Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli. Beati quelli che sono nel pianto, perché saranno consolati. Beati i miti, perché avranno in eredità la terra. Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia, perché saranno saziati. Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia. Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio. Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio. Beati i perseguitati per la giustizia, perché di essi è il regno dei cieli. Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia. Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli" (Mt 5,3-12). Cosa vorrebbero da Gesù i discepoli di Giovanni e i farisei? Che il suo digiuno, quello vero, fondato sulla legge del perfettissimo amore fosse trasformato in un'opera vana dinanzi a Dio e ai fratelli. Non potendo rispondere, perché non sarebbe stata compresa la sua verità, con saggezza racconta una parabola che dice tutto il mistero, senza però esporre il Signore.
    Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, insegnateci la prudenza.
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    Coordin.
    00 22/01/2013 08:00
    Monaci Benedettini Silvestrini


    Oggi inizia l'ottavario di preghiera per l'unità di tutti cristiani. Lo scandalo della divisione nella Chiesa di Cristo è avvenuto sì per certe eresie, ma anche perché i cristiani di allora, e anche parte del clero, si erano raffreddati nell'Amore di Dio, nell'amore del prossimo e anche nell'amore alla Verità della fede integra e cattolica. E certamente ci sarà stato anche un forte calo anche nella preghiera, quella fatta con il cuore. E oggi per riparare questa grande spaccatura nella Chiesa è necessario ritornare all'amore vero, ad una fede integra, e alla preghiera fervente (e non basta solo quella di programma!). Così torniamo a rimettere Dio al suo posto, che è sempre il primo, nella nostra vita: Lo ameremo sempre più con tutto il cuore e con tutta l'anima e, di conseguenza, ameremo certamente anche i fratelli nostri (tutti!) come amiamo noi stessi. In questo modo diverremo uomini e donne capaci di comunione tra di noi e con tutti i fratelli e sorelle che ci circondano, e poi specialmente con gli Ortodossi, con i Protestanti, gli Anglicani, ecc... ma senza cedere mai ai compromessi sul nostro credo. Sappiamo tutti che, nei tempi antichi, i pagani di Roma si convertivano, vedendo e ammirando il comportamento dei primi cristiani, e dicevano: "Guardate come si amano!". Dunque: preghiera e amore! E si farà allora un vero ecumenismo; e presto ci sarà un solo Ovile sotto un solo Pastore. E' il desiderio che Gesù espresse al Padre nell'ultima Cena "Ut unum sint! (perché siano uno)". E la Chiesa diverrà davvero (e tutta quanta!) un solo Corpo e un solo Spirito: Una, Santa, Cattolica e Apostolica. La Vergine Maria, Madre della Chiesa, ci renda tutti sempre più uniti nel suo Cuore di Mamma, nel Cuore di suo Figlio Gesù e tra di noi! Intanto oggi nel Vangelo ammiriamo e contempliamo Gesù, il bel giovane Nazareno, che cammina tutto spensierato e sorridente tra i campi di grano, ormai biondeggianti come i suoi capelli, al sole. Lo seguono, tutti allegri, i suoi discepoli (la Chiesa!). E non si fanno scrupolo per il fatto che è giorno del riposo ebraico: per loro è solo festa perché stanno con Gesù, lo Sposo... e questa è proprio una stupenda scampagnata sabbatica, che dà respiro all'anima, ed è vero riposo nello spirito perché: c'è Gesù!... E poi c'è il grano per il Pane, ci sono loro, i discepoli...c'è la Chiesa di Dio, c'è dunque l'Eucaristia nei cuori e nel Cuore di Gesù! E quando si sta con Gesù Eucaristia, che è lo Sposo, che entra nel suo talamo, nel nostro cuore, va via la tristezza e non si digiuna più, non c'è più lutto, ma c'è festa, c'è festa d'amore e gioia dentro al cuore. Alleluia!
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    Coordin.
    00 23/01/2013 07:06
    Eremo San Biagio
    Commento su Primo Samuele 17,45

    Davide rispose al Filisteo (Golia) che avanzava passo passo: "Tu vieni a me con la spada, con la lancia e con l'asta. Io vengo a te nel nome del Signore degli Eserciti"».
    1Sam 17,45

    Come vivere questa parola?

    Ancora una guerra fa da scenario alla storia drammatica del regno di Saul. Israele si muove contro i Filistei invasori. Sono l'uno dinanzi all'altro ma nessuno dei due contendenti si decide ad attaccare. Finalmente i Filistei lanciano una sfida: un duello frontale tra un loro ?campioné e un prode d'Israele. Golia, il gigante, combatterà per loro.

    Il vecchio re Saul è nell'angoscia: "lo Spirito del Signore si era ritirato da lui" (v.37), per questo non trova più soluzioni. Il giovane Davide, risoluto, chiede di potersi battere con Golia. Una sfida già persa in partenza, agli occhi del vecchio re che vede le cose secondo un'ottica ormai del tutto umana. Una vittoria certa per il giovane pastore che sa di poter contare sul Signore. Con forza dirà al nemico: "Tu vieni a me con la spada, io vengo a te nel nome del Signore. Il Signore ti farà cadere nelle mie mani, ...Egli non salva per mezzo della spada poiché è l'arbitro della lotta".

    È Dio infatti che decide le sorti dei popoli e delle guerre. E lo dimostrerà conducendo alla vittoria il giovane pastore che con una comunissima fionda abbatterà l'imponenza arrogante del nemico. Come a dire: Dio è più forte delle trame dei potenti e manifesta la sua potenza servendosi della nostra inadeguatezza.

    Non è forse vero che anche noi tante volte abbiamo sperimentato come la potenza del Signore si manifesti pienamente nella nostra debolezza?

    Oggi, nella mia pausa contemplativa, simbolicamente, anch'io abbatterò, con la forza che mi viene da Dio, ogni resistenza che in me si oppone al suo amore. Fisserò con coraggio i miei nemici interiori sussurrando a fior di labbra, in preghiera: nel nome del Signore, sarò vittorioso!

    La voce di un Uomo spirituale del nostro tempo

    Mi ci è voluto molto tempo per scoprire e accettare che ero abitato da un "mito": quello della possibilità di accedere a Dio con le mie sole forze. Non ero animato da un zelo spirituale reale? Ma un mito che, sotto le sembianze del bene, rischia di far sì che si manchi l'essenziale.
    André Louf
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    Coordin.
    00 24/01/2013 05:38
    Movimento Apostolico - rito romano
    Quanti avevano qualche male si gettavano su di lui per toccarlo

    Ormai tutti sanno che non vi è alcun bisogno di chiedere a Gesù che faccia loro un qualche miracolo. Basta semplicemente toccarlo e il miracolo avviene, si compie. Non è però uno solo che lo tocca, sono a centinaia. La folla che lo seguiva, giungeva da ogni parte. Essa veniva dalla Galilea, dalla Giudea, da Gerusalemme, dall'Idumea, da oltre il Giordano, dalla parti di Tiro e Sidone. Ognuno veniva nutrendo un speranza nel cuore: basta che io lo tocchi e di sicuro sarà guarito.
    Questa fede faceva sì che tutti si gettassero su di Lui per toccarlo. Come si fa a parlare, predicare, insegnare, ammaestrare, se tutti ti spintonano e chi ti getta da una parte e chi da un'altra? Come si fa a dare a questo popolo così numeroso la volontà del Padre, se si è nella condizione fisica di non poter neanche aprire la bocca? Anche se Gesù avesse potuto parlare, di certo loro non stavano ad ascoltarlo. Ognuno pensava come potersi gettare su di Lui prima degli altri, per essere guarito. Questa la reale situazione nella quale oggi Gesù si trova.
    Gesù però è l'uomo dalla saggezza ed intelligenza senza misura. Egli sempre vince ogni sentimento, volontà, desiderio, tentazione, prova, pressione da parte degli uomini con la sua sapienza nella quale cresceva ogni giorno di più. È proprio questo il ministero della sapienza ed intelligenza: vincere ogni stoltezza ed insipienza che si dovesse trasformare in un vero impedimento perché noi possiamo compiere la volontà di Dio. Poiché ogni giorno la stoltezza e l'insipienza si presentano con sempre più grande virulenza, noi siamo obbligati a rispondere con sapienza ed intelligenza che crescono in noi a dismisura, altrimenti di certo soccomberemo. Gesù mai è caduto in una sola prova o tentazione a motivo della sua altissima saggezza.
    Gesù, intanto, con i suoi discepoli si ritirò presso il mare e lo seguì molta folla dalla Galilea. Dalla Giudea e da Gerusalemme, dall'Idumea e da oltre il Giordano e dalle parti di Tiro e Sidone, una grande folla, sentendo quanto faceva, andò da lui. Allora egli disse ai suoi discepoli di tenergli pronta una barca, a causa della folla, perché non lo schiacciassero. Infatti aveva guarito molti, cosicché quanti avevano qualche male si gettavano su di lui per toccarlo. Gli spiriti impuri, quando lo vedevano, cadevano ai suoi piedi e gridavano: «Tu sei il Figlio di Dio!». Ma egli imponeva loro severamente di non svelare chi egli fosse.
    Ecco la saggezza di Gesù: chiede che gli venga messa a disposizione una barca. Si discosta un poco dalla riva, quanto basta perché non fosse più accerchiato e spintonato, e in tale modo può insegnare alla folla i misteri del regno di Dio. Il miracolo senza la verità di esso non è fine del ministero di Gesù. Lui è venuto per condurre ogni uomo al Padre, non per lasciarlo raggomitolato in se stesso, anche se prima era in una condizione di malattia ed ora è in una situazione di perfetta guarigione. Nella pura immanenza era prima. Nella pura immanenza è dopo.
    Invece Gesù deve liberare l'uomo dalla sua immanenza e trasportarlo in una condizione di trascendenza. Deve sganciarlo da se stesso e agganciarlo al Padre suo che è nei cieli. Questo sgancio e questa aggancio mai potranno avvenire per solo miracolo. Ad esso va sempre aggiunta la Parola. È questa la via perché si conosca la purissima volontà del Signore sulla nostra vita e si presti a Lui la nostra più immediata obbedienza. Il miracolo deve manifestarci che Gesù è vero inviato di Dio, vero suo profeta, vero suo servo. Lui può parlarci in nome di Dio, perché da Dio viene e per suo comando agisce ed opera, insegna ed ammaestra. Lui è il solo vero, perfetto, pieno, esaustivo rivelatore del Padre. Quando l'uomo comprende questa verità, può salvare la sua vita, se vuole, perché la può liberare dall'immanenza e trasportare nella più altra trascendenza. La può agganciare a Dio, dal quale è la sua vera salvezza. È questo il motivo per cui Gesù dona al miracolo un posto secondario, il posto solo di segno.
    Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, agganciateci al Padre celeste.
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    00 25/01/2013 07:25
    Movimento Apostolico - rito romano
    Proclamate il Vangelo a ogni creatura

    In una delle profezia di Isaia è detto che il Messia avrebbe portato la sua parola non solo alle nazioni, ma anche alle isole lontane, remote: "Ecco il mio servo che io sostengo, il mio eletto di cui mi compiaccio. Ho posto il mio spirito su di lui; egli porterà il diritto alle nazioni. Non griderà né alzerà il tono, non farà udire in piazza la sua voce, non spezzerà una canna incrinata, non spegnerà uno stoppino dalla fiamma smorta; proclamerà il diritto con verità. Non verrà meno e non si abbatterà, finché non avrà stabilito il diritto sulla terra, e le isole attendono il suo insegnamento. Così dice il Signore Dio, che crea i cieli e li dispiega, distende la terra con ciò che vi nasce, dà il respiro alla gente che la abita e l'alito a quanti camminano su di essa: «Io, il Signore, ti ho chiamato per la giustizia e ti ho preso per mano; ti ho formato e ti ho stabilito come alleanza del popolo e luce delle nazioni, perché tu apra gli occhi ai ciechi e faccia uscire dal carcere i prigionieri, dalla reclusione coloro che abitano nelle tenebre. Io sono il Signore: questo è il mio nome; non cederò la mia gloria ad altri, né il mio onore agli idoli. I primi fatti, ecco, sono avvenuti e i nuovi io preannuncio; prima che spuntino, ve li faccio sentire». Cantate al Signore un canto nuovo, lodatelo dall'estremità della terra; voi che andate per mare e quanto esso contiene, isole e loro abitanti. Esultino il deserto e le sue città, i villaggi dove abitano quelli di Kedar; acclamino gli abitanti di Sela, dalla cima dei monti alzino grida. Diano gloria al Signore e nelle isole narrino la sua lode" (Is 42,1-12).
    Un'altra profezia dello stesso profeta, così annunzia il Messia del Signore: "Ascoltatemi, o isole, udite attentamente, nazioni lontane; il Signore dal seno materno mi ha chiamato, fino dal grembo di mia madre ha pronunciato il mio nome. Ha reso la mia bocca come spada affilata, mi ha nascosto all'ombra della sua mano, mi ha reso freccia appuntita, mi ha riposto nella sua faretra. Mi ha detto: «Mio servo tu sei, Israele, sul quale manifesterò la mia gloria». Io ho risposto: «Invano ho faticato, per nulla e invano ho consumato le mie forze. Ma, certo, il mio diritto è presso il Signore, la mia ricompensa presso il mio Dio». Ora ha parlato il Signore, che mi ha plasmato suo servo dal seno materno per ricondurre a lui Giacobbe e a lui riunire Israele - poiché ero stato onorato dal Signore e Dio era stato la mia forza - e ha detto: «È troppo poco che tu sia mio servo per restaurare le tribù di Giacobbe e ricondurre i superstiti d'Israele. Io ti renderò luce delle nazioni, perché porti la mia salvezza fino all'estremità della terra»" (Is 49,1-6).
    E disse loro: «Andate in tutto il mondo e proclamate il Vangelo a ogni creatura. Chi crederà e sarà battezzato sarà salvato, ma chi non crederà sarà condannato. Questi saranno i segni che accompagneranno quelli che credono: nel mio nome scacceranno demòni, parleranno lingue nuove, prenderanno in mano serpenti e, se berranno qualche veleno, non recherà loro danno; imporranno le mani ai malati e questi guariranno».
    Ora chiediamoci: potrà mai un solo uomo svolgere una missione così ampia e vasta da abbracciare tutta la terra? Anche se dovesse farla correndo veloce attraverso le nazioni del mondo, quale risultato avrebbe? Di certo nessuno. Ecco allora la sapienza di Dio come attua questa profezia. Il Messia del Signore viene sulla nostra terra e associa al suo ministero e alla sua missione un numero infinito di altri uomini. Li costituisce suoi Apostoli, suoi inviati, suoi missionari, sua persona, sua presenza, sua grazia, sua verità, con gli stessi suoi poteri. San Paolo è il modello perfetto del vero missionario di Gesù. Afferrato da Cristo Signore sulla via di Damasco, consacra tutta la sua vita alla missione. Lui forma, cura, custodisce le comunità cristiane nella verità di Gesù Signore, nella sua grazia, nella sua speranza. Lui li difende dagli attacchi della falsa verità su Dio e sulla religione dei Padri. Lui apre la mente e il cuore dei molti ad aderire a Cristo Gesù come al loro unico Dio e Signore.
    Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci veri missionari di Gesù.
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    Coordin.
    00 26/01/2013 07:36
    a cura dei Carmelitani
    Commento Luca 10,1-9

    1) Preghiera

    O Dio, Padre di eterna misericordia,
    fa' che convertano a te i nostri cuori,
    perché nella ricerca dell'unico bene necessario
    e nelle opere di carità fraterna
    siamo sempre consacrati alla tua lode.
    Per il nostro Signore Gesù Cristo...



    2) Lettura

    Dal Vangelo secondo Luca 10,1-9
    Dopo questi fatti il Signore designò altri settantadue discepoli e li inviò a due a due avanti a sé in ogni città e luogo dove stava per recarsi. Diceva loro: "La messe è molta, ma gli operai sono pochi. Pregate dunque il padrone della messe perché mandi operai per la sua messe. Andate: ecco io vi mando come agnelli in mezzo a lupi; non portate borsa, né bisaccia, né sandali e non salutate nessuno lungo la strada. In qualunque casa entriate, prima dite: Pace a questa casa. Se vi sarà un figlio della pace, la vostra pace scenderà su di lui, altrimenti ritornerà su di voi. Restate in quella casa, mangiando e bevendo di quello che hanno, perché l'operaio è degno della sua mercede. Non passate di casa in casa. Quando entrerete in una città e vi accoglieranno, mangiate quello che vi sarà messo dinanzi, curate i malati che vi si trovano, e dite loro: Si è avvicinato a voi il regno di Dio."



    3) Riflessione

    ? Nel tempo di Gesù c?erano diversi movimenti che, come Gesù, cercavano un nuovo modo di vivere. Per esempio, Giovanni Battista, i farisei ed altri. Molti di loro formavano comunità di discepoli (Gv 1,35; Lc 11,1; At 19,3) ed avevano i loro missionari (Mt 23,15). Ma c?era una grande differenza! I farisei, per esempio, quando andavano in missione, andavano già prevenuti. Pensavano che non potevano mangiare ciò che la gente offriva loro, perché il cibo non era sempre ritualmente ?puro?. Per questo, portavano borsa e denaro per potersi occupare del proprio cibo. Così invece di aiutare a superare le divisioni, queste osservanze della Legge della purezza indebolivano ancor più il vissuto dei valori comunitari.
    ? La proposta di Gesù è diversa. Lui cerca di riscattare i valori comunitari che erano soffocati, e cerca di rinnovare e di riorganizzare le comunità in modo che fossero di nuovo un?espressione dell?Alleanza, un segno del Regno di Dio. E? ciò che ci viene detto dal vangelo di oggi che descrive l?invio dei 72 discepoli:
    ? Luca 10,1: La Missione. Gesù manda i discepoli nei luoghi dove anche lui deve andare. Il discepolo è il portavoce di Gesù. Non è padrone della Buona Novella. Gesù manda i discepoli due a due. Ciò favorisce l?aiuto reciproco, poiché la missione non è individuale, bensì comunitaria. Due persone rappresentano meglio la comunità, meglio che una sola.
    ? Luca 10,2-3: La Corresponsabilità. Il primo compito è quello di pregare affinché Dio mandi operai. Qualunque discepolo e discepola deve sentirsi responsabile della missione. Per questo deve pregare il Padre di mandare operai per continuare la missione. Gesù manda i suoi discepoli come agnelli in mezzo ai lupi. La missione è un compito difficile e pericoloso. Poiché il sistema in cui vivevano ed in cui vivono era e continua ad essere contrario alla riorganizzazione della gente in comunità vive. La Missione per cui Gesù manda i 72 discepoli cerca di riscattare quattro valori comunitari:
    - Luca 10,4-6: L?ospitalità. Al contrario degli altri missionari, i discepoli e le discepole di Gesù non possono portare nulla, né borsa, né sandali. Solo possono e devono portare la pace. Ciò significa che devono aver fiducia nell?ospitalità della gente. Poiché il discepolo che va senza nulla, portando solo la pace, mostra che ha fiducia nella gente. Pensa che sarà ricevuto, e la gente si sente rispettata e confermata. Per mezzo di questa pratica il discepolo critica le leggi dell?esclusione e riscatta l?antico valore dell?ospitalità. Non salutare nessuno lungo la strada significa, probabilmente, che non si deve perder tempo in cose che non appartengono alla missione.
    - Luca 10,7: La Condivisione. I discepoli non devono andare di casa in casa, ma rimanere nella stessa casa. Cioè, devono convivere in modo stabile, partecipare alla vita ed al lavoro della gente del luogo e vivere di ciò che ricevono in cambio, perché l?operaio è degno della sua mercede. Ciò significa che devono aver fiducia nella condivisione. Così, per mezzo di questa nuova pratica, riscattano una vecchia tradizione della gente, criticano la cultura di accumulazione che distingueva la politica dell?Impero Romano ed annunciava un nuovo modello di convivenza.
    - Luca 10,8: La Comunione attorno al tavolo. I discepoli devono mangiare ciò che la gente offre loro. Non possono vivere separati, mangiando il proprio cibo. Ciò significa che devono accettare la comunione e non possono vivere separati, e mangiare il loro cibo. Ciò significa che devono accettare di sedersi attorno alla tavola con gli altri. In questo contatto con gli altri non possono aver paura di perdere la purezza legale. Agendo in questo modo, criticano le leggi vigenti della purezza ed annunciano un nuovo accesso alla purezza, all?intimità con Dio.
    - Luca 10,9a: L?Accoglienza agli esclusi. I discepoli devono occuparsi dei malati, curare i lebbrosi e scacciare i demoni (Mt 10,8). Ciò significa che devono accogliere nella comunità coloro che ne sono stati esclusi. Questa pratica solidale critica la società che esclude ed indica soluzioni concrete.
    ? Luca 10,9b: La Venuta del Regno. Se tutte queste esigenze vengono rispettate, i discepoli possono e devono gridare ai quattro venti: Il Regno è giunto! Poiché il Regno è un nuovo modo di vivere e convivere partendo dalla Buona Novella che Gesù è venuto a rivelarci: Dio è Padre e per questo siamo tutti fratelli e sorelle. In primo luogo, educare per il Regno significa: insegnare un nuovo modo di vivere e di convivere, un nuovo modo di agire e pensare.



    4) Per un confronto personale

    ? Perché tutti questi atteggiamenti raccomandati da Gesù sono segni della venuta del Regno di Dio?
    ? Come realizzare oggi ciò che Gesù chiede: ?non portare borsa?, ?non andare di casa in casa?, ?non salutare nessuno lungo la strada ?, annunciare il Regno?



    5) Preghiera finale

    La legge del Signore è perfetta,
    rinfranca l'anima;
    la testimonianza del Signore è verace,
    rende saggio il semplice. (Sal 18)
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    Coordin.
    00 27/01/2013 09:30
    Commento su Lc 1,1-4; 4,14-21

    In una sola frase Luca parla del motivo, del contenuto, delle fonti, del metodo e del fine del suo Vangelo. La sua fonte è la tradizione della Chiesa, che risale ai testimoni oculari divenuti poi ministri della Parola. Attraverso quelli che hanno visto, possiamo entrare in comunione "con il Padre e con il Figlio suo Gesù Cristo".

    La nostra fede non è fondata su miti o leggende, ma su fatti storici: Gesù Cristo visse e operò in un preciso momento storico e il racconto di seguito mostra ben chiari i lineamenti del vero volto di Dio. Luca li descrive perché chi legge possa riprodurli in sé. Quando si trascura il racconto dei testimoni, il volto di Dio rimane sconosciuto e ci si costruisce false immagini di Cristo e del cristianesimo.

    Luca scrive a Teofilo, nome che significa amato da Dio e amante di Dio. Ogni discepolo è "teo-filo", amato per riamare. Il Vangelo di Luca è quindi indirizzato al cristiano che vuole diventare adulto nella fede, nel senso di consapevole e responsabile. Teofilo è un nome greco: il Vangelo è per tutti, giudei o greci, perché in ognuno c'è la presenza di Dio.

    Come la vita di Gesù, anche la sua opera inizia nella potenza dello Spirito Santo che lo porta nella disprezzata Galilea dei pagani: proprio lì scaturirà la salvezza. Quando lo Spirito Santo opera, suscita ammirazione e fama, che si diffonde da ogni parte. Gesù fu concepito e allevato, divenne adulto e iniziò la missione proprio in Galilea, a Nazaret, un villaggio insignificante e non credente, che si scandalizza di lui e cerca di assassinarlo. Gesù comincia proprio dal nulla, dalla mancanza di fede, dal rifiuto. Inizia in una sinagoga dicendo che Dio l'ha mandato ai poveri, a tutti, perché tutti siamo poveri.

    Tutta la spiegazione di quella buona e bella notizia è lì davanti a ognuno, è presente e si realizza ogni volta che la Parola è annunciata, ascoltata e obbedita. Cioè vissuta. Quando ascoltiamo il Vangelo, noi ascoltiamo Lui; la Bibbia non è un libro ma è Lui che ci parla. C'è differenza c'è fra le parole scritte e quelle dette da Lui.

    Commento a cura di don Angelo Sceppacerca
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    Coordin.
    00 28/01/2013 09:05
    Movimento Apostolico - rito romano
    Non sarà perdonato in eterno: è reo di colpa eterna

    Vi è il fatto e l'interpretazione di esso. Vi è la storia e la lettura di essa. Vi è l'uomo che agisce e l'intelligenza di ogni sua opera che l'altro è chiamato a possedere. L'interpretazione, la lettura, l'intelligenza sono di chi interpreta, legge, comprende.
    Il cuore dell'empio, quando è giunto al punto della sua saturazione nel male, nel peccato, nella stoltezza, nell'idolatria, nella superbia, è duro come il granito e legge in chiave di male anche le cose più sante. Ecco come il Salmo parla di questo cuore: "Con arroganza il malvagio perseguita il povero: cadano nelle insidie che hanno tramato! Il malvagio si vanta dei suoi desideri, l'avido benedice se stesso. Nel suo orgoglio il malvagio disprezza il Signore: «Dio non ne chiede conto, non esiste!»; questo è tutto il suo pensiero. Le sue vie vanno sempre a buon fine, troppo in alto per lui sono i tuoi giudizi: con un soffio spazza via i suoi avversari. Egli pensa: «Non sarò mai scosso, vivrò sempre senza sventure». Di spergiuri, di frodi e d'inganni ha piena la bocca, sulla sua lingua sono cattiveria e prepotenza. Sta in agguato dietro le siepi, dai nascondigli uccide l'innocente. I suoi occhi spiano il misero, sta in agguato di nascosto come un leone nel covo. Sta in agguato per ghermire il povero, ghermisce il povero attirandolo nella rete. Si piega e si acquatta, cadono i miseri sotto i suoi artigli. Egli pensa: «Dio dimentica, nasconde il volto, non vede più nulla». Sorgi, Signore Dio, alza la tua mano, non dimenticare i poveri. Perché il malvagio disprezza Dio e pensa: «Non ne chiederai conto»? Eppure tu vedi l'affanno e il dolore, li guardi e li prendi nelle tue mani. A te si abbandona il misero, dell'orfano tu sei l'aiuto. Spezza il braccio del malvagio e dell'empio, cercherai il suo peccato e più non lo troverai. Il Signore è re in eterno, per sempre: dalla sua terra sono scomparse le genti. Tu accogli, Signore, il desiderio dei poveri, rafforzi i loro cuori, porgi l'orecchio, perché sia fatta giustizia all'orfano e all'oppresso, e non continui più a spargere terrore l'uomo fatto di terra" (Sal 10 (9), 2-10). Solo Dio può salvare dal cuore dell'empio. Solo Lui può liberare.
    Gli scribi, che erano scesi da Gerusalemme, dicevano: «Costui è posseduto da Beelzebùl e scaccia i demòni per mezzo del capo dei demòni». Ma egli li chiamò e con parabole diceva loro: «Come può Satana scacciare Satana? Se un regno è diviso in se stesso, quel regno non potrà restare in piedi; se una casa è divisa in se stessa, quella casa non potrà restare in piedi. Anche Satana, se si ribella contro se stesso ed è diviso, non può restare in piedi, ma è finito. Nessuno può entrare nella casa di un uomo forte e rapire i suoi beni, se prima non lo lega. Soltanto allora potrà saccheggiargli la casa. In verità io vi dico: tutto sarà perdonato ai figli degli uomini, i peccati e anche tutte le bestemmie che diranno; ma chi avrà bestemmiato contro lo Spirito Santo non sarà perdonato in eterno: è reo di colpa eterna». Poiché dicevano: «È posseduto da uno spirito impuro».
    Un altro Salmo così profetizza sul cuore del malvagio: "Oracolo del peccato nel cuore del malvagio: non c'è paura di Dio davanti ai suoi occhi; perché egli s'illude con se stesso, davanti ai suoi occhi, nel non trovare la sua colpa e odiarla. Le sue parole sono cattiveria e inganno, rifiuta di capire, di compiere il bene. Trama cattiveria nel suo letto, si ostina su vie non buone, non respinge il male. Signore, il tuo amore è nel cielo, la tua fedeltà fino alle nubi, la tua giustizia è come le più alte montagne, il tuo giudizio come l'abisso profondo: uomini e bestie tu salvi, Signore. Quanto è prezioso il tuo amore, o Dio! Si rifugiano gli uomini all'ombra delle tue ali, si saziano dell'abbondanza della tua casa: tu li disseti al torrente delle tue delizie. È in te la sorgente della vita, alla tua luce vediamo la luce. Riversa il tuo amore su chi ti riconosce, la tua giustizia sui retti di cuore. Non mi raggiunga il piede dei superbi e non mi scacci la mano dei malvagi. Ecco, sono caduti i malfattori: abbattuti, non possono rialzarsi" (Sal 36 (35), 1-13). Gesù dal cuore empio è stato perseguitato per tutta la sua vita pubblica. Dallo stesso cuore alla fine è stato inchiodato sulla croce. Tanta è la sua potenza di male. L'empio è avvisato. Se commette il peccato contro lo Spirito Santo, distruggendo la verità di Dio con la calunnia, la menzogna, la falsa testimonianza, vi è per lui l'inferno eterno.
    Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, liberateci da questo peccato.
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    Coordin.
    00 29/01/2013 08:09
    a cura dei Carmelitani


    1) Preghiera

    Dio onnipotente ed eterno,
    guida i nostri atti secondo la tua volontà,
    perché nel nome del tuo diletto Figlio
    portiamo frutti generosi di opere buone.
    Per il nostro Signore Gesù Cristo...



    2) Lettura

    Dal Vangelo secondo Marco 3,31-35
    In quel tempo, giunsero la madre di Gesù e i suoi fratelli e, stando fuori, lo mandarono a chiamare.
    Tutto attorno era seduta la folla e gli dissero: ?Ecco tua madre, i tuoi fratelli e le tue sorelle sono fuori e ti cercano?.
    Ma egli rispose loro: ?Chi è mia madre e chi sono i miei fratelli??. Girando lo sguardo su quelli che gli stavano seduti attorno, disse: ?Ecco mia madre e i miei fratelli! Chi compie la volontà di Dio, costui è mio fratello, sorella e madre?.



    3) Riflessione

    ? La famiglia di Gesù. I parenti giungono alla casa dove si trovava Gesù. Probabilmente vengono da Nazaret. Di lì fino a Cafarnao c?è una distanza di 40 chilometri. Anche sua madre viene insieme a loro. Non entrano, ma mandano un messaggio: Tua madre, i tuoi fratelli e le tue sorelle sono là fuori e ti cercano! La reazione di Gesù è chiara: Chi è mia madre, chi sono i miei fratelli? E lui stesso risponde girando lo sguardo verso la moltitudine che sta attorno: Ecco mia madre e i miei fratelli! Chi compie la volontà di Dio, costui è mio fratello, sorella e madre! Per capire bene il significato di questa risposta conviene guardare la situazione della famiglia al tempo di Gesù.
    ? Nell?antico Israele, il clan, cioè, la grande famiglia (la comunità), era la base della convivenza sociale. Era la protezione delle famiglie e delle persone, la garanzia del possesso della terra, il veicolo principale della tradizione, la difesa dell?identità. Era il modo concreto da parte della gente di quella epoca di incarnare l?amore di Dio e l?amore verso il prossimo. Difendere il clan era lo stesso che difendere l?Alleanza.
    ? Nella Galilea del tempo di Gesù, a causa del sistema impiantato durante i lunghi governi di Erode Magno (37 a.C. a 4 a.C.) e di suo figlio Erode Antipa (4 a.C. a 39 d.C.), il clan (la comunità) si stava debilitando. Le imposte da pagare, sia al governo che al tempio, i debiti in aumento, la mentalità individualista dell?ideologia ellenistica, le frequenti minacce di repressione violenta da parte dei romani e l?obbligo di accogliere i soldati e dare loro ospitalità, i problemi sempre più grandi di sopravvivenza, tutto questo spingeva le famiglie a rinchiudersi in se stesse e pensare alle proprie necessità. Questa chiusura si vedeva rafforzata dalla religione dell?epoca. Per esempio, chi dedicava la sua eredità al Tempio poteva lasciare i suoi genitori senza aiuto. Ciò indeboliva il quarto comandamento che era la spina dorsale del clan (Mc 7,8-13). Oltre a questo, l?osservanza delle norme di purezza era un fattore di emarginazione per molte persone: donne, bambini, samaritani, stranieri, lebbrosi, indemoniati, pubblicani, malati, mutilati, paraplegici.
    ? E così, la preoccupazione con i problemi della propria famiglia impediva alle persone di riunirsi in comunità. Ora, affinché potesse manifestarsi il Regno di Dio nella convivenza comunitaria della gente, le persone dovevano superare i limiti stretti della piccola famiglia ed aprirsi di nuovo alla grande famiglia, alla Comunità. Gesù dette l?esempio. Quando la sua famiglia cercò di impossessarsi di lui, reagì ed allargò la famiglia: ?Chi è mia madre, chi sono i miei fratelli? E lui stesso dette la risposta girando lo sguardo verso la moltitudine: Ecco mia madre e i miei fratelli! Chi compie la volontà di Dio, costui è mio fratello, sorella e madre! (Mc 3,33-35). Creò comunità.
    ? Gesù chiedeva lo stesso a tutti coloro che volevano seguirlo. Le famiglie non potevano rinchiudersi in se stesse. Gli esclusi e gli emarginati dovevano essere accolti nella convivenza e così sentirsi accolti da Dio (cf Lc 14,12-14). Questo era il cammino per raggiungere l?obiettivo della Legge che diceva: ?Non vi sarà alcun bisognoso tra di voi? (Dt 15,4). Come i grandi profeti del passato, Gesù cerca di consolidare la vita comunitaria nei villaggi della Galilea. Riprende il senso profondo del clan, della famiglia, della comunità, quale espressione dell?incarnazione dell?amore verso Dio e verso il prossimo.



    4) Per un confronto personale

    ? Vivere la fede nella comunità. Che posto ha e che influsso ha la comunità nel mio modo di vivere la fede?
    ? Oggi, nella grande città, la massificazione promuove l?individualismo che è contrario alla vita in comunità. Cosa sto facendo per combattere questo male?



    5) Preghiera finale

    Ho sperato: ho sperato nel Signore
    ed egli su di me si è chinato,
    ha dato ascolto al mio grido.
    Mi ha messo sulla bocca un canto nuovo,
    lode al nostro Dio. (Sal 39)
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    Coordin.
    00 30/01/2013 08:09
    padre Lino Pedron


    Fino a questo punto l'insegnamento di Gesù si era reso visibile nel suo agire: insegnava con i fatti: Ora esprime la sua dottrina in parabole, cioè con degli esempi, con dei paragoni illustrativi.
    Le parabole evangeliche non nascono semplicemente da un'esigenza didattica preoccupata della chiarezza e della vivacità. Nascono da un'esigenza teologica, dal fatto che non possiamo parlare direttamente del regno di Dio che è oltre le nostre esperienze, ma solo in parabole, indirettamente, mediante paragoni presi dalla vita quotidiana.
    La parabola del seminatore inizia e termina con il comandamento dell'ascolto: "Ascoltate!", "Chi ha orecchi per ascoltare, ascolti".
    La parola di Gesù è il seme immortale che ci rigenera: "Siete stati rigenerati non da un seme incorruttibile, ma immortale, cioè dalla parola di Dio viva ed eterna" (1Pt 1, 23). Il regno di Dio è paragonato costantemente al seme, la cui forza vitale è attiva proprio nella morte. La morte non distrugge il seme, ma anzi è la condizione perché germini e si manifesti in tutta la sua potenza, a differenza di tutte le altre cose che marciscono e finiscono.
    L'oggetto dell'insegnamento di Gesù è la sua stessa vita, spiegata con similitudini. Queste parabole, mentre illustrano la storia di Gesù, ci danno anche il criterio di discernimento per essere tra i suoi e appartenere al suo regno: Non dobbiamo cercare il successo (vv. 3-9), la fama e la rilevanza (vv. 21-25), il protagonismo e la grandezza (vv. 26-32).
    L'opera di Dio passa attraverso le difficoltà, il fallimento, il nascondimento, l'irrilevanza, l'attesa paziente e la piccolezza, Queste sono le qualità del seme da cui nasce l'albero del Regno. Esso è come un chicco, che porta frutto abbondante non "nonostante" la morte, ma proprio perché muore (cfr Gv 12,24).
    Sono parabole di speranza contro ogni speranza, di una fede che sa che la parola di Dio è un seme che produce sempre il frutto e l'effetto per cui è mandata (cfr Is 55,11). Le resistenze che incontra, rappresentate dai vari tipi di terreno, fanno parte del progetto di Dio.
    Gesù è il seminatore, il seme e il raccolto, perché chi l'ascolta si identifica con lui.
    Il risultato di questa semina sembra disastroso. Sembra che la parola di Gesù non riesca a entrare nel cuore dell'uomo; e, se entra, non mette radici; e, se mette radici, è soffocata. Eppure lui va avanti nella sua semina. "Egli disse loro: Andiamocene altrove per i villaggi vicini, perché io predichi anche là; per questo infatti sono venuto" (Mc 1,38).
    Noi oggi vediamo quanto Gesù abbia avuto ragione. Il suo seme è germinato in tutto il mondo.
    Gesù è la parola di Dio seminata in noi. Il mistero del regno di Dio nella storia è quello del seme, che rivive in noi la sua stessa vicenda di allora.
  • OFFLINE
    Coordin.
    00 31/01/2013 07:44
    padre Lino Pedron


    La lampada è la parola di Dio: "Lampada per i miei passi è la tua parola, luce sul mio cammino" (Sal 119,105; cfr 2Pt 1,19). La parola del vangelo è come una luce posta sul candelabro: essa illumina tutto ciò che è nascosto nel cuore dell'uomo. Nella Lettera agli Ebrei 4,12-13 si legge: "Infatti la parola di Dio è viva, efficace e più tagliente di ogni spada a doppio taglio; essa penetra fino al punto di divisione dell'anima e dello spirito, delle giunture e delle midolla, e scruta i sentimenti e i pensieri del cuore. Non vi è creatura che possa nascondersi davanti a lui, ma tutto è nudo e scoperto agli occhi suoi e a lui noi dobbiamo rendere conto".
    E' la parola che mostra chiaramente se l'uomo è simile a un buon terreno o a un terreno pieno di pietre o di spine. Essa ha la funzione di giudice: è l'espressione del giudizio di Dio. Ognuno faccia dunque attenzione al proprio modo di ascoltare, perché l'ascolto è la misura del messaggio ricevuto: ognuno infatti intende solo ciò che può o vuole intendere. L'uomo si giudica da se stesso, secondo il modo e la misura del suo ascolto.
    La frase finale: "A chi ha, sarà dato e a chi non ha, sarà tolto anche quello che ha" si chiarisce alla luce del contesto: ciò che si tratta di avere sono, anzitutto, delle orecchie in grado di ascoltare. Ritroviamo qui il tema sapienziale della capacità di accoglienza della conoscenza; questa aumenta a misura della disponibilità. La sapienza divina è principio di comprensione sempre più profonda per chi si lascia ammaestrare da lei: "Ascolti il saggio e aumenterà il sapere" (Pr 1,5), ma diventa progressivamente impenetrabile per chi la rifiuta: "Il beffardo ricerca la sapienza, ma invano" (Pr 14,6).
    Come nella parabola del seminatore si sottolinea la necessità di non soffocare il seme del regno di Dio, annunciato dalla parola di Gesù, così in questo brano siamo invitati a non chiudere gli occhi dinanzi alla luce che si manifesta e che, se accolta, diventerà sempre più sfolgorante.
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