CREDENTI

MEDITIAMO LE SCRITTURE (Vol 5) Anno C

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    00 03/12/2012 09:31
    Le MEDITAZIONI proposte in questa pagina per le letture bibliche dell'anno liturgico C, fanno seguito alle MEDITAZIONI dell'anno liturgico B proposte alla seguente pagina:

    http://freeforumzone.leonardo.it/discussione.aspx?c=175588&f=175588&idd=10021707

    [Modificato da Credente 23/08/2013 23:39]
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    00 03/12/2012 09:32
    Eremo San Biagio
    Commento su Salmo 122/121, 1-2

    Quale gioia, quando mi dissero: «Andremo alla casa del Signore!». Già sono fermi i nostri piedi alle tue porte, Gerusalemme!
    Sl 122/121, 1-2

    Come vivere questa Parola?

    L'avvento è un tempo propizio per coltivare in noi la gioia: questo che Chesterton chiamava il gigantesco segreto del cristiano.

    Nei versetti qui riportati, il salmista, esule dalla sua patria: l'amatissima Gerusalemme, avverte una promessa. Sì, potrà andare nella città santa dove era il tempio che per il pio ebreo rappresentava per eccellenza la dimora del Signore. E la promessa ravviva le intime energie dell'esule, le galvanizza dentro la promessa stessa, a tal punto che gli pare già di essere alle porte di Gerusalemme, lì fermo come colui che sta per irrompere dentro la patria a lungo agognata. Ecco: la gioia nasce da questa certezza: senz'altro raggiungerò Gerusalemme. Con l'intensità del desiderio già in qualche modo sarà là, alle sue porte.

    Ecco: la gioia tipica di questo tempo di avvento, è figlia della fede. So che Dio personalmente mi ama e mi attende nella città, o meglio nella casa del suo amore.

    Ed è anche figlia della speranza. Sì, spero con certezza profonda che Dio non sgarra non delude. Ha promesso e manterrà. La vita scorre sul filo di questa fede speranza e si ravviva in sole di gioia nella certezza di essere amati e di essere chiamati ad amare.

    Quale gioia, Signore, quando mi dici che tutta la vita è un avvento, un'attesa fiduciosa del tuo venire a salvarmi, a salvarci. Ti chiedo, Gesù che siamo in molti a lasciare che la vita si illumini di questa certezza. Ti chiedo che la gioia consoli e liberi tanti cuori.

    La voce di una testimone

    Aspiriamo tutti ardentemente al cielo, dove c'è Dio, ma possiamo essere in paradiso con lui già ora ed essere felici con lui già in questo momento. Ma essere felici con lui già ora significa: amare come ama lui, aiutare come lui aiuta, dare come lui dà, servire come lui serve, redimere come lui redime, essere con lui 24 ore su 24, toccare lui nei suoi umili travestimenti.
    Beata Madre Teresa di Calcutta
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    00 04/12/2012 08:01
    Movimento Apostolico - rito romano
    Beati gli occhi che vedono ciò che voi vedete

    Sempre il Signore lo aveva profetizzato: lui non è con il superbo, l'arrogante, il prepotente, il viziato, il trasgressore della sua alleanza, con il dotto gonfio della sua scienza, con l'acculturato imprigionato nella sua conoscenza e da essa soffocato. Lui è con l'umile, il puro di cuore, il semplice, il piccolo, colui che sa farsi bambino sempre.

    Così dice il Signore: «Il cielo è il mio trono, la terra lo sgabello dei miei piedi. Quale casa mi potreste costruire? In quale luogo potrei fissare la dimora? Tutte queste cose ha fatto la mia mano ed esse sono mie - oracolo del Signore. Su chi volgerò lo sguardo? Sull'umile e su chi ha lo spirito contrito e su chi trema alla mia parola. Uno sacrifica un giovenco e poi uccide un uomo, uno immola una pecora e poi strozza un cane, uno presenta un'offerta e poi sangue di porco, uno brucia incenso e poi venera l'iniquità. Costoro hanno scelto le loro vie, essi si dilettano dei loro abomini; anch'io sceglierò la loro sventura e farò piombare su di loro ciò che temono, perché io avevo chiamato e nessuno ha risposto, avevo parlato e nessuno ha udito. Hanno fatto ciò che è male ai miei occhi, ciò che non gradisco hanno scelto». (Is 66,1-4).

    Chi è il sapiente e chi è il dotto secondo il linguaggio di Gesù? Il dotto e il sapiente sono tutti coloro che hanno fatto della loro mente e dei loro pensieri il principio unico di lettura, comprensione, interpretazione, esegesi, ermeneutica, assoluta verità dell'intero universo, del visibile e dell'invisibile, del tempo e dell'eternità. Chi è invece il piccolo del Vangelo? È colui che non crede in quello che vede, pensa, immagina. Crede invece in quello che gli viene detto. Accoglie come una spugna quanto ascolta.

    Gesù è il solo Maestro dell'umanità non per scienza e neanche per apprendimento dagli uomini. È il vero Maestro perché Lui è la verità, la grazia, la via, la vita, la saggezza, l'intelligenza, la sapienza eterna. Lui non vede l'eternità. Lui è l'eternità. Lui non vede Dio. Lui è Dio. Lui non ascolta la Parola di Dio come i profeti. Lui è la Parola di Dio fattasi carme, storia, vita, presenza nel mondo. Lui è il solo che può parlare, perché è il solo che è ciò che dice. Il dotto, l'intelligente di questo mondo, è otre dal tappo ermeticamente sigillato. In esso nessuna acqua di verità potrà essere introdotta e così dicasi del sapiente. Invece il piccolo è in tutto simile a terra fertile da coltivare. Su di essa potrà scorrere un intero fiume ed essa l'assorbirà tutto.

    Gesù è il vero, il solo, l'unico Rivelatore del Padre. L'unico, il solo, il vero Datore della sua grazia e verità. È questa la rivelazione che oggi ci fa il Vangelo. La salvezza è in questa accoglienza di Cristo unico Mediatore tra il Padre e l'intera umanità. Chi accoglie questa verità, conosce Dio. Chi non l'accoglie, mai potrà conoscere il Signore. Conoscerà e adorerà un falso Dio e un falso Signore. Costruirà una falsa umanità.

    Per quanti sono a contatto di Cristo Gesù, questo momento è un tempo particolare di grazia. Tutto l'Antico Testamento è l'attesa di questo istante. Tutti guardavano verso quest'ora e in vista di essa ogni giorno rinnovavano la loro speranza. Questa verità è così annunciata dalla Lettera agli Ebrei: "Tutti costoro, pur essendo stati approvati a causa della loro fede, non ottennero ciò che era stato loro promesso: Dio infatti per noi aveva predisposto qualcosa di meglio, affinché essi non ottenessero la perfezione senza di noi" (Eb 11,39-40). Per questo Gesù proclama beati i loro occhi e beati i loro orecchi. Essi stanno vedendo e ascoltando ciò che profeti e re avevano desiderio di ascoltare e di vedere. A loro però questa grazia non è stata concessa. Questa beatitudine va però vissuta santamente. Come? Ascoltando con purissima fede Gesù Signore, non lasciando cadere a vuoto nessuna delle sue parole.
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    00 05/12/2012 07:30
    Commento a cura di don Angelo Busetto
    Domandare e condividere

    C'è una straordinaria coincidenza tra la promessa del profeta Isaia e il suo realizzarsi nell'azione di Gesù. L'immagine del banchetto che esprime la pienezza della convivenza umana nel trovarsi insieme, nell'abbondanza dei cibi e delle bevande, nell'esplosione della gioia, attraversa tutta la storia della salvezza e diventa dominante nella liturgia, spalancandosi al compimento escatologico del banchetto celeste, il paradiso.

    Il Vangelo descrive un vasto concorrere di persone verso Gesù: tutta l'umanità ferita va finalmente incontro alla salvezza. Non si tratta semplicemente di una liberazione dal male fisico. Non solo vengono guariti gli zoppi, storpi, ciechi, malati. C'è di più. Di fronte al loro grande bisogno e desiderio, Gesù si muove a compassione, rispondendo a un'esigenza non espressamente dichiarata, che egli intravedeva nei volti stanchi: la fame e la sete del significato del vivere. Gesù compie il miracolo della moltiplicazione dei pani e dei pesci; non è un gesto magico, che viene semplicemente dall'alto. "Quanti pani avete?", domanda Gesù. Il Signore, mentre risponde personalmente al bisogno dell'umanità, chiama anche noi alla condivisione del pane, del tempo, della vita. Così Gesù educa gli apostoli, sottoponendoli a un primo bell'esercizio di coinvolgimento dei beni e delle energie che hanno a disposizione: sono essi che procurano il pane, sono essi che lo distribuiscono alla folla. Il gesto fondamentale della salvezza, il dono di Dio, arriva a noi attraverso la condivisione. La salvezza è comunione: dei beni e delle persone. Nella convocazione eucaristica, tutti stiamo davanti al Signore, che ci dona l'unico pane di vita, il suo Corpo. La nostra comunione è Gesù: un pane condiviso diventa risposta al bisogno di ciascuno. E' l'inizio. A piccoli passi, la vita cristiana diventa condivisione del gran bene della fede, comunione dei beni materiali, carità fraterna, esperienza di amicizia. Diventa Chiesa come compagnia vissuta: poiché si condivide Cristo, si finisce con il condividere ogni cosa della vita.

    Padre, donaci il nostro pane quotidiano: donaci il pane di vita che è il tuo Figlio Gesù, perché impariamo a condividere il pane delle nostre mense, realizzando il vero banchetto dei figli e dei fratelli. Donaci questo pane, Padre nostro.

    Il dono ricevuto si moltiplica nella condivisione. Oggi posso condividere il mio pane, il denaro, il tempo, con qualcuno dei miei fratelli o vicini di casa o di lavoro.
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    00 06/12/2012 08:14
    Movimento Apostolico - rito romano
    Essa non cadde, perché era fondata sulla roccia

    Secondo le Antiche Scritture la roccia è Dio. È Lui nella sua verità, nella sua Parola, nei suoi Comandamenti, nella sua Legge. È costruito sulla roccia che è Dio chi è fondato nella sua santa Parola. Chi vive di giustizia e verità. Chi osserva i suoi Comandamenti. Chi ascolta la sua Parola. Chi lo invoca con purissima fede.

    Ti amo, Signore, mia forza, Signore, mia roccia, mia fortezza, mio liberatore, mio Dio, mia rupe, in cui mi rifugio; mio scudo, mia potente salvezza e mio baluardo. Invoco il Signore, degno di lode, e sarò salvato dai miei nemici. Mi circondavano flutti di morte, mi travolgevano torrenti infernali; già mi avvolgevano i lacci degli inferi, già mi stringevano agguati mortali. Nell'angoscia invocai il Signore, nell'angoscia gridai al mio Dio: dal suo tempio ascoltò la mia voce, a lui, ai suoi orecchi, giunse il mio grido. La terra tremò e si scosse; vacillarono le fondamenta dei monti, si scossero perché egli era adirato. Dalle sue narici saliva fumo, dalla sua bocca un fuoco divorante; da lui sprizzavano carboni ardenti. Abbassò i cieli e discese, una nube oscura sotto i suoi piedi. Cavalcava un cherubino e volava, si librava sulle ali del vento. Si avvolgeva di tenebre come di un velo, di acque oscure e di nubi come di una tenda. Davanti al suo fulgore passarono le nubi, con grandine e carboni ardenti. Il Signore tuonò dal cielo, l'Altissimo fece udire la sua voce: grandine e carboni ardenti. Scagliò saette e li disperse, fulminò con folgori e li sconfisse. Allora apparve il fondo del mare, si scoprirono le fondamenta del mondo, per la tua minaccia, Signore, per lo spirare del tuo furore. Stese la mano dall'alto e mi prese, mi sollevò dalle grandi acque, mi liberò da nemici potenti, da coloro che mi odiavano ed erano più forti di me. Mi assalirono nel giorno della mia sventura, ma il Signore fu il mio sostegno; mi portò al largo, mi liberò perché mi vuol bene. Il Signore mi tratta secondo la mia giustizia, mi ripaga secondo l'innocenza delle mie mani, perché ho custodito le vie del Signore, non ho abbandonato come un empio il mio Dio. I suoi giudizi mi stanno tutti davanti, non ho respinto da me la sua legge; ma integro sono stato con lui e mi sono guardato dalla colpa. (Sal 18 (17),1-24).

    Nel Nuovo Testamento la roccia è Cristo Gesù. Roccia è anche Pietro. Non sono due rocce separate e distinte: una è Cristo e l'altra e Pietro. Sono una sola ed una roccia. Cristo Gesù è la parte invisibile, Pietro è la parte visibile. Cristo è la Parola e Pietro la verità della Parola. Cristo è la verità e la grazia e Pietro è lo strumento del dono della verità e della grazia. Cristo è la sorgente dell'acqua che zampilla per la vita eterna e Pietro è il datore nel tempo di questa di santità, rigenerazione, vera comunione.

    Quando siamo fondati sulla roccia che è Cristo? Quando viviamo nella sua Parola, con la sua Parola, per la sua Parola. Quando siamo immersi nella Parola di Gesù, siamo in un bunker di vera salvezza. Niente e nessuno potrà mai abbatterci. Gesù ci riveste della sua sapienza, lo Spirito Santo della sua forza, il Padre dei cieli ci nasconde nel suo cuore. Cristo diviene nostra armatura invincibile.

    Se invece non siamo nella Parola di Gesù, perché non la osserviamo, il male ci conquista e noi ogni giorno siamo preda di Satana. La tentazione ci vince e il peccato ci consuma. La nostra casa spirituale crolla in frantumi non perché sono soffiati venti forti e gagliardi o perché i fiumi sono straripati, ma perché un sussurro di tentazione è passato dinanzi al nostro cuore e noi siamo miseramente caduti, fallendo la nostra vita. Invece quando siamo avvolti dalla Parola dentro e fuori, questo mai potrà accadere. La Parola contiene in sé Cristo Gesù il quale all'istante diviene la nostra potente difesa contro le insidie del Maligno. Cristo e la Parola sono una cosa sola. Cristo è la Parola.



    Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci una cosa sola con la Parola. Vogliamo che la nostra casa sia stabile e duratura per sempre.
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    00 07/12/2012 07:48
    Eremo San Biagio
    Commento su Isaia 29,17-19

    Ancora un po' e il Libano si cambierà in un frutteto e il frutteto sarà considerato una selva. Udranno in quel giorno i sordi le parole del libro; liberati dall'oscurità e dalle tenebre, gli occhi dei ciechi vedranno. Gli umili si rallegreranno di nuovo nel Signore, i più poveri gioiranno nel Santo d'Israele.
    Is 29,17-19

    Come vivere questa Parola?

    In questo cammino di avvento com'è bello lasciarsi rinfocolare il cuore da queste parole del profeta Isaia! La venuta del Signore che celebreremo a natale, non è solo legata a questo bel momento liturgico. Ce ne viene illuminato e approfondito il senso anche da queste parole del grande profeta. Il Libano (a cui egli accenna) era una catena montuosa connotata da asperità di roccia e terra arida. Ecco, stanno maturando i tempi - dice Isaia - in cui perfino lì prospereranno i frutteti. Ma attenzione! - al contrario, tutto quel che poteva sembrare fiorente sarà trasformato in selvaggio luogo improduttivo. Anche nel mondo degli uomini la vita opererà prodigi: i ciechi riceveranno la vista, i sordi l'udito. E allora ci sarà gioia. Ma per chi? Per gli umili che si rallegreranno nel Signore. Ma chi tiranneggia gli altri e prevarica presumendo di sé, chi trama iniquità su strade d'ingiustizia si porrà da sé fuori da questa fioritura di vita e salvezza.

    Signore, prendimi per mano. Anche in me c'è spesso cecità e sordità per le realtà spirituali. Aprimi gli occhi e gli orecchi del cuore. Fa' che veda la tua venuta per la grazia di questo natale, come il verificarsi delle tue promesse di salvezza. Salvami dal considerare il natale con la cecità del paganesimo attuale, un'occasione in più per far shopping e per acquistare roba su roba. Dammi un cuore libero che attende con gioia il Signore bene operando nella corsa dei giorni.

    La voce di una beata

    L'umiltà è la sorgente delle grazie. Colui che si crede vile e miserabile, Dio lo colma dei suoi favori.
    Elisabetta della Trinità
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    Coordin.
    00 08/12/2012 07:41
    Commento su Lc 1,26-38

    Per annunciare la nascita di Giovanni l'angelo Gabriele va al tempio di Gerusalemme; per quella di Gesù va a Nazaret, terra secondaria e luogo dove finora "non era sorto alcun profeta". Dio sceglie ciò che è umile. La legge dell'incarnazione resta sempre quella del "Carmen Christo", l'inno Cristologico della lettera che Paolo scrisse ai Filippesi mentre era prigioniero a Roma e che rappresenta anche il vero inno alla gioia dei cristiani: Gesù "umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte".

    A Gerusalemme, nel tempio, Dio non trova la fede; a Nazaret, lontano dal tempio e dal culto, Dio trova Maria, la serva del Signore, piena di grazia, di fede e di accoglienza. Se prima Dio abitava nel tempio, ora è Maria la sua dimora tra gli uomini; il Signore prende dimora in mezzo al popolo nuovo, la Chiesa. "Maria è così intrecciata nel grande mistero della Chiesa che lei e la Chiesa sono inseparabili come sono inseparabili lei e Cristo. Maria rispecchia la Chiesa, la anticipa nella sua persona e, in tutte le turbolenze che affliggono la Chiesa sofferente e faticante, ne rimane sempre la stella della salvezza. È lei il suo vero centro di cui ci fidiamo, anche se tanto spesso la sua periferia ci pesa sull'anima" (Benedetto XVI).

    Il nome nuovo di Maria, "piena-di-grazia", dice che lei è la nuova Sion, è il resto santo di Israele, è la casa vivente di Dio, il quale non abita in edifici di pietra, ma nel cuore dell'uomo vivo, è il germoglio - il frutto finalmente dato dalla terra - dal quale viene l'albero della redenzione. Nell'umiltà della casa di Nazaret vive l'Israele santo, il resto puro. Perciò Maria è l'immacolata, la piena di grazia.

    "Piena di grazia" è il nome più bello di Maria, nome che le ha dato Dio stesso, per indicare che è da sempre e per sempre l'amata, l'eletta, la prescelta per accogliere il dono più prezioso, Gesù, l'amore incarnato di Dio.

    L'esitazione di Maria alle parole dell'angelo somiglia a quella di Abramo e di altre coppie della Bibbia alle quali fu annunciata una nascita impossibile all'uomo. La fede salvò Abramo dall'incredulità; la stessa fede salva Maria che accetta umilmente il disegno di Dio, anche se non riesce a comprenderne tutte le conseguenze. Su tutte, la conseguenza della croce e del dolore. Anche l'immagine dell'Addolorata, della Madre che condivide la sofferenza e l'amore, è una vera immagine dell'Immacolata.

    Commento a cura di don Angelo Sceppacerca
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    Coordin.
    00 09/12/2012 07:25
    Monaci Benedettini Silvestrini
    La compassione di Gesù e la missione dei Dodici

    La voce dell'Avvento è quella del profeta Isaia: Nella tribolazione e nell'afflizione, che non mancheranno mai nella vita presente, non ci sarà più ragione per piangere perché sta venendo la guida e il maestro che ci darà la certezza che Dio ci è vicino e ci ascolta; egli sarà il maestro e la via per giungere alla felicità, alla pace e alla sovrabbondanza della vera vita. Nel Vangelo odierno leggiamo che "Gesù percorrendo tutte le città e i villaggi, insegnava nelle loro sinagoghe, annunciava il vangelo del regno e curava ogni malattia e infermità. Al vedere le folle affrante e abbandonate a sé, come pecore senza pastore, fu preso da pietà. La Misericordia di Dio per l'uomo, il suo infinito amore si stanno manifestando, diventano realtà visibile, sacramento di speranza. La guarigione totale dell'uomo e la restaurazione di tutto il creato è in atto. La profezia di consolazione del profeta Isaia si sta avverando in pieno: Il dolore, il pianto sono trasformati in beatitudine e la morte ha perso il suo pungiglione. E Dio asciugherà ogni lacrima dai loro occhi, e non ci sarà più la morte né cordoglio né grido né fatica, perché le cose di prima sono passate". La via del ritorno e della liberazione è aperta e chiaramente segnata. Il Maestro e Guida ora non è più nascosto, si può vedere e ascoltare e toccare: Quel che era dal principio, quel che abbiamo udito, quel che abbiamo visto con i nostri occhi, quel che abbiamo contemplato e che le nostre mani hanno toccato della parola della vita, lo annunziamo anche a voi... (1Gv). Egli ha incominciato a radunare il suo gregge e ad associarsi altri nella sua missione di salvezza. La messe è tanta... Strada facendo Predicate..., guarite... cacciate i demoni. Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date. Il Natale è proclama e programma di gratuità. O Dio concedi a noi che attendiamo il dono del tuo amore, di raggiungere il premio della vera libertà.
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    Coordin.
    00 10/12/2012 07:23
    Movimento Apostolico - rito romano
    E la potenza del Signore gli faceva operare guarigioni

    Il miracolo che Gesù oggi compie ha un grandissimo valore Cristologico. Esso ci dice chi è Gesù e perché è venuto in questo mondo. Lui è venuto per togliere il peccato del mondo. Lo ha tolto, affiggendolo nel suo corpo sulla croce, così come ci insegna San Paolo nella Lettera ai Colossesi: "È in lui che abita corporalmente tutta la pienezza della divinità, e voi partecipate della pienezza di lui, che è il capo di ogni Principato e di ogni Potenza. In lui voi siete stati anche circoncisi non mediante una circoncisione fatta da mano d'uomo con la spogliazione del corpo di carne, ma con la circoncisione di Cristo: con lui sepolti nel battesimo, con lui siete anche risorti mediante la fede nella potenza di Dio, che lo ha risuscitato dai morti. Con lui Dio ha dato vita anche a voi, che eravate morti a causa delle colpe e della non circoncisione della vostra carne, perdonandoci tutte le colpe e annullando il documento scritto contro di noi che, con le prescrizioni, ci era contrario: lo ha tolto di mezzo inchiodandolo alla croce. Avendo privato della loro forza i Principati e le Potenze, ne ha fatto pubblico spettacolo, trionfando su di loro in Cristo. Nessuno dunque vi condanni in fatto di cibo o di bevanda, o per feste, noviluni e sabati: queste cose sono ombra di quelle future, ma la realtà è di Cristo. Nessuno che si compiace vanamente del culto degli angeli e corre dietro alle proprie immaginazioni, gonfio di orgoglio nella sua mente carnale, vi impedisca di conseguire il premio: costui non si stringe al capo, dal quale tutto il corpo riceve sostentamento e coesione per mezzo di giunture e legamenti e cresce secondo il volere di Dio. Se siete morti con Cristo agli elementi del mondo, perché, come se viveste ancora nel mondo, lasciarvi imporre precetti quali: «Non prendere, non gustare, non toccare»? Sono tutte cose destinate a scomparire con l'uso, prescrizioni e insegnamenti di uomini, che hanno una parvenza di sapienza con la loro falsa religiosità e umiltà e mortificazione del corpo, ma in realtà non hanno alcun valore se non quello di soddisfare la carne" (Col 2,9-23).
    Se l'essenza di Cristo Gesù ci sfugge, allora noi tutti saremo condannati a costruire una società e civiltà di solo peccato. Nessuno può togliere il peccato. Solo Cristo lo può. Solo Lui lo ha fatto. Solo in Lui, con Lui, per Lui è possibile liberarsi dal peccato, che è nella sua essenza superbia, avarizia, ira, gola, invidia, accidia, lussuria con tutto l'esercito dei sottovizi che questi padri generano giorno per giorno. Osserviamo la nostra storia. Abbiamo abolito Cristo, lo abbiamo radiato, cancellato, espulso, non lo vogliamo neanche come innocuo crocifisso, qual è il risultato? L'uomo non è più capace di abolire il peccato, che si sta moltiplicando ed espandendo senza più limiti.
    Un giorno stava insegnando. Sedevano là anche dei farisei e maestri della Legge, venuti da ogni villaggio della Galilea e della Giudea, e da Gerusalemme. E la potenza del Signore gli faceva operare guarigioni. Ed ecco, alcuni uomini, portando su un letto un uomo che era paralizzato, cercavano di farlo entrare e di metterlo davanti a lui. Non trovando da quale parte farlo entrare a causa della folla, salirono sul tetto e, attraverso le tegole, lo calarono con il lettuccio davanti a Gesù nel mezzo della stanza. Vedendo la loro fede, disse: «Uomo, ti sono perdonati i tuoi peccati». Gli scribi e i farisei cominciarono a discutere, dicendo: «Chi è costui che dice bestemmie? Chi può perdonare i peccati, se non Dio soltanto?». Ma Gesù, conosciuti i loro ragionamenti, rispose: «Perché pensate così nel vostro cuore? Che cosa è più facile: dire "Ti sono perdonati i tuoi peccati", oppure dire "Àlzati e cammina"? Ora, perché sappiate che il Figlio dell'uomo ha il potere sulla terra di perdonare i peccati, dico a te - disse al paralitico -: àlzati, prendi il tuo lettuccio e torna a casa tua». Subito egli si alzò davanti a loro, prese il lettuccio su cui era disteso e andò a casa sua, glorificando Dio. Tutti furono colti da stupore e davano gloria a Dio; pieni di timore dicevano: «Oggi abbiamo visto cose prodigiose».
    Vergine Maria. Madre della Redenzione, aiutaci a ritrovare la purezza della fede in Cristo Gesù, l'Agnello di Dio che toglie il peccato del mondo. Angeli, Santi, sosteneteci.
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    Coordin.
    00 11/12/2012 08:53
    Messa Meditazione
    Viene il bel Pastore

    L'immagine del pastore percorre l'Antico Testamento e viene raccolta da Gesù: Dio il è pastore del suo popolo, e Gesù è il nostro buon pastore. La funzione del pastore diventa più personale e benevola nei riguardi della pecora smarrita e ferita, che non può salvarsi da sola: il pastore la ricerca, la trova e se la carica sulle spalle. Gesù è il buon pastore, il bel pastore. Con questa immagine i primi cristiani hanno cominciato a raffigurare Gesù nelle catacombe.

    L'allontanamento da Dio è la triste esperienza di tante persone, soprattutto nel mondo occidentale, in una deriva che ha preso maggior vigore almeno da due secoli a questa parte. Dio viene sostituito dalla filosofia, dalla scienza, dal disegno politico o economico, o comunque da un ordinamento della vita personale e sociale che prescinde totalmente da lui. Un'insana ebbrezza ha tante volte creato la falsa speranza di costruire un uomo nuovo e una nuova umanità, con i risultati terribili che le ideologie e i sistemi politici del secolo scorso hanno prodotto. Si va perdendo il senso del vivere e avanza la corruzione della vita personale, familiare e sociale, in un deserto umano di solitudine e disperazione. Mentre la vita si dissecca come l'erba bruciata dal sole, rinasce anche oggi un nuovo annuncio: "Parlate al cuore di Gerusalemme, e gridatele che è finita la sua schiavitù, è stata scontata la sua iniquità". Nel deserto si può preparare la via al Signore: "Ecco il vostro Dio". L'annuncio del profeta dona speranza al popolo disperso. La liturgia dell'Avvento fa risuonare anche per noi questo annuncio, rianimando la nostra attesa e dirigendo la nostra speranza verso un punto vero. La salvezza viene attraverso Cristo buon pastore che cerca e trova la pecora smarrita, raduna il popolo disperso, 'porta gli agnellini sul petto e conduce pian piano le pecore madri'. Gesù viene nella figura dei pastori della Chiesa, di Papa Benedetto che annuncia e mostra il luogo vero della salvezza; di tanti padri e madri, di tanti educatori cristiani che si fanno carico dei figli del popolo del Signore, e possono essere riconosciuti come guide che impersonano la figura di Cristo buon pastore.

    Noi siamo tuo popolo o Signore, gregge che tu pasci. Donaci la grazia di riconoscerti e di seguirti, nei pastori e maestri che tu non fai mancare alla tua Chiesa.

    Verso un figlio, un nipote, un giovane: mi apro a uno sguardo, a un sentimento di affetto, a un gesto che gli venga incontro, lo sostenga, gli doni speranza.

    Commento a cura di don Angelo Busetto
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    Coordin.
    00 12/12/2012 07:36
    Eremo San Biagio


    Dalla Parola del giorno
    "Levate in alto i vostri occhi e guardate: chi ha creato quegli astri? [...] Egli fa uscire in numero preciso il loro esercito e le chiama tutte per nome."

    Come vivere questa Parola?
    C'è, nella prima lettura di oggi, un invito a puntare lo sguardo sulla magnificenza onnipotente di Dio. Ci aiuta ad avere di Lui un'idea grande e non rattrappita in piccole fantasie a misura delle nostre capacità immaginative.
    Proprio perché è grande e potente, Dio si rivela, nel Vangelo, il misericordioso ad oltranza: "Venite a me voi tutti che siete affaticati e oppressi e io vi ristorerò".
    Il cammino d'Avvento è questo prendere sempre più coscienza che su Dio ognuno di noi può contare. Per quello che è, per quello di cui necessita, qui e ora, dentro le fatiche delle nostre giornate. Proprio il Dio grande e onnipotente di cui parla il profeta Isaia nella prima lettura, rivela l'onnipotenza del suo amore in modo strano: nel prendere la nostra natura con i suoi limiti e fatiche.

    Oggi, nella mia pausa contemplativa, mi fermo a considerare questa ?follia' di Dio: da onnipotente si è fatto onni-amante (come dice un grande filosofo contemporaneo, Paul Ricoeur), mite e umile nella sua umanità. E coglierò che proprio in forza di questo suo farsi umile amore mi comunica forza, coraggio, capacità di speranza e indicazione concreta per un cammino di rinnovamento spirituale e di servizio fraterno: diventare, per quel che è possibile alla mia umanità, onni-amente!

    Gesù, tu che sei umile e mite di cuore, rendimi come te dentro il mio cuore.

    La voce di un poeta
    Tu sei il mare e io nuoto in Te, come un pesce; Tu sei il deserto che io percorro, come una gazzella.
    Riempimi del Tuo respiro. Non posso farne a meno.
    Rumi
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    Coordin.
    00 13/12/2012 09:16
    Più grande di Giovanni

    Sorprendono le parole di Gesù che indicano Giovanni Battista come il più grande tra i nati di donna, mentre nello stesso tempo dichiarano che il più piccolo nel regno dei cieli è più grande di lui. Giovanni appartiene al chiaroscuro della preparazione, mentre i piccoli del Vangelo vedono già la luce del Regno di Dio. Quell'abbondanza di vita e di prosperità che nel profeta Isaia viene promessa, in Gesù e nella realizzazione del suo Regno trova chiara luce e pieno compimento.

    La distanza fra l'attesa e il compimento, fra la domanda e la risposta, tra l'uomo che cerca e Dio che viene incontro: questo segna la differenza tra il Battista e chi incontra Gesù. E' la distanza tra l'anelito dell'uomo che cerca, e la pace dell'uomo che ha trovato, anzi è stato trovato da Cristo. Il cuore dell'uomo è attesa. "Siamo fatti per te ed il nostro cuore è inquieto finché non riposa in te", ci ripete S.Agostino. Tutte le religioni inventate dall'uomo sono espressioni diverse del grande cantiere della storia, dove gli uomini costruiscono ponti per cercare di raggiungere con le proprie forze l'eterno e l'assoluto. Ma ad un certo momento si fa avanti un uomo che dice: "Fermatevi; il vostro sforzo è nobile, la vostra ricerca interessante e audace. Sono io colui che voi cercate". Quest'immagine, suggerita da don Giussani, esprime la differenza tra il senso religioso, che è anelito e ricerca, e la fede cristiana, che è la risposta realizzata in Gesù. Il senso religioso è connaturale all'uomo: esprime il bisogno di infinito e la dipendenza dall'assoluto, inestirpabili dal cuore dell'uomo, che sono all'origine delle religioni maggiori e delle religioni minori, come dice Eliot. Ne è segno anche tutta la ricerca affannosa e incerta di felicità, che può condurre l'uomo fino all'abisso della disperazione, o magari fino a intravedere la risposta che può giungere nel mare della vita per mezzo della barca di un Dio, come già aveva intuito il grande filosofo Platone. Anche Leopardi arriva a immaginare e forse a sperare che la donna amata rappresenti la raffigurazione terrestre 'dell'eterne idee'. Gli uomini più geniali, in ogni tipo di arte, avvertono questo brivido di eternità e tendono a dargli una forma umana che lo renda afferrabile.
    Giovanni Battista, giunto alla soglia del compimento, aveva visto l'aurora che precede il sole, ne aveva colto il primo raggio e l'aveva indicato agli uomini. Ma sono i poveri e i peccatori che, amati e perdonati, seduti a mensa con Cristo hanno visto il deserto trasformato in lago d'acqua, la terra arida attraversata da torrenti, e si sono deliziati per la presenza dell'Amato.

    Signore Gesù, fa' che l'attesa del cuore non sia vana. La ricerca del bene, del bello, del buono, non mi blocchi nel riverbero di illusioni caduche, ma apra la strada al desiderio e alla domanda di te, e mi renda più disposto a riconoscerti presente.

    Se ogni desiderio umano è una porta verso l'infinito, oggi voglio apprezzare e rilanciare ogni desiderio e ogni domanda che sperimento in me o incontro negli altri, favorendone l'apertura verso la compiuta risposta che è Gesù.

    Commento a cura di don Angelo Busetto
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    Coordin.
    00 14/12/2012 07:38
    Movimento Apostolico - rito romano
    Ma la sapienza è stata riconosciuta giusta per le opere che essa compie

    Chi è Gesù? È la Sapienza Eterna, Increata, Divina, fattasi carne nel seno della Vergine Maria, venuta ad abitare in mezzo a noi. Ecco quanto la Scrittura insegna della sapienza, dono che Dio fa agli uomini che lo cercano con cuore libero, fedele, semplice: "In lei c'è uno spirito intelligente, santo, unico, molteplice, sottile, agile, penetrante, senza macchia, schietto, inoffensivo, amante del bene, pronto, libero, benefico, amico dell'uomo, stabile, sicuro, tranquillo, che può tutto e tutto controlla, che penetra attraverso tutti gli spiriti intelligenti, puri, anche i più sottili. La sapienza è più veloce di qualsiasi movimento, per la sua purezza si diffonde e penetra in ogni cosa. È effluvio della potenza di Dio, emanazione genuina della gloria dell'Onnipotente; per questo nulla di contaminato penetra in essa. È riflesso della luce perenne, uno specchio senza macchia dell'attività di Dio e immagine della sua bontà. Sebbene unica, può tutto; pur rimanendo in se stessa, tutto rinnova e attraverso i secoli, passando nelle anime sante, prepara amici di Dio e profeti. Dio infatti non ama se non chi vive con la sapienza. Ella in realtà è più radiosa del sole e supera ogni costellazione, paragonata alla luce risulta più luminosa; a questa, infatti, succede la notte, ma la malvagità non prevale sulla sapienza. La sapienza si estende vigorosa da un'estremità all'altra e governa a meraviglia l'universo. È lei che ho amato e corteggiato fin dalla mia giovinezza, ho bramato di farla mia sposa, mi sono innamorato della sua bellezza. Ella manifesta la sua nobile origine vivendo in comunione con Dio, poiché il Signore dell'universo l'ha amata; infatti è iniziata alla scienza di Dio e discerne le sue opere. Se la ricchezza è un bene desiderabile in vita, che cosa c'è di più ricco della sapienza, che opera tutto? Se è la prudenza ad agire, chi più di lei è artefice di quanto esiste? Se uno ama la giustizia, le virtù sono il frutto delle sue fatiche. Ella infatti insegna la temperanza e la prudenza, la giustizia e la fortezza, delle quali nulla è più utile agli uomini durante la vita. Se uno desidera anche un'esperienza molteplice, ella conosce le cose passate e intravede quelle future, conosce le sottigliezze dei discorsi e le soluzioni degli enigmi, comprende in anticipo segni e prodigi e anche le vicende dei tempi e delle epoche. Ho dunque deciso di dividere con lei la mia vita, certo che mi sarebbe stata consigliera di buone azioni e conforto nelle preoccupazioni e nel dolore" (Sap. 7,22,8-9). In Cristo Gesù la Sapienza Eterna ed Increata è divenuta sapienza eterna incarnata, sapienza umana e non solo divina. È la sapienza che fa bene ogni cosa, allo stesso modo che Dio, guidato e mosso dalla sua Sapienza Eterna ha fatto buono l'intero universo.
    Chi contempla l'universo con occhio non maligno, non cattivo, non perverso, non impuro, non malvagio, non peccaminoso deve confessare che tutto è stupendamente bello, perfetto, armonioso, puro, incontaminato, perfetto. Così chi contempla tutte le opere di Gesù compiute tra noi deve confessare che esse sono solo immenso bene, sublime carità, splendore di amore e di misericordia, sconfinata compassione ed eterna e celeste verità. Chi non si arrende a Cristo Gesù confessa e rivela la sua stoltezza infinita, perché dinanzi a Gesù c'è solo da stupirsi e rimanere senza fiato.
    A chi posso paragonare questa generazione? È simile a bambini che stanno seduti in piazza e, rivolti ai compagni, gridano: "Vi abbiamo suonato il flauto e non avete ballato, abbiamo cantato un lamento e non vi siete battuti il petto!". È venuto Giovanni, che non mangia e non beve, e dicono: "È indemoniato". È venuto il Figlio dell'uomo, che mangia e beve, e dicono: "Ecco, è un mangione e un beone, un amico di pubblicani e di peccatori". Ma la sapienza è stata riconosciuta giusta per le opere che essa compie».
    Un cuore puro è opera della divina sapienza. Questo cuore puro sempre riconoscerà che Gesù è l'uomo che sa solo amare. Mai Lui si è rifiutato di amare, mai ha smesso, mai ha tergiversato, mai si è stancato, mai abbattuto, mai tirato indietro. Questo vede il cuore puro e questo confessa. È questa la giustizia che rende a Gesù Signore.
    Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci di cuore puro e santo.
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    Coordin.
    00 15/12/2012 09:42
    Eremo San Biagio
    Commento su Siracide 48,1

    La sua parola bruciava come fiaccola.
    Sir 48,1

    Come vivere questa Parola?

    L'autore del libro del Siracide sta parlando di Elia, il grande profeta che, comprendendo per quali sentieri sdrucciolosi si stia incamminando Israele, ha il coraggio di levare la voce, anche se questo gli costerà caro.

    Portavoce autentico di Dio, egli richiama, scuote, condanna con una parola infuocata di ardore per Dio, ma anche per il suo popolo. No, Elia non è uno sradicato dalla storia: pienamente inserito nella società del suo tempo, ne vive con pena le contraddizioni, soffre per l'accecamento dei suoi connazionali, si batte per il loro riscatto.

    L'autentico zelo per il Signore non può mai essere scisso da un effettivo interesse per il bene comune. L'incarnazione del Figlio di Dio ci sollecita in questa direzione: se Dio ha tanto amato il mondo da dare suo Figlio, come può il cristiano sottrarsi all'impegno di prendersi cura dei fratelli? I problemi politici, economici, sociali, ecologici... sono i suoi problemi, lo interpellano direttamente perché si impegni, secondo le proprie possibilità, ad avviarne la soluzione. Certo, dando loro il rilievo che gli spetta, non facendone degli idoli, degli assoluti, ma prendendo sul serio il mandato di Dio che gli ha affidato "il giardino dell'Eden", cioè la città terrena in cui si snoda la sua esistenza attuale, perché la custodisca e la coltivi.

    Come Elia, è chiamato ad essere una fiaccola che brucia, e ardendo illumina.

    La mia parola è fiaccola che brucia o linguaggio vuoto che si allinea con quel che si dice in giro? È quanto mi chiederò quest'oggi con il desiderio di riassumere consapevolmente la mia funzione profetica.

    Donami, Signore, il coraggio di Elia, perché non tradisca il mio essere cristiano con comportamenti di pavido allineamento all'andazzo comune o di sterile lamentela per le cose che non vanno.

    La voce di un testimone

    La liberazione, il vero sviluppo non verrà dalle compagnie multinazionali, né dal Fondo monetario internazionale, né dalle grandi potenze, né dai grandi progetti di sviluppo. Ho molta fiducia nei piccoli gruppi senza potere che si mettono d'accordo per affermare senza odio, senza violenza, ma anche senza codardia, che bisogna arrivare a condizioni giuste e umane nelle relazioni tra paesi ricchi e paesi poveri, tra le grandi compagnie e i nostri paesi... E Dio che ama gli umili, i deboli e i piccoli, non abbandonerà questo mondo. E' lui la forza della nostra debolezza!
    Helder Camara
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    Coordin.
    00 16/12/2012 09:33
    Monastero Domenicano Matris Domini
    Commento su Sofonia 3,14-17; Is 12,2-6; Filippesi 4,4-7; Luca 3,10-18.

    Collocazione del brano

    Domenica scorsa abbiamo letto i primi sei versetti del capitolo 3 di Luca, capitolo dedicato per metà alla predicazione di Giovanni Battista. Come si è visto, i versetti 1-6 erano introduttivi, inquadravano la predicazione di Giovanni nella situazione politica e religiosa della Palestina e la connotavano dal punto di vista delle profezie care al popolo di Israele. I versetti 7-18 invece fanno parlare Giovanni direttamente, ci danno un assaggio della sua predicazione. I primi versetti (7-9), che non vengono letti nella liturgia di questa domenica, ci presentano un Giovanni Battista molto duro. Alle folle che vengono a farsi battezzare dice che sono delle vipere, li minaccia dicendo loro che non basta essere stirpe di Abramo per salvarsi e che ogni albero che non darà frutto, sarà tagliato e gettato nel fuoco. A queste parole così forti allora la folla chiede "Che cosa dobbiamo fare?" ed è proprio con questa domanda che comincia il vangelo di questa domenica. Giovanni Battista ha un programma di vita per tutti, una via di conversione per le folle, per i pubblicani e i soldati (versetti 10-14). Segue poi la presentazione che il Battista fa di Gesù: egli impartirà un battesimo di Spirito santo e fuoco.

    L'attività di Giovanni Battista finisce presto, ai vv. 19-21 Luca ci dice che Erode lo fece imprigionare poiché l'aveva rimproverato per la sua relazione con la cognata. Ai versetti 21-22 vi è però un flash-back, cioè il racconto del battesimo di Gesù insieme a tutto il "popolo".

    Lectio

    10Le folle lo interrogavano: "Che cosa dobbiamo fare?".

    Come si è accennato poco fa', la folla, che ben disposta era andata da Giovanni Battista a ricevere il suo battesimo di conversione, si sente dire delle parole di minaccia e viene esortata a "fare frutti degni di conversione". Allora i convenuti chiedono al Battista di spiegarsi meglio, cosa devono fare per dare buoni frutti?

    11Rispondeva loro: "Chi ha due tuniche ne dia a chi non ne ha, e chi ha da mangiare faccia altrettanto".

    La risposta di Giovanni ha uno schema ternario, vale quindi come struttura esemplare. Vale per tutti i tempi e per tutte le persone. La prima risposta prende spunto da una situazione molto pratica, coloro che erano venuti al Giordano da Giovanni avevano intrapreso un viaggio molto lungo, avevano bisogno di cibo e dovevano dormire all'aperto. Chi aveva due tuniche e del cibo veniva esortato a condividerlo con i compagni di viaggio. Per Giovanni era importante l'amore del prossimo, già in queste situazioni molto concrete.

    12 Vennero anche dei pubblicani a farsi battezzare e gli chiesero: "Maestro, che cosa dobbiamo fare?".13Ed egli disse loro: "Non esigete nulla di più di quanto vi è stato fissato". 14Lo interrogavano anche alcuni soldati: "E noi, che cosa dobbiamo fare?". Rispose loro: "Non maltrattate e non estorcete niente a nessuno; accontentatevi delle vostre paghe".

    Gli altri due insegnamenti riguardano delle categorie molto disprezzate all'epoca di Gesù: i pubblicani e i soldati, entrambi collaboratori dei romani. A costoro Giovanni Battista suggerisce delle cose molto semplici: di continuare pure il loro lavoro, senza però essere prepotenti e senza approfittare della loro posizione.

    Quindi la conversione non riguarda tanto il mestiere che uno esercita, ma il cuore, l'orientamento a Dio, il desiderio di incontrare il Signore.

    15Poiché il popolo era in attesa e tutti, riguardo a Giovanni, si domandavano in cuor loro se non fosse lui il Cristo,

    Il popolo per Luca era ben disposto nei confronti di Gesù ed era in fervida attesa del Messia. Per rafforzare le sue affermazioni l'evangelista dice poi in modo iperbolico che tutti si chiedevano se Giovanni fosse il Cristo che doveva venire. Qui la tensione dell'attesa diventa sempre più alta. Giovanni deve smorzare questa tensione.

    16Giovanni rispose a tutti dicendo: "Io vi battezzo con acqua; ma viene colui che è più forte di me, a cui non sono degno di slegare i lacci dei sandali. Egli vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco.

    Giovanni ci parla della sua idea di Messia. Nemmeno lui aveva le idee chiare su chi fosse e cosa avrebbe fatto. Egli pensava a un essere divino, (è più forte di me) forse a Dio stesso (non sono degno di sciogliergli i sandali: incombenza destinata agli schiavi). Una cosa è sicura: il battesimo del Messia sarà totalmente diverso da quello di Giovanni: sarà un battesimo di Spirito Santo e fuoco. Il riferimento è escatologico: il battesimo porterà il dono dello Spirito che cambia il cuore dal di dentro (cf. Ez 36,25) oppure darà un giudizio di condanna, mediante il fuoco devastatore.

    Questa idea dello Spirito Santo e fuoco vedrà un evoluzione. Negli Atti degli Apostoli (At 2,3) il dono dello Spirito Santo si effonderà proprio sotto forma di lingue di fuoco. Il battesimo di fuoco di Gesù completa quello di acqua inaugurato da Giovanni.

    17Tiene in mano la pala per pulire la sua aia e per raccogliere il frumento nel suo granaio; ma brucerà la paglia con un fuoco inestinguibile".

    Questo senso di giudizio continua nel versetto 17: colui che è più forte viene a distinguere chi ha dato buon frutto e chi non l'ha dato, torna ancora l'idea del fuoco: brucerà la paglia.

    18Con molte altre esortazioni Giovanni evangelizzava il popolo.

    Il verbo evangelizzare qui non significa annunciare il Vangelo, bensì dare delle buone notizie. Giovanni è il precursore ed è mandato a preparare le strade a Gesù, dà una notizia che rallegra il popolo di Dio che sta aspettando il Messia.

    Meditatio

    - Quali sono le cose che Giovanni ti direbbe di fare per dare buoni frutti di conversione?
    - Qual è l'idea di Messia presentata da Giovanni? Gesù sarà davvero così?
    - Qual è la buona notizia che Giovanni ci porta in questa domenica?

    Orazione colletta della 3a domenica di Avvento

    O Dio, fonte della vita e della gioia, rinnovaci con la potenza del tuo Spirito, perché corriamo sulla via dei tuoi comandamenti e portiamo a tutti gli uomini il lieto annunzio del Salvatore, Gesù Cristo tuo Figlio. Egli è Dio...
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    Coordin.
    00 17/12/2012 07:52
    Eremo San Biagio
    Commento su Antifona Maggiore Avvento

    O Sapienza, che esci dalla bocca dell'Altissimo,
    ti estendi ai confini del mondo,
    e tutto disponi con soavità e con forza:
    vieni, insegnaci la via della saggezza.

    Come vivere questa Parola?

    Questa settimana di preparazione imminente alla celebrazione del Natale è scandita dal canto delle grandi antifone, testi che fin dall'VII secolo gradualmente ci dischiudono alcuni tratti del Cristo che viene. Le invocazioni concise, che attingono ampiamente sia dall'Antico che dal Nuovo Testamento, offrono dei ricchi spunti per la meditazione, per la preghiera, per un concreto allenamento quotidiano sulla strada che conduce alla grotta di Betlemme.

    La prima invocazione è quella della Sapienza: ci prestano la loro voce i grandi oranti dell'Antico Testamento (cf Siracide, Salomone), che invocano il Signore con questo nome così profondo da doverlo spiegare con innumerevoli aggettivi (cf Sap 7,22-8,1). La nostra attenzione oggi però viene rivolta a due aspetti in particolare: l'azione creatrice di Dio e la prudenza.

    La sapienza esce dalla bocca dell'Altissimo: per mezzo della Parola Dio crea (cf Gen 1), dispone tutto in ordine, con soavità e con forza, fino ai confini del mondo. Questo ordine viene affidato alla creatura umana, perché lo coltivasse e locustodisse . È per questo che abbiamo bisogno di essere istruiti, nella sapienza, nella saggezza, nella prudenza ~ quella virtù cardinale che dispone la ragione pratica a discernere in ogni circostanza il nostro vero bene e a scegliere i mezzi adeguati per compierlo (cf CCC 1806).

    È quell'atteggiamento che ci aiuta a percorrere il nostro quotidiano con calma, con serenità, con tranquillità fiduciosa di coloro che camminano consapevoli che la Sapienza previene e abbraccia ogni nostra azione e ci conduce sicuri verso la pienezza della salvezza. Così come ha condotto tutti i nostri antenati nella fede, tutti i discendenti di Abramo(cf Gen 49,2; Mt 1,1-17), tutti coloro che ascoltano e accolgono la sua parola ri-creatrice.

    Vieni, o Sapienza soave,
    nell'universo ogni cosa con armonia disponi,
    vieni, la tua saggezza insegnaci.
    Vieni, Signore Dio nostro, vieni!
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    Coordin.
    00 18/12/2012 09:35
    Movimento Apostolico - rito romano
    Il bambino che è generato in lei viene dallo Spirito Santo

    Il Vangelo vuole che nessun dubbio, nessuna incertezza, nessun equivoco vi sia sul concepimento di Cristo Gesù. Vuole che la verità di quella nascita splenda e brilli nel mondo più chiara, più nitida, più luminosa della luce del sole. È questa una fortissima esigenza di vera redenzione, vera salvezza, vera giustificazione per ogni uomo.
    Il Bambino che la vergine Maria porta nel suo grembo non è stato concepito per opera dell'uomo. La fedeltà di Maria al suo impegno di sposalizio con Giuseppe è senza alcuna ombra. Ella è purissima, castissima, vergine. Non ha conosciuto alcun uomo. Tuttavia è incinta. Giuseppe conosce chi è Maria e non sa spiegarsi il mistero che si è compiuto nel suo grembo. Sa che Maria non potrà più appartenere a lui e per questo pensa di ripudiarla in segreto. Nel silenzio. Lui è persona giusta e non vuole che Maria venga esposta al pettegolezzo della gente.
    Ci sono momenti nella vita in cui è assai difficile prendere decisione giuste, eque, di sommo bene per tutti. In certe ore operare un sano e santo discernimento si rivela cosa assai impegnativa. Veramente non si sa proprio cosa decidere, scegliere, quale soluzione adottare. In questi casi una cosa sola ci salva: la nostra somma giustizia, la nostra grande volontà di non fare il male, il nostro desiderio che decide di operare per il più grande bene dell'altro. La scelta del bene più grande per l'altro è la sola decisione giusta, buona, gradita a Dio. Noi siamo persone storiche. Il limite è la nostra condizione. L'inadeguatezza nella conoscenza della verità la nostra realtà.
    Nella nostra grande giustizia storica, non assoluta, Dio viene in nostro aiuto e ci salva. Ci indica la via da seguire e nel cuore ritorna la pace. Dopo che Dio ha parlato, la nostra decisione di giustizia non serve più, è inadeguata, non dà soluzioni di verità. Urge passare dal nostro cuore storico ad una obbedienza immediata, santa, senza alcuna riserva. La giustizia ora è solo quella che viene indicata dalla Parola del Dio vivente. È in quella Parola ormai che si deve compiere la nostra storia.
    Giuseppe è invitato a prendere con sé Maria come sua sposa e di adottare il Bambino come suo proprio figlio. Sarà Lui che dovrà costituirlo vero figlio di Davide. Gesù è figlio di Dio, è figlio dell'uomo, deve essere costituito figli di Davide, cioè Messia del Signore. Per questo occorre la paternità adottiva di Giuseppe. Divenuto figli di Davide, il Bambino dovrà salvare il suo popolo dai suoi peccati, dovrà rialzare il regno di Dio sulla nostra terra che era ben distrutto, che è distrutto. Dovrà compiere ogni altra profezia che si riferisce al Messia di Dio. Egli sarà l'Emmanuele, il Dio con noi.
    Vergine Maria, Madre della Redenzione, fin dal concepimento hai sofferto per tuo Figlio Gesù. Angeli e Santi di Dio, insegnateci a passare dalla nostra giustizia all'obbedienza.
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    Coordin.
    00 19/12/2012 07:25
    Il programma di Dio

    La liturgia di questi giorni corre su alcuni parallelismi: non solo tra gli evangelisti Matteo e Luca, ma anche tra la nascita di Giovanni Battista e quella di Gesù; a sua volta, la vicenda del precursore viene posta in parallelo con quella di Sansone, narrata nella prima lettura. Questo lega personaggi ed episodi diversi in un'unica storia, dove Dio è il grande protagonista delle vicende umane.

    Un alone di solennità circonda l'episodio del Vangelo. Il sacerdote Zaccaria e la moglie Elisabetta vengono presentati come santi e giusti dell'Antico Testamento, proseguendo la linea antica dei poveri di Jahvè che hanno atteso e preparato la venuta del Messia. La visione e l'annuncio dell'Angelo avvengono nell'ambiente solenne del tempio di Gerusalemme, nell'ora dell'offerta dell'incenso. Il tempio viene esaltato e nello stesso tempo se ne indica il superamento, poiché il bambino promesso svolgerà la sua missione ben al di fuori dal tempio, e annuncerà un Messia il cui sacrificio supera e abolisce tutte le offerte del sacerdozio antico.
    Questo episodio, insieme con tutti gli altri che dettano il clima dei Vangeli dell'infanzia, ci indica il metodo dell'azione di Dio. Gli uomini fanno i loro programmi e spesso si accaniscono su strade e progetti di impossibile realizzazione; così la loro vita si consuma nella delusione. Dio interviene nella storia umana non semplicemente per adempiere un desiderio umano, ma per realizzare la sua promessa in modo nuovo e ben superiore ad ogni misura umana. Infatti Zaccaria ed Elisabetta avranno un figlio, non semplicemente secondo la misura del proprio desiderio, ma secondo la grandezza del progetto di Dio.
    Dio continua ad agire con lo stesso criterio. La nostra vita non si realizza in base alle nostre richieste, ma in base alla volontà di Dio, che sfida la nostra debolezza, la nostra diffidenza o le nostre contestazioni, come avvenne per Zaccaria. Potremmo anche passare attraverso un aspro periodo di prova, come fu per Zaccaria il forzato mutismo. Ma 'Dio non turba mai la gioia dei suoi figli, se non per prepararne una più certa e più grande', come dice il Manzoni.

    Signore, che i miei desideri giungano a te senza pretesa, disposto a fare la tua volontà anche quando mi presenti un percorso imprevisto. Rendimi certo del tuo amore.

    In una contraddizione, in un cambiamento di programma, in una delusione, voglio abbandonarmi al Signore, e affrontare con fiducia la nuova situazione.

    Commento a cura di don Angelo Busetto
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    Coordin.
    00 20/12/2012 08:04
    Monaci Benedettini Silvestrini
    Ecco concepirai un figlio

    S'intrecciano e si comprendono due voci. L'angelo Gabriele e Maria, l'inviato di Dio e l'umile ancella del Signore. Per bocca dell'Angelo la vergine viene definita "piena di grazia"; significa amata in pienezza da Dio di un amore unico per la sua intensità. Lei, vergine e immacolata, ha trovato grazia presso Dio! Lei è capace di ricevere ed accogliere tutto quell'irrefrenabile amore che l'uomo in secoli di storia non era più in grado di recepire. Lei, restando integra nella sua verginità, per opera dello Spirito Santo, sarà la madre di Cristo, il tabernacolo vivente del Figlio dell'Altissimo. Si ristabilisce così appieno il dialogo tra l'uomo e Dio: ora appare evidente e chiaro il progetto, che, nella pienezza dei tempi, sta per realizzarsi: il Figlio di Dio assume, nel seno di Maria, la nostra natura umana per essere il salvatore del mondo. Ancora una volta però il Signore vuole legare il suo piano di salvezza all'assenso di una sua creatura; possiamo dire che tutto il Cielo si pone perciò in ascolto della risposta di Maria. "Eccomi, sono la serva del Signore, avvenga di me quello che hai detto": è il "sì" pieno e gioioso della vergine, così lei, la prima che assente a Dio dopo il peccato, diventa corredentrice del genere umano. Alla disobbedienza dei progenitori si contrappone l'umile e docile obbedienza di Maria. Sappiamo che la vergine resterà sempre fedele alla sua promessa, fino alla croce, dove verrà proclamata, dallo stesso Gesù, madre di tutti i viventi, madre della Chiesa, madre nostra. Lei maternamente ci ammonisce ancora con le sue ultime parole pronunciate a Cana di Galilea: "fate quello che vi dirà", siate cioè obbedienti al mio bambino, mettete in pratica il suo vangelo!
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    Coordin.
    00 21/12/2012 08:16
    Movimento Apostolico - rito romano
    Appena Elisabetta ebbe udito il saluto di Maria

    La Vergine Maria ha fretta. Deve raggiungere presto la casa di Zaccaria ed Elisabetta. Non può attardarsi. Non può aspettare. Vi è in Lei una potente mozione dello Spirito Santo che quasi la fa camminare come su ali d'aquila. In ogni cosa, tranne che per l'annunciazione, Ella è avvolta da un grandissimo mistero. Lo Spirito Santo non parla al suo orecchio, bensì al suo cuore. Lei non ha bisogno di Parole. È come se vivesse in una intima, profonda, intensa, fuori del comune, comunione con lo Spirito Santo.
    Questa verità della Vergine Maria la ritroviamo anche alle nozze di Cana. In quell'occasione Lei si precipita in fretta dal Figlio suo e chiede di intervenire. Nello Spirito Santo chiede, nello Spirito Santo comprende la risposta del Figlio, nello Spirito Santo comanda ai servi di fare tutto ciò che Gesù avrebbe loro comandato.
    Questo agire di Dio con la Vergine Maria ci rivela un'altissima verità. Quando il cuore è senza peccato, purissimo, santissimo, innocente, immacolato, ricolmo di Spirito Santo, Dio non deve parlare all'orecchio. È sufficiente che parli al cuore ed esso subito si mette in movimento, spinto da una forza soprannaturale, perché il volere del Signore venga subito attuato. L'obbedienza della Vergine Maria è senza alcuna parola. È solo per mozione del cuore. Noi sappiamo che mai mozione dello Spirito Santo fu da Lei disattesa, trascurata, eseguita con ritardo o lentezza. All'istante era mossa, all'istante vi era in Lei l'immediata e sollecita risposta.
    Perché la Vergine Maria si deve recare in fretta nella casa di Zaccaria ed Elisabetta? Perché il Signore vuole compiere attraverso di Lei un'opera mai compiuta fino ad oggi. Da oggi, con la Vergine Maria, lo Spirito Santo viene effuso per mediazione umana. Maria è vera immagine della Chiesa. Anche la Chiesa domani, dopo la Pentecoste, dovrà effondere lo Spirito Santo dal suo seno, per la salvezza dell'umanità. Anche la Chiesa, come Maria, dovrà essere piena di Spirito Santo, da Lui fecondata di grazia e di verità, di grande santità e di ogni giustizia.
    In quei giorni Maria si alzò e andò in fretta verso la regione montuosa, in una città di Giuda. Entrata nella casa di Zaccaria, salutò Elisabetta. Appena Elisabetta ebbe udito il saluto di Maria, il bambino sussultò nel suo grembo. Elisabetta fu colmata di Spirito Santo ed esclamò a gran voce: «Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo! A che cosa devo che la madre del mio Signore venga da me? Ecco, appena il tuo saluto è giunto ai miei orecchi, il bambino ha sussultato di gioia nel mio grembo. E beata colei che ha creduto nell'adempimento di ciò che il Signore le ha detto».
    Se noi tutti, discepoli di Gesù, comprendessimo questo mistero, sapremmo che non vi è salvezza senza effusione dello Spirito Santo. Sapremmo anche che lo Spirito Santo non può essere effuso da noi, se noi non siamo pienamente colmati di Lui. Noi siamo come una brocca. Perché l'acqua fuoriesca dalla brocca, la si deve prima ricolmare per intero. Poi il sovrappiù viene fuori e inonda la terra. Così dicasi per il cristiano. Lui si deve inondare di Spirito Santo, ricolmare di Lui e una volta pieno, comincia ad effonderlo come Spirito di conversione, di ascolto, di pentimento, di ritorno al Signore.
    L'altro che viene inabissato dallo Spirito Santo, non ha bisogno che noi gli spieghiamo il mistero che si compie in noi, nella Chiesa, è lo Spirito del Signore ad illuminarlo, aprendogli la mente e il cuore perché non solo comprenda, ma anche aderisca al mistero di Cristo. In fondo Elisabetta rappresenta il mondo in questa scena e Maria il discepolo di Gesù. Il discepolo entra nella casa del mondo, effonde il suo Spirito, questo effuso, rende colui che lo riceve intelligente e sapiente, conosce il mistero di Dio in un istante, anche se poi lo si dovrà formare in una conoscenza globale. A volte però noi non siamo la Vergine Maria, siamo totalmente privi dello Spirito Santo, e quanto facciamo non produce alcun frutto di salvezza.
    Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, ricolmateci di Spirito Santo.
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    Coordin.
    00 22/12/2012 08:01
    a cura dei Carmelitani
    Commento Luca 1,46-55

    1) Preghiera
    O Dio, che nella venuta del tuo Figlio hai risollevato l'uomo dal dominio del peccato e della morte, concedi a noi, che professiamo la fede nella sua incarnazione, di partecipare alla sua vita immortale. Egli è Dio e vive e regna con te nell'unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli.

    2) Lettura del Vangelo
    Dal Vangelo secondo Luca 1,46-55
    In quel tempo, Maria disse:
    "L'anima mia magnifica il Signore
    e il mio spirito esulta in Dio, mio salvatore,
    perché ha guardato l'umiltà della sua serva.
    D'ora in poi tutte le generazioni mi chiameranno beata.
    Grandi cose ha fatto in me l'Onnipotente
    e santo è il suo nome:
    di generazione in generazione la sua misericordia
    si stende su quelli che lo temono.
    Ha spiegato la potenza del suo braccio,
    ha disperso i superbi nei pensieri del loro cuore;
    ha rovesciato i potenti dai troni,
    ha innalzato gli umili;
    ha ricolmato di beni gli affamati,
    ha rimandato a mani vuote i ricchi.
    Ha soccorso Israele, suo servo,
    ricordandosi della sua misericordia,
    come aveva promesso ai nostri padri,
    ad Abramo e alla sua discendenza,
    per sempre".

    3) Riflessione
    ? Il cantico di Maria era uno dei cantici delle comunità dei primi cristiani. Rivela il livello di coscienza e la fermezza della fede che le animava internamente. Cantato nelle comunità, questo cantico di Maria insegna a pregare ed a cantare.
    ? Luca 1,46-50: Maria inizia proclamando il cambiamento che avviene nella su avita sotto lo sguardo amoroso di Dio, pieno di misericordia. Per questo, canta felice: "Esulto di gioia in Dio mio Salvatore".
    ? Luca 1,51-53: Dopo canta la fedeltà di Dio verso il suo popolo e proclama il cambiamento che il braccio del Signore stava compiendo a favore dei poveri e degli affamati. L'espressione "braccio di Dio" ricorda la liberazione dell'Esodo. E' questa forza di salvezza e di liberazione di Yavé che produce i cambiamenti: dispersa i superbi (Lc 1,51), rovescia i potenti e innalza gli umili (Lc 1,52), rimanda a mani vuote i ricchi, ricolma di bene gli affamati (Lc 1,53).
    ? Luca 1,54-55: Alla fine Maria ricorda che tutto questo è espressione della misericordia di Dio verso il suo popolo ed espressione della sua fedeltà alle promesse fatte ad Abramo. La Buona Notizia vista non come ricompensa per l'osservanza della Legge, bensì come espressione della bontà e della fedeltà di Dio alle sue promesse. E' ciò che Paolo insegnava ai Galati ed ai Romani.

    4) Per un confronto personale
    ? I cantici sono il termometro della vita delle comunità. Rivelano il grado di coscienza e di impegno. Esamina i cantici della tua comunità.
    ? Analizza la coscienza sociale che emerge dal cantico di Maria. Nel 20° secolo dopo Cristo, questo canto è stato censurato dai militari di un paese dell'America Latina poiché considerato sovversivo.

    5) Preghiera finale
    Dalla polvere egli solleva il misero,
    innalza il povero dalle immondizie,
    per farli sedere insieme con i capi del popolo,
    e assegnar loro un seggio di gloria. (1Sam 2)
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    00 23/12/2012 07:25
    Giovani Missioitalia
    Missionari come Maria di Nazareth

    "Beata colei che ha creduto nell'adempimento delle parole del Signore" (Lc 1,45).

    Questa pagina del Vangelo di Luca, che la Chiesa ci propone nella celebrazione della IV Domenica di Avvento, ci fa comprendere la sorgente della missione di Maria nel mondo, una missione che comincia con un incontro d'amore a cui le risponde con un umile "sì".
    Quell'incontro con l'Amore la rende "piena di grazia" e la fa diventare, incondizionatamente, la depositaria del mistero appassionato di Dio per l'umanità.
    C'è passione nell'accettazione di Maria, una passione che è sviluppata in lei attraverso l'ascolto delle promesse contenute nelle parole del Dio dei suoi padri, una passione che l'ha resa pronta a dare la sua carne e il suo sangue al suo Dio, una passione che la mette in moto e la porta agli altri, la pone al servizio della salvezza universale e la rende "rete" di gioia.

    La fede di Maria è il codice segreto capace di svelarci il segreto di ogni sua parola, pensiero e azione, è il decodificatore del suo amore appassionato per l'umanità che la porterà a donare il frutto del suo amore perché tutti diventino partecipi della vita divina.

    In questi giorni, che sto trascorrendo in Italia, sono a decine i giovani che mi chiedono di poter avere un'esperienza missionaria. A tutti chiedo la stessa cosa: "Credi?"
    Moltissimi rimangono sorpresi dalla mia domanda e sul loro volto compare la domanda: "E questo che c'entra?"
    Eppure diventare missionari significa proprio questo: comunicare la fede appassionata che si ha nel cuore.
    Diventare missionari è andare appassionatamente agli altri con una sola speranza: che tutti si aprano all'amore di Dio per loro attraverso l'ascolto della sua Parola fatta carne.
    È permettere all'Amore divino di diventare il principio sorgente di ogni azione umana.
    È dare la possibilità alla grazia divina di impadronirsi della vita umana affinché l'umanità possa riconoscere i segni dell'Amore eterno nelle opere che ci viene chiesto di compiere.
    È mettersi in viaggio, in fretta, per dare agli altri la passione che Dio ha generato nel nostro cuore affinché tutti abbiano quello di cui hanno diritto: Gesù, il Cristo!
    È perdersi per gli altri affinché ogni persona incontri l'Amore e ritrovi se stessa nell'amato.

    La missione di Maria nacque nello stesso momento in cui la missione del Figlio di Dio si poté realizzare per la sua risposta di fede.
    La nostra missione può cominciare solo dopo aver risposto di sì a Dio che ci propone di lasciarlo entrare nella nostra vita perché essa diventi il luogo dell'incontro suo con coloro che lui ama.
    La missione che Dio propose a Maria e che propone a coloro che gli rispondono di sì è sempre la stessa: donare Cristo agli altri per poter comunicare e realizzare il suo mistero appassionato: amorizzare il mondo!

    L'Amore divenne carne perché la nostra carne potesse diventare l'Amore suo visibile, tangibile, udibile, gustabile, odorabile, il cuore appassionato di Dio.
    Come è possibile realizzare tutto questo?
    Alla maniera di Maria e del Figlio suo: in umiltà e gioia.
    Il segreto del successo della missione che Cristo ha affidato ai suoi discepoli è semplice: mettersi al servizio degli altri gioiosamente e umilmente, facendo solo quello che Dio chiede di compiere.
    "Ecco, io vengo per fare la tua volontà" (Eb 10,9). Questo passaggio della lettera agli Ebrei ci insegna il modo per andare in missione: andare per fare la volontà di Dio, fedelmente, come ha fatto Maria e il figlio suo Gesù Cristo.
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    00 24/12/2012 08:26
    Gesù, sole che sorge

    Prosegue il dialogo tra le due letture della Messa: la prima che annuncia la promessa, la seconda che ne proclama il compimento. Nel libro di Samuele, Davide ci commuove per l'accorata pretesa di 'costruire una casa a Dio'; sarà Dio invece che in ben altro modo darà a lui una casa e un regno saldi per sempre. Il Cantico di Zaccaria nel Vangelo di Luca, ne verifica il primo attuarsi con la missione di Giovanni Battista, il bambino che precederà la venuta del Signore per preparargli la strada.

    Il cantico del Benedetto e quello del Magnificat accompagnano la preghiera della Chiesa rispettivamente ogni mattina nelle Lodi e ogni sera nel Vespero. Rivive nella preghiera della Chiesa la lode e il ringraziamento al Signore per quello che egli ha compiuto tra noi. La nostra vita non è rimasta solitaria, in balia dei 'nostri nemici', nelle 'mani di quanti ci odiano'. I passi che ci introducono in ciascuna giornata non ci inoltrano in un'ombra di morte, né ci lasciano brancolare nelle tenebre, ma un sole che sorge dall'alto viene a visitarci ogni giorno. Mentre Zaccaria pronuncia queste parole, sciogliendo il nodo della parola che gli si era incatenato, ha davanti agli occhi e tiene sulle braccia il bambino Giovanni, primo anticipo della promessa di Dio che si va realizzando. Il suo cantico non è un'esplosione vuota del cuore, ma nasce dalla constatazione di un fatto presente. Allo stesso modo, ogni mattina la Chiesa, e in essa il cristiano, si pone di fronte alla presenza del Signore che è venuto e che viene. Non siamo mossi appena da un impulso buono, da una misteriosa spinta interiore che si esaurisce e si consuma in noi stessi. Non viviamo come se niente fosse capitato alla nostra vita, ma ogni mattina siamo chiamati a riconoscere il Sole che sorge nella nostra vita, Gesù Signore. La sua Nascita lo introduce nel mondo e nella storia, in ogni giorno che comincia nella vita di ogni uomo. Così l'hanno riconosciuto i cristiani dei primi secoli, e così gli inni della liturgia, in particolare quelli ripresi da Sant'Ambrogio, lodano il Signore: una presenza che in ogni nostro mattino illumina la vita e dà il vero senso a tutte le cose. Che cosa sarebbe per una mamma svegliarsi e non ritrovare più il bambino che le dormiva accanto? Cosa diremmo di una mamma che rimanesse indifferente al suo richiamo? A noi, quale Bambino è donato!

    Donami o Signore, occhi per vedere e cuore per cantare la tua presenza al mattino e alla sera: Benedetto sei tu Signore Dio d'Israele, che hai visitato il popolo cristiano e ancora lo accompagni nel procedere dei giorni.

    I passi che mi introducono nella giornata non siano appesantiti dal pensiero delle incombenze che mi assalgono, ma la dolce presenza del Signore mi accompagni ad affrontare ogni cosa, e ad accogliere ogni persona con fiducia.

    Commento a cura di don Angelo Busetto
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    00 25/12/2012 10:24
    padre Gian Franco Scarpitta
    La notte dell'amore e della vita

    Trascorrere la notte vuol dire vivere il buio e attendere il chiarore dell'alba. Il passaggio dall'oscurità notturna alla luce del giorno è sempre piacevole, perché avviene poco per volta, affascina l'occhio senza affaticarlo con immagini incantevoli progressive e favorisce che si osservi ammirati il chiarore dell'alba, con la luce crescente del sole, il diradarsi dell'oscurità e l'affievolirsi del bianco della luce lunare riflessa. Per chi svolge un lavoro notturno è piacevole raggiungere le prime luci dell'aurora dopo ore interminabili di insonnia.
    Trascorrere la notte a Betlemme, per Maria e Giuseppe doveva certamente aver comportato inizialmente turbamento, indecisione, sgomento, ma è logico pensare che tali sentimenti si siano attenuati al subentrare della gioia apportata dal Bambino divino che si trovavano a trastullare. Per i pastori intenti alla guardia delle loro greggi, quella notte doveva essere stata di sorpresa e di sgomento, tuttavia tramutatasi in gioia ed contentezza indicibili quando raggiungevano trafelati la mangiatoia, sollecitati dall'annuncio della visione angelica.
    Anche per noi questo passaggio dalle oscurità alla luce è motivo di letizia e di gioia, soprattutto perché è il riflesso esistenziale del passaggio dalle tenebre del male alla luce radiosa della nuova vita. La stessa di cui è stato apportatore il Signore Gesù Cristo, che dalle tenebre dell'errore ci ha rigenerati alla vita eterna: in questa notte osserviamo affascinati il mistero di Dio che ha scelto l'inimmaginabile perché noi passassimo dalla morte alla vita, realizzando in noi la fine di tutto ciò che è distruzione e oppressione, per esempio il peccato. Secondo le parole dell'apostolo Giovanni: "La vita si è fatta visibile e noi l'abbiamo veduta... Dio è luce e in lui non ci sono tenebre" (Gv 1, 2. 5). Nell'evento di Betlemme vediamo in definitiva il passaggio dall'oscurità del male al fulgore del bene di cui è capace l'amore di Dio fautore di vita eterna. Questa non si tocca con mano, eppure il Bambino di Betlemme l'ha resa visibile e indubbia con il suo giacere umile e povero nella mangiatoia dalla quale richiama pastori, magi, sapienti e illetterati. Chi è infatti questo Bambino? E' Dio che ha deciso di intervenire direttamente nella nostra vita per percorrerne tutte le tappe; è la pienezza della Rivelazione cioè dell'autocomunicazione di Dio con noi e del suo intrattenersi con noi come con amici. Il Bambino giacente è il Dio sempre regnante che non esercita il suo dominio se non con la dimostrazione dell'amore, unica aspettativa possibile con cui l'uomo possa essere convinto intorno alla propria miseria.
    Come suggerisce Von Balthasar, nell'evento di Betlemme il Tutto si mostra nel frammento, la Totalità entra nella parzialità e l'Eternità entra nel tempo per percorrerlo e per assumerlo fino in fondo. Tutto questo non è altro che la Vita che trionfa sulla morte.
    L'autore della vita, che sarà crocifisso ma risuscitato per il trionfo definitivo sul male e sulla morte, adesso si rende apportatore di vita nelle sembianze di un bambino indifeso; nella piccolezza e nella precarietà della grotta dimostra di superare l'egoismo e le brutture dell'uomo.
    Se il cinismo dell'uomo gli ha appena chiuso la porta dell'albergo, egli spalanca le porte dell'amore albergando tutti nella sua greppia, dove prefigura quella che sarà la sua promessa esaltante: "Venite a me voi tutti che siete affaticati e oppressi e io vi ristorerò"
    Il fascino della notte è quindi il fascino dell'amore che da la vita, per il quale ci sentiamo motivati e spronati sempre più a vivere che all'illusione passeggera di sopravvivere. Per il vivere di Dio con noi.
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    Coordin.
    00 26/12/2012 07:38
    Le parole di Gesù ai discepoli si avvereranno presto. Innanzitutto sulla sua persona: lui è l'Agnello immolato, condannato, flagellato e messo a morte. Ma sarà anche la dolorosa esperienza delle comunità cristiane dei primi decenni: perseguitate, isolate, umiliate. E poi, per molti cristiani, la situazione descritta dal Vangelo è ancora oggi una realtà in diverse parti del mondo. Viene subito da chiedersi: ci informiamo, almeno, su queste situazioni? Sosteniamo i nostri fratelli cristiani perseguitati e perfino uccisi?

    Ogni discepolo è associato al destino dell'Agnello, preda della ferocia del lupo. Ma è proprio l'Agnello a svelare il senso del dramma della storia: il bene vince il male perdendo, e il male perde quando sembra che vinca. La croce è la parola più sapiente perché sa che il male si arresta solo quando uno che lo riceve non lo restituisce. È come dire che il male non sta tanto nel soffrire e nel morire, ma nel far soffrire e nel far morire. Gli agnelli, le pecore - tante volte nominati e portati ad esempio da Gesù nelle sue parabole - sono animali utili e miti: sia in vita che in morte, danno cibo e vestito. Sono il simbolo di Dio stesso, l'Agnello immolato che toglie il peccato - il male! - del mondo. Sta a noi essere prudenti e semplici: la prudenza, per sottrarci all'inganno del male; la semplicità che è la fiducia del bimbo che si affida alla madre. Ogni nostro patimento non sarà mai una sconfitta, ma la testimonianza resa al Signore della vita.

    È difficile riuscire a restare fedeli al Signore nelle persecuzioni. Davanti ai lupi viene voglia di fuggire! Non tutti lo fanno. Nella Chiesa apostolica il giovane Stefano è stato fermo, in tribunale e sotto le pietre. Tra i primi diaconi, Stefano aveva compreso molto bene che cosa significasse pregare per gli uomini: "Dare sangue dal proprio cuore", offrire al loro cuore il sangue di Gesù. Mentre era colpito, Stefano intercedeva per i suoi persecutori. Intercedere significa cedere la propria vita fra due contendenti, essere disposti a dare la propria vita per l'altro. Padre Massimiliano Kolbe è un altro intercessore.

    "Ieri abbiamo celebrato la nascita nel tempo del nostro Re eterno, oggi celebriamo la passione trionfale del soldato. La carità che fece scendere Cristo dal cielo sulla terra, innalzò Stefano dalla terra al cielo. Stefano aveva per armi la carità e con essa vinceva ovunque. Per mezzo della carità non cedette ai Giudei che infierivano contro di lui; per la carità verso il prossimo pregò per quanti lo lapidavano. Sostenuto dalla forza della carità vinse Saulo che infieriva crudelmente, e meritò di avere compagno in cielo colui che ebbe in terra persecutore. Dove Stefano, ucciso dalle pietre di Paolo, lo ha preceduto, là Paolo lo ha seguito per le preghiere di Stefano perché la carità esulta in tutt'e due". Così ha scritto di Stefano san Fulgenzio di Ruspe.

    Stefano subì le stesse accuse rivolte pochi anni prima contro Gesù. Come Lui fu condannato a morte e ucciso. Il sinedrio non aveva il potere di ordinare esecuzioni capitali, ma non ebbe neanche il tempo di concludere il processo per emettere una regolare sentenza. Un gruppo di fanatici gli aveva sottratto Stefano, aizzando contro di lui il furore del popolo. Come Gesù, Stefano perdonò chi lo stava uccidendo. I cristiani raccolsero il corpo del martire e gli diedero degna sepoltura. La storia delle sue reliquie entrò nel mondo della leggenda e in ogni parte sorsero chiese in suo onore, ma il monumento più bello resta senza alcun dubbio quanto Luca scrisse di lui negli Atti degli apostoli.

    Commento a cura di don Angelo Sceppacerca
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    Coordin.
    00 27/12/2012 07:28
    Movimento Apostolico - rito romano
    Si chinò, vide i teli posati là, ma non entrò

    Il segno per Giovanni è più eloquente della parola. Esso è vera via e porta della fede. Tutto il suo Vangelo è fondato sul segno ed anche la sua fede in Cristo trova il suo vero, unico fondamento sul segno. È Lui stesso ad affermarlo con parole assai chiare.

    Gesù, in presenza dei suoi discepoli, fece molti altri segni che non sono stati scritti in questo libro. Ma questi sono stati scritti perché crediate che Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio, e perché, credendo, abbiate la vita nel suo nome (Gv 20,30-31).

    Dopo la risurrezione è dal segno che lui riconosce Gesù che è sulla spiaggia del mare di Galilea. Dove gli altri discepoli vedono uno straniero, Lui vede Gesù e lo dice a Pietro. In questo Giovanni possiede occhi veramente speciali, particolari, unici. A lui bastano pochi indizi, piccoli eventi, piccole storie, e subito entra nella verità del mistero.

    Dopo questi fatti, Gesù si manifestò di nuovo ai discepoli sul mare di Tiberìade. E si manifestò così: si trovavano insieme Simon Pietro, Tommaso detto Dìdimo, Natanaele di Cana di Galilea, i figli di Zebedeo e altri due discepoli. Disse loro Simon Pietro: «Io vado a pescare». Gli dissero: «Veniamo anche noi con te». Allora uscirono e salirono sulla barca; ma quella notte non presero nulla. Quando già era l'alba, Gesù stette sulla riva, ma i discepoli non si erano accorti che era Gesù. Gesù disse loro: «Figlioli, non avete nulla da mangiare?». Gli risposero: «No». Allora egli disse loro: «Gettate la rete dalla parte destra della barca e troverete». La gettarono e non riuscivano più a tirarla su per la grande quantità di pesci. Allora quel discepolo che Gesù amava disse a Pietro: «È il Signore!». Simon Pietro, appena udì che era il Signore, si strinse la veste attorno ai fianchi, perché era svestito, e si gettò in mare. Gli altri discepoli invece vennero con la barca, trascinando la rete piena di pesci: non erano infatti lontani da terra se non un centinaio di metri. Appena scesi a terra, videro un fuoco di brace con del pesce sopra, e del pane. Disse loro Gesù: «Portate un po' del pesce che avete preso ora». Allora Simon Pietro salì nella barca e trasse a terra la rete piena di centocinquantatré grossi pesci. E benché fossero tanti, la rete non si squarciò. Gesù disse loro: «Venite a mangiare». E nessuno dei discepoli osava domandargli: «Chi sei?», perché sapevano bene che era il Signore. Gesù si avvicinò, prese il pane e lo diede loro, e così pure il pesce. Era la terza volta che Gesù si manifestava ai discepoli, dopo essere risorto dai morti. (Gv 21,1-14).

    Quanto per gli altri discepoli è anodina vita quotidiana, senza alcun significato particolare, per Giovanni è un segno della presenza di Gesù. Una rete che si riempie in un mare vuoto è attestazione che la Parola è solo di Gesù. Non può essere di altri. Questa dinamica della fede va sempre osservata. Senza il segno la fede mai potrà nascere. Se nasce, di certo non è una fede vitale. Rimane una verità astratta, fuori dell'uomo, lontana dalla sua storia, inutile per la sua vita.

    Giovanni non crede in Gesù risorto perché lo vede, lo tocca, sente la sua voce. Crede senza vedere. Gli bastano pochi indizi in un sepolcro vuoto perché la sua fede sia perfetta. Quanto lui vede nel luogo dove Gesù era stato deposto attesta al suo spirito che non vi è stato nessun trafugamento del corpo del Signore. In quella stanza scavata nella roccia regnano armonia, ordine, pace, silenzio, compostezza. È come se tutto fosse stato operato da una mano sapiente, intelligente, calma. Tutte queste cose solo uno è capace di farle: Gesù Signore e le ha fatte ritornando in vita. Lungo il corso dei secoli se è passati dal segno alla razionalità della verità della fede e tutto si è miseramente impoverito. Il segno parla ad ogni cuore. La razionalità non parla ad alcuno. Il segno attesta la vitalità della fede. La razionalità teologica ne indica la morte.
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    Coordin.
    00 28/12/2012 07:20
    Movimento Apostolico - rito romano
    Mandò a uccidere tutti i bambini che stavano a Betlemme

    Veramente cattiveria e malvagità dell'uomo non conosce limiti. Il male più orrendo è quello indiretto. Si colpisce un innocente per infierire contro una terza persona, oppure si elimina una persona inerme per motivi di alta diplomazia politica. Se già il sangue versato grida vendetta al cospetto di Dio, questo tipo di sangue sparso con cattiveria calcolata, pesata, studiata, per l'eternità griderà la sua innocenza dinanzi al Signore. Questi omicidi hanno sempre costellato la storia dell'umanità e tuttora la costellano.

    Allora sorse sull'Egitto un nuovo re, che non aveva conosciuto Giuseppe. Egli disse al suo popolo: «Ecco che il popolo dei figli d'Israele è più numeroso e più forte di noi. Cerchiamo di essere avveduti nei suoi riguardi per impedire che cresca, altrimenti, in caso di guerra, si unirà ai nostri avversari, combatterà contro di noi e poi partirà dal paese». Perciò vennero imposti loro dei sovrintendenti ai lavori forzati, per opprimerli con le loro angherie, e così costruirono per il faraone le città deposito, cioè Pitom e Ramses. Ma quanto più opprimevano il popolo, tanto più si moltiplicava e cresceva, ed essi furono presi da spavento di fronte agli Israeliti. Per questo gli Egiziani fecero lavorare i figli d'Israele trattandoli con durezza. Resero loro amara la vita mediante una dura schiavitù, costringendoli a preparare l'argilla e a fabbricare mattoni, e ad ogni sorta di lavoro nei campi; a tutti questi lavori li obbligarono con durezza. Il re d'Egitto disse alle levatrici degli Ebrei, delle quali una si chiamava Sifra e l'altra Pua: «Quando assistete le donne ebree durante il parto, osservate bene tra le due pietre: se è un maschio, fatelo morire; se è una femmina, potrà vivere». Ma le levatrici temettero Dio: non fecero come aveva loro ordinato il re d'Egitto e lasciarono vivere i bambini. Il re d'Egitto chiamò le levatrici e disse loro: «Perché avete fatto questo e avete lasciato vivere i bambini?». Le levatrici risposero al faraone: «Le donne ebree non sono come le egiziane: sono piene di vitalità. Prima che giunga da loro la levatrice, hanno già partorito!». Dio beneficò le levatrici. Il popolo aumentò e divenne molto forte. E poiché le levatrici avevano temuto Dio, egli diede loro una discendenza. Allora il faraone diede quest'ordine a tutto il suo popolo: «Gettate nel Nilo ogni figlio maschio che nascerà, ma lasciate vivere ogni femmina». (Es 1,8-22).

    Oggi la violenza indiretta e diretta di innocenti inermi ha molti nomi. Si chiama: aborto, danno collaterale, guerra tribale, genocidio di massa, vendetta e faida indiretta. Altri nomi sono più scientifici: pillola del giorno dopo e cose del genere. La Scrittura conosce altri modi di omicidio indiretto. Anche questi sono invisibili e sofisticati.

    Sacrificare il frutto dell'ingiustizia è un'offerta da scherno e i doni dei malvagi non sono graditi. L'Altissimo non gradisce le offerte degli empi né perdona i peccati secondo il numero delle vittime. Sacrifica un figlio davanti al proprio padre chi offre un sacrificio con i beni dei poveri. Il pane dei bisognosi è la vita dei poveri, colui che glielo toglie è un sanguinario. Uccide il prossimo chi gli toglie il nutrimento, versa sangue chi rifiuta il salario all'operaio. (Sir 34,21-27).

    Tutto questo mondo del male provocato su innocenti attesta la nostra barbarie e la potenza del peccato che milita nelle nostre membra. Il mistero dell'iniquità ci avvolge e ci consuma. Da questo mistero di perversione solo Cristo ci può liberare, salvare.

    Sul cammino di Gesù vigila il Padre suo. Oggi Gesù non può morire. La salvezza si compie attraverso il suo sacrificio e per essere la sua morte un vero sacrificio necessità della sua obbedienza. Occorre il dono della sua volontà. Il sangue innocente viene versato, perché la storia sempre obbedirà alla triste legge del peccato e della morte.
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    Coordin.
    00 29/12/2012 08:47
    a cura dei Carmelitani
    Commento Luca 2,22-35

    1) Preghiera
    Dio invisibile ed eterno, che nella venuta del Cristo vera luce hai rischiarato le nostre tenebre, guarda con bontà questa tua famiglia, perché possa celebrare con lode unanime
    la nascita gloriosa del tuo unico Figlio. Egli è Dio, e vive e regna con te nell'unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli.

    2) Lettura del Vangelo
    Dal Vangelo secondo Luca 2,22-35
    Quando venne il tempo della purificazione secondo la Legge di Mosè, Maria e Giuseppe portarono il bambino a Gerusalemme per offrirlo al Signore, come è scritto nella Legge del Signore: "Ogni maschio primogenito sarà sacro al Signore"; e per offrire in sacrificio una coppia di tortore o di giovani colombi, come prescrive la Legge del Signore. Ora a Gerusalemme c'era un uomo di nome Simeone, uomo giusto e timorato di Dio, che aspettava il conforto d'Israele; lo Spirito Santo che era su di lui gli aveva preannunziato che non avrebbe visto la morte senza prima aver veduto il Messia del Signore. Mosso dunque dallo Spirito, si recò al tempio; e mentre i genitori vi portavano il bambino Gesù per adempiere la Legge, lo prese tra le braccia e benedisse Dio:
    "Ora lascia, o Signore, che il tuo servo
    vada in pace secondo la tua parola;
    perché i miei occhi han visto la tua salvezza,
    preparata da te davanti a tutti i popoli,
    luce per illuminare le genti
    e gloria del tuo popolo Israele".
    Il padre e la madre di Gesù si stupivano delle cose che si dicevano di lui. Simeone li benedisse e parlò a Maria, sua madre: "Egli è qui per la rovina e la risurrezione di molti in Israele, segno di contraddizione perché siano svelati i pensieri di molti cuori. E anche a te una spada trafiggerà l'anima".

    3) Riflessione
    ? I primi due capitoli del Vangelo di Luca non sono storia secondo il significato che noi diamo oggi alla storia. Servono più che altro da specchio in cui i cristiani convertiti dal paganesimo, scoprirono che Gesù era venuto a compiere le profezie dell'Antico Testamento ed a rispondere alle aspirazioni più profonde del cuore umano. Sono, quindi, simbolo e specchio di ciò che stava succedendo tra i cristiani del tempo di Luca. Le comunità giunte dal paganesimo erano nate dalle comunità di giudei convertiti, ma erano diverse. Il Nuovo non corrispondeva a ciò che l'Antico immaginava ed aspettava. Era "segno di contraddizione" (Lc 2,34), causava tensioni ed era fonte di molto dolore. Nell'atteggiamento di Maria, immagine del Popolo di Dio, Luca rappresenta un modello di come perseverare nel Nuovo, senza essere infedeli all'Antico.
    ? In questi due primi capitoli del Vangelo di Luca, tutto gira attorno alla nascita di due bambini: Giovanni e Gesù. I due capitoli ci fanno sentire il profumo del vangelo di Luca. In essi, l'ambiente è di tenerezza e di lode. Dall'inizio alla fine, si loda e si canta, perché, finalmente, la misericordia di Dio si è rivelata in Gesù; lui compì le promesse fatte ai padri. E Dio le compì a favore dei poveri, degli anawim, quali Elisabetta e Zaccaria, Maria e Giuseppe, Anna e Simeone, i pastori. Tutti loro seppero aspettare la sua venuta.
    ? L'insistenza di Luca nel dire che Maria e Giuseppe adempirono tutto quello che la Legge prescrive, evoca ciò che Paolo scrisse nella lettera ai Galati: "Quando venne la pienezza del tempo, Dio mandò il suo Figlio nato da donna, nato sotto la legge, per riscattare coloro che erano sotto la Legge, perché ricevessimo l'adozione a figli" (Gal 4,4-5).
    ? La storia del vecchio Simeone insegna che la speranza, anche se non subito, un giorno si realizza. Non si frustra, viene realizzata. Ma la forma non sempre corrisponde a ciò che noi immaginiamo. Simeone aspettava il Messia glorioso di Israele. Giungendo al tempio, in mezzo a tante coppie che portano i loro figli, lui vede una coppia giovane di Nazaret. Ed in questa coppia povera, con il loro bambino, vede la realizzazione della sua speranza e della speranza del popolo:"I miei occhi hanno visto la tua salvezza, preparata da te davanti a tutti i popoli, luce per illuminare le genti e gloria del tuo popolo Israele."
    ? Nel testo del vangelo di oggi, appaiono i temi preferiti di Luca, cioè, una forte insistenza sull'azione dello Spirito Santo, sulla preghiera e sull'ambiente di preghiera, un'attenzione continua all'azione e partecipazione delle donne ed una preoccupazione costante verso i poveri e del messaggio per i poveri.

    4) Per un confronto personale
    ? Saresti capace di percepire in un bambino povero la luce per illuminare le nazioni?
    ? Saresti capace di sopportare tutta la vita nell'attesa della realizzazione della tua speranza?

    5) Preghiera finale
    Cantate al Signore un canto nuovo,
    cantate al Signore da tutta la terra;
    cantate al Signore, benedite il suo nome. (Sal 95)
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    Coordin.
    00 30/12/2012 07:56
    padre Ermes Ronchi
    La famiglia, prima scuola di santità

    La santa Famiglia di Na­zaret porta un messag­gio a tutte le nostre fa­miglie, l'annuncio che è pos­sibile una santità non solo individuale, ma una bontà, una santità collettiva, fami­liare, condivisa, un contagio di santità dentro le relazioni umane. Santità non signifi­ca essere perfetti; neanche le relazioni tra Maria Giuseppe e Gesù lo erano. C'è angoscia causata dal figlio adolescen­te, e malintesi, incompren­sione esplicita: ma essi non compresero le sue parole.
    Santità non significa assen­za di difetti, ma pensare i pensieri di Dio e tradurli, con fatica e gioia, in gesti. Ora in cima ai pensieri di Dio c'è l'a­more. In quella casa dove c'è amore, lì c'è Dio.
    E non parlo di amore spiri­tuale, ma dell'amore vivo e potente, incarnato e quoti­diano, visibile e segreto. Che sta in una carezza, in un ci­bo preparato con cura, in un soprannome affettuoso, nel­la parola scherzosa che scio­glie le tensioni, nella pa­zienza di ascoltare, nel desi­derio di abbracciarsi. Non ci sono due amori: l'amore di Dio e l'amore umano. C'è un unico grande progetto, un solo amore che muove Ada­mo verso Eva, me verso l'a­mico, il genitore verso il fi­glio, Dio verso l'umanità, a Betlemme.
    Scese con loro a Nazaret e sta­va loro sottomesso. Gesù la­scia i maestri della Legge e va con Giuseppe e Maria che sono maestri di vita. Per an­ni impara l'arte di essere uo­mo guardando i suoi genito­ri vivere: lei teneramente forte, mai passiva; lui padre non autoritario, che sa an­che tirarsi indietro. Come poteva altrimenti trattare le donne con quel suo modo sovranamente libero? E inaugurare relazioni nuove tra uomo e donna, paritarie e senza paure?
    Le beatitudini Gesù le ha vi­ste, vissute, imparate da loro: erano poveri, giusti, puri nel cuore, miti, costruttori di pa­ce, con viscere di misericor­dia per tutti. E il loro parlare era: sì, sì; no, no. Stava così bene con loro, che con Dio adotta il linguaggio di casa, e lo chiama: abbà, papà. Che vuole estendere quelle rela­zioni a livello di massa e dirà: voi siete tutti fratelli.
    Anche oggi tante famiglie, in silenzio, lontano dai rifletto­ri, con grande fatica, tesso­no tenaci legami d'amore, di buon vicinato, d'aiuto e col­laborazione, straordinarie nelle piccole cose, come a Nazaret. Sante. La famiglia è il luogo dove si impara il no­me di Dio, e il suo nome più bello è: amore, padre e ma­dre.
    La famiglia è il primo luogo dove si assapora l'a­more e, quindi, si gusta il sa­pore di Dio. La casa è il luo­go dove risiede il primo ma­gistero, più importante an­cora di quello della Chiesa. È dalla porta di casa che esco­no i santi, quelli che sapran­no dare e ricevere amore e che, per questo, sapranno es­sere felici.
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    Coordin.
    00 31/12/2012 08:21
    don Roberto Seregni
    Grazie

    "Grazie" - Meditazione per l'ultimo giorno dell'anno

    Tra feste, panettoni e amici siamo arrivati all'ultimo giorno del 2012. Certo: è un giorno come tutti gli altri, niente di speciale. Domani cambieremo l'ultima cifra dell'anno e tutto ricomincerà come prima. Penso, però, che sia un' occasione buona per provare a fare un bilancio. Incontri, scelte, avvenimenti, nuovi slanci o sedimentate immobilità, hanno segnato questo anno che si sta per chiudere. La Parola di Dio ascoltata e accolta nelle nostre comunità o nella preghiera personale ci ha accompagnato, guidato, rialzato e sostenuto. Lo Spirito ha soffiato nelle nostre vele e chissà se sempre abbiamo avuto il coraggio di alzarle e farci portare dove solo Lui sapeva...
    Per molti di noi questo anno appena trascorso ha segnato scelte importanti.
    Ripenso agli amici che hanno celebrato il sacramento del matrimonio, ai confratelli che hanno ricevuto il dono del diaconato o del presbiterato, agli amici che hanno iniziato un nuovo cammino affidandosi alle mani di Dio.
    Penso a me, Ivan, Laura e Lorenza che in questo nuovo anno inizieremo la nostra esperienza missionaria in Perù.
    Ripenso a chi inizierà questo nuovo anno segnato dal tragico evento della morte, della separazione, del divorzio, della perdita del lavoro o dell'allontanamento dal ministero.

    E' in questa storia, la nostra, complicata e luminosa, faticosa e feconda, che prende carne il Verbo di Dio.
    E' dentro le nostre ferite, le nostre piccolezze quotidiane, le nostre solitudini che prende carne l'eternità di Dio.
    E' dentro le nostre gioie, le conversioni quotidiane, i passi importanti della nostra vita che il Verbo di Dio pianta la sua tenda.
    Questo tempo che Lui ci dona è un'occasione sempre nuova per permettere che il suo amore si dilati, ci raggiunga, ci invada.
    Ripartiamo da qui, ripartiamo da Dio, dalla certezza che il tempo che Lui ci dona è inzuppato della Sua presenza.
    E' la nostra quotidianità il luogo in cui possiamo fare esperienza di Dio.
    E in questo ultimo giorno dell'anno sarebbe davvero bello trovare uno spazio di silenzio per mettere nelle mani di Dio tutti i nostri grazie. Al posto degli inutili e costosi botti di capodanno, troviamoci un angolo di silenzio, uno spazio per umanizzare il tempo che ci scorre sulla pelle. Grazie per le persone, gli incontri, gli eventi, le situazioni che mi hanno fatto crescere, che mi hanno purificato e, magari con fatica, mi hanno fatto un uomo o una donna migliore. Grazie per tutti quei passaggi nascosti di Dio nella mia vita, per tutte le occasioni nella quali ho riconosciuto la sua impronta digitale e il suo sorriso nel volto del fratello. Grazie per la forza e il coraggio che inaspettatamente mi sono trovato nelle vene.
    Raccogliamo tutti i nostri grazie e lasciamoli nelle Sue mani.
    Non c'è posto più sicuro.

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