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XV DOMENICA

 

Letture: Deuteronomio 30,10-14

Colossesi 1,15-20

Luca 10,25-37

 

1. La carità e il Samaritano

 

Il maestro interrogato circa il piú grande comandamento risponde: "Amerai il Signore Dio con tutta la tua anima e con tutte le tue forze" (Mt 12,36). Questo è certamente il piú grande comandamento e ben a ragione, perché riguarda Dio, che è primo e massimo, nostro Padre, per il quale esistono tutte le cose e al quale tutte ritornano. E per noi, amati e creati da lui, non ci può essere nulla di piú importante che rendergli almeno grazie degli immensi doni che ci ha fatti, tanto piú che, in ricambio, non possiamo dargli nulla, perché lui non ha bisogno di niente; intanto, amando Dio con amore di figli possiamo ottenere il dono dell`immortalità. Poiché quanto piú uno ama Dio, tanto piú intimamente s`innesta a Dio.

L`altro comandamento, ma non inferiore, è: "Amerai il tuo prossimo come te stesso" (Mt 22,39). Dunque, Dio sta al di sopra. Poiché quel tale insisteva domandando: "E chi è il mio prossimo?" (Lc 10,29), non definì il prossimo, come facevano i Giudei, nominando un consanguineo, un concittadino, un proselita, un arconciso o uno che osservasse la stessa legge; ma si riferisce a un uomo che da Gerusalemme si recava a Gerico e lo descrive ferito dai ladri e lasciato mezzo morto per la strada un sacerdote lo lascia lí, un levita non se ne cura; ma un Samaritano (disprezzato ed emarginato dai Giudei) ne ha compassione; ma l`incontro non fu a caso, egli era fornito delle cose necessarie a un ferito, come l`olio, le fasce, la cavalcatura; ed egli in parte dà e in parte promette la mercede all`oste. "Chi di questi", domanda, "fu prossimo al ferito"? E avendo quegli risposto: "Colui che n`ebbe misericordia", "Va`", disse, "e fa` anche tu lo stesso (ibid". 36, 37); cioè la carità è madre di bontà.

La base dell`uno e dell`altro comandamento è la carità; l`ordine è diverso: Dio sta al primo posto, il prossimo al secondo. E chi è quel Samaritano se non lo stesso Salvatore? O chi fa una maggiore misericordia a noi quasi uccisi dalle potenze delle tenebre con ferite, paure, desideri, furori, tristezze, frodi, piaceri? Di queste ferite solo Gesú è medico; lui sradica i vizi dalle radici. E` lui che infonde il vino (il sangue della vite davidica) alle anime ferite; è lui che dalle viscere dello Spirito trae l`olio e lo diffonde largamente. E` lui che tiene strette le fasce della salvezza: la carità, la fede, la speranza. E` lui che impegna angeli e arcangeli, perché ci assistano col loro ministero. Bisogna amarlo, allora, come amiamo Dio. Ama Cristo, chi fa la sua volontà e ne osserva i precetti. "Non chi dice Signore, Signore, entrerà nel regno dei cieli, ma chi fa la volontà del Padre mio" (Gv 14,23). E: "Perché mi chiamate Signore, se non fate ciò che vi dico?" (Lc 6,40).

 

(Clemente di Ales., Quis dives, 27-29)

 

 

2. Il buon Samaritano

 

"Un uomo scendeva da Gerusalemme a Gerico" (Lc 10,29ss). Cristo si serve di una definizione specifica. Non dice: «Qualcuno scendeva», ma «un uomo scendeva», poiché questo versetto riguarda tutta l`umanità. Per il peccato di Adamo l`umanità ha perduto il diritto di stare nel paradiso, luogo posto in alto, tranquillo, libero dalle sofferenze e meraviglioso, che giustamente viene chiamato qui Gerusalemme, in quanto questo nome vuol dire «pace divina». Ed essa scende a Gerico, paese squallido e infossato in cui regna un caldo soffocante. Gerico è la vita febbrile del mondo, vita lontana da Dio e che trascina in basso. Il fuoco dei piaceri piú impudichi causa lì afa ed esaurimento.

Quando dunque l`umanità è scesa dalla retta via verso una vita del genere, quando si è lasciata trascinare dall`alto verso il basso, una torma di demoni come una banda di malfattori l`ha assalita sulla china. L`hanno depredata delle vesti della perfezione, non lasciando in essa la minima traccia né della forza dello spirito, né di purezza, né di giustizia e prudenza, né nulla che mostri l`immagine divina. Aggredendola molte volte, le hanno provocato un gran numero di ferite di peccati diversi, per abbandonarla poi in terra tramortita... La Legge data da Mosè è passata oltre. Ha visto l`umanità a terra e agonizzante. Il sacerdote ed il levita, infatti, rappresentano nella parabola l`Antico Testamento che ha istituito il sacerdozio dei leviti. La Legge ha visto veramente l`umanità, ma le è mancata la forza, è stata impotente. Non ha condotto l`umanità alla completa guarigione, non l`ha sollevata da terra. E poiché le è mancata la forza, ha dovuto necessariamente allontanarsi per l`inefficacia dei suoi interventi. Ha dovuto allontanarsi, poiché - come insegna Paolo - i suoi "doni e sacrifici non possono rendere perfetto, nella coscienza, l`offerente" (Eb 9,9), "poiché è impossibile eliminare i peccati con il sangue di tori e di capri" (Eb 10,4).

Finalmente passa un samaritano. Cristo, volutamente, si fa chiamare Samaritano. Rivolgendosi a chi conosce bene la Legge a chi sa perfettamente parlare della Legge, egli vuole in tal modo dimostrare che né il sacerdote, né il levita, né in generale nessuno di quelli che presumibilmente seguono le prescrizioni della Legge di Mosè, ma lui solo è venuto ad adempiere la Legge e a dimostrare con i fatti chi è il prossimo e che cosa significa «amare il prossimo come se stesso»; egli di cui i Giudei dicevano, volendolo oltraggiare: "Non diciamo con ragione che sei un samaritano e hai un demonio?" (Gv 8,48).

Il Samaritano che passa - ed è Cristo che veramente è in viaggio - vede il ferito. Non va oltre, poiché lo scopo del suo viaggio è quello di «visitare» noi; noi per i quali è sceso sulla terra e in mezzo ai quali ha abitato. Perciò non solo si è manifestato agli uomini, ma è stato veramente in mezzo a loro... "Sulle sue ferite ha versato del vino", il vino della parola... E poiché le ferite gravi non hanno potuto sopportare la sua forza, ecco che ha aggiunto dell`olio, cosí che con la sua dolce «filantropia» si è attirato il biasimo dei farisei e ha dovuto rispondere spiegando loro il significato delle parole: "Voglio misericordia, non sacrifici" (Os 6,6).

Quindi ha messo il ferito su una bestia da soma, mostrandoci con ciò che egli ci innalza al di sopra delle passioni bestiali, egli che anche ci porta in sé, rendendoci cosí membra del suo Corpo.

Poi, ha condotto l`uomo in una locanda, chiamando cosí la Chiesa, luogo di dimora e di adunata per tutti; infatti, mai abbiamo sentito che impedendo agli Ammoniti e ai Moabiti l`entrata in Chiesa, l`abbia limitata solo all`Antico Patto che è ombra della Legge, o al culto delle immagini e delle profezie. Al contrario, egli ordina agli apostoli: "Andate e ammaestrate tutte le nazioni" (Mt 28,19) e insegna che il Signore ama in ogni popolo colui che lo teme e vive secondo giustizia. Giunto nella locanda, il buon Samaritano ha ancora di piú cura di colui che ha salvato.

Infatti, quando la Chiesa si formò dalla comunità dei martiri, in essa era Cristo dispensatore di grazie.

Al padrone della locanda - che rappresenta gli apostoli, i pastori e i dottori - consegna, andando via, entrando in cielo, due denari, perché abbia cura del ferito. Questi due denari vanno intesi come i due Testamenti: il Vecchio e il Nuovo, l`Antica Legge e i profeti, la Nuova Legge dataci dal Vangelo e le istituzioni apostoliche. Come i due Testamenti discendono da Dio stesso dall`alto dei cieli, cosí i denari recano l`effigie di un re. Tutti e due - per mezzo delle Sacre Scritture - imprimono il marchio regale, poiché uno ed uno stesso Spirito dice codeste parole.

I pastori delle sante Chiese, una volta ricevuti i due denari, li fanno fruttare nuovi soldi nel faticoso lavoro di maestri, ed anche con lo spenderli per i propri bisogni, poiché il denaro spirituale, parola di dottrina, ha la proprietà di non diminuire, bensí di aumentare con lo spenderlo. Ognuno di loro dirà nell`ultimo giorno, quando il Signore tornerà: "Signore, mi hai consegnati due talenti; vedi, ne ho guadagnati altri due" (Mt 25,22); con essi ho ingrandito il tuo gregge. E il Signore rispondendo dirà: "Bene, servo buono e fedele, sei stato fedele nel poco, ti darò autorità su molto; prendi parte alla gioia del tuo padrone" (Mt 25,23).

 

(Severo di Antiochia, Hom., 89, passim)

 

 

3. Il prossimo è ogni uomo

 

Dimmi ora, o dottore della Legge, senza guardarmi con i tuoi occhi cattivi e indagatori, chi è per te il prossimo? Non deve essere forse chi è diventato tale per il semplice fatto che era nel bisogno? Tu credi spesso nella tua ignoranza che tuo prossimo sia semplicemente chi professa la tua religione o un tuo connazionale. Ma io dico e sostengo che prossimo è ogni uomo, ogni essere che partecipa della natura umana. Come vedi, ci alza anche il capo per il fatto di essere sacerdote, e colui che si vanta di essere levita e svolge le sacre funzioni del servizio sacerdotale secondo la Legge, ambedue - come te - dicono con orgoglio di conoscere i comandamenti divini. Eppure, a loro non viene nemmeno in mente il pensiero che il loro fratello abbandonato in terra nudo, coperto di ferite e morente, è un uomo della loro stessa nazione. Lo disprezzano come un sasso, come un pezzo di legno gettato via.

Ma il Samaritano riconosce la natura umana e comprende chi è il prossimo, anche se ignora i comandamenti e voi lo ritenete uno zotico... Cosí, dunque, colui che voi considerate troppo lontano, eccolo vicino a chi ha bisogno di cure.

Perciò, non rimanere attaccato alla lettera delle tue leggi giudaiche, quando devi riconoscere il tuo prossimo, non vederlo solo in quelli del tuo sangue, poiché è prossimo ogni persona e su di essa deve scendere lo spirito di carità.

 

(Severo di Antiochia, Hom., 89, passim)