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SOLENNITA` DEL SACRATISSIMO CUORE DI GESU`

 (Venerdí della terza settimana dopo Pentecoste)

 La devozione al Cuore di Gesú risale al Medioevo: i mistici dei secoli XI e XII incoraggiano i fedeli alla meditazione della Passione del Signore, alla venerazione delle ferite di Cristo e del Cuore trafitto dalla lancia del soldato.

Si sviluppa particolarmente in Francia ed in Germania, specialmente in alcuni monasteri. I missionari gesuiti portano il culto in America: in Brasile, nell`anno 1585, sorge la prima chiesa dedicata al Cuore di Gesú. Il culto al Cuore di Gesú resta comunque una devozione privata.

San Giovanni Eudes per primo, avendo ricevuto il permesso dal vescovo di Rennes, introduce la festa del Cuore di Gesú in tutte le case della sua Congregazione nell`anno 1670; la festa viene celebrata il 31 agosto. Le altre diocesi di Francia, alcune d`Italia e di Germania seguono l`esempio del vescovo di Rennes.

Le rivelazioni di santa Maria Margherita Alacoque (+1690) influiscono maggiormente sulla diffusione della festa. Nonostante le numerose richieste indirizzate alla Sede Apostolica, Roma esita a lungo. Dopo la rinnovata richiesta dei vescovi polacchi, Clemente XIII, nel 1765, dà il permesso di celebrare la festa del Cuore di Gesú il venerdí dopo l`ottava del Corpus Christi e cosí essa entra nel ciclo delle feste cristiane. Pio IX, nel 1856, estende la festa su tutta la Chiesa; Leone XIII, consacra al Cuore di Gesú tutto il genere umano, Pio X, raccomanda di farlo ogni anno. Nel popolo cristiano si è comunemente diffusa la pratica della Comunione nei primi nove venerdí del mese.

Il Cuore di Gesú, trafitto dalla lancia del soldato, rimane per sempre il simbolo del grande ed inconcepibile amore di Dio verso l`uomo. Dio è amore. Lui ci ha amati per primo ed ha mandato il suo Figlio per salvarci. Non c`è amore piú grande che dare la propria vita per qualcuno - disse il Signore - ed ha messo in pratica infatti queste parole. Dal costato trafitto di Cristo nasce la Chiesa. Dal costato trafitto di Cristo scorre sangue ed acqua, simbolo dei due Sacramenti: Battesimo ed Eucaristia.

La chiave di lettura di tutta la storia della salvezza e della redenzione compiuta da Cristo è l`amore. Rendendo oggi il culto al Cuore di Gesú, ci rendiamo piú che mai conto che «l`amore non è amato». Perciò dobbiamo desiderare che i nostri cuori siano infiammati dal fuoco dell`amore di Dio, e vedendo quanti rimangono indifferenti alla chiamata del Signore, dobbiamo riparare alla loro mancanza di amore.

 

Vieni in nostro aiuto, Signore,

perché possiamo vivere e agire sempre in quella carità,

che spinse il tuo Figlio a dare la vita per noi.

 

(Missale Romanum, Domenica V di Quaresima Ccllecta)

 

 

1. Rifocillarsi alla Fonte della vita

 

Dateci ascolto, fratelli carissimi, come se doveste sentire qualcosa di necessario e rifocillate, senza stancarvene, la vostra sete alle acque di quella divina fonte, di cui vogliamo parlare; bevete; è la Fonte viva che c`invita; è la Fonte della vita che ci dice: Se uno ha sete, venga da me, e beva (Gv 7,37). Rendetevi conto di ciò che bevete. Sentite Geremia che fa dire alla Fonte: Hanno abbandonato me, Fonte di acqua viva, dice il Signore (Ger 2,13). Il Signore nostro Gesú Cristo in persona è, dunque, la Fonte della vita e ci invita, perché lo beviamo. Lo beve, chi lo ama; lo beve, chi si sazia della parola di Dio, chi ama molto, molto desidera; beve, chi arde d`amore per la sapienza. Corriamo a bere noi, dunque, pagani, ciò che hanno lasciato gli Ebrei. Per noi anche è stato scritto: «Apriamo le mandibole del nostro uomo interiore per mangiar con appetito e, per non esser visti, mangiamo svelti e in luogo nascosto». Per mangiare il pane, per bere alla fonte, che è lo stesso Signore Gesú Cristo, il quale ci dà a mangiare se stesso pane vivo, che dà la vita al mondo (Gv 6,33) e si fa fonte con le parole: Se uno ha sete, venga da me e beva (Gv 7,37). E di questa fonte anche il profeta dice: Presso di te è la fonte della vita (Sal 35,10).

Vedete da dove viene questa fonte. Viene dallo stesso luogo da dove viene il pane; perché la stessa persona è Pane e Fonte il Figlio unico, il Signor nostro Cristo Dio, del quale dobbiamo aver sempre fame; anche se lo mangiamo col nostro amore, anche se lo divoriamo col nostro desiderio, cerchiamolo ancora come affamati. E beviamolo sempre come una sorgente, con la sovrabbondanza del nostro amore; beviamolo sempre con pienezza di desiderio e godiamoci la soavità della sua dolcezza. E` dolce e soave il Signore: anche se lo mangiamo e beviamo, cerchiamolo con fame e sete, perché il nostro cibo e la nostra bevanda non può mai essere totalmente mangiato o bevuto. Lui, anche se è mangiato, non è mai consumato, anche se è bevuto, non viene mai esaurito, perché il nostro Pane è eterno, la nostra Fonte è perenne, la nostra Fonte è dolce, perché il profeta dice: Voi che avete sete, andate alla Fonte (Is 55,2): egli è la Fonte di chi ha sete, non di chi è sazio; e perciò chiama a sé gli assetati; coloro che non si saziano mai di bere, coloro che quanto piú berranno, tanto piú avranno sete. Giustamente, fratelli, la Fonte della Sapienza, il Verbo di Dio (Sir 1,5) dev`essere desiderato, cercato, amato, perché sono in esso tutti i tesori della sapienza e della scienza (Col 2,3) ai quali egli invita, perché vi attingano, tutti coloro che hanno sete. Se hai sete, bevi alla Fonte della vita; se hai fame, mangia il Pane della vita. Beati quelli che hanno fame di questo Pane e hanno sete di questa Fonte; quanto piú mangeranno e berranno, tanto piú vorranno bere e mangiare. E` dolce davvero ciò che si mangia e beve sempre, e se ne ha sempre fame e sete, lo si gusta e lo si vuole sempre. Perciò il re profeta dice: Gustate e vedete quanto è dolce, quanto è soave il Signore (Sal 33,9). Perciò, fratelli, diamo ascolto a questa chiamata; è la Vita, che ci chiama alla Fonte della vita, ed egli è la Fonte, non solo dell`acqua viva, ma è anche Fonte di vita eterna, Fonte di luce, e Fonte d`ogni lume; di là vengono tutte queste cose: la sapienza, la vita, la luce eterna. L`autore della vita è Fonte di vita, creatore della luce, Fonte di lume. Perciò, trascurando tutte queste cose terrene, portiamoci al di sopra dei cieli, perché, come pesci ragionevoli e sapientissimi, cerchiamo la Sorgente della luce, Sorgente di vita, Sorgente d`acqua viva, perché possiamo bere l`acqua viva, che zampilla in vita eterna (Gv 4,14).

Oh, se ti degnassi, Signore, Dio di misericordia, di mettermi vicino a quella Sorgente, perché anch`io, con tutti i tuoi assetati, possa bervi l`acqua viva della Fonte viva! Son certo che, tutto preso dalla dolcezza di quell`acqua, vi starei sempre attaccato e direi: Quanto è dolce la Sorgente dell`acqua viva, non vien mai meno e zampilla in vita eterna! O Signore, sei tu stesso questa Sorgente, sempre desiderata, sempre bevuta e mai esaurita. Dacci sempre, Signore Gesú Cristo, che anche in noi scaturisca una sorgente d`acqua viva, che zampilli nella vita eterna. Chiedo tanto, chi non lo comprende? Ma tu, Re di gloria, sei avvezzo ai grandi doni e alle grandi promesse: non c`è niente piú grande di te, e tu ci hai donato te stesso, hai dato te stesso per noi. Perciò noi ti chiediamo di darci te stesso: tu sei il nostro tutto: vita, luce, salvezza, cibo, bevanda, il nostro Dio. Ispira i nostri cuori, Signore Gesú, con l`aura del tuo Spirito e trafiggi i nostri cuori col tuo amore, perché possiamo dire con verità: Dimmi dov`è il mio diletto (Ct 1,6), perché l`amore m`ha ferito. Beata l`anima ferita dall`amorel Quella, sì, cerca la Sorgente, quella, sí, beve, e ha sempre sete, si ciba e ha sempre fame; ama e cerca sempre, sta bene quand`è ferita. E si degni il nostro pio medico, il Signore Gesú Cristo trafiggere i nostri cuori con tale ferita; lui che con lo Spirito Santo è un solo Dio nei secoli dei secoli. Amen.

 

(Colombano il Giovane, Instructio 13)

 

 

2. Le piaghe del Salvatore, luogo della nostra pace

 

E veramente, dove puoi trovare una pace sicura e solida se non nelle piaghe del Salvatore? Tanto piú sicuro mi sento là dentro, quanto piú forte è lui per salvarmi. Freme il mondo, urge il corpo, insidia il diavolo; sto saldo, son fondato sopra una pietra ben solida. Ho peccato tanto; la mia coscienza n`è turbata, ma non disperata, perché mi ricorderò delle piaghe del Signore. Infatti lui è stato piagato per le nostre ferite (Is 53,5). Che cosa può essere cosí mortale, che non possa essere disciolto con la morte di Cristo? Se, dunque, ti ricorderai di una così potente ed efficace medicina, non ci sarà alcuna gravità di malattia che possa spaventarti.

Sbagliò allora colui che disse: Il mio peccato è troppo grande, perché possa sperare perdono (Gen 4,13). Disse cosí perché non apparteneva alle membra di Cristo, non faceva conto sul merito di Cristo al punto da ritenere suo ciò che è di Cristo. Io invece, fiduciosamente, ciò che mi manca lo vado a prendere dalle viscere del Signore, che son piene di misericordia, e non vi mancan dei fori, perché ne venga fuori. Traforarono le sue mani e i suoi piedi, trapassarono il suo fianco con la lancia e attraverso queste fessure posso succhiare miele dalla pietra e olio dal piú duro dei sassi, cioè, posso gustare e vedere quant`è soave il Signore. Nutriva pensieri di pace e io non lo sapevo. Chi, infatti, conosceva l`indole di Dio, o chi gli ha mai suggerito qualche cosa? (Ger 29,11). I chiodi mi son diventati chiavi per scoprire la volontà di Dio. Perché non dovrei guardare attraverso quei fori? I chiodi, le piaghe protestano che veramente, in Cristo, Dio si rappacifica col mondo. La spada gli trapassò l`anima e raggiunse il suo cuore (Sal 104,18) certo non perché non imparasse a compatire le mie debolezze. Si vede il mistero del cuore, attraverso i fori del corpo, si scopre quel gran mistero di pietà, si scoprono le viscere della misericordia del nostro Dio con la quale dalla sua altezza è venuto verso di noi (1Tm 3,16). Perché non dovrebbero vedersi le viscere attraverso le ferite? In che cosa, infatti, si sarebbe visto piú chiaramente, se non nelle tue ferite, che tu, Signore, sei soave e mite e pieno di misericordia (Sal 85,5)? Nessuno ha maggiore affetto di chi dà la vita per dei rei e dei condannati.

Tutto il mio merito è la misericordia del Signore. Non sono affatto privo di meriti, finché lui non è privo di misericordia. Che se la misericordia del Signore è tanta, anche i miei meriti son tanti. E che farò se m`accorgerò d`esser reo di molti delitti? Appunto, quanto piú furon numerosi i delitti, tanto piú abbondò la grazia (Rm 5,20). E se le misericordie di Dio vanno da una eternità all`altra, anch`io canterò in eterno le misericordie del Signore (cf. Sal 102,17; 88,1).

 

(Bernardo di Chiarav., In Cant. Cant., 61, 3-5)

 

 

3. La carità

 

Chi ha la carità in Cristo pratichi i suoi comandamenti. Chi può spiegare il vincolo della carità (cf. Col 3,14) di Dio? Chi è capace di esprimere la grandezza della sua bellezza? L`altezza ove conduce la carità è ineffabile. La carità ci unisce a Dio: «La carità copre la moltitudine dei peccati» (cf. 1Pt 4,8; Gc 5,20). La carità tutto soffre, tutto sopporta. Nulla di banale, nulla di superbo nella carità. La carità non ha scisma, la carità non si ribella, la carità tutto compie nella concordia. Nella carità sono perfetti tutti gli eletti di Dio. Senza carità nulla è accetto a Dio. Nella carità il Signore ci ha presi a sé. Per la carità avuta per noi, Gesú Cristo nostro Signore, nella volontà di Dio, ha dato per noi il suo sangue, la sua carne per la nostra carne e la sua anima per la nostra anima.

Vedete, carissimi, come è cosa grande e meravigliosa la carità, e della sua perfezione non c`è commento. Chi è capace di trovarsi in essa se non quelli che Dio ha reso degni? Preghiamo dunque e chiediamo alla sua misericordia perché siamo riconosciuti nella carità, senza sollecitazione umana, irreprensibili. Sono passate tutte le generazioni da Adamo sino ad oggi, ma quelli che con la grazia di Dio sono perfetti nella carità raggiungono la schiera dei piú, che saranno visti nel novero del regno di Cristo. Infatti è scritto: «Entrate nelle vostre stanze per pochissimo, finché passa la mia ira e il mio furore; mi ricorderò del giorno buono e vi risusciterò dai vostri sepolcri» (cf. Is 26,20; Ez 37,12). Siamo beati, carissimi, se eseguiamo i comandamenti di Dio nella concordia della carità, perché ci siano rimessi i peccati per la carità. E` scritto: «Beati quelli cui furono rimesse le malvagità e i cui peccati sono stati coperti; beato l`uomo del quale il Signore non considererà il peccato, né l`inganno è sulla sua bocca» (cf. Sal 32,1-2; Rm 4,7-8). Questa beatitudine è per quelli scelti da Dio per mezzo di Gesú Cristo nostro Signore. A lui la gloria nei secoli dei secoli. Amen.

 

(Clemente Romano, Ad Corinth., 49 s.)

 

 

4. Invocazione a Dio buono

 

T`invoco, Dio mio, misericordia mia (Sal 58,18), che mi hai creato e non hai dimenticato chi ti ha dimenticato. T`invoco nella mia anima, che prepari a riceverti col desiderio che le hai ispirato. Non trascurare ora la mia invocazione. Tu mi hai prevenuto (cf . Sal 58,11) prima che t`invocassi, insistendo con appelli crescenti e multiformi affinché ti ascoltassi da lontano e mi volgessi indietro chiamando te che mi richiamavi. Tu, Signore, cancellasti tutte le mie azioni cattive e colpevoli per non dover punire l`opera delle mie mani (cf. Sal 17,21), con cui ti ho fuggito; prevenisti tutti i miei meriti buoni per retribuire l`opera delle tue mani, con cui mi hai foggiato (cf. Sal 118,73). Tu esistevi prima che io esistessi, mentre io non esistevo cosí da offrirmi il dono dell`esistenza. Eccomi invece esistere grazie alla tua bontà, che prevenne tutto ciò che mi hai dato di essere e da cui hai tratto il mio essere. Tu non avevi bisogno di me, né io sono un bene che ti possa giovare, Signore mio e Dio mio (Gv 20,28). Il mio servizio non ti risparmia fatiche nell`azione, la privazione del mio ossequio non menoma la tua potenza, il mio culto per te non equivale alla coltura per la terra, cosí che saresti incolto senza il mio culto. Io ti devo servizio e culto per avere da te la felicità, poiché da te dipende la mia felicità.

La tua creatura ebbe l`esistenza dalla pienezza della tua bontà.

 

(Agostino, Confess., 13, 1)

 

 

5. Conformarci al valore di colui di cui siamo consanguinei

 

Bisogna uniformare la volontà con colui col quale si ha in comune il sangue. Non si può essere un po` discordi, un po` concordi; un giorno amarsi e un giorno farsi guerra; essere figli e meritarsi rimproveri; esser membra, ma morte, per le quali non fa piú senso essere nato e cresciuto come un tralcio, se poi non sei rimasto attaccato alla vite. Il tralcio staccato finisce, a ogni modo, per essere gettato al fuoco.

Perciò colui che ha stabilito di vivere secondo Cristo, bisogna che si conformi al cuore e alla volontà di Cristo e ne dipenda, è di là che deriviamo la nostra vita. Ma certamente non sono legati a Cristo coloro che non vogliono ciò che Cristo vuole, o vogliono ciò che Cristo non vuole; bisogna perciò che, per quanto ci è possibile, ci si accomodi, ci si eserciti e ci si formi secondo la volontà di Cristo, si desideri ciò che lui desidera e si goda delle sue stesse cose. Infatti non possono nascere da uno stesso cuore desideri contrastanti. Un malvagio non può cavar dal suo cuore altro che male e il buono non ne cava altro che bene. E come i primi fedeli in Palestina avevano, per l`unione delle loro volontà, un cuor solo e un`anima sola (At 4,32), cosí, se uno non è unito con Cristo in modo da formare una sola mente con lui, ma cammina anzi per una via diversa dai suoi precetti, egli non dirige piú il suo cuore nella stessa direzione di Cristo ed è chiaro che è legato a un altro cuore, non a quello di Cristo. David, infatti, fu trovato secondo il suo cuore, perché poté dire di sé: Non ho dimenticato la tua legge (Sal 98,16). Son privi di vita, dunque, coloro che non aderiscono a quel cuore, e non aderiscono a quel cuore, coloro che nutrono desideri diversi da quelli che animano quel cuore.

 

(Nicola Cabasilas, De vita in Christo, 6)

 

 

6. Un soldato gli aprí il costato con la lancia

 

Vennero, dunque, i soldati e spezzarono le gambe al primo, poi all`altro che era crocifisso insieme con lui. Giunti a Gesù, vedendolo già morto, non gli spezzarono le gambe, ma uno dei soldati gli aprí il costato con la lancia, e subito ne uscí sangue ed acqua (Gv 19,32-34). L`evangelista ha usato un verbo significativo. Non ha detto: colpí, ferí il suo costato, o qualcosa di simile. Ha detto: aprí, per indicare che nel costato di Cristo fu come aperta la porta della vita, donde fluirono i sacramenti della Chiesa, senza dei quali non si entra a quella vita che è la vera vita. Quel sangue è stato versato per la remissione dei peccati quell`acqua tempera il calice della salvezza, ed è insieme bevanda e lavacro. Questo mistero era stato preannunciato da quella porta che Noè ebbe ordine di aprire nel fianco dell`arca (Gen 6,16), perché entrassero gli esseri viventi che dovevano scampare ai diluvio, con che era prefigurata la Chiesa. Sempre per preannunciare questo mistero, la prima donna fu formata dal fianco dell`uomo che dormiva (cf. Gen 2,22), e fu chiamata vita e madre dei viventi (cf. Gen 3,20). Indubbiamente era l`annuncio di un grande bene, prima del grande male della prevaricazione. Qui il secondo Adamo, chinato il capo, si addormentò sulla croce, perché cosí, con il sangue e l`acqua che sgorgarono dal suo fianco, fosse formata la sua sposa. O morte, per cui i morti riprendono vita! Che cosa c`è di piú puro di questo sangue? Che cosa c`è di piú salutare di questa ferita?

 

(Agostino, In Io. Evang., 120, 2)

 

 

7. La grazia viene di là donde è venuta la colpa

 

Al tempo della Passione del Signore, all`approssimarsi del grande sabato, poiché nostro Signore Gesú Cristo o i ladroni erano ancora in vita, alcuni vennero inviati per percuoterli. Al loro arrivo, trovarono che nostro Signore Gesú Cristo era morto. Allora, uno dei soldati gli trafisse il costato con la sua lancia, e dal suo fianco uscí acqua e sangue (cf. Gv 19,31-34). Perché l`acqua? Perché il sangue? L`acqua per purificare, il sangue per riscattare. Perché dal fianco? Perché la grazia viene di là donde è venuta la colpa. La colpa è venuta dalla donna, la grazia da nostro Signore Gesú Cristo (cf. Gv 1,17).

 

(Ambrogio, De sacramentis, V, 1, 4)

 

 

8. «O quanto mirabile e singolare è la tua bontà!»

 

Ormai, te solo amo, te solo seguo, te solo cerco, te solo sono pronto a servire, perché solo la tua dominazione è giusta; e io desidero pormi sotto la tua giurisdizione. Ordina, te ne prego, comanda ciò che vuoi; però risana ed apri le mie orecchie, perché io ascolti le tue parole; risana ed apri i miei occhi, perché io scorga i tuoi cenni. Allontana da me l`insipienza, perché io ti riconosca. Dimmi dove dirigere i miei sforzi, perché ti possa vedere, e spero di poter eseguire tutti i tuoi ordini. Accogli, te ne prego, il tuo fuggitivo, o Signore, Padre clementissimo. Bastino le pene subite dalla servitú impostami dai nemici che tu tieni sotto i tuoi piedi; bastino le menzogne che hanno fatto di me il loro giocattolo. Accogli in me il tuo schiavo che fugge lungi da essi; me, lo straniero, essi hanno bene accolto quando fuggivo lontano da te! Sento che devo ritornare a te. Mi si apra la tua porta, alla quale busso! Insegnami come arrivare fino a te. Io non ho altro al di fuori della mia buona volontà; non so nulla al di fuori del disprezzo che merita tutto ciò che è mutevole e caduco, e la necessaria ricerca dell`immutabile e dell`eterno. Questo io faccio, o Padre, perché è la sola cosa che conosco; ma ignoro come si arrivi fino a te. Ispirami, guidami, provvedi alle necessità del mio viaggio. Se è attraverso la fede che ti trovano coloro che si rifugiano presso di te, dammi la fede; se è attraverso la fortezza, dammi la fortezza; se è attraverso la scienza, dammi la scienza. Accresci in me la fede, accresci la speranza, accresci la carità. O quanto mirabile e singolare è la tua bontà!

E` verso di te che voglio camminare; a te chiedo ancora quei mezzi che mi permettono di pervenirvi. Se tu ci abbandoni, è la morte! Ma tu non ci abbandoni perché sei il Sommo Bene che nessuno ha mai rettamente cercato senza trovarlo. Ognuno infatti lo ha rettamente cercato, se tu rettamente gli hai concesso di cercare. Insegnami dunque, o Padre, a cercarti; liberami dall`errore; a me che ti cerco, null`altro si presenti al di fuori di te. Se nient`altro desidero che te, possa io trovarti, te ne prego, o Padre. Ma se un qualche appetito superfluo permane in me, tu stesso purificami e rendimi capace di vederti.

Per ciò che attiene la salute di questo corpo mortale, dato che ignoro quale utile trarne per me e per quelli che amo, te ne affido la cura, Padre ottimo e sapientissimo; ti chiederò per lui ciò che a tempo debito vorrai suggerirmi. Voglio solo invocare la tua sovrana clemenza, perché tu mi orienti interamente a te, e che nulla renda vano il mio sforzo verso di te; comanda che, anche con questo corpo da guidare e portare, io pratichi la purezza, il coraggio, la giustizia, la prudenza; che ami e percepisca pienamente la tua sapienza; che mi renda degno della tua dimora, e possa essere di fatto abitatore del tuo beatissimo regno. Amen, amen.