00 18/11/2012 21:23

Lettura 1 Corinzi cap. 7, vv.1-16

Per capire lo sviluppo del pensiero dell'apostolo è importante leggere il cap. 5 della lettera agli Efesini.

 

Sorgono alcune domande: il matrimonio è inferiore alla verginità? San Paolo era vergine? Qual è la differenza tra la verginità cristiana e lo stato di perfezione proclamato da tanti filosofi greci dell'epoca?

E ancora; il matrimonio serve solo per i cristiani di "serie B", i quali non potendo contenersi piuttosto che ardere si sposano? E questo matrimonio è indissolubile?

La chiave di lettura di tutto il cap. 7 si trova, per me, nel v. 7 e in particolare nella sua seconda parte: "...ma ciascuno ha il proprio dono da Dio, chi in un modo, chi in un altro.".

La parola "dono" nel testo greco viene indicato con "carisma"; quindi, ciascuno riceve da Dio il proprio carisma. Questo significa che verginità e matrimonio derivano entrambi dal Signore ed entrambi sono un dono. Ciò vuol dire anche che nessuno delle due condizioni è perfettamente capace di riprodurre l'amore divino da cui discende.

 

Gesù era vergine ma nella sua predicazione ha avuto modo di dire alcune cose importanti sul matrimonio.

Lettura di Mt 19,1-15

Quasi in contrapposizione ai bambini arriva il giovane ricco, che apparentemente è il "santo" della situazione, colui che mette in pratica i comandamenti. Eppure solo i piccoli entreranno nel regno dei cieli, perché quel giovane risponde negativamente all'invito di Gesù (lettura vv. 16-22), il quale coglie l'occasione per chiarire che "difficilmente un ricco entrerà nel regno dei cieli" (v. 23).

 

Lettura Mt. 19,27-30

Abbiamo terminato la lettura del cap. 19 che contiene il primo dei cinque grandi discorsi del Vangelo di Matteo. Questo è il discorso sul compimento del regno. Infatti Gesù dice: il tempo è compiuto; è arrivato il regno dei cieli e per entrarvi dovete comportarvi come i bambini. E per poter essere come loro vi si richiede di lasciare tutto, non solo i beni, ma anche le realtà affettive più importanti.

Questo è uno dei discorsi in cui per la mentalità ebraica risalta maggiormente la novità evangelica.

 

Leggiamo ora due brani evangelici paralleli:

a) Mc 10,1-12

b) Lc 16,18

Abbiamo notato le differenze fra Marco e Matteo. Rileggiamo con attenzione la questione posta dai farisei: "E' lecito ad un uomo ripudiare la propria moglie per qualsiasi motivo?" (Mt 19,3).

Gesù per rispondere non rimanda al brano di Mosè, ma a quello della Genesi (Mt 19,4-5).

 

Lettura di Deuteronomio 24,1-4

In questo caso il matrimonio è definitivamente rotto per effetto della consegna del "libello di ripudio".

Ma il problema posto a Gesù dai farisei è un altro. Costoro vogliono sapere il significato dell'espressione "....se poi avviene che essa non trovi grazia ai suoi occhi, perché egli ha trovato in lei qualche cosa di vergognoso." (Dt 24,1). Infatti le grandi scuole farisaiche d'interpretazione della Legge si domandavano quando l'uomo potesse consegnare alla donna il libello di ripudio e mandarla via da casa.

 

All'epoca di Gesù vi erano due scuole di pensiero su questo argomento: una rigorista, con a capo il rabbi Shammay, che interpretava la Legge sempre in modo restrittivo e l'altra, più mite e meno rigorosa, con a capo il rabbi Hillel.

La prima scuola sosteneva che l'uomo potesse consegnare alla moglie il libello di ripudio solo in caso di adulterio, mentre la seconda riteneva che tale libello potesse essere dato per qualsiasi motivo.

I farisei stanno chiedendo a Gesù di entrare nel merito di un dibattito teologico presentandogli la questione secondo la tesi della scuola del rabbi Hillel. Ecco perché la risposta di Gesù va così a fondo; ecco, perché Gesù dice ai suoi interlocutori che essi stanno andando ben oltre la legge di Mosè e che bisogna, invece, risalire alla Genesi.

Allora, l'espressione "in principio" (en arché) già incontrata da noi nel Prologo al Vangelo di Giovanni ("In principio era il Verbo...") va intesa non in senso cronologico ma con il significato di "nella mente di Dio", il quale è presenza assoluta, perenne. Quindi, "en arché" vuol dire che nella mente di Dio l'uomo e la donna formano una carne sola per sempre.

Riprendiamo la lettura di Mt 19.

I farisei tornano a interpellare Gesù dopo la sua prima risposta sull'indissolubilità del matrimonio ("Quello dunque che Dio ha congiunto l'uomo non separi" Mt 19,6) e gli chiedono: "Perché allora Mosè ha ordinato di dare l'atto di ripudio e di mandarla via?" (Mt 19,7).

Gesù richiama Genesi 2,24 e i farisei gli citano il Deuteronomio (24,1) portandolo, così, sul terreno dei riferimenti all'Antico Testamento. La risposta di Gesù è, anche in questo caso, molto decisa: "Per la durezza del vostro cuore Mosè vi ha permesso di ripudiare le vostre mogli, ma da principio non fu così." (Mt 19,8).

E, "da principio", come già detto nella precedente lezione, significa "nel progetto di Dio". Siamo così alla riaffermazione dell'indissolubilità del matrimonio "...se non in caso di concubinato" (eccezione che non troviamo negli altri Vangeli sinottici).

Che significa questa espressione?

"Concubinato " è la traduzione italiana di porneia che anche nella Bibbia dei settanta ha il significato di "incesto". Ricordate la differenza tra porneia e moicheia che vuol dire in senso stretto "adulterio"? Incesto, in senso lato, significa un'unione tra consanguinei (o tra zio e nipote, tra patrigno e figlioccia, ecc.) realizzata in modo illegittimo, perché altrimenti non si sarebbe realizzata.

A questa risposta i discepoli oppongono un'obiezione (v.10): "se questa è la condizione dell'uomo rispetto alla donna, non conviene sposarsi.".

 

Gesù risponde in modo enigmatico e un po' strano. Lettura Mt 19 vv.10-11

Che vuol dire l'espressione "....altri che si sono fatti eunuchi per il regno dei cieli"?. Con chi identifichiamo quest'ultima categoria?

"per" è la traduzione di diá, termine greco che vuol dire "a causa" "perché" o anche in "vista di". Ma è preferibile il primo significato. Siccome siamo in un contesto matrimoniale, qui ci troviamo di fronte a persone che sono state abbandonate dal coniuge. Ecco, allora, che "a causa del regno dei cieli", cioè della novità assoluta portata da Cristo nel mondo, una persona abbandonata dal coniuge sarà come un eunuco, cioè in stato di separazione ma con la permanenza del vincolo matrimoniale, senza la possibilità di risposarsi.

Alcuni interpreti sostengono che Gesù qui stia rispondendo all'accusa di essere egli stesso e anche i suoi discepoli degli eunuchi. Infatti era consuetudine che un rabbi rispettabile si sposasse e avesse una regolare famiglia. E la risposta di Cristo sarebbe, quindi, che qualcuno ha scelto di farsi eunuco a causa del regno dei cieli.

 

Prosegue la lettura di 1 Cor 7,15.

S. Paolo nei versetti precedenti ha invitato il coniuge credente a non ripudiare quello non credente (vv. 12-13), ma si puo' verificare il caso che il coniuge non credente voglia separarsi.

Siamo di fronte al c.d. "privilegio paolino". Per spiegarlo vi leggo il canone 1141 del codice di diritto canonico: "Il matrimonio rato e consumato non puo' essere sciolto da nessuna potestà umana e per nessuna causa, eccetto la morte". Leggo inoltre il canone 1143, che recita: "Il matrimonio celebrato fra due non battezzati per il privilegio paolino si scioglie in favore della fede della parte che ha ricevuto il battesimo per lo stesso fatto che questa contrae un nuovo matrimonio, purché si separi la parte non battezzata".

Così abbiamo il caso di uno dei due coniugi, tali per effetto di un matrimonio non cristiano, che successivamente sia divenuto cristiano. In questo caso se l'altro coniuge non battezzato acconsente a separarsi, il matrimonio si dà automaticamente come non avvenuto e il coniuge cristiano puo' nuovamente sposarsi. Siamo in presenza di un matrimonio non cristiano, costituito tra due persone non cristiane e quella delle due che lo diventa può contrarre un nuovo matrimonio se l'altra acconsente a separarsi.

 

Lettura 1 Cor 7,17-24

v.24 - Il versetto significa che a Corinto c'era gente che voleva separarsi dal coniuge per abbracciare uno stato di pseudo-verginità, oppure che c'erano persone che non volevano sposarsi.

Ecco le contraddizioni evidenti della comunità di Corinto: alcuni cristiani praticavano l'incesto, mentre altri volevano eliminare il matrimonio.

L'esclusione del matrimonio è stata da sempre la tentazione di alcune sette eretiche, come ad esempio quella dei manichei. A ben vedere l'inquisizione vescovile nacque - soprattutto nella Francia del Medio Evo - dalla necessità di evitare agli eretici di essere sterminati dai signori laici, perché una delle caratteristiche di certe eresie era proprio quella di eliminare il matrimonio (vedi i Catari) minando, così, le basi della società e, quindi, anche dello Stato secondo la concezione di quei tempi.

Poi, l'inquisizione, sorta con finalità di tutela delle persone rispetto agli arbitrii del principe, degenerò come tutte le cose umane, soprattutto in Spagna dove non era controllata dal papa ma direttamente dal re e dove venne usata anche per fini politici, per consolidare la corona.

 

 

 

Lettura vv. 25-31

Stiamo entrando nel rapporto tra verginità e matrimonio. Soffermiamoci sul v. 26 "..a causa della presente necessità (ananché)...." dove il termine "necessità" puo' voler dire la necessità di adeguarsi al regno che è stato inaugurato oppure di annunciarlo.

Comunque Paolo qui scrive alcune cose interessanti che sembrano dettate da una persona che ne ha esperienza. Questo brano, cioè, ci fa capire che l'apostolo era vergine, che avrebbe gradito che tutte le altre persone fossero state come lui e che era contento della sua condizione di consacrato totalmente a Dio, così come aveva fatto Gesù.

 

Sapete perché dal 1200 i preti cattolici non possono sposarsi per effetto di una legge della Chiesa?

Perché nel corso dei secoli è maturata - tra le altre - la riflessione che il sacerdote è colui che agisce "in persona Christi", che nell'amministrare i sacramenti ripropone in toto la figura di Cristo anche nel suo stato di vita. Davanti al popolo di Dio il sacerdote agisce come se fosse il Cristo e farà il possibile per rappresentarlo in ogni scelta della sua vita.

 

Proprio perché quella sul celibato sacerdotale è legge della Chiesa, la stessa Chiesa puo' dispensare dall'obbligo del celibato in casi gravi il sacerdote e consentirgli di contrarre il matrimonio religioso con l'obbligo, però, di non esercitare più pubblicamente il suo ministero sacerdotale. Tuttavia i sacramenti amministrati, in caso di necessità, da tali persone sono validi in quanto il sacramento dell'ordine - che è uno dei tre in cui viene usato il sacro crisma (come il battesimo e la cresima) - imprime il "carattere" che non puo' essere mai cancellato.

Attualmente è diffuso nella Chiesa il "diaconato permanente": persone sposate accedono al primo grado (il diaconato, appunto) del sacramento dell'ordine.

Aggiungo che può accedere all'ordinazione un uomo sposato mentre il diacono celibe non puo' sposarsi.

 

Gesù è consacrato interamente al Padre. Allora la verginità diventa imitazione di Cristo, del suo modo di essere e di vivere.

Paolo, che vive una situazione di verginità, cerca di recuperare il matrimonio alla sua vocazione originaria altissima in quanto ognuno ha il suo carisma. E il matrimonio, che viene da Dio, va vissuto mettendo al centro Gesù Cristo. Comunque, ogni cristiano, sposato o no, deve vivere mettendo al centro Gesù Cristo.

 

La verginità e il matrimonio rappresentano due vocazioni diverse che hanno un'unica origine e un'unica finalità: Dio.

 

Il Concilio Vaticano II ha aperto delle prospettive molto belle a livello vocazionale (pensiamo alle vocazioni sociali).

Il nostro Papa, attraverso le varie beatificazioni, sta proponendo alla Chiesa tutta una serie di vocazioni che i cristiani possono vivere. Cito, ad esempio, S. Giuseppe Moscati che, non consacrato e non sposato, ha speso la sua vita in pienezza esercitando la sua professione di medico.

L'importante è accogliere bene il senso della propria vocazione che non va vissuta con frustrazione.

 

Cristo è sempre il fine di tutto sia per la persona sposata che per la non sposata e richiede un rapporto diverso con tutta la realtà ("...quelli che hanno moglie vivano come se non l'avessero; coloro che piangono come se non piangessero..." vv.29-30). Dobbiamo agire nel mondo sapendo che non siamo del mondo perché Cristo ci chiama ad altro.

 

Terminiamo il nostro incontro con la lettura di Lc 9,57-62. ("Esigenze della vocazione apostolica") per capire che cosa significa mettere Cristo al centro: Egli è l'origine e il fine. E questo vale non solo per chi ha abbracciato la strada di consacrazione, ma per ogni cristiano.

 

Lettura Lc 14,25-27 ("Rinunciare a quanto si ha di caro").

Queste parole di Gesù risuonano nel cap. 7, vv. 29-30 della prima lettera ai Corinzi.

Secondo alcuni studiosi il verbo greco misei (odia) - v. 26 - andrebbe tradotto invece con "preferisce meno"

Gesù ha la pretesa di essere al centro dei nostri cuori e delle nostre vite.

 

 

 

XII lezione

Prima lettera ai Corinzi - continuazione

 

Abbiamo terminato la precedente lezione leggendo e commentando Lc 9,57-62 e Lc 14,25-27.

Cerchiamo di non fossilizzarci sul significato dei due stati di verginità e di matrimonio. Il Concilio Vaticano II, infatti, ha messo bene in luce che nella Chiesa è presente tutta una varietà di vocazioni. Lo stato di vita, potremmo dire, battesimale ha al suo interno tutta una serie di specificazioni. Pensiamo alle vocazioni sociali che sono proprie delle persone che, senza emettere voti di consacrazione e senza sposarsi, vivono in pienezza il loro essere cristiani, ad esempio aiutando la società e svolgendo in un certo modo la loro professione.

Tutte le vocazioni, comunque, trovano il loro compimento in Dio.

 

San Paolo, però, sostiene che il vergine e la vergine si preoccupano delle cose del Signore mentre lo sposato o la sposata si preoccupano delle cose del mondo secondo le esigenze del coniuge.

Teniamo anche presente che per il cristiano non esiste mai la contemplazione sterile: le più belle preghiere non servono a nulla se non portano ad un impegno concreto per il regno dei cieli.

Il grande rischio dello stato matrimoniale è costituito dalla divisione del cuore tra il coniuge e la famiglia da una parte e il Signore dall'altra. Invece non dovrebbe essere così perché il cuore di ogni cristiano è tutto di Dio.

 

Lettura del cap. 11,17-34. "Il pasto del Signore".

I cristiani di Corinto stavano facendo un'esperienza che si diffonderà poi nel secondo secolo (e anche oltre) e che successivamente molti vescovi - fra cui S. Ambrogio - proibiranno per impedire abusi. Si trattava dell'agape fraterna che consisteva nella consumazione di una cena normale prima della celebrazione dell'Eucarestia.

Questa specie di banchetto avveniva spesso sulle tombe dei martiri. Ma mentre alcuni cristiani portavano il cibo e lo condividevano con i presenti (agape fraterna), altri consumavano il proprio cibo e le proprie bevande senza renderne partecipi nemmeno i poveri. Per questo motivo S. Ambrogio proibì sulle tombe dei martiri la cena, che si era trasformata in gozzoviglie perdendo così una qualsiasi connotazione religiosa.

Ecco, perché S. Paolo interviene per condannare non tanto l'uso quanto l'abuso di quella consuetudine. Infatti la comunità di Corinto dimenticava che l'agape fraterna preparava la cena del Signore.

 

Al v. 23 Paolo scrive di avere ricevuto dalla tradizione della Chiesa il suo rito principale, l'Eucarestia, che era strutturata in modo diverso da quello attuale. Il rito, infatti, comprendeva l'ascolto della parola degli apostoli e la cena con il corpo di Cristo. Qui si parla della presenza reale di Gesù nell'Eucarestia: "Questo è il mio corpo..."(v. 24). E Paolo aggiunge:"...chiunque in modo indegno mangia il pane e beve il calice del Signore sarà reo del corpo e del sangue del Signore" (v. 27)

Di conseguenza l'Eucarestia non può essere preparata da una situazione in cui le disuguaglianze sociali e quant'altro (come le gozzoviglie e le dissipazioni) diventano il sistema più diffuso.

 

La cena del Signore

Vi ho consegnato la fotocopia dei brani, tratti dalla sinossi, che sono il resoconto della cena del Signore.

Lettura dei brani sull'istituzione dell'Eucarestia in Mt 26,26-29, in Mc 14,22-25 e in Lc 22,19-20 e 18.

I tre Vangeli usano, salvo piccole differenze, le stesse parole per descrivere l'istituzione dell'Eucarestia.

 

Lettura 1 Corinzi 11,23 e segg.

Per la cena del Signore viene adoperata una formula antichissima. E il sangue viene messo in relazione in relazione con l'alleanza.

Vedete come Luca, che ne è discepolo, ricalca molto da vicino Paolo? "Questo calice è la nuova alleanza nel mio sangue (v. 25).

E sia Luca che Paolo parlano della "nuova alleanza".

Perché il sangue è posto posto in relazione con l'alleanza? Leggiamo, per trovare una risposta,

Esodo 24,1-8.

Mentre l'olocausto consisteva nella totale distruzione della vittima con il fuoco (il fumo che ne saliva costituiva l'offerta a Dio), il sacrificio di comunione prevedeva che una parte della vittima fosse bruciata, una parte data ai sacerdoti per il loro mantenimento e un'ultima parte venisse consumata dall'offerente assieme alla sua famiglia.

Si tratta, quindi, di un sacrificio di comunione in quanto una parte della vittima era destinata al Signore e una parte agli uomini e, perciò, la stessa vittima metteva in relazione l'uomo con Dio.

Leggiamo che l'altare - che rappresenta Dio - è stato cosparso del sangue delle vittime. A questo punto il popolo deve dare la sua adesione all'alleanza, ne diventa parte contraente e viene asperso da Mosè con il sangue rimanente (Es 24,6-28). Il centro dell'alleanza è il sangue che mette in relazione Dio con il popolo.

Ecco, perché il sangue di Gesù è il sangue della nuova alleanza, il sangue dello stesso figlio di Dio che in sé riunisce l'uomo e Dio. E da quel momento non ci sarà più bisogno di nuovo spargimento di sangue perché l'alleanza di Gesù è eterna. S. Paolo sottolinea che il rito del pane e del calice è memoria e non semplicemente ricordo.

L'apostolo riprende i contenuti della Pasqua ebraica che era memoriale.

 

Memoriale significa non solo la realtà passata, ma una realtà passata resa presente e che anticipa l'escatologia e il paradiso. Ecco, perché quando ci nutriamo del corpo di Cristo noi - e lo dicono bene le preghiere dopo la Comunione - prendiamo un'anticipazione, un pegno della vita eterna. Ecco, perché bisognerebbe ben prepararsi prima di riceve l'Eucarestia.

 

Lettura di Esodo 12,1-14

Vediamo, tra l'altro, che in questo passo dell'Esodo c'è l'origine di un brano del Vangelo, che abbiamo ascoltato nei giorni scorsi, in cui si narra di Maria e Giuseppe che presentano Gesù al tempio e che devono riscattarlo proprio perché il Signore in Egitto aveva risparmiato il primogenito degli ebrei in quella notte. Il primogenito di ogni famiglia ebraica era sacro a Dio, e, perché il bambino tornasse ad essere dei genitori, questi dovevano offrire qualcosa in cambio al Signore.

 

Sappiamo che gli ebrei conoscevano una specie di consacrazione nel nazireato (i nazirei non si tagliavano i capelli come segno esteriore di consacrazione a Dio). Se un nazireo veniva a contatto con qualche cosa d'impuro, doveva essere riconsacrato per mezzo del sacrificio di due tortore e di due colombe.

 

Nell'Eucarestia, che è memoriale, abbiamo la presenza del Signore. Dopo la lettura dei brani di S. Paolo e dei Vangeli non possiamo avere alcun dubbio: il pane e il vino coincidono con il corpo e il sangue di Cristo. Questa è la fede delle due Chiese più antiche, la cattolica e l'ortodossa.

Sappiamo che gli ortodossi non conservano l'Eucarestia perché la consacrano e la consumano tutta durante la Messa, mentre noi cattolici la conserviamo principalmente per gli ammalati (e soprattutto come viatico per i moribondi) ed anche per l'adorazione.

 

Teniamo ben presente che dobbiamo capire l'importanza del sacramento dell'Eucarestia altrimenti, se vi ci accostiamo impreparati, mangiamo la nostra condanna.

Alcuni dei miracoli eucaristici più sensazionali sono accaduti proprio in riferimento ai dubbi del sacerdote che durante la celebrazione della messa consacrava il pane e il vino.