00 17/11/2012 16:31

SALMO 36

 

"Malizia del peccatore e bontà di Dio"

Lettura del salmo nella versione della Bibbia di Gerusalemme e nell'altra allegata.

E' un salmo molto bello, perché descrive l'umanità nei suoi estremi di malizia e di bontà. Il salmista presenta l'empio che si pone in contrasto con Dio.

L'avversario dell'empio non è mai l'altro uomo che egli vorrebbe calpestare, ma è sempre il Signore perché contro di lui l'empio agisce.

L'uomo che compie il male, nel momento stesso in cui si mette contro Dio è già sconfitto. La malizia umana non potrà mai vincere la bontà divina.

Evidenziamo che anche in questo salmo la vittoria spetta a Jahve e alla sua bontà.

Dal punto di vista letterale e stilistico si tratta di un salmo molto libero, non riconducibile a una famiglia ben precisa.

 

STRUTTURA DEL SALMO

vv.3-5

Si inizia con una tipica tematica sapienziale che fa apparire il salmo come appartenente alla "famiglia sapienziale".

Infatti contiene un'analisi pessimistica della malvagità umana che porta all'ingiustizia.

Sono temi cari alla sapienza, come il chiedersi il perché del male e dell'ingiustizia nel mondo. A questo proposito abbiamo ben presente il libro per eccellenza su questo argomento, il Qoèlet, che inizia con "Vanità delle vanità..".

vv. 6-11

Il salmo cambia decisamente tono e diventa un inno ( dovrebbe quindi appartenere alla "famiglia innica" che canta la giustizia divina). Si snoda un grande inno in onore del Dio giusto.

Nei versetti centrali risaltano la gioia e la pace e gli attributi divini che sono evidenti

nel v. 6 "fedeltà amorosa " e " fedeltà costante";

nel v. 7 "giustizia salvifica" e " giudizio secondo diritto";

nel v. 8 " fedeltà amorosa" e " rifugio sicuro".

Sottolineiamo, poi, quei simboli che in oriente sono molto importanti:

"cibo" e " acqua" nel v.9

"vita" e "luce" nel v.10

" fedeltà amorosa" e " giustizia che porta alla salvezza" nel v.11.

vv.12-13

Cambia ancora lo stile e il salmo diventa "supplica" rivolta alla giustizia divina, certezza del suo intervento.

 

I SIMBOLI

1) SIMBOLISMO SPAZIALE di cui il salmista si serve per dirci alcune cose . E' il classico schema quaternario ( quattro elementi): cieli, nubi, monti, abisso.

I cieli e le nubi richiamano una dimensione verticale verso l'alto; i monti e l'abisso una dimensione verticale verso il basso.

I monti, che sono la tradizionale residenza di Jahve il quale domina tutto l'orizzonte, danno anche l'idea della dimensione orizzontale.

Lo schema quaternario ci richiama i quattro elementi dei quali è composto il mondo oppure, ad esempio, i quattro punti cardinali.

E' un salmo che ci dà l'idea della concretezza, della totalità dell'amore di Dio.

Elenchiamo i quattro termini tecnici ai quali abbiamo già accennato:

a) hesed=fedeltà amorosa;

b) sedaqah=giustizia salvifica;

c) mispat=giudizio secondo il diritto

d) emunah=fedeltà costante.

Sono quattro grandi attributi divini che troveremo spesso nei salmi.

Allora Dio è il tutto, è la pienezza e il creato forma un'armonia piena, totale,

In proposito è facile ricordare Genesi 1, quando si annota di fronte ad ogni opera della creazione " Dio vide che….era cosa buona"; per non parlare della creazione dell'uomo, davanti al quale il Signore vide che era cosa molto buona.

In questo salmo , allora, intravediamo quasi un dimensione edenica ( da Eden) in contrapposizione con le immagini pessimistiche collegate al male.

II) SIMBOLISMO DELL'ABBONDANZA (rivedere la seconda parte del salmo 23, "il canto dell'ospite") che viene descritta soprattutto nei vv. 8-11 con immagini stupende per un popolo stanziato in una zona stepposa e desertica.

L'aggettivo " preziosa " ( in ebraico jaqar) che nel v. 8 denota l'incomparabilità, qualche cosa di infinitamente più grande di ciò che noi possiamo esprimere, cioè la grazia di Dio.

Nel v.9 è significativa l'espressione " si saziano dell'abbondanza della sua casa". La traduzione letterale sarebbe " si saziano col grasso della tua casa".

Una annotazione importante: nella società semitica il grasso non viene mai scartato, perché ritenuto la parte migliore, il segno dell'abbondanza e della gioia. Perciò le parti grasse delle vittime erano riservate a Jahve nei sacrifici di comunione, anche come simbolo dell'abbondanza.

Non per nulla tutte le pecore più redditizie in Palestina erano quelle dalla coda lunga, piena di grasso; code che costituivano il boccone più prelibato riservato al re.

Nello stesso versetto si canta l'abbondanza delle acque, rappresentatate dal torrente. Potremmo rileggere Ez.47, un brano profetico molto bello, che parla delle acque che escono dal Tempio, che formano prima un ruscello, poi un torrente, poi un fiume immenso che va ad irrigare la valle del Mar Morto e la rende fertile.

Ecco l'abbondanza di un'acqua che non soltanto scorre, ma riporta ala vita. Viene spontaneo, allora, pensare al nostro battesimo e all'episodio della donna samaritana al pozzo (Gv.4).

Nella Bibbia l'acqua simboleggi anche la sapienza che rende saggia la persona; cioè la sapienza divina che irrora l'uomo, tutti gli uomini che sanno accogliere il messaggio divino. Potremmo anche richiamare l'Eden (il paradiso terrestre che si supponeva collocato nella Mesopotamia, circondato da quattro fiumi, tra i quali il Tigri e L'Eufrate). L'Eden è un'immagine del passato, ma proiettata nel futuro (escatologia).

Quando sgorgherà l'acqua viva ci srà il paradiso di cui l'Eden era solo l'immagine.

 

III) SIMBOLISMO: LE IMMAGINI DELL'INTIMITA'

Il rifugio, ovvero in ebraico "hasah".

v.8 "si rifugiano" ha una valenza quasi militare. Richiama la sicurezza di un castello, di una rocca e, quindi, della rocca per eccellenza: il tempio di Gerusalemme ( e, poi, la Chiesa).

" Si rifugiano gli uomini all'ombra delle tue ali". Le ali sono un simbolo frequentemente usato nella Bibbia con riferimento a due uccelli in particolare: l'aquila e la chioccia.

In Mt. 23,37 Gesù dice "…quante volte ho voluto raccogliere i tuoi figli ......, corne una gallina raccoglie i pulcini sotto le ali ..."

Le ali danno un senso di protezione, come le ali dei due Cherubini che si univano quasi a dare protezione all'Arca dell'alleanza.

INTERPRETAZIONE DEL SALMO

Nei primi versetti del nostro salmo si parla dell'ateismo biblico che inpratica consiste: nel vivere senza curarsi di Dio.

Secondo l'ateo biblico non sussiste il problema di negare l'esistenza di Jahve; perchè tanto egli non agisce e lascia l'uomo abbandonato a se stesso.

Da tale atteggiamento discendono conseguenze terribili perché l'uomo si comporta da padrone, da prepotente e da violento.

Purtroppo è una concezione non solo biblica ma anche moderna.

Infatti oggi nessuno più costruisce, come nel secolo scorso, sistemi filosofici per negare l'esistenza di Dio, perché non interessa il fatto che Egli esista o meno.

Dio non rientra negli interessi dell'uomo moderno.

COMMENTO

Iettura vv. 2-5.

v.2 - "parla il peccato"

Traduzione letterale: "nel cuore dell'empio c'é l'oracolo del peccato."

L'uso del termine "oracolo" comporta uno stravolgimento di ciò che disolito la Bibbia adopera per definire la parola del Signore. Infatti "oracolo" è usato qui a proposito del peccato, che diventa così quasi una persona, la divinità dell'uomo empio, il quale non riconosce la rnaestà di Jahve, è idolatra (adora gli idoli) e non possiede altro dio che il peccato.

Il peccatore non ha " timor di Dio", che non è la paura di Dio, ma un atteggiamento religioso globale; è l'insieme dei sentimenti che l'uomo prova davanti al Signore.

V. 3

Risulta di difficile interpretazione a causa del testo piuttosto corrotto. Altra versione rispetto alla Bibbia di Gerusalemme:

"Egli adula troppo se stesso per poter trovare la sua colpa e detestarla".

Teniamo valido il nostro testo ("Poichè egli si illude con se stesso"). Il peccatore al centro) della sua vita pone il peccato e l'illusione di se stesso (come se il proprio io fosse un idolo). L'empio crede che ogni colpa, ogni peccato, sia un torto fatto a se stesso perchè non riconosce Dio.

II mondo del peccatore è chiuso, perchè egli non riesce a riconoscere la sua colpa e !a ricerca del peccato è una pura illusione per un essere ripiegato su se stesso. Se trovasse le sue colpe, l'empio dovrebbe fare i conti con il Signore.

V.4

"Vane e menzognere sono le sue parole"

Nella civiltà antica risulta importantissima la parola che dovrebbe essere il segno, l'espressione di ciò che è dentro di noi. A questo proposito Gesù non si stancava mai di tacciare di ipocrisia i farisei, perché le loro parole non corrispondevano ai sentimenti del loro cuore.

Ecco, il peccatore non riesce a creare unità tra parola e cuore perché le sue parole sono inique e fallaci, cioè "menzognere". Il v.4 sostanzialmente significa, che senza Dio è impossibile compiere il bene. il peccatore, ripiegato su sé stesso, è incapace di intrecciare relazioni autentiche sia perché non è illuminato dal signore, sia perché ha scelto come sua divinità il peccato.

v.5

"iniquità trama sul suo giacilio"

il" letto" o " giaciglio" su cui l'empio sviluppa le sue macchinazioni può avere due significati:

1) simbolo cristologico ( richiama la notte che a sua volta richiama il peccato);

2) simbolo psicologico ( nella Bibbia esprime spesso l'intimità, i sentimenti più profondi di una persona).

3) L'empio è costante e ostinato nel male e ciò impedisce la sua conversione.

 

vv.6-11

Ci introduciamo nel mistero dell'amore divino.

v.6

ALCUNE SOTTOLINEATURE

a) GRAZIA= hesed, parola che ritorna nel grande Halle (salmo136), tradotta con . " perché eterna è la tua misericordia".

La traduzione più appropriata potrebbe essere in questo caso: " fedeltà amorosa". E' la fedeltà All'alleanza, prerogativa principale di Jahve.

Infatti Dio è fedele in eterno.

Teniamo presenti altri significati di "hesed":

"tenerezza, grazia, e bontà";

b) "emet" o "emunah" (fede) da cui deriva la parola "amen" che significa: così è, in verità. Esprime il senso di una sicurezza, di una stabilità. Dio è stabile.

Se l'empio è costante nel peccato, il Signore è costante nella fedeltà e nell'amore. Viene spontaneo il parallelo con il mondo di oggi, sempre alla ricerca di certezze. Se noi cristiani vogliamo rendere un servizio autentico al mondo di oggi, dobbiamo dare la certezza di Dio.

v.7

ALTRE DUE PAROLE DA CONSIDERARE:

a) GIUSTIZIA=seda/pah, ossia " la giustizia di Dio" o, anche, "provvidenza salvifica di Dio".

Dio si manifesta nelle sue opere di salvezza: è giusto perché è provvidente;

b) GIUDIZIO=mispat, ossia il governo che il Signore esercita su tutto il creato.

E' l'alleanza stipulata con tutta la nazione (come narra il primo capitolo della Genesi) e che successivamente si approfondisce con altre alleanze (Noè, Abramo, Mosè, ecc. sino al singolo fedele).

vv 8-10

Qui. ci sono i simboli dell'abbondanza , di cui si è già detto, che ci richiamano le immagini della pace interiore e totale e della gioia del fedele.

v.11

Vengono ripresi i termini di grazia e di giustizia ed è tratteggiato il ritratto del credente, ossia di colui che:

l. conosce Dio ( conoscenza biblica ed esperienza intima e profonda del Signore);

2. è retto di cuore (secondo la Bibbia la rettitudine è propria di chi nella sua condotta di vita si ispira alla Torah.).

vv. 12-13

E' la supplica finale alla giustizia divina perchè Dio protegga efficacemente il suo fedele dal malvagio.

"non mi raggiunga il piede dei superbi…".

Questo desiderio, come vediamo spesso nei salmi, si basa sulle opere divine: io chiedo al

Signore di disperde i superbi perché l'ha fatto altre volte.

Le opere di salvezza fondano la nostra speranza futura

La sconfitta dell'empio è una certezza storica, anche se non sempre nella ,Bibbia; questa affermazione risponde a vcerità. Può capitare, infatti, che il malvagio sia apparentemente trionfante (libri sapienziali) e muoia senza punizione. Se il giusto e il peccatore finiscono entrambi nello "sheol" non risulta vera l'affermazione della certezza della sconfitta dell'empio.

Da questa riflessione si sviluppa, infatti, l'idea della resurrezione e della retribuzione, nell'aldilà. La nostra speranza nella resurrezione si fonda sull'opera storica del Signore, che ha fatto risorgere Gesù.

In questo modo possiamo affermare che Dio ha sempre trionfato.

vv. 8-11

Un'ultima annotazione interessante:

questi versetti vengono recitati ancora oggi dall'officiante durante il rito per l'imposizione del "manto della preghiera" (talled) al ragazzo ebreo di circa 12-13 anni, che diventa così a pieno titolo religiosamente adulto.

 

SALMO 36(35)

L'ATEO E IL CREDENTÉ:

QUANTO È PREZIOSA LA TUA GRAZIA!

L'argomentazione speculativa, non prelude alla fede. Gli. antecedenti della fede, sono dati dalla meraviglia e dalla lode come premesse. Noi lodiamo prima di dimostrare. Mentre per gli altri problemi noi dubitiamo prima di arrivare ad una decisione, nei riguardi di Dio cantiamo prima di formulare parole. Fino a quando non sappiamo in che modo lodarlo, non possiamo imparare a conoscerlo. La lode è la prima nostra risposta alla meraviglia. Che cos'altro ci rimane da fare di fronte al sublime se non lodare, arrossire per la nostra incapacità di esprimere ciò che vediamo e vergognarci per non sapere ringraziare della nostra facoltà di vedere?... Quando mente e anima si trovano in reciproco accordo, allora nasce la fede. Ma, prima, il nostro cuore deve conoscere il tremito dell'adorazione.

(Heschel A.J., L'uomo non è solo, Milano 1970. pp. 81-82).

1 AI maestro del coro. Del servo di Jahweh, di Davide.

2 Nel cuore dell'empio c'è I'oracolo del peccato,

davanti ai suoi occhi non c'è timor di Dio.

3 Egli adula troppo se stesso

per poter trovare la sua colpa e detestarla.

4 Vane e menzognere sono le sue parole

è impotente a capire e a fare il bene.

5 Trama iniquità sul suo giaciglio,

si ostina sulla via non buona,

non respinge il male.

6 Jahweh la tua bontà è nel cielo

la tua fedeltà fino alle nubi,

7 la tua giustizia è come i monti altissimi

il tuo giudizio come l'abisso immenso:

uomini e animali tu salvi, o Jahweh.

8 Quanto è preziosa la tua bontà, o Dio!

I figli dell'uomo si rifugiano all'ombra delle tue ali.

9 Si saziano col grasso della tua casa,

li disseti al tuo torrente paradisiaco.

10 È in te la sorgente della vita,

nella tua luce vediamo la luce.

11 Concedi la tua bontà a chi ti conosce

e la tua giustizia a chi ha il cuore retto.

12 Non mi raggiunga il piede dei superbi ,

non mi disperda la mano degli empi.

13 Ecco, cadono i malfattori,

sono abbattuti, non possono rialzarsi.

 

Salmo 51 - "Miserere".

Al maestro del coro. Salmo. Di Davide.

Quando venne da lui il profeta Natan dopo che aveva peccato con Betsabea.

Iettura del salmo nella versione della Bibbia di Gerusalemme. E' da tenere anche presente la traduzione allegata.

Il salmo 51 è l'espressione sintetica di quel respiro di dolore e di peccato che sale dal cuore dell'umanità di tutti i tempi e di tutti i luoghi.

Si tratta di una composizione molto bella, vicina all'esperienza di ogni persona. Ci offre una visione realistica dell'uomo che ha in sé anche il male, la tendenza al peccato (infatti non è intrinsecamente buono, nonostante i miti dell'illuminismo). Sottolineiamo anche un aspetto ottimistico: dove non può arrivare l'uomo arriva la misericordia di Dio. L'uomo, che sarebbe destinato al rimorso per avere peccato, s'incontra con l'amore misericordioso di Jahve che perdona e gli toglie, così, il rimorso

vv.1-2

Traduzione letterale:"Al maestro del coro. Salmo. Di Davide. Quando andò da lui il profeta Natan perchè era andato con Betsabea".

Questa versione evidenzia che in ebraico si usa il solo verbo "andare''' per esprimere due concetti ed è su tale gioco di parole che insiste il salmista.

Lo stesso verbo, cioè, viene usato sia per l'azione peccaminosa (Davide "era andato con Betsabea" sia per 'azione salvifica di giustizia misericordiosa che si manifesta attraverso il profeta Natal {che andò da Davide).

Sono due azioni contrapposte il peccato e la misericordia salvifica di Jahve, che riporta la giustizia.

Lettura attenta di 2 Samuele cap. 11 e 12, 1-13 che narrano episodi fra i più drammatici della Bibbia e della vita di Davide.

Una interessante annotazione a proposito di Uria l'Hittita {mercenario al soldo di Davide), che rifiuta di rientrare una sera nella sua casa come gli aveva chiesto il suo re.

Nell'antichità capitava spesso che i soldati impegnati in un'azione bellica facessero voto di castità, quale sacrificio propiziatorio per la riuscita della guerra.

Alcuni interpreti sostengono che Uria, pur essendo tornato vicino alla sua casa, continuasse a vivere il voto come fosse al fronte con i compagni.

Nello stupendo cap. 12 leggiamo una delle più belle parabole dell'Antico Testamento, quella narrata dal profeta Natan a Davide.

Riprendiamo le considerazioni sul salmo 51.

I vv. 1 e 2 vorrebbero come autore di questa composizione Davide, portato a pentirsi del suo peccato.

Quindi: Davide ha commesso un grave peccato; la parola di Dio tramite Natan arriva fino a lui Io induce a pentirsi; il perdono richiesto viene accordato.

Tuttavia l'attribuzione a Davide non é sicura, perchè sì notano diversi contrasti nell'opera. Ne evidenziamo due:

1- fondamentale è il contrasto tra il culto sacrificale e l'esigenza di un culto interiore. Il Signore non vuole tanto il fumo degli olocausti, i sacrifici e le preghiere, quanto iI cuore dell'uomo. Questo contrasto è tipico del profetismo collocabile nei sec. VII e Vl a. C.. Ad esempio, Geremia è contrario al culto esteriore.

Quindi, il salmo è attribuibile ad un'epoca successiva a quella davidica e, comunque, é indubbio che la parte più antica sia stata rimaneggiata con aggiunte posteriori;

2- in particolare i vv. 12-14 sono di epoca esilica babilonese, perchè in essi appare un termine tecnico proprio dell'esilio (bara =creare).

Inoltre, nei vv. 20 e 21 potremmo vedere delineata una imminente ricostruzione del Tempio nel quale finalmente si svolgeranno ancora i sacrifici antichi.

Nel "Miserere" convergono in sintesi Ie grandi idee del profetismo, ma non esposte in modo teologico o polemico, come erano soliti fare i profeti, bensì sotto forma di preghiera rivolta umilmente a Jahve.

STRUTTURA DEL SALMO

 

E' abbastanza semplice.

 

I^ parte.

vv.3-11 : descrizione del peccato, confessione della propria colpa, perdono- purificazione.

In particolare:

vv.3-4:invocazione;

vv. 5-8: confessione del peccato; perdono; vv.9-11 :invocazione di purificazione.

Al centro di questa prima parte si colloca il v.6 b, importantissimo per il salrnista che recita:" perciò sei giusto quando parli, retto nel tuo giudizio"

 

II^ parte

vv.12-19; protagonista è la grazia.

Nei vv.12 e 19 tornano due parole: " spirito e cuore".

II v.15 fa da transizione fra la prima e la seconda sezione della II^ parte. Quindi:

I^ sezione: vv.12-14: lo spirito dell'uomo

v.15: il passaggio;

II^ sezione:vv.l6-19: il cuore è il sacrificio gradito a Dio.

 

III° parte.

vv.20-2l:una conclusione liturgica.

 

Ricapitoliamo:

I^ parte: peccato-perdono

II^ parte: grazia

III^ parte: invocazione liturgica.

I SIMBOLI

I° tema simbolico: il peccato.

Fissiamo la nostra attenzione su tre parole:

pesa = ribellarsi (tipico del vassallo che non dà l'obbedienza dovuta al suo signore);

awon = torcere, curvare, attorcigliare (il peccato ci fa curvare, piegare su noi stessi);

hatta' = sbagliare bersaglio (chi sbaglia non centra il bersaglio che é Dio).

Ricordiamo che nel salmo 8 l'uomo appare come il vassallo di Dio, come colui al quale é stato data il potere su tutto I'universo. E il vassallo quando pecca si ribella al sua signore.

II° tema simbolico: la purificazione

vv.3e4;vv.9-11

v.3-"cancella le mie trasgressioni" oppure: "cancella il mio peccato".

Il verbo "cancellare" (mahah), preso dal linguaggio giuridico indica la cancellazione di una scrittura giudiziaria o commerciale (ad esempio): la cancellazione di un debito.

v.4- "lavami da tutte le mie colpe"

E 'tradotto con "lavare" l'ebraico "Kabas", che era un verbo comune nel mondo dei lavandai, dei tintori che cambiavano il colore dei tessuti.

Facile è il passaggio dalla nozione di lavaggio dei tessuti a quello di purificazione.

v.4b: "mondami dal mio peccato"

Il verbo "thaer" (mondare, essere puro) deriva da "thr'' (splendore). Potremmo anche tradurre: "rendimi splendente cancellando il mio peccato".

Nel v.9 tornano questi simboli e si aggiungono le immagini dell'issopo e della neve.

L'issopo è una pianta non ancora ben identificata, ma pare si tratti dell'origano o della maggiorana che spuntano ancora adesso fra i muri di Gerusalemme e in zone aride dell'oriente.

I rami dell'issopo sono usati come aspersori in alcuni rituali. Dalla Bibbia sappiamo che con essi si aspergevano persone mondate dalla lebbra oppure il popolo durante il rituale della Alleanza ( in quest'ultimo caso il ramo di issopo veniva intinto nel sangue).

La lebbra richiama il peccato; il sangue dell'agnello con il quale vengono lavati, cancellati i peccati. del popolo richiamano l'Alleanza.

"La neve". Al riguardo leggiamo Isaia 1,18.

Qui la purificazione è totale perché non rimane più nulla del colore iniziale.

La neve, quindi, richiama proprio il candore e lo splendore.

III° tema simbolico: somatico, cioè del corpo. E' riscontrabile in varie parti della composizione.

In questo salmo sono coinvolti i corpi degli uomini e, in senso antropomorfico, il corpo di Dio. Ricordiamo che nella Bibbia l'uomo è visto come un essere unitario (non tanto come diviso in anima e corpo) e, perciò. tutto ciò che era fisico aveva un significato anche morale e viceversa . Non per niente la lebbra era considerata il segno visibile dei gravi peccati di un uomo

Quindi secondo una mentalità diffusa in Israele prima di Gesù, ed ora ampiamente superata, il male fisico sarebbe in rapporto diretto con la condizione di peccatore.

A questo punto subentra lo spirito che dà vita e forza nuova alla persona.; spirito che forma e cambia il cuore.

IV Tema simbolico la: liturgia.

Ad esempio nel v. 15 leggiamo un simbolo liturgico là dove è scritto "Insegnerò agli erranti le tue vie".

In ebraico il verbo "insegnare" corrisponde a un termine tecnico usato per indicare la catechesi sulla Torah, cioè gli insegnamenti della Legge che portano le persone a proseguire sulla retta via.

Altro termine liturgico: "il sacrificio", che sarà quello del cuore, da una parte, e quello previsto dalla Torah, dall'altra.

Noi sappiamo che le due cose non sono disgiunte. Pensiamo alla Messa che dovrebbe vedere non solo la partecipazione dell'uomo con tutto se stesso (anima e corpo, per intenderci), ma anche del fedele con il suo cuore che da quel sacrificio viene; trasformato per diventare sempre più cuore che ama e che si dona.

V.16 - " La mia lingua esalterà la tua giustizia".

Il vocabolo "esaltare" richiama le danze rituali. Non si tratta soltanto di un'esultanza delle parole, ma anche dei gesti.

Altri simboli (liturgici sono, ad esempio, l'altare e I'olah, che è l'olocausto, cioè il sacrificio perfetto.

COMMENTO

Lettura del testo allegato.

vv. 3 - 4 : 1'invocazione e la richiesta di purificazione.

Balzano all'occhio le due realtà antitetiche: il peccato e Dio. Il peccato è ribellione al Signore e al suo progetto; è imperfezione, colpa, trasgressione, e si ritorce sempre contro l'uomo.

Ebbene, a quest'uomo imprigionato nel suo peccato Jahve si oppone con le tre azioni espresse dai verbi: cancellare, lavare, mondare.

(Questi due versetti richiamano Esodo 34 nel quale è contenuta una professione di fede con i tre attributi di Dio:

a) hanan = avere pietà (tipica caratteristica divina). sono belle; le sfumature sottintese in questo verbo

che è usato per descrivere il sovrano che si piega sui suoi sudditi per interessarsi a loro, che si china su di loro per portare la gioia.

(quindi, sono due le, sfumature del verbo "hanan": un chinarsi un essere attento per portare la gioia.

Allora potremmo dire che questo termine indica la "pietà amorosa" che induce Dio ad essere "grazioso", delicato e portatore di grazia.

b) Un secondo attributo divino, già trovato nel salmo 36, é "hesed", ossia la "fedeltà amorosa" di Jahve con tutte le sfumature già note di bontà, di grazia e di. tenerezza. La "fedeltà amorosa" di Dio è la base su cui ricostruire i rapporti con il peccatore.

il Signore perdona i peccati non perché siamo meritevoli di perdono, ma perché Egli è fedele e ci ama.

c) Infine: "rehem", tradotto con "misericordia", adoperato di solito il plurale, "rahamin", per significare "le viscere'' della madre. Questa parola è usata nella Bibbia riferita alla mamma. al papà, a Dio. Se vogliamo restare al significato del termine tecnico dobbiamo dire che è proprio per la madre e per Dio, per cui l'amore divino è come l'amore materno e le "viscere di misericordia" indicano l'amore del Signore.

Pensiamo, ad esempio, ai vari modi adoperati dai profeti per descrivere l'amore di Jahwe: amore sponsale, amore fraterno, amore materno.

Tuttavia tutti gli amori umani sono solo un'analogia di quello divino per noi. Nella Bibbia 1'amore più vicino all'amore di Dio è quello di una madre che ha tenuto il bambino nelle sue viscere.