00 16/11/2012 19:28

Capitolo 1 dell'Apocalisse

 

 

Lettura del prologo, vv. 1-3.

Siamo di fronte a una rivelazione fatta da Gesù Cristo (Colui che rivela) e "che Dio gli diede". Quindi Gesù è testimone perché il Signore gli ha dato da comunicare ciò che Cristo stesso ha visto e sentito. Nell'Apocalisse tutto è rivelazione di Gesù che si serve di un uomo, Giovanni, per trasmettere le "cose" ai suoi servi, cioè a coloro che credono in Lui e che beneficeranno di tale rivelazione.

Potremmo dire, sintetizzando, che:

1) il protagonista è Gesù;

2) il mediatore è Giovanni;

3) i destinatari sono i servi.

E' così succintamente spiegato anche il ruolo della Chiesa che ancora oggi funge da mediatrice, come Giovanni, fra Cristo e i suoi servi.

 

Chi sono i "servi", i destinatari dell'Apocalisse? I destinatari sono "colui che legge" e "coloro che ascoltano la parola" (v. 3) e sono introdotti dalla prima delle sette beatitudini contenute nel testo. "Beato chi legge e beati coloro che ascoltano".(v. 3). Questa prima beatitudine ci richiama il contesto liturgico della Messa: c'è chi proclama e chi ascolta e si fa istruire dalla parola di Dio. E proprio grazie a questa beatitudine comprendiamo che le "cose" scritte nell'Apocalisse sono per il bene di chi legge e di chi ascolta. Ne consegue che non si tratta di un libro catastrofico, ma di uno scritto di speranza, di felicità suprema, che si inserisce nell'annuncio della buona notizia alle Chiese perseguitate.

L'Apocalisse vuol far luce sul mistero di Cristo e della Chiesa e sulla storia umana e l'illuminazione progressiva ci porterà alla felicità.

 

Il contenuto del nostro libro è costituito da "le cose che devono presto accadere" (v. 1), cioè dalla storia umana illuminata da Dio che ci rivela, dal suo punto di vista, tutto ciò che deve accadere.

 

Nei versetti del prologo sono evidenti delle indicazioni di carattere temporale, cronologico. La prima è costituita dall'espressione: "le cose che devono presto accadere" (v. 1). "Presto" andrebbe qui tradotto "all'improvviso", "di sorpresa" e, quindi, avremo "le cose che devono accadere all'improvviso".

 

 

La seconda indicazione, la più importante, è data dall'espressione: "Perché il tempo è vicino" (v. 3) in cui è contenuta una parola-chiave usata non solo nell'Apocalisse, ma in tutto il Nuovo Testamento: "cairòs" anziché "cronos" che entra nella composizione di tante parole italiane (ad es. Cronologia, cronografia). Si tratta di un termine tecnico. "Cairòs" è presente in alcuni brani apocalittici del N.T. come Mt. 24, Mc. 13 e Lc. 21.

Per comprendere adeguatamente il significato di questa parola greca leggiamo in Lc. 19, 41-44, il "Lamento su Gerusalemme", brano particolarmente significativo. Nell'espressione "....non hai riconosciuto il tempo in cui sei stata visitata" è contenuto il termine "cairòs" che significa il "tempo decisivo", "il momento cruciale" in cui si deve fare una scelta. E solitamente nel N.T. indica il momento in cui si deve scegliere Cristo o gli altri. Qui "cairòs" significa anche l'oggi, il passato, ma anche il futuro, tutti i tempi in cui si deve prendere una decisione. Gerusalemme ha sbagliato, non ha saputo riconoscere il momento propizio in cui era stata visitata.

 

Un tempo può essere determinato, come nel nostro caso in cui c'è la presenza di Cristo che annuncia la pace, oppure indeterminato. "Cronos", termine greco al quale si era prima accennato, significa invece "il tempo che passa". Per noi discepoli di oggi è sempre "cairòs" perché in ogni momento dobbiamo operare la scelta o con Cristo o contro Cristo.

 

Il prologo, quindi, ci ha indicato alcuni elementi importanti: Gesù Cristo, le "cose" che devono accadere, Giovanni (il mediatore), ma soprattutto ci ha introdotto all'Apocalisse, un libro di speranza che porta alla beatitudine. Teniamo anche presente un avvertimento: "cairòs", il tempo della decisione, è vicino.

 

Indirizzo - lettura dei vv. 4-8

Ecco una solenne liturgia con il dialogo fra il solista (Giovanni) e l'assemblea.

Nella I parte (vv. 4-5) parla Giovanni;

nella II parte (vv. 5-7) risponde l'assemblea con le acclamazioni;

nella III parte (v.8) interviene Dio.

L'indirizzo ci dice che l'Apocalisse era destinata alla lettura nell'assemblea liturgica e che suscitava l'entusiasmo negli ascoltatori. I vv. 4-8 precedono le lettere scritte alle sette Chiese d'Asia.

 

v. 4 -

"...grazia a voi e pace..."

Giovanni con "grazia" e "pace" coniuga due culture diversissime fra loro: la greca ("grazia") e l'ebraica ("pace", "shalom"). L'autore dell'Apocalisse con tale saluto ci sta dicendo che Gesù Cristo ha costituito un solo popolo. Ed è una formula che ci indica la pienezza della salvezza; concetto che sottintendeva sempre "shalom", parola con un chiaro significato religioso e con la quale si augura la salvezza.

 

vv. 4-5

Siamo davanti a una stupenda formula trinitaria che, come tutto il brano, è un commento teologico non esplicito di Giovanni all'Esodo.

Per esempio, Es. 3 "Il roveto ardente".

"Dio disse a Mosè: Io sono Colui che sono. Dirai agli Israeliti:l'Io sono mi ha mandato a voi". In questo, che è uno dei brani più alti dell'A.T., Dio rivela il suo nome a un uomo, fatto inaudito nella prospettiva vetero-testamentaria, ma conserva comunque un mistero. Potremmo affermare che Dio è l'Esistente, l'Essere.

L'espressione "Io sono Colui che sono" è stata oggetto di varie interpretazioni sia nella Bibbia che nel rabbinismo. L'originalità di Giovanni sta nel non scrivere come nei testi rabbinici "Colui che era, che è, che sarà", ma nel definire Dio come "....Colui che è, che era e che viene" (v. 4). A questo proposito si legge Isaia 40, 1-11. Il Signore viene a liberare il suo popolo: nel brano di Isaia, dalla schiavitù babilonese, nell'Apocalisse, dalla persecuzione. E' il tema profetico di un Dio che viene a salvare il suo popolo e perciò entra nella storia.

Giovanni con "viene" vuole sottolineare che è il Dio della storia, del "cairòs" (ossia del tempo decisivo) che porta alla salvezza, e non il Dio astratto.

Conviene ripetere che si tratta di una delle definizioni più alte di Dio proposte dalla Bibbia: nella quale c'è tutta la teologia dell'Incarnazione. Non per niente è stata scritta da persona che ha vissuto l'esperienza di Cristo.

 

I lettera di Giovanni: vv. 1-4.

Riecheggia la solennità del prologo del Vangelo di Gv.:"In principio era il logos...". Qui è descritto il Dio che viene. Dio è il futuro già presente e il passato già futuro. "E il Verbo si fece carne": Gesù è qui adesso.

 

"sette spiriti" (v. 4)

Sette è un numero simbolico, espressione della totalità, e indica anche lo Spirito Santo.

 

v. 5 -

Il grande inno cristologico serve a Giovanni per illustrare ai lettori il triplice ruolo di Cristo:

1) testimone fedele;

2) primogenito dei morti;

3) principe dei re della terra.

 

E continua il commento dell'Esodo.

Ad esempio il v. 5b ci richiama l'agnello il cui sangue steso sugli stipiti delle porte salvò gli ebrei (Es. 12). Dio salva oggi la sua Chiesa così come aveva salvato gli ebrei dalla schiavitù con il sangue dell'agnello.

 

v. 6a -

E' facile ripensare al Sinai, alla grande Alleanza quando Mosè asperse con il sangue dell'agnello gli ebrei (Es. 24). La stessa materia, il sangue, unì l'altare, cioè Dio, e il popolo. Gesù viene riportato così dall'Apocalisse all'Alleanza primordiale del Sinai, al primo gesto di salvezza operato da Jahwe (la liberazione dall'Egitto) e oggi ci libera dalla schiavitù del peccato e fa di noi un popolo santo, "di sacerdoti".

 

Quindi:

1) Cristo è il testimone fedele che svolge un ministero, cioè ci dice (secondo Giovanni) chi è il Padre;

2) primogenito dei morti: morte e resurrezione di Gesù;

3) principe dei re della terra: glorificazione di Cristo.

v. 7 -

"...viene sulle nubi" Cristo. La nube è un elemento classico di tutte le teofanie. In proposito riandiamo a Es. 13 - lettura. La nube nasconde agli occhi degli egiziani gli ebrei che possono così varcare indisturbati il Mar Rosso. Notiamo che in tutta la Bibbia la nube indica sì un mistero, ma, anche, una presenza salvifica.

 

"...anche quelli che lo trafissero..."

Il versetto 7b richiama Zaccaria e anche il Vangelo di Gv. Si veda, ad esempio, il cap. 19, 31-37. Questo è un brano storico perché l'evangelista, che non ha mai citato esplicitamente la Scrittura, qui scrive "....perché si adempisse la Scrittura ..." e "...un altro passo della Scrittura dice ancora....".

Allora, quando leggiamo il v. 7 del cap. 1 dell'Apocalisse ripensiamo al v. 37 (Gv. 19,37) che ci riporta al dramma della morte, ma anche al S. Cuore, al dono del Sangue e dell'Acqua, alla Chiesa, ai Sacramenti.

 

 

Capitolo 1 (continuazione)

 

 

Ricordiamo che nel brano d'indirizzo avevamo sottolineato alcuni elementi: il saluto di Giovanni, le acclamazioni dell'assemblea e, infine, l'entrata in scena di Dio stesso che parla.

 

v. 8 - lettura

Il Signore si definisce con un'espressione che non compare in nessuna altra parte della Bibbia: "Io sono l'Alfa e l'Omega", cioè la prima e l'ultima lettera dell'alfabeto greco. Ciò significa che Dio è principio e fine di tutto e anche "...Colui che è, che era e che viene...", ossia l'Essere in perpetua azione. Il Signore aggiunge poi un attributo che compete solo a Dio Padre "l'Onnipotente", (in greco "pantocrator" cioè "colui che può tutto") termine che prende il posto dell'ebraico "Jahwe Sabaot" (="Dio degli eserciti"). "Onnipotente" è l'appellativo più tipico di Dio che veramente è Colui che può tutto. Teniamo presente che nell'Indirizzo sono delineati alcuni personaggi che entreranno poi a pieno titolo nel testo dell'Apocalisse.

 

vv. 9-20 "Visione preparatoria" - lettura

C'è un primo passaggio molto accentuato dal v.8, in cui Dio parla in prima persona, al v.9 che segna l'inizio della narrazione di Giovanni. Viene qui descritta la prima visione dell'Apocalisse, dalla quale emerge un personaggio misterioso, importante, "simile a Figlio di uomo", sfolgorante nei suoi abiti che denotano una particolare dignità.

 

vv. 9-10

"Io, Giovanni, vostro fratello...". Abbiamo già visto nell'Introduzione chi è questo Giovanni e soffermandoci sul v.9 notiamo che, come tutti i profeti, egli dà alla sua visione un contesto geografico (l'isola di Patmos), autobiografico ("Io, Giovanni") e anche temporale ("...nel giorno del Signore"). Per capire meglio la contestualizzazione di una visione leggiamo

Isaia 1,1

Il contesto dei profeti antichi è dato sempre da coloro che detenevano il potere politico, cioè dai re. Vediamo che l'epoca in cui Isaia profetizza è piuttosto prolungata nel tempo. A proposito dei re citati da Isaia leggiamo

2 Re 18, 1-8

in cui si parla del re Ezechia, figlio di Acaz che "fece ciò che è retto agli occhi del Signore" e

 

 

2 Re 16, 1-4

ove si narra del re Acaz il quale invece, "non fece ciò che è retto agli occhi del Signore suo Dio" e "...fece perfino passare per il fuoco suo figlio..." compiendo un sacrificio umano.

 

Perché questi esempi? Per dirvi che quando un cristiano legge la Bibbia e vuole fare una "lectio divina" deve cercare di collegare un brano all'altro. Vedete come da una visione inaugurale di un profeta sia possibile arrivare alla lettura di altri bani e, alla fine di un anno, avere al nostro attivo la riflessione su molti testi biblici.

 

L'autore usa l'espressione "rapito in estasi nel giorno del Signore...", cioè di domenica. Ciò significa che Giovanni vuole determinare non solo un giorno certo della settimana, ma un giorno estremamente simbolico, il giorno della resurrezione, del trionfo della vita sulla morte. Non per niente la domenica è definita "il giorno primo" e "il giorno ottavo". E' il primo giorno, il segno della novità di vita ma anche il giorno ottavo, nel senso escatologico del compimento dei tempi (la venuta di Gesù). Ecco perché la domenica è fondamentale per noi cristiani e anche i vescovi italiani ribadiscono in un recente documento che è "il giorno del Signore" e che non va considerato soltanto come un momento di riposo. IL centro della festa deve essere l'Eucaristia che ci riporta al giorno primo, quello della Risurrezione, ma anche al giorno finale che ha iniziato i tempi ultimi. E' triste constatare la scarsa presenza dei nostri bambini alla Messa domenicale. Viene da chiedersi che senso abbia oggi per le famiglie il giorno del Signore.

 

"Rapito in estasi" andrebbe tradotto dal greco con "Io fui in spirito". Significa che si tratta di una visione vera e propria. Di certo nella Bibbia l'uso di questa terminologia indica che ci troviamo di fronte a un intervento divino legato a una rivelazione, a una missione.

Leggiamo, ad esempio, quanto scritto in

Atti 11, 1-11 e in particolare soffermiamoci sul

v. 5 in cui si racconta di Pietro che giustifica la sua condotta dopo il battesimo dei primi pagani (non circoncisi). Anche qui sono narrate un'estasi e una visione come nel cap. 1,10 dell'Apocalisse. E proprio in tale visione viene detto a Pietro che tutto ciò che è purificato da Dio non può essere considerato immondo. In termini cristiani significa che ciò che Gesù Cristo ha salvato con il suo sacrificio non può esser escluso dalla salvezza. Ne deriva la missione affidata a Pietro: andare a battezzare chiunque, anche i non circoncisi. Nell'Apocalisse ci troviamo di fronte a un uomo chiamato Giovanni, che ha una visione, al quale viene affidata una missione proprio mentre si trova n un momento di tribolazione, quando è unito in modo particolare alla passione di Cristo perché perseguitato. Allora significa che Gesù è con lui non solo nella tribolazione ma anche nella vittoria. Giovanni è con Cristo sofferente per essere poi con Cristo glorioso. Sempre nel v.10 troviamo le tematiche tipiche della gloria: "...una voce potente, come di tromba...". Possiamo ricordare al riguardo la grande teofania del Sinai e alcuni brani apocalittici del N.T. già letti, in particolare

Mt. 24 e I Tessalonicesi 4

nei quali si incomincia a parlare di Cristo glorioso.

 

v. 11 - Le sette Chiese -

Il numero sette ha un valore reale ma è anche il simbolo della pienezza. Significa che questa visione è sì per le sette Chiese elencate ma è anche per la Chiesa nella sua totalità. Senza la Chiesa particolare non esiste la Chiesa universale e viceversa. La diocesi è la Chiesa nella sua perfezione in un territorio delimitato.

 

vv. 12-16 - lettura -

Descrizione della visione di un personaggio "simile a figlio di uomo". Per avere un termine di paragone leggiamo

Daniele 7, 9-14 "Visione del Vegliardo e del Figlio di uomo".

Per questo profeta "uno, simile a un figlio di uomo" è il misterioso messia escatologico, il messia-giudice che detiene un potere grandissimo in un regno che non finirà mai.

 

La prima parte della prima visione dell'Apocalisse ci induce a pensare al Cristo glorioso in un contesto di Tempio, di Chiesa e di preghiera (vedi "i candelabri"). Gesù Cristo, simile a "Figlio di uomo", ha ottenuto la vittoria sul male e con la sua Risurrezione sono iniziati sia la fine dei tempi che il tempo del giudizio. Gesù è re glorioso (vedere la "parabola del regno" nel Vangelo) di un regno vero, misterioso, incompiuto, ma in espansione. Si tratta di un regno quasi fisico, di un estendersi del regno dei cieli nel mondo.

v. 13 -

Il re glorioso indossa un abito particolare, l'abito del Sommo Sacerdote. Questo "Figlio dell'uomo", re glorioso e sommo sacerdote, assume le sembianze del vegliardo nel libro di Daniele. Ma mentre nel brano del profeta sono presenti due personaggi, nell'Apocalisse compare un solo personaggio, Gesù glorioso identificato con Dio. E' il Signore stesso, il re glorioso, il sommo sacerdote. Siamo di fronte a una teofania.

 

 

 

v. 16 -

Cristo ha potere sulla Chiesa. Pensiamo alla sette stelle nella mano destra che rappresenta la potenza di Dio. Gesù ha in mano le sette Chiese (anche in questo caso il numero è simbolico).

Infine un accenno a una bellissima espressione "...dalla bocca gli usciva una spada affilata a doppio taglio...". Allora per comprendere bene questa parte del v.16 leggiamo

Lettera agli Ebrei vv. 12-13

Ecco che il "Figlio di uomo" dalla cui bocca esce la parola divina (spada a doppio taglio) è riscoperto anche come profeta. Per conferma leggiamo

Isaia 49, 1-2 "Secondo canto del servo del Signore".

 

Nell'Apocalisse Cristo Signore è Dio nella sua triplice funzione di re, sacerdote e profeta. Siamo di fronte a una grande liturgia battesimale.

Giovanni a Patmos sta contemplando il suo essere un re, un sacerdote, un profeta perché è stato incorporato a Cristo. La prima parte della visione ci presenta dunque il Cristo glorioso, lo stesso Cristo che in modo rivoluzionario e sconvolgente diventa pane, cioè l'Eucarestia.

 

v. 17 - lettura -

Davanti all'apparizione Giovanni si spaventa. Concludiamo richiamando un brano evangelico particolarmente interessante

Lc. 5, 1-11

Anche qui assistiamo a una teofania

 

Capitolo 1 (continuazione)

 

Abbiamo concluso la scorsa lezione con la lettura dei primi versetti di Lc. 5 in cui Gesù si mostra senza particolare sfoggio di potenza e sale sulla barca di Simone. La reazione di Pietro è simile a quella di Giovanni, descritta in Ap. 1,17. Come a Pietro Gesù aveva detto: "Non temere; d'ora in poi sarai pescatore di uomini (Lc. 5,10), così al nostro autore "...disse: Non temere..." (v. 17).

Davanti a Dio, da Cristo in poi, non dobbiamo avere timore perché anche un peccatore come Pietro può essere chiamato a diventare "pescatore di uomini".

 

vv. 17-20 - lettura

Cristo, rivelandosi, attribuisce a se stesso delle caratteristiche che nell'A.T. sono tipiche di Jahwe, come, ad esempio, "Io sono il Primo e l'Ultimo e il Vivente" (v. 17), ma poi aggiunge un attributo suo proprio: "Io ero morto ma ora vivo per sempre e ho potere sopra la morte e sopra gli inferi" (v. 18). Il Cristo glorioso è passato attraverso la morte in croce per risorgere nella gloria. Gesù è "morto e risorto".

Cristo affida a Giovanni la missione di annunciare ciò che ha visto. E questa missione viene affidata anche a noi, oggi. Quando noi andiamo a Messa, ad esempio, e vediamo con gli occhi della fede realizzarsi il mistero pasquale abbiamo poi il compito di annunciarlo ai nostri fratelli. Parliamo a tutti con semplicità per rendere ragione della nostra speranza, della gioia che è in noi.

 

Giovanni deve annunciare non solo ciò che ha visto ma anche quanto il Signore gli dice. Gesù Cristo stesso gli suggerisce l'interpretazione delle visioni. E' importante vedere con gli occhi della fede la decodificazione dei fatti che noi viviamo. Teniamo presente che la decodificazione è quanto ci viene detto oggi dal Cristo vivente, ossia dalla Chiesa. Ecco perché è necessario leggere i documenti ecclesiali (almeno uno all'anno!) Interessante, ad esempio, è "L'istruzione sul ruolo e il ministero dei laici", il recente documento, pubblicato su "Avvenire", che indica fra l'altro una chiara distinzione fra il ruolo dei laici e quello dei sacerdoti.