00 16/11/2012 20:43

Capitolo 20

 

 

vv. 1-15 - lettura

Si tratta di un capitolo difficile e contorto ed è uno di quelli che più hanno avuto successo anche in senso negativo.

Il simbolismo dei mille anni risulta di difficile spiegazione. Nel corso dei secoli sono state date essenzialmente due interpretazioni: una letterale e l'altra simbolica.

Interpretazione letterale è, ad esempio, quella dei Testimoni di Geova secondo i quali avverrà una prima resurrezione (v. 5); in seguito ci sarà una seconda possibilità. Chi non diverrà Testimone di Geova prima della seconda resurrezione morirà in eterno.

Per l'interpretazione letterale sono evidenti le difficoltà circa la decorrenza dei mille anni: il conteggio inizia dalla nascita o dalla morte di Cristo, oppure dalla data dei fatti che vengono descritti nell'Apocalisse?

 

Una spiegazione simbolica, ma in senso terreno, venne fornita da S.Agostino, per il quale i mille anni costituivano il tempo di durata della Chiesa sulla terra dalla risurrezione di Gesù al suo ritorno finale.

Secondo altre interpretazioni simboliche, ma in senso totalmente celeste, i mille anni indicherebbero un tempo di massima, un modo per dire che il regno di Cristo si realizzerà certamente nell'escatologia e non sulla terra. Di conseguenza noi regneremo con Lui nell'eternità.

 

Questo capitolo ci offre una serie di visioni introdotte da "vidi" (vv. 1 e 4, ad esempio). All'inizio ci viene presentato un angelo più potente dei precedenti il quale "afferrò il dragone, il serpente antico - cioè il diavolo, satana - e lo incatenò per mille anni; lo gettò nell'abisso...".(v. 2).

Rieccheggia qui il cap. 12 del Vangelo di Giovanni in cui si parla della glorificazione di Gesù attraverso la morte (vv. 20-33). Ora, nell'Apocalisse, si realizza la grande vittoria con la cacciata del principe di questo mondo. Allora il cap. 20 non può essere che un brano che tiene sullo sfondo il trionfo di Cristo.

Un dato è certo: Gesù Cristo vince il dragone e l'ultimo nemico a venire gettato "nello stagno di fuoco" (v. 14) è la morte. Quindi la vittoria divina è totale. In ogni caso il dragone soggiace alla volontà e al progetto del Signore.

 

 

 

"Dopo questi dovrà essere sciolto per un po' di tempo." (v. 3b).

Al riguardo ricordiamo quanto detto commentando il Vangelo di Luca: "dovrà", "deve" sono forme verbali (da greco dein) che indicano il progetto divino. Quel "dovrà" significa che proprio Dio ha stabilito che il dragone verrà "sciolto per un po' di tempo". Di conseguenza non meravigliamoci quando sembra che il male sia all'opera nel mondo. Si tratta del diavolo libero di operare per qualche tempo.

 

Accenniamo ora ad una interpretazione tolta dall'Apocalittica giudaica (e poi ripresa, ad esempio, dai gruppi avventisti di matrice protestante) la quale, partendo dalla Genesi - in cui è scritto che il Signore ha creato il mondo in sei giorni e il settimo giorno si è riposato - e da un salmo che recita "un giorno per te è come mille anni", sostiene che un giorno di Dio varrebbe mille anni dei nostri.

Di conseguenza i sei giorni della creazione sarebbero durati seimila anni e il settimo millennio (che corrisponde al settimo giorno) costituirebbe i mille anni del Regno di Dio.

Si tratta evidentemente di calcoli assurdi.

Anche nella chiesa cattolica, soprattutto ad opera di cristiani bollati poi come eretici, è sempre stata presente la tendenza al millenarismo (ricordiamo, ad esempio, nel medioevo, Gioachino da Fiore).

 

v. 4 - Qui si parla del regno dei giusti, cioè dei martiri e di coloro che non si sono fatti segnare con il marchio della bestia. Costoro sono associati alla risurrezione di Cristo. Ciò vuol dire che la vittoria sul male operata da Gesù coinvolge tutti i giusti e che anche le nostre opere buone contribuiscono, nel loro piccolo, ad eliminare il male nel mondo. Quando nella Messa proclamiamo: "Ecco l'Agnello di Dio, ecco Colui che toglie i peccati del mondo...", anziché "i peccati" sarebbe forse meglio dire "il peccato" perché Cristo ha sconfitto il Peccato. Sta a noi, invece, eliminare ogni giorno i peccati piccoli e grandi che commettiamo. In tal modo entriamo nella dinamica delle resurrezione.

Satana, anche se liberato, contribuisce alla sconfitta finale di tutti i nemici di Dio, perché li raduna facilitando, di conseguenza, il compito divino.

E nei vv. 9 e 10 si parla proprio della vittoria del Signore.

 

Concludo con una bella immagine di Teresa d'Avila, vissuta all'epoca della Riforma protestante. La santa sosteneva che la Chiesa fosse assediata dai nemici e che i monasteri delle suore di clausura costituivano delle piccole fortezze nelle quali venivano addestrati i soldati di Cristo. Ovviamente l'addestramento consisteva nella preghiera costante, assidua, totale, per la Chiesa che non potrà mai essere vinta.

 

Capitolo 20 (continuazione)

 

vv. 11-15 - lettura

La scena descritta richiama il giudizio universale: una risurrezione di tutti, "grandi e piccoli" (v. 12). Non si distingueranno i potenti e i miserabili, i ricchi e i poveri, perché i criteri di giudizio divini saranno ben diversi da quelli terreni. L'umanità intera si presenterà, così, davanti a Dio.

 

"Furono aperti dei libri" (v. 12)

L'espressione richiama molto l'Apocalittica giudaica del tempo. Alcune tradizioni parlavano di libri in cui erano scritte minuziosamente le varie opere compiute dagli uomini. Anche nelle nostre tradizioni si racconta del libro bianco nel quale sono annotate le buone azioni, e del libro nero con elencate le nostre malefatte.

Nell'Apocalisse, peraltro, si parla di un libro fondamentale, il libro della vita, cioè il libro della vita dell'Agnello. E noi sappiamo che in esso sono scritti i nomi dei martiri, cioè di coloro che hanno lavato le loro vesti nel sangue dell'Agnello, che hanno dato testimonianza con la loro vita. Non a caso le cause di beatificazione dei martiri necessitano soltanto della attestazione che costoro sono morti per testimoniare la fede; non sono richieste le prove dei miracoli.

Il libro della vita, quindi, è di gran lunga superiore a tutti gli altri in quanto vi sono enumerati i testimoni, i martiri; i morti per Gesù Cristo.

 

"...ciascuno venne giudicato secondo le sue opere." (v. 13b)

E' importante sottolineare che tutti i convocati per il giudizio saranno giudicati secondo le loro opere. L'Apocalisse è chiara su questo punto: chi ha compiuto opere di bene avrà una risurrezione di felicità e, al contrario, chi si è comportato male avrà una risurrezione di infelicità ("...fu gettato nello stagno di fuoco" e "questa è la seconda morte...". vv. 15 e 14). Ovviamente non si intende parlare della morte dell'anima, ma di uno stato di infelicità perenne, eterno. Ciò significa che le nostre opere di misericordia sia spirituale che corporale sono importanti.

Come ho detto più volte, noi non dobbiamo necessariamente sostenere qualcuno materialmente, ma dobbiamo sicuramente aiutare il nostro prossimo ad andare in Paradiso.

 

Dalle riflessioni sul cap. 20 si ricava il principio che Dio guida la storia e che, perciò, il male non può prevalere.

Dobbiamo anche sottolineare l'importanza del tempo presente: oggi non si deve adorare la bestia. Si tratta del "carpe diem" di Orazio ma da un punto di vista cristiano: cogli l'attimo perché oggi ti è concessa ancora una giornata per poter amare Dio e i fratelli, per poter adorare il Signore soltanto e non la bestia. Domani potresti già essere chiamato a rendere conto dell'oggi.

Ecco, allora, che la presenza del male e del maligno nel mondo va letta in questa prospettiva: Dio guida la storia e il male non prevale; oggi per noi è importante adorare il Signore e non la bestia.

 

La presenza di satana nel mondo risulta svuotata dall'interno; è la presenza di chi è già sconfitto, di chi dispone di un tempo breve e che è un nulla rispetto ai mille anni di Cristo. Perciò, sapendo che il male è già sconfitto, possiamo guardare ai fatti della vita con ottimismo.

 

 

Capitolo 21 e 22

 

Lettura dell'intero cap. 21 e dei vv. 1-5 del cap. 22.

 

Siamo di fronte a tre quadri, distinti fra loro, la cui descrizione va letta in modo consecutivo:

I quadro 21, 1-8

II quadro 21, 9-27

III quadro 22, 1-5

 

Il primo quadro ci presenta la nuova Gerusalemme, tutta oro e pietre preziose, ben diversa dalla città di Babilonia, la prostituta, rivestita di ornamenti ma madre di tutte le prostituzioni.

"Ecco la dimora di Dio con gli uomini!

Egli dimorerà tra di loro

ed essi saranno il suo popolo..."

Questo versetto 3 ci richiama il prologo di Giovanni:

"E il Verbo si fece carne

e venne ad abitare in mezzo a noi..."(v. 14)

Ricordiamo ancora una volta che la traduzione esatta dei verbi "abitare" e "dimorare" è "porre la tenda". Di conseguenza, diremo:

"Ecco la tenda di Dio con gli uomini!

Egli porrà la tenda tra di loro..." (Apoc. 21,3)

e "...e pose la sua tenda in mezzo a noi..." (Gv 1,14)

 

La tenda racchiude in sé almeno due immagini: quella del cammino (è un Dio che cammina con il suo popolo) e quella del pastore nomade (Dio pasce il suo gregge camminando con le sue pecore).

Ecco la tenda di Di in mezzo a noi!

Notiamo che fin dall'inizio il primo quadro sviluppa il tema della novità: la Gerusalemme nuova è inserita in un contesto nuovo. "Vidi poi un nuovo cielo e una nuova terra..." (21,1).

Soffermiamoci un attimo sul v. 5: "Ecco, io faccio nuove tutte le cose..." in cui "faccio" è la traduzione di un termine tecnico della creazione (il verbo greco poieo) che significa, appunto, "creo". Il Signore sta facendo una nuova creazione, che non è futura perché il verbo viene espresso al tempo presente.

Quindi, la nuova creazione è già in atto; Dio non attenderà la fine dei tempi per donarci la gioia, per toglierci il lutto, la morte, il lamento e l'affanno. Il Signore già oggi crea cose nuove, che porterà evidentemente a compimento nella loro pienezza alla fine dei tempi, quando lo incontreremo.

Credo sia fondamentale riflettere su questi concetti perché siamo di fronte a una situazione non solo di consolazione, ma d'impegno. Adesso Io, Dio, e tu, uomo, facciamo qualche cosa di nuovo.

La prospettiva cambia diametralmente: i semi del regno (il granello di senape, ad es.) sono già piantati e stanno crescendo.

E' bello sentirsi parte di questa novità perché con il battesimo noi siamo entrati nella nuova creazione, primizia della comunione piena con Dio alla fine dei tempi. Il nostro Signore è il Dio dell'Alleanza che non rinnega mai il suo popolo e il patto che ha stabilito con lui.

 

Lettura di Isaia 25, v. 6 e seguenti.

In Apocalisse 21, come in questo brano profetico, si possono distinguere due momenti: il primo con una visione di speranza, di apertura ("A colui che ha sete darò gratuitamente acqua della fonte della vita" - v. 6) e un secondo momento di condanna ("Ma per i vili e gli increduli, gli abietti e gli omicidi, gli immorali e i fattucchieri, gli idolatri e per tutti i mentitori è riservato lo stagno ardente di fuoco e di zolfo." v. 8).

Appare chiaro il richiamo profetico alla possibilità di entrare nella categoria dei codardi, di quanti - cioè - non hanno avuto il coraggio di testimoniare.

 

In proposito sappiamo che successivamente agli anni 90 d.C. sorse nella Chiesa il grande problema dei "lapsi", cioè di coloro che nella persecuzione non erano stati coerenti, avevano abiurato e sacrificato agli idoli e che poi, con il ritorno alla normalità, avevano chiesto di essere riammessi nella comunità ecclesiale. Coloro che erano stati perseguitati si opposero, però, a questa riammissione pretendendo che fosse subordinata ad un nuovo battesimo, perché ritenevano che rinnegando Cristo i "lapsi" avessero addirittura cancellato il loro battesimo.

Sulla questione avvenne un grande dibattito nella Chiesa, con il rischio di scismi, fino a quando non prevalse l'opinione di Cornelio, vescovo di Roma, e di Cipriano, vescovo di Cartagine, secondo la quale il battesimo non poteva in ogni caso essere cancellato, nemmeno dal peccato più grave. Quindi i "lapsi" sarebbero dovuti essere riammessi nella comunità ecclesiale, magari attraverso un percorso penitenziale, ma senza essere ribattezzati.

 

Concludiamo le considerazioni sul primo quadro dicendo che Cristo oggi si incontra nella Chiesa, nuova Gerusalemme e centro della nuova creazione. Di conseguenza dobbiamo adoperarci per migliorare la nostra comunità ecclesiale in modo che "...i vili e gli increduli, gli abietti e gli omicidi, gl'immorali, i fattucchieri, gli idolatri..." (21,8) e i mentitori diminuiscano e aumentino, invece, gli iscritti nel libro della vita.

La Chiesa è fondamentale per poter vivere fino in fondo l'esperienza di Cristo.

 

Il secondo quadro ci raffigura la nuova Gerusalemme, la città santa, ben differente da Babilonia, ricca di esteriorità e destinata a perire. Gerusalemme, ricca ma per essenza, dotata di ricchezze interiori, non rappresenta una città vera e propria, ma la comunità ideale in generale. Nel v. 16 è descritta a forma di cubo con ogni faccia, ogni fronte, uguale all'altra.

La città santa non è travestita (come Babilonia) in quanto racchiude in sé il Signore,tanto da non aver bisogno del tempio perché il contatto con Dio è immediato.

Ripenso a tante descrizioni dei Padri che paragonano la Chiesa, per esempio, a una corona regale d'oro, adornata di pietre preziose, oppure a un giardino con molteplici varietà di pianti e di fiori. Le pietre preziose, i fiori e le piante simboleggiano le varie membra della Chiesa, che è una comunità con in sé una preziosità che le deriva da Dio. In questa luce, allora, riscopriamo la vocazione di ciascuno di noi secondo la propria differente condizione (laico, sposo, sacerdote...). Noi siamo come pietre preziose incastonate nell'edificio di Dio, nella Gerusalemme santa.

Si potrebbe vedere un parallelo di quest'immagine in Ezechiele 48.

La nuova Gerusalemme finalmente si rivela come la sposa dell'Agnello.

Siamo di fronte a una nuova creazione. Non ci saranno più le maledizioni post-edeniche (Genesi 3) perché ormai cancellate dal sangue dell'Agnello. Consideriamo anche che le nostre sofferenze, i nostri sacrifici sono salvifici perché ricolmati di significato dal sangue dell'Agnello. La passione e la morte di Cristo ci insegnano pur qualcosa.

Questo significa far parte della nuova città santa nella quale confluiscono tutte le genti

("Le sue porte non si chiuderanno mai..." (v. 25)

e nella quale "Non entrerà...nulla d'impuro,

né chi commette abominio o falsità

ma solo quelli che sono scritti

nel libro della vita dell'Agnello" (v. 27))

 

Leggere:

Michea 4, 1-5 "Il regno futuro del Signore a Sion";

Gioele 4, 20-21 "Era paradisiaca della restaurazione di Israele";

Isaia 2, 2-5 "La pace perpetua".

 

La nuova città fondata sugli apostoli (v. 14) è perfettamente simmetrica; è una costruzione spirituale.

Potremmo tenere come sottofondo a questo brano dell'Apocalisse il cap. 4 del Vangelo di Giovanni ("Gesù dai Samaritani"): "...i veri adoratori adoreranno il Padre in spirito e verità..." (v. 23).

Non ci sarà più bisogno del tempio di Gerusalemme né di quello del monte Garizim: basterà mettersi nell'ottica di Dio adorandolo "in spirito e verità". (v. 24).

 

Il terzo quadro: la nuova Gerusalemme, giardino di vita. Siamo anche qui nel clima dell'Eden.

L'ultimo episodio della Bibbia (Apocalisse 22, 1-5) richiama l'inizio della stessa Bibbia (Genesi) con la creazione e la caduta dell'uomo. Ora si parla della nuova creazione (e non più della caduta) e della gioia di essere perennemente con il Signore. Ecco la grande speranza che infonde la Bibbia!

In Genesi si parla dell'albero della vita che viene sottratto subito all'uomo, mentre in Apocalisse 22 troviamo "...un albero di vita che dà dodici raccolti e produce frutti ogni mese; le foglie dell'albero servono a guarire le nazioni" (v. 2). Qui la vita viene distribuita in pienezza.

Nuovamente rieccheggia il cap. 4 di Giovanni nel quale si parla del pozzo di Giacobbe e dell'acqua viva (che va letta simbolicamente). Siamo davvero alla comunione piena con Dio e alla luce piena, al giorno senza fine (Ap.22,5): "Non vi sarà più notte...".

Dobbiamo allora cominciare a gustare tutto questo ogni volta che celebriamo l'Eucaristia, nella quale incontriamo il Signore. Dopo la comunione noi siamo come delle arche sante che portano Gesù per il mondo, siamo come dei "Cristofori".

Sono convinto che sia molto bella la visione terminale dell'Apocalisse in parallelo con l'episodio iniziale della Bibbia.

 

Stiamo vivendo una primavera della Chiesa: oggi lo Spirito soffia e ci provoca con le sfide del nostro tempo. L'incontro con le altre religioni, ad esempio, è impegnativo ma ci deve entusiasmare.

 

Concludiamo dicendo che il nostro capitolo è aperto alla speranza, ma contiene anche un invito alla conversione. Speranza e conversione vanno di pari passo e guai se non fosse così: la speranza diventerebbe fatalismo e la pigrizia prenderebbe il sopravvento (e con essa il nostro egoismo).

 

Un'ultima considerazione sui mentitori (21,8 e 27) che non sono soltanto coloro che dicono il falso, ma anche quelli che vivono nella falsità continua, che adorano i falsi dei, che vivono una vita di menzogna inseguendo ciò che è falso.