00 15/11/2012 23:33

Deutero-Isaia - continuazione

Concludiamo oggi la parte generale riguardante il Secondo Isaia. Poi, per la prima volta quest'anno vi proporrò un esempio di esegesi prendendo in esame " I canti del servo di Jahvè". Cercheremo di comprendere ciò che il profeta ci vuole comunicare attraverso un testo tanto complesso.

Nella precedente lezione abbiamo notato che Dio si presenta come "Goel" (il Redentore) e abbiamo visto, inoltre, che il vero protagonista degli esodi è Dio e che un elemento comune ai due esodi è la liberazione dalla schiavitù (da Egitto e da Babilonia)

3-Un altro elemento comune alle due situazioni è il deserto che nell'esodo dall'Egitto si presentava come ostile in quanto considerato, soprattutto, il luogo delle tentazioni che mettevano a dura prova la fede di Israele. Il deserto veniva visto come un ostacolo nel rapporto tra Dio e il suo popolo, tanto che gli Israeliti rimpiangevano il benessere alimentare del quale avevano goduto in Egitto.

Nel secondo Isaia, invece, il deserto non viene affatto ritenuto un elemento ostile, anche perché era cambiata la situazione psicologica degli esiliati.

Leggiamo in proposito Is. 40,1-5 " Annuncio della liberazione".

Notiamo in questi famosi versetti, che i Vangeli riprendono per parlare di Giovanni il Battista, una particolarità. Infatti in Mt. 3,3 è scritto :" Voce che grida nel deserto; preparate la via del Signore....", mentre il nostro profeta nel passo corrispondente si esprime così : " Una voce grida : nel deserto preparate la via del Signore ....." (40,3).

Ciò conferma che vari testi dell'Antico Testamento sono stati rielaborati e interpretati nel Nuovo , come poi vedremo a proposito del" servo di Jahvé".

L'immagine del deserto presente nel brano profetico elimina già tutti gli ostacoli, perché proprio in questo luogo si preparerà il percorso che porterà il popolo da Babilonia nuovamente alla libertà.

Lettura di Is. 41,17-19 " Israele scelto e protetto dal Signore".

Il deserto rifiorisce perché le meraviglie del Signore sono infinite. E la terra arida, allora , assume per certi aspetti una connotazione singolare : mentre durante 1'esodo il deserto era molto ostile e luogo di prove tremende, nel ritorno da Babilonia diventa anticipazione del Paradiso . Percorrendo la lunga strada del ritorno gli Israeliti immaginano le delizie che troveranno in patria. Allora, il cammino verso la propria terra costituisce un duplice ritorno:

a) a Dio . Il popolo torna al suo Signore. E vedremo che il mediatore principale di questo ritorno sarà proprio il servo di Jahve;

b) a Gerusalemme.

Ma tale ritorno appare duplice anche in un altro senso; infatti, non è solo del popolo , ma anche di Dio, un Dio che condivide le sorti del suo popolo.

Il Deutero - Isaia ci presenta, in una prospettiva diversa da quella espressa in Ezechiele , 1'andarsene del Signore da Gerusalemme. Ora Dio si allontana per condividere le angosce e le sofferenze del suo popolo in esilio. E adesso il Signore ritorna con il suo popolo.

Leggiamo, allora, Is. 52,7-10 " Annuncio della salvezza"

Il secondo Isaia ci invita a non disperare mai ; anche se siamo angosciati il Signore è al nostro fianco. Ecco, il grande messaggio di speranza del profeta. Anche nella deportazione Dio è accanto al suo popolo e provvede a sostenerlo nelle difficoltà. Sappiamo che il cammino nel deserto ha come punto di arrivo Gerusalemme. E qui notiamo la ripresa - che ormai conosciamo bene - del tema davidico: l'elezione di Gerusalemme e l'elezione di Davide.

Leggiamo " la gioia del ritorno " in Isaia 49, 8-17

Nei vv. 16-17 troviamo un'immagine stupenda. Ecco, tornano in auge Gerusalemme e la dinastia davidica.

4 - Altro elemento comune ai due esodi : le resistenze.

Il piano divino viene, comunque, osteggiato. Ricordiamo che nell'esodo dall'Egitto si oppongono al disegno di Dio il faraone, il cosmo ( che è rappresentato dal Mar Rosso), la natura ( il deserto) il popolo stesso che resiste. Nella vicenda narrata da Isaia la resistenza , che sarà stroncata dall'arrivo di Ciro, è costituita da Babilonia.

Un altro ostacolo è rappresentato dalle divinità babilonesi non tanto perché esse si oppongono direttamente ( sono idoli costruiti dalle mani dell'uomo), quanto perché attirano il popolo. Potremmo dire che gli idoli si oppongono indirettamente a Jahve, perché il popolo dà loro credito e si chiede se 1'artefice vero della potenza di Ciro sia il Signore oppure Marduk.

Leggiamo ora su questo argomento Isaia 46.

Notiamo, infine, che il popolo stesso si oppone resistendo alla speranza e alla sua liberazione. Lettura Is. 40, 27-31 - " la grandezza divina" .

Il popolo si stanca e protesta, ha paura ( Is. 41,8 e segg. ); è cieco e sordo e, oltre tutto, nostalgico come abbiamo visto anche in Ezechiele ( cap. 43, 18-19) ; è ancora peccatore, falso e ostinato e, per di più, si crede abbandonato.

Sottolineo che il tema fondamentale del libro del Secondo Isaia è quello della speranza che si fonda esclusivamente su Dio e non su realtà umane.

Lettura di Is.55, 1-13. "Invito finale"

Il significato dell'espressione" i miei pensieri non sono i vostri pensieri" va letto nel contesto del Profeta Isaia in senso positivo, e cioè : i vostri sono pensieri di pessimismo, di paura, di scoraggiamento, di peccato, mentre i " miei pensieri" sono più grandi dei vostri.

Il brano vuole significare che il Signore opera meraviglie che noi non riusciamo nemmeno a immaginare. Cambia, allora, la prospettiva.

Il nostro Dio è incomprensibile perché ama troppo. Il nostro amore è talmente piccolo che non riusciamo a capire il Suo. L'uomo ha pensieri piccoli; Dio ha pensieri grandi. Teniamo presente che alla fine il Signore trionfa, che la Sua parola è efficace e non torna a Lui senza avere prodotto 1'effetto che si era proposto.

La nostra speranza è nell'onnipotenza e nella grandezza di Dio che rinnova continuamente la Sua alleanza ( con Noè, con Abramo, con Mosè, con Davide....). E nel Secondo Isaia sono presenti i riferimenti alle diverse alleanze.

La prospettiva del profetismo comincia a cambiare: non siamo più in un clima di giudizio e di punizione ( per sollecitare una conversione), ma in un clima di consolazione e di speranza. Dio, adesso, elargisce continuamente benefici al Suo popolo.

Consideriamo ora 1'aspetto più peculiare del Deutero-Isaia :" I canti del servo di Jahve " ( capp.42-49- 50 - 53 ) che ho riunito per praticità su un foglio (allegato.)

La prima difficoltà consiste nell'incerta delimitazione dei canti. Inoltre, secondo alcuni studiosi, tra i canti stessi sembrerebbe rientrare anche una parte del cap. 55.

Ed ora una premessa doverosa .

Avevamo detto a proposito dell'Oracolo dell'Emmanuele contenuto nel Primo Isaia ( " Ecco , la Vergine concepirà e partorirà un Figlio"....) che il Profeta intendeva riferirsi, da un punto di vista storico, al figlio di Acaz, ma dal punto di vista profetico ( cioè proiettato sul futuro messianico) a Gesù Cristo.

L'aspetto storico e quello profetico saranno ancora più evidenti nei Canti, anche perché risulta assai complicata 1'identificazione del servo di Jahve. Ci muoveremo sia sul piano storico immediato sia sul piano storico futuro che risulta dal significato dato a questi brani nel Nuovo Testamento.

Per intendere quanto sia difficile la comprensione dei Canti vediamo 1'opinione di alcuni biblisti: Mons. Ravasi nel volume " I Profeti" fornisce circa la lunghezza dei vari brani delle interpretazioni molto diverse da quelle di P. Grelot ( " I Canti del Servo del Signore"), mentre un altro studioso, Virgulin (" Isaia") è su posizioni analoghe a quelle di Ravasi.

Invece Schokel, uno dei più grandi biblisti del nostro secolo, nel suo volume " I Profeti" dà una spiegazione diversa da quella degli autori sopra citati. Interessante notare che Schokel riporta nel suo libro tutte le interpretazioni dei vari biblisti sull'argomento.

Inoltre, Benedetto Prete in un articolo pubblicato su " Rivista biblica" tiene come base per un commento a Mc. 10,45 (" ....dare la propria vita in riscatto di molti.") proprio la vicenda del servo di Jahvé.

Lettura dei " Canti" ( capp. 42-49-50-53) secondo la suddivisione riportata dalla Bibbia di Gerusalemme ( che è corrispondente all'opinione di Schókel).

Rileggeremo e analizzeremo, poi, ogni canto inserito o disinserito dal suo contesto immediato.

Un'ultima annotazione : Grelot aggiunge ai Canti sopra elencati i vv. 4 e 5 del cap. 55.

 

Deutero - Isaia - Continuazione

Come già accennato nella precedente lezione, nell'esame dei "Canti del servo di Jahve" terremo presenti due piani:

1) piano storico, in cui il servo dovrebbe essere un personaggio concreto dell'epoca dell'Autore;

2) piano metastorico (che va al di là della storia) del quale vedremo solo in seguito 1'interpretazione neotestamentaria con la citazione di vari brani che nel Nuovo Testamento ci parlano del Servo. Nell'ultimo incontro si era parlato anche della diversa delimitazione del primo Canto operata da alcuni studiosi.

Ricordo che i testi biblici scritti in ebraico sono stati tradotti in lingua greca dai famosi "Settanta" in Alessandria d'Egitto durante la diaspora, cioè molto prima di Cristo. Sappiamo che la Bibbia dei Settanta, tradotta appunto in greco, è diventata abbastanza normativa per il Nuovo Testamento, anch'esso scritto in lingua greca. Tale versione si rese necessaria per la constatazione che i testi in ebraico non erano ben compresi nel mondo greco della diaspora.

Esaminiamo ora alcuni problemi riguardanti i Canti:

1- Quanti sono i testi che si riferiscono al Servo di Jahve?

Il termine "ebed", servo, è usato nel Deutero-Isaia ben ventun volte; in alcuni casi risulta riferito in modo esplicito a Ciro, in altri al popolo di Israele.

Secondo certi interpreti, per delimitare i Canti dobbiamo vedere quanti brani si stacchino dal contesto in cui sono presenti; secondo altri è facile delimitare 1'inizio, ma appare assai difficile individuare il termine di ogni singolo brano, soprattutto perché alcuni testi - che secondo un'altra opinione non vanno tolti dal loro contesto - iniziano quando si parla di Ciro, quindi già di un servo.

2-A chi si riferiscono questi brani, posto che siano dei canti a sé stanti? A uno solo o a più personaggi, considerato che in tutto il libro sono presenti riferimenti sia a Ciro sia al popolo di Israele, indicati entrambi con il termine di Servo?

Se si ipotizza un personaggio unico, questo sarà una persona o una comunità? Vedremo poi che almeno un brano spinge chiaramente nel senso della comunità.

Nel caso, invece, si pensi ad un personaggio individuale, si tratterà di un re o di un profeta?

Ancora: il servo va collocato nel presente dell'Autore oppure è un personaggio enigmatico proiettato nel futuro? Realtà o speranza?

Se poi si pensa ad un personaggio concreto, esiste la difficoltà di identificarlo (sono già stati proposti circa trenta nomi).

E se è un personaggio futuro, di chi si parla?

Se si tratta di una comunità, questa si identifica con tutto il popolo di Israele (che assumerebbe così un ruolo particolare nei confronti di tutta 1'umanità) o soltanto con il "resto di Israele", cioè con quella parte del popolo che si è preservata integra e che svolge un ruolo nei confronti sia di Israele sia dell'umanità?

Vedremo in seguito che la soluzione più valida sarà molto probabilmente quella "mista": in alcuni tratti il Servo si identifica con una persona, con un individuo, e in altri con una comunità.

Questa interpretazione è applicata nel Nuovo Testamento.