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5. TESTIMONIAMO INSIEME

La questione della testimonianza cristiana ritorna inevitabilmente ai punti di seria tensione tra gli evangelici e i cattolici. Rendere testimonianza al potere salvifico di Gesù Cristo e alla sua volontà per le nostre vite è parte integrante del discepolato cristiano. Non vogliamo raggiungere l'armonia e la cooperazione tra evangelici e cattolici a spese dell'urgenza e della chiarezza di una testimonianza cristiana al Vangelo. Nello stesso tempo - come abbiamo già notato -- nostro Signore ha affermato con chiarezza che la testimonianza dell'amore tra i suoi discepoli è una parte integrante della testimonianza cristiana.

Oggi, nel nostro paese e altrove, gli evangelici e i cattolici cercano spesso di trovare "convertiti" ciascuno nel campo altrui. Da un certo punto di vista questo si comprende perfettamente, e forse è inevitabile. In molti altri casi, tuttavia, questi sforzi di proselitismo rendono meno efficace la missione cristiana a cui siamo chiamati dalla parola di Dio e per cui ci impegniamo di nuovo con questa dichiarazione. Tra cattolici ed evangelici deve essere chiaramente compreso che la testimonianza cristiana è, di necessità, finalizzata alla conversione. L'autentica conversione è -- nel suo inizio, nella sua fine, e nel suo mezzo -- conversione a Dio in Cristo per il potere dello Spirito. A questo proposito facciamo nostra la spiegazione della Conversazione internazionale fra battisti e cattolici del 1988:

"Conversione significa abbandonare quello che si oppone a Dio, che è contrario all'insegnamento di Cristo, e volgersi verso Dio, verso Cristo, il Figlio, attraverso l'opera dello Spirito Santo. Significa volgersi dall'egoismo del peccato alla fede in Cristo come Signore e Salvatore. La conversione è il passaggio da un modo di vita ad un altro nuovo, segnato dalla novità di Cristo. È un processo continuo cosí che l'intera vita del cristiano deve essere un passaggio dalla morte alla vita, dall'errore alla verità, dal peccato alla grazia. La nostra vita in Cristo richiede una crescita continua nella grazia di Dio. La conversione è personale ma non è privata. Le persone rispondono nella fede alla chiamata di Dio, ma la fede viene dall'ascoltare la proclamazione della Parola di Dio e deve essere espressa nella vita insieme in Cristo che è la Chiesa".

Con la predicazione, l'insegnamento e l'esempio di vita i cristiani rendono testimonianza nello stesso tempo agli altri cristiani e ai non cristiani. Cerchiamo e preghiamo per la conversione degli altri, mentre riconosciamo il nostro stesso bisogno continuo di convertirci pienamente. Mentre lottiamo per rendere la fede e la vita cristiana -- la nostra e quella degli altri - più consapevole piuttosto che nominale, più impegnata piuttosto che apatica, riconosciamo le diverse forme che un autentico discepolato può assumere. Come è evidente nei duemila anni di storia della Chiesa e nella nostra esperienza contemporanea, ci sono diversi modi di essere cristiani, e alcuni di questi modi sono caratterizzati in modo distintivo da esperienze comunitarie di adorazione, pietà e catechesi. Il dovere di essere uniti non comporta il dovere di essere identici nel modo di seguire l'unico Cristo. È importante notare che questi differenti modi di discepolato sono ampiamente evidenti all'interno stesso della Chiesa cattolica e dei molti mondi che costituiscono il protestantesimo evangelico.

È comprensibile che i cristiani che rendono testimonianza al Vangelo cerchino di persuadere altri che le loro comunità e tradizioni sono più fedeli al Vangelo. C'è una distinzione necessaria tra l'evangelizzazione e quello che oggi si preferisce chiamare "proselitismo" o anche "furto del gregge". Condanniamo la pratica di reclutare persone da altre comunità al solo scopo di accrescere le nostre denominazioni o istituzioni. Nello stesso tempo il nostro impegno per la piena libertà religiosa ci spinge a difendere la libertà legale del proselitismo anche quando chiediamo al cristiani di astenersi da questo tipo di attività.

Tre osservazioni sono necessarie a proposito del proselitismo. In primo luogo, per quanto ciascuno di noi possa credere che una comunità sia più pienamente in accordo con il Vangelo di un'altra, noi come evangelici e cattolici affermiamo che le possibilità e i mezzi per crescere nel discepolato cristiano sono a disposizione dei fedeli in diverse comunità. In secondo luogo la decisione di un cristiano maturo relativa alla sua partecipazione e impegno in una determinata comunità deve essere assolutamente rispettata. In terzo luogo, considerando il gran numero di non cristiani che ci sono nel mondo e l'enorme sfida che questo rappresenta per il nostro comune impegno di evangelizzazione, non è teologicamente legittimo, né costituisce un uso prudente delle risorse di una comunità cristiana, concentrarsi sul proselitismo tra i membri attivi e praticanti di un'altra comunità cristiana.

La testimonianza cristiana deve sempre avvenire in spirito di amore e di umiltà. Non deve negare ma accordare con prontezza a ciascuno la piena libertà di discernere e decidere quale è la volontà di Dio per la sua vita. La testimonianza come servizio alla verità è anche un servizio a questa libertà. Ogni forma di coercizione -- fisica, psicologica, legale, economica -- corrompe la testimonianza cristiana e deve essere rifiutata senza riserve. Cosí dire falsa testimonianza su altre persone e comunità, o lanciare su di loro sospetti ingiusti e poco caritatevoli, è una pratica non compatibile con il Vangelo. Deve essere pure rigettata la pratica di paragonare gli aspetti forti e gli ideali di una comunità con le debolezze e i fallimenti di un'altra. Quando descriviamo gli insegnamenti e le pratiche di altri cristiani dobbiamo farlo in un modo che essi stessi riconoscerebbero come equo e accurato.

Considerando le numerose corruzioni della testimonianza cristiana noi, evangelici e cattolici, confessiamo di avere peccato gli uni verso gli altri e verso Dio. Chiediamo con insistenza il perdono di Dio e il perdono reciproco, e preghiamo per la grazia di guarire le nostre vite e quelle delle nostre comunità.

Il pentimento e la correzione di vita, peraltro, non dissolveranno le differenze che rimangono fra noi. Nel contesto dell'evangelizzazione e della "nuova evangelizzazione" incontriamo una differenza importante nella nostra comprensione della relazione tra il battesimo e la nuova nascita in Cristo. Per i cattolici tutti coloro che sono validamente battezzati sono nati di nuovo e sono veramente, per quanto imperfettamente, in comunione con Cristo. Questa grazia battesimale deve essere continuamente risvegliata e rivitalizzata tramite la conversione. Per molti evangelici -- ma non per tutti -- l'esperienza della conversione deve essere seguita dal battesimo come segno di una nuova nascita. Per i cattolici tutti i battezzati sono già membri della Chiesa, per quanto la loro fede e la loro vita possano essere in uno stato di sonno; per molti evangelici la nuova nascita richiede una iniziazione battesimale nella comunità dei nati di nuovo. Queste credenze diverse sulla relazione tra il battesimo, la nuova nascita, e la qualità di membri della Chiesa devono essere presentate con onestà ai cristiani che hanno sperimentato la conversione. Ma, ancora una volta, la decisione di ciascuno sulla partecipazione e la fedeltà a una comunità deve essere assolutamente rispettata.

Ci sono, pertanto, differenze tra noi che non possono essere risolte in questa sede. Ma su questo punto siamo decisi: ogni autentica testimonianza ha come scopo la conversione a Dio in Cristo per il potere dello Spirito. I convertiti -- intesi come coloro che hanno ricevuto una nuova nascita per la prima volta, o come coloro che hanno sperimentato un risveglio della nuova nascita che avevano ricevuto originariamente nel sacramento del battesimo -- devono vedersi garantita la piena libertà e rispetto mentre scelgono e decidono In quale comunità vogliono vivere la loro nuova vita in Cristo. In questa scelta e decisione sono ultimamente responsabili verso Dio, e noi non osiamo interferire nell'esercizio di questa responsabilità. Inoltre, nelle nostre differenze e divergenze, noi -- evangelici e cattolici -- ci raccomandiamo l'un l'altro a Dio, "che in tutto ha potere di fare molto più di quanto possiamo domandare o pensare" (Efesini 3,20).

In questa discussione della testimonianza comune abbiamo accennato a problemi difficili e antichi. Non dobbiamo permettere che queste difficoltà facciano ombra alle verità su cui ci troviamo, per grazia di Dio, pienamente d'accordo. Mentre cresciamo nella comprensione e nella fiducia reciproca, speriamo che i nostri sforzi di evangelizzazione non mettano in pericolo ma piuttosto rafforzino il nostro impegno per gli scopi comuni a cui ci siamo consacrati in questa dichiarazione.

CONCLUSIONE

A quasi duemila anni dal suo inizio, e a quasi cinquecento anni dalle divisioni dell'epoca della Riforma, la missione cristiana nel mondo è viva, vibrante e coraggiosa. Non sappiamo, non possiamo sapere che cosa il Signore della storia ci riserva per il terzo millennio. Può darsi che si tratti della primavera della missione mondiale e di una grande espansione cristiana. Può darsi che sia la via della croce, segnata dalla persecuzione e da una evidente marginalizzazione. Probabilmente -- in diversi luoghi e tempi -- si verificheranno entrambe le situazioni. O, naturalmente, nostro Signore può tornare domani.

Quello che sappiamo è che la sua promessa è sicura, che ci siamo impegnati a seguirla, e che lo facciamo insieme. Sappiamo che dobbiamo affermare, sperare, cercare, lottare e rendere testimonianza insieme, perché non apparteniamo a noi stessi ma a Colui che ci ha acquistato con il sangue della croce. Sappiamo che questo è un tempo di possibilità -- e, se è di possibilità, è anche di responsabilità -- per gli evangelici e i cattolici, perché siano cristiani insieme in un modo che aiuti a preparare il mondo per la venuta di Colui a cui appartengono il Regno, il potere e la gloria per sempre. Amen!

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Dichiarazione congiunta tra cattolici e Chiesa Evangelica della Riconciliazione

[Modificato da Credente 05/11/2012 19:33]