CREDENTI

DIO C' E': A COLLOQUIO CON GLI ATEI

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    00 30/10/2012 15:55
     Dialogo con i NON CREDENTI (CON GRAFICI)


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    [Modificato da AmarDio 31/10/2012 11:23]
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    Credente
    00 06/05/2013 11:27

    Dialogo con i non credenti
    nel nome di Gesù di Nazareth

    Esce il nuovo libro di Vincenzo Paglia. Un lungo testo in forma epistolare indirizzato a chi non ha la fede. L'obiettivo non è di convertire l'interlocutore ma di trarre profitto dalle due posizioni
    di EUGENIO SCALFARI

    CARISSIMO amico non credente, così comincia il libro di Vincenzo Paglia e il titolo lo rispecchia fedelmente: A un amico che non crede (Piemme). Ma in realtà quelle 230 pagine, dense di riflessioni, citazioni e narrazioni, sono dirette all'uomo in quanto tale, credente e non credente, cristiano o non cristiano.

    Mi sento tra i destinatari di questa lunga lettera anche perché Vincenzo, anzi don Vincenzo, lo conosco da vent'anni e forse più e la conoscenza è diventata amicizia e scambio di sentimenti e pensieri. Pensieri discordi nelle reciproche conclusioni, ma coincidenti nel metodo, cioè nel dialogo alla ricerca di quanto i laici non credenti debbono alla storia e all'esperienza cristiana e reciprocamente quanto i cristiani debbono al pensiero critico dei non credenti e alla sua storia.
    L'autore, per chi non lo sapesse, è stato il co-fondatore della Comunità di sant'Egidio e da una decina d'anni è vescovo di Terni. Di recente Benedetto XVI l'ha nominato presidente del "consiglio delle famiglie", tema di fondo della Chiesa e della società. Non è un "martiniano" don Vincenzo, ma ha molto apprezzato le posizioni del cardinale da poco scomparso. I suoi punti di riferimento sono stati papa Wojtyla, Benedetto XVI e ora, a quanto capisco, papa Francesco.

    Il suo libro tocca tutti i punti del confronto tra il credente e l'amico non credente. L'obiettivo non è di convertire alla fede il suo interlocutore né di esporsi all'eventuale reciprocità, ma di trarre reciproco profitto spirituale dal saggiare le posizioni dell'uno e dell'altro. I temi del confronto sono: la zona del mistero che l'autore chiama l'Oltre; l'affermazione e la negazione di Dio; il Dio assente o presente di fronte al Male; Gesù il Cristo; la fede e la scienza; l'amore verso gli altri; la verità e l'assoluto; la morte e l'aldilà.

    L'elenco comprende gran parte del dibattito in corso da sempre, anche prima che il cristianesimo facesse la sua comparsa. Ma è un dibattito che non si svolge mai allo stesso modo perché cambiano le culture che si confrontano, le società e i problemi della convivenza. Cambia il mondo e gli interrogativi che si pone l'"homo sapiens" da quando l'evoluzione dette forma ad un animale pensante. Rimane tuttavia come tema costante del confronto quella zona del mistero che a volte sembra restringersi e a volte estendersi, ma è direttamente connessa alla ricerca del senso.
    Questo è il punto di fondo che il libro affronta. Viviamo in un'epoca che ha reso ancor più incalzanti le domande e ancor a più difficili le risposte e il dibattito è diventato sempre più acceso rivelando aspetti di drammaticità.

    * * *

    Al primo punto c'è il dibattito sull'esistenza o la negazione di Dio. Debbo dire che monsignor Paglia non è un patito delle cinque regole di San Tommaso, le ritiene importanti ma non decisive e pensa piuttosto che la vera prova dell'esistenza di Dio derivi dalla fede. Da questo punto di vista gli è molto utile rievocare l'intuizione ontologica di sant'Anselmo: se tante persone pensano Dio come trascendenza eterna che tutto pervade, è impossibile che questa fede non poggi sulla realtà oggettiva. 

    La maggior parte dei non credenti pensa invece (ed io sono tra questi) che l'idea stessa della divinità sia una meravigliosa invenzione dell'"homo sapiens", a quale scopo? Per sconfiggere la morte immaginando un aldilà che eternizza l'anima e dà un senso al passaggio terreno riscattandone la precarietà. La tesi del dio inventato è presente da molto tempo e fu anche ufficializzata da alcuni imperi d'Oriente e da quello romano: l'imperatore era un dio umano durante la sua vita. Dunque era la carica, il ruolo ad essere divinizzato.

    Comunque non è l'ufficializzazione imperiale che interessa e preoccupa il credente, ma l'invenzione della divinità da parte della mente umana. A quell'idea l'autore del libro obietta che la mente umana, pur capace di sorprendenti invenzioni, non può arrivare a tanto, troppo complessa è l'invenzione di un Divino che non abbia un fondamento di realtà, qualunque cosa s'intenda per Divinità. Perfino il bosone di Higgs? Questo vorrei domandare all'autore della lettera all'amico non credente: una particella elementare può essere Dio?

    Credo di conoscere la risposta, ed è un'altra domanda: chi ha creato la particella elementare? Anzi le particelle elementari non sono un'invenzione ma una scoperta degli scienziati come la meccanica dei quanti, le onde magnetiche, i buchi neri e il big bang che la scienza ipotizza arrivando a tracciarne la storia fino ad un miliardesimo di miliardi di secondo, arrestandosi a quel punto prima che il big bang avvenga. Ma prima ancora che cosa avviene? Il credente gli risponde che prima ancora c'è Dio. Il non credente invece continua da parte a ritenere che quel Dio che ha creato perfino le particelle elementari sia un'invenzione della mente per esorcizzare la morte. Io rispetto la fede, rispetto il mio amico credente, rispetto il mistero, ma Dio è un'invenzione, un mito che personifica il concetto dell'Essere.

    Anche qui credo di conoscere le risposte del credente: se Dio è l'Essere, l'Essere non è un'invenzione della mente ma una realtà come è una realtà il suo rapporto con gli Enti. Gli Enti emergono dall'Essere, nascono, muoiono e si disfano nell'Essere il quale sta, esattamente come Dio. Infatti sono la stessa cosa.

    Siamo arrivati dunque ad un punto comune? In un certo senso sì, siamo arrivati a un punto comune con alcune precisazioni. L'identificazione di Dio con l'Essere spoglia Dio da ogni umanesimo, non è pensabile che sia misericordioso o vendicativo o giusto o sapiente o qualunque attributo umano che gli si voglia attribuire, salvo forse quello dell'eternità ma anch'esso con molte riserve poiché l'Essere è fuori dal tempo.

    L'altra precisazione riguarda noi umani: la nostra mente arriva fin qui, può esprimere Dio attraverso equazioni matematiche o attraverso metafore che lo raccontino come un personaggio, ma al di là di questo la nostra mente non può andare. C'è l'Oltre? Cioè qualcosa di non esprimibile? Sicuramente c'è l'Oltre, per noi inconoscibile, terra ignota e non esplorabile. Qui finisce in disaccordo il discorso sull'esistenza di Dio. Ma voi, credenti cristiani, avete un altro capitolo da raccontare che per voi anzi è il primo perché da esso prendete il nome ed è il capitolo di Gesù di Nazareth, figlio dell'uomo e figlio di Dio. Forse su questo capitolo potremo incontrarci.

    * * *

    Le fonti sono i Vangeli, gli atti degli Apostoli, le lettere da essi inviate alle comunità cristiane e poi Paolo e poi Girolamo e poi Agostino e Ambrogio e Bernardo, la dottrina, la mistica, la Chiesa di Gregorio di Saona e quella di Bonifacio e duemila anni di storia del potere spirituale e di quello temporale passando attraverso gli scismi, le crociate, l'Inquisizione, la Riforma. Infine lo scontro con la filosofia moderna da Montaigne a Cartesio, a Kant, all'illuminismo, a Hegel, a Nietzsche, a Freud. Infine il Vaticano II che ha cercato di rompere la gabbia costruita dal Vaticano I.
    Tutto questo è stato messo in moto e dominato dal personaggio Gesù di Nazareth, raccontato dagli evangelisti che hanno parlato di lui senza averlo conosciuto fondandosi sulle narrazioni di alcuni apostoli.

    Gesù di Nazareth. Il libro di don Vincenzo, che ricorda tutte queste tappe di storia religiosa con dovizia di citazioni e di riflessioni  -  fornisce di Gesù un ritratto dove risplende la sua dolcezza, la sua mitezza, il suo amore per il prossimo, la sua consapevolezza del destino che lo attende e soprattutto la sua predicazione.

    Il ritratto è molto bello, ne emerge la forza di quell'uomo ed anche le debolezze insite nella sua forma umana; perfino alcuni momenti culminanti dove l'essere uomo sommerge la sua fiducia e lo spinge a dubitare di sé e perfino del Padre: nell'orto del Getsemani qualche ora prima dell'arresto e poi sulla croce del Golgota.

    Questo è il ritratto. Quanto alle fonti esse offrono varie possibilità d'interpretazione, dovute alle molteplici trascrizioni dall'aramaico al greco antico e poi al latino, soprattutto per quanto riguarda il Vangelo di Marco. Cronologicamente esso è il primo poiché Matteo aveva scritto alcuni appunti andati perduti ma la scrittura del suo Vangelo è posteriore a quella di Marco.

    La differenza tra i vari Vangeli consiste in questo: il ritratto di Marco raffigura un personaggio in certi momenti mite e dolce ma in altri aspro, triste e inquieto. Una personalità forte, bizzarra e contraddittoria. Comincia a trent'anni la sua storia, senza che poco o nulla si sappia sulla nascita, sull'infanzia e sull'adolescenza. Comincia col battesimo nelle acque del Giordano dove predica ed urla Giovanni Battista. Dopo il battesimo, il deserto e le tentazioni del demonio, poi la predicazione, le parabole, i discepoli, le folle; le parole dure nei confronti della famiglia, anche della propria; l'identificazione di sé con il figlio di Dio. Attenzione: non il Messia ma il Figlio. Quello di Marco è un ritratto in parte alternativo ma che sottolinea quasi ad ogni riga la divinità del personaggio e coincide con tutti gli altri Vangeli sulla dottrina dell'amore come carità nei confronti del prossimo.

    Io penso che l'uomo Gesù abbia predicato un'umanità cui dobbiamo riferirci come il modello nobile e ad esso ispirare i nostri comportamenti. Ciascuno nell'autonomia della propria coscienza e  -  oso dire  -  costi quel che costi. Su questo, caro Vincenzo, siamo d'accordo e tu lo sai.  
     
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    Credente
    00 24/06/2013 19:36
    Miniatura


    Discussione con Augias e Odifreddi
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    Credente
    00 02/07/2013 09:27

    Evviva il dialogo,
    gli atei hanno deposto le armi
     ?

    New AtheistsI nuovi atei? Sono già da rottamare. 

    Lo dice “Repubblica” spiegando che «sembra oggi superata la fase aggressiva portata avanti nel decennio scorso» dagli atei integralisti.
     «L’aggressione antireligiosa lascia il passo a riflessioni più moderate». Oggi, «emerge una riflessione più prudente verso i culti tradizionali come risorse di senso utili alla società di oggi».

    Sul periodico inglese “The Spectator” la riflessione è più esplicita: «Richard Dawkins , oggi è considerato da molti, anche non credenti, una figura marginale.  
    L’umanesimo laico si sta riprendendo dalla fase dawkinsite, iniziando una conversazione più interessante»
    . Eppure soltanto nel marzo del 2012, in occasione del “Rally” ateo presso ilNational Mall di Washington, molti osservatori parlavano di una rinascita di popolarità e di influenza per il nuovo ateismo. In quell’occasione, ne avevamo parlato, proprio Dawkins in quanto leader del movimento anti-teista, aveva invitato pubblicamente i suoi seguaci a “ridicolizzare i credenti in pubblico“.

    Su “Patheos.com” si suggerisce a sua volta che l’abbandono del “Dawkins-ismo” (in Italia diremmo dell’”Odifreddi-smo”) è un segnale positivo perché mostra un crescente interesse globale per la religione. «Se gli atei sono ora disposti a dialogare in modo più caritatevole e razionale, i teisti farebbero bene a non perdere questa opportunità per creare conversazioni e amicizie, anche oltre i confini intellettuali che lo stridore dell’ex new atheism impediva».

    Sul portale americano “Publishers Weekly”, che si occupa di letteratura e saggistica, vieneconfermata questa tendenza«Oggi i libri dei non credenti – atei, umanisti, “bright” e altri “liberi pensatori”- hanno preso una nuova piega, sono maturati al di là del disprezzo arrabbiato includendo voci più moderate». L’ateismo sembra passato di moda, oggi vanno molto i cosiddetti “none”, ovvero coloro che affermano di non avere alcuna religione, ma comunque di credere “a modo loro”. Più dialoganti e certamente meno dogmatici.

    Una riflessione sui libri viene fatta anche in Italia dall’“Unità”, spiegando che anche nella nostra Penisola ad occupare i primi posti dei libri più venduti c’è Papa Francesco.
    Un altro dato che viene segnalato è proprio che «gli atei di nuova generazione sembrano aver deposto i furori iconoclasti della generazione precedente ed essersi inseriti nel “mainstream”». I fondamentalisti antireligiosi oggi sono sostituiti dai “dialoganti”: da Chris Steidman (con il suo“Faitheist“, titolo a metà tra «faith» e «atheist») a Jacques Berlinerblau, fino ad Alain de Botton (“Del buon uso della religione”).

    Anche la Chiesa sta osservando il fenomeno. “Repubblica” chiama questi nuovi autori come “le neo armate del papa”, mentre “Avvenire” osserva che ««finalmente si volta pagina dopo il pensiero debole». Si è passati dai “teo-con”, ovvero gli intellettuali che hanno portato un’alleanza tra il pensiero neo-conservatore e quello religioso cristiano, alla «corrente filosofica“teo-pro”: intellettuali, rigorosamente non credenti e decisamente “progressisti”, i quali prendono il pensiero teologico cristiano (soprattutto quello di san Paolo) e lo trasformano in un dibattito filosofico nuovo e propositivo per l’Occidente». I “teo-pro” (come Slavoj Žižek,Giorgio AgambenAlain Badioud ecc.) denunciano «come il nichilismo sia l’estrema conseguenza di buona parte della filosofia occidentale», che ha portato il soggetto ad inneggiare alla libertà assoluta che di fatto lo ha svuotato di ogni contenuto, incluso quello storico. L’orgoglio del relativismo assoluto è oggi messo sotto scacco dai sostenitori “laici” di San Paolo. Allo scetticismo strutturale preferiscono i miracoli cristiani, a Nietzsche rispondono con Pascal.

    Pierangelo Sequeri, preside della Facoltà teologica dell’Italia settentrionale a di Milano, teologo di vaglia internazionale, la corrente dei “teo-pro” non dispiace affatto, soprattutto perché marca una netta distanza dal pensiero debole e rappresenta una via per ridare vita all’autentico umanesimo.