CREDENTI

LE INDULGENZE

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    Coordin.
    00 24/08/2012 09:33
    Come bisogna considerare le indulgenze ?
    E' una pretesa che la Chiesa ha rivendicato inopportunamente oppure hanno un fondamento biblico ?
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    Coordin.
    00 24/08/2012 09:51

    Che cos’è precisamente l’indulgenza?

    Il Catechismo della Chiesa Cattolica afferma che “l’indulgenza è la remissione dinanzi a Dio della pena temporale per i peccati, già rimessi quanto alla colpa, remissione che il fedele, debitamente disposto e a determinate condizioni, acquista per intervento della Chiesa, la quale, come ministra della redenzione, autoritativamente dispensa ed applica il tesoro delle soddisfazioni di Cristo e dei santi” (CCC 1471).
    L’indulgenza poi è “parziale o plenaria” a seconda che liberi in parte o in tutto dalla pena temporale dovuta per i peccati.
    “Ogni fedele può acquisire le indulgenze per se stesso o applicarle ai defunti” (CCC 1471).
    Come vedi, l’indulgenza è la remissione della pena, non della colpa. Questa viene rimessa nel sacramento.

    La dottrina dell'indulgenza  è quindi un aspetto della fede cristiana, affermata dalla Chiesa, che si riferisce alla possibilità di cancellare una parte ben precisa delle conseguenze di un peccato (detta pena temporale), dal peccatore che abbia confessato sinceramente il suo errore e sia stato perdonato tramite la confessione sacramentale.

     Quindi per indulgenza viene significata la remissione parziale o totale delle pene comunque maturate con i peccati già perdonati da Dio con la confessione.

    La riforma protestante contestò questa dottrina sostenendo che essa non aveva  fondamento nella Bibbia e quindi rimase un uso prettamente cattolico.

    L’indulgenza può essere parziale o plenaria cioè può liberare in parte o in tutto dalla pena temporale dovuta per i peccati; è attualmente disciplinata dai documenti Indulgentiarum doctrina e Manuale delle indulgenze.

    [Modificato da Coordin. 24/08/2012 11:01]
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    Coordin.
    00 24/08/2012 10:01

    Fondamenti biblici 

    Nell'Antico Testamento:  

    Dio istituì le seguenti ricorrenze:

    • la settimana, come memoria dei sette giorni della Creazione (Es 20,8-10), con il settimo giorno (il sabato) dedicato al riposo;
    • la settimana di anni, per cui ogni settimo anno era detto sabbatico (Lv 25,1-7) e serviva a "far riposare" la terra;
    • le sette settimane di anni (cioè 49 anni), stabilendo: "Dichiarerete santo il cinquantesimo anno e proclamerete nel paese la libertà per ogni suo abitante. Sarà per voi un giubileo" (Lv 25,10).

    Nell'anno sabbatico e in quello giubilare Dio comandava agli Israeliti di avere indulgenza verso i poveri (cancellando i debiti o restituendo le terre) e verso gli schiavi  (liberandoli, per far memoria della misericordia di Dio che li aveva liberati dalla schiavitù d'Egitto).

    Nel Nuovo Testamento

    Gesù eleva la liberazione dalla schiavitù da quella materiale a quella del peccato, e dunque a perdono della colpa. Quanto alla cancellazione dei debiti, questa si eleva a remissione della pena provocata dal peccato, dunque all'indulgenza come è intesa dalla dottrina cattolica. La prima indulgenza cristiana viene applicata da Cristo stesso: "In verità ti dico: oggi sarai con me in Pradiso" (Lc 23,43).
    Appare evidente non solo un'immediata remissione della colpa, ma anche della pena: al buon ladrone, viene di fatto applicata una indulgenza plenaria, e questo non intacca la giustizia divina, perché si era acquistato l'indulgenza con le sofferenze della crocifissione ("Stiamo ricevendo la giusta pena per le nostre azioni", (Lc 23,41). Aveva cioè maturato i requisiti, perché la misericordia di Dio viene sempre applicata con giustizia.

     Ma il brano più diretto sta nel "potere delle chiavi" concesso da Cristo a Pietro: 
    “A te darò le chiavi del regno dei cieli, e tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato nei cieli, e tutto ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto nei cieli” (Mt 16,19).



    "Legare" e "sciogliere", sono due termini del linguaggio rabbinico, che si applicano innanzitutto al campo disciplinare con cui si condanna (legare) o si assolve (sciogliere) ed inoltre si applicano al campo giuridico e amministrativo di proibire (legare) oppure permettere (sciogliere).
    Si noti che Cristo non pone un limite definito a tale potere decisionale, in quanto dice espressamente: TUTTO CIO' CHE....
    PROMETTE perciò in maniera esplicita che TUTTO sarebbe stato ratificato da Dio.
    Una promessa formidabile e solenne che valeva per Pietro ma anche per coloro che avrebbero avuto la  carica di "amministratore" a "capo dei suoi domestici" fino al suo ritorno (cf Luca 12, 42-43 ss): si noti infatti che nel brano citato, "all'arrivo del Padrone" vi dovrà essere un AMMINISTRATORE in carica, e quindi per tutti i secoli avvenire fino alla fine del mondo.

    A conferma della possibilità da parte degli apostoli o dei loro successori, di poter rimettere i peccati, vi è il testo ancor più specifico in Giov 20,23: " a chi rimetterete i peccati saranno rimessi e a chi non li rimetterete, resteranno non rimessi».."

    In questo testo il Signore non da istruzioni sulla forma o sull'estensione del perdono che i suoi apotoli o i loro incaricati avrebbero potuto accordare ai credenti in Lui. Ma TUTTO CIO' che essi avrebbero legato o sciolto, in qualsiasi forma ed estensione, avrebbe avuto il suo beneplacito.
    E' un errore grave il pensare che tale potere non sia stato accordato, stante le parole esplicite del Signore. Le interpretazioni fantasiose e di comodo dei non cattolici li portano a gravi errori dottrinali a loro stesso danno, perchè non beneficiano di tanta benevolenza del Signore, ma pensano di ottenere solo per altre vie il suo perdono.

    Inoltre:
    Una indulgenza adottò di fatto Paolo nei confronti dell’incestuoso di Corinto:
    Nella prima lettera ai Corinti San Paolo commina la pena. Ecco il testo: “Si sente da per tutto parlare di immoralità tra voi, e di una immoralità tale che non si riscontra neanche tra i pagani, al punto che uno convive con la moglie di suo padre. E voi vi gonfiate di orgoglio, piuttosto che esserne afflitti, in modo che si tolga di mezzo a voi chi ha compiuto una tale azione! Orbene, io, assente col corpo ma presente con lo spirito, ho già giudicato come se fossi presente colui che ha compiuto tale azione: nel nome del Signore nostro Gesù, essendo radunati insieme voi e il mio spirito, con il potere del Signore nostro Gesù, questo individuo sia dato in balìa di satana per la rovina della sua carne, affinché il suo spirito possa ottenere la salvezza nel giorno del Signore” (1 Cor 5,1-5).
    Nella seconda lettera ai Corinti sancisce il perdono scrivendo:
    “Per quel tale però è gia sufficiente il castigo che gli è venuto dai più, cosicché voi dovreste piuttosto usargli benevolenza e confortarlo, perché egli non soccomba sotto un dolore troppo forte. Vi esorto quindi a far prevalere nei suoi riguardi la carità; e anche per questo vi ho scritto, per vedere alla prova se siete effettivamente obbedienti in tutto. A chi voi perdonate, perdono anch'io; perché quello che io ho perdonato, se pure ebbi qualcosa da perdonare, l'ho fatto per voi, davanti a Cristo, per non cadere in balìa di satana, di cui non ignoriamo le macchinazioni” (2 Cor 2,6-11).

    In questo testo appare evidente che il peccato dell'incestuoso di Corinto non era contro Paolo ma un peccato che però minava la Chiesa stessa, la sua dottrina, la sua integrità e credibilità.
    Ma è Paolo che DECIDE la riammissione dell'incestuoso, amministrandogli il PERDONO, sulla base di una oggettiva valutazione del caso.

    Il "tesoro della Chiesa": i meriti di Cristo e dei suoi fedeli.

    Paolo dice espressamente:
    Col 1,24 Perciò sono lieto delle sofferenze che sopporto per voi e completo nella mia carne quello che manca ai patimenti di Cristo, a favore del suo corpo che è la Chiesa

    Egli dunque esprime un fatto: che sta soffrendo e che tale sofferenza, unita al sacrificio di Cristo, va a favore della Chiesa. 
    Questo testo presuppone in maniera chiara che valgono non solo i patimenti di Paolo ma anche tutte le sofferenze sopportate da martiri, santi, perseguitati, malati, angosciati ecc.. possono contribuire ad accrescere il "tesoro" che la Chiesa accumula godendo dei tanti sacrifici dei suoi figli e che gli "amministratori" della Chiesa stessa possono poi utilizzare appropriatamente a favore dei suoi membri (che si trovino nelle necessarie disposizioni richieste).


    [Modificato da Coordin. 25/08/2012 14:44]
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    00 24/08/2012 11:21

    L'indulgenza nelle prime comunità cristiane 


    Nelle comunità cristiane originarie i peccati gravi come l'omicidio, l'adulterio e l'apostasia, ammettevano un rientro nella comunità solo a fronte di penitenze gravi e prolungate, dette Pena Canonica, che cambiavano e rieducavano in toto il  peccatore pentito. Questo assumeva lo status di penitente entrando nell'ordo poenitentium.


    Nella Chiesa antica troviamo un’altra forma di indulgenza nelle lettere dei martiri.
    Le lettere dei martiri (dette a quei tempi “libelli pacis”) erano lettere di raccomandazione che i martiri (condannati ai lavoro forzati...) accordavano ai “lapsi” (caduti nell’eresia) che ne facevano richiesta per essere ammessi nella Chiesa e poter partecipare nuovamente ai santi misteri prima del compimento di tutta la penitenza.
    Scrive San Cipriano: “Noi crediamo che contino moltissimo dinanzi al nostro giudice i meriti dei martiri e le opere dei giusti” (I cristiani caduti, 17,16).

    Il vescovo non era vincolato da queste lettere, ma accordava ordinariamente il favore richiesto.
    Questi sono gli antecedenti alla pratica delle indulgenze introdotte a partire dal secolo XI: veniva concesso ai fedeli un condono della pena temporale a motivo del compimento di determinate opere buone.

    Lo stato di penitente durava lunghi anni, era estremamente gravoso e molto particolare: da quel punto in poi tutto avrebbe dichiarato il suo stato a chiunque l'avesse anche solo guardato.

    Di aspetto incolto, vestito di pelle di capra e con il cilicio, con il volto segnato dai digiuni sarebbe rimasto escluso da ogni carica pubblica e ecclesiastica, dal matrimonio e persino dai normali lavori. Sarebbe stato un morto civile al punto che l'ingresso nell'ordo poenitentium veniva spesso sconsigliato ai giovani e concesso solo ai vecchi o ai moribondi. Tanta asprezza indusse i penitenti a cercare una via che ne mitigasse il rigore.

    Un episodio che fece particolare scalpore fu questo tipo di penitenza imposta da Aurelio Ambrogio nientemeno che all'imperatore Teodosio I, per la strage che aveva ordinato a Tessalonica (IV secolo), che naturalmente non fu così grave nella forma e nella durata come quella imposta ai cittadini comuni, ma che indica quale potenza aveva acquisito la Chiesa solo pochi anni dopo la sua accettazione da parte di Costantino I.

    Nei primi secoli, alcuni peccatori gravi presero a rivolgersi a confessori che attendessero il martirio per ottenere da loro un biglietto, detto libellum pacis, che inducesse il vescovo cui sarebbe stato presentato ad abbreviare o condonare la pena in virtù del sacrificio del martire.

    In altri casi era lo stesso vescovo per sua decisione a condonare in tutto o in parte la penitenza pubblica di questa o quella persona. Sino all'VIII secolo, l'indulgenza era dunque uno "sconto" sulla Pena Canonica non tanto in cambio di qualcos'altro che il penitente dovesse fare o fornire, ma per pietà nei confronti della sua sofferenza, per senso di perdono. L'indulgenza in questa fase è ad personam: il confessore o il vescovo alleviano le penitenze di questa o quella persona ben precisa a fronte del compiere questa o quella azione.

    [Modificato da Coordin. 25/08/2012 14:48]
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    Coordin.
    00 24/08/2012 11:30

    Purtroppo, non per mancanza di elementi validi per la pratica delle indulgenze ma per la debolezza umana, tale pratica nei secoli successivi, aveva perso molto del suo valore primitivo e assunto connotati a volte riprorevoli a causa delle somme di denaro che ne derivavano, e che aumentò consistentemente il numero degli abusi riducendo la questione ad un commercio.

    Lo scandalo si allargò quando cominciarono a circolare scritti papali e vescovili falsi che avevano l'intento di ricavare maggior denaro dichiarando questa o quella nuova indulgenza o che diffondevano puri e semplici errori teologici. Si toccò il vertice del problema quando principi e notabili pretesero di avere una parte dalle indulgenze raccolte poiché racimolate nei loro territori. La pratica dell'indulgenza aveva anche assunto una forte connotazione di obbligo sociale, poiché l'uso era tanto endemico che chi vi si sottraeva appariva come un cattivo cristiano, un peccatore incallito che non avesse umiltà sufficiente a comprendere di dovere espiare le sue colpe. Poiché, inoltre, tutti peccavano, tutti dovevano partecipare e la pratica metteva in ombra le altre vie di penitenza e di santificazione. Andava così persa ogni spontaneità e il valore di crescita morale della pratica stessa.

    Il Papato cercò in diverse occasioni di porre fine al problema, sia prima[1] che anche in conseguenza[2] delle denuncie che venivano fatte.

    1. Cf. Concilio Lateranense IV, Capitolo 62, 20 novembre 1215: "con indulgenze irragionevoli ed eccessive, che alcuni prelati concedono senza ritegno, si getta il disprezzo sul potere della chiavi della Chiesa e viene a perdere ogni forza la soddisfazione penitenziale".
    2. Cf. Concilio di Trento, Decreto sulle indulgenze, 4 dicembre 1563: il santo sinodo "desidera che nel concedere tali indulgenze si usi moderazione per evitare che la troppa facilità nel concederle indebolisca la disciplina ecclesiastica. Desiderando poi emendare e correggere gli abusi che vi si annidano e in forza dei quali la bella parola indulgenza viene bestemmiata dagli eretici, col presente decreto stabilisce in generale la completa abolizione di tutti gli indegni traffici di soldi fatti per ottenerle". Il Concilio usò grande rigore nel terminare gli abusi abolendo le questue e i quaestores di indulgenze. La pubblicazione di queste ultime fu riservata al vescovo e i due membri del Capitolo, da lui incaricati di ricevere le offerte spontanee dei fedeli, non potevano prelevare nessuna quota, anche minima, per loro. Dal XVI secolo ai giorni nostri il sistema delle indulgenze si andò semplificando e il Papato riuscì ad evitare gli abusi passati ponendo grande accento sulla necessità del pentimento, del perdono dato da Dio a seguito della confessione, del valore dell'indulgenza sulla sola pena temporale e della spontaneità delle offerte.
    3. Ancora oggi l'indulgenza è in uso nella religione cattolica, che la considera una parte dogmatica dell'economia della salvezza delle anime. L'indulgenza cancella gli effetti negativi (pena temporale) di un peccato che sia stato sinceramente confessato con l'intento onesto di non ripeterlo ed aiuta il peccatore a fortificarsi moralmente e cambiare vita, eliminando da sé progressivamente il male interiore che dovrà ripudiare completamente.

    [Modificato da Coordin. 24/08/2012 11:37]
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    Coordin.
    00 24/08/2012 11:42

    Dall'Enchiridion indulgentiarum o Manuale delle indulgenze,
    pubblicato su Acta Apostolicae Sedis il 29 luglio 1968.

    La Santa Madre Chiesa, mentre di nuovo raccomanda ai suoi fedeli l’uso delle indulgenze, come cosa carissima al popolo cristiano per molti secoli e anche ai nostri giorni, a quanto attesta l’esperienza, non intende assolutamente diminuire il valore degli altri mezzi di santificazione e di purificazione ed in primo luogo del sacrificio della Messa e dei sacramenti, specialmente del sacramento della penitenza.
    Né vuole diminuire l’importanza di quegli aiuti abbondanti, che sono i sacramentali, e delle opere di pietà, di penitenza, di carità. Tutti questi mezzi hanno in comune che tanto più efficacemente causano la santificazione e la purificazione quanto più strettamente il fedele si unisce a Cristo capo e al corpo della Chiesa con la carità. La preminenza della carità nella vita cristiana è confermata anche dalle indulgenze. Le indulgenze, infatti, non possono essere acquistate senza una sincera conversione e senza l’unione con Dio, a cui si aggiunge il compimento delle opere prescritte. Viene conservato dunque l’ordine della carità, nel quale si inserisce la remissione delle pene per la distribuzione del tesoro della Chiesa.
    L’indulgenza è la remissione dinanzi a Dio della pena temporale per i peccati, già rimessi quanto alla colpa, che il fedele, debitamente disposto e a determinate condizioni, acquista per intervento della Chiesa, la quale, come ministra della redenzione, autoritativamente dispensa e applica il tesoro delle soddisfazioni di Cristo e dei Santi.
    L’indulgenza è parziale o plenaria secondo che libera in parte o in tutto dalla pena temporale dovuta per i peccati.
    Nessuno può applicare le indulgenze che acquista ad altri che siano ancora in vita.
    Le indulgenze, sia parziali che plenarie, possono essere applicate ai defunti a modo di suffragio.
    La concessione di una indulgenza parziale è indicata con le sole parole "Indulgenza parziale", senza alcuna determinazione di giorni o di anni.
    Il fedele, che almeno con cuore contrito compie un’azione alla quale è annessa l’indulgenza parziale, ottiene, in aggiunta alla remissione della pena temporale che percepisce con la sua azione, altrettanta remissione di pena per intervento della Chiesa.
    L’indulgenza plenaria può essere acquistata una sola volta al giorno.
    Il fedele potrà tuttavia acquistare l’indulgenza plenaria in articolo mortis anche se nello stesso giorno abbia già acquistato altra indulgenza plenaria.
    L’indulgenza parziale invece può essere acquistata più volte al giorno, salvo esplicita indicazione in contrario.
    L’opera prescritta per lucrare l’indulgenza plenaria annessa ad una chiesa o ad un oratorio consiste nella devota visita di questi luoghi sacri, recitando in essi un Padre Nostro ed un Credo.
    Per acquistare l’indulgenza plenaria è necessario eseguire l’opera indulgenziata e adempiere tre condizioni: confessione sacramentale, comunione eucaristica e preghiera secondo le intenzioni del Sommo Pontefice. Si richiede inoltre che sia escluso qualsiasi affezione al peccato anche veniale.
    Se manca la piena disposizione o non sono poste le tre condizioni, l’indulgenza è solamente parziale, salvo quanto è prescritto nelle norme 34 e 35 per gli impediti.
    Le tre condizioni possono essere adempite parecchi giorni prima o dopo di aver compiuto l’opera prescritta; tutta via è conveniente che la comunione e la preghiera secondo le intenzioni del Sommo Pontefice siano fatte nello stesso giorno in cui si compie l’opera.
    Con una sola confessione sacramentale si possono acquistare più indulgenze plenarie; invece, con una sola comunione eucaristica e una sola preghiera secondo le intenzioni del Sommo Pontefice si può acquistare una sola indulgenza plenaria.
    Si adempie pienamente la condizione della preghiera secondo le intenzioni del Sommo Pontefice, recitando, secondo le sue intenzioni, un Padre Nostro ed un’Ave Maria; è lasciata tuttavia libertà ai singoli di recitare qualsiasi altra preghiera secondo la pietà e la devozione di ciascuno.
    Non si può acquistare un’indulgenza con un’opera che si è obbligati a compiere per legge o precetto, a meno che nella concessione non si dica espressamente il contrario. Tuttavia chi compie un’opera che gli è stata ingiunta come penitenza sacramentale, può nello stesso tempo soddisfare alla penitenza ed acquistare l’eventuale indulgenza annessa a quell’opera.
    L’indulgenza annessa ad una preghiera può essere acquistata in qualunque lingua essa venga recitata, purché consti della fedeltà della versione per dichiarazione o della Sacra Penitenzieria o di uno degli Ordinari o Gerarchi dei luoghi dove è comunemente parlata quella lingua.
    Per l’acquisto dell’indulgenza annessa ad una preghiera basta recitarla alternativamente con un altro o seguirla mentalmente mentre un altro la recita.
     
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    Coordin.
    00 24/08/2012 11:51

    Indulgenza per i vivi e per i defunti 

    La dottrina del tesoro della Chiesa resta in vigore, insegnando che il bene operato da alcuni (Gesù, Maria, i santi) torna a vantaggio di tutti. Secondo tale dottrina, il tesoro della Chiesa viene amministrato dalla stessa a beneficio di chi è in vita e per tramite dei vivi a beneficio delle anime dei defunti che stanno purificandosi nel Purgatorio. L'indulgenza chiesta dai vivi per i loro defunti aiuta la purificazione di chi in Purgatorio attende di essere ammesso in Paradiso. Questo è il nocciolo del dogma della comunione dei santi: le preghiere e le opere di bontà che tutti possono fare, valgono per tutti gli uomini, per tutte le anime (anche di quelle dei non cristiani, o degli atei) e vanno a combattere il male che gli stessi uomini commettono.
    I sacrifici dei fedeli vanno a favore di tutta la Chiesa (in via di purificazione).

    Indulgenza plenaria e parziale 

    Si chiama indulgenza plenaria quella che libera per intero dalla pena temporale dovuta per i peccati; indulgenza parziale quella che ne libera solo in parte. Anticamente le pene in soddisfazione del peccato perdonato erano comminate in giorni; per esempio, per un peccato si poteva fare penitenza per 100 giorni, ovvero per 40, ovvero per tutta la vita. Il penitente poteva dunque diminuire i giorni della penitenza, riscattandoli attraverso le pratiche oggetto di indulgenza. Questo fece sì che si cominciasse ad indicare con un termine temporale anche la parte di pena da scontare dopo la morte, cioè nel Purgatorio, benché esso sia una dimensione in un certo senso atemporale; di conseguenza, dicendo "100 giorni di indulgenza" si intendeva comunemente che quella indulgenza liberasse dalla pena che si sarebbe altrimenti dovuta scontare con 100 giorni di Purgatorio. In questo modo si introduceva  un sistema troppo tecnico e automatico, che snaturava il concetto stesso di Purgatorio, di cui non è possibile indicare un luogo o una durata, ma tali semplificazioni fatte a titolo personale da parte di alcuni per i meno dotti, non hanno avuto nessun riconoscimento ufficiale da parte del Magistero.

    Oggi le indulgenze parziali non sono più distinte le une dalle altre e, per quanto riguarda il loro valore, "si è ritenuto stabilire che la remissione della pena temporale, che il fedele acquista con la sua azione, serva di misura per la remissione di pena che l'autorità ecclesiastica liberamente aggiunge con l'indulgenza parziale"[4]. Quindi compiendo un'opera buona a cui è annessa una indulgenza parziale, un fedele ottiene una remissione di pena per il bene stesso che ha compiuto e altrettanta remissione grazie all'indulgenza amministrata dalla Chiesa. Questo in conformità con la costante dizione che l'autorità della Chiesa può "moltiplicare" i meriti degli individui (escludendo un'idea di sommatoria propria della matematica).

    Come ottenere l'indulgenza

     Per ottenere una indulgenza plenaria o parziale un cristiano, completamente distaccato dal peccato anche veniale, deve:
    1. confessarsi, (confessione sacramentale) per ottenere il perdono dei peccati;
    2. fare la comunione eucaristica, per essere spiritualmente unito a Cristo;
    3. pregare secondo le intenzioni del Papa, per rafforzare il legame con la Chiesa;
    4. compiere una delle opere buone a cui è annessa l'indulgenza. Alcune di queste opere ottengono una indulgenza plenaria (ad esempio recitare in chiesa il rosario; fare adorazione eucaristica; partecipare agli esercizi spirituali; visitare i cimiteri nei giorni 1-8 novembre), altre una indulgenza parziale (ad esempio recitare il Magnificat o l'Angelus; guidare o partecipare ad incontri di catechesi).
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    Coordin.
    00 24/08/2012 14:22

    COSTITUZIONE APOSTOLICA
    INDULGENTIARUM DOCTRINA

    DI SUA SANTITÀ
    PAOLO PP.VI

     http://www.preghiereagesuemaria.it/images/indulgenze.jpg

    1. La dottrina e l’uso delle indulgenze, da molti secoli in vigore nella chiesa cattolica, hanno un solido fondamento nella divina rivelazione, la quale, tramandataci dagli apostoli, "progredisce nella chiesa con l’assistenza dello Spirito santo", mentre "la chiesa, nel corso dei secoli, tende incessantemente alla pienezza della divina verità, fino a quando in essa siano portate a compimento le parole di Dio". Per una esatta intelligenza di questa dottrina e del suo benefico uso è necessario, però, che siano ricordate alcune verità, che tutta la chiesa, illuminata dalla parola di Dio, ha sempre creduto come tali e che i vescovi, successori degli apostoli, e in primo luogo i romani pontefici, successori di Pietro, sia mediante la prassi pastorale sia con documenti dottrinali, hanno insegnato nel corso dei secoli e tuttora insegnano.

    2. È dottrina divinamente rivelata che i peccati comportino pene infinite dalla santità e giustizia di Dio, da scontarsi sia in questa terra, con i dolori, le miserie e le calamità di questa vita e soprattutto con la morte, sia nell’aldilà anche con il fuoco e i tormenti o con le pene purificatrici. Perciò i fedeli furono sempre persuasi che la via del male offre a chi la intraprende molti ostacoli, amarezze e danni. Le quali pene sono imposte secondo giustizia e misericordia da Dio per la purificazione delle anime, per la difesa della santità dell’ordine morale e per ristabilire la gloria di Dio nella sua piena maestà. Ogni peccato, infatti, causa una perturbazione nell’ordine universale, che Dio ha disposto nella sua ineffabile sapienza ed infinita carità, e la distruzione di beni immensi sia nei confronti dello stesso peccatore che nei confronti della comunità umana. Il peccato, poi, è apparso sempre alla coscienza di ogni cristiano non soltanto come trasgressione della legge divina, ma anche, sebbene non sempre in maniera diretta ed aperta, come disprezzo e misconoscenza dell’amicizia personale tra Dio e l’uomo. Così come è pure apparso vera ed inestimabile offesa di Dio, anzi ingrata ripulsa dell’amore di Dio offerto agli uomini in Cristo, che ha chiamato amici e non servi i suoi discepoli.

    3. È necessario, allora, per la piena remissione e riparazione dei peccati non solo che l’amicizia di Dio venga ristabilita con una sincera conversione della mente e che sia riparata l’offesa arrecata alla sua sapienza e bontà, ma anche che tutti i beni sia personali che sociali o dello stesso ordine universale, diminuiti o distrutti dal peccato, siano pienamente reintegrati o con la volontaria riparazione che non sarà senza pena o con l’accettazione delle pene stabilite dalla giusta e santissima sapienza di Dio, attraverso le quali risplendano in tutto il mondo la santità e lo splendore della sua gloria. Inoltre l’esistenza e la gravità delle pene fanno comprendere l’insipienza e la malizia del peccato e le sue cattive conseguenze. Che possano restare e che di fatto frequentemente rimangano pene da scontare o resti di peccati da purificare anche dopo la remissione della colpa, lo dimostra molto chiaramente la dottrina sul purgatorio: in esso, infatti, le anime dei defunti che "siano passate all’altra vita nella carità di Dio veramente pentite, prima che avessero soddisfatto con degni frutti di penitenza per le colpe commesse e per le omissioni", vengono purificate dopo morte con pene purificatrici. La stessa cosa è messa in buona evidenza dalle preghiere liturgiche, con le quali la comunità cristiana ammessa alla santa comunione si rivolge a Dio fin da tempi antichissimi: "perché noi, che giustamente siamo sottoposti ad afflizioni a causa dei nostri peccati misericordiosamente possiamo esserne liberati per la gloria del tuo nome". Inoltre tutti gli uomini peregrinanti sulla terra commettono ogni giorno almeno qualche leggero peccato; per cui tutti hanno bisogno della misericordia di Dio per essere liberati dalle pene conseguenti il peccato.

    4. Regna tra gli uomini, per arcano e benigno mistero della divina volontà, una solidarietà soprannaturale, per cui il peccato di uno nuoce anche agli altri, così come la santità di uno apporta beneficio agli altri. In tal modo i fedeli si prestano vicendevolmente l’aiuto per conseguire il loro fine soprannaturale. Una testimonianza di questa solidarietà si manifesta nello stesso Adamo, il peccato del quale passa per "propagazione" in tutti gli uomini. Ma Cristo stesso nella cui comunione Dio ci ha chiamato, è maggiore e più perfetto principio, fondamento ed esemplare di questa soprannaturale solidarietà.

    5. Cristo, infatti, "il quale non commise peccato", "patì per noi", "fu ferito per le nostre iniquità, schiacciato per i nostri delitti... per le sue piaghe siamo stati guariti". Seguendo le orme di Cristo, i fedeli cristiani sempre si sono sforzati di aiutarsi vicendevolmente nella via che va al Padre celeste, mediante la preghiera, lo scambio di beni spirituali e la espiazione penitenziale; più erano animati dal fervore della carità tanto maggiormente imitavano Cristo sofferente, portando la propria croce in espiazione dei propri e degli altrui peccati, persuasi di poter aiutare i loro fratelli presso Dio, Padre delle misericordie, a conseguire la propria salvezza., è questo l’antichissimo dogma della comunione dei santi, mediante il quale la vita dei singoli figli di Dio in Cristo e per mezzo di Cristo viene congiunta con legame meraviglioso alla vita di tutti gli altri fratelli cristiani nella soprannaturale unità del corpo mistico di Cristo, fin quasi a formare una sola mistica persona.

    In tal modo si manifesta il "tesoro della chiesa". Infatti, non lo si deve considerare come la somma di beni materiali, accumulati nel corso dei secoli, ma come l’infinito ed inesauribile valore che le espiazioni e i meriti di Cristo hanno presso il Padre ed offerti perché tutta l’umanità fosse liberata dal peccato e pervenisse alla comunione con il Padre; è lo stesso Cristo redentore, in cui sono e vivono le soddisfazioni ed i meriti della sua redenzione. Appartiene inoltre a questo tesoro il valore veramente immenso, incommensurabile e sempre nuovo che presso Dio hanno le preghiere e le buone opere della beata vergine Maria e di tutti i santi, i quali, seguendo le orme di Cristo signore per grazia sua, hanno santificato la loro vita e condotto a compimento la missione affidata loro dal Padre; in tal modo, realizzando la loro salvezza, hanno anche cooperato alla salvezza dei propri fratelli nell’unità del Corpo mistico.

    "Tutti quelli, infatti, che sono di Cristo, vivificati dal suo Spirito, convengono in una sola chiesa e vicendevolmente ricevono compattezza in lui (cf. Ef 4,16). L’unità dunque di coloro che ancora sono peregrinanti sulla terra con i fratelli che dormono nella pace di Cristo, non viene assolutamente interrotta, anzi secondo la dottrina perenne della chiesa, viene rafforzata attraverso la comunione dei beni spirituali. Per il fatto che i beati sono uniti più profondamente a Cristo, rendono la chiesa più santa e contribuiscono al suo accrescimento ed alla sua edificazione (cf.1Cor 12,12-27). Raggiunta la patria e alla presenza del Signore (cf. 2Cor 5,8), essi per mezzo di lui, con lui ed in lui non cessano di intercedere per noi presso il Padre, offrendo i meriti che per mezzo dell’unico mediatore tra Dio e gli uomini, Cristo Gesù (cf. 1Tm 2,5), hanno conseguito sulla terra, servendo in tutto al Signore e completando nella loro carne ciò che manca alle tribolazioni di Cristo in vantaggio del corpo di lui, che è la chiesa (cf. Col 1,24). La nostra debolezza, allora, riceve non poco aiuto dalla loro fraterna sollecitudine". Per questo motivo tra i fedeli, che già hanno raggiunto la patria celeste o che stanno espiando le loro colpe nel purgatorio, o che ancora sono pellegrini sulla terra, esiste certamente un vincolo perenne di carità ed un abbondante scambio di tutti i beni, per mezzo dei quali, con la espiazione di tutti i peccati dell’intero corpo mistico, viene placata la giustizia; la misericordia di Dio viene così indotta al perdono, affinché al più presto i peccatori, sinceramente pentiti, possano essere introdotti a pieno godimento dei beni della famiglia di Dio.

    6. La chiesa, consapevole di queste verità fin dai primi tempi, conobbe e intraprese varie vie, affinché i frutti della divina redenzione fossero applicati ai singoli fedeli e i fedeli cooperassero alla salute dei fratelli; e così tutto il corpo della chiesa fosse preparato nella giustizia e nella santità all’avvento perfetto del regno di Dio, quando Dio sarà tutto in tutte le cose. Gli stessi apostoli, infatti, esortavano i loro discepoli, perché pregassero per la salvezza dei peccatori; ed una antichissima consuetudine della chiesa ha conservato santamente questo uso soprattutto allorché i penitenti invocavano l’intercessione di tutta la comunità e quando i defunti venivano aiutati con suffragi e in particolar modo con l’offerta del sacrificio eucaristico. Anche le opere buone, e in particolare quelle penose alla fragilità umana, fin dai primi tempi venivano offerte a Dio per la salute dei peccatori. E poiché le sofferenze, che i martiri sostenevano per la fede e per la legge di Dio, venivano stimate di grande valore, i penitenti erano soliti ricorrere agli stessi martiri per essere aiutati dai loro meriti, al fine di ottenere dai vescovi una più rapida riconciliazione. Le preghiere, infatti, e le buone opere dei giusti erano stimate di così grande valore che si affermava che il penitente venisse lavato, mondato e redento con l’aiuto di tutto il popolo cristiano. In questo aiuto, tuttavia, si pensava che non fossero i fedeli singolarmente presi, e soltanto con le loro forze, ad adoperarsi per la remissione dei peccati degli altri fratelli; ma che fosse la stessa chiesa, in quanto unico corpo, unita al suo capo Cristo, a soddisfare nei singoli membri. La chiesa dei padri, poi, fu del tutto persuasa di perseguire l’opera della salvezza in comunione e sotto l’autorità dei pastori, che lo Spirito santo pose come vescovi a reggere la chiesa di Dio. I vescovi pertanto, valutando prudentemente ogni cosa, stabilivano il modo e la misura della soddisfazione da prestarsi, anzi permettevano che le penitenze canoniche fossero riscattate con altre opere, forse più facili, convenienti al bene comune e adatte ad alimentare la pietà, da essere compiute dagli stessi penitenti e talvolta dagli altri fedeli.

    7. La convinzione esistente nella chiesa che i pastori del gregge del Signore potessero liberare i singoli fedeli da ciò che restava dei peccati con l’applicazione dei meriti di Cristo e dei santi, lentamente nel corso dei secoli, sotto l’ispirazione dello Spirito santo, che continuamente anima il popolo di Dio, portò all’uso delle indulgenze, con il quale si realizzò un progresso nella stessa dottrina e nella disciplina della chiesa, non un mutamento, e dal fondamento della rivelazione è stato tratto un nuovo bene ad utilità dei fedeli e di tutta la chiesa. L’uso delle indulgenze, propagatosi un po’ alla volta divenne nella storia della chiesa un fenomeno di notevoli proporzioni soprattutto allorché i romani pontefici stabilirono che alcune opere più convenienti al bene comune della chiesa "potessero sostituire tutta la penitenza" e ai fedeli "veramente pentiti e confessati dei loro peccati" e che avessero compiute tali opere concedevano "per la misericordia di Dio onnipotente.., confidando nei meriti e nell’autorità degli apostoli", "usando la pienezza della potestà apostolica", "il perdono non soltanto pieno ed abbondante, ma anche pienissimo dei loro peccati". "L’unigenito Figlio di Dio, infatti... ha procurato un tesoro alla chiesa militante e lo ha affidato al beato Pietro, clavigero del cielo, e ai successori di lui, suoi vicari in terra, perché lo dispensassero salutarmente ai fedeli e, per ragionevoli cause, lo applicassero misericordiosamente a quanti si erano pentiti e avevano confessato i loro peccati, talvolta rimettendo in maniera parziale la pena temporale dovuta per i peccati, sia in modo generale che particolare (come giudicavano opportuno nel Signore). Si sa che di questo tesoro costituiscono un accrescimento ulteriore anche i meriti della beata Madre di Dio e di tutti gli eletti".

    8. Detta remissione di pena temporale dovuta per i peccati, già rimessi per quanto riguarda la colpa, con termine proprio è stata chiamata "indulgenza". Essa conviene in parte con gli altri mezzi o vie destinate ad eliminare ciò che rimane del peccato, ma nello stesso tempo si distingue chiaramente da essi. Nell’indulgenza, infatti, la chiesa facendo uso del suo potere di ministra della redenzione di Cristo signore, non soltanto prega, ma con intervento autoritativo dispensa al fedele ben disposto il tesoro delle soddisfazioni di Cristo e dei santi in ordine alla remissione della pena temporale. Il fine che l’autorità ecclesiastica si propone nella elargizione delle indulgenze, è non solo di aiutare i fedeli a scontare le pene del peccato, ma anche di spingere gli stessi a compiere opere di pietà, di penitenza e di carità, specialmente quelle che giovano all’incremento della fede e al bene comune. Se poi i fedeli offrono le indulgenze in suffragio dei defunti coltivano in modo eccellente la carità e, mentre elevano la mente al cielo, ordinano più saggiamente le cose terrene. Il magistero della chiesa ha difeso ed esposto questa dottrina in vari documenti. Purtroppo nell’uso delle indulgenze si infiltrarono talvolta degli abusi, sia perché a causa di concessioni non opportune e superflue veniva avvilito il potere delle chiavi e la soddisfazione penitenziale veniva abolita, sia perché a causa di "illeciti profitti" veniva infamato il nome di indulgenza. Ma la chiesa, biasimando e correggendo tali abusi, "insegna e stabilisce che l’uso delle indulgenze deve essere conservato perché sommamente salutare al popolo cristiano e autorevolmente approvato da sacri concili, mentre condanna con anatema quanti asseriscono l’inutilità delle indulgenze e negano il potere esistente nella chiesa di concederle".

    9. La chiesa pertanto invita anche ai nostri giorni tutti i suoi figli a valutare in pieno e a riflettere quanto l’uso delle indulgenze sia di aiuto per la vita dei singoli e di tutta la società cristiana. L’uso salutare delle indulgenze, tanto per ricordare le cose più importanti, insegna in primo luogo quanto sia "triste e amaro l’aver abbandonato il Signore Dio". I fedeli, infatti, quando acquistano le indulgenze, comprendono che con le proprie forze non sarebbero capaci di riparare al male, che con il peccato hanno arrecato a se stessi e a tutta la comunità e perciò sono stimolati ad atti salutari di umiltà. Inoltre l’uso delle indulgenze ci dice quanto intimamente siamo uniti in Cristo gli uni con gli altri e quanto la vita soprannaturale di ciascuno possa giovare agli altri, affinché anche questi più facilmente e più intimamente possano essere uniti al Padre. Pertanto l’uso delle indulgenze eccita efficacemente alla carità e la fa esercitare in modo eminente, allorché viene offerto un aiuto ai fratelli che dormono in Cristo.

    10. Parimenti, il culto delle indulgenze ridesta la fiducia e la speranza di una piena riconciliazione con Dio Padre, in modo però da non giustificare alcuna negligenza e da non diminuire in alcun modo lo sforzo per l’acquisto delle disposizioni richieste per la piena comunione con Dio. Le indulgenze, infatti, sebbene siano delle elargizioni gratuite, sono tuttavia concesse sia per i vivi che per i defunti solo a determinate condizioni. Per l’acquisto di esse invero si richiede, da una parte, che le opere prescritte siano state compiute e, dall’altra, che il fedele abbia le necessarie disposizioni; che, cioè, ami Dio, detesti il peccato, riponga la sua fiducia nei meriti di Cristo e creda fermamente nel grande aiuto che gli viene dalla comunione dei santi. Non è da dimenticare, inoltre, che acquistando le indulgenze i fedeli si sottomettono docilmente ai legittimi pastori della chiesa, e soprattutto al successore di Pietro, clavigero del cielo, ai quali lo stesso Salvatore ha affidato il compito di pascere e di governare la sua chiesa. La salutare istituzione delle indulgenze, pertanto, contribuisce a suo modo perché la chiesa si presenti a Cristo senza alcun difetto, ma santa ed immacolata, mirabilmente unita in Cristo nel vincolo soprannaturale della carità. Poiché, infatti, mediante le indulgenze i membri della chiesa purgante si uniscono più presto alla chiesa celeste per mezzo delle stesse indulgenze il regno di Cristo maggiormente e più celermente si instaura, "fino a quando tutti saremo uniti nella stessa fede e con la conoscenza del Figlio di Dio avremo costruito l’uomo perfetto, secondo la misura che ci è stata data dalla pienezza di Cristo".

    11. La santa madre chiesa, perciò, avendo per fondamento tali verità, mentre di nuovo raccomanda ai suoi fedeli l’uso delle indulgenze, come cosa carissima al popolo cristiano per molti secoli e anche ai nostri giorni, a quanto attesta l’esperienza, non intende assolutamente diminuire il valore degli altri mezzi di santificazione e di purificazione e in primo luogo del sacrificio della messa e dei sacramenti, specialmente del sacramento della penitenza. Né vuole diminuire l’importanza di quegli aiuti abbondanti che sono i sacramentali e delle opere di pietà, di penitenza e di carità. Tutti questi mezzi hanno in comune il fatto che tanto più efficacemente causano la santificazione e la purificazione quanto più strettamente il fedele si unisce a Cristo capo e al corpo della chiesa con la carità. La preminenza della carità nella vita cristiana è confermata anche dalle indulgenze. Le indulgenze, infatti, non possono essere acquistate senza una sincera conversione e senza l’unione con Dio, a cui si aggiunge il compimento delle opere prescritte. Viene conservato dunque l’ordine della carità, nel quale si inserisce la remissione delle pene grazie alla distribuzione del tesoro della chiesa. La chiesa, infine, raccomandando ai suoi fedeli di non abbandonare né di trascurare le sante tradizioni dei padri, ma di accoglierle come un prezioso tesoro della famiglia cattolica e di tenerle nella dovuta stima, lascia tuttavia che ciascuno usi di questi mezzi di purificazione e di santificazione nella santa e giusta libertà dei figli di Dio; mentre incessantemente ricorda loro quelle cose che in ordine al conseguimento della salvezza sono da preferirsi perché necessarie o migliori e più efficaci. Per conferire poi maggiore dignità e stima all’uso delle indulgenze, la santa madre chiesa ha ritenuto opportuno apportare alcune innovazioni nella disciplina delle indulgenze, ed ha stabilito pertanto di fissare delle nuove norme.

    12. Le norme che seguono apportano alcune opportune variazioni nella disciplina delle indulgenze, in conformità anche alle proposte fatte dalle conferenze episcopali. Le disposizioni del codice di diritto canonico e dei decreti della santa sede riguardanti le indulgenze, in quanto sono conformi alle nuove norme, restano invariate. Nel redigere le nuove norme si è cercato in particolar modo di stabilire una nuova misura con l’indulgenza parziale, di apportare una congrua riduzione al numero delle indulgenze plenarie e di dare alle indulgenze cosiddette reali e locali una forma più semplice e più dignitosa. Per quanto riguarda l’indulgenza parziale, abolendo, l’antica determinazione di giorni e di anni, si è stabilita una nuova norma o misura tenendo in considerazione la stessa azione del fedele, che compie un’opera indulgenziata. E poiché l’azione del fedele, oltre al merito che ne è il frutto principale, può anche ottenere una remissione di pena temporale tanto maggiore quanto più grande è il fervore del fedele e l’importanza dell’opera compiuta, si è ritenuto opportuno stabilire che questa stessa remissione della pena temporale che il fedele acquista con la sua azione, serva di misura per la remissione di pena che l’autorità ecclesiastica liberamente aggiunge con l’indulgenza parziale. È parso poi opportuno ridurre convenientemente il numero delle indulgenze plenarie, affinché il fedele le stimi maggiormente e possa acquistarle con le dovute disposizioni. Infatti si bada poco a ciò che si verifica frequentemente e poco si apprezza quello che si offre in abbondanza. D’altra parte molti fedeli hanno bisogno di un congruo spazio di tempo per prepararsi convenientemente all’acquisto dell’indulgenza plenaria. Per quanto riguarda le indulgenze reali o locali non solo è stato di molto ridotto il loro numero, ma ne è stato abolito anche il nome, perché più chiaramente appaia che sono indulgenziate le azioni compiute dai fedeli e non le cose o i luoghi che sono solo l’occasione per l’acquisto delle indulgenze. Anzi, gli iscritti alle pie associazioni possono acquistare le indulgenze loro proprie, compiendo le opere prescritte, senza che sia richiesto l’uso dei distintivi.

     

    NORME

    N. 1. L’indulgenza è la remissione dinanzi a Dio della pena temporale per i peccati, già rimessi quanto alla colpa, che il fedele, debitamente disposto e a determinate condizioni, acquista per intervento della chiesa, la quale, come ministra della redenzione, autoritativamente dispensa ed applica il tesoro delle soddisfazioni di Cristo e dei santi.

    N. 2. L’indulgenza è parziale o plenaria secondo che libera in parte o in tutto dalla pena temporale dovuta per i peccati.

    N. 3. Le indulgenze sia parziali che plenarie possono essere sempre applicate ai defunti a modo di suffragio.

    N. 4. L’indulgenza parziale d’ora in poi sarà indicata con le sole parole "indulgenza parziale", senza alcuna determinazione di giorni o di anni.

    N. 5. Il fedele, che almeno col cuore contrito compie una azione, alla quale è annessa l’indulgenza parziale, ottiene, in aggiunta alla remissione della pena temporale che percepisce con la sua azione, altrettanta remissione di pena per intervento della chiesa.

    N. 6. L’indulgenza plenaria può essere acquistata una sola volta al giorno, salvo quanto è disposto al n. 18 per coloro che sono in punto di morte. L’indulgenza parziale invece può essere acquistata più volte al giorno, salvo esplicita indicazione in contrario.

    N. 7. Per acquistare l’indulgenza plenaria è necessario eseguire l’opera indulgenziata e adempiere tre condizioni: confessione sacramentale, comunione eucaristica e preghiera secondo le intenzioni del sommo pontefice. Si richiede inoltre che sia escluso qualsiasi affetto al peccato anche veniale. Se manca la piena disposizione o non sono poste le predette tre condizioni, l’indulgenza è solamente parziale, salvo quanto è prescritto al n. 11 per gli impediti.

    N. 8. Le tre condizioni possono essere adempiute parecchi giorni prima o dopo di aver compiuto l’opera prescritta; tuttavia conviene che la comunione e la preghiera secondo le intenzioni del sommo pontefice siano fatte nello stesso giorno, in cui si compie l’opera.

    N. 9. Con una sola confessione sacramentale si possono acquistare più indulgenze plenarie; ma con una sola comunione eucaristica e una sola preghiera secondo le intenzioni del sommo pontefice si lucra una sola indulgenza plenaria.

    N. 10. Si adempie pienamente la condizione di pregare secondo le intenzioni del sommo pontefice, recitando secondo le sue intenzioni un Pater e un’Ave; è data tuttavia ai singoli fedeli la facoltà di recitare qualsiasi altra preghiera secondo la pietà e la devozione di ciascuno verso il romano pontefice.

    N. 11. Ferma restando la facoltà concessa dal can. 935 del CIC ai confessori di commutare per gli impediti sia l’opera prescritta sia le condizioni richieste per l’acquisto delle indulgenze, gli ordinari locali possono concedere ai fedeli, sui quali esercitano la loro autorità a norma del diritto, se risiedono in luoghi dove in nessun modo o almeno molto difficilmente possono accostarsi ai sacramenti della comunione, di poter acquistare l’indulgenza plenaria senza l’attuale confessione e comunione, purché siano contriti e propongano di accostarsi ai predetti sacramenti appena è loro possibile.

    N. 12. È abolita la divisione delle indulgenze in personali, reali e locali, perché più chiaramente appaia che le indulgenze sono concesse alle azioni dei fedeli, sebbene esse siano talvolta collegate ad un oggetto o ad un luogo.

    N. 13. Il manuale delle indulgenze sarà riveduto in modo che solamente le più importanti preghiere e opere di pietà, di carità e di penitenza siano indulgenziate.

    N. 14. Gli elenchi e i sommari delle indulgenze per gli ordini e congregazioni religiose, per le società che vivono in comune senza voti, per gli istituti secolari e per le pie associazioni di fedeli, saranno quanto prima riveduti, in modo che l’indulgenza plenaria possa lucrarsi soltanto in giorni particolari stabiliti dalla santa sede, su proposta del superiore generale o, se si tratta di pie associazioni, dell’ordinario del luogo.

    N. 15. In tutte le chiese oratori pubblici o, per quelli che ne usano legittimamente, semipubblici, si può acquistare il 2 novembre una indulgenza plenaria da applicarsi soltanto ai defunti. Nelle chiese parrocchiali si può lucrare inoltre l’indulgenza plenaria due volte all’anno, cioè nella festa del santo titolare e il 2 agosto, in cui ricorre l’indulgenza della Porziuncola, oppure in altro giorno opportunamente stabilito dall’ordinario. Le predette indulgenze si possono acquistare o nei giorni sopra stabiliti, oppure, col consenso dell’ordinario, la domenica antecedente o successiva. Tutte le altre indulgenze concesse alle chiese od oratori dovranno quanto prima essere rivedute.

    N. 16. L’opera prescritta per lucrare l’indulgenza plenaria annessa a una chiesa o a un oratorio consiste nella devota visita di questi luoghi sacri, recitando in essi un Pater e un Credo.

    N. 17. Il fedele che devotamente usa un oggetto di pietà (crocifisso, croce, corona, scapolare, medaglia), debitamente benedetto da un sacerdote, può lucrare una indulgenza parziale. Se poi tale oggetto religioso è benedetto dal sommo pontefice o da un vescovo, i fedeli, che devotamente lo usano, possono acquistare anche l’indulgenza plenaria nella festa dei ss. apostoli Pietro e Paolo, aggiungendo però la professione di fede con qualsiasi legittima formula.

    N. 18. Al fedele in pericolo di morte, che non possa essere assistito da un sacerdote che gli amministri i sacramenti e gli impartisca la benedizione apostolica con l’annessa indulgenza plenaria a norma del can. 468,2 del CIC, la santa madre chiesa concede ugualmente l’indulgenza plenaria in punto di morte, purché sia bene disposto e abbia recitato durante la vita qualche preghiera. Per l’acquisto di tale indulgenza è raccomandabile l’uso del crocifisso o della croce. Questa stessa indulgenza plenaria in punto di morte può essere lucrata dal fedele, che nello stesso giorno abbia già acquistato un’altra indulgenza plenaria.

    N. 19. Le norme stabilite circa l’indulgenza plenaria, specialmente quella recensita nel n. 6, si applicano anche alle indulgenze plenarie cosiddette "ogni volta che".

    N. 20. La santa madre chiesa, massimamente sollecita per i fedeli defunti, ha stabilito di suffragarli nella più larga misura in tutte le messe, abolendo ogni particolare privilegio.

    Le nuove norme, che regolano l’acquisto delle indulgenze, entreranno in vigore dopo tre mesi dalla data di pubblicazione di questa costituzione su "Acta Apostolicae Sedis". Le indulgenze, annesse all’uso degli oggetti di pietà, che non sono sopra riferite, cessano dopo tre mesi dalla data di pubblicazione della presente costituzione su "Acta Apostolicae Sedis". Le revisioni, di cui si tratta nei nn. 14 e 15, debbono essere proposte alla sacra penitenzieria apostolica entro un anno; trascorso un biennio dalla data di questa costituzione, le indulgenze, che non siano state confermate, decadranno. Queste nostre norme e prescrizioni al presente e per l’avvenire vogliamo che siano stabili ed efficaci, nonostante, in quanto è necessario, le costituzioni e gli ordinamenti apostolici emanati dai nostri predecessori, e tutte le altre prescrizioni, anche se degne di particolare menzione e deroga.

    Dato a Roma, presso San Pietro, il 1 gennaio 1967, ottava della natività di nostro signore Gesù Cristo, anno quarto del nostro pontificato.

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    00 17/05/2015 23:07
    Origine e significato dell'indulgenza

    di Stefano Biavaschi

    L'origine dell'indulgenza è antichissima. Dio, dopo aver istituito la settimana come memoria dei sette giorni della Creazione (Es 20,8-10), istituisce la settimana di anni, il cui settimo era sabbatico (Lv 25,l-7), le sette settimane di anni (49 anni) e stabilisce: "Dichiarerete santo il cinquantesimo anno e proclamerete nel paese la libertà per ogni suo abitante. Sarà per voi un giubileo" (Lv 25,l0). Nell'anno sabbatico e in quello giubilare, Dio comandava agli Israeliti di avere indulgenza verso i poveri (cancellando i debiti o restituendo le terre) e verso gli schiavi (liberandoli, per far memoria della misericordia di Dio che li aveva liberati dalla schiavitù d'Egitto). Gesù eleva la liberazione dalla schiavitù a liberazione dalla schiavitù del peccato, e dunque a perdono della colpa. Quanto alla cancellazione dei debiti, questa si eleva a remissione della pena provocata dal peccato, dunque a indulgenza.
    La prima indulgenza cristiana viene applicata da Cristo stesso: "In verità ti dico: oggi sarai con me in Paradiso" (Lc 23,43). Appare evidente non solo un'immediata remissione della colpa, ma anche della pena: al buon ladrone viene di fatto applicata una indulgenza plenaria, e questo non intacca la giustizia divina, perchè si era acquistato l'indulgenza con le sofferenze della crocifissione: "Stiamo ricevendo la giusta pena per le nostre azioni" (Lc 23,4l). Aveva cioè maturato i requisiti, perchè la misericordia di Dio viene sempre applicata con giustizia. Dobbiamo, pertanto, meritarci i suoi Meriti. I nostri non sono sufficienti a salvarci, ma sono necessari. E` il solito binomio libertà e Grazia.
    Anche le indulgenze elargite dalla Chiesa non vanno intese come colpi di spugna, ottenibili con formule o, come pensava qualche nobile del Cinquecento, con denaro. Ma richiedono sempre, da una parte, il cambiamento, la conversione del cuore, la confessione dei propri peccati (cioè occorre sempre prima la cancellazione dello stato di colpa), e dall'altra una penitenza (o stato di pena).
    Per duemila anni i cristiani hanno individuato nel pellegrinaggio (quasi sempre esercitato a piedi, anche per lunghissimi tragitti) e nel digiuno due ottimi strumenti di penitenza. In genere era la Chiesa a indicare i requisiti per le indulgenze, parziali o totali, e questo esercitando il mandato di Cristo a Pietro: "A te darò le chiavi del Regno dei Cieli, e tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato nei cieli e tutto ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto nei cieli" (Mt 16,19).
    Anche oggi, per il Giubileo, la Chiesa indica le condizioni per l'acquisto dell'indulgenza: Confessione, Eucaristia, preghiera secondo le intenzioni del Papa, pellegrinaggio a Roma o alle chiese giubilari (presenti in ogni diocesi), atti di penitenza (digiuno dal cibo, dal fumo,...), esercizio delle opere di carità (visita agli ammalati, agli anziani,...). Ma la remissione dei debiti e la liberazione dalla schiavitù non saranno solo a vantaggio della propria anima o, per la Comunione dei Santi, a vantaggio delle anime del Purgatorio. La Chiesa vuole giungere, infatti, ad una cancellazione dei debiti delle nazioni più povere utilizzando le offerte raccolte nazione per nazione, durante l'anno giubilare: questo tipo di indulgenza educherà l'uomo alla solidarietà e contribuirà alla pace nel mondo.
    [Modificato da Credente 17/05/2015 23:08]