00 01/06/2016 23:49
Qualche tdg si aggrappa addirittura ad una frase detta da Umberto Eco per avvalorare il vocabolo "geova!"

“Il prof. Eco ha scritto anni or sono sull’Espresso (del 23 febbraio 1986) che due lettori lo avevano rimproverato. Per quale motivo? A quanto egli afferma, “mi hanno fatto notare che non devo dire Geova per indicare il dio dell’Antico Testamento, ma ‘Iahveh’ o ‘Yahveh’, perché Geova lo dicono solo i testimoni del medesimo”. La risposta di Umberto Eco è stata esplicita, affermando che si tratta di una cosa assolutamente non vera “perché i dizionariregistrano ‘Geova’ come la italianizzazione corrente di Iahveh”.”



Un forumista ha opportunamente risposto:

Interessante questo breve frammento che ci proponi Quixote, anche perché Umberto Eco era uno dei grandi geni della nostra Italia, dunque fa sempre piacere conoscere il suo parere. Ovviamente l’argomentazione del professore qui non è molto pregevole, e, come si usa fare in ambito di dibattito scientifico, mi appresto a dire perché non sono d’accordo, prima però queste poche righe meritano alcune riflessioni. In primis veniamo a sapere da Eco stesso che alcuni suoi lettori lo avevano criticato perché in passato aveva usato Geova. La prima domanda che mi sono posto è: dove l’aveva fatto? Il brano è del 1986, e prima di allora l’unico suo romanzo era stato Il Nome della Rosa del 1980. Certo Umberto Eco non aveva scritto solo quello prima del 1986, era anche un saggista e teneva già la sua rubrica La Bustina diova Minerva. Tuttavia, facendo un discorso probabilistico, Il Nome della Rosa ha venduto 30 milioni di copie, mentre il resto della sua saggistica è roba di nicchia che solo noi filosofi ci siamo pippati, dunque è che questi personaggi che hanno scritto ad Eco fossero alcuni dei milioni che hanno letto il suo romanzo medievale. Se così fosse l’uso di Geova in quel romanzo non era errato, ed il prof. Eco ha sbagliato la sua difesa. Semplicemente nel medioevo si credeva che quella pronuncia errata fosse l’autentico nome di Dio, dunque sarebbe stato anacronistico mettere in bocca a qualcuno dei monaci Jahweh. Lo stesso discorso lo feci allorché i Testimoni di Geova si misero a condividere i fotogrammi di Indiana Jones che affonda in un pavimento trappola ideato dai crociati, perché non si ricordava che “Geova in latino comincia con la «i»!””, e dunque pestando ha “J” il poveretto quasi si uccide. Ovviamente i crociati non conoscevano nessun Jahweh, dunque sarebbe stato anacronistico usare questo termine, e s’era giustamente ricorsi al latino medievale che potevano conoscere i Cavalieri del Tempio.

Ebbene, se Umberto Eco nel nome della Rosa avesse usato Geova, avrebbe dovuto rispondere ai suoi lettori che non poteva mettere in bocca ai monaci una forma anacronistica. Però Eco non l’ha fatto, e ha scelto un’altra via, molto meno solida a livello fondazionale (infatti si basa sul fatto che Geova sia da usarsi perché presente sui dizionari, quindi, qualora sparisse dai dizionari, sarebbe da eliminare). Il problema è che Eco era un genio, e come tutti i geni non amava le critiche, motivo per cui ha risposto a questo suo lettore in maniera stizzita, trincerandosi dietro un argumentum ex auctoritate pur di non riconoscere un errore (che errore poi non era, se è sulla bocca del monaco Adso da Melk che i lettori lessero Geova).
In ogni caso possiamo benissimo seguire il ragionamento di Eco. Com’è noto c’è voluto del tempo perché passasse dal mondo dei biblisti al mondo dei letterati l’informazione che Geova è una forma errata del nome di Dio, perché è un’italianizzazione di una forma vocalizzata scorrettamente in ebraico (a differenza di altri nomi come Davide che invece sono italianizzazioni derivate da forme ebraiche vocalizzate correttamente). Sicché, siccome quest’informazione ci ha messo del tempo a passare, vari autori, letterati e poeti per lo più, tra l’Ottocento e inizio Novecento hanno usato questo nome, poi, quando s’è saputo che era un mostro filologico, il suo uso è declinato, al punto da essere quasi inesistente oggi (lo sappiamo dal fatto che i TdG vanno a cercare col lanternino e a catalogare gli usi italiani contemporanei di Geova, cosa che prova che il termine non è in uso in italiano corrente, altrimenti non potrebbero permettersi di fare un elenco delle poche attestazioni che trovano, le quali si scontrano con le migliaia di attestazioni della forma vocalizzata correttamente).
Come dicevo dunque il fatto che in passato diversi letterati abbiano usato Geova ha fatto sì che i dizionari riportassero questo nome. Io ho due edizioni dello Zingarelli a casa, una degli anni ’80, ed ha Geova, una di qualche anno fa, dove invece Geova sparisce, letteralmente silurato. Dunque utilizzando il ragionamento di Eco, se fosse lecito utilizzare Geova perché presente nei dizionari degli anni ’80 che lui consultò, dovremmo altrettanto coerentemente dedurne che vada debellato nel 2016 perché sullo Zingarelli nuovo lo sgorbio è stato debellato? Invero, anche la vecchia edizione dello Zingarelli spiegava benissimo che era una pronuncia errata, infatti si diceva “ traslitterazione del nome ineffabile di Dio, rappresentato dal tetragramma YHVH, con l'aggiunta delle vocali di Adonay, letteralmente 'mio Signore']”.
Ad ogni modo l’argomentazione di Eco ha un’altra falla logica: non è un buon metodo guardare il dizionario per sapere se una parola sia corrente, infatti il dizionario, se è ben fatto, riporta qualsiasi forma attestata nel corso della secolare storia della nostra lingua, e dunque vi si troveranno "quore", "foco" e "pria", ma chi dirà mai che siano forme dell'italiano d'oggi? Geova dunque è stato silurato, perché oltre che obsoleto al pari di “foco”, è pure scorretto. 
Non so se altri dizionari riportino Geova ancora nel 2015, e francamente non mi interessa. Questa forma non è giusta perché si trova o manca su un dizionario, ma perché è scorretta, scorretta perché, come questi dizionari stessi riportano, è data dalla fusione delle vocali di una parola con le consonanti di un’altra. 
Certo si potrà replicare che è l’uso a fare la regola, e che l’esistenza di una parola in italiano non è stabilita dai grammatici, ma dall’uso che la gente ne fa. Se un errore diventa comune, è la nuova norma. Del resto l’italiano stesso è tutto una corruzione del latino, la nostra lingua è letteralmente il prodotto di parole latine corrette pronunciate da gente che, secolo dopo secolo, non sapeva più le declinazioni, e dunque parlava in modo diverso dalla grammatica latina. 
Questa argomentazione come già detto non ha nessun significato, in primis perché non è vero che Geova sia diffuso. Se si vuole guardare cosa usano gli italiani quando scrivono libri e vogliono utilizzare il nome di Dio vocalizzato, le occorrenze di Yahweh battono Geova in misura impressionante. Geova per gli italiani è associato non al nostro Padre che è nei Cieli, ma alla setta americana, ed infatti usano questo nome solo per riferirsi a loro, senza minimante pensare a Dio Padre, ma solo per sfotterli nella frase che stanno pronunciando dicendo che loro, i Testimoni di Geova, sono degli sfigati per questo e quest’altro motivo. Quando invece vogliono parlare del Dio dell’Antico Testamento, perché, che so, stanno scrivendo un saggio, usano in maniera esponenzialmente più frequente o la forma vocalizzata correttamente o oppure lasciano le sole consonanti. Certamente non si può dire che Geova sia diffuso tra gli Italiani per parlare del nome di Dio, è diffuso solo quando si tratta di commiserare i cosiddetti testimoni perché i loro bambini non possono festeggiare il Natale. 
Inoltre, se anche Geova davvero fosse stato diffuso, mi spiegate che differenza farebbe? I TdG hanno la pretesa di voler riportare la verità nel cristianesimo, di rompere con le tradizioni degli uomini, non conta quanto siano diffuse tra la gente (si veda il trattamento fatto alla povera croce, che quei poveretti si illudono fosse un palo). Dunque, visto che è una forma errata questo Geova, un ibrido medievale creato dall’odiata cristianità, perché non hanno fatto una maxicampagna per sradicarlo come hanno fatto per la ben più popolare croce? Da quando l’argomentazione che una cosa, sebbene errata, ormai è diffusa e dunque da tenere, è in cima al loro modo di pensare? Non erano loro i fanatici della purezza? Perché non fanno lo stesso con la croce e dicono: “carissimi, la croce sarà pure un’erronea invenzione della cristianità, ma siccome ormai è diffusa, tenetevi quella.”? Pare che invece che con lo sgorbio Geova, che è attestato nell’uso della cristianità con millenni di ritardo rispetto alla “falsa croce”, non si siano fatti problemi dell’origine non apostolica di questo nome fasullo. E dunque, se hanno tolto un braccio alla croce, non si capisce perché non abbiano tolto le vocali al mostro filologico medievale Geova facendo una campagna per liberare la gente da questo terribile errore generato dalla cristianità, sprezzanti contro la presunta moltitudine che lo sua. È ridicolo che proprio loro, intenti a fare qualunque cosa per distinguersi dalla massa e dalle false credenze dalla cristianità, poi dicano di volersi tenere questo errore medievale con l’argomentazione che sarebbe diffuso nella cristianità! Assurdo e patetico.
Ma torniamo ad Umberto Eco, e al fatto che, siccome gli era stato fatto notare un errore, ha reagito alquanto stizzito portando delle argomentazioni di poco pregio. Ho ancora due osservazioni da fare, la prima è che se vale il motto “è vero perché lo dice Eco”, allora, essendo costui un noto ateo, dobbiamo forse dedurre che i TdG si impegneranno a sottoscrivere accanitamente, come dei bambini che piangono se gli si toglie il ciucio, l’assioma “è vero perché l’ha detto Eco” anche quando il sottoscritto pescasse una qualsiasi frase di Eco che afferma che Dio non esiste o che il Pentateuco non è opera di Mosè? Oppure scenderanno dal fico, e, come si fa in ambiente scientifico-accademico, banalmente accetteranno di discutere le argomentazioni di un autore per vedere se siano valide? In effetti questo procedimento fatto all’interno del mondo universitario, quando qualcuno tiene un seminario e gli aggregati di quell’ateneo alzano la mano per contestare quello che dice e mettere alla prova le sue argomentazioni. Ma non essendo i TdG parte del mondo accademico in alcun modo, sono abituati ad approcciarsi alle citazioni degli autori in modo infantile, e, soprattutto, se anche volessero discuterle, non avrebbero gli strumenti per farlo (dunque forse è meglio che lo lascino fare a chi lo fa di mestiere). Come dicevo, a proposito dell’assioma “lo dice Eco dunque è vero”, se reperiamo questa bustina di Minerva il noto filosofo scrisse anche questo poco dopo la parte citata da Azzurra 7: «il famigerato Geova viene fuori dal fatto che i cabalisti cristiani iniziarono a scrivere “Jehovah”».
Affascinante, in primis perché è falso: Jehovah non è nato per opera dei cabalisti. Ma siccome quello che dice Eco è vero, e non può sbagliarsi, allora i TdG siano informati di questi due fatti. I loro patetici libercoli pubblicati dalla casa editrice Azzurra 7, proprio quella che propone la frase di Eco, i quali sostengono che Jehovah fosse la pronuncia originaria del tetragramma, sono falsi. Sono falsi perché Eco, che non può sbagliare, dice che il nome è nato dai cabalisti cristiani, e la cabala è una cosa medievale. In secondo luogo apprendano i Geova che il nome del loro Dio è saltato fuori dalla pratica dello spiritismo, infatti la kabbalah com’è noto è opera del demonio. In questo momento mi sto facendo un segno della croce: Geova è stato prodotto da ambienti della cristianità dediti all’occulto!! Lo dice Eco, dunque è vero. Esattamente come i TdG dicono d’aver ripulito quegli ambiti del cristianesimo partoriti dallo spiritismo e dai demoni, mi aspetto che facciano lo stesso con Jehovah, nome diabolico partorito dai servi di satana, i cabalisti cristiani. Ho appena ritagliato il nome Geova dal mio vecchio Zanichelli degli anni ’80, gli ho dato fuoco, e poi ho cosparso il tutto con acqua santa, non voglio nella mia casa oggetti legati allo spiritismo, avete capito??
Ma torniamo ad Eco. In realtà questa osservazione che gli fu fatta, e alla quale aveva risposto con stizza, dando torto a costoro solo perché lui era Umberto Eco e dunque non poteva cedere su nessun punto, deve essergli entrata nell’animo. Infatti due soli anni dopo uscì il suo nuovo romanzo, il Pendolo di Foucault, e, sorpresa… non solo Eco usa Iahveh e non Geova, ma ci viene pure a dire che è la traslitterazione italiana del nome di Dio. Leggete un po’ queste due scansioni. 
Il contesto è che il tizio deve trovare la password di un PC, e dunque, siccome ha a che fare con cabalista, prova con le varie permutazioni delle lettere del nome di Dio. In pratica, se mio marito si chiamasse Marco, e qualcuno volesse provare a forzare il mio PC, sapendo che ho usato il suo nome come password, non dovrebbe solo provare Marco, ma anche le permutazioni delle sue lettere, ad es. “Carmo”. Dice poi che, se la password è il nome di Dio, non saranno da provare solo le permutazioni delle 4 consonanti, perché il tizio del quale vogliamo entrare nel PC è un maniaco della sicurezza, e dunque permutando le 4 lettere si ottengono solo 24 combinazioni possibili, se invece si permuta il nome di Dio vocalizzato, cioè 6 lettere, le permutazioni possibili divengono 720.
Scrive Umberto Eco: “E quindi non poteva aver combinato le quattro lettere ebraiche perché, lo sapeva, quattro pietre costruiscono solo ventiquattro case. Avrebbe potuto giocare sulla trascrizione italiana, che contiene anche due vocali. Con sei lettere aveva a disposizione settecento venti permutazioni”. 
Di che nome italiano sta parlando, visto che non lo nomina? Parla di Iahveh, poi vi posto la scansione, visto che Eco si prende la briga di trascrivere le combinazioni possibili. 
Infatti il nome che viene permutato è “Iahveh”, non “Geova”. Ma anche se non vi avessi postato le scansioni, avreste potuto arrivarci da soli a quale fosse il nome permutato. E’ escluso che si tratti di “Geova” perché Geova non ha sei lettere ma cinque. Alcuni poco avvezzi di linguistica potrebbero rimanere interdetti perché Eco dice della trascrizione italiana “che contiene due vocali”, e, se non è Geova, che ne ha tre, neppure potrebbe essere Iahveh, che 3 pure lui, ossia “i”, “a”, “e”. Ma l’arcano è presto svelato, quella “i” non è una vocale né in ebraico né in italiano, la “i” traslittera la yod ebraica, che è una consonante, ed infatti pure in italiano in quella posizione non abbiamo a che fare con una vocale ma con una semiconsonante. Ecco le scansioni di Iahveh, trascrizione italiana del nome di Dio, Eco dixit:

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Dunque abbiamo un caso di Eco contro Eco. Se non fosse che l’Eco della Bustina di Minerva è del 1986, quello del Pendolo di Foucault è del 1988, quindi la seconda versione è la più aggiornata. Evidentemente, a mente fredda, le argomentazioni dei tizi che gli avevano scritto avevano fatto breccia, ed Eco abbandonò pure lui lo sgorbio, additando Iahveh come forma italiana del nome di Dio. E se lo dice Eco, dev’essere vero.


Ad Maiora