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5 - L'errore:
"Quando si fa un torto al prossimo, o lo si riceve, la
riconciliazione, o perdono, avviene tra offensore ed offeso (cf.
Matteo 5: 23, 24; 18, 15; Luca 17: 3; Efes. 4: 32)".
La verità:
a) In tutti i testi citati dai tdG si parla solo della
riconciliazione tra due o più cristiani tra loro: si raccomanda di
riconoscere il proprio torto, di chiedere perdono al fratello offeso,
di perdonare, di essere benevoli ecc. Ma non è detto nulla contro il
potere di rimettere i peccati dato da Dio alla sua Chiesa.
b) La strumentalizzazione, che ne fanno i tdG per negare la dottrina
biblica del Sacramento della Penitenza, contiene un grosso errore di
fondo, vale a dire che l'offesa fatta al fratello non riguarda Dio.
Dio non c'entrerebbe. Sarebbe una cosa da aggiustarsi tra offeso e
offensore. Ma questa è una eresia! Infatti l'offesa fatta al prossimo
è sempre offesa fatta a Dio: è sempre peccato contro Dio. Dei dieci
comandamenti dati da Dio a Mosè (cf. Esodo 20, 2-17) ben sette
riguardano offese fatte al prossimo. Sarebbe assurdo dire che in
tutti questi casi basta una riconciliazione tra offensore ed offeso
per avere il perdono di Dio. I tdG scrivono questi grossolani errori
pur di negare alla Chiesa Cattolica il potere di rimettere i peccati.
6 - L'errore:
"Simon Mago, di cui in Atti 8, 22, non è assolto da Pietro, ma da
Dio".
La verità:
a) Il mago non aveva né voleva avere le condizioni necessarie per
essere assolto da Pietro. Questi infatti gli dice: "Ti vedo chiuso in
fiele amaro e in lacci di iniquità" (Atti 8, 23). Scosso dal
rimprovero di Pietro il mago ha solo paura di essere colpito dai
castighi divini. Perciò dice a Pietro: "Pregate voi per me il Signore
perché non mi accada nulla di ciò che avete detto" (Atti 8,1 24).
b) In tutto questo testo di Atti 8, 20-24 non è detto che Dio abbia
assolto il mago. E tanto meno è detto che Pietro non l'abbia potuto
assolvere in nome di Gesù, se avesse mostrato i segni di un vero
pentimento.
7 - L'errore:
"Nelle Lettere a Timoteo e a Tito non troviamo tra le mansioni dei
vescovi e dei presbiteri quella di confessare. Non c'è una sola
parola di Paolo che mostri che egli considerasse l'assolvere dai
peccati come un ufficio del ministero cristiano".
La verità:
a) Timoteo fu discepolo e compagno di Paolo nei suoi viaggi
missionari (cf. Atti 17, 14ss.; 18, 5; 19, 22; 20, 4). Fu incaricato
d'una speciale missione a Tessalonica (cf. 1 Tessalonicesi 3, 2-6) e
Corinto (cf. 1 Corinzi 4, 17; 16, 10; 2 Corinzi 1, 9). Prima di
ricevere questi incarichi era stato approvato da Paolo e dai
presbiteri (cf. 1 Timoteo 1, 18; 4, 14; 2 Timoteo, 1, 6). Fu
richiesto da Paolo di dirigere la chiesa di Efeso (cf. 1 Timoteo 1,
3). Questi particolari sono sufficienti per essere certi che Timoteo
conosceva assai bene come guidare una comunità e non c'era bisogno
che Paolo gli ripetesse tutta la dottrina cristiana in uno o due
scritti aventi uno scopo piuttosto pastorale che dottrinale.
Anche Tito, benché in modo alquanto diverso, è discepolo e compagno
di Paolo nel lavoro apostolico. Ebbe anche lui incarichi di
responsabilità a Corinto (cf. 2 Corinzi 2, 13; 7, 6). Fu lasciato a
Creta, dov'è indirizzata appunto la Lettera a Tito, con l'incarico di
regolare ciò che rimaneva da fare (cf. Tito 1, 5). Possiamo affermare
con certezza che anche Tito conosceva bene tutto l'insegnamento di
Paolo, compreso quello riguardante la riconciliazione con Dio (cf. 2
Corinzi 5, 18-20), anche se Paolo nel breve scritto che è la Lettera
a Tito, non parla di questo ministero>.
b) Notiamo pure che la difficoltà mossa dai negatori della
Confessione poggia su un principio assai labile: a loro avviso in
ogni scritto della Bibbia dovremmo avere tutta la dottrina predicata
da Cristo e dagli Apostoli. Questo principio è falso. Se fosse vero,
dovremmo negare tante verità che si trovano nei vangeli e non in san
Paolo e viceversa. Oppure tante verità di cui Paolo parla in una
Lettera, ma non ne parla in un'altra. Un esempio. Nelle Lettere a
Timoteo e Tito, Paolo non parla della Cena del Signore e del comando
di rinnovarla (cf. 1 Corinzi 11, 17-27). Dunque Gesù non celebrò la
Cena Pasquale né diede ordine di fare lo stesso in sua memoria! Gli
esempi sono molti. Questo dimostra come i contestatori della dottrina
della Chiesa Cattolica sono spesso molto superficiali nelle loro
affermazioni. "Accertatevi d'ogni cosa" ammonisce san Paolo (1
Tessalonicesi 5, 21).
c) Anche se nelle Lettere Pastorali non vi è esplicita menzione del
potere di rimettere i peccati, non mancano tuttavia vive esortazioni
a convertire, ossia riconciliare i peccatori con Dio (cf. 1 Timoteo
1, 15-16). Timoteo, in armonia con le profezie che sono state fatte a
suo riguardo, fondato su di esse, deve combattere la buona battaglia,
a fine di ricuperare i traviati (cf. 1 Timoteo 1, 18-19). Il modo
Paolo non lo dice esplicitamente, ma si può supporre che Timoteo
sapeva come comportarsi in simili casi, ricordando come si era
comportato Paolo a Corinto (cf. 1 Corinzi 5, 1-5).
d) In 1 Timoteo 5, 20 Paolo scrive: "Quelli poi che risultino
colpevoli riprendili alla presenza di tutti". Anche se non si parla
esplicitamente di "peccati perdonati", si tratta pur sempre di
mancanze, "colpe", che devono essere riparate, e Timoteo non deve
restare passivo, ma deve intervenire per ristabilire il giusto modo
di agire cristianamente. Naturalmente si suppone che i "colpevoli",
si pentano, chiedano perdono, siano riconciliati e cambino vita,
adottando un comportamento coerente con il Vangelo. E certamente
Timoteo esercita un potere su coloro che si comportano male nella
comunità.
8) L'errore:
Con riferimento a Matteo 18, 15-17 i tdG hanno scritto:
"In questioni che implicano gravi violazioni della legge, uomini
responsabili nella congregazione avrebbero dovuto emettere un
giudizio e decidere se un trasgressore doveva essere "legato"
(considerato colpevole) oppure "sciolto" (assolto). Significa questo
che il cielo avrebbe seguito le decisioni di esseri umani? No (...).
In effetti, è irragionevole pensare che le decisioni di un essere
umano imperfetto possano essere vincolanti per coloro che sono nei
tribunali celesti. E' molto più ragionevole dire che i rappresentanti
nominati da Cristo avrebbero seguito le sue istruzioni per mantenere
pura la sua congregazione. Avrebbero fatto questo prendendo decisioni
basate su principi già stabiliti in cielo".
La verità:
a) Prendiamo atto anzitutto che i tdG ammettono, con riferimento a
Matteo 18, 15-17, che nella congregazione vi sono uomini responsabili
che possono e devono emettere un giudizio e decidere se un
trasgressore deve essere "legato" (considerato colpevole)
oppure "sciolto". Questo è appunto quello che fanno gli uomini
responsabili nella Chiesa Cattolica (vescovi, sacerdoti) applicando
il comando del Signore di "legare" (considerare colpevoli) oppure
di "sciogliere" (assolvere). Dunque Dio ha dato a degli uomini il
potere di rimettere o di ritenere i peccati (cf. Matteo 9, 8; 18, 18;
Giovanni 20, 22-23).
b) Fin qui nulla da dire in contrario. Ma quel che segue è solo un
cumulo di stupidità. In effetti, mai nessun cattolico ha detto o
pensato che gli uomini responsabili nelle congregazioni o
rappresentanti nominati da Cristo emettono decisioni vincolanti per
coloro che sono nei tribunali celesti. La Chiesa Cattolica ha sempre
insegnato e insegna che i ministri della confessione seguono
fedelmente e coscienziosamente le istruzioni ricevute da Cristo per
mantenere pura la sua Chiesa. Dire il contrario, è solo ignoranza
(nella base) e malafede (nei capi).
c) A conferma basta ricordare che la Chiesa Cattolica, prima di
concedere a un suo ministro la facoltà di confessare (= emettere cioè
un giudizio sul comportamento morale di un fratello), si assicura che
il ministro abbia seguito i regolari corsi di studio delle varie
discipline religiose per conoscere bene le istruzioni date da Cristo
per la guida della sua Chiesa. Tali corsi durano quattro o cinque
anni. Inoltre tali ministri sono obbligati ad aggiornarsi
continuamente soprattutto nella scienza morale per conoscere sempre
meglio, con fedeltà alla Bibbia, le istruzioni date da Cristo circa
il rimettere o ritenere i peccati.
d) In virtù della loro preparazione scientifica i confessori
interpretano nei singoli casi una decisione già presa nel cieli, vale
a dire decidono caso per caso se è conforme alle istruzioni date da
Cristo ritenere "legato" o "sciolto" un peccatore. Il giudizio o
decisione emessa dal confessore - essere umano imperfetto - segue,
non precede il giudizio emesso nei cieli; è vincolata, non
vincolante, dai tribunali celesti, cioè da Dio, che ha parlato
mediante il suo unico Figlio, Gesù Cristo, Dio-con-noi (cf. Matteo 1,
23), Potenza e Sapienza di Dio (1 Corinzi 1, 24).
Ripetiamo: gli uomini responsabili nella vera Chiesa di Gesù Cristo,
che è la Chiesa Cattolica, seguono nel ministero del Sacramento della
Penitenza la direttiva proveniente dal cielo. Dire che essi impongono
al cielo le loro decisioni equivale a dire e ripetere un'infame
calunnia.