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Dalla Confessione sacramentale o Sacramento della Penitenza va
distinta la confessione della fede. Questa consiste nella professione
o dichiarazione pubblica della propria fede, cioè nella
manifestazione pubblica di ciò che uno crede. E' bene tener presente
questa distinzione per evitare confusioni ed equivoci, cosa che piace
ai testimoni di Geova (tdG).
2 - Qui noi trattiamo soprattutto, se non unicamente, della
Confessione sacramentale o Sacramento della Penitenza. E prima di
ogni altra cosa vogliamo accertarci se il sacerdote cattolico ha il
potere di rimettere i peccati davanti a Dio.
E' chiaro che noi cerchiamo la risposta nella Bibbia, cioè nella
Parola di Dio. Ma aggiungiamo subito che qui per Bibbia intendiamo
soprattutto l'insegnamento di Gesù, il Figlio di Dio, che è Sapienza
e Potenza divina (cf. Giovanni 1, 1.14-18; 1 Corinzi 1, 24). Dice
infatti la Bibbia:
"Dio, che aveva già parlato nei tempi antichi molte volte e in
diversi modi ai padri per mezzo dei profeti, ultimamente, in questi
giorni, ha parlato a noi per mezzo del Figlio" (Ebrei 1, 1-2).


PARTE PRIMA
GIUSTIFICAZIONE BIBLICA
Un testo biblico significativo
A quanto diremo in questa prima parte può servire d'introduzione un
testo biblico molto significativo. E' il racconto della guarigione
miracolosa del paralitico. Lo riportiamo dal vangelo di Matteo.
"Ed ecco, gli (a Gesù) portarono un paralitico steso su un letto.
Gesù, vista la loro fede, disse al paralitico: "Coraggio, figliolo,
ti sono rimessi i tuoi peccati". Allora alcuni scribi cominciarono a
pensare: " Costui bestemmia". Ma Gesù, conoscendo i loro pensieri,
disse: "Perché mai pensate cose malvagie nel vostro cuore? Che cosa
dunque è più facile, dire: Ti sono rimessi i peccati, o dire: Alzati
e cammina? Ora, perché sappiate che il Figlio dell'uomo ha il potere
in terra di rimettere i peccati: Alzati, disse allora al paralitico,
prendi il tuo letto e va' a casa tua". Ed egli si alzò e andò a casa
sua. A quella vista, la folla fu presa da timore e rese gloria a Dio
che aveva dato tale potere agli, uomini" (Matteo 9, 218; cf. Marco 2,
1-12; Luca 5, 17-26).
Osservazioni:
Una Bibbia interconfessionale, opera comune di cattolici, ortodossi e
protestanti, fa notare che la conclusione del testo di Matteo qui
riportato è sorprendente. Abbiamo il plurale invece del singolare:
resero gloria a Dio che aveva dato un tale potere agli uomini". Poi
spiega:
Questa sorprendente conclusione (agli uomini anziché a un uomo)
richiama forse l'ambiente ecclesiale in cui Matteo è stato composto:
il potere di rimettere i peccati (nella Chiesa) viene in questo modo
collegato alla stessa autorità di Gesù" (cf. Matteo 16, 19; 18, 18).
In altre parole, il modo di esprimersi di Matteo vuol fare intendere
che nelle comunità o chiese dei primissimi tempi del Cristianesimo
c'era la convinzione, accompagnata dalla prassi, che degli uomini
potevano rimettere i peccati perché Dio aveva dato loro questo potere.
Un altro biblista commenta:
"In Matteo, che sembra aver trasportato la scena del paralitico in
seno ad un'assemblea della comunità cristiana, la "folla", che
glorifica Dio, ha ceduto il posto alla folla dei fedeli che
sperimentano in sé il beneficio della remissione dei peccati quale,
frutto dello stesso potere dato da Dio "agli uomini", cioè ai
continuatori dell'opera salvifica di Gesù, messa in risalto in modo
del tutto particolare anche da Matteo, col conferimento a Pietro e
gli Apostoli dello stesso potere divino di sciogliere e legare "sulla
terra" (cf. Matteo 16, 19; 18, 18, infra), cioè "di rimettere" agli
uomini i loro peccati o "di ritenerli"" (cf. Giovanni 20, 23).
E un altro osserva:
"Matteo (9, 8) dice che la folla "rese gloria a Dio che aveva dato
agli uomini un tale potere". Questa formula sembra sia stata
aggiunta da Matteo (infatti manca sia in Marco 2, 12 sia in Luca 5,
26) con l'evidente preoccupazione ecclesiale di rimarcare elle Gesù
aveva concesso il suo potere di perdonare alla comunità ecclesiale,
la quale è invitata dall'evangelista a lodare Dio per averle concesso
un tale dono. Di questa concessione parlerà lo stesso Matteo un po'
più avanti nei capitoli 16 e 18".
Quando dunque Matteo scrisse il suo vangelo, mise cioè per iscritto
gli insegnamenti di Gesù tra- smessi dagli Apostoli, verso l'anno 70
d.C., vi erano degli uomini nelle comunità cristiane, che rimettevano
i peccati e i fedeli lodavano Dio per aver concesso questo dono alla
sua Chiesa.
Significato di "legare" e "sciogliere"
Prendiamo ora in esame i due testi di Matteo, ai quali rimandano gli
studiosi citati: Matteo 16, 19 e 18, 18.
In Matteo 16, 19 Gesù dice a Pietro (Kefa): "Tutto ciò che legherai
sulla terra sarà legato nei cieli, e tutto ciò che scioglierai sulla
terra sarà sciolto nei cieli".
In Matteo 18, 18 è ancora Gesù che parla ed usa un identico
linguaggio:
"In verità vi dico: tutto quello che legherete sulla terra sarà
legato anche in cielo e tutto quello che scioglierete sopra la terra
sarà sciolto anche in cielo".
La prima cosa da precisare è il significato di legare e sciogliere.
1 - Nel Nuovo Testamento il verbo legare (greco dèo) può avere un
significato materiale oppure traslato.
Nel senso materiale significa incatenare o fermare qualcuno o
qualcosa. In Matteo 22, 13 il re ordina di legare mani e piedi al
commensale, che non ha l'abito nuziale. In Marco 5, 3-4 l'uomo
posseduto dallo spirito immondo è legato con ceppi e catene.
In senso traslato lo stesso verbo può indicare un vincolo o legame
morale, giuridico, disciplinare e simili. Indica, per esempio, il
vincolo che lega gli sposi (cf. Romani 7, 2; 1 Corinzi 7, 27; ecc.).
Ed anche in senso traslato "legare" è detto di satana che lega
(Cf .Luca 13, 16) o è legato (Cf. Apocalisse 20, 2).
In modo analogo il verbo "sciogliere" (greco luo) è usato nel N.T.
in senso materiale e in senso traslato. Nel primo significato vuol
dire liberare qualcuno o qualcosa da un legame materiale, ad esempio
da una corda, da una catena e simili (Cf. Matteo 1, 2; Marco 11, 2-4;
Luca 13, 15; Atti 22,30).
In senso traslato indica l'opposto di legare come, per esempio,
liberare dal vincolo matrimoniale (Cf. 1 (corinzi 7, 27), da satana
(Cf. Luca 13, 16).
2 - In Matteo 16, 19 e 18, 18 i due verbi non possono avere un
significato materiale. Nell'uno e nell'altro testo Gesù parla dei
legami che devono, regolare la vita dei suoi discepoli sia in
rapporto a Dio sia tra di loro, in quanto membri d'una comunità di
fede, che è la Chiesa (cf. Matteo 16, 18; 18, 17).
Tali legami non possono essere che di ordine spirituale o morale o
anche magisteriale, giuridico, disciplinare.
Per precisare ora quale o quali di questi significati hanno i verbi
legare e sciogliere bisogna tener presente che presso gli Ebrei con
tali parole era indicato il potere o autorità riconosciuta ai rabbini
o maestri della Legge di dichiarare proibito (= legare) oppure lecito
(= sciogliere) un comportamento religioso, morale o disciplinare ". I
verbi quindi legare e sciogliere hanno primariamente un significato
magisteriale, indicano cioè l'autorità d'insegnare una dottrina
oppure condannarla.
Tuttavia come conseguenza pratica o disciplinare, il legare o
sciogliere indicava pure il potere di dichiarare esclusi dalla
comunità i disubbidienti o colpevoli (= legare), oppure di
riammetterli nuovamente in essa se avessero ritrattato il loro errore
sciogliere).
3 - Tenendo presenti queste spiegazioni, come pure il contesto di
Matteo 16, 19 e 18, 18, cerchiamo di cogliere il vero significato di
legare e sciogliere nei due testi che stiamo analizzando. Cominciamo
da Matteo 18, 18.
Gesù dà alcuni precetti o norme da tenere riguardo al fratello
che "commette una colpa" (Matteo 18, 15). E' un cammino da fare, una
via da seguire. Anzitutto il fratello colpevole o peccatore deve
essere corretto in privato (cf. Matteo 18, 15). Se questo primo passo
o tentativo fallisce, bisogna che "ogni cosa sia risolta sulla parola
di due o tre testimoni" (Matteo 18, 16). E se anche questo secondo
passo risulta infruttuoso, il peccatore deve essere deferito alla
comunità (Ekklesìa) (cf. Matteo 18, 17). E se non ascoltasse neppure
la Ekklesìa, va considerato come un escluso dalla comunità e dai
rapporti con gli altri: come un pagano o pubblicano, come un pubblico
peccatore (cf. Matteo 18, 17). E' implicito che qualora il fratello
colpevole desse prova di ravvedimento, sarà riammesso nella piena
comunione con gli altri.
Non si tratta solo di dichiarare vera o falsa una dottrina, ma di
prendere una decisione, emettere un giudizio sul comportamento morale
di un membro della comunità: escluderlo dalla o riammetterlo nella
comunità dei salvati. Certo alla base di questo giudizio c'è una
scelta o convinzione o insegnamento dottrinale. Ma qui siamo in
presenza di qualcosa di più: dell'esercizio di un potere salvifico
nei riguardi di chi dà segni di pentimento. Dio dà la salvezza a chi
si pente del suo peccato e la dà mediante il ministero o servizio di
altri membri della stessa comunità, cioè di uomini. Le parole: "sarà
sciolto anche in cielo (Matteo 18, 18b) fanno pensare a un effetto
al di là del visibile o terreno.
4 - Alquanto diverso è il contesto di Matteo 16, 19. Qui non si parla
direttamente di escludere o riammettere un peccatore nella comunità
dei salvati. Le parole legare e sciogliere sono rivolte, a Pietro
(Kefa), che ha professato la sua fede in Gesù, il Cristo "il Figlio
del Dio vivente" (Matteo 16, 16). In virtù di questa sua
testimonianza Pietro (Kefa) è costituito fondamento (pietra o roccia)
visibile della Ekklesìa, ossia dell'intera comunità dei discepoli di
Cristo. Ora ciò che lega alla Ekklesìa o esclude da essa (scioglie) è
in primo luogo la sana dottrina, il riconoscere o meno in Gesù il
Cristo, il Figlio del Dio vivente. Pietro, che ha fatto questa
professione di fede, è costituito garante sulla terra della stessa
fede. La sua testimonianza e insegnamento è norma di appartenenza o
meno alla vera Chiesa di Cristo ". Il potere qui indicato è
soprattutto un potere magistrale.
Tuttavia non va escluso quello salvifico-penitenziale. Pietro
infatti, quale garante della vera fede in Cristo, può e deve decidere
anche sul comportamento morale dei membri della comunità ecclesiale.
A lui quindi spetta pure il potere di ammettere o escludere da tale
comunità in base all'accettazione o al rifiuto dell'autentica norma
di vita morale di quanti si professano e vogliono essere veri
discepoli di Cristo.
A chi il potere di "legare" e "sciogliere"?
E' l'altro interrogativo che pongono i testi di Matteo 16, 19 e 18,
18 e a cui bisogna dare una risposta mediante l'analisi accurata
degli stessi testi.
a) Per Matteo 16, 19 la risposta non crea problemi perché è chiara e
sicura. Le parole "legare e sciogliere" sono rivolte a Pietro: "A te
darò le chiavi del regno dei cieli e tutto ciò che (tu) legherai... e
tutto ciò che (tu) scioglierai" (Matteo 16, 18). A principio del
verso Gesù dice "E io ti dico". A Pietro (Kefa) dunque Gesù
conferisce il potere magisteriale e indirettamente quello salvifico-
penitenziale. Non vi può essere dubbio a questo riguardo.
b) Non così chiaro appare chi sia il soggetto del potere di legare e
sciogliere, di cui in Matteo 18, 18. A prima vista sembrerebbe che il
soggetto di tale potere sia qualunque membro della comunità: "Se il
tuo fratello commette una colpa, va' e ammoniscilo fra te e lui solo;
se ti ascolterà, avrai guadagnato il tuo fratello" (Matteo 18, 15).
Tuttavia va notato che l'effetto dell'ammonizione solo a solo è
quello di "guadagnare il fratello", cioè adoperarsi che egli si
ravveda e non lasci la comunità né venga escluso ". Qui non c'entra
nessun esercizio di potere, di legare o di sciogliere. E' un
approccio, un tentativo privato, personale, fraterno.
c) Lo stesso significato può essere attribuito al secondo tentativo,
che è di risolvere la questione. Sulla parola o davanti a due
testimoni (Matteo 18, 16). Il tentativo è ancora privato, anche se
con la partecipazione di più persone, ed ha pure lo scopo di indurre
il peccatore a un ripensamento prima di. ricorrere alla Ekklesìa.
Solo a questa spetta la decisione finale. "E se non ascolterà neanche
l'assemblea (Ekklesìa), sia per te come un pagano e un pubblicano -
(Matteo 18, 17). Come per dire: tu non sei più responsabile. Spetta
ai responsabili della comunità (Ekklesìa) risolvere il caso in modo
definitivo.
A questo punto sono inserite le parole: "In verità vi dico: tutto
quello che legherete sopra la terra sarà legato anche nei cieli e
tutto quello che scioglierete sopra la terra sarà sciolto anche in
cielo" (Matteo 18, 18). Sono come il punto di arrivo di un cammino,
che si conclude con una dichiarazione autorevole e ufficiale circa la
riammissione nella o la esclusione dalla comunità dei salvati del
fratello peccatore.
d) In questo contesto è logico, anzi d'obbligo, pensare che Gesù
avesse in mente la Ekklesìa, cioè la comunità dei suoi discepoli, che
gode di una struttura voluta da lui stesso. In questa comunità vi
sono delle guide o ministri qualificati, posti dallo Spirito Santo "a
pascere la Chiesa di Dio" (Atti 20, 28). Le parole di Gesù: "tutto
quello che legherete ecc.", contengono un chiaro riferimento ai
pastori della Ekklesìa, al quali spetta il potere decisionale nei
riguardi del fratello peccatore. Quelle parole non sono dirette alla
massa indeterminata - a tutti e a nessuno - ma a coloro che, certo
col contributo della comunità, hanno il dovere e il potere di legare
e di sciogliere, riammettere o escludere i peccatori dalla comunità
ecclesiale.
e) Gli studiosi della Bibbia concordano nell'affermare che le parole
di Gesù in Matteo 18, 18 sono parallele a quelle che il Risorto dirà
ai Dodici, nella sua apparizione la sera di quello stesso giorno, in
cui risuscitò da morte (cf. infra, p. 16). A loro avviso, Matteo 18,
18 presenta la vita della comunità ecclesiale dopo la Pentecoste e
appare chiaro che fin d'allora le guide costituite dal divin
Fondatore della Chiesa vigilavano sul comportamento dei membri della
comunità ed esercitavano il potere di legare e di sciogliere.
Concludendo possiamo dire o ripetere che al fratello peccatore era ed
è, offerto nella Chiesa un cammino penitenziale. Anzitutto egli deve
essere corretto in privato (cf. Matteo 18, 15); poi alla presenza di
testimoni (cf. Matteo 18, 16), affinché si ravveda. Ma il giudizio
definitivo e salvifico spetta alla comunità strutturata, dove le
guide poste dallo Spirito Santo diranno la parola autorevole, valida
davanti alla comunità e davanti a Dio, "sopra la terra e in cielo". A
queste guide Dio ha affidato il potere di legare e di sciogliere.
La consegna del Risorto (Giovanni 20, 21-23)
Nel vangelo di Giovanni il conferimento del potere di rimettere i
peccati è collegato con l'apparizione del Risorto agli Apostoli la
sera di quello stesso giorno, il primo dopo il sabato, che oggi è la
domenica di Pasqua. Racconta Giovanni:
"La sera di quello stesso giorno, il primo dopo il sabato, mentre
erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per
timore dei Giudei, venne Gesù, si fermò in mezzo a loro e
disse: "Pace a voi!". Detto questo, mostrò loro le mani ed il
costato. E i discepoli gioirono al vedere il Signore. Gesù disse loro
di nuovo: "Pace a: voi! Come il Padre ha mandato me, anche io mando
voi!". Dopo aver detto questo, alitò su di loro e disse: "Ricevete lo
Spirito Santo: a chi rimetterete i peccati saranno rimessi e a chi
non li rimetterete, resteranno non rimessi" (Giovanni 20, 19-23).