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Nel cattolicesimo agiscono grazia e natura, di cui la seconda è completamento alla prima. Nel protestantesimo agisce la sola grazia, mentre la natura è rigettata, perché decaduta : quasi non ci fosse stata la Redenzione.

E rigettata è altresì la soprannatura. Come dice Troeltsch, nel protestantesimo < non c'è più assolutamente spazio per la concezione della soprannatura: l’intera idea d'un sistema graduato, che sale dalla natura alla sopranna­tura, dalla moralità secolare alla moralità spirituale e so­prannaturale, è spazzato via. I sacramenti sono finiti (2). Cosi è demolita la cattedrale della rivelazione, che il tomismo aveva protetta coi materiali della ragione. La ra­gione, per Lutero, è una «: druda». E viene completata quella rottura fra tradizione e rivelazione, fra diritto naturale e diritto divino, fra natura e soprannatura, che vari sistemi antitomisti avevano iniziata -.

(2) E. troeltsch, Thè social teachin of thè Christian Churches, London. 1931, voi. II, p. 472.

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Degradata la natura, allontanata la soprannatura, tutto lo spazio è occupato dalla sottonatura, per cui si potenzia la macchina monarchica, sovrammessa, come una cappa di piombo, sulla tomba della libertà.

Teologia e dispotismo

Sempre lì si approda: a deificare i capi politici, adu­nando gli attributi -della potenza divina sulle loro teste e la­sciando quelli decorativi sul capo di dio, reso più remoto da teorie che lo ributtano lontano dagli uomini.

Anche i sovrani cattolici arrivarono all'assolutismo, ma senza uscire apertamente dall'ortodossia. Per loro questa fu spesso un pretesto. Ai rè di Francia e di Spagna l'orto­dossia servì come ai prìncipi di Germania l'eterodossia : quale stimolo a farsi guerra con la benedizione della gente di Chiesa e le taglie e le confische sui fondi dei conventi.

Che la teologia fosse un simulacro si vide bene nel caso di Enrico Vili Tudor, il quale iniziò la trasformazione scendendo in campo quale « defensor fidei, campione del­l'ortodossia, contro Lutero, il « fratercolo » da cui fu ripagato con scurrilità da trivio. Ma, al pari dei prìncipi lute­rani, anche lui fece man bassa del Decalogo e della morale evangelica intanto che faceva man bassa dei monasteri.

Secondo P. Luigi Taparelli d'Azeglio, « il paganesimo, risuscitato dalla Riforma, ha sacrificato persin l'idea di pa­tria sì cara al cuore umano : e l'ha sacrificata al con­cetto di Stato dispoticamente inteso. Nella Riforma difatti < il concetto di Stato riveste necessariamente quelle forme dispotiche e paurose, che sono nate fatte per distruggere nel cuore dei cittadini ogni sentimento di affetto verso co-testa spaventevole divinità >.

Senza addarsene Lutero, con la teoria del servo ar­bitrio, al pari degli umanisti, riesumò il paganesimo, ma lo vestì di panni cristiani: ridestò le tirannie politiche, anche lui, ma le giustificò con la teologia

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« II contrasto fondamentale dice a questo punto Sigrid Undset, premio Nobel, sta appunto in ciò: ed è ingenuo sorprendersi che le ideologie neo-pagane dei nostri tempi finiscano per creare delle forme sociali chiuse od ostili alla Chiesa, nonché degli Stati a carattere dittatoriale ».

Prima di farsi cattolica, quella scrittrice, protestante di nascita, aveva detestato del luteranesimo l'applicazione po­litica: che era il vassallaggio dei cittadini verso lo Stato ; e le era invece piaciuto Tommaso Moro, perché ai piedi del patibolo aveva dichiarato : « Sono un fedele servitore del rè, ma sono prima di tutto un servo di dio ».

La schiavizzazione politica, per la quale tutti i poteri si concentravano nelle mani del principe, insignito anche di un diritto divino, e tutti i doveri si accumulavano sulle schiene dei sudditi, destituiti anche dei diritti naturali, co­ronò la divaricazione tra fede e opere. Con il suo principio: pecca fortiter, et crede fortius, Lutero di fatto annullò l'In­carnazione e quindi la Redenzione. Alla libertà dell'arbitrio, sostituì la formula pagana -del servo arbitrio. Nella vita associata, propugnò l’obbedienza passiva e arrivò ad asse­rire : « Io sopporterei un principe che facesse il male, piut­tosto che un popolo che agisse con giustizia. >.

E a favore dei prìncipi, visti come dèi, istituì chiese di Stato, fatte strumenti di governo ; e contro il popolo, visto come Satana, scatenò i prìncipi, nella guerra dei contadini, già da lui infiammati contro i proprietari. Così la Riforma divenne la religione dei proprietari terrieri, un po' come lo scisma d'Oriente. I contadini dettero a Lutero il nomignolo di <Dottor Bugiardo ».

Così coi giudei; prima li accarezzò, meditando di averli dalla sua e produrli, convertiti, quale testimonianza della riforma; poi, nel 1543, scrisse contro di loro il libello più calunnioso, più arso d'odio, -che si sia mai scritto da agenti antisemiti, accusandoli di veneficio, di magia, d'assassinio rituale, invitando i cristiani a bruciare le sinagoghe, a distruggere i testi, a radere i ghetti, a condannare tutti i giudei ai lavori forzati e a cacciarli come bestie feroci.

Quando il comportamento nella rivolta dei contadini turbò persino i seguaci, proprio per il servilismo verso i pa­droni, e la ferocia verso i ribelli, in seguito al suo scritto « Contro le empie e scellerate bande dei contadini», allora Lutero si difese (i) coprendo d'ingiurie i suoi accusatori e, ribadendo il suo concetto pessimista della politica. « Esi­stono due regni : — spiegò uno è il regno 'di Dio, l'altro Ì1 regno della terra... Il regno di Dio è un regno di grazia e di misericordia e non un regno d'ira e castigo, perché ivi regna il perdono, la compassione, l'amore, il servire, il ben fare, la pace, la gioia, ecc. Ma i1 regno della terra è un regno d'ira e di severità, perché non sa che punire, vietare, giu­dicare e condannare; per tenere a freno i malvagi e pro­teggere i buoni... La potestà della terra, che altro non è che lo strumento dell'ira del Signore contro i malvagi, vero e proprio predecessore dell'inferno e della morte eterna, non dev'essere misericordiosa, ma severa, implacabile e adirata nel suo ufficio e nell'opera sua... ».

La città di Dio è esclusa quindi dalla terra, ed è so­stituita dalla città infernale. In esso la guerra è senz'altro giusta e necessaria, come l'intervento chirurgico, se intimata dall'autorità. E' dio che onora la spada; «: non è l'uomo, ma Dio ad impiccare, mettere alla ruota, decapitare, pu­gnalare ed uccidere. Sono tutte sue opere... ». Così lo Stato e deificato proprio nelle operazioni più crude e deprecate. « In conclusione nell'ufficio della guerra non si deve riguar­dare come si pugnala, abbrucia, colpisce e depreda... ma al perché di tale uccidere e ferocemente operare; allora si capirà senz'altro che ogni ufficio in sé è divino... » (2).

<1) « Una lettera sul duro libretto contro i contadini. (Cf. < Scritti politici di M^tm Lutero . ... U.T.E.T., 1949, p. 510).

(2)Lettera ad Asso v^n Kramer, voi.: < Lutero », delFU.T.E.T., p. 535.

E poiché gli si obiettava -che Cristo insegna di non con­sentire al male, Lutero vivisezionò l'uomo, separandone lo spirito dal corpo. Per lo spirito lo assoggettò a Cristo, per il corpo allo Stato. Che se 'dallo Stato riceveva l'ordine di combattere, combatteva non come cristiano, ma come mem­bro e suddito « secondo il corpo e i beni temporali».

Nell'umanità dolorante, così, Cristo crocifisso fu rifatto a brani.

Divinizzato il potere temporale, in nessun caso era am­messa la. rivolta; e da condannare erano i pagani, i quali «: non conoscendo Dio, non seppero neppure che il reggi­mento terreno è un'istituzione divina...; onde baldanzosa­mente decisero e ritennero non soltanto equo, ma lodevole, addirittura, il deporre un'autorità dannosa e malvagia...». Mai invece la rivolta, ^è giusta ed equa », anche se centro un tiranno; « infatti, se fosse lecito sopprimere o abbattere i tiranni, in breve si degenererebbe in un arbitrio generale... E' preferibile ricevere offesa da un tiranno solo, vale a dire dall'autorità, anziché, da innumerevoli tiranni, vale a dire dalla plebe... ».

Se c'è il tiranno e resiste, ragionava il riformatorevuoi dire che Dio lo vuole; e lo vuole per tenere a freno h plebe, la quale senza di lui si sfrenerebbe.

E' l'elogio della dispotia, che arriva a identificare la città del Redentore con la città dell'Omicida.

Se ne accorgeva lui stesso ; e allora inseriva magari bia­simi contro i signori, contraddicendo alla propria tesi.

Nel trattare con i contadini in agitazione, Lutero esalta la propria rivolta contro il papa e l'imperatore, dalla quale il suo » Vangelo ha riportato un trionfo. Ma quando i contadini si rivoltano essi contro i feudataria allora li taccia di sciagurati, indemoniati, che ^ hanno ben meritato più e più volte la morte del corpo e dell'anima». E arriva a di­chiarazioni che tiranni in accessi di pazzia ripeteranno: « Contro chiunque sia sedizioso in modo manifesto, ogni uomo è ad un tempo giudice e carnefice, giusto come, divampando un incendio, migliore è colui che prima lo spegne... Per la qual cosa, chiunque lo può, deve colpirlo, scannarlo, massacrarlo, in pubblico o in segreto..., giusto come si deve accoppare un cane arrabbiato ». « Senza pietà, urlavadate addosso ai poveri; uccideteli, colpiteli, strozzatene quanti potete ». E centomila ne furono uccisi e strozzati.

Uccidere i ribelli diceva è dovere sacro ; e, « questi contadini, saranno tutti anime dannate ».

Non basta. « Così strani e stupefacenti sono i tempi che un principe, spargendo sangue, può guadagnarsi il Cielo meglio che altri pregando ».

E conclude : « Per la qual cosa, cari signori, liberate, salvate, aiutate e abbiate misericordia della povera gente; ma ferisca, scanni, strangoli chi lo può; e, se ciò facendo troverai la morte, tè felice, morte più beata giammai potresti incontrare... ».