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La deificazione dello Stato

La tumefazione dello Stato era inevitabile una volta che si era rimossa la Chiesa, o ridotta a un Icone invisibile: Cristo mistico disincarnato. La Chiesa era stata istituita anche per tutelare l'autonomia dello spirito e della morale dal potere politico, il quale da essa risultava limitato. Tolto il limite, lo Stato sconfinò sino a considerarsi sacro, supe­riore alla legge e alla morale: sino a considerarsi vera Chiesa, dove il capo dello Stato si considerò vero Dio, fonte del diritto e della morale.

Sull'esempio di Lutero e di Melantone, in Gran Bre-tagna, il traduttore della Bibbia, Tyndale (m. 1536), con il ragionamento loro, dedusse una legge civica per cui, « chi giudica il rè giudica Dio; chi resiste al rè resiste a Dio e condanna la legge di Dio... Il rè è, in questo mondo, uno senza legge e può compiere a suo libito bene e mal&,-di cui darà conto al solo Dio... Fosse anche il più grande tiranno del mondo, egli è per tè un grande dono di Dio... E^ Dio.

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non l'uomo, che impicca, tortura, decapita e fustiga: è Dio che fa le guerre » (i).

Quando, perciò con tutte le sue piaggerie, fu condan­nato a morte dal despota che uccise il Moro. Tyndale fu stran­golato da... Dio.

Con questo riportare tutto a Dio anche i crimini di guerra, anche le cospirazioni di palazzo, anche le infrazioni del Decalogo, succedeva che autorità poliziesche e orge ses­suali, furti e scassi per ordine superiore, divenissero mani­festazioni della volontà divina, da accogliersi in ossequio. Dio si levava a tiranno bisbetico; diveniva in realtà il paraninfo del despota, I cui gesti tutti erano religione.

Con una tale eticità, si faceva logico e doveroso allo uomo obbedire anche contro coscienza, anche in cose contro giustizia, giacché l'ingiustizia diventava giustizia.

Del pari tra protestanti inglesi l'ordine divino si for­mulò in questo aforisma : <: Solo I monarchi sono liberi. Loro dovere è di comandare. Per i sudditi unico dovere è di obbedire ». Rè Giacomo I d'Inghilterra (1566-1625) chia­mava ateismo e bestemmia disputare su ciò che Dio può fare; e presunzione e disprezzo discutere su ciò che un rè può fare o dire. I sudditi devono riposare sulla volontà del rè rivelata nelle leggi. Il vero Dio è il rè, almeno dai tetti in giù. La sovranità, persino in Inghilterra, fu « la versione civile dell'infallibilità papale ».

Contro quel rè, assertore della tesi secondo cui < il prin­cipato politico è immediatamente da Dio », il Suarez mostrò che il potere laicale è « un diritto divino, e il diritto divino a nessun uomo particolare diede questa potestà: la diede quindi alla moltitudine » (2) ; e pose il principio della de­mocrazia. Con un itinerario tortuoso, anche in Francia, i gallicani abbassarono l'autorità del Papa, per innalzare quella del Rè, sino a consentire a costui di non dipendere se non da Dio; il che voleva dire in pratica di non dipendere se non dal proprio arbitrio, passando al Signore la responsabilità dei propri insuccessi.

 

<1) Obedience of a Christian Man... (1528). cit. da Catlin, p. 214. (2) suarez, Def. fidei^ L.; Ili, 2.

Per la teologia gallicana I rè erano non solo ordinati da Dio, ma dèi essi stessi. « Principe^ sunt dèi... » : I canali dell'anticattolicesimo si raccoglievano nell'acquitrino della schiavitù politica.

Insomma, come scrive Sabine, studioso americano di dottrine politiche: «la Riforma accelerò la tendenza già esistente all'aumento e al consolidamento del potere monar­chico... La monarchia assoluta, che non era stata originata dalla Riforma..., ne fu, nel campo politico, la vera beneficiaria » (3).

Calvinismo

Se Lutero confuse pastorale e spada in mano dello Stato, Calvino le confuse in mano della Chiesa. Il suo assolutismo prese la forma di teocrazia e i mèmbri della Chiesa, perché tali, e solo essi. furono cittadini con pieno diritto (per esem­pio, nel Massachussetts e a Ginevra).

Il calvinismo partiva dal dogma della elezione per grazia, il quale si spiega con la caduta definitiva dell'uomo, divenuto incapace di qualsiasi azione buona, il « decretwn horribile » della predestinazione, per cui Dio ha preordi­nato » da sempre e per sempre alcuni all'inferno, altri al paradiso. Ivi la Redenzione non ha senso. Ivi insorge il disumanesimo, come reale disincarnazione. Il destinato allo inferno neppure Dio può aiutarlo: dunque neppure Cristo può redimerlo. Ciascuno è abbandonato al suo "destino, e lo individualismo prende forme di diffidenza e separazione anche verso gli amici.

Cotesto dogma della predestinazione, vero islamismo in veste 'cristiana, sviluppò un individualismo dinamico, fremente d'iniziativa mentre asserì una ineguaglianza che spaccò la società in due settori: -da una parte una minoranza di eletti, destinati a dominare; dall'altra una maggioranza di pec­catori, destinati a servire in terra e a patire all'inferno. Per loro l'autorità stette come un'istituzione divina, che esige obbedienza e umiltà. Sviluppò pure una politica teocratica di tipo nazionale, secondo l'Antico Testamento, per cui Dio stabilisce un patto (Covenant) con ogni nazione, pur vedendo l'unione di nazioni cristiane come volontà di Dio. Indivi­dualismo e senso di unità favorirono forme di democrazia conservatrice.

(3)sabine, Storia delle dottrine politiche, Milano, 1953, pa^. 284-5 ibd. pag. 289.

 

Calvino ripudiò la condanna dell'usura e la valutazione della moneta, e allestì l'etica del capitalismo, associando alla considerazione degli interessi del consumatore quella degli interessi della produzione. Egli e I suoi si occuparono di crediti e di tasse, d'interessi e di banche, di scambi e di pro­duzione, e diedero un'importanza religiosa all'impresa, alla iniziativa e al successo economico, al risparmio facilitato dal ripudio del lusso e. da una laboriosità intensa, che indu­ceva a capitalizzare e a vedere nel profitto economico un segno di elezione da Dio, unico segno della benedizione di Dio nell'esercizio della propria vocazione, di fronte al mistero della predestinazione. Questa etica da Ginevra passò in Francia, tra gli ugonotti, nei Paesi Bassi e in Inghilterra e nel Basso Reno, e diffuse la concezione del lavoro per il lavoro, del guadagno per il guadagno, che divenne la norma del capitalismo, e diede esca alla pietà individualistica (self-righteous) del puritanesimo, che riguardò la ricchezza come un premio accordato da Dio alla ortodossia.

Quando il rigorismo di Calvino svanì, ne prese il posto l'edonismo di Adam Smith, logicamente. Ma allora l'etica nuova aveva fatto del guadagno lo scopo della vita, dopo che il successo negli affari era apparso l'unico segno della bene­volenza di Dio. Gli uomini devono far denaro», senten­ziava con quello spirito. Beniamino Franklin. ponendo nel denaro l'ideale dell'età nuova.

Posto il fatalismo calvinista, nota Weber — « il capitalismo non può utilizzare come operaio l'indisciplinato rappresentante del libero arbitrio... » (4).

Dalla misantropia, che ne deriva, dal pessimismo e, peggio, dalla maledizione, l'anima non si decongestiona più con il sacramento della penitenza, il quale, come tutti i sa­cramenti, proprio perché può liberare, è stato soppresso. Chiuso in se stesso il puritano non pensa che a sé; non si cura che di comprovare il suo stato di grazia mediante il successo nell'azione considerata adempimento della volontà di Dio. E cioè, dal suo assillo centrale e vitale: « Sono io tra gli eletti ? Posso acquistare la certezza d'essere tra gli eletti? 3>, si svincola ricercando i segni della certitudo salutis nell'attività professionale, svolta con intensità febbrile. La tensione religiosa nel lavoro, che frutta il guadagno, è il solo indizio sicuro dello stato di grazia raggiunto. Gli eletti sono perciò quelli professionalmente riusciti. L'azione este­riore diviene l'equivalente della vita interiore. La sola fides dei luterani diviene la fides efficax dei calvinisti. Ad essa risale l’efficiency dei capitalisti, capace di aumentare in terra la gloria di Dio. « Quanto inadatte sono le opere buone come mezzo per raggiungere la salvezza... tanto sono indi­spensabili come segno dell'elezione. Esse sono il solo mezzo tecnico, non per ottenere la salvezza, ma per liberarsi dalla ansia della salvezza... » dice Weber. E conclude: « La san­tificazione della vita potè prendere così quasi il carattere di un'azienda commerciale •» (5).

Guadagnare, guadagnare sempre più, senza distrarsi, senza divertirsi, senza sciupare un centesimo: rinasceva il farisaismo. Se l'avarizia la pleonexia, il -desiderio di gua­dagnar sempre di più era stata equiparata da san Paolo all'idolatria, ecco che si ridiventava idolatri, con l'illusione d'esser più cristiani. Come sotto il paganesimo, la povertà appariva una malattia; l'elemosina riprovevole tanto a chie­dersi quanto a darsi, perché stimolatrice d'ozio. Dio stava dalla parte dei monetieri : la loro espulsione dal tempio si trasfigurava in un errore di Cristo, che era lui, sì, con la sua povertà, estromesso dalla salvezza

<4) weber, O. C., p. 123 e 137. (5) w£ber, O.C., p. 137.

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Dal puritanesimo duro nella sua correttezza vennero banditi, quali distrazioni peccaminose, anche i divertimenti più leciti, come l'albero di Natale, anche l'arte; e si sfoggiò uno stile uniforme di vita, che preludeva alla standardiz­zazione dell'era tecnologica. Sorse la religione dei « beati possidente s>, dove la costrizione ascetica a risparmiare portò all'accumulo del capitale: un capitale da investire per produrre nuovi risparmi, altri indizi di favore divino.

« Ciò che l'epoca, religiosamente cosi viva, del dicias­settesimo secolo, lasciò alla sua utilitaria erede, fu soprat­tutto la certezza che nell'acquisto del denaro, purché com­piuto secondo le vie legali, la coscienza era assolutamente a posto, e diciamo pure, a posto solo farisaicamente... Era sorto un ethos specificamente borghese. Con la coscienza di essere nella piena grazia del Signore, e di esser da lui visi­bilmente benedetto, l'imprenditore borghese, se si mante­neva nei limiti di una correttezza formale, se la sua condotta morale era irreprensibile, e l'uso che faceva della sua ric­chezza non era urtante, poteva accudire ai suoi interessi: lo doveva anzi fare » (6).

Il farisaismo. E la protesta di Gesù contro di esso ri­prende per bocca del popolo povero: il quale doveva se­condo quell' ethos restare povero, per rispondere agli ar­cani disegni del Signore.

Ancora oggi capita di sentirsi fare l'osservazione con il rimprovero, che i paesi protestanti siano ricchi e i paesi cattolici poveri, quasi a riprova che il cattolicesimo sia sinonimo di povertà.

<6) weber, O. C., p. 218.

E invece l'economia dei paesi ha detto Troeltsch non ha nulla a che fare con la loro religione (7) ; soprattutto con la religione del Vangelo, la quale ha enun­ciato la beatitudine dei poveri, e non dei ricchi. Senza dire che In Germania e negli Stati Uniti sono ricchi (e poveri) non meno I centri e gl'individui cattolici che quelli acatto­lici, dipendendo la ricchezza meno dai dogmi che dalle ma­terie prime. Comunque, Gesù era così povero che non aveva dove posare il capo. E Francesco d'Assisi ritrovò Cristo nella povertà.

In queste eresie, la libertà fu immolata sull'ara del fa­talismo, un vero Islam trasferito in Europa, mentre i turchi arrivavano dall'Oriente giovandosi della divisione cristiana. Da Padre, quale era stato riscoperto da Gesù, il Signore Dio ridiveniva -despota, come nelle mitologie assire, sorta di Moloch bisbetico, che assegnava all'inferno o al paradiso anime innocenti per puro gusto ; si confusero etica e diritto, Chiesa e Stato, per concedere tutto alla «comunità dei santi», e cioè al governo. Colonialismo e capitalismo derivano da una concezione di sicura, appartenenza al Bene, a Ormuzd, e di opposizione non meno sicura e costante al Male : la self righteousness, crede alla propria giustificazione senza bisogno di giudizi o controlli di chicchesia; un individualismo che si corregge e annulla nello statalismo.

Se i Borboni ripristinarono il «culto del rè», proprio degli stati pagani, Hobbes teorizzò il dispotismo nel Leviathan.

Per purificare la Chiesa di Stato, Newman combattè le correnti dette Erastiane, da Erastus, un calvinista zwingliano svizzero, il quale nel 1583, in 75 tesi aveva mostrato con citazioni scritturali, che i peccati dei cristiani devono essere puniti dalle autorità civili, e non da eliminarsi con I sacramenti ; con che aveva asserito la supremazia dello Stato anche nel foro delle coscienze.

(7) O. C., p. 573.

Uno studioso di materie economiche dei nostri giorni, il prof. Joseph A. Schumpter (1883-1950) nella sua Storia di analisi economica, dopo aver dichiarato che punto di par­tenza per lui era stata la Summa theologica e aver dimostrato che lo spirito di ricerca scientifica è nato con la scolastica medievale e non con la Rinascenza, ha potuto scrivere: < I dottori cattolici non comportavano l'autoritarismo politico. Il diritto divino dei monarchi, in particolare, e il concetto dello Stato onnipotente sono creazioni dei sostenitori prote­stanti delle tendenze assolutiste che dovevano affermarsi negli Stati nazionali » (8).