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LA DOTTRINA DI LUTERO

Lutero sosteneva che l’unica possibilità d’essere giusti era quella d’annullarsi (con la fede) nella giustizia di Dio, della quale si diventa partecipi. Con il suo detto "Pecca fortiter sed crede fortius" egli finiva con il negare il ruolo intermediario della Chiesa gerarchica, unica detentrice e dispensatrice degli strumenti sacramentali di grazia. Per quanto concerneva i Sacramenti, essi erano ridotti al Battesimo e all’Eucarestia, ma solo nella forma della "consustanziazione" e non della "transustanziazione". Lutero negava pure il valore sacrificale della Messa come rinnovo del sacrificio di Cristo. Il rifiuto del Purgatorio, del culto di Maria e dei Santi è implicito in tutta la concezione di Lutero, la quale nega ogni contributo della creatura umana alla propria salvezza. Il rapporto tra uomo e Dio è diretto e personale. Con la bolla "Exurge Domine et iudica" s’intimava a Lutero la ritrattazione entro 60 giorni, pena la scomunica, delle sue tesi. La risposta di Lutero fu "Adversus bullam Antichristi" nel successivo mese d’ottobre. Il 10 dicembre 1520, in presenza di numerosi studenti, Lutero dava alle fiamme a Wittenberg la bolla e i volumi di Diritto Canonico. Il 3 gennaio 1521, con la bolla "Decet Romanum Pontificem" Leone X scomunicava Lutero. Con l’editto di Worms (firmato dall’imperatore Carlo V) non solo Lutero è definito come un pubblico eretico, ma erano messi al bando anche i seguaci e i protettori di Lutero. Era proibito leggere, vendere, copiare, ristampare i suoi scritti. Rifugiatosi a Wartburg, un castello dei duchi di Sassonia, suoi protettori, Lutero nel periodo tra il 4 maggio 1521 e il 3 marzo 1522 scrisse la traduzione della Bibbia in tedesco, traduzione che alcuni considerano il primo gran capolavoro della letteratura tedesca. Nel 1525, Lutero s’unì in matrimonio con un’ex monaca cistercense, Katarina von Bora. In questo periodo Lutero si dedicò alla diffusione della sua dottrina e all’organizzazione della nuova Chiesa, avvalendosi dell’opera d’alcuni collaboratori tra cui Filippo Scwarzerd (detto il Melantone). Con l’opera "Loci communes rerum theologicarum" del 1522 il Melantone può considerarsi il vero teologo della Riforma. Se Lutero ha formulato l’essenza teologica dei problemi, il Melantone ne ha visto l’aspetto culturale, sistematico, in un certo senso universale. Egli, nel campo della gran disputa religiosa accesasi, rifuggì sempre dal fanatismo, dalla violenza, dalla parzialità. Sostanzialmente la figura del Melantone va ricordata per due aspetti:

  1. Per aver dato alla dottrina di Lutero un carattere più razionale, culturale, scientifico, in armonia con il movimento del tempo umanistico e rinascimentale, evitando quella rottura tra fede e ragione che invece c’è in Lutero;
  2. Per essere stato costantemente un elemento di maturazione alla ricerca della conciliazione e non della rottura.

Ad un certo momento, Lutero fu indotto a pensare che la Chiesa, nonostante la sua natura invisibile, aveva pur bisogno di una struttura visibile, d’organizzazione e di direzione, d’amministrazione e di controllo. Questa funzione non può essere svolta dai pastori, perché questi devono assumersi solo il servizio della parola e della spiegazione. Spetta ai Principi sovrintendere all’organizzazione ecclesiale delle masse. Lutero fece suo il principio secondo cui il Principe era incaricato, per grazia di Dio, di una missione particolare, quella di vegliare sull’ordine della Chiesa.
Alla struttura universale unica della Chiesa cattolica si sostituirono in fondo le numerose strutture particolari delle Chiese protestanti.