00 16/06/2012 23:30

e) Perché la coscienza del primato di Pietro, sempre viva a Roma, ha potuto velarsi in certe regioni della cristianità

1. Se Pietro deteneva, lui solo, il potere transapostolico strutturale di reggere la Chiesa universale, gli apostoli possedevano quanto lui, sebbene a titolo straordinario, il potere esecutivo di fondare delle missioni e delle chiese locali. Su un punto erano dunque suoi eguali, e il suo diritto poteva apparire in qualche modo come limitato e neutralizzato, o piuttosto velato, dal loro.

Ciò spiega, non soltanto che S. Paolo o S. Giacomo abbiano potuto agire con una grande libertà ma anche come il primato giurisdizionale, che fìn dall'inizio ha risieduto in Pietro e si è trasmesso poi ai suoi successori sulla cattedra di Roma, non abbia fìn dall'inizio dispiegato tutte le sue virtualità.

Non per nulla S. Clemente papa è contemporaneo di S. Giovanni apostolo.

2. Ciò spiega anche un altro fatto. Mentre la coscienza del primato è rimasta sempre viva a Roma, si direbbe (questo emerge dalle lettere di S. Ignazio, dagli scritti di S.Cipriano e più tardi dei Padri di Cappadocia) che, nelle chiese che stavano al di fuori del raggio della diretta influenza romana, si sia creduto, dal momento che i vescovi erano i successori degli apostoli, di poter passare senza dislivello dal governo degli apostoli al governo dei vescovi, come se fosse bastato ai vescovi di mettersi d'accordo per poter dispensare alla Chiesa universale quella bella unità che gli apostoli le assicuravano quando erano in vita. Qui si insinuava una parte di illusione. Perché gli apostoli avevano ricevuto, oltre alla semplice giurisdizione episcopale, un potere straordinario di governo che non era destinato a perpetuarsi nei vescovi, bensì a lasciare il posto dopo la loro morte, al primato giurisdizionale di Pietro e dei suoi successori .

<DIR>

f) La promessa di Gesù « fonda » la preminenza ulteriore della chiesa romana, e la preminenza «realizza » la promessa.

Se si crede che Gesù è Dio, la promessa ch'egli fa a Pietro di fondare su di lui la sua chiesa destinata ad affrontare la città del male, di dargli le chiavi del suo regno, di costituirlo pastore dei suoi agnelli e delle sue pecore, non poteva non essere veridica.

Resta allora da chiedersi dove la profezia di Gesù si sia avverata. Quale sede episcopale ha difeso attraverso i secoli, in Oriente come in Occidente, la divinità di Cristo, l'ispirazione divina della Scrittura, il valore assoluto della Rivelazione, il mistero della divina e organica unità della Chiesa...?

Da questo punto di vista è la chiesa romana che corrisponde alla profezia di Gesù. Ma a sua volta la chiesa romana chiarisce la profezia di Gesù, così come sempre e ovunque, l'avverarsi di una profezia chiarisce il senso della profezia stessa. Non vi è alcun circolo vizioso.

b) II circolo vizioso in cui sarebbero presi i cattolici.

Vi sono alcuni che accusano i cattolici dicendo : « È un circolo vizioso, una petitio principii affermare che, poiché da un lato la promessa di Gesù a Pietro sussiste e dall'altro si può constatare il fatto che Roma ha abbastanza presto cominciato ad esercitare il primato, si deve desumerne che tale primato poggia su quella promessa in modo tale da essere normativo per ogni epoca. Infatti il rapporto che intercorre fra Matt. 16, 17 ss. e la posizione di preminenza assunta più tardi da Roma è proprio quello che occorre pròvare.

Ma noi respingiamo questi sofismi. Il circolo vizioso starebbe nel dire: noi giustifichiamo la nostra interpretazione della profezia di Gesù facendo riferimento alla posizione assunta dalla chiesa romana; e giustifichiamo la posizione assunta dalla chiesa romana ricorrendo alla nostra interpretazione della profezia di Gesù. Ma non è così che noi ragioniamo.Noi giustifichiamo la nostra interpretazione della profezia di Gesù sulla base del testo stesso del Vangelo. Noi crediamo che Gesù è Dio, che ogni potenza gli è stata data in cielo e sulla terra, che egli è padrone di tutto lo svolgimento dei secoli, ch'egli non ha ignorato il tempo della sua Chiesa nè l'ora del proprio ritorno. Noi leggiamo la sua profezia senza prima sentire il bisogno di smembrarla, senza cominciare col separare il vers. 19, sulle chiavi del regno, dal vers. 18 sul fondamento della Chiesa. Noi vediamo che Gesù, per rendere sicura la sua Chiesa contro gli attacchi della città del male, la fonda strutturalmente, verticalmente, quanto alla sua permanenza nel presente, su Pietro, a cui da le chiavi del suo regno, e a cui affida, in sua assenza, i suoi agnelli e le sue pecore. Il fondamento strutturale della Chiesa durerà quanto la Chiesa; se la persona di Pietro muore, la funzione di Pietro sopravvive. Tutto questo noi lo sappiamo dando alla profezia evangelica, di cui abbiamo rispettato l'unità, la sua profondità massima. E noi sappiamo anche, in sovrappiù, che così facendo noi la leggiamo con gli occhi della Chiesa.

Quando poi, nel luogo dove Pietro muore, noi vediamo apparire la posizione di preminenza della Chiesa romana, noi sappiamo di possederne la vera spiegazione. Essa è di natura spirituale, mistica, divina; dovremmo travisare il Vangelo per poterlo dimenticare. Noi non cerchiamo di far ricorso a spiegazioni naturalistiche, di render conto del prestigio spirituale della chiesa romana con la situazione politica di Roma nell'Impero pagano. Tutto è più semplice, e più profondo, più divino: noi spieghiamo la preminenza effettiva della chiesa romana così come spieghiamo la preminenza effettiva di Pietro negli Atti degli apostoli, mediante la virtù spirituale della promessa di Gesù.E reciprocamente, il primato della chiesa di Roma nel mondo, esattamente come il primato di Pietro negli Atti degli Apostoli, illumina la promessa di Gesù: perchè sempre e ovunque, l'avveramento della profezia illumina la profezia. Gesù prova costantemente la sua missione con la profezia dell'Antico testamento, e costantemente illumina la profezia dell'Antico Testamento con la sua missione. Il circolo, se c'è, non è vizioso, ma divino.