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Cos'è LA SCRITTURA secondo il MAGISTERO

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    00 27/05/2012 16:34

     

    PAPA LEONE XIII, SCRITTURA E INERRANZA: "PROVIDENTISSIMUS DEUS"



    Pontifex.Roma[...] Queste stesse cose gioverà applicarle anche alle altre scienze affini, specialmente alla storia. E' da deplorarsi, infatti, come vi siano molti che investigano e portano a conoscenza, anche con grandi fatiche, monumenti dell'antichità, costumi e istituzioni di gente antica e altre testimonianze del genere, ma il più delle volte con l'intento di scoprire errori nel Libri sacri, per riuscire ad infirmarne e a scuoterne l'autorità. E ciò taluni fanno con animo accanitamente ostile e con giudizio non abbastanza equo, poiché, trattandosi di libri profani e di antichi monumenti, tale è la fiducia che vi prestano, da escludersi persino ogni sospetto di errore, mentre negano una almeno pari fiducia alle sacre Scritture, anche per una sola parvenza di errore, neppure debitamente provata. E certamente possibile che nella trascrizione dei codici qualcosa abbia potuto essere riportata meno rettamente, il che è da giudicarsi con ponderatezza e non da ...

    ... ammettersi tanto facilmente, se non in quei passi ove ciò sia stato debitamente dimostrato.

    E' anche possibile che rimanga ancora incerto il senso preciso di qualche passo, e per delucidarlo saranno di grande aiuto le migliori regole dell'interpretazione. Ma non è assolutamente permesso o restringere l'ispirazione soltanto ad alcune parti della sacra Scrittura, o ammettere che lo stesso autore sacro abbia errato.

    Infatti non è ammissibile il metodo di coloro che risolvono queste difficoltà non esitando a concedere che l'ispirazione divina si estenda alle cose riguardanti la fede e i costumi, e nulla più, stimando erratamente che, trattandosi del vero senso dei passi scritturali, non tanto sia da ricercarsi quali cose abbia detto Dio, quanto piuttosto il soppesare il motivo per cui le abbia dette. Infatti tutti i libri e nella loro integrità, che la chiesa riceve come sacri e canonici, con tutte le loro parti, furono scritti sotto l'ispirazione dello Spirito Santo, ed è perciò tanto impossibile che la divina ispirazione possa contenere alcun errore, che essa, per sua natura, non solo esclude anche il minimo errore, ma lo esclude e rigetta così necessariamente, come necessariamente Dio, somma verità, non può essere nel modo più assoluto autore di alcun errore.

    Tale è l'antica e costante fede della chiesa, definita anche con solenne sentenza dai concili Fiorentino e Tridentino, e confermata infine e dichiarata più espressamente nel concilio Vaticano (primo) che in modo assoluto così decretò:

    "Bisogna ritenere come sacri e canonici i libri interi dell'Antico e del Nuovo Testamento con tutte le loro parti, come vengono recensiti dal decreto dello stesso concilio [Tridentino] e quali si hanno nell'antica edizione volgata latina. E la chiesa li ritiene come sacri e canonici, non per il motivo che, composti dal solo ingegno umano, siano poi stati approvati dalla sua autorità, e neppure per il semplice fatto che contengono la rivelazione senza errore, ma perché, essendo stati scritti sotto l'ispirazione dello Spirito Santo, hanno Dio per autore".

    Perciò non ha qui valore il dire che lo Spirito Santo abbia preso degli uomini come strumenti per scrivere, come se qualche errore sia potuto sfuggire non certamente all'autore principale, ma agli scrittori ispirati. Infatti egli stesso così li stimolò e li mosse a scrivere con la sua virtù soprannaturale, così li assisté mentre scrivevano, di modo che tutte quelle cose e quelle sole che egli voleva, le concepissero rettamente con la mente, e avessero la volontà di scrivere fedelmente e le esprimessero in maniera atta con infallibile verità: diversamente non sarebbe egli stesso l'autore di tutta la sacra Scrittura.

    Questo sempre ritennero i santi padri:

    "Dunque - dice sant'Agostino -, dal momento che essi scrissero ciò che egli mostrava e diceva, in nessun modo può dirsi che non sia stato lui a scrivere, quando le sue membra operano ciò che conobbero sotto la parola del capo".

    E san Gregorio Magno dice: "E' davvero vano il voler cercare chi abbia scritto tali cose, quando fedelmente si creda che autore del libro è lo Spirito Santo. Scrisse dunque tali cose chi le dettò perché si scrivessero; scrisse colui che anche nell'opera di quello, fu l'ispiratore".

    Ne viene di conseguenza che coloro che ammettessero che nei luoghi autentici dei sacri Libri possa trovarsi alcun errore, costoro certamente o pervertono la nozione cattolica della divina ispirazione o fanno Dio stesso autore dell'errore.

    Tutti i padri e dottori erano talmente persuasi che le divine Lettere, quali furono composte dagli agiografi, sono assolutamente immuni da ogni errore(da questo consenso unanime e dalla Tradizione fu definito il Dogma) che non pochi di quei passi che sembrano presentare qualcosa di contrario e di dissimile - e cioè quasi i medesimi che ora vengono proposti come obiezioni sotto il nome della nuova scienza- cercarono non meno sottilmente che religiosamente di comporli e conciliarli tra loro, professando all'umanità che quei libri, sia interi sia nelle loro singole parti, erano in pari grado divinamente ispirati e che Dio stesso, che parlò per mezzo dei sacri autori, non poté affatto ispirare alcunché di alieno dalla verità.

    Valga per tutti ciò che lo stesso Agostino scriveva a Girolamo:

    "Io, infatti, confesso alla tua benevolenza che soltanto al libri delle Scritture, che già vengono chiamati canonici, ho imparato a prestare una tale venerazione e onore, da credere fermissimamente che nessuno dei loro autori abbia commesso errore alcuno nello scrivere. Qualora poi, mi imbattessi in essi in qualche cosa che sembrasse contrario alla verità, non avrò il minimo dubbio che ciò dipenda o dal codice difettoso, o dal traduttore che non ha interpretato rettamente ciò che fu scritto, o che la mia mente non è arrivata a capire".

    "PROVIDENTISSIMUS DEUS", Roma, presso S. Pietro, 18 novembre 1893, anno XVI del Nostro pontificato. LEONE PP. XIII

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    00 24/01/2013 08:49
    I quattro sensi della Scrittura 

    «La piena concordanza dei quattro sensi assicura alla lettura viva della Scrittura nella Chiesa tutta la sua ricchezza» (Catechismo, 115). 
    Spesso il Medioevo è ingiustamente considerato come periodo oscuro nella storia della civiltà occidentale. A questo cliché hanno contribuito non poco Il nome della rosa di Umberto Eco e Mistero buffo di Dario Fo. Eppure è l'epoca che ha visto la fioritura di giganti della letteratura come Dante Alighieri, Boccaccio e Petrarca, del pensiero teologico come Tommaso d'Aquino, e della santità come Domenico di Guzman e Francesco d'Assisi. Le imponenti cattedrali romaniche e gotiche, sparse per l'Europa, testimoniano, contro tutti i pregiudizi e le strumentalizzazioni storiche, lo splendore del Medioevo. Tra l'altro i quattro sensi della Scrittura, rivalutati da Henri De Lubac con la monumentale Esegesi medievale, sono di quell'epoca e sintetizzano le relazioni tra il senso letterale e quello spirituale della Scrittura: «La lettera insegna i fatti, l'allegoria che cosa credere, il senso morale che cosa fare, e l'anagogia dove tendere». Quanto più si approfondisce la storia, tanto più si è in grado di cogliere lo Spirito nella Scrittura. Altrimenti la lettura biblica è lasciata al sentimentalismo e all'arbitrio di chiunque. La lettera contiene lo Spirito che la «trascende» (Benedetto XVI, Verbum Domini) e conduce verso gli altri tre sensi che generano la fede, la carità e la speranza. Attraversare il senso letterale per giungere a quello allegorico della fede è ciò che lo Spirito realizza nel cuore dei credenti. Ma non basta il senso allegorico o superiore; è necessario giungere a quello etico dell'amore, altrimenti la fede senza le opere muore. Ed è il senso etico che produce quello anagogico, o della salita verso la speranza. 
    I quattro sensi della Scrittura non sono un'invenzione medievale, ma affondano le radici nel Nuovo Testamento. Per questo Paolo ringrazia il Signore per la fede operosa, la carità faticosa e la perseverante speranza che si sono diffuse fra i Tessalonicesi (1 Tessalonicesi 1,3). L'itinerario delle virtù è autentico quanto la Parola di Dio annunciata è accolta non come parola di uomini ma com'è veramente: Parola di Dio che opera nel cuore dei credenti (1 Tessalonicesi 2,13).