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INTOLLERANZE DELL'ATEISMO

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    00 16/04/2012 19:58

    L'atteggiamento di tanti non credenti è, sempre più spesso, quello di presentare la fede in Dio come qualcosa di assolutamente irrazionale, e da combattere con tutti i mezzi, presentando le loro convinzioni come se fossero dogmi indiscutibili.

    Spesso si arriva alla derisione o al disprezzo e in vari casi perfino alla persecuzione di chi osa mettere in discussione tali dogmi.

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    00 16/04/2012 19:59

    Il sociologo laico Furedi: «l’ateismo è una religione intollerante»

    Nel suo interessante articolo, parlando dell’antica Grecia, ha detto: «Ci fu un tempo in cui era molto pericoloso non credere in Dio [....]. Paradossalmente, oggi, quando l’ateismo gode di rispettabilità senza precedenti, viene trasformato in una nuova causa». Con grande lucidità ha sottolineato che «l’ateismo non costituisce una visione del mondo. Significa semplicemente non credere in Dio o negli dei [...]. L’ateismo riflette un atteggiamento verso un problema specifico, non un punto di vista sul mondo». Per la maggior parte degli atei nella storia, ha continuato, «la loro incredulità in Dio è una parte relativamente insignificante della loro auto-identità».

    Oggi invece, a causa del fondamentalismo dei cosiddetti New Atheist«al contrario, l’ateismo si prende molto sul serio. Con la loro denuncia zelante della religione, i nuovi atei spesso assomigliano ai crociati medievali. Essi sostengono che l’influenza della religione debba essere combattuta ovunque essa alzi la sua brutta testa. Anche se chiedono che la religione debba essere contrastata con argomenti razionali, le loro pretese spesso sfiorano l’irrazionale e diventano isteriche [...]. L’ateismo oggi si esprime spesso attraverso un linguaggio dottrinario, in maniera semplicistica identifica la religione con il fanatismo e il fondamentalismo. Ciò che colpisce è che chi denuncia il fondamentalismo lo fa spesso in stile altrettanto dogmatico di colui a cui pretende opporsi».

    Ha continuato, da umanista, il suo interessante articolo sostenendo che i nuovi atei sono selettivi,«confinano la loro rabbia verso le tre religioni abramitiche», ma «raramente contestano le mistificazioni del pensiero ecologista, come la ‘teoria di Gaia’, o le numerose varietà di misticismo orientale». Si è definito “angosciato” da questa «corruzione del concetto di ateismo». E poi l’accusa vera e propria: «il nuovo ateismo si è trasformato non solo in una religione laica, ma in una religione secolare fortemente intollerante e dogmatica». Conclude così: «la minaccia più potente per la realizzazione del potenziale umano proviene oggi, non dalla religione, ma dal disorientamento morale della cultura secolare occidentale». La dimostrazione della verità della sua analisi arriva certamente da quel che è accadutoquest’estate a Madrid e pochi giorni fa negli USA.

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    00 16/04/2012 20:01

    Usa, raduno degli atei:

    «dobbiamo ridicolizzare chi crede in Dio»

    Ventimila atei fondamentalisti si sono ritrovati per chiedere di non essere discriminati dalla società americana e nel frattempo hanno discriminato le persone religiose. Fortunatamente numerosi quotidiani hanno sottolineato l’ennesima dimostrazione (dopo i recenti fatti di Madrid) dell’incapacità della cultura laicista di dimostrarsi tollerante e di saper proporre qualcosa di diversodalla distruzione della religione.  La manifestazione si è svolta ascoltando musica dalla rigorosa band atea, ovviamente chiamata “Bad Religion”, e contemplando il sermone dell’onnipresente Richard Dawkins. C’è stato spazio anche per una sentimentale testimonianza affidata al figlio di un pastore protestante, Nate Phelps.

    La maggioranza dei quotidiani che se ne sono occupati, dicevamo, ha condannato l’evento per l’alto tasso di rabbia e frustrazione che vi è stato. Richard Dawkins ha letteralmente invitato  a “deridere” e “ridicolizzare” pubblicamente i cattolici: «se dicono di essere cattolici, parlano sul serio quando dicono che il vino si trasforma in sangue? Bisogna prendersi gioco di loro, ridicolizzarli! In pubblico, ha urlato alla folla. «Io non disprezzo le persone religiose, io disprezzo quello che rappresentano», ha inveito. Ha poi concluso la sua omelia elogiando la “verità” e la “bellezza” dell’evoluzione darwiniana. David Silverman, presidente degli American Atheistsha chiesto di avere ”tolleranza zero” verso chi non è d’accordo con l’ateismo. Diversi manifestanti hanno indossato t-shirt e brandito cartelli in derisione e disprezzo per la religione, numerose le bestemmie e scritte come: «Non sono sicuro se sei cristiano o soltanto molto stupido», un nostalgico della persecuzione romana dei cristiani aveva una maglietta con scritto: «tanti cristiani, così pochi leoni». Un altro teneva in mano una grande croce di legno con una maschera di pagliaccio in cima (vedi foto). Il cantautore Tim Minchincome spiega questo articolo con tanto di video, ha dedicato una canzone a Benedetto XVI (“Pope Song”), in cui parla di lui come «figlio di p**** assetato di potere»«auto-inflazionato bigotto». Gentili parole sono state rivolte anche ai cattolici:«fottiti figlio di p***»«sei ancora un figlio di p*** papista» e così via. Secondo “The algemeiner” è stato il momento più rivelatrice di cosa sia stato il “Rally Reason”.

    Numerose le critiche. Il volto noto della Bbc, Melvyn Bragg, ha accusato Dawkins di “ignoranza” e di mostrare “non rispetto” per la religione. Sul “Washington Post” ci si è chiesto«se credono che Dio non esiste, perché sono così arrabbiati? Quello che ha scioccato i mezzi di comunicazione è stata la loro ostilità aperta verso le persone di fede». Critiche sono arrivate anche dalla non credente Barbara J Kingsu www.npr.orgSu “Foxnews” è stato ricordato che «l’ateismo ha una storia, una storia bruttaSecondo stime prudenti, il ventesimo secolo, negli esperimenti di governo laici, hanno visto la morte di oltre 100 milioni di persone». L’editorialista di “The Atlantic”  ha scritto rispetto all’evento«la mancanza di ragionevolezza si evince dalla partecipazione di Richard Dawkins. Egli ha incoraggiato la gente non solo a mettere in discussione gli insegnamenti religiosi, ma di “ridicolizzare” la credenza religiosa e mostrare “disprezzo” per essa».

    Significativo il commento di Bill Donohue, presidente di “Catholic League”: «E ‘impossibile per gli atei fare una manifestazione senza insultare le persone di fede. Ma soprattutto loro detestano i cristiani, e nessun gruppo di persone è tanto odiato da loro quanto i cattolici romani. La manifestazione di sabato non ha fatto eccezione [...]. I cattolici prendano nota: il fatto che gli atei ci attaccano molto più di qualsiasi altro gruppo religioso, è un ambiguo complimentoSanno chi è il vero nemico da odiare, sanno chi devono sconfiggere».

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    00 16/04/2012 20:03

    Stati Uniti:

    gruppo ateo manifesta strappando pagine della Bibbia

    «Lo facciamo per un mondo migliore – ragione, scienza e pensiero critico faranno molto di più del pregare e del credere». Si è giustificato così, Bruce Gleason, capo degliBackyard Skeptics, il gruppo ateo californiano che ha recentemente manifestato le proprio idee strappando pagine della Bibbia.

    In poco più di una dozzina di militanti fondamentalisti della religione atea hanno infatti tenuto il raduno, culminato poi in uno strappare di versetti biblici ritenuti secondo loro“immorali” e “illegali”. Tra quelli presi di mira dal gruppo, compaiono Matteo 5:29 e Giacomo 5:14-15.

    L’evento non è stato certo un successo epocale. Il picco massimo raggiunto è stato di 100 persone, contando anche un gruppo cristiano che si era unito per dibattere civilmente sulle posizioni avanzate dagli atei. Ray Comfort, celebre pastore protestante ha commentato la balorda iniziativa sostenendo come tanta ostinazione nei confronti dei cristiani sia dovuta al fatto che a quest’ultimi è stato insegnato adamare i propri nemici – ha poi aggiunto: «Mi piacerebbe sul serio rifornirli con un Corano o magari con qualcosa di Indù».

    Dopotutto, checché ne dicano i Backyard Skeptics, non siamo ancora arrivati al punto in cui strappare pagine della Bibbia può essere considerato stimolante per il pensiero critico, razionale o scientifico.

    Nicola Z.

    [Modificato da Credente 16/04/2012 20:04]
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    00 16/04/2012 20:06

    A Madrid anche la gioventù laica:

    insulti, violenza, arresti, cariche della polizia…

    Quando però i laicisti sono passati alla violenza vera e propria, è intervenuta la polizia in protezione dei cattolici. Di tutto questo i quotidiani italiani non ne hanno parlato, preferendo concentrarsi ossessivamente sull’arresto preventivo di un cattolico “borderline”, uno studente di chimica messicano, per alcune presunte minacce online.

    Eppure i quotidiani spagnoli parlano chiaro. Uno dei più importanti, El Mundo, riporta«L’emblematica Puerta del Sol, ha visto ancora una volta il radicalismo di pochi. Questa volta, gli incidenti sono stati messi in scena da alcuni manifestanti laici, che hanno protestato contro il finanziamento pubblico della Giornata Mondiale della Gioventù (GMG), ma hanno anche colto l’occasione per rimproverare alcuni gruppi di pellegrini, coprendoli da un mare di insulti e spintoni. La polizia nazionale è stata costretta a caricare la piazza e quindi a scoraggiare i più fanatici. Il risultato: otto arrestati e 11 leggermente feriti, tra cui due della polizia nazionale».

    I partecipanti sono stati 8.000 circa secondo l’Ufficio del Governo e 4.000 secondo la polizia. Il quotidiano spagnolo racconta anche di un gruppo di laici che ha preso a «pugni e calci una decina di cattolici rimasti in strada accanto alla piazza».  Le proteste dei “liberi pensatori” (sic!) sono ovviamente infondate, dato che sia il Comune di Madrid che i responsabili della GMG hanno dichiarato che la manifestazione cattolica ètotalmente autofinanziata e che, anzi, l’evento porterà nelle casse spagnole circa 143 milioni di dollari (cfr. Ultimissima 11/6/11 e  Ultimissima 11/8/11). Anche il sindaco di Madrid, Alberto Ruiz-Gallardonha preso posizione sull’importante ritorno economico per la città, rispondendo direttamente ai polemisti. Lo stesso ha fatto il portavoce del governo spagnolo, José Blanco, confermando che le spese sono totalmente a carico degli organizzatori

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    00 07/05/2012 21:26
    A VOLTE PERO' VI SONO ANCHE INTELLETTUALI RISPETTOSI, A RAGION VEDUTA:

    ‘Il ritorno di Dio’ tra gli intellettuali:
    ondata di «atei rispettosi» rinuncia all’aggressività

    Qualcuno lo chiama ‘Il ritorno di Dio’, ma non si tratta né di una profezia, né di una nuova setta religiosa ma bensì di un trend che sta prendendo sempre più piede tra gli intellettuali atei e agnostici. Ad evidenziarlo è un articolo di Nicholas Kristof, recentemente apparso sul‘The New York Times’.

    L’atteggiamento imperante, fino a poco tempo fa, poteva essere compendiato nel sottotitolo del famoso pamphlet dell’ateo militante Christopher Hitchens, «la religione avvelena ogni cosa». Tuttavia, qualcosa è evidentemente cambiato; una«riluttante ammirazione per la religione come forza etica e di coesione» si sta facendo posto nei salottini degli intellettuali atei e una frangia sempre più ampia di non credenti sotterra l’ascia di guerra e abbandona l’ateismo aggressivo del binomio Dawkins-Hitchens. Linea di pensiero che viene espressa in numerose pubblicazioni recenti; a partire da quella dell’ateo Alain de Botton, Religion for Atheists, dove con atteggiamento nei confronti della religione quasi «reverenziale» a detta di Kristof, sostiene che «gli atei hanno molto da imparare» da questa. De Botton, d’altra parte, si è già dimostrato lontano dall’ateismo ‘incattivito’ di Dawkins, facendosi portavoce di una quantomeno originale iniziativa che prevede l’erezione di un “tempio per gli atei” (cfr. Ultimissima 1/2/12).

    Sulla stessa linea si muove “The Social Conquest of Earth, l’ultimissima fatica del celebre biologo di Harvard, Edward O. Wilson. Il quale, seppur criticando la religione come «invalidante e divisoria», ne riconosce il fondamentale ruolo sociale e come fonte «della gran parte delle migliori opere nelle arti creative». E della fede come collante sociale tratta anche The Righteous Mind di Jonathan Haidt, ateo sin dall’adolescenza e professore di Psicologia alla University of Virginia. Haidt, che nel suo blogdichiara che la religione è «una parte cruciale della nostra evoluzione biologica e culturale per la moralità», nel libro sostiene che «gli scienziati spesso fraintendono la religione» perché si focalizzano sugli individui, «piuttosto che su come la fede possa unire una società». Numerose sono inoltre, le ricerche e pubblicazioni che il professore cita nel suo libro a sostegno del fatto che una società con Dio può equivalere a una società più etica e armoniosa.

    Con questa recente ondata di «atei rispettosi», auspica in conclusione Kristof, potrebbe prendere posto definitivo un atteggiamento che alla fine faccia «da fondamento per una tregua alle nostre ‘guerre’ religiose. [...] Preghiamo…».

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    00 02/11/2012 12:21

    Michael Ruse critica l’intolleranza
    del moderno laicismo

    L’ultima volta che abbiamo parlato del filosofo Michael Ruse, docente di filosofia presso la Florida State University,abbiamo sottolineato la sua tremenda confusione circa l’esistenza di valori morali oggettivi.

    Una confusione, tuttavia, conseguita da un sano tentativo di riflettere in modo coerente sulla morale, senza abbandonarsi all’illogico e pericoloso relativismo etico per il quale non può esservi nulla di intrinsecamente sbagliato, nemmeno la pedofilia o la tortura di un bambino. Dire il contrario -e Ruse questo lo ha capito benissimo, entrando in polemica con altri intellettuali non credenti- significa affermare che esiste qualcosa di precedente all’uomo, un Bene e un Male assoluti e indipendenti dall’opinione della società in quel dato momento storico. Ma di questo abbiamo già parlato.

    E’ interessante tornare a citare Ruse grazie ad un articolo pubblicato sul “Guardian”, questa volta davvero lucido. Il filosofo si è infatti occupato di Richard Dawkins, il leader internazionale dell’ateismo fondamentalista, e del folklorisitico movimento dei “new atheist” (Sam Harris, Jerry Coyne, Peter Singer, Christopher Hitchens, Daniel Dennett e il “nostro” Pierpippo Odifreddi).

    Ha affermato: «L’umanesimo, nella sua forma più virulenta, sta cercando di fare della scienza una religione. E’ inondato da un intollerante entusiasmo, vi è quasi un isterico ripudio della religione». Ruse, ha citato come esempio alcune affermazioni contro la fede di Dawkins, in cui i credenti vengono paragonati ai terroristi islamici, a coloro che compiono guerre religiose e ai creazionisti che «voltano le spalle completamente alla scienza per seguire la loro religione». Una sorta di “caricatura”, ha spiegato il filosofo. Ruse ha anche individuato alcune somiglianze tra i laicisti moderni e i gruppi religiosi, in particolare una sorta di «adulazione da parte dei sostenitori e appassionati verso i leader del movimento: non è solo una questione di accordo o di rispetto, ma anche una sorta di culto». Il “culto di Dawkins”, probabilmente una similitudine più moderata del noto culto della personalità emerso nelle varie dittature ateo-comuniste del ’900. «Quando il cielo si svuota di Dio, la terra si riempie di idoli», diceva d’altra parteKarl Barth.

    Il filosofo americano ne ha anche approfittato per rendere pubblico l’odio nei suoi confronti da parte dei leader di tale movimento. Ha premesso di non essere per nulla credente, di essere un “fanatico darwiniano” e di ritenere che «la religione ha fatto e continua a fare molto male alla società», citando il rallentamento della ricerca scientifica a causa del noioso dibattito tra evoluzionisti e creazionisti (Ruse in questo caso non si è accorto di aver compiuto anche lui una caricatura delle persone religiose, come se esserlo significasse automaticamente rifiutare l’evoluzione biologica).

    Ha poi continuato: «Eppure io, e altri come me, sono insultato in termini molto più duri di quelli utilizzati contro avversari reali come i creazionisti. Veniamo etichettati come “accommodationists” per la nostra volontà di dare alla religione uno spazio non occupato dalla scienza, usando termini che denotano una forte emozione, ben oltre la ragione. In “L’illusione di Dio” [il noto libro di Richard Dawkins, Nda], sono paragonato a Neville Chamberlain, il pacificatore pusillanime di Hitler. Jerry Coyne, autore sia del libro e del blog “Perché l’evoluzione è vera”, un ardente groupie di Dawkins e Christopher Hitchens, ha scritto di me su uno dei suoi libri: “Ci sono alcune idee così assurde che solo un intellettuale potrebbe credergli”. Il biologo PZ Myers ha fatto riferimento a me come un “gobshite confuso”. E se avessi un dollaro per tutti coloro che hanno giocato con il mio cognome, sarei un uomo molto ricco». E tutto questo, ha concluso, «perché io non sono assolutamente allineato, non sono prostrato in lode verso Dawkins e compagnia, perché rido delle loro pretese e posizioni».

    Certamente è comprensibile e condivisibile questa accusa di intolleranza verso il moderno ateismo da parte di Michael Ruse, assolutamente in linea con la recente riflessione di Frank Furedi, sociologo presso l’University of Kent. In Italia non esistono serie e razionali espressioni di miscredenza, tuttavia sono perfettamente riconoscibili queste forme estreme di odio e avversione nei sostenitori dell’ideologia anticlericale (e anticattolica!). Non a caso il docente di diritto dell’UCLA, Stephen Bainbridge, ha scritto che «l’anticattolicesimo è l’ultima forma rispettabile di bigottismo nell’élite», riprendendo l’affermazione del poeta americano Pieter Viereck secondo cui«l’anticattolicesimo è l’antisemitismo degli intellettuali». Il tutto molto simile al titolo scelto per il libro del sociologo Philip Jenkins: “Il nuovo Anti-Cattolicesimo: l’ultimo pregiudizio accettabile“, come ha anche riflettuto di recente questo blog.

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    00 10/11/2012 14:18

    Forte misoginia nella comunità atea, parla Rebecca Watson

    La cosa sembrava assolutamente circoscritta, fino a quando l’associazione “American Atheists”, attraverso il suo presidente David Silverman, ha deciso di creare una politica di autoregolamentazione per i loro convegni e conferenze, in modo da assicurare che essi «sono sicuri e divertenti». La decisione, come riportavamo quest’estate, è dovuta al moltiplicarsi di denunce da parte di donne per sgraditi approcci sessuali durante le conferenze dell’associazione. Si è parlato addirittura di donne «toccate sotto i tavoli, minacciate di stupro, furtivamente fotografate per voyeurismo pornografico, e molte altre trasgressioni». 

    Nel settembre scorso ha preso coraggio anche Jen McCreightdivulgatrice scientifica, atea e femminista, la quale ha chiaramente affermato: «non mi sento al sicuro come donna in questa comunità»,  denunciando a sua volta molestie sessuali e un «diluvio di sessismo» all’interno del movimento ateista. Parole che hanno aumentato ancora di più gli insulti, tanto che la femminista è stata costretta a chiudere il suo blog a causa di «un’ondata ancora più grande di odio ingiustificato». Ha dovuto ritirarsi per «concentrarmi su come mantenere me stessa sana e felice, e questo non accadrà all’interno della tossica comunità atea», ha detto nell’ultimo suo articolo. Nel frattempo un’altra attivista, Greta Christinaha raccontato a sua volta che quando parla ai suoi correligionari, «devo aspettarmi un fuoco di fila di odio, abusi, umiliazioni, minacce di morte, minacce di stupro e altro ancora», per non parlare della campagna di odio verso Amy Davis Roth, un’altra delle pochissime donne che frequentano il movimento ateista.

    Pochi giorni fa è tornata a scrivere Rebecca Watson su Slate.com, approfondendo la terribile esperienza vissuta nella comunità di scettici: «Quando ho iniziato a trovare un vasto pubblico sul mio sito web scettico», ha scritto, «non ero preoccupata dalla minaccia di stupro occasionale, di insulto sessista o sul mio aspetto [...], almeno fino a quando ho iniziato a parlare di femminismo agli scettici, allora ho realizzato che non avevo uno spazio sicuro. Pensavo di aver trovato “il mio popolo” , una comunità che voleva educare il pubblico alla scienza e al pensiero critico. Il senso di appartenenza che provavo era simile, immagino, a quello che gli altri sentono in chiesa. Ai raduni di scettici il pubblico era per lo più di sesso maschile, ma ho pensato che era una cosa che si poteva bilanciare con un po ‘di duro lavoro».

    Queste le giuste aspettative, però ad un certo punto, ha proseguito la femminista, «le donne hanno cominciato a raccontarmi storie sul sessismo in occasione di eventi scettici, esperienze che le hanno messe tanto in disagio da non tornare mai più. Dopo alcuni anni di blogging e podcasting, parlando in occasione di conferenze tra atei, ho anch’io cominciato a ricevere email da sconosciuti descrivevano le loro fantasie sessuali su di me». Convinta che fossero casi isolati, ha risposto a tali fastidiosi approcci, ricevendo risposte come queste: «Onestamente tu meriti di essere violentata e torturata e uccisa». La Watson ha allora indagato su queste persone sui profili personali dei social network, facendo una scoperta curiosa«erano le persone più attive nella comunità scettica e atea. Frequentavo i loro blog e gli stessi eventi. Si trattava della “mia gente”, ed erano i peggiori» . 

    La Watson ha quindi optato per una grande opera di educazione della comunità ateista alrispetto della donna, arrivando a partecipare alla già citata conferenza di Dublino, nel 2011. In quell’occasione ha lamentato il disagio provato nel constatare che le uniche risposte ricevute al suo impegno di «comunicare online l’ateismo», erano «minacce di stupro e di altri commenti sessuali», da parte dei membri più attivi della sua comunità. Il pubblico sembrava ricettivo, ha detto, peccato che tornando in camera verso le 4 del mattino è stata avvicinata da un partecipante che l’ha molestata in ascensore.  Tornata a casa ha usato questo episodio come esempio di brutto comportamento in occasione di conferenze, «se si vuole che le donne si sentano al sicuro».  Ma per aver rivelato pubblicamente questo spiacevole episodio subito, la femminista è stata coperta di insulti ai quali si è aggiunto -come dicevamo inizialmente- anche Richard Dawkins, che le ha scritto: «smettila di piagnucolare e pensa alla sofferenza delle donne musulmane. Per carità cresci, o almeno fatti crescere una pelle più spessa». Questo commento del leader dell’ateismo fondamentalista è stato preso come un «sigillo di approvazione», tanto che«la mia pagina di YouTube è stata inondata con “scherzi” di stupro, minacce e insulti. Alcuni individui mi hanno inviato centinaia di messaggi, promettendo di non lasciarmi mai più in pace. La mia pagina di Wikipedia è stato vandalizzata, foto grafiche di cadaveri sono state inviate alla mia pagina di Facebook, interi blog sono stati creati su di me, catalogando ossessivamente tutto quello che ho detto e tentando di scavare nel mio passato “sporco”».

    Molto fredde le rassicurazioni ricevute da parte delle varie associazioni atee, alle cui conferenze ha smesso di partecipare (o per lo meno ha smesso di frequentarle da sola). Molte «hanno adottato politiche anti-molestie per i loro convegni, ma ancora ci sono i leader della comunità di scettici che si rifiutano di accettare che esiste un problema. Nel frattempo, altre donne sono state vittima di bullismo da parte degli atei lontano dai riflettori e anche al di fuori delle loro case». Ha scritto questo articolo, ha quindi concluso, con la speranza di un cambiamento che non avverrà «se continuiamo a marcire come una sottocultura mediocre che non solo ignora i problemi sociali, ma è attivamente antagonista al pensiero progressista».

    Questi i problemi vissuti dagli anti-teisti militanti, mentre contemporaneamente la Chiesa moltiplica le iniziative a favore delle donne, come il recente convegno internazionale “Teologhe rileggono il Vaticano II”, promosso dal Coordinamento teologhe italiano (Cti). Davvero i nemici della Chiesa avranno la faccia tosta per continuare asproloquiare sulla presunta misogina nel mondo cattolico?

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    00 10/11/2012 17:39

    Ancora attacchi laicisti, ma il Papa dice:
    «sentiamoci fratelli di chi non crede»

    Quasi ogni mese avvengono ormai anche in Occidenteviolenti attacchi, anche fisici, ai cattolici e ai credenti in generale da parte di esponenti laicisti.

    A metà ottobre in Spagna un centinaio di giovani ha attaccato la Scuola salesiana “Maria Ausiliatrice” di Mérida, e con bandiere della guerra civile e al grido “Dove sono i sacerdoti? Stiamo andando a bruciarli sul rogo“, hanno ferito un insegnante e aggredito il personale dell’edificio.  L’intenzione del gruppo, secondo quanto ha riportato la stampa spagnola, era quello di togliere i crocifissi dalle pareti.

    Pochi giorni fa in Francia, invece, il settimanale satirico Charlie Hebdo ha pubblicato in prima pagina una ennesima vignetta blasfema con la quale vengono offesi milioni di credenti, è una risposta -dicono- all’arcivescovo di Parigi André Vingt-Trois che ha osato esporre pubblicamente un’opinione contraria al progetto di legge sulle nozze e le adozioni per persone dello stesso sesso (con tanto eliminazione dei termini “mamma” e “papà” per non offendere gli omosessuali). Ancora una volta, dietro alla libertà di satira si maschera la libertà di insulto e di offesa.

    Questi gli episodi più recenti, condannati da esponenti cattolici e non condannati dai media di ispirazione laica. E’ il solito teatrino già denunciato in una precedente occasione: finché si attacca la Chiesa cattolica e il cristianesimo fanno tutti la gara ad invocare il rispetto verso la libertà artistica, di satira e d’espressione. Se a finire sotto la satira e la derisione sono altre categorie di persone: islamici, ebrei, agnostici o omosessuali, allora tutti pronti a combattere la «libertà che si trasforma in insulto», riprendendo il pistolotto dell’anticattolica Dacia Maraini, o contro la «libertà che diventa provocazione» secondo la predica dell’anticattolico Corrado Augias.

    Ma, come già detto, è il solito giochino che si ripete puntualmente nei secoli e davanti al quale è bene assistere con un sorriso ironico. Chi si smarca da questo squallido teatro è sempre Benedetto XVI, l’unico che merita vera ammirazione. Nonostante questacostante e socialmente accettata aggressione anti-cattolica, il Papa ha ancora una volta mostrato qual’è la strada da perseguire in una società civile e rispettosa: all’interno di un bellissimo discorso sul senso religioso naturale presente nell’uomo, ha concluso invitando a compiere il pellegrinaggio della vita sentendoci «fratelli di tutti gli uomini, compagni di viaggio anche di coloro che non credono, di chi è in ricerca, di chi si lascia interrogare con sincerità dal dinamismo del proprio desiderio di verità e di bene. Preghiamo, in questo Anno della fede, perché Dio mostri il suo volto a tutti coloro che lo cercano con cuore sincero».

    In diverse altre occasioni il Pontefice ha mostrato questo profondo rispetto verso chi non ha avuto il dono della fede e tuttavia non si mostra intollerante e dissacrante. Nel 2011 ha evidenziato anche il grande contributo che queste persone offrono a noi credenti, perché «pongono domande sia all’una che all’altra parte. Tolgono agli atei combattivi la loro falsa certezza, con la quale pretendono di sapere che non c’è un Dio, e li invitano a diventare, invece che polemici, persone in ricerca, che non perdono la speranza che la verità esista e che noi possiamo e dobbiamo vivere in funzione di essa. Ma chiamano in causa anche gli aderenti alle religioni, perché non considerino Dio come una proprietà che appartiene a loro così da sentirsi autorizzati alla violenza nei confronti degli altri». Persone che, ha detto in un’altra occasione«sono più vicini al Regno di Dio di quanto lo siano i fedeli ‘di routine’, che nella Chiesa vedono ormai soltanto l’apparato, senza che il loro cuore sia toccato dalla fede».

    Ancora una volta il Pontefice ha mostrato la giusta strada da percorrere a tutti gli uomini di una civiltà rispettosa, ma siamo sicuri che i laicisti intolleranti non lo ascolteranno nemmeno questa volta. La cosa importante, comunque, è che l’esempio continui ad essere vissuto almeno da noi cattolici e da tutti gli uomini di buona volontà.

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    00 19/01/2013 00:05

    L’intolleranza dei militanti LGBT

    da Il Tempo 15/01/13
     
     La dimostrazione delle attiviste di Femen in piazza San Pietro durante l’ Angelus di domenica scorsa può essere presa a paradigma del livello di tolleranza di cui sono capaci certi «movimenti».

    Se entrassi in un qualsiasi circolo omosessuale brandendo un cartello con scritto, ad esempio, «State zitti» o «Io credo in
    Dio», il minimo che potrebbe capitarmi sarebbe di essere tacciato per omofobo. Invece quattro «signorine» esibizioniste possono tranquillamente pensare di creare un’indegna gazzarra durante una riunione di preghiera a cui partecipano migliaia di fedeli e di imporre il silenzio ad una persona che, piaccia o no, è un’ autorità morale e una guida spirituale per milioni di persone. Chi è il vero intollerante?

    La Chiesa su questo fronte è chiarissima. Basta rileggersi un passaggio della lettera ai vescovi scritta nel 1986 dall’ allora card. Ratzinger«Va deplorato con fermezza che le persone omosessuali siano state e siano ancora oggetto di espressioni malevole e di azioni violente. Simili comportamenti» vanno sempre condannati perché «rivelano una mancanza di rispetto per gli altri. La dignità propria di ogni persona dev’ essere sempre rispettata». La realtà è che si sta verificando una discriminazione al contrario. Esprimere idee, difendere principi che non piacciono al movimento omosessuale comporta automaticamente l’ accusa di essere retrogradi, oscurantisti e omofobi.

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    00 04/04/2013 16:04

    L’etologo De Waal:

    «il moderno ateismo è religione dogmatica»

    Frans De WallUn nuovo ateo eretico sta scombussolando la piccola e litigiosissima congregazione di increduli militanti, si tratta del primatologo Frans De Waal, autore del recente libro “The Bonobo and The Atheist: In Search of Humanism Among the Primates” e docente presso la Emory University.

    De Waal ha attaccato il violento new atheism di Richard Dawkins & Jerry Coyne, denunciandolo come religione dogmatica. D’altra parte lo stesso Coyne aveva riconosciutoche ai loro “raduni spirituali” partecipano sempre le stesse persone e per lo più si tratta di fanatici.

    De Waal ha spiegato di essere cresciuto come cattolico, fede che è stata «importante durante la mia giovinezza», ma oggi non lo è più, anche a causa della forte secolarizzazione olandese. Tuttavia non intende risparmiare critiche al “deprimente” protestantesimo e al bizzarro e variopinto movimento dei “new atheist”, i cui membri sono talmente «ossessionati dalla non esistenza di Dio che vanno furiosamente sui media, indossano le loro T-shirt proclamando la loro mancanza di fede e invocando l’ateismo militante». Ma si è chiesto in modo davvero lungimirante: «che cosa ha l’ateismo da offrire perché valga la pena lottare in questo modo?».

    La sua tesi è che l’ateismo militante deriva da un trauma e serve a rimpiazzare vecchi dogmi con altri nuovi, e prende come esempio David Silverman (leader dell’American Atheists), le contraddizioni di Sam Harris e la brutalità argomentativa di Christopher Hitchens, il quale -ha commentato ironicamente De Waal- è arrivato a «preferire Dick Cheney a Madre Teresa di Calcutta».

    Interessante poi quando ha affrontato l’argomento sul rapporto tra scienza e la religione, afferma: «Poi c’è il mito persistente che la scienza trionfa sulla religione in ogni modo possibile, e che l’una distrae dall’altra, come in un gioco a somma zero. Questo approccio risale ai polemisti americani del diciannovesimo secolo, che notoriamente hanno dichiarato che, se credessimo ancora alla religione staremmo ancora sostenendo una terra piatta. Questa era pura propaganda, la speculazione sulla rotondità del nostro pianeta è iniziata con Aristotele e altri antichi greci, e tutti gli studiosi importanti durante il Medioevo ne erano pienamente consapevoli. Dante nella “Divina Commedia” ritrae la terra come una sfera, e il trittico di Bosch Garden mostra una terra piatta che galleggia in una sfera trasparente, circondato da un cosmo nero». Chissà se anche il ben poco scientifico Alessandro Cecchi Paone lo avrà imparato dopo questa incredibile gaffe.

    L’etologo olandese ha poi continuato: «Anche quando si tratta di evoluzione c’è la tendenza a puntare la religione come un avversario solido, ignorando che mai la Chiesa cattolica ha formalmente condannato la teoria di Darwin o ha messo le sue opere all’Indice (la lista dei libri proibiti). Il Vaticano ha approvato l’evoluzione come una valida teoria, compatibile con la fede cristiana. Certo, la sua approvazione è arrivata un po ‘tardi, ma è bene rendersi conto che la resistenza all’evoluzione è quasi esclusivamente dei protestanti evangelici nel Sud degli Stati Uniti e nel Midwest».

    Ha poi concluso riconoscendo con grande onestà: «I copiatori dei primi libri su cui la scienza ha fatto affidamento erano rabbini e monaci, le prime università sono nate come cattedrali e scuole monastiche. Il papato ha attivamente promosso la costituzione e la proliferazione delle università e il più antico documento negli archivi dell’Università di Oxford è un Premio del Legato Pontificio del 1214». Ha tuttavia criticato anche le personalità religiose (come Dinesh D’Souza) che usano le esperienze pre-morte (NDA) come prova scientifica della vita dopo la morte, invitando comunque ad un dialogo sereno tra atei e credenti, in cui ci si ascolti di più.

    Ovviamente il reazionismo è stato immediato, brusche le risposte delle congregazioni atee fondamentaliste (anche italiane) e dei responsabili del dogm-atesimo che non ne vogliono sapere di calmarsi e dialogare con il mondo, come Anthony Clifford Grayling eJerry Coyne. E così Frank Furedi, membro della British Humanist Association, continua ad aver ragione quando dice che «il nuovo ateismo si è trasformato non solo in una religione laica, ma in una religione secolare fortemente intollerante e dogmatica. La minaccia più potente per la realizzazione del potenziale umano proviene oggi, non dalla religione, ma dal disorientamento morale della cultura secolare occidentale».

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    00 12/08/2013 12:48

    Perché poche donne tra gli atei?
    Troppa aggressività e molestie

    Donne ateismoLe contraddizioni delle comunità aggressivamente laiciste sono infinite. Dopo aver accusato la Chiesa e il cattolicesimo di misoginia, ad un certo punto si sono accorte che quasi non esistono donne atee, mentre ci sono più donne cattoliche che uomini. Ma non erano discriminate?

    La problematica è emersa in questi giorni su “Salon.com, dove ci si è chiesto: «Dove sono le donne nel “nuovo ateismo”?». I sacerdoti dell’ateismo, si scrive, sono tutti uomini bianchi arrabbiati. Dove sono le donne? Si è fatto notare che i pensatori atei degli ultimi secoli hanno dato giudizi discriminatori contro le donne, spiegando la loro forte adesione alla fede a causa della loro stupidità e predisposizione a credere alla favole. Oggi probabilmente si pensa la stessa cosa nelle congregazioni laiciste, anche se non viene pubblicamente esplicitato.

    In un secondo articolo, sempre su “Salon”, viene ipotizzato il motivo della scarsità di donne atee militanti con il fatto che «il sessismo è reale e ha un effetto sulla partecipazione delle donne e la leadership all’interno della comunità atea. Scherzi di stupro e molestie sessuali». Non a caso nel 2012 l’“American Atheists” ha dovuto creare una politica di autoregolamentazione per i loro convegni e conferenze a causa dell’aumento esponenzialmente di denunce da parte di donne a causa di molestie sessuali durante le conferenze dell’associazione (toccate sotto i tavoli, minacciate di stupro, furtivamente fotografate per voyeurismo pornografico ecc.). Lo stesso Richard Dawkins, leader del movimento ateo nel mondo, è stato inserito nella classifica dei peggiori misogini del 2011 per aver insultato una donna che aveva reso pubblico di essere stata molestata durante un convegno di atei, invitandola a restare zitta. Per questi e altri motivi Rebecca Watson nel settembre scorso ha affermato«Come donna non mi sento al sicuro nella comunità atea».

    Un altro motivo, oltre al sessismo e la misoginia diffusa, è l’eccessiva aggressività da parte dei sostenitori dell’incredulità. Lo ha spiegato la femminista Sarah McKenzie: il laicismo moderno è intimidatorio e aggressivo. Una donna, dice la McKenzie, «che osa essere aggressiva è spesso etichettata come arpia isterica. Non è degna di essere ascoltata e impossibile da prendere sul serio. Non mi stupisco che alle donne appaia riluttante dichiararsi atee militanti. Forse c’è spazio per un tipo di ateismo che non sia anti-religioso, ma guardi al problema di come vivere, di come trovare significato e come porre fine alla sofferenza»»

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    00 21/09/2013 23:08

    Intolleranza anticristiana:
    prassi consolidata dell’Europa laica?

    AnticristianesimoL’intolleranza anticristiana, prassi consolidata nell’Europa contemporanea tanto nella sfera privata come in quella pubblica, viene ormai stigmatizzata e condannata anche dai commentatori non di parte che vedono in essa una pericolosa deriva dalle imprevedibili conseguenze.

    Così, poco prima che iniziassero le vacanze estive, un lucido articolo diErnesto Galli della Loggia sul Corriere ha evidenziato come “Ormai, non solo le Chiese cristiane sono state progressivamente espulse quasi dappertutto da ogni ambito pubblico appena rilevante, non solo all’insieme della loro fede non viene più assegnato nella maggior parte del continente alcun ruolo realmente significativo nel determinare gli orientamenti delle politiche pubbliche – non solo cioè si è affermata prepotentemente la tendenza a ridurre il cristianesimo e la religione in genere a puro fatto privato – ma contro il cristianesimo stesso, a differenza di tutte le altre religioni, appare oggi lecito rivolgere le offese più aspre, le più sanguinose contumelie”. Dopo aver richiamato significativi episodi del recente passato, tutti a senso unico sebbene siano avvenuti in contesti diversi, la nota firma del Corriere conclude amaramente osservando che “Ce n’è abbastanza da suscitare la preoccupazione di qualunque coscienza liberale […] libertà religiosa da un lato e dall’altro libertà di opinione e di parola – che sono i due pilastri della libertà politica – vanno all’unisono”.

    Le reazioni non si sono fatte attendere: in primo luogo segnaliamo il filosofo marxista Mario Tronti il quale, intervistato da Avvenire, rileva come “Le società occidentali sono in preda a una deriva che coinvolge per intero la sfera dei valori, sempre più ridotta a favore di una competizione selvaggia tra gli individui”. Insomma, a detta di Tronti, sussistono individui  “abbandonati a se stessi, privi dei riferimenti elementari fin qui costituiti per esempio dalla famiglia, […] condannati a concentrarsi sugli obiettivi sbagliati. Nella fattispecie la coscienza cristiana, che ha svolto un ruolo tanto importante nella formazione della mentalità europea, viene percepita solo come controparte con cui polemizzare, scaricando così la rabbia accumulata altrove”.

    Anche Francesco Botturi, ordinario di Filosofia morale alla Cattolica di Milano, non ha mancato di dire la sua su questo tema, sempre su Avvenire. Secondo lo studioso, l’intolleranza a senso unico contro i cristiani è una manifestazione crepuscolare della secolarizzazione, in quanto nell’attuale momento storico si fronteggiano “da un lato la rivalutazione della religione come fonte di identità o comunque di senso, dall’altra un dispositivo ad excludendum, per cui alla religione stessa viene negata qualsiasi cittadinanza pubblica, con le conseguenze che Galli della Loggia ha voluto elencare. Ma in questo momento le premesse ideali o, se si preferisce, ideologiche che stavano alla base della secolarizzazione sono sempre più labili, sempre meno percepite. L’intolleranza che ne deriva ha caratteristiche eminentemente pratiche e quindi tanto più sbrigative”

    Anche Massimo Introvigne, studioso eminente nonché coordinatore dell’Osservatorio della Libertà religiosa istituito dal Ministero degli Esteri, interpellato sull’articolo di Galli della Loggia, ha fatto il punto della situazione con opportuni riferimenti ad emblematiche vicende di intolleranza sia in ambito continentale sia in quello italiano.

    Cos’altro aggiungere a questo punto? Appare evidente come la cristianofobia non sia una mera definizione elaborata a tavolino da intellettuali di parte desiderosi di vendere libri, quanto piuttosto una specie di idra dalle molte teste, talune più evidenti rispetto ad altre che lo sono meno, una consolidata vessazione nei confronti del cristianesimo condotta sotto il duplice profilo culturale e pratico. Questo sistematico accanimento a senso unico, ancor prima di scomodare come mandante la massoneria o l’esistenza dei poteri occulti, sembra scaturire daun equivoco di fondo del liberalismo già lucidamente – o, per meglio dire, profeticamente – evidenziato dal Cardinale John Henry Newman quando affermò che “Il liberalismo commette l’errore di assoggettare al giudizio umano quelle dottrine rivelate che per loro natura l’oltrepassano e ne sono indipendenti; e di pretendere di determinare con criteri immanenti la verità e il valore di proposizioni la cui accettazione si fonda esclusivamente sull’autorità esterna della Parola di Dio” (Apologia pro vita sua, Nota sul liberalismo, tr. it. p. 305).

    Su questo punto e in ordine agli ultimi studi in materia di cristianofobia,  rinviamo ai titoli citati in questa pagina per maggiori dettagli.

    Salvatore Di Majo

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    00 12/10/2013 16:08

    Flores D’Arcais continua la sua guerra
    contro i credenti

    Paolo Flores DArcais

    Nella guerra contro i credenti è rimasto a combattere  il buon Paolo Flores D’Arcais, il cosiddetto “filosofo intollerante” per una curiosa vicenda di cui si è reso stato protagonista e che abbiamo documentato nel nostro canale Youtube. E’ di questi giorni l’uscita del suo ennesimo libro contro chi crede in Dio, intitolato: “La democrazia ha bisogno di Dio? Falso!” (Laterza 2013).

    Il primo sostenitore politico di Di Pietro e poi di Antonio Ingroia  ha puntato all’impossibile mirando a confutare la posizione del celebre filosofo tedesco Jürgen Habermas (e ancora prima quella di Tocqueville e Heidegger, per cui“solo un Dio ci può salvare”), secondo il quale la democrazia ha bisogno di un presupposto religioso. Dopo aver liquidato velocemente il pensiero di Heiddeger con un’accusa a livello personale «era un nazista (mai pentito)» (pag. 3) (quando oggi è evidente agli storici essere una falsità), spiega: «L’alleanza che oggi invoca la presenza di Dio nell’agorà democratica è inquietante per la sua eterogeneità» (pag. 3). Flores D’arcais non sostiene la laicità ma approva pubblicamente il laicismo, ovvero l’estirpamento di ogni aspetto religioso dalla vita pubblica. «Ahimè», si lamenta in un’intervista al “Fatto Quotidiano”«non possiamo che notare come le religioni abbiano un ruolo pubblico sempre crescente». Per questo la sua tesi centrale è che «va negato radicalmente e in modo sistematico ogni ruolo pubblico delle religioni nella democrazia, perché qualsiasi ruolo pubblico minaccia e mette a repentaglio elementi essenziali del sistema democratico».

    Queste minacce sarebbero sopratutto in campo bioetico, ha spiegato, ad esempio per quanto concerne l’opposizione all’eutanasia che sarebbe frutto di «un sistema di valori religioso vuole imporre la sua particolare morale come morale dello Stato». Peccato che siano le principali associazioni medico-scientifiche americane ed europee ad opporsi a tale pratica, come abbiamo documentato, ben lontane dall’offrire motivazioni religiose alla loro posizione. Inoltre, perché l’approvazione dell’eutanasia non sarebbe invece un imposizione di un’etica atea, cioè priva del concetto di sacralità della vita? Perché la religione non deve partecipare alla democrazia ma l’ateismo si? Esso è davvero neutralità? La storia della Francia è paradigmatica: in nome del laicismo ieri eliminava fisicamente i credenti dalla vita pubblica mentre oggi ha intrapreso nuovamente la crociata contro il cristianesimo abolendo le feste cristiane per celebrare la ricorrenza ebraica dello Yom Kippur e quella musulmana dell’Aïd,trovando però l’opposizione di ebrei e musulmani. Questo è il progresso laico?

    Flores d’Arcais risponde positivamente: solo gli atei possono partecipare alla vita pubblicaperché «la democrazia è atea, imprescindibilmente»ha spiegato il direttore di “Micromega”. Il credente, se vuole esistere in una democrazia, deve abbandonare ogni pretesa di dedurre norme direttamente o indirettamente dalla propria fede e Dio può sopravvivere alla democrazia solo accettando l’«esilio dorato nella sfera privata della coscienza». Si passa quindi agli insulti verso chi crede in Dio, immancabili in un pamphlet di proselitismo: «il credente è civicamenteminus habens perché incapace di interiorizzare autonomamente la scelta pro-democrazia e in grado di riconoscerla solo affidandosi all’autorità religiosa di riferimento».

    Come lui probabilmente la pensa la nuova maestra della scuola elementare “Bombicci” di Bologna, che appena entrata in classe ha tolto il crocifisso dal muro perché, ha detto, «non me ne faccio nulla» (interessante l’intervento dell’ex presidente della Corte CostituzionaleCesare Mirabelli). Certamente come lui non la pensa, invece, il non credente Giulio Giorelloche ha deciso pubblicamente di schierarsi a fianco dei cristiani in difesa della Chiesa perseguitata in Pakistan. Il lettore saprà giudicare chi incarna di più lo spirito democratico e civile tra i due.

    Velata la critica al libro de “Il Corriere della Sera, più dura quella apparsa sull’“Unità”, l’ex quotidiano ufficiale del PCI di cui il filosofo intollerante è un forte nostalgico: «Flores d’Arcais vuole addirittura negare il certificato elettorale a Dio e ai suoi fedeli [...] Francamente ci pare una posizione artificiosa, oltre che insolente e intollerante. Perché la democrazia è il contrario di certe intimazioni totalitarie e discriminatorie. Essa è conflitto regolato su valori e interessi divergenti». Raccogliamo la sfida di Papa Francesco, scrive l’editorialista dell’“Unità”, Bruno Gravagnuolo, «il resto è vecchia ideologia giacobina. Caricatura rovesciata del confessionalismo e Devozione Atea».

    Proprio il Pontefice argentino nella “Lumen Fidei” ha scritto: «Quando la fede viene meno, c’è il rischio che anche i fondamenti del vivere vengano meno. Se togliamo la fede in Dio dalle nostre città, perderemo la fiducia tra noi e saremo uniti solo dalla paura e la stabilità sarebbe minacciata». Lo dimostra la storia: la fede e la cultura cristiana sono alla base delle nostre civiltà democratiche, come ha spiegato il celebre sociologo americano Rodney Stark«il cristianesimo ha svolto un ruolo chiave nel fornire una base morale per la democrazia, ben oltre qualsiasi cosa immaginata dai filosofi classici» (“La vittoria della ragione. Come il cristianesimo ha prodotto libertà, progresso e ricchezza”, Lindau 2006, pag. 124). Nessun ateismo -nessun culto del nulla e del non-dio-, invece, è mai stato in grado fondare eticamente e moralmente alcuna civiltà democratica. Anche questo è un dato su cui vale la pena riflettere per chi vuole decidere chi e come si deve partecipare alla vita democratica.

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    00 16/03/2014 18:22

    "è legale educare i figli alla fede"




    Coyne e DawkinsJerry Coyne è un biologo americano, noto per essere tra gli attivisti atei più famosi del mondo assieme all’amico Richard Dawkins.


    Purtroppo, come spesso viene loro rimproverano, il loro approccio èdecisamente violento, come se vivessero un costante rancore interno. Non sono certo un buon esempio per chi cerca di vivere in modo sereno dopo aver allontanato Dio dalla propria vita.


    «E’ tempo per la Gran Bretagna di sbarazzarsi delle sue scuole religiose supportate dallo Stato. Dato che i genitori possono (purtroppo) legalmente fare proselitismo verso i loro figli a casa, non vi è alcuna giustificazione per sostenere pubblicamente l’educazione religiosa fuori casa». Queste le recenti dichiarazioni di Jerry Coyne che stanno facendo il giro della rete.


    Se fosse per lui, da quanto si capisce, ai genitori dovrebbe essere vietato educare i propri figli alla fede, presumibilmente la polizia di religione nell’utopia di Coyne dovrebbe monitorare le discussioni private nelle case tra genitori e figli, al fine di individuare e perseguire ogni “proselitismo” illegale. Uno scenario che non è molto lontano da quanto accaduto nella Russia sovietica, nella Cina di Mao e nella Cambogia di Pol Pot.


    Le affermazioni di Coyne non sono nemmeno così lontane da quelle più famose di Richard Dawkinsper il quale essere educati al cattolicesimo da piccoli è peggio che subire abusi sessuali. O da quelle di Bill Maher secondo cui «noi atei pensiamo che la gente che crede in Dio ha un disturbo neurologico e ha bisogno di aiuto».


    Il sito web “Religion en Libertad” ha raccolto tutti gli attacchi, fisici e non, subiti dai cattolici e dai cristiani durante le recenti feste natalizie in Spagna, Francia e Usa, da parte di militanti laicisti.


    La buona notizia è che la maggior parte di coloro che non condivide con noi la grazia della fede non si comporta in questo modo.



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    00 03/04/2014 10:10

    Quando la “tolleranza laica” censurò
    Benedetto XVI

    Sei anni dopo, cioè oggi, esce il libro Sapienza e libertà. Come e perché papa Ratzinger non parlò all’Università di Roma (Donzelli editore 2014) scritto dal giornalista Pier Luigi De Lauro con prefazione di Walter Veltroni. Il volume contiene, oltre al testo dell’intervento che avrebbe dovuto tenere Papa Ratzinger, anche interviste all’allora rettore Renato Guarini, a padre Vincenzo D’Adamo, cappellano dell’università, a Carlo Cosmelli, uno dei docenti di Fisica che ne contestarono la presenza, e a Gianluca Senatore, allora rappresentato degli studenti nel Consiglio accademico.

    Come descrive il libro, era stato il rettore Guarini ad invitare il Papa all’inaugurazione dell’anno accademico, nei mesi precedenti aveva comunicato la sua decisione al Senato accademico, ben felice di accoglierlo (così come avevano fatto Paolo VI nel 1964 sempre a “La Sapienza” e Giovanni Paolo II a Roma Tre nel 2002). Ratzinger avrebbe dovuto svolgere semplicemente un discorso al termine della cerimonia, non una lectio magistralis come erroneamente fu riportato.

    Ma l’intolleranza laica (o laicista, meglio) scattò ugualmente (sarebbe lo stesso oggi con Papa Francesco?), prima con un intervento di Marcello Cini (militante di SEL, oggi deceduto) sul quotidiano di estrema sinistra “Il Manifesto” in cui si denunciò l’ingerenza religiosa del Papa, poi con una lettera firmata da 67 docenti della facoltà di Fisica, rilanciata dal quotidiano di punta del laicismo intollerante, “La Repubblica”(non a caso l’editorialista principale era, ed è, il teologo Vito Mancuso). Benedetto XVI rinunciò immediatamente e si limitò ad inviare il testo del suo intervento che venne letto dal prorettore.

    A Ratzinger vennero contestate due questioni, entrambe false: la prima il suo presunto appoggio all’Intelligent Design, quando dal 1969 parlava chiaramente di conciliazione tra evoluzione, darwinismo e fede cristiana. La seconda accusa fu un riferimento ad una citazione di Feyerabend su Galilei fatta nel 1990, ma che il card. Ratzinger si limitò a citare senza sostenerla, come confermò lo stesso Feyerabend e come è stato giustamente spiegato da Antonio Carioti sul “Corriere della Sera”.

    Nel libro lo studente Gianluca Senatore (oggi ricercatore), intervistato, ha spiegato che fino ad allora non aveva mai letto nulla degli scritti di Ratzinger e fu proprio quell’episodio ad avvicinarlo alla sua produzione intellettuale. La sua conclusione è che se i professori, soprattutto Cini, avessero fatto lo sforzo di non fermarsi ai loropregiudizi ma avessero letto il testo di Ratzinger, vi avrebbero trovato molti spunti di approfondimento critico sulla deriva della tecnologia (tesi condivise, oltretutto, da Cini stesso e da molti docenti firmatari).


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    00 30/05/2014 15:34
    L'esperienza religiosa è davvero solo una forma di psicosi?

    padre Robert Barron

    È apparso da poco sulle pagine del New York Times uno scambio di idee molto istruttivo tra Gary Gutting, professore di Filosofia alla Notre Dame University, e Philip Kitcher, docente di Filosofia alla Columbia University.

    Kitcher si descrive come un difensore dell'“ateismo soft”, che significherebbe un ateismo più lieve della versione polemica difesa da Richard Dawkins e Christopher Hitchens. A differenza di questi colleghi, Kitcher ammette che la religione possa avere un ruolo eticamente utile in una società prevalentemente laica. Non entrerò nel merito di questo aspetto del pensiero di Kitcher, perché ho già esplorato la riduzione kantiana della religione all'etica in altri testi, ma vorrei richiamare l'attenzione su un aspetto particolare di questa intervista, che mostra con notevole chiarezza uno dei malintesi fondamentali sulla religione, piuttosto comune tra gli atei.

    Kitcher ha dichiarato di considerare la dottrina religiosa non credibile. Esortato a fornire una spiegazione di questo atteggiamento un po' esagerato, ha sottolineato la straordinaria pluralità di dottrine religiose: cristiani, ebrei, induisti, musulmani, animisti, ecc., tutti con visioni radicalmente diverse sulla realtà, il divino, il proposito umano nella vita. E visto che tutte le religioni si basano fondamentalmente sullo stesso elemento, quello di una rivelazione presentata a nostri antenati già molto distanti, non c'è alcun mezzo razionale per ponderare queste differenze. L'unico motivo reale del fatto che io sia cristiano, direbbe lui, è il fatto di essere nato da genitori cristiani che mi hanno trasmesso le storie chiave del cristianesimo. Se tu sei ebreo, musulmano o induista e hai storie chiave diverse dalle mie, non c'è un modo ragionevole in cui io ti possa convincere, né tu possa convincere me. È il tuo mito contro il mio. Questa è ovviamente una variante della visione illuminista: la religione positiva sarebbe irrazionale, e quindi inevitabilmente violenta, con la possibilità di sostituire una religione con un'altra che dipende soltanto dalla forza bruta.

    Il problema fondamentale è che Kitcher ignora totalmente il ruolo decisivo svolto dalla tradizione religiosa nello sviluppo e nella ratifica della dottrina. È vero che la religione si basa, in generale, su eventi fondamentali, ma queste esperienze non sono semplicemente trasmesse in silenzio di generazione in generazione. Al contrario, sono scandagliare e testate, in un processo complesso di ricezione e assimilazione. Sono paragonate ad altre esperienze simili; sono analizzate in modo razionale; sono poste in discussione e contrastate con quello che sappiamo del mondo in base ad altre fonti; sono sottoposte a indagine filosofica; i loro “strati” di significato sono scoperti attraverso conversazioni che si sviluppano nel corso di centinaia e addirittura migliaia di anni; le loro implicazioni comportamentali ed etiche sono sminuzzate e valutate costantemente.

    Usiamo un esempio biblico per illustrare il funzionamento di questo processo. Il libro della Genesi ci dice che il patriarca Giacobbe una notte sognò che gli angeli salivano e scendevano da una grande scala, che aveva base sulla terra e si estendeva fino al cielo. Quando si svegliò, dichiarò che il luogo in cui aveva dormito era santo e lo consacrò con un altare. La tradizione ha accolto questa storia e ne ha tratto implicazioni che propongono questioni metafisiche e spirituali profonde: l'essere finito e l'Essere Infinito sono intimamente legati l'uno all'altro; ogni luogo è potenzialmente un luogo di incontro con il potere che sostiene il cosmo; c'è una gerarchia nella realtà creata e nella sua relazione con Dio; adorare Dio è incoraggiante per gli esseri umani, e così via.

    Queste conclusioni derivano dal processo di “scandagliamento” al quale mi sono riferito e forniscono la base per qualcosa che Kitcher e i suoi ritengono inammissibile: la possibilità di argomentazione concreta sulla religiosità. Non è una semplice questione di contrapporre storie antiche le une alle altre; è una questione di analizzare e paragonare questa eredità con l'esperienza.

    E quando questo accade tra interlocutori di tradizioni religiose diverse, se sono persone intelligenti e di buona volontà, si possono ottenere grandi progressi. Le parti di questa conversazione possono scoprire un numero notevole di verità in comune, punti di contatto tra dottrine che sembravano in totale disaccordo, oltre a insegnamenti che sono, di fatto, reciprocamente escludenti. Anche per quanto riguarda i punti di discordia, però, si possono ancora proporre, da entrambe le parti, molte argomentazioni autentiche.

    Quello che mi infastidisce nella proposta di Kitcher è il fatto che egli releghi tutte le religioni all'ambito del meramente irrazionale. È interessante notare che varie volte, nel corso dell'intervista, egli paragona l'esperienza religiosa alle esperienze delle persone che soffrono di psicosi. Ciò indica il pericolo reale di una visione di questo tipo: una società dominata da un ateismo “soft” come quello di Kitcher può tollerare le persone religiose per un certo periodo, ma a un certo punto le emarginerà o addirittura proporrà di ricoverarle per follia. Se ritenete quest'ultimo elemento paranoico, riguardate la politica dell'Unione Sovietica relativamente a quanti non concordavano con l'ideologia imposta.

    A metà del XIX secolo, John Henry Newman ha lottato tenacemente per difendere la razionalità delle rivendicazioni religiose. L'intervista di Kitcher e i voluminosi scritti dei suoi alleati intellettuali mi fanno pensare che la stessa battaglia debba essere combattuta anche oggi.
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    00 08/12/2014 21:23

    «E' ricominciata la guerra al presepe nelle scuole»




    Questa forma di isteria laicista si scatena puntualmente in questo periodo antecedente il 25 dicembre, nel 2013 è stato lo stesso come abbiamo documentato. Ne viene colpita anche l’Italia e raggiunge fortunatamente la cronaca nazionale, i giovani genitori sapranno così in quali scuole non iscrivere i loro figli.


    Il caso più noto quest’anno è quello dell’Istituto De Amicis di Celadina, a Bergamo, dove il dirigente scolastico Luciano Mastrorocco ha vietato il presepe perché sarebbe discriminatorio verso chi è non cristiano. La protesta dei genitori è stata vibrante tanto che il leader della Lega, Matteo Salvinisi è recato alla scuola donando un presepe ai bambini, chiedendo anche l’allontanamento del preside dalla scuola (ha chiesto 10mila adesioni su Fb, ne sono arrivate 80mila). La realtà dei fatti è però differente: è stato un insegnante a negare la possibilità, il preside ha infatti spiegato«Non c’era stato alcun divieto. Se un gruppo di genitori di una classe è d’accordo nel costruire un presepe non sarò certo io a mettermi di traverso, e infatti non è mai successo neanche in passato, io non sono il poliziotto dell’istituto e non controllo quel che succede nelle scuole, soprattutto riguardo a questi temi». Il suo chiarimento è stato certamente necessario, tuttavia se si legge la spiegazione completa rimane il dubbio che per lui il presepe possa davvero essere una forma di discriminazione se presenta la Natività di Gesù Cristo.


    Sul caso è intervenuto anche l’anticlericale Corrado Augias che su“Repubblica” ha preso le difese del presepe, seppur definendolo una “pia leggenda”. Augias vede nel presepe anche un’immagine laica di speranza, una nascita e una maternità in armonia con il creato. Così, scrive, «il preside Luciano Mstrorocco, che ha vietato il presepio per non offendere chi appartiene ad un credo diverso da quello cristiano, ha sbagliato due o tre volte. La prima perché l’ingenua rappresentazione di un evento di capitale importanza nella storia non può offenderenessuno che abbia un po’ di sale in zucca; la seconda perché quella rappresentazione porta un messaggio di pace e fratellanza; la terza perché il presepio appartiene ad una radicata tradizione di questo Paese che, ripeto, coinvolge anche chi come me a quella religione non appartiene. Chi arriva qui venendo da Paesi lontani ha il diritto di mantenere le proprie usanze -purché non in contrasto con le nostre leggi- ma è anche tenuto a rispettare, e a conoscere, gli usi del Paese in cui è venuto a vivere».


    Anche un altro intellettuale non credente è intervenuto, si tratta diMichele Serra, editorialista di “Repubblica”:  «La paura di molti che l’immigrazione cancelli tradizioni, recida radici, metta a repentaglio identità, è comprensibile e legittima. L’immigrazione non deve levare, deve aggiungere. Non deve sopire, deve accendere. Natale, qui, non è solo una “ricorrenza religiosa”, è un momento identitario. Così come il profilo dei campanili e il suono delle campane, il presepe segna il paesaggio italiano in profondità. Lo faccio perfino io (un meraviglioso minipresepe messicano di gesso, che pagai un dollaro in un mercatino di Puebla), e la nutrita componente multireligiosa che è in me (ho un pezzo di cervello ateo, uno buddista, uno valdese, uno francescano, uno sufi) non si è mai sentita offesa».


     


    Purtroppo, questi ragionamenti laici e illuminati non hanno fatto capolino nella mente di altri dirigenti scolastici. Elenchiamo qui sotto i casi più noti della “guerra al Natale” che si sono consumati quest’anno, in Italia e non solo.


    Salerno, alla scuola materna Froebel di Pastena, il presepe è stato bandito a causa di un “bambino ateo”. I genitori hanno minacciato di mandare i figli in altri istituti e la dirigente scolastica, Giuseppina Rita Del Giudiceha rimesso in tutta fretta la Natività al suo posto.


    Anche in America, in Alabama, il consiglio educativo della Contea ha cancellato il Natale e le altre feste religiose dal calendario scolastico, ma non i giorni di vacanza. Sono arrivate un uragano di polemiche, come riportano i media americani.


    In Belgio due Femen e attiviste di un movimento di estrema sinistra chiamato Collettivo Anonimo, travestite da poliziotte, hanno distrutto il grande presepe situato nella Gran Place di Bruxelles prendendo a manganellate Giuseppe, Maria e scaraventando a terra il bambino Gesù.


    L’Associazione di atei americana ha pensato bene di sfruttare il Natale per insultare ancora una volta i cristiani, lo ha fatto tramite un manifesto pubblicitario in cui una bambina chiede a Babbo Natale di poter non andare in Chiesa perché si sente “troppo grande per le favole”. Un dispetto infantile dell’associazione atea che ancora non ha digerito la recente sentenza della Corte di Appello di New York che ha rigettato la sua richiesta di rimuovere la nota croce di ferro, comparsa tra le macerie dell’11 settembre, dal memorial del World Trade Center.



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    Credente
    00 07/02/2017 21:04

    Lo stato neutrale e aconfessionale?



    Pubblichiamo un estratto del discorso del cardinale Angelo Scola, arcivescovo di Milano, in occasione della solennità dell’ordinazione di sant’Ambrogio vescovo e dottore della Chiesa. La tematica è quella sulla libertà religiosa in rapporto all’orientamento dello Stato


     


    del card. Angelo Scola, arcivescovo di Milano
    in occasione della solennità dell’ordinazione di sant’Ambrogio.

     

    […] Sono utili ed appropriati almeno due ordini di considerazioni. Il primo riguarda il nesso tra libertà religiosa e pace sociale. Non solo la prassi, ma anche diversi studi recenti hanno evidenziato come tra le due realtà esista una correlazione molto stretta. Se astrattamente parlando si potrebbe immaginare che una legislazione in grado di ridurre i margini della diversità religiosa riesca anche a ridurre fino ad eliminare la conflittualità che ne può derivare, di fatto si verifica la situazione esattamente opposta: più lo Stato impone dei vincoli, più aumentano i contrasti a base religiosa. Questo risultato è in realtà comprensibile: imporre o proibire per legge pratiche religiose, nell’ovvia improbabilità di modificare pure le corrispondenti credenze personali, non fa che accrescere quei risentimenti e frustrazioni che si manifestano poi, sulla scena pubblica, come conflitti.

    Il secondo problema è ancor più complesso e richiede una riflessione un po’ più articolata. Riguarda la connessione tra libertà religiosa e orientamento dello Stato e, a diversi livelli, di tutte le istituzioni statuali, nei confronti delle comunità religiose presenti nella società civile. L’evoluzione degli Stati democratico-liberali è andata sempre più mutando l’equilibrio su cui tradizionalmente si reggeva il potere politico. Ancora fino a qualche decennio fa si faceva riferimento sostanziale ed esplicito a strutture antropologiche generalmente riconosciute, almeno in senso lato, come dimensioni costitutive dell’esperienza religiosa: la nascita, il matrimonio, la generazione, l’educazione, la morte.

    Che cosa è accaduto quando questo riferimento, identificato nella sua origine religiosa, è stato messo in questione e ritenuto inutilizzabile? Si sono andate assolutizzando in politica delle procedure decisionali che tendono ad autogiustificarsi in maniera incondizionata. Ne è conferma il fatto che il classico problema del giudizio morale sulle leggi si è andato sempre più trasformando in un problema di libertà religiosa. Di ferita alla libertà religiosa parla in modo esplicito la Conferenza episcopale degli Stati Uniti a proposito dell’HHS Mandate, cioè alla riforma sanitaria di Obama che impone a vari tipi di istituzioni religiose (specialmente ospedali e scuole) di offrire ai propri impiegati polizze di assicurazione sanitaria che includano contraccettivi, abortivi e procedure di sterilizzazione.

    Il presupposto teorico dell’evoluzione sopra richiamata si rifà, nei fatti, al modello francese di laicité che è parso ai più una risposta adeguata a garantire una piena libertà religiosa, specie per i gruppi minoritari. Esso si basa sull’idea dell’in-differenza, definita come “neutralità”, delle istituzioni statuali rispetto al fenomeno religioso e per questo si presenta a prima vista come idoneo a costruire un ambito favorevole alla libertà religiosa di tutti. Si tratta di una concezione ormai assai diffusa nella cultura giuridica e politica europea, in cui però, a ben vedere, le categorie di libertà religiosa e della cosiddetta “neutralità” dello Stato sono andate sempre più sovrapponendosi, finendo così per confondersi. Nei fatti, per vari motivi ad un tempo di carattere teorico e storico, la laicité alla francese ha finito per diventare un modello maldisposto verso il fenomeno religioso. Perché? Anzitutto, l’idea stessa di “neutralità” si è rivelata assai problematica, soprattutto perché essa non è applicabile alla società civile la cui precedenza lo Stato deve sempre rispettare, limitandosi a governarla e non pretendendo di gestirla.

    Ora, rispettare la società civile implica riconoscere un dato obiettivo: oggi nelle società civili occidentali, soprattutto europee, le divisioni più profonde sono quelle tra cultura secolarista e fenomeno religioso, e non – come spesso invece erroneamente si pensa – tra credenti di diverse fedi. Misconoscendo questo dato, la giusta e necessaria aconfessionalità dello Stato ha finito per dissimulare, sotto l’idea di “neutralità”, il sostegno dello Stato ad una visione del mondo che poggia sull’idea secolare e senza Dio. Ma questa è una tra le varie visioni culturali (etiche “sostantive”) che abitano la società plurale. In tal modo lo Stato cosiddetto “neutrale”, lungi dall’essere tale fa propria una specifica cultura, quella secolarista, che attraverso la legislazione diviene cultura dominante e finisce per esercitare un potere negativo nei confronti delle altre identità, soprattutto quelle religiose, presenti nelle società civili tendendo ad emarginarle, se non espellendole dall’ambito pubblico. Lo Stato, sostituendosi alla società civile, scivola, anche se in maniera preterintenzionale, verso quella posizione fondativa che la laicité intendeva rispettare, un tempo occupata dal “religioso”. Sotto una parvenza di neutralità e oggettività delle leggi, si cela e si diffonde – almeno nei fatti – una cultura fortemente connotata da una visione secolarizzata dell’uomo e del mondo, priva di apertura al trascendente. In una società plurale essa è in se stessa legittima ma solo come una tra le altre. Se però lo Stato la fa propria finisce inevitabilmente per limitare la libertà religiosa.

    Come ovviare a questo grave stato di cose? Ripensando il tema della aconfessionalità dello Stato nel quadro di un rinnovato pensiero della libertà religiosa. È necessario uno Stato che, senza far propria una specifica visione, non interpreti la sua aconfessionalità come “distacco”, come una impossibile neutralizzazione delle mondovisioni che si esprimono nella società civile, ma che apra spazi in cui ciascun soggetto personale e sociale possa portare il proprio contributo all’edificazione del bene comune. Conviene tuttavia chiedersi: il modo migliore di affrontare questa delicata situazione è rivendicare una liberty of religion delle diverse comunità, chiedendo il rispetto delle “peculiarità” delle loro sensibilità morali minoritarie? Questa sola richiesta, anche se doverosa, rischia di rafforzare sulla scena pubblica l’idea secondo cui l’identità religiosa è fatta di nient’altro che di contenuti ormai desueti, mitologici e folcloristici. È assolutamente necessario che questa giusta rivendicazione si iscriva in un orizzonte propositivo più largo, dotato di una ben articolata gerarchia di elementi.

    Questi troppo rapidi accenni mostrano non solo quanto il tema della libertà religiosa resti complesso, ma soprattutto ci spingono a riconoscere come, oggi più che mai, questo tema rappresenti la più sensibile cartina di tornasole del grado di civiltà delle nostre società plurali. Infatti se la libertà religiosa non diviene libertà realizzata posta in cima alla scala dei diritti fondamentali, tutta la scala crolla. La libertà religiosa appare oggi come l’indice di una sfida molto più vasta: quella della elaborazione e della pratica, a livello locale ed universale, di nuovi basi antropologiche, sociali e cosmologiche della convivenza propria delle società civili in questo terzo millennio. Ovviamente questo processo non può significare un ritorno al passato, ma deve avvenire nel rispetto della natura plurale della società. Pertanto, come ho avuto modo di dire in altre occasioni, deve prendere l’avvio dal bene pratico comune dell’essere insieme. Facendo poi leva sul principio di comunicazione rettamente inteso, i soggetti personali e sociali che abitano la società civile devono narrarsi e lasciarsi narrare tesi ad un reciproco, ordinato riconoscimento in vista del bene di tutti […].