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Nella Chiesa delle origini dal 30 al 120 d.C. convivevano persone e gruppi diversi sia per provenienza che per alcune concezioni e usanze. In base ai dati del Nuovo Testamento e della letteratura cristiana antica si possono distinguere:


1) giudei di Gerusalemme di lingua aramaica (gli «ebrei» di At 6,1), con i quali entrano in conflitto quelli di lingua greca per una disparità nell’assistenza, ma forse anche per diversità di concezioni sul culto al tempio;


2) giudei di Gerusalemme di lingua greca (gli «ellenisti» di At 6,1.5), che praticavano un culto in lingua greca che doveva essere diverso da quello in lingua aramaica praticato dagli «ebrei», che a un certo punto ebbero una sorta di organismo direttivo formato da sette persone, tra cui Stefano (At 6,2-6), erano critici verso la legge e il tempio (At 6,11.13-14; 7,48; 8,1), furono i primi missionari tra i pagani e accettarono la comunione coi cristiani di origine pagana non circoncisi (At 8,4-6.12-13.26-40; 11,20-21);


3) giudei che praticavano tutti i precetti della legge mosaica e non accettavano la comunione di mensa coi cristiani di origine pagana, ai quali volevano anche imporre la circoncisione (At 11,2-3; 15,1-2.5; Gal 1,6-9; 2,4-5.12-13; 3,1-3; 5,2-12; 6,12-15);


4) giudei che praticavano tutti i precetti della legge mosaica, sostenevano che i pagani divenuti credenti in Cristo non dovevano circoncidersi e accettavano la comunione di mensa con loro, purché rispettassero alcune prescrizioni alimentari giudaiche (At 10,28; 15,2.19-20.28-29; Gal 2,3; 1 Cor 7,18; Rm 2,26; 3,1; 4,11);


5) giudei che avevano abbandonato le prescrizioni della legge mosaica e il rito della circoncisione per i loro figli (At 21,21);


6) giudei che erano stati scribi, probabilmente farisei (Mt 13,52; 23,34);


7) giudei provenienti dalle fila dei farisei (At 15,5);


8) giudei provenienti dall’essenismo (per i quali rimando ai miei interventi dell’1 febbraio 2003, del 19 settembre 2003 e del 28 aprile 2004);


9) comunità di Damasco, sorta prima della conversione e dell’arrivo di Paolo (33-35 d.C.), di cui faceva parte Anania (At 9,1-2.10-21; 22,5.12-16; 26,11-12);


10) comunità di Alessandria sorta prima dell’arrivo di Paolo a Efeso durante il suo terzo viaggio (53-54 d.C.), comunità dalla quale proveniva Apollo (At 18,24-25) e che praticava «il battesimo di Giovanni» (At 18,25), cioè un battesimo per la purificazione del corpo e la remissione dei peccati dopo la conversione personale;


11) comunità prepaolina di Efeso (At 19,1-7), i cui membri praticavano «il battesimo di Giovanni» (At 19,3) e che dopo il battesimo da parte di Paolo ricevono lo Spirito Santo (At 19,5-6), ciò che si collega al fatto che il battesimo cristiano è un battesimo nello Spirito (Mt 3,11; 28,19; Mc 1,8; Lc 3,16; Gv 1,33; At 1,5; 2,38; 11,16; 1 Cor 12,13; Tt 3,5);


12) comunità di Roma, sorta prima della redazione della Lettera ai Romani (57-58 d.C.) e molto probabilmente già esistente al tempo dell’editto di Claudio (49-50 d.C.), che cacciò dalla città quei giudei che fomentavano disordini «impulsore Chresto» (Svetonio, Vita di Claudio, 25); tra di essi vi erano Aquila e Priscilla, che Paolo trova a Corinto durante il suo secondo viaggio (49-52 d.C.) e che verosimilmente erano già cristiani, poiché Luca non dice che furono convertiti da Paolo (At 18,1-3);


13) samaritani e giudei convertiti dal giudeo ellenista Filippo (At 8,4-6.12-13.26-40);


14) giudei della diaspora convertiti dagli ellenisti in Fenicia e a Cipro (At 11,19);


15) pagani convertiti dagli ellenisti ad Antiochia (At 11,20-21);


16) pagani convertiti da Pietro a Cesarea (At 10,44-48; 11,17-18; 15,7-11);


17) pagani convertiti da Paolo e dai suoi collaboratori in diverse città;


18) gruppi diversi formatisi ad Antiochia (Gal 2,13-14);


19) gruppi diversi formatisi in Galazia (Gal 1,6-7; 3,1; 4,9-10; 5,7);


20) gruppi diversi formatisi a Corinto (1 Cor 1,10-12; 3,3-4; 11,16.18-19; 2 Cor 12,20);


21) gruppo di cui parla Paolo in 2 Cor 10,2 – 12,21, costituito da giudei divenuti credenti in Cristo (2 Cor 11,22-23), che si sono introdotti nella comunità di Corinto dall’esterno (2 Cor 11,3-4) e predicano «un altro Gesù» e «un altro vangelo» (2 Cor 12,4); Paolo li definisce «superapostoli» (2 Cor 11,5; 12,11), «pseudoapostoli, operai fraudolenti, mascherati da apostoli di Cristo» (2 Cor 11,13);


22) gruppo interno alla Chiesa di Corinto, che praticava un battesimo «per i morti» (1 Cor 15,29), probabilmente “al posto” dei morti, cioè, con un’iniziale pratica di suffragio, per assicurare la salvezza a quelli che erano morti senza aver ricevuto il battesimo;


23) gruppo di cui parla Paolo nella Lettera ai Filippesi (Fil 1,28; 3,2-5), probabilmente costituito da giudei convertiti che pretendevano la circoncisione dei pagani convertiti, visti i termini «mutilazione» in Fil 3,2 e «circoncisione» in Fil 3,3.5;


24) nazorei, di cui parlano Epifanio (Panarion XVIII e XXIX), Girolamo (De viris ill. III,2-4; PL XXIII; In Is. 8,11-22; 9,1; 11,1-3; 29,17-21; PL XXIV; In Matth. 23,35; PL XXVI; Ep. 112,13; CSEL LV) e Giuseppe di Tiberiade (Hypomnesticon), che secondo Epifanio sono nati intorno al 66 d.C. dopo la fuga a Pella dei giudeo-cristiani di Gerusalemme (Pan. XXIX,7,8), ma che verosimilmente sono nati prima (cfr. At 24,5 e 28,22), che osservavano i precetti della legge mosaica, continuavano a usare l’originale Vangelo di Matteo in ebraico «nella sua interezza» secondo Epifanio (Pan. XXIX,9,4), cioè senza le falsificazioni e mutilazioni apportate degli ebioniti, riconoscevano e accettavano la missione di Paolo e avevano una cristologia assolutamente ortodossa sia secondo Epifanio (Pan. XXIX,7,6), sia secondo Girolamo, il quale in una sua lettera ad Agostino dice che i nazorei «credono in Cristo, Figlio di Dio, nato dalla Vergine Maria, e dicono pure che è lui che ha patito sotto Ponzio Pilato e che è risuscitato, proprio come lo crediamo anche noi» (Ep. 112,13; CSEL LV);


25) gruppo o comunità che ha prodotto la Lettera di Giacomo (cfr. Gc 5,14), che distingueva se stesso da quelli che si fanno ingannare (Gc 1,16) e che si smarriscono (Gc 5,19) e condannava una sapienza (sophia) «terrestre, psichica, demoniaca» (Gc 3,15). Tale gruppo riteneva che i peccati degli uomini, originati dalla loro concupiscenza (Gc 1,15), fossero rimessi per le loro opere buone (Gc 2,24; 5,20), o per la preghiera dei presbiteri (Gc 5,15) o di Giacomo (nella notizia di Egesippo su Giacomo (in Eusebio, Hist. eccl. II,3,6) questi chiedeva ogni giorno perdono per il popolo). Non sappiamo se questo gruppo ritenesse o meno che i peccati degli uomini fossero rimessi per i meriti e le sofferenze di Cristo, idea questa assai diffusa e centrale nella cristologia, che si ritrova nel Vangelo di Matteo (Mt 26,28), nel corpus giovanneo (Gv 1,29; 1 Gv 1,7; 2,2; 4,10; Ap 1,5), nel corpus paolino (Rm 3,25; 4, 25; 1 Cor 15,3; Gal 1,3-4; Ef 1,7; Tt 2,14), nella Lettera agli Ebrei (Eb 1,3; 2,17; 7,27; 9,28; 10,12) e nella prima Lettera di Pietro (1 Pt 3,18); e non è facile capire se per questo gruppo il peccato origina dalla trasgressione di una norma (concezione che avrebbe radici farisaiche), oppure è inteso come una sorta di status originario indipendente dalla volontà del singolo, concezione che avrebbe radici nell’essenismo (cfr. 1QH XII,29; 4Q181 fr. 1,1; 1 Enoc LXXXI,5) e in Paolo (cfr. Rm 3,23; 5,12.17-21; 7,8.11.14-24);


26) gruppo dei seguaci di Simone Mago, samaritano che «esercitava la magia» (At 8,9) e che fu convertito e battezzato dall’ellenista Filippo (At 8,13). Di lui parlano, oltre agli Atti degli Apostoli, anche Giustino, Ireneo, Clemente Alessandrino, Ippolito Romano, Girolamo, Eusebio, gli Atti di Pietro e la letteratura pseudoclementina. Si faceva chiamare «Potenza di Dio Grande» (At 8,10), «Paraclito» e «Onnipotente» (Girolamo, In Matth., XXIV,5; PL XXVI) ed era venerato come un dio (Giustino, Apol. I,26,3; 56,2). Si recò a Roma ai tempi di Claudio ed ebbe lì molti seguaci. Ma la statua ritrovata nell’isola tiberina nel 1574, che porta l’iscrizione “Semoni Sanco deo fidio sacrum”, era dedicata non a lui, come pensano alcuni, ma al dio sabino Semo Sancus. Aveva come compagna Elena, un’ex prostituta di Tiro, che secondo lui era “l’idea primordiale” e aveva creato gli angeli, i quali a loro volta avevano creato il mondo materiale. Egli diceva di essere venuto a liberarla dal corpo materiale. Secondo Ireneo, Simone affermava di essere apparso ai samaritani come «Padre», ai giudei come «Figlio» e ai pagani come «Spirito Santo» (Adv. haer. I,23,2; 27,4);


27) gruppo di cui si parla in Ef 5,6-7, costituito da «figli della disobbedienza» (Ef 5,6), che ingannano «con vuote parole» (Ef 5,6), e ai quali non ci si deve associare (Ef 5,7). Anche se la «disobbedienza» in molti passi del Nuovo Testamento è sinonimo o di generica trasgressione di norme etico-religiose (Lc 1,17; Rm 10,21 (che cita Is 65,2); 11,30; Ef 2,2; Tt 1,16; 3,3; Eb 4,6), o di mancanza di fede (Gv 3,36; At 14,2; 26,19; Rm 2,8; 10,16; 11,31; 15,31; 1 Pt 2,8; 3,1; 4,17; Eb 3,18; 11,31), in questo caso il riferimento a «vuote parole» (Ef 5,6) e il divieto di diventare compagni di quelli che le proferiscono (Ef 5,7) fanno pensare a un gruppo che aveva aderito alla fede;


28) comunità giovannee (cfr. Gv 3,5-8; 4,23; 8,31; 9,35-39; 11,25-27; 17,20-26; 20,26-29; 21,24; 3 Gv 6.9; Ap 1,4.11.20; 2,7.11.17.23; 3,6.13.22; 22,16), che sono in diverse città (3 Gv 3.6.7.10; Ap 1,4.11.20; 2,7.11.17.23; 3,6.13.22; 22,16), che celebravano la Pasqua il 14 Nisan, in qualunque giorno della settimana cadesse (cfr. Eusebio, Hist. eccl. V,23-24) e che da un lato insistevano sul fatto che Gesù era un uomo (Gv 4,29; 5,12; 7,46; 8,40; 9,11.24; 10,33; 11,47.50; 18,14.17.29; 19,5), dall’altro affermavano direttamente che Gesù era Dio (Gv 1,1.18; 5,18; 10,30.33; 20,28), che preesisteva alla sua incarnazione (Gv 1,1-2.14.18; 3,13; 6,38.41-42.51; 1 Gv 1,1-2; 2,13-14; Ap 22,13) e che il Padre era in lui e lui nel Padre (Gv 1,18; 10,30.38; 14,10-11.20; 17,21); a un certo punto furono espulse dalle sinagoghe (cfr. Gv 9,22; 12,42; 16,2-3), forse perché affermavano direttamente che Gesù era Dio; e a un certo punto furono critiche verso il tempio (cfr. Gv 4,21-24), verso il riposo sabbatico (cfr. Gv 5,16-17) e verso i riti giudaici di purificazione (cfr. Gv 15,3);


29) gruppo separatosi dalle comunità giovannee (1 Gv 2,18-19.26; 3,7; 4,1-6; 2 Gv 7.10-11; Ap 2,2), i cui membri, definiti «anticristi» (1 Gv 2,18; cfr. 1 Gv 2,22; 4,3, 2 Gv 7), dicono di essere in comunione con Dio (1 Gv 1,6; 2,6), di conoscere Dio (1 Gv 2,4; 4,8), di essere nella luce (1 Gv 2,9) e professano che Gesù non è venuto nella carne (1 Gv 4,1-3; 2 Gv 7), probabilmente un gruppo di doceti o un iniziale gruppo gnostico;


30) gruppo di cui parla Paolo in Fil 3,18-21, i cui membri definisce «nemici della croce di Cristo», forse perché negavano la risurrezione della carne o la risurrezione di Cristo (cfr. Fil 3,20-21), probabilmente di doceti;


31) gruppi nati all’interno delle chiese paoline, a cui a un certo punto aderirono Imeneo, Fileto e Alessandro (1 Tm 1,19-20; 2 Tm 2,16-18; 4,14-15), che negavano la risurrezione della carne (1 Cor 15,12-13.15-16.29-32; 2 Tm 2,18), probabilmente doceti;


32) gruppi che predicano «di astenersi dai cibi» e proibiscono di sposarsi (1 Tm 4,3), i cui membri fanno traviare (1 Tm 4,1) e sono «bugiardi» (1 Tm 4,2);


33) gruppi gnostici iniziali, che professando una «falsamente nominata conoscenza» (1 Tm 6,20) e dichiarando «di conoscere Dio» (Tt 1,16), insegnano un’altra dottrina (1 Tm 1,3; 6,3) opposta alla «sana dottrina» (1 Tm 1,10; 2 Tm 4,3; Tt 1,9; 2,1) e «sviarono riguardo alla fede» (1 Tm 6,21); il fatto che in 1 Tm 6,20 Timoteo viene invitato ad evitare «i vuoti discorsi profani e le opposizioni di una falsamente nominata conoscenza» (pseudōnymou gnōseōs) presuppone che venisse già usato il termine tecnico gnōsis nelle dottrine che Timoteo viene invitato ad evitare;


34) gruppo nato nella comunità paolina di Colossi, che abbindolava gli altri con la «filosofia» (Col 2,8), «per cibi, bevande o in materia di una festa o di novilunio o di sabati» (Col 2,16), per la sottomissione a precetti giudaici (Col 2,20-23) e «nel culto degli angeli» (Col 2,18), forse un gruppo che osservava la legge mosaica e che aveva una cristologia angelica, condannata sia nella stessa Lettera ai Colossesi, dove si afferma che gli angeli sono stati creati per mezzo di Cristo (Col 1,16) e quindi Cristo non può essere un angelo, sia nella Lettera agli Ebrei, che afferma ripetutamente, evidentemente polemizzando con qualcuno, che Cristo è superiore agli angeli (Eb 1,4-13; 2,5);


35) gruppo dei «nicolaiti» (Ap 2,6.15), i cui membri sono accusati di mangiare carne immolata agli idoli (Ap 2,14.20) e di fornicazione (Ap 2,14.20-22);


36) gruppo di cui parla Clemente Romano nella sua Lettera ai Corinzi (1 Clem. I,1; III,3; XIV,1-2; XLVI,5.8; XLVII,6; LI,1; LIV,1; LVII,1-2; LXIII,1), che negli ultimi anni del primo secolo, istigato da qualcuno (1 Clem. XLVII,5), si è ribellato ai presbiteri della Chiesa di Corinto, perché voleva che alcuni fossero esonerati dall’episcopato (1 Clem. XLIV,3-6), forse per «gelosia» (1 Clem. LXIII,2). Clemente invita questo gruppo alla pace e alla riconciliazione, affermando che i presbiteri di Corinto hanno «servito rettamente il gregge di Cristo» (1 Clem. XLIV,3), hanno una «ottima condotta» (1 Clem. XLIV,6), sono «giusti e innocenti» (1 Clem. XLVI,4);


37) gruppi descritti nella seconda Lettera di Pietro (2 Pt 1,16; 2,1-22; 3,3) e nella Lettera di Giuda (Gd 4-19), accusati di libertinaggio, lussuria e corruzione (2 Pt 2,2-3.10.14.18-19; 3,3; Gd 4.7-8.16.18), di rinnegare Cristo (2 Pt 2,1; Gd 4), di essere «falsi maestri» (2 Pt 2,1), di non seguire «la via della verità» (2 Pt 2,2) e di essere in «errore» (2 Pt 2,18; 3,17; Gd 11); si afferma che promettono agli altri «la libertà, mentre sono, essi stessi, schiavi della corruzione» (2 Pt 2,19); probabilmente si tratta di iniziali gruppi gnostici, vista la frequenza con cui nella seconda Lettera di Pietro sono usati il termine «conoscenza» (2 Pt 1,2.3.5.6.8; 2,20; 3,18) e il verbo conoscere (2 Pt 1,20; 2,21);


38) ebioniti, di cui parlano Ireneo (Adv. haer. I,26,1-2; III,11,7), Origene (Contra Celsum 5,61-65; PG XI; In Matth. 16,12; PG XIII), Ippolito Romano (Refutatio VII,35), Epifanio (Pan. XXX), Girolamo (De viris ill. IX,1; PL XXIII) ed Eusebio (Hist. eccl. III,27,1-4), nati probabilmente dopo la morte di Giacomo (62 d.C.) e prima dello scoppio della guerra giudaica (66 d.C.), che accettavano solo un Vangelo di Matteo modificato redatto in greco, di cui si trovano frammenti in Epifanio (Pan. XXX,13,3-8), rifiutavano Paolo, negavano la divinità di Cristo, negavano la preesistenza di Cristo, affermavano che lo Spirito Santo era sceso in lui solo al momento del battesimo nel Giordano, facevano quotidiani battesimi per immersione, usavano acqua e non vino per l’eucaristia;


39) elchasaiti, di cui parlano Origene (Hom. in Ps. 32, cit. in Eusebio, Hist. eccl. VI,38), Ippolito Romano (Ref. IX,13-17 e X,29) ed Epifanio (Pan. XIX e LIII), che praticavano un battesimo per immersione che poteva essere somministrato più volte, ritenevano che Cristo fosse androgino, che lo Spirito Santo fosse di natura femminile e che vi è stato un “travaso” del Cristo in diversi soggetti storici;


40) doceti, di cui parlano Ignazio di Antiochia (Smirn. IV – VII; Trall. IX – XI; Magn. X – XI; Ef. VII e XVIII), che scrive le sue lettere, essendo morto martire sotto Traiano, prima del 117 d.C., Ippolito Romano (Ref. VIII,8-11; X,16) e Teodoreto di Cirro (Ep. LXXXII), che affermavano che il Cristo aveva l’apparenza di uomo, ma non aveva natura umana e carnale, e negavano la passione e risurrezione di Cristo, sostenendo che sia la sua nascita che la sua passione che la sua risurrezione sono state apparenze.


Tra la fine del primo secolo d.C. e l’inizio del secondo il cristianesimo era dunque una realtà multiforme e variegata. Nel corso del secondo secolo la maggioranza dei gruppi e comunità sopra descritti hanno trovato una forma di integrazione nella Chiesa. Sono stati tenuti fuori alcuni gruppi per la loro cristologia, che fu ritenuta diversa da quella della tradizione apostolica: i seguaci di Simone Mago, gli ebioniti, gli elcasaiti, i doceti e gli gnostici. Sono stati tenuti fuori anche i nicolaiti e i cristiani di origine giudea che volevano imporre ai pagani convertiti la circoncisione. Gli altri hanno trovato forme di coesistenza e di incontro. Data la grande varietà di idee e di posizioni, nella seconda metà del primo secolo si è cominciato a distinguere tra ciò che era e ciò che non era conforme alle tradizioni che risalivano agli apostoli e tra ciò che era e ciò che non era contrario a queste tradizioni. Ad esempio, la circoncisione dei pagani divenuti cristiani è stata ritenuta non apostolica, perché non era stata sostenuta né dai dodici, né da Giacomo, né da Paolo. Lo stesso vale per le idee che Gesù non era un uomo, o che non possedeva la natura divina, o che non era risorto dai morti. È importante sottolineare che le tradizioni apostoliche erano numerose e diverse (come del resto attestano le diversità dei ventisette libri del Nuovo Testamento) e dunque che nella Chiesa vi è stato in qualche modo un incontro tra queste diversità.