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LA SESSUALITA' DISORDINATA CREA NUOVE SCHIAVITU'

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    00 15/03/2012 22:00
    Dio stesso ha voluto creare l'uomo e la donna in modo che si completassero vicendevolmente ed esercitassero anche la loro sessualità in maniera che la coppia potesse essere felice, usandone in maniera appropriata.

    Purtroppo la natura umana, conseguente al peccato originale, è stata attaccata anche in questa sfera e l'uomo e la donna presentano a volte delle devianze che possono essere ricondotte nel loro ambito, oppure, se non si tiene conto del volere di Dio, si rischia di allontanarsi molto dal suo progetto.

    Molte patologie e dipendenze sono legate alla licenziosità sessuale e alla promiscuità. Perciò occorre cercare di ricondurre gli istinti sessuali entro il loro alveo se si vuole evitare sofferenze ed ottenerne invece le gioie che sono connesse al corretto esercizio della propria sessualità nell'ambito del matrimonio tra uomo e donna.

     

    [Modificato da Credente 10/08/2016 13:53]
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    00 15/03/2012 22:01

     

    San Francisco: condom gratuiti dal 1997 ma le malattie crescono

     

    Lo scorso 18 febbraio il “San Francisco Chronicle”riportava la notizia che il “Condom Access Project”avrebbe messo loro a disposizione, e gratuitamente nella posta, preservativi, un qualche tipo di lubrificante (?) e materiale definito informativo. Secondo il quotidiano l’iniziativa arriverà anche a San Francisco. Ora, l’inclusione di questa città sembrerebbe essere superflua, dato che i preservativi gratuiti sono disponibili nelle scuole pubbliche almeno dal 1997. Proprio in queste scuole vige un programma di educazione sessualequanto mai colorito, il quale prevede di preservare la loro salute tramite certe pratiche quali far indossare agli studenti speciali occhiali che rendono la loro vista leggermente sfocata, al fine di simulare uno stato di ubriachezza, per poi, così agghindati, far loro mettere un preservativo su un apposito pene di legno. Come se il problema delle malattie a trasmissione venerea fosse un mero fatto di “meccanica precauzionale”, oltretutto facendo passare il messaggio sottilmente distorto che sia l’alcool, e non la promiscuità sessuale, in qualche modo la causa prima della trasmissione delle malattie.

    Ma, ironia della sorte, risale agli stessi giorni la diffusione dei dati preliminari sull’incidenza delle patologie veneree nella città e nella contea di San Francisco per l’anno 2011. Nonostante questa enorme disponibilità di preservativi gratuiti e ore di educazione sessuale dal 1997, le malattie veneree a San Francisco continuano ad aumentare. Il rapporto, pubblicato dal San Francisco Department of Public Health, ha dichiarato: «I dati preliminari sulle malattie a trasmissione sessuale segnalati mostrano gli aumenti per la clamidia, la gonorrea e la sifilide precoce nel 2011». E perché accade ciò? Perché la nostra società pigra e nichilista patisce un pregiudizio di fondo, e cioè crede al valore paradigmatico del preservativo, tanto che pare essersi convinta fino all’ossessione che il profilattico sia la panacea di tutti i mali. Eppure, contra factum non valet argumentum, dicevano gli scolastici. Particolarmente schierata sull’argomento è la lobby omosessualista, dato che – come ha recentemente dimostrato il “Centers for Disease Control and Prevention” – gli uomini omosessuali coprono il 61% delle nuove infezioni da HIV negli Stati Uniti, nonostante essi siano solo il 2% della popolazione.

    Sembrerebbe mancare la percezione delle ragioni fondanti della diffusione delle malattie sessualmente trasmissibili (HIV su tutte), basata spesso su elementi comportamentali, soprattutto la promiscuità sessuale. Ed è proprio questo il punto su cui nessuno incredibilmente vuole soffermarsi, eccetto la Chiesa cattolica: ricordiamo le parole del santo padre Benedetto XVI in Africa, che causarono lo scompiglio generale fra gli intellettuali benpensanti, quando osò spostare l’attenzione dal preservativo verso la fedeltà di coppia e l’astinenza. Non solo aveva ragione, ma, cosa che alla luce dei fatti appare ora ovvia, si è scoperto che addirittura l’uso del preservativo è controproducente: esso incoraggia, infatti, un numero significativo di persone ad avere rapporti sessuali promiscui, alimentando una falsa sicurezza sanitaria e dunque, aumentando le probabilità di infezione. Dovremmo oggi chiederci: è possibile eliminare una malattialegata ai comportamenti umani, senza cambiare i comportamenti stessi?

    L’aumento generale di tutte le patologie a trasmissione sessuale, indicano con chiarezza che esse sonol’epifenomeno di un problema ben più ampiocome ha spiegato il virologo Carlo-Federico Perno, unabanalizzazione dell’amore e la relativizzazione dei valori come la fedeltà coniugale. Una risposta efficace ed intelligente quanto semplice, invece, l’ha offerta suor Miriam Duggan, laureata in medicina impegnata in Uganda come responsabile medico del St. Francis’ Hospital Nsambya. Nel 1987, ha lanciato il programma di prevenzione Youth Alive per affrontare le cause principali della diffusione dell’HIV ed aiutare i giovani a fare scelte responsabili per non contrarre l’AIDS, dunque basate su fedeltà al matrimonio e astinenza. In questo modo in Uganda (paese in grande maggioranza cattolico), tra il 1991 e il 2001, è stato possibile ridurre del 10% il numero di persone infette (unico stato africano), mentre nel 2002 il tasso di prevalenza di AIDS ha fatto registrare un calo dal 28,9% al 9,8%. Per questo è stata premiatadall’Università di Harvard. Mi sembra questo un grande successo sanitario in primo luogo, ma anche una vittoria culturale ed ennesimo trionfo della verità sulla menzogna dei maliziosi e malintenzionati.

    Matteo Donadoni

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    00 15/03/2012 22:03

    Premiata suora cattolica per aver sconfitto l’AIDS in Uganda (senza condom)

    Suor Miriam Duggan, della contea di Limerick in Irlanda, è stata premiata dallo University College di Cork per la suadedizione ai malati di Aids/Hiv e per l’impegno nella lotta alla pandemia in Africa. Laureata in medicina e missionaria francescana delle Sisters for Africa, la religiosa ha lavorato in Uganda come responsabile medico del St. Francis’ Hospital, Nsambya, a Kampala. Nel 1987, ha lanciato il programma di prevenzione Youth Alive, per affrontare le cause principali della diffusione dell’HIV e aiutare i giovani a fare scelte responsabili per non contrarre l’AIDS, basate su fedeltà al matrimonio e astinenza.

    Grazie a questo programma, il numero dei contagi in Uganda è diminuito. Il progetto, riferisce l’agenzia Fides, è stato promosso anche in altri 21 Paesi africani. In Uganda (paese in grande maggioranza cattolico), tra il 1991 e il 2001, si è riusciti a ridurre del 10% il numero di persone infette (unico stato africano), mentre nel 2002 il tasso di prevalenza di Aids ha fatto registrare un calo dal 28,9% al 9,8%. Nel 2006 suor Miriam è stata premiata dall’Università di Harvard e dall’Holy Cross College degli Stati Uniti, e nel 2008 ha ricevuto un premio di riconoscimento per la sua opera dal Presidente e dal Parlamento dell’Uganda.

    Ricordiamo che proprio a febbraio di quest’anno, un ricercatore di Harvard, Daniel Halperinha dato pieno appoggio alle dichiarazioni di Benedetto XVI suggerendo che effettivamente è la «riduzione nei partner sessuali» a condurre «a una decrescita delle nuove infezioni da Aids», e non una massiccia diffusione del condom. Anzi, uno studio dell’Università di Navarra ha proprio concluso che il tentativo di fermare la diffusione dell’Hiv in Africa ha avuto così poco successo anche a causa dell’insistenza sulla diffusione massiccia del preservativo, dato che esso ha solamente incoraggiato un numero significativo di persone ad intraprendere rapporti sessuali multipli, aumentando le probabilità di infezione.

    Il tutto è stato confermato da Edward C. Green, direttore dell’AIDS Prevention Research Project al centro Harvard per gli Studi su Popolazione Sviluppo, il quale ha apertamente sostenuto la visione del Papa«Il Papa è corretto, o per metterlo in un modo migliore, la migliore evidenza che abbiamo è di supporto alle dichiarazioni del Papa. C’è un’associazione costante, dimostrata dai nostrl migliori studi, inclusi i “Demographic Health Surveys”, finanziati dagli Stati Uniti, fra una maggior disponibilità e uso dei condoms e tassi di infezioni HIV più alti, non più bassi. Questo può essere dovuto in parte a un fenomeno conosciuto come “compensazione di rischio”, che significa che quando uno usa una ‘tecnologia’ a riduzione di rischio come i condoms, spesso perde il beneficio (riduzione di rischio) “compensando” o prendendo chances maggiori di quelle che uno prenderebbe senza la tecnologia di riduzione del rischio». E infatti lo stesso Green ha cambiato completamente posizione dichiarando nel 2009«Diffondevo contraccentivi in Africa. Oggi dico che solo la fedeltà coniugale batterà l’Aids».

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    00 15/03/2012 22:04

    Nuova ricerca: il preservativo ha aumentato l’AIDS, la fedeltà e l’astinenza no

    Il fatto che la Chiesa, opponendosi alla diffusione massiccia del preservativo, promuovi la diffusione dell’AIDS è un altro luogo comune molto diffuso. Tuttavia anche prestigiose riviste mediche come The Lancet, hanno rilevato l’efficacia della strategia ABC: “L’astinenza”, “la fedeltà” e il preservativo, in caso di inadempienza dei primi due. La Chiesa chiede di non concentrarsi esclusivamente su quest’ultimo aspetto, ma di privilegiare l’educazione dei comportamenti.

    Matthew Hanley, ricercatore in Sanità Pubblica alla Emory University di Atlanta (USA) ed esperto in bioetica, con diretta esperienza sul campo in diversi paesi africani, ha recentemente pubblicato per l’American Public Health una relazione intitolata “The Catholic Church and the Global AIDS Crisis”, in cui quantifica il numero di infezioni che avrebbero potuto essere evitate in Africa se si fossero attuate politiche per promuovere l’astinenza e la fedeltà, piuttosto che attuare politiche per la distribuzione di massa di preservativi. Poiché la malattia è stata identificata nella metà degli anni Ottanta, si stima che abbia ucciso 25 milioni di persone in tutto il mondo, e oggi ci sono 65 milioni di portatori del virus.

    «Non nascondiamolo: le politiche di distribuzione del condom non sono riuscite a invertire il segno delle epidemie più gravi in ​​Africa, quello che è servito è stato cambiare i comportamenti», ha detto Hanley. «I funzionari della sanità pubblica dovrebbero riconoscere questo. Ma la maggior parte di essi rifiutano gli approcci basati sul comportamento e prediligono soluzioni tecniche, come il preservativo». Eppure, tra il 1991 e il 2001 l’Uganda è riuscita a ridurre del 10% il numero di persone infette, seguendo un programma basato su “fedeltà” e “castita” e senza alcuna distribuzione del condom. Tuttavia, quando le agenzie mediche hanno insistito sul fatto i fondi sarebbero dovuti essere applicati per la distribuzione di preservativi, il numero di casi è aumentato di nuovo (cfr. Religion En Libertad. La Chiesa rimane il più grande fornitore unico di assistenza sanitaria e sostegno per coloro che soffrono di malattie correlate all’AIDS in tutto il mondo.

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    Coordin.
    00 01/08/2012 23:47

    Aumentano malattie sessualmente trasmissibili, fallimento del condom

    L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha avvertito che «milioni di persone sono affette da gonorrea e sono a rischio di rimanere a corto di opzioni di trattamento a meno che venga approvato un intervento urgente», questa è la frase con cui ha messo in guardia da un’espansione mondiale di un ceppo di gonorrea resistente ai farmaciI Paesi coinvolti sono sopratutto Australia, Francia Giappone, Norvegia, Svezia e Regno Unito, e «i dati disponibili mostrano solo la punta di un iceberg», secondo Manjula Lusti-Narasimhan, ricercatrice dell’OMS.  Dai dati pubblicati si è anche scoperto che esiste una ripresa generale nel mondo occidentale di malattie sessualmente trasmissibili (MST).  Riferendosi alle quattro più frequenti (sifilide, gonorrea, clamidia e trichomonas vaginalis), vengono diagnosticate quasi 450 milioni di nuovi casi all’anno.

    Certamente a contribuire a questa ripresa è anche la diffusione nel mondo occidentale deicomportamenti omosessuali e bisessuali: nella comunità LGBT del Regno Unito, ad esempio, il numero di casi di gonorrea è cresciuto, rispetto all’anno passato, del 61%, mentre la clamidia e la sifilide sono aumentate del 48 e 25%, secondo l’Agenzia ingleseper la Protezione della Salute. Secondo uno studio del Department of Health and Mental Hygiene di New York, gli omosessuali hanno 140 volte più probabilità di avere una nuova diagnosi di HIV e sifilide rispetto agli uomini eterosessuali.  Un secondo studio ha inoltre suggerito che le persone con comportamento omosessuale o bisessuale sono unpotenziale ponte di trasmissione del virus HIV verso la popolazione generale femminile.

    Al di là del problema dell’omosessualità, questo continuo aumento di malattie sessualmente trasmissibile dimostra quanto sia insufficiente ed inadeguata la massiccia diffusione di preservativi, usata come unica risposta a queste problematiche. E’ evidente che non c’è un interesse (economico, sopratutto) ad offrire risposte differenti, e per questo è nato un polverone immenso quando Benedetto XVI ha detto la verità(riferendosi all’Africa, ma valido per tutti i Paesi): «non si può superare questo problema dell’Aids solo con soldi, pur necessari [...], non si può superarlo con la distribuzione di preservativi: al contrario, aumentano il problema. La soluzione può essere solo duplice: la prima, una umanizzazione della sessualità, cioè un rinnovo spirituale e umano che porti con sé un nuovo modo di comportarsi l’uno con l’altro; la seconda, una vera amicizia anche e soprattutto per le persone sofferenti, la disponibilità, anche con sacrifici, con rinunce personali, ad essere con i sofferenti».

    Per questo un gruppo di epidemiologi e medici ha affiancato il Papa parlando di«visione realista» del problema, per questo il Dr Edward Green, direttore della Harvard HIV Prevention Research Project ha affermato«quando il Papa ha detto che la risposta sta proprio nella fedeltà e nella monogamia, questo è esattamente quello che abbiamo trovato empiricamente». Gli studi suggeriscono che «con la promozione intensiva del preservativo, in realtà le persone aumentano il numero di partner sessuali», è l’effetto della “compensazione del rischio” che rende totalmente controproducente la distribuzione di preservativi. Le indagini mostrano anche che nei Paesi africani a maggioranza cattolica, vi sia anche un minor tasso di AIDS e non è un caso che l’Università di Harvard abbia premiato una suora, Miriam Duggan, per aver sconfitto l’AIDS in Uganda (senza condom).

    La vera risposta all’AIDS al di fuori dell’Occidente è quella di permettere l’accesso gratuito alle cure, come più volte chiesto dal card. Tarcisio Bertone e dallo stesso Benedetto XVI. In Occidente, invece, occorre capire un concetto molto semplice: non è «possibile eliminare una malattia legata spesso ai comportamenti, senza cambiare i comportamenti stessi», come ha spiegato l’epidemiologo Carlo-Federico Perno direttore dell’Unità di Virologia Molecolare al Policlinico Universitario Tor Vergata. «Il problema non è l’AIDS», ha proseguito, «ma che l’AIDS è l’epifenomeno di un problema ben più ampio, legato primariamente ad una visione positivista e libertaria» della sessualità. Ecco dunque che ritornano le parole del Pontefice: «La soluzione» è «una umanizzazione della sessualità» e non tanto la distribuzione massiccia di palloncini in lattice.

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    00 10/08/2016 11:59

    di Andreas Hofer

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    La cosa incantevole di questa giovane scrittrice, blogger, terapeuta e insegnante, è che le domande che pone sono sempre di più delle risposte che dà. Eppure queste sono molte, spesso spiazzanti, quasi sempre controtendenza: il “segreto”, per così dire, sta forse nella formazione filosofica della Hargot, che non approccia il sesso quale quintessenza e fine della vita umana, bensì come orizzonte privilegiato in cui si manifesta il mistero della persona umana.

    Thérèse Hargot è una giovane sessuologa belga (nata nel 1984) con una laurea in filosofia e un master in scienze sociali alla Sorbona. Sposata, con tre figli, Thérèse ama sfidare la vulgata corrente. È fermamente convinta che la rivoluzione sessuale abbia apportato una liberazione senza libertà sicché, in luogo di renderci più liberi, ci ha fatti transitare da una obbedienza all’altra. In particolare la cosiddetta «liberazione sessuale» ha asservito il corpo della donna.

    È quanto espone in Une jeunesse sexuellement libérée (ou presque) [Una gioventù sessualmente liberata (o quasi)], arrivato a vedere 15 mila copie. Nel libro, uscito a febbraio in Francia (è in corso la traduzione italiana per Sonzogno), la Hargot si sofferma sull’influenza della liberazione sessuale sul nostro rapporto col sesso. È forte la sua critica al sesso tecnicizzato, igienizzato, ridotto alla combinazione meccanica dei corpi. Il paradosso, dice la sessuologa belga, è che la sessualità non è mai stata tanto «normata» come nel nostro tempo per via del combinato disposto tra il culto della performance (imposto dall’industria pornografica) e l’ansietà derivata da una morale igienista.

    Fondamentalmente, confessa a «Le Figaro», è cambiato soltanto il nostro modo di relazionarsi alle cose del sesso: «Se la norma è cambiata, il nostro rapporto con la norma è lo stesso: restiamo all’interno di un rapporto di dovere. Siamo semplicemente passati dal dovere di procreare a quello di godere. Dal «non bisogna avere relazioni sessuali prima del matrimonio» al «bisogna avere relazioni sessuali il prima possibile». Una volta la norma era dettata da un’istituzione, principalmente religiosa, oggi è dettata dall’industria pornografica. La pornografia è il nuovo vettore normativo nel campo della vita sessuale».

    La differenza è che la norma ora è stata interiorizzata, individualizzata. «Mentre un tempo le norme erano esteriori e esplicite, oggi sono interiorizzate e implicite. Non abbiamo più bisogno di una istituzione che ci dica quello che dobbiamo fare, l’abbiamo assimilato da soli. Non ci viene più detto esplicitamente quand’è che dobbiamo avere un figlio, ma tutte abbiamo compreso molto bene il «momento buono» per essere madri: soprattutto non troppo presto, e quando le condizioni finanziarie sono favorevoli. È quasi peggio: siccome ci crediamo liberati, non abbiamo più coscienza d’essere sottomessi a delle norme».

    Ma quali sono le coordinate psicologiche disposte dalla nuova normatività sessuale? «La novità», risponde la Hargot, «sono le nozioni di performance e di successo, che si sono insediate al centro della sessualità. Questo tanto per il godimento quanto per il nostro rapporto con la maternità: bisogna essere una buona madre, crescere bene il proprio bebé, essere una coppia di successo. E chi dice performance e efficacia dice angoscia di non farcela. Questa angoscia crea della disfunzioni sessuali (perdita dell’erezione, ecc.). Abbiamo un rapporto molto angosciato con la sessualità, perché siamo costretti ad avere successo».

    Questa nuova normatività nelle cose del sesso tocca tanto gli uomini quanto le donne, ma in maniera differente. Non si esce dagli stereotipi: «l’uomo dev’essere performante nel suo successo sessuale, la donna nei canoni estetici».

    La norma si trasmette sotto forma di discorso igienista, andato a sostituire la vecchia morale di un tempo. Si fomenta così una psicologia individuale straziata, oppressa dalla simultanea presenza del piacere e della paura. Il sesso è piacere, ma è anche un sesso pericoloso, che infetta e uccide, attenta alla vita fisica: «L’AIDS, le malattie veneree, le gravidanze indesiderate: siamo cresciuti, noi nipoti della rivoluzione sessuale, con l’idea che la sessualità fosse un pericolo. Ci dicono che siamo liberi e nello stesso tempo che siamo in pericolo. Ci parlano di «sesso sicuro» e di preservativo, abbiamo sostituito la morale con l’igiene. Cultura del rischio e illusione della libertà, questo è il cocktail liberale che ormai si è imposto anche nel campo della sessualità. Questo discorso igienista è molto ansiogeno. E inefficace: si trasmettono sempre numerose malattie veneree».

    Come sessuologa, Thérèse lavora a stretto contatto con gli studenti liceali, in un’età della vita particolarmente esposta all’immaginario diffuso dall’industria pornografica. Negli adolescenti, osserva, «la cosa più significativa è l’influenza della pornografia sul loro modo di concepire la sessualità. Con lo sviluppo delle tecnologie e di internet, la pornografia viene resa estremamente accessibile e individualizzata. A partire dalla più giovane età, condiziona la loro curiosità sessuale: a 13 anni ci sono ragazzine che mi domandano cosa ne penso delle cose a tre. Più in generale, al di là dei siti pornografici, possiamo parlare di una «cultura porno» presente nei videoclip, nei reality, nella musica, nella pubblicità, ecc.».

    Sulla psiche dei più piccoli poi l’impatto della pornografia è devastante: «Come può un fanciullo», si chiede la sessuologa belga, «accogliere queste immagini?». A questa età si è davvero «in grado di distinguere tra la realtà e le immagini?». La risposta è un no senza appello alla sessualizzazione precoce: «La pornografia sequestra l’immaginario del bambino senza lasciargli il tempo di sviluppare le proprie immagini, le proprie fantasie. Crea un grande senso di colpa per il fatto di sperimentare una eccitazione sessuale attraverso delle immagini e crea anche una dipendenza, perché l’immaginario non ha avuto il tempo di svilupparsi».

    therese-hargot

    La sedicente «liberazione sessuale», si legge nel suo libro, sembra non ridursi ad altro che a questo: «Essere sessualmente liberi, nel ventunesimo secolo, vuol dire avere il diritto di fare del sesso orale a 14 anni». Siamo in diritto di chiederci se una simile «liberazione» non si sia in realtà ritorta contro la donna. La Hargot ne è fermamente convinta: «La promessa «il mio corpo mi appartiene» si è trasformata in «il mio corpo è disponibile»: disponibile per la pulsione sessuale maschile, che non è ostacolata in nulla. La contraccezione, l’aborto, il «controllo» della procreazione non pesano che sulla donna. La liberazione sessuale ha modificato solo il corpo della donna, non quello dell’uomo. Con la scusa di liberarla. Il femminismo egualitario che bracca i «macho» vuole imporre nello spazio pubblico un rispetto disincarnato della donna. Ma è nell’intimità, e specialmente nell’intimità sessuale, che si vanno a ristabilire i rapporti di violenza. Nella sfera pubblica si esibisce rispetto per le donne, in privato si guardano film porno dove le donne sono trattate come oggetti. Introducendo la guerra dei sessi, in cui le donne si sono messe in competizione diretta con gli uomini, il femminismo ha destabilizzato gli uomini, che ristabiliscono il dominio nell’intimità sessuale. Il successo della pornografia, che rappresenta spesso atti di violenza verso le donne, il successo del revenge-porn e diCinquanta sfumatura di grigio sono lì a testimoniarlo».

    Thérèse Hargot è fortemente critica anche della «morale del consenso», per la quale ogni atto sessuale va considerato un atto libero nella misura in cui è «voluto». Secondo un diffuso senso comune, oggi il consenso individuale è il solo criterio che permette di distinguere il bene dal male. Je consens, donc je suis, dice Michela Marzano: acconsento, dunque sono.

    Questo nuovo «cogito» permissivo induce gli adulti ad abdicare alla loro funzione educativa e con la sua estensione indiscriminata mette in serio pericolo l’infanzia: «Coi nostri occhi di adulti, tendiamo talvolta a considerare in maniera tenera la liberazione sessuale dei più giovani, meravigliati dalla loro assenza di tabù. In realtà subiscono delle enormi pressioni, non sono affatto liberi. La morale del consenso in linea di principio è qualcosa di giustissimo: si tratta di dire che siamo liberi quando siamo d’accordo. Ma abbiamo esteso questo principio ai bambini domandando loro di comportarsi come degli adulti, capaci di dire sì o no. Ora, i bambini non sono capaci di dire no. Nella nostra società c’è la tendenza a dimenticare la nozione di maturità sessuale. È molto importante. Al di sotto di una certa età riteniamo che vi sia una immaturità affettiva che non rende capaci di dire «no». Non c’è consenso. Bisogna davvero proteggere l’infanzia».

    Andando controcorrente, la giovane sessuologa arriva ad esaltare i metodi naturali, biasima il discorso femminista e la medicalizzazione del sesso indotta dalla pillola. Quest’ultima viene elevata a «emblema del femminismo, un emblema della causa delle donne». Ma della bontà di un simile feticcio, afferma tranchant, «c’è da dubitare, visti gli effetti sulla salute delle donne e sulla loro sessualità! Sono le donne che vanno a modificare il proprio corpo, e mai l’uomo. È una cosa completamente iniqua. È in questa prospettiva che mi interessano i metodi naturali, perché sono i soli a coinvolgere equamente l’uomo e la donna. Sono basati sulla conoscenza che le donne hanno del loro corpo, sulla fiducia che l’uomo deve avere nella donna, sul rispetto del ritmo e della realtà femminili. Lo trovo in effetti molto più femminista che non distribuire un medicinale a donne in perfetta salute! Facendo della contraccezione una faccenda unicamente femminile, abbiamo deresponsabilizzato l’uomo».

    Non fa eccezione a questo quadro la pratica dell’utero in affitto, «perché sopprimere la madre sarebbe l’ultima tappa del dominio maschile», osserva la sessuologa-filosofa. Con la Gpa «un uomo può creare la vita senza una donna. Certo, ha ancora bisogno del «corpo femminile», ma non si tratta più di una donna, cioè di una persona umana che per principio non può essere utilizzata come un mezzo, quali che siano il fine e le modalità. Dopo il sesso con la prostituzione, le ovaie con la riproduzione artificiale, l’utero è l’ultimo bastione conquistato dalla volontà di disporre del corpo delle donne. La sottomissione delle donne a scopi commerciali o caritatevoli tocca il suo apogeo. Da madre diventa operaia, da donna diventa serva che risponde ai comandi e alle esigenze di coloro a cui appartiene il progetto di paternità».

    Si tratta di un ritorno puro e semplice alla sottomissione precedente alle conquiste del femminismo? «In una certa maniera sì», replica la Hargot, ma è altrettanto vero che «senza il femminismo alla Simone de Beauvoir il ragionamento ideologico della «gestazione per altri» non sarebbe stato possibile». È stato questo femminismo ideologico a «fornire armi e strumenti propri a una logica liberale incontrollabile. Per arrivare qui c’è voluta la contestazione per separare il corpo dallo spirito, per denigrare le esperienze carnali a vantaggio dell’espressione onnipotente della volontà. Riducendo la riproduzione al suo carattere animale, negando l’esperienza umana e spirituale che essa porta in germe e a cui può addivenire, questa ha perduto il suo carattere sacro. Il corpo non è più che una cosa esteriore alla persona. Dopo essere stato frazionato, il corpo può ormai essere dato in prestito, può essere acquistato, affittato o venduto in parti di ricambio e secondo le esigenze di servizio. Le donne escono così dalla riproduzione per entrare in un rapporto di produzione, col rischio di vedere legittimato, generalizzato e istituzionalizzato lo sfruttamento del corpo. L’esito di questo femminismo che ha dimenticato l’essenziale si ritorce oggi in primo luogo contro le donne stesse: l’affascinante vittoria della volontà lascia intravedere un mondo disumanizzato in cui il valore della persona dipende solo dalla sua utilità».

    Sulla questione dell’omosessualità, che oggi tormenta alquanto gli adolescenti, Thérèse ricorda quanto sia riduttivo identificare la persona con un orientamento sessuale: «“Essere omosessuale” è anzitutto una battaglia politica. In nome della difesa dei diritti sono state riunite sotto una stessa bandiera arcobaleno delle realtà diverse che non hanno niente a che vedere le une con le altre. Chiunque dica di “essere omosessuale” ha un vissuto differente, che si inscrive in una storia differente. È una questione di desideri, di fantasie, ma non è per niente una identità propriamente detta. Non bisogna porre la questione in termini di essere, ma in termini di avere. La questione ormai ossessiona gli adolescenti, costretti a scegliere la loro sessualità. La visibilità del «coming out» interroga molto gli adolescenti che si domandano «come si fa a sapere se uno è omosessuale, come sapere se lo sono?». L’omosessualità fa paura, perché i giovani si dicono «se lo sono, non potrò mai ritornare indietro». Definire le persone come «omosessuali» vuol dire generare dell’omofobia. La sessualità non è un’identità. La mia vita sessuale non determina chi sono».

    Che fare dunque con i giovani? Bisogna aiutarli a svilupparsi sessualmente, magari coi soliti corsi di educazione sessuale? «Non bisogna insegnare agli adolescenti a svilupparsi sessualmente», replica ferma. Piuttosto «bisogna insegnare ai giovani a diventare uomini e donne, aiutarli a sviluppare la propria personalità. La sessualità è secondaria in rapporto alla personalità. Invece che parlare ai ragazzi di profilattici, di contraccezione e di aborto bisogna aiutarli a costruirsi, a sviluppare una stima di sé. Bisogna creare uomini e donne che possano essere capaci di entrare in una relazione reciproca. Non occorrono dei corsi di educazione sessuale, ma dei corsi di filosofia!».


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    00 10/08/2018 11:30

    Infelicità e disturbi: il fallimento della rivoluzione sessuale



    Woodstock 1969Un paio di anni fa su Newsweek si è parlato della nuova sindrome occidentale: la “sex addiction epidemic”, epidemia di dipendenza da sesso. Siamo una società malata di sesso, una “nuova schiavitù” che affligge in modo grave –secondo la “Society for the Advancement of Sexual Health”– nove milioni di americani, quasi il 5% della popolazione, e quaranta milioni che accedono quotidianamente a siti hard.


    Per curare questo nuovo disturbo comportamentale, paragonato all’alcol e alla droga, oggi l’America impiega oltre 1500 “terapisti del sesso”, contro meno di cento di un decennio orsono. Il critico letterario Marco Belpoliti ha citato innumerevoli saggi che stanno «analizzano il tramonto dell’eros e il trionfo del porno nella nostra società, preda dell’ansia da prestazione». Secondo Zygmunt Bauman, ad esempio, «nella età postmoderna l’erotismo si è svincolato sia dalla funzione della riproduzione, come dall’amore, sin qui cardine dell’esperienza umana. La ricerca del piacere sessuale è assurta a norma culturale come un tempo accadeva per l’amore, dai provenzali ai romantici. L’effetto è che oggi l’erotismo ha acquistato uno spessore che non aveva in precedenza, ma al tempo stesso possiede un’inedita leggerezza e volatilità propria dei nostri tempi». La rivoluzione sessuale ha portato al borghese impero economico della pornografia, «è stata depositata davanti all’uscio delle forze di mercato» (Bauman). E «l’ansia di cui soffre una gran parte della popolazione occidentale, con punte di depressione endemica, è uno degli effetti» di tutto questo. «Il destino, cui ci affida il sesso postmoderno, è quello della nevrosi psichica, con vantaggi inevitabili per tutti gli addetti alla nostra psiche, che oramai sono tanti». Bella conquista del progresso, davvero. 


    A farne le spese sono sempre in misura maggiore gli adolescenti, come spiega lo psicoanalista Luigi Ballerini, commentando i dati di un’inchiesta condotta da Aied per cui il 94% delle ragazze fra i 14 e i 16 anni ha già avuto un rapporto sessuale. In Francia, ad esempio, è scattato da tempo l’allarme per l’ipersessualizzazione delle bambine, le “lolite” di 8 anni truccate e vestite come donne-sexy, mentre negli Stati Uniti 220.000 ragazze di età inferiore ai 18 anni hanno fatto la chirurgia al seno.


    Lucetta Scaraffia, docente di Storia Contemporanea presso l’Università La Sapienza, ha recensito uno degli innumerevoli libri in cui emerge il disturbo comune della civiltà post-rivoluzione sessuale: «il sesso sembra essere diventato, per tutti, l’unica e vera ossessione. Dentro e fuori il matrimonio. Senza sesso il rapporto non esiste più, non ha alcuna altra ragione di esistere. Tutti sono alla ricerca disperata di una razione di piacere, considerata condizione indispensabile per vivere. Ma chi patisce di più questa situazione sono le donne, più refrattarie ad adattarsi a questo modello di vita, anche se pensano che sia indispensabile per vivere una vita sociale normale. La promessa di felicità per tutti, implicita nell’utopia che ha mosso la rivoluzione sessuale, non poteva trovare smentita più clamorosa».


    La sociologa Eva Illouz, dell’Università ebraica di Gerusalemme ha invece riflettuto sulle conseguenze etiche della rivoluzione femminista: «La libertà sessuale ha un aspetto che spesso non si vuol vedere: si strumentalizza l’altro. L’altro diventa un mezzo per il mio piacere. È quello che Kant ci vietava: trattare l’altro come un mezzo. Inoltre rende più difficili virtù tradizionali quali la costanza, la lealtà, la capacità di sacrificarsi. Weber è il primo sociologo ad averci resi diffidenti di fronte alla libertà moderna, dicendo che è anche una “gabbia di ferro”. La sua visione della modernità ha una struttura tragica. Weber ha la sensazione che si siano perse cose che non si potranno più recuperare e che ci si debba rassegnare, stoicamente, a tale perdita».


    Recenti studi hanno proprio mostrato la falsità di questa vulgata corrente, nata con la rivoluzione sessuale: maggior disinibizione sessuale significa maggior felicità. Sul “Journal of Sex Research” (giugno 2013) è stato mostrato che è tutto il contrario: quelli che hanno più rapporti sporadici hanno minor senso di soddisfazione e maggior rischio di stress psicologico. La colpa è della società sesso-centrica, che rende sempre meno desiderabile e fattibile ogni futuro di costruzione sociale familiare, amicale. Infatti la rivoluzione degli ultimi 50 anni non è “più sesso facile”, ma “più famiglia difficile”, cioè più disimpegno e fuga dalla vita, come ha spiegato il bioeticista Carlo Bellieni. «E i giovani scappano via, soffocati tra una educazione sessuale ridotta a insegnare solo tecniche per non far figli e un moralismo incantato a ripetere quello che non si deve fare».


    Il problema è stato, ha spiegato lo psicoanalista Ballerini, di aver «sopravvalutato, ingigantito, ipertrofizzato» la questione sessuale. «Ci si pensa troppo, è avvenuta un’invasione del pensiero come un tranquillo e pacifico villaggio investito da un’orda di barbari. In altre parole, ci si è fissati su “quello” e il circolo diventa vizioso a tutti gli effetti: tanto più c’è fissazione tanto più c’è ricorso allo stimolo che la mantiene viva, uno stimolo che di per sé non basta mai. Siamo pronti a scandalizzarci per i più giovani, ma noi adulti siamo davvero messi meglio? Non viviamo forse anche noi della stessa sopravvalutazione, di un pansessualismo culturale che colonizza le menti? È accaduto che siamo caduti in una trappola, abbiamo creduto alla favola del Sesso come un astratto e potente padrone, il quale peraltro resta così solo finché lo si ritiene tale; abbiamo abbandonato il dato di realtà che invece esistono i sessi, ossia quella diversità biologica che introduce una dissimmetria nel rapporto rendendolo interessante e fruttuoso, senza alcun obbligo o comando all’uso degli organi. Siamo stati noi a crederci per primi e per contagio abbiamo trasmesso ai figli questa idea che esista un potere astratto chiamato sesso capace di guidarci e portarci a spasso come un cagnolino».


    Come risvegliarci dunque? «Bisogna ripartire dal corpo come luogo del rapporto con l’altro, un corpo animato in cui ogni senso è al servizio della soddisfazione che è sempre reciproca, perché condivisa. Un corpo che mangia, beve, corre, pensa, scrive, si diverte, studia, si stanca, sempre insieme a un altro, che sia realmente presente o in attesa del quale. E nel caso, a suo tempo, potrà sì anche fare l’amore con un altro, ma non nel despotico isolamento di un atto che pretende di farsi tutto».

    fonte: https://www.uccronline.it/2013/08/06/infelicita-e-disturbi-il-fallimento-della-rivoluzione-sessuale-2/


    [Modificato da Credente 10/08/2018 11:31]
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    Credente
    00 10/08/2018 11:34

    Eva Illouz: «la rivoluzione sessuale ha ucciso l’amore»



    Perché l'amore fa soffrire“…se mi fossi trovato tra quei popoli che si dice vivano ancora nella dolce libertà delle primitive leggi della natura, ti assicuro che ben volentieri mi sarei qui dipinto per intero, e tutto nudo.”. Montaigne già alla fine del 500 invitava gli uomini ad abbandonare le leggi morali occidentali, e quindi fondamentalmente cristiane, a favore delle leggi naturali degli uomini primitivi.


    Giunti nel XXI secolo non siamo molto lontani dalla sua proposta. I mores ( i costumi quotidiani ) negli ultimi decenni si sono affrancati dalle regole comportamentali vigenti. La tendenza è ormai quella di permettere tutto ciò che l’uomo desidera: dai matrimoni omosessuali (si veda la Francia come ultimo esempio) alle inversioni di gender, dalle nozze poligame ai partiti per la liberalizzazione della pedofilia. Stiamo realmente esaudendo il desiderio di quel grande pensatore, stiamo permettendo che l’uomo, che grazie alla ragione aveva conquistato le più alte vette del sapere, si “depauperizzi”, si svuoti delle pur minime regole morali.


    Ma siccome, come dice il proverbio, “le bugie hanno le gambe corte”, uno dei “traguardi” della modernità sta mostrando qualche iniziale crepa. Stiamo parlando della cosiddetta “rivoluzione sessuale”, scoppiata nel 68’, che tentò di liberare gli uomini del XX secolo dalla schematicità morale che fin da fine 800’ la società occidentale aveva instaurato. Sigmund Freud , come ha ricordatola storica Lucetta Scaraffia, fu il pioniere di questo cambiamento: il ricondurre ogni nostra frustrazione psichica e mentale alla repressione sessuale fu il primo grande impulso che questo “grande” pensatore diede alla “liberazione sessuale”. “… insisteva sulla naturale libertà sessuale dei primitivi, contrapposta alla morale repressiva in cui noi occidentali di matrice cristiana eravamo costretti a vivere.” Questa e altre scienze umane posero i pilastri sui quali fondare i cambiamenti che aleggiavano sulla cultura europea e americana.


    Svincolando il rapporto sessuale dalla riproduzione si è tentato di rendere gli uomini liberi sul paino sessuale. Si credeva che in questo modo finalmente anche il sesso femminile sarebbe stato reso libero come quello maschile di ricercare il piacere nella vita sessuale. Ma il risultato è stato, se vogliamo, ancora peggiore: il libero amore è divenuto mercificabile, si è permesso agli uomini di strumentalizzare questo piacere tanto da farlo diventare una dei mercati più proficui dell’intero globo. La depauperizzazione della persona ha raggiunto abissi inimmaginabili: lo scopo dei giovani ormai è quello di realizzare una “conquista” che possa portare a quel temporaneo godimento, che poi lascia l’uomo ancora più insoddisfatto, ma nello stesso tempo insinua la concezione che ormai “l’altro da me” sia solo uno strumento, un “usa e getta” comodo per i miei desideri.


    Ora questi sono fatti comuni e osservabili da chiunque. Ma è in arrivo in Italia un libro della studiosa israeliana Eva Illouz, “Perché l’amore fa soffrire”, il Mulino, che analizza da un punto di vista scientifico questo grande fallimento sessantottino. La studiosa esamina il rapporto amoroso eterosessuale dell’Occidente dagli inizi del 900’ fino ad oggi, come recensito da Massimo Introvigne. I dati confermano il crollo della morale tradizionale: il matrimonio è stato devastato da una parte dal divorzio, che ormai ha sfaldato ogni concezione tradizionale di famiglia, e dall’altra dall’introduzione delle coppie non sposate, che non mostrano alcun interesse verso la stabilità matrimoniale.


    Tutto questo è ormai risaputo, ciò su cui la Illouz ha messo luce è che la propagandata liberazione sessuale non ha realmente liberato l’uomo, e soprattutto la donna, anzi lo ha reso più disilluso e disperato. L’aspetto più affrontato dalla sociologa riguarda soprattutto il sesso femminile (la Illouz è femminista ), illusosi negli anni 60’. Bombardata dai modelli ideali creati dai mass media e dalle industrie dei cosmetici, la donna è sottoposta a incessante stress, nel tentativo di raggiungere quella bellezza ideale che il mondo d’oggi continua a comunicare.


    Nonostante ci siano più possibilità, frutto dalla tecnologia, che permettano agli uomini di interagire e conoscersi, le donne non hanno smesso di desiderare i figli e di avere una famiglia. Solo che adesso sono gli uomini quelli che non la desiderano, anzi son quelli che hanno veramente realizzato la rivoluzione sessuale, trasformando il rapporto sessuale in merce di scambio. Così le donne rimangono bloccate nei loro desideri insoddisfatti, famiglia e figli, e per di più si sentono costrette a riconsiderare, adattandosi psicologicamente e fisicamente, sé stesse secondo i canoni del mondo, perdendo fiducia in se stesse.


    Questo è il risultato a cui portano le ricerche della Illouz, che come femminista riconosce il fallimento dell’ideologia sessuale sessantottina. E’ nel dialogo, conclude l’intervista della sociologa al quotidiano La Croix, tra le diverse parti sociali, tra mentalità laiche e religiose, che si può tentare di realizzare la vera liberazione della persona. Tra le componenti tradizionali e quelle moderne si può tentare di svincolare gli uomini da queste sovrastrutture (siano sociali o psicologiche) e così permettere all’uomo e alla donna di essere se stessi, liberi.

    fonte: https://www.uccronline.it/2013/10/04/eva-illouz-la-rivoluzione-sessuale-ha-ucciso-lamore/