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La passione corporale di Gesù


Ho scritto queste considerazioni il giorno della Circoncisione del 1940.

Se esiste una leggenda radicata negli animi, essa è quella della durezza di cuore dei chirurghi : si dice che l'assuefazione affievolisce le sensazioni e che questa abitudine, sorretta dalla necessità d'un male per un bene, ci riduce in uno stato di serena insensibilità. Nulla di più falso. Se ci irrigidiamo contro l'emozione che non deve manifestarsi e, neppure interiormente, turbare l'atto chirurgico (come il pugile, istintivamente, contrae l'epigastrio dove attende il colpo), la pietà rimane in noi sempre viva ed anzi si affina con l'età. Quando ci si è chinati per anni sulla sofferenza altrui, quando la si è provata in noi stessi, si è certo più vicini alla compassione che all'indifferenza, poiché si capisce meglio il dolore e se ne conoscono meglio le cause e gli effetti.

Così un chirurgo, quando ha meditato sulle sofferenze della Passione, ne ha analizzato i tempi e le circostanze fisiologiche e si è sforzato di ricostruire metodicamente tutte le tappe di questo martirio di una notte e di un giorno, può, meglio del più eloquente predicatore, meglio del più santo degli asceti (a parte coloro che ne ebbero la visione diretta, e ne furono annientati), prender parte alle sofferenze del Cristo. Vi assicuro che è abominevole: per parte mia, sono giunto a non più osare di pensarvi. Sarà viltà, senza dubbio, ma ritengo che si debba avere una virtù eroica o non capire, che si debba essere santi o incoscienti, per poter fare una « Via Crucis ».

Quanto a me, non lo posso fare più.

Ed è tuttavia questa « Via Crucis » che sono stato pregato di scrivere : ed io non voglio rifiutarmi, certo che essa farà del bene. O bone et fluidissime Jesu aiutatemi. Voi che le avete sopportate, fate che io sia in grado di descrivere queste Vostre sofferenze. Forse, sforzandomi di rimanere obiettivo, opponendo all'emozione la mia « insensibilità » di chirurgo, potrò giungere sino in fondo. Se singhiozzerò prima della fine, mio povero amico che leggi, fa come me senza vergogna; vorrà soltanto dire che avrai capito. Seguimi dunque : abbiamo per guida i testi sacri e la Santa Sindone, il cui studio scientifico me ne ha dimostrato l'autenticità.

In realtà la Passione inizia alla Natività, poiché Gesù, nella Sua onniscienza, ha sempre saputo, visto e voluto le sofferenze che attendevano la Sua Umanità. Il primo sangue fu versato per noi nella Circoncisione, otto giorni dopo la nascita. Si può già immaginare che cosa dev'essere per un uomo la previsione esatta del suo martirio.

Di fatto è nel Getsemani che incomincerà l'olocausto. "Gesù, dopo aver dato ai Suoi la Sua carne da mangiare ed il Suo sangue da bere, li conduce con sè di notte, come al solito, nell'orto degli olivi. Li lascia sdraiare presso l'ingresso, conduce un po' più lontano i Suoi tre intimi e si allontana da loro di un tiro di sasso per prepararsi pregando. Sa che la Sua ora è venuta. Egli stesso ha mandato il traditore di Karioth : « quod facis^ fac citius » (ciò che devi, fallo presto -Giov., XIII, 27). Ha fretta di farla finita e lo vuole. Ma poiché ha rivestito, incarnandosi, quella forma di schiavitù che è la nostra umanità, questa si ribella ed inizia la tragedia della lotta tra la Sua volontà e la natura. « Coepit parere et taedere » (Incominciò ad atterrirsi ed attristarsi - marco 14, 33).

Quella coppa che Egli deve bere contiene due amarezze : anzitutto i peccati degli uomini di cui deve caricarsi, Egli il giusto, per redimere i Suoi fratelli, e questa è senza dubbio la prova più dura, una prova che non possiamo immaginare poiché i più santi di noi sono coloro che più vivamente sentono la loro indegnità e la loro infamia. Forse, comprendiamo meglio il prevedere, il soffrire in anticipo le torture fisiche, che Egli subisce già nel pensiero : eppure non abbiamo provato che il brivido retrospettivo delle sofferenze passate. Dev'essere qualcosa di indicibile : « Padre, se vuoi, allontana da me questo calice; però non si faccia la mia ma la tua volontà. - luca, 22, 42). E' qui la Sua Umanità che parla... e che si sottomette, poiché la Sua Divinità sa ciò che vuole da tutta l'eternità : l'Uomo si trova in un punto morto. I Suoi tre fedeli sono addormentati -per la tristezza - dice S. Luca (22, 45). Poveretti!

La lotta è spaventosa : un angelo scende per confortarLo, ma nello stesso tempo per raccogliere, sembra, la Sua accettazione. -Ed entrato in agonia, pregava più intensamente : e diede in un sudore, come di grumi di sangue che cadevano sino a terra. -luca, 22, 44). Si tratta del sudor di sangue che alcuni esegeti razionalisti, subodorando qualche miracolo, hanno interpretato come simbolico. E' curioso constatare quante bestialità questi materialisti moderni possono dire in materia scientifica. Sottolineiamo che il solo Evangelista che riporta il fatto è un medico. Ed il nostro venerato collega Luca, medìcus carissimus, (Epist. di S. Paolo ai Colossesì), lo fa con la precisione e concisione d'un buon clinico. L'ematoidrosi è un fenomeno rarissimo ma esattamente descritto. Essa si produce, come scrive il Dott. Le Bec, « in condizioni particolissime: una spossatezza fisica accompagnata da una scossa morale, conseguenza di una profonda emozione, di una grande paura » (Le supplice de la d'oix, Parigi, 1925, loc. cit.) et coepit pavere et taedere). Il terrore, lo spavento e la scossa morale sono qui al massimo grado. E' ciò che Luca chiama « agonia » che, in greco, significa lotta ed ansietà. « E diede in un sudore, come di grumi di sangue, che cadevano sino a terra ».


Sal 54, 2 Porgi l'orecchio, Dio, alla mia preghiera, non respingere la mia supplica; 3 dammi ascolto e rispondimi, mi agito nel mio lamento e sono sconvolto 4 al grido del nemico, al clamore dell'empio. Contro di me riversano sventura, mi perseguitano con furore. 5 Dentro di me freme il mio cuore, piombano su di me terrori di morte. 6 Timore e spavento mi invadono e lo sgomento mi opprime. 7 Dico: «Chi mi darà ali come di colomba, per volare e trovare riposo? 8 Ecco, errando, fuggirei lontano, abiterei nel deserto. 9 Riposerei in un luogo di riparo dalla furia del vento e dell'uragano».




A che serve spiegare il fenomeno? Una intensa vasodilatazione dei capillari sottocutanei che si rompono a contatto dei cul di sacco dei milioni di ghiandole sudoripare. Il sangue si mescola al sudore e si coagula sulla pelle, dopo essudazione. Ed è questo insieme di sudore e di grumi, che si raccoglie e discende per tutto il corpo in quantità sufficiente per cadere al suolo. Da notare che questa emorragia microscopica si produce in tutta la pelle, la quale è in tal modo già lesa nel suo insieme, per così dire indolenzita e resa fragile per tutti i colpi futuri. Ma andiamo avanti.

Ecco Giuda ed i servi del Sinedrio, armati di spade e di bastoni e recanti corde e lanterne. Vi è pure la coorte dei soldati del Tempio comandati dal loro tribuno. Ci si è ben guardati dall'avvisare i Romani e la coorte della torre Antonia. Il loro turno non verrà che quando gli Ebrei, dopo aver pronunziato la loro sentenza, cercheranno di farla ratificare dal procuratore. Gesù si fa avanti: una Sua parola basta a far cadere a terra i Suoi aggressori, ultima manifestazione del Suo potere, prima di abbandonarsi alla volontà divina. Il bravo Pietro ne ha approfittato per mozzare l'orecchia di Malco e, ultimo miracolo, Gesù l'ha riattaccata.

Ma la turba urlante s'è ripresa, ha legato il Cristo e lo conduce, senza riguardi, lo si può credere, non curandosi dei personaggi di secondo piano. E' l'abbandono, almeno apparente. Gesù sa che Pietro e Giovanni lo seguono di lontano marco, 15, 54; Giov., 19, 15) e che Marco non scamperà all'arresto se non fuggendosene nudo, dopo aver lasciato nelle mani delle guardie il lenzuolo che lo copriva.

Ed eccoli davanti a Caifa ed al Sinedrio. E' notte fonda: non può trattarsi che di una istruttoria preliminare. Gesù rifiuta di rispondere : ha predicato apertamente la Sua dottrina. Caifa è disorientato, furioso ed una delle sue guardie, traducendo questo sdegno, da uno schiaffo all'imputato : così rispondi al sommo sacerdote ? - Giov. 18, 22).

Ma questo non è nulla : bisogna attendere il mattino, per poter udire i testimoni. Gesù è trascinato fuori della sala; nel cortile vede Pietro che l'ha rinnegato tre volte e con uno sguardo lo perdona. Lo si trascina in qualche sala sotterranea e la canaglia dei servi se la spasserà sulle spalle di questo falso profeta (debitamente legato), che ancora poco fa li ha gettati a terra con non si sa quale stregoneria. Lo si tempesta di schiaffi, di pugni, gli si sputa sul viso, e poiché non c'è modo di dormire, si cerca di divertircisi un poco. E, velatoGli il volto, ciascuno lo colpisce : gli schiaffi risuonano e questi bruti hanno la mano pesante : « Profetizza : dicci, Cristo, chi ti ha percosso ». Il Suo corpo è già tutto un dolore, la Sua testa rintrona come una campana; Egli è colto da vertigini... e tace. Con una sola parola, potrebbe annientarli « e non aprì bocca -Isaia, 53,7). Questa plebaglia finisce per stancarsi e Gesù attende.


Alle prime luci del giorno, seconda udienza, sfilata pietosa di falsi testimoni che non provano nulla. Bisogna che Egli stesso si condanni, affermando la Sua filiazione divina, e quel volgare istrione di Caifa proclama la bestemmia strappandosi le vesti. Oh, rassicuratevi: questi buoni Giudei prudenti hanno un abito preparato e ricucito leggermente che può servire un gran numero di volte ! Non resta che ottenere da Roma la condanna a morte che essa ha arrogato a sé in questo paese di protettorato.


Gesù, già spossato per la fatica ed indolenzito per i colpi, verrà trascinato all'altro capo di Gerusalemme, nella città alta, alla torre Antonia, specie di cittadella di dove la maestà romana assicura l'ordine nella città troppo agitata per i suoi gusti. La gloria di Roma è rappresentata da un disgraziato funzionario, piccolo romano della classe dei cavalieri, un « arrivato » ben felice di esercitare il comando, tuttavia difficile, su un popolo fanatico, ostile ed ipocrita. Pilato è preoccupato di conservare il suo posto, ma si trova preso tra gli ordini imperativi di Roma e le mene sornione di questi Ebrei, spesso molto in favore presso gli imperatori. Ingomma, si tratta di un pover'nomo. Non ha che una rèligione, se ne sia una, quella del Divus Caesar. E' il prodotto mediocre della barbara civiltà, della cultura materialista. Ma come prendersela con lui? E' come l'hanno fatto: la vita di un uomo ha per lui poco valore, soprattutto se non si tratta di un cittadino romano. La pietà non gli è stata insegnata e non conosce che un dovere : mantenere l'ordine. (A Roma s'immaginano che sia facile!). Tutti questi Ebrei litigiosi, mentitori e superstiziosi, con tutti i loro « tabù » e la loro manìa di lavarsi per nulla, la loro servilità e la loro insolenza e le vigliacche denunce al ministero contro un amministratore coloniale che fa del suo meglio, tutto ciò lo disgusta. Egli lì disprezza... e li teme.

Gesù invece (eppure in quale stato gli compare dinanzi, coperto di ecchimosi e di sputi!), Gesù gli si impone e gli è simpatico; ed egli farà tutto quanto sarà in suo potere per strapparlo alle unghie di questi energumeni : « e cercava di liberarlo - Giov.19, 12).

« Gesù - egli dice - è Galileo : passiamolo a quella vecchia canaglia di Erode che recita la parte del reuccio negro e crede d'essere chi sa chi ». Ma Gesù disprezza quella volpe e non gli risponde verbo. Ed eccolo di ritorno con la turba urlante e quegli insopportabili farisei che schiamazzano in tono acutissimo, agitando le loro barbette. « Odiose queste chiacchiere ! Che restino fuori, visto che si sentirebbero contaminati se entrassero in un pretorio romano! ».