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LO SPLENDORE DEL GLORIOSO VANGELO DI CRISTO

L’oggettività del cristianesimo. Il cristianesimo fonda se stesso sull’oggettività della Parola. La sua forza è nel fare rimanere la Parola fuori dei suoi pensieri. La sua forza è anche quella di trasformare la Parola in carne. La Parola deve rimanere fuori della mente, ma interamente dentro il cuore e nella vita. Deve essere fuori della mente, altrimenti questa la trasforma; deve essere nel cuore e nella vita perché cuore e vita siano trasformati dalla Parola. Questo significa allora che la mente non debba in nessun modo partecipare per una comprensione sempre più grande della verità? Certo che lo può, ad una condizione: che la mente sia illuminata, formata, rischiarata dallo Spirito Santo. Se lo Spirito di Dio illumina la mente, questa comprende secondo verità la Parola di Dio; se invece lo Spirito è assente, perché la Parola non ha trasformato la nostra vita, il nostro cuore, l’operazione della mente è immanente all’uomo, non è trascendente, cioè che essa pensa e dice della Parola non è la comprensione del mistero, è un frutto di se stessa per se stessa, ma non una produzione illuminata verso la pienezza della verità. Ogni cristiano è servo della verità, ascoltatore di essa, non padrone, non despota, né tiranno. La verità è prima del cristiano, è con il cristiano, ma è anche fuori di lui, perché discende dallo Spirito Santo che abita in lui e che gli viene donato dalla Parola che è fuori di lui e che lui deve prima ascoltare. Il cristiano rimane tale finché egli sarà un fedele ricercatore della verità; dal momento che non cerca più la verità, è come se smettesse di essere cristiano; è come se si dimettesse dal suo essere, anche se per sacramento è segnato in eterno, con carattere indelebile, come appartenente a Cristo Signore. Anche l’apostolo del Signore deve rimanere in questo atteggiamento di servo e non di padrone della verità. L’altro, chiunque esso sia, deve poter sempre constatare questa superiorità della verità per rapporto al missionario e per questo è giusto che l’apostolo di Cristo Gesù e ogni suo discepolo non immischino mai la verità in sentimenti e risentimenti personali. Il più grande pericolo che oggi minaccia la Chiesa, le comunità cristiane, è questo asservimento della verità ai sentimenti e ai risentimenti personali. Questo è anche un segno che la verità non abita nel cuore, perché nel cuore abita il peccato. Chi si fa padrone della verità, chi la confonde con i suoi sentimenti e peggio con le sue falsità, attesta dinanzi al mondo intero la sua caduta dalla grazia, la sua lontananza dallo Spirito Santo, il baratro di peccato nel quale egli vive e dal quale pretende governare la verità per sé e per gli altri. La verità è sopra l’uomo, sopra ogni uomo ed essa irrompe nella nostra storia sconvolgendola sempre. Strumenti potenti della verità di Dio sopra la stessa comunità cristiana sono i profeti. Per loro tramite il Signore fa nuovamente risuonare la sua parola, la sua verità e chiama a conversione e a salvezza ogni uomo di buona volontà.
Le decisioni di un cristiano rivelano se Cristo agisce in Lui. Chi vuole sapere se in lui dimora Gesù, abita lo Spirito Santo, vive il Padre celeste, è sufficiente che esamini le sue decisioni, una per una. Chi ama Cristo pensa secondo Cristo, decide secondo Cristo. Chi adora il Padre che è nei cieli compie solo la sua volontà e secondo la sua volontà decide. Chi è tempio dello Spirito Santo sente la sua presenza in Lui e agisce in conformità alla sua mozione, che è sempre invito a decidere secondo saggezza e sapienza soprannaturali. La decisione di un uomo è come il frutto per un albero. Se l’uomo è con Dio deciderà sempre secondo il Vangelo; se invece non è con Dio, le sue decisioni rispecchieranno la mentalità di questo mondo. Con Dio le decisioni sono sempre rivolte al bene, al meglio, al compimento della volontà attuale di Dio; senza di Lui, invece, ogni decisione non può essere che rivolta verso il male, verso l’indifferenza al bene, verso il pensiero che nasce dal cuore dell’uomo. Quanto detto a livello personale, vale anche a livello comunitario, ecclesiale. Vale soprattutto per ogni decisione sia economica, che politica. Basta osservare qual è la moralità di un atto pubblico per conoscere il grado di fede che regna in coloro che lo hanno posto in essere, che lo hanno deciso, stabilito, legiferato. L’uomo di Dio è un attento osservatore del mondo che lo circonda; deve essere un attento osservatore, se vuole sapere chi è colui che gli sta dinanzi e quali strategie usare per predicare il Vangelo della salvezza.
Fu crocifissa la Persona del Figlio di Dio. Quando noi diciamo che Dio è stato crocifisso, non intendiamo che la divinità in sé è stata crocifissa. La divinità essendo purissimo spirito, atto puro in Dio, non può essere soggetta né ai chiodi, né al legno, né al sangue, né ad alcun’altra crudeltà da parte dell’uomo. Neanche può andare incontro alla morte, perché è proprio della divinità l’immortalità. Dio è immortale per natura. Dio però si è fatto uomo, ha assunto la nostra carne. Il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi. Facendosi carne, ha assunto la natura umana in modo irreversibile, indivisibile, inconfondibile, inseparabile. Dal sì della Vergine Maria, Madre della Redenzione, la Seconda Persona della Santissima Trinità esiste come Persona incarnata, esiste come Verbo che si è fatto carne. In quanto Verbo Egli fu crocifisso, in quanto Figlio di Dio lui è morto. Essendo morto il Figlio di Dio, Dio è veramente morto. La morte è non esistenza dell’essere originario. Quando l’uomo muore, non muore l’anima che è immortale, non muore il corpo che si decompone. Muore la persona umana. Muore l’uomo. Questi non esiste più come persona, anche se esiste come anima, esiste come corpo in decomposizione. Così dicasi del Figlio di Dio. Sulla croce è morta la Persona del Verbo Incarnato, Il Verbo della vita che si fece carne, non esiste più come Verbo che vive nella carne, e quindi è morto. Muore la Persona del Verbo Incarnato. Non muore nella sua divinità, non muore nella sua Persona divina non incarnata che non esiste più dopo il sì di Maria (oltre che non esiste più, neanche potrebbe morire essendo purissimo Spirito, essendo Dio con il Padre nell’unità dello Spirito Santo). La Persona divina è ora Persona divina incarnata è come tale muore; muore come Persona del Verbo che si fece carne. Muore come Verbo Incarnato e la sua è vera morte. Dopo che Lui ha reso lo spirito al Padre, il Verbo della vita è nella morte. Non esiste più la Persona divina incarnata nella vita; esiste come Persona divina ma nella morte. Non è venuta meno l’incarnazione. Essa è un processo irreversibile. È venuta meno la vita nella sua umanità, che è vita indispensabile al Figlio di Dio, che ora esiste come vita divina nella vita umana. Altrimenti avremmo due vite, quella dell’uomo e quella di Dio. Pur avendo due volontà in Cristo, abbiamo una sola vita e questa vita è ora nella morte. Questo è il mistero sempre da approfondire, sempre da scoprire, sempre da meditare per ulteriori comprensioni nella luce dello Spirito Santo. Il corpo è separato e separandosi il corpo, il Verbo che si fece carne, è ora il Verbo che è morto nella sua carne. Muore nella sua nuova essenza, che è la sua essenza perenne, eterna. È sempre il Verbo che si fa carne ed è il Verbo che muore nella carne. Se fosse rimasto per sempre nella morte, il mistero dell’Incarnazione sarebbe stato per sempre soggetto alla pena dovuta al peccato dell’uomo e Cristo in nessun modo avrebbe potuto redimerci, salvarci dalla morte. Lui ha vinto la morte, è ritornato il Verbo della vita incarnato, ma risorto, e offre questo suo dono a tutti coloro che si convertono e credono al Vangelo, facendo della sua Parola l’unica norma della loro vita.
Farsi deboli, farsi forti secondo la volontà di Dio. San Paolo ha un suo particolare principio di evangelizzazione. Lui sa farsi debole con i deboli, forti con i forti, sa farsi tutto a tutti, ma sempre per salvare qualcuno. Lui però non fa nulla se non per mozione dello Spirito Santo dentro di lui e lo Spirito muove sempre per il compimento della volontà di Dio. Nessuna autonomia in Paolo e neanche decisioni arbitrarie, immediate, inconsulte. Ogni sua decisione è sempre una ricerca della volontà di Dio. A volte bisogna anche farsi debole con i forti e forti con i deboli, perché lo richiede il messaggio da annunziare, lo esige la condizione storica nella quale uno è chiamato a lavorare. Quello che è importante nell’agire pastorale di Paolo è questo: nessuno di noi sa come parlare ad un uomo e nessuno sa quali sono le reazioni di una nostra parola nel suo cuore. Nessuno sa come comportarsi e quale atteggiamento assumere. Invocando lo Spirito Santo che abita in noi, Lui di certo ci suggerirà forme e modalità di sicuro successo nella conversione dei cuori. Tuttavia è giusto che si comprenda ciò che Paolo vuole insegnarci: il cristianesimo è condivisione, è solidarietà, è partecipazione alla vita dell’altro. Se non si condivide la vita, se la si rifiuta a priori, se non c’è contatto e quindi comunione nel bene con l’altro, come si fa ad annunziare il Vangelo? La partecipazione alla gioia e al dolore, alla sofferenza e alla salute, allo stare bene e allo stare male dell’altro, alla sua ricchezza e alla sua povertà, diviene via maestra per innestare nel cuore di quanti incontriamo, o di quanti il Signore mette sui nostri passi, la verità e la grazia che vengono da Dio. Le strategie pastorali sono tante, infinite. L’uomo di Dio deve vivere perennemente in contatto con lo Spirito del Signore, se vuole sapere qual è quella giusta, al momento giusto, con una persona particolare. Per questo l’uomo di Dio è perennemente in preghiera. Lo esige la salvezza delle anime, lo richiede lo Spirito Santo che deve essere sempre invocato, perché Lui possa agire. Se lo Spirito non viene invocato, non può in alcun modo intervenire nella nostra azione missionaria e questa alla fine risulterà vuota, inutile, vana.
Cristo abita con la debolezza della croce e con la forza della risurrezione. Il mistero di Cristo è uno solo: di morte e di risurrezione. Egli abita in noi nell’interezza di questo mistero, vi abita perché anche noi lo realizziamo nella nostra vita. La debolezza della croce è la piena sottomissione a Dio, per una obbedienza totale, perfetta, piena. La debolezza della croce è annientamento, annichilimento, kenosi completa di tutto il nostro essere alla volontà di Dio. Senza la debolezza della croce noi non possiamo entrare nel mistero di Cristo Gesù, non possiamo realizzare in noi il disegno di Dio in ordine alla nostra redenzione. Senza obbedienza a Dio si rimane fuori del mistero di Cristo Gesù, si rimane fuori della salvezza. L’abbassamento però non è il fine della nostra vita, il fine è la comunione con Dio, in Cristo, per opera dello Spirito Santo; il fine è la risurrezione gloriosa e la vittoria eterna sulla morte; il fine è la sconfitta in noi di ogni concupiscenza e superbia. La croce è la via, lo strumento, il mezzo perché il fine si possa compiere, realizzare in pienezza, in santità, secondo tutta la verità di Dio manifestata nel suo Santo Vangelo. Croce e risurrezione stanno tra loro come il mezzo per rapporto al fine. Chi vuole la risurrezione, la vita nuova, deve ogni giorno passare per la croce di Cristo Gesù. Chi non vuole la croce, non vuole neanche la risurrezione, non vuole la vita nuova, non vuole la vittoria sul peccato e sulla morte. Che non la vogliono lo attesta il fatto che vivono secondo il mondo, secondo i pensieri, i peccati del mondo e anche secondo la morte del mondo.
Cristo è in noi quando i suoi frutti sono in noi. Altra domanda che dobbiamo sempre porre al nostro spirito è questa: quando Gesù è in noi, vive in noi, abita in noi? La risposta è: quando i suoi frutti sono in noi. L’albero è in vita quando attingendo la linfa dalla terra, matura frutti che nutrono l’uomo e lo sostengono nel suo pellegrinaggio verso il cielo. Il cristiano è in vita, è spiritualmente vivo, Cristo abita e dimora in lui, se produce frutti di verità, di santità, di giustizia, di carità, di ogni altra virtù. È sufficiente interrogarsi quali frutti noi produciamo, per sapere il grado della nostra appartenenza a Cristo Gesù. I frutti di Cristo sono gli stessi dello Spirito Santo: amore, pazienza, benignità, misericordia, pace, gioia, dominio di sé, umiltà, condivisione e ogni altra virtù. Se questi frutti non abbondano in noi è il segno manifesto, inequivocabile che Cristo non è in noi. D'altronde Gesù stesso lo ha detto nel Vangelo: “Dai loro frutti li riconoscerete”. Dai frutti conosceremo chi ha Cristo nel suo cuore, da chi lo ha espulso e bandito, o momentaneamente, o per sempre.
La prova della fede. Possiamo provare noi la nostra fede? Possiamo sapere il grado di essa? Anche in questo caso la risposta è affermativa. La fede per noi non è un sentimento dell’uomo che si apre al divino, non è neanche una delle forme religiose dell’uomo. Quando noi parliamo di fede intendiamo una cosa sola: ascolto della Parola di Dio e compimento perfetto di essa. La fede per noi è obbedienza, l’obbedienza è realizzazione, la realizzazione è fruttificazione in noi della Parola. Si ascolta la Parola, si obbedisce alla Parola compiendola, si fruttifica la Parola producendo ogni frutto di verità e di carità che lo Spirito Santo ci muove a compiere e ad operare. La prova della fede è per noi l’obbedienza. Non vi può essere obbedienza senza ascolto; come non vi può essere ascolto senza annunzio e non vi è annunzio senza la Chiesa. Chi vuole creare la fede nel cuore degli uomini deve annunziare la Parola, quella vera, deve annunziare il Vangelo nella sua interezza, purezza, globalità. Il semplice fatto che oggi non si annunzia più il Vangelo, ma una trasformazione di esso, una modificazione del suo contenuto, sta a dimostrare non solo che nel popolo cristiano non c’è fede, ma che neanche esiste la possibilità che possa esservi. Senza Parola non c’è fede, perché la fede è ascolto, obbedienza, fruttificazione della Parola del Signore. Quando si ascolta e non si mette in pratica, non si obbedisce prontamente, la nostra fede è morta. Non ha vita in sé. La Parola e l’ascolto sono la prova della vitalità della nostra fede. Ognuno può verificarla, esaminarla, analizzarla con precisione. Ognuno può sapere se crede in Dio, oppure il suo è solo un puro sentimento religioso verso la divinità, che non potrà mai incidere nel cambiamento della sua vita.
La santità. Paolo ha parlato spesso della santità, ne parla sempre. Ne parla perché questa è la vocazione del cristiano. È giusto che poniamo una precisa domanda per darci anche una precisa risposta: cosa è in realtà la santità? La santità nel Nuovo Testamento si definisce come configurazione a Cristo in tutto, come imitazione di Dio nella perfezione di amore, come perenne ascolto dello Spirito che parla al nostro cuore. Concretamente tutto questo avviene in una vita tutta impostata sulle beatitudini. Le beatitudini sono l’essenza della santificazione del cristiano. La santità si raggiunge attraverso due vie: il combattimento contro il peccato, che è trasgressione del Vangelo. Chi vuole raggiungere la santità alla quale è chiamato deve mettere ogni impegno a non trasgredire in nulla la Parola di Cristo Gesù, compiendola anche nei più piccoli precetti della legge. Deve altresì crescere e sviluppare tutta la potenzialità della grazia che lo Spirito Santo riversa nel suo cuore. Essa, la santità, diviene pertanto fruttificazione dei carismi, dei doni, dei talenti, di ogni altra elargizione di grazia dello Spirito Santo. Per essere santi non basta non trasgredire il Vangelo, occorre anche che l’albero della nostra vita nuova produca secondo l’abbondanza dei doni divini, secondo la ricchezza della sua grazia riversata in noi nel giorno in cui divenimmo credenti, grazia che sempre dobbiamo aumentare attraverso la quotidiana richiesta nella preghiera.
Potere per la verità. La verità è tutto per l’apostolo del Signore. Per lui la verità è la Parola di Cristo Gesù, compresa però in maniera sempre nuova ed attuale alla luce della sapienza e dell’intelligenza soprannaturale dello Spirito del Signore. L’apostolo di Gesù Cristo è servo della Verità, suo amministratore fedele. Lui è apostolo della verità, per questo è stato chiamato e per questo è stato inviato nel mondo. Se lui si dissocia dalla verità, abusa della verità, trascura la verità, omette di dire la verità, è come se lui tradisse la sua missione, come se venisse meno al suo mandato. Con il suo atteggiamento di uomo sopra la verità, che può manomettere a suo piacimento, egli pecca contro Dio e contro i fratelli: contro Dio perché è divenuto a Lui infedele; contro i fratelli perché li priva della via della salvezza e della redenzione. La porta della salvezza è la verità; se l’apostolo di Gesù Cristo priva i suoi fratelli della verità, questi rimangono nell’oscurità, nella menzogna e nella falsità della vita. Rimangono senza il vero Dio, che è dato solo dalla verità che l’apostolo porta nel suo cuore per seminarla nel cuore di ogni altro uomo. Su questo dobbiamo essere chiari, seri, responsabili: chi è senza Cristo è anche senza verità e chi è senza verità è anche senza Cristo. Cristo è la nostra verità, è la verità del mondo intero; di ogni uomo che viene in questo mondo Lui è la luce, la verità, la vita. Accogliere la verità per conformarsi ad essa è accogliere Cristo per vivere per Lui, con Lui, in Lui. Il servizio alla verità è pertanto servizio a Cristo, salvezza di ogni uomo. Grande è la responsabilità di ogni ministro della verità, per lui si aprono le porte del Paradiso, ma anche per lui si schiudono e si spalancano quelle dell’inferno.
La verità è una: storica e metastorica. La verità è una, non due, non tre, non molte. Essa è insieme storica e metastorica. Dalla verità storica si arriva a quella metastorica. Se noi osserviamo il Vangelo esso è tutto per noi verità storica, perché il Vangelo non è solo la parola di Cristo Gesù, è prima di tutto la sua vita. Con la sua vita Cristo Signore ci ha insegnato che il Vangelo si può vivere, l’uomo può conformarsi ad esso. Questa è la prima verità del vangelo: la dimostrazione storica che è possibile vincere le passioni, estirpare la concupiscenza, superare la superbia, combattere vittoriosamente ogni altra imperfezione, fino ad arrivare all’amore puro, pieno, totalizzante la nostra esistenza terrena. La verità storica di Cristo è il suo amore sino alla fine per ogni uomo, amore che dalla croce si trasforma in preghiera di perdono e in scusa per quelli che lo avevano crocifisso. La verità storica di Cristo è anche la sua risurrezione gloriosa, che apre le porte alla nostra spiritualizzazione, già su questa terra. Su questa terra possiamo vivere da esseri spirituali e non più carnali, immersi nel peccato e nel vizio, schiavi di passioni e di sentimenti avversi contro i nostri fratelli. Su questa terra possiamo già realizzare il regno dei cieli, cercando quella imitazione di Dio che è perfezione nell’amore, nella verità, nella santità. Il cristiano è chiamato a mostrare la verità. Come può operare tutto questo? Se la verità è invisibile, può egli renderla visibile? Se è metastorica, può egli farla divenire verità storica? Certo che lo può. Lo può trasformando ogni parola del Vangelo in vita, in storia. Poiché solo con la grazia dello Spirito Santo questo è possibile, solo in Cristo questo si realizza, solo in Dio questo si compie, con la trasformazione della Parola in sua vita, egli attesta che ogni parola di Dio è vera e che ogni sua promessa si compie in lui. Si compie la promessa fatta per questo tempo, si compie cioè la verità che riguarda la storia, si compirà anche l’altra parola che concerne la metastoria, ciò che è oltre la storia, perché viene dopo di essa, perché è sopra di essa. Tutto questo avviene nella santità, che è la visibilità della verità di Dio. Ciò che il santo dice con la bocca su Dio e lo attesta come vero, con la sua vita lo rende visibile e così la santità diviene l’unica possibile testimonianza alla verità. È ciò che fa Cristo dall’alto della croce, quando attesta che l’amore è il solo sentimento che deve regnare nel cuore, sempre, dinanzi ad ogni uomo, in ogni circostanza della vita.
Il corpo sottoposto alla passione produce salvezza. La salvezza del mondo è avvenuta attraverso il corpo di Cristo, reso da Dio strumento di propiziazione, di perdono, di redenzione per tutto il genere umano. Nel suo corpo il Signore prese le nostre colpe e nel suo corpo le ha affisse al legno della croce per cancellarle per sempre. Ciò che è avvenuto in Cristo, deve avvenire in ogni cristiano. Questi è chiamato da Dio ad offrire il suo corpo in sacrificio gradito, sacrificio perfetto, sacrificio sapiente per la salvezza del mondo. Offrire il proprio corpo al Signore deve essere il fine del cristiano: lo si offre, se lo si rende uno strumento di amore, di verità, di perdono, di misericordia, di sollecitudine, di missione. Lo si offre, se viene consegnato a Dio perché ne faccia uno strumento per la vera conoscenza del Figlio Suo, attraverso lo Spirito Santo che opera ed agisce in noi.
La preghiera per gli altri. L’amore per gli altri diviene nella nostra fede anche preghiera per gli altri. Ma cosa bisogna chiedere per gli altri? Per gli altri si deve chiedere la luce e la forza dello Spirito Santo; la luce per vedere Cristo, il vero Cristo, la forza per raggiungere Lui, per imitare Lui, per divenire in tutto come Lui. Si chiede la luce perché ognuno sappia cosa il Signore vuole da lui; si chiede la forza perché si possa compiere con puntualità la missione che il Padre dei cieli ha affidato a ciascuno. Si prega perché ognuno possa compiere la volontà di Dio. È evidente che fare questa preghiera, che è poi la vera preghiera del cristiano, ha un significato di libertà e di povertà in spirito anche per colui che la fa. Dio potrebbe volere da lui che lasci il suo posto ad un altro, all’altro per il quale egli sta pregando. Se non si è sufficientemente poveri in spirito, umili, miti di cuore, disponibili a Dio in tutto, la preghiera per gli altri potrebbe essere impedita nel suo esaudimento proprio da colui che la fa. La vera preghiera deve essere fatta nel rinnegamento di sé, nella grande disponibilità del cuore e della mente al compimento della sola volontà di Dio che riguarda e attiene alla propria vita. È questo il motivo per cui può pregare santamente solo colui che è santo. Chi non è santo deve pregare perché possa raggiungere la santità. La preghiera per la propria santificazione è il fondamento per poter pregare santamente per gli altri.
Potere di edificare. Potere di distruggere. Edificare Cristo nei cuori. L’apostolo di Gesù Cristo ha ricevuto dal suo Maestro e Signore il potere di distruggere e il potere di edificare. Come? Egli deve distruggere il male che è nel cuore dell’uomo, deve edificare la verità in esso. Il male lo distrugge infondendovi la grazia della salvezza; la verità di Cristo la edifica versando in ogni cuore il Vangelo della salvezza. Cristo Gesù è venuto su questa terra per darci la grazia e la verità; con la grazia ci rinnova, ci eleva, ci rende partecipi della natura divina, con la verità ci illumina, ci guida, segna la via che conduce al vero amore di Dio e del prossimo. A volte però può anche capitare il contrario, che un apostolo di Gesù Cristo (il cristiano in generale) distrugga la verità nel cuore dell’uomo ed edifica il male, il peccato. Questo avviene quando la luce che è in lui diventa tenebra, quando si oscura nel suo cuore la verità di Cristo, quando si abbandona al peccato e lascia libero corso alle sue passioni. Per questo il cristiano deve sempre procedere con una certezza di fede nel cuore: la salvezza della propria anima è prima di tutto nelle sue mani. Egli deve sapere a chi consegnarla e come consegnarla. A lui è richiesta tutta quella prudenza e quella saggezza di Spirito Santo, la sola che gli consente di poter procedere sempre di verità in verità senza incorrere mai nel pericolo della perdizione eterna, a causa di una cattiva consegna della sua anima in mani che potrebbero condurla direttamente nella falsità e nel male che regna in questo mondo. Di questi errori, oggi, se ne commettono tanti. Sono tanti, oggi, coloro che affidano la loro anima in mani sbagliate. La Scrittura ci dice che è responsabile colui che tenta e seduce, ma anche colui che si lascia tentare e sedurre. Ricordiamoci che Eva consegnò la sua anima al serpente e che Adamo la consegnò nelle mani di Eva. Ognuno perisce per la sua responsabilità, per la sua volontà, per la sua stoltezza ed insipienza. Non c’è vera consegna quando Cristo non viene edificato nei cuori.
Il vero annunzio. Il vero annunzio del Vangelo è la proposta di Cristo, la difesa di Cristo, la costruzione e l’edificazione di Cristo in ogni cuore. Il vero annunzio non è finalizzato alla distruzione di chi ha peccato. È sempre orientato alla sua salvezza, attraverso il duplice movimento della conversione e della fede al Vangelo. L’apostolo del Signore è prima di ogni altra cosa il difensore di Cristo Gesù. Egli deve lottare, combattere, offrire ogni sua energia per affermare, testimoniare, proclamare, gridare che solo Gesù è il Salvatore dell’uomo, del mondo, del presente e del futuro, del tempo e dell’eternità. Senza Cristo c’è il vuoto etico, il buio morale. Senza Cristo non c’è l’uomo, il vero uomo. Solo Cristo fa l’uomo vero perché Cristo è l’unico vero uomo, anzi è il Dio che si è fatto vero uomo, al fine di mostrare all’uomo, ad ogni uomo, come divenire vero. Se riduciamo il cristianesimo ad una serie di conquiste umane, noi altro non facciamo che far ritornare l’uomo nella sua barbarie, nella sua non verità, nella falsità e nella menzogna di un’esistenza senza Cristo Gesù. Cristo è la luce, la vita, la via, la verità, la salvezza, il presente, il futuro di ogni uomo. Ogni uomo, per essere tale, deve divenire come Cristo, ma deve divenirlo in Lui, per Lui, con Lui, nella sua Santa Chiesa, che è il suo corpo, la sua vita, la sua missione, il suo strumento di salvezza e di redenzione.
Tensione verso la perfezione. Il cristiano deve essere sempre in tensione per il raggiungimento della sua perfezione spirituale, morale, dottrinale, per crescere in sapienza e grazia presso Dio e presso gli uomini. Non può camminare da solo, ha bisogno dell’aiuto dei suoi fratelli. Il cristianesimo non è solitudine, è comunione, è aiuto vicendevole, è sostegno reciproco. Ognuno deve farsi carico della vita spirituale dell’altro e per questo deve intervenire nella vita dei suoi fratelli efficacemente, con sapienza e saggezza di Spirito Santo. Una di queste vie efficaci è l’incoraggiamento, sostegno morale, spirituale, che libera l’altro dalla passività nella quale è caduto e subito lo immette sulla via verso Cristo, spingendolo e aiutandolo a camminare speditamente. Farsi coraggio e darsi la mano, lasciarsi tirare dall’altro, spingere, sospingere, aiutare in ogni momento: è questo il vero incoraggiamento. Altra via è quella della illuminazione della mente, specie quando le tenebre del male sembrano volerla avvolgere. La mente si illumina prospettando la luce di Cristo e i suoi sentimenti che sono di umiltà, di annientamento, di annichilimento. Di tutto questo c’è bisogno quando l’uomo cade in prostrazione a motivo delle difficoltà che potrebbe incontrare sul suo cammino. Nessuno ha incontrato più difficoltà di Cristo Gesù, eppure Lui le ha superate tutte. Le ha superate però attraverso il suo atteggiamento interiore, che è quello della mitezza e dell’umiltà. Inculcare nei cuori la mitezza e l’umiltà è l’aiuto più grande che si possa offrire ad una persona perché riprenda il suo cammino e raggiunga la perfezione di Cristo Gesù alla quale è stata chiamata.
In pace. La vera pace è quella eucaristica. Ma cosa è la pace eucaristica? È l’offerta della nostra vita perché tutto l’amore di Dio ricolmi un cuore e lo disponga a divenire anche lui offerta e oblazione di amore a Dio perché la pace avvolga il mondo intero. La vera pace è frutto in noi della grazia e della verità di Cristo Gesù. Se si lascia che un uomo, anche un solo, venga privato di questi doni santi, si permette che nel mondo vi sia un focolaio di non pace, di non comunione vera, di non solidarietà tra gli uomini. Cristo, e solo Lui, è il Principe, il Datore, il Fondamento perenne della pace. Senza di Lui nessuno mai potrà conoscere la vera pace, perché senza di Lui nessuno mai potrà offrire la sua vita a Dio perché il suo amore, la sua verità, la sua grazia si riversi nel mondo e incendi i cuori di una speranza nuova. Pace e amore nel cristianesimo sono una cosa sola. Il nostro Dio è Dio della pace perché è Dio dell’amore; il Dio dell’amore è Dio della pace perché ci ha amato facendo con noi pace in Cristo.
La grazia del Signore nostro Gesù Cristo. L’amore di Dio Padre. La comunione dello Spirito Santo. La grazia è quella della salvezza, è di Cristo perché meritata da Lui sulla croce. La nostra salvezza è dono dell’amore di Dio, il quale dall’eternità l’ha voluta, chiedendo al suo Figlio Unigenito di realizzarla per noi. La salvezza di Cristo, la sua grazia di redenzione, trova il suo principio eterno nel cuore del Padre, nel suo amore per la creatura fatta a sua immagine e somiglianza. Siamo al centro del mistero. È il mistero di un amore che vince il peccato dell’uomo e lo vince ancor prima che il peccato venisse commesso, lo vince nel mistero dell’Incarnazione. Qui la mente si arrende, c’è solo posto per la fede e la contemplazione della profondità di questo abisso eterno di amore divino. Le parole vengono meno. Si accoglie questo amore del Padre e vi si corrisponde, divenendo in Cristo, grazia di salvezza per il mondo intero, trasformando la nostra vita in un sacrificio e in una oblazione gradita a Dio nostro Padre. Possiamo però entrare in questo mistero, non con la mente, ma con il cuore, non con l’intelligenza, ma con la vita, attraverso la comunione dello Spirito Santo. È Lui che ci deve introdurre. Ma dove ci deve introdurre lo Spirito Santo? Nel circuito di amore eterno che dal Padre si riversa tutto nel Figlio e dal Figlio ritorna tutto nel Padre, per mezzo dello Spirito Santo, che è questo “Circuito” eterno di amore e di comunione tra il Padre e il Figlio. Inseriti dallo Spirito di Dio nel Movimento eterno e divino dell’amore, l’uomo conosce cosa è il vero amore, lo conosce perché diventa in tutto ad immagine di Cristo Gesù e non potrebbe essere diversamente. Tutto l’amore del Padre in Cristo, per opera dello Spirito Santo, si riversa nel cristiano e dal cristiano, per Cristo, nello Spirito Santo ritorna nel Padre. Vi ritorna alla stessa maniera che fu di Cristo, attraverso una risposta di obbedienza che va fino alla morte e alla morte di croce. La croce è la via attraverso cui l’amore di Dio riversato nei nostri cuori ritorna in Dio sotto forma di grazia di salvezza per il genere umano. Questa è la nostra vocazione, questa la nostra vita. Divenire nell’amore di Dio, grazia di Cristo, per portare ogni uomo nella comunione dello Spirito Santo.