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CAPITOLO SECONDO





NON RICUSIAMO LA SALVEZZA
[1]Proprio per questo bisogna che ci applichiamo con maggiore impegno a quelle cose che abbiamo udito, per non andare fuori strada.
Viene indicata in questo versetto una regola metodologica dal valore perenne, che mai tramonta; una regola che sempre si deve applicare, se si vuole pervenire alla conoscenza della verità.
Chiunque dovesse disattenderla, immancabilmente verrebbe a trovarsi in un istante fuori della verità, nella falsità più buia, nell’errore più nero. In una parola: sarebbe già fuori della stessa salvezza.
Questa regola purtroppo sovente è disattesa, dimenticata, non applicata, ignorata, vilipesa, contraffatta, presupposta.
È questo uno dei motivi, se non il motivo, di tanta falsità e dei molteplici errori che regnano e imperano nella mente di molti credenti.
Questa regola si può così formulare, o sintetizzare: la via della conoscenza della verità è la Parola.
La Parola dell’Antico Testamento non è tutta la verità, essa però conduce alla Persona che è la nostra verità.
Questa regola la si può formulare anche in senso contrario: Cristo è la verità, la via, la vita. Questa è la sua storia. Dallo studio della Parola dell’Antico Testamento è possibile con facilità pervenire a Cristo verità, via e vita dell’uomo.
Perché allora non si perviene? Il motivo è presto detto: non ci si applica con l’impegno dovuto.
L’impegno dovuto non è solo quello per così dire “fisico” , o “spirituale” dello studio.
Esso è prima di tutto volontà di pervenire alla verità, desiderio di ricercare la verità, amore per la verità che ci conduce di verità in verità, fino alla pienezza della verità che è Cristo Gesù.
L’impegno dovuto è pertanto nella volontà e nel cuore. Esso è volontà di rinnegare noi stessi, la nostra gloria terrena, ogni altra relazione che ci è di ostacolo nella conoscenza della verità tutta intera.
Dal Vangelo sappiamo e conosciamo che gli ostacoli maggiori sono due:
il peccato che inquina il cuore. Si toglie il peccato con la conversione e la fede nella Parola;
la ricerca della gloria degli uomini, o la non libertà dinanzi agli uomini.
Chi cade in questa trappola, è difficile che possa abbracciare la verità. Il rispetto umano gli farà sempre da freno, impedimento, muro.
Per quanto attiene invece al primo ostacolo, il peccato, è giusto osservare che esso è trasgressione dei comandamenti e i comandamenti non hanno nulla a che vedere con la “difficoltà” di credere in Cristo verità di Dio.
Uno potrebbe anche avere difficoltà nell’accogliere Cristo, ma qual è la difficoltà per un credente per non accogliere i comandamenti, se proprio sulla base dei comandamenti si fonda e si sancisce l’alleanza con Dio?
Qual è la difficoltà per un credente di non vivere la legge della carità, o praticare la regola d’oro, se proprio questa legge è a fondamento della sua esistenza di cristiano?
Il problema non è allora la verità impossibile da conoscere, è solamente il cuore che non si vuole rendere puro.
È questo il motivo per cui chi rifiuta la verità ha nel suo cuore o un vizio di peccato, o un vizio di fede e spesso ci sono l’uno e l’altro.
Lo si è già detto: il peccato è il grande ostacolo verso la verità. Il peccato oscura la mente e priva lo spirito di ogni spiraglio di luce soprannaturale.
Altro aspetto, e non per nulla minimo, di questa regola è il seguente: poiché verso la verità bisogna sempre camminare e il cammino non si esaurisce mai, è obbligo ogni giorno applicarsi attraverso lo studio, la meditazione, la lettura della Parola e far sì che la conoscenza del mistero sia sempre più illuminata dalla Rivelazione.
Un cristiano non può trascorrere neanche un solo giorno senza il quotidiano confronto, la giornaliera applicazione nella conoscenza della Rivelazione. È in questa applicazione la sua buona crescita e il suo cammino verso l’acquisizione della verità tutta intera, che è sì dono dello Spirito Santo, ma anche frutto della nostra decisione e del nostro impegno.
Se questo non avviene, ben presto si è fuori strada, essendo o fuori semplicemente della verità, o fuori della conoscenza della verità tutta intera.
Chi interrompe il cammino verso la verità tutta intera, interrompe anche il cammino verso la pienezza della santità. Santità e verità camminano insieme. Il Santo è vero e il Vero è santo. Né santità senza verità, né verità senza santità.
[2]Se, infatti, la parola trasmessa per mezzo degli angeli si è dimostrata salda, e ogni trasgressione e disobbedienza ha ricevuto giusta punizione,
Con questo versetto l’Autore riprende il filo del discorso là dove lo aveva interrotto, apportandovi nuovi elementi di convincimento sulla necessità e urgenza di accogliere la Rivelazione operata da Cristo Gesù.
La prima verità è questa: nessuna Parola di Dio è caduta a vuoto. Ogni Parola di Dio si è compiuta a suo tempo, in ogni sua promessa, sia in bene che in male, sia in benedizione che in maledizione.
La verità della Parola di Dio è a fondamento di tutto l’Antico Testamento ed è anche profezia di tutto il Nuovo.
Questa verità è incontrovertibile. Nessuno può dubitare di essa. Verità e Parola in Dio sono una cosa sola. Verità e compimento sono una cosa sola. Parola e compimento sono una cosa sola.
Questa coscienza avevano gli uomini di Dio dell’Antico Testamento. Questa coscienza avrebbero voluto creare nel popolo i Profeti. Questa stessa coscienza vuole formare Gesù nel Vangelo.
Basta fra tutti ricordare l’insegnamento di Giosuè, dopo la conquista della Terra Promessa. Riportiamo integralmente il suo insegnamento (Gs 24,1-33):
“Giosuè radunò tutte le tribù d'Israele in Sichem e convocò gli anziani d'Israele, i capi, i giudici e gli scribi del popolo, che si presentarono davanti a Dio. Giosuè disse a tutto il popolo: Dice il Signore, Dio d'Israele: I vostri padri, come Terach padre di Abramo e padre di Nacor, abitarono dai tempi antichi oltre il fiume e servirono altri dei. Io presi il padre vostro Abramo da oltre il fiume e gli feci percorrere tutto il paese di Canaan; moltiplicai la sua discendenza e gli diedi Isacco. Ad Isacco diedi Giacobbe ed Esaù e assegnai ad Esaù il possesso delle montagne di Seir; Giacobbe e i suoi figli scesero in Egitto.
Poi mandai Mosè e Aronne e colpii l'Egitto con i prodigi che feci in mezzo ad esso; dopo vi feci uscire. Feci dunque uscire dall'Egitto i vostri padri e voi arrivaste al mare. Gli Egiziani inseguirono i vostri padri con carri e cavalieri fino al Mare Rosso. Quelli gridarono al Signore ed egli pose fitte tenebre fra voi e gli Egiziani; poi spinsi sopra loro il mare, che li sommerse; i vostri occhi videro ciò che io avevo fatto agli Egiziani. Dimoraste lungo tempo nel deserto. Io vi condussi poi nel paese degli Amorrei, che abitavano oltre il Giordano; essi combatterono contro di voi e io li misi in vostro potere; voi prendeste possesso del loro paese e io li distrussi dinanzi a voi.
Poi sorse Balak, figlio di Zippor, re di Moab, per muover guerra a Israele; mandò a chiamare Balaam, figlio di Beor, perché vi maledicesse; ma io non volli ascoltare Balaam; egli dovette benedirvi e vi liberai dalle mani di Balak. Passaste il Giordano e arrivaste a Gerico. Gli abitanti di Gerico, gli Amorrei, i Perizziti, i Cananei, gli Hittiti, i Gergesei, gli Evei e i Gebusei combatterono contro di voi e io li misi in vostro potere. Mandai avanti a voi i calabroni, che li scacciarono dinanzi a voi, com'era avvenuto dei due re amorrei: ma ciò non avvenne per la vostra spada, né per il vostro arco. Vi diedi una terra, che voi non avevate lavorata, e abitate in città, che voi non avete costruite, e mangiate i frutti delle vigne e degli oliveti, che non avete piantati. Temete dunque il Signore e servitelo con integrità e fedeltà; eliminate gli dei che i vostri padri servirono oltre il fiume e in Egitto e servite il Signore.
Se vi dispiace di servire il Signore, scegliete oggi chi volete servire: se gli dei che i vostri padri servirono oltre il fiume oppure gli dei degli Amorrei, nel paese dei quali abitate. Quanto a me e alla mia casa, vogliamo servire il Signore. Allora il popolo rispose e disse: Lungi da noi l'abbandonare il Signore per servire altri dei! Poiché il Signore nostro Dio ha fatto uscire noi e i padri nostri dal paese d'Egitto, dalla condizione servile, ha compiuto quei grandi miracoli dinanzi agli occhi nostri e ci ha protetti per tutto il viaggio che abbiamo fatto e in mezzo a tutti i popoli fra i quali siamo passati. Il Signore ha scacciato dinanzi a noi tutti questi popoli e gli Amorrei che abitavano il paese. Perciò anche noi vogliamo servire il Signore, perché Egli è il nostro Dio.
Giosuè disse al popolo: Voi non potrete servire il Signore, perché è un Dio santo, è un Dio geloso; Egli non perdonerà le vostre trasgressioni e i vostri peccati. Se abbandonerete il Signore e servirete dei stranieri, Egli vi si volterà contro e, dopo avervi fatto tanto bene, vi farà del male e vi consumerà. Il popolo disse a Giosuè: No! Noi serviremo il Signore.
Allora Giosuè disse al popolo: Voi siete testimoni contro voi stessi, che vi siete scelto il Signore per servirlo!. Risposero: Siamo testimoni!
Giosuè disse: Eliminate gli dei dello straniero, che sono in mezzo a voi, e rivolgete il cuore verso il Signore, Dio d'Israele! Il popolo rispose a Giosuè: Noi serviremo il Signore nostro Dio e obbediremo alla sua voce! Giosuè in quel giorno concluse un'alleanza con il popolo e gli diede uno statuto e una legge a Sichem. Poi Giosuè scrisse queste cose nel libro della legge di Dio; prese una grande pietra e la rizzò là, sotto il terebinto, che è nel santuario del Signore. Giosuè disse a tutto il popolo: Ecco questa pietra sarà una testimonianza per noi; perché essa ha udito tutte le parole che il Signore ci ha dette; essa servirà quindi da testimonio contro di voi, perché non rinneghiate il vostro Dio.
Poi Giosuè rimandò il popolo, ognuno al proprio territorio. Dopo queste cose, Giosuè figlio di Nun, servo del Signore, morì a centodieci anni e lo seppellirono nel territorio di sua proprietà a Timnat-Serach, che è sulle montagne di Efraim, a settentrione del monte Gaas. Israele servì il Signore per tutta la vita di Giosuè e tutta la vita degli anziani che sopravvissero a Giosuè e che conoscevano tutte le opere che il Signore aveva compiute per Israele.
Le ossa di Giuseppe, che gli Israeliti avevano portate dall'Egitto, le seppellirono a Sichem, nella parte della montagna che Giacobbe aveva acquistata dai figli di Camor, padre di Sichem, per cento pezzi d'argento e che i figli di Giuseppe avevano ricevuta in eredità. Poi morì anche Eleazaro, figlio di Aronne, e lo seppellirono a Gàbaa di Pincas, che era stata data a suo figlio Pincas, sulle montagne di Efraim.
Ogni Parola di Dio debitamente si compie. Questa è la fede di Israele. Per questo non si può servire il Signore, perché ogni promessa si rivela contro di noi, se non prestiamo fede alla Parola che abbiamo accolto di osservare.
Il punto forte è però questo: sempre secondo l’insegnamento allora vigente in Israele si riteneva che fossero stati gli Angeli i mediatori della Legge, o della Parola.
La conclusione non può essere che una sola: se Dio compie ogni Parola data per mezzo di Angeli, cosa non farà per compiere la Parola data per mezzo di Suo Figlio, del Suo Figlio unigenito?
Questa Parola non è come quella portata sulla terra dagli Angeli. Questa Parola è pienezza di grazia e di verità, compimento di ogni altra Parola di Dio. Questa Parola è semplicemente la salvezza dell’uomo, di ogni uomo. L’Autore vuole che ognuno consideri seriamente, con saggezza e intelligenza, questa conclusione, applicandosi con ogni sapienza e verità.
[3]come potremo scampare noi se trascuriamo una salvezza così grande? Questa infatti, dopo essere stata promulgata all'inizio dal Signore, è stata confermata in mezzo a noi da quelli che l'avevano udita, [4]mentre Dio testimoniava nello stesso tempo con segni e prodigi e miracoli d'ogni genere e doni dello Spirito Santo, distribuiti secondo la sua volontà.
Se la punizione si abbatté su quanti hanno trascurato la salvezza che era stata offerta per mezzo degli Angeli e non era una salvezza piena, definitiva, compiuta, perché era una salvezza nella speranza della venuta della vera salvezza sulla nostra terra, può, chi trascura una salvezza così grande, la salvezza che Dio ci ha dato nel suo Figlio unigenito, scampare alla punizione, al castigo, alla stessa morte eterna?
La risposta è no. È no, non però in relazione alla salvezza, ma al modo in cui questa salvezza ci viene offerta.
La risposta è no in ragione di Cristo, che è il mediatore e l’autore della salvezza. Cristo è il promulgatore, ma anche l’oggetto della salvezza; è il soggetto e l’oggetto insieme della Rivelazione.
Cristo è Dio stesso, è il Signore, è il Figlio Unigenito del Padre.
È importante seguire l’Autore nel suo ragionamento perché ora ci insegna una regola anch’essa valevole per ogni tempo e ogni luogo, per ogni missionario ed evangelizzatore, per ognuno che in qualche modo ha una qualche relazione con la Parola da annunziare.
L’annunzio, la promulgazione, la predicazione della Parola avviene in tre momenti distinti, ma non in successione; differenti, ma nell’unità di una sola offerta, o di un solo dono della Parola.
La Parola deve essere insieme: promulgata, confermata, testimoniata. Questa triplice opera è fatta da tre soggetti differenti: Cristo Gesù, gli Apostoli, il Signore Dio.
Cristo e il Padre operano sempre, se sempre c’è l’opera degli Apostoli, o di coloro che l’hanno udita e quindi ne danno conferma.
Analizziamo i tre momenti:
Questa infatti, dopo essere stata promulgata all'inizio dal Signore: La Parola della salvezza ci è stata data da Cristo nella sua forma ultima, definitiva, piena. La promulgazione è avvenuta una volta per sempre e non ce ne sono altre: né di ieri, né di oggi, né di domani. Con Cristo Dio ci ha dato tutto. Niente più ci potrà donare. Questa verità deve essere creduta. Essa è a fondamento della nostra fede.
È stata confermata in mezzo a noi da quelli che l'avevano udita: è giusto domandarsi come avviene la conferma da pare di coloro che l’hanno ascoltata. La conferma avviene in due modi: testimoniando l’evento storico, l’avvenimento stesso di Cristo, attestando quanto essi hanno visto, ascoltato, udito. Mostrando la verità di essa attraverso i frutti di conversione e di santificazione che essa produce. Questo lavoro di conferma deve avvenire ogni giorno. La Chiesa ha questo unico ministero nel mondo: confermare la Parola promulgata da Cristo Gesù, insegnandola ad ogni uomo, garantendo sulla sua verità attraverso la verità della propria vita trasformata dalla Parola che essa conferma. La verità di Cristo passa per la verità della Chiesa. Una Chiesa non vera non può confermare la verità della Parola di Cristo, perché quella di Cristo è una Parola che si compie in chi la crede. La conferma è nella fede e per la fede. Nella fede di chi dice la Parola per far nascere la fede in chi la Parola ascolta.
Mentre Dio testimoniava nello stesso tempo con segni e prodigi e miracoli d'ogni genere e doni dello Spirito Santo, distribuiti secondo la sua volontà: Quando c’è la fede di chi annunzia la Parola, di chi cioè la conferma, Dio interviene e testimonia la verità di Cristo e della Chiesa. Dio testimonia in un solo modo: compiendo segni e prodigi, miracoli d’ogni genere e doni dello Spirito Santo, distribuendoli secondo la sua volontà. La Parola creduta che opera tutto questo in chi la crede – sempre per un intervento puntuale, personale, libero di Dio – rende testimonianza a Cristo dinanzi al mondo. Questi, se vuole, può credere che la Parola è vera, perché si compie in chi la dice e opera prodigi in chi l’ascolta, accogliendola nel suo cuore.
Sulla conferma è sufficiente ascoltare San Giovanni nella sua prima Lettera; sulla testimonianza illuminante è San Marco. Ecco quanto essi ci riferiscono:
“Ciò che era fin da principio, ciò che noi abbiamo udito, ciò che noi abbiamo veduto con i nostri occhi, ciò che noi abbiamo contemplato e ciò che le nostre mani hanno toccato, ossia il Verbo della vita – poiché la vita si è fatta visibile, noi l'abbiamo veduta e di ciò rendiamo testimonianza e vi annunziamo la vita eterna, che era presso il Padre e si è resa visibile a noi – quello che abbiamo veduto e udito, noi lo annunziamo anche a voi, perché anche voi siate in comunione con noi. La nostra comunione è col Padre e col Figlio suo Gesù Cristo. Queste cose vi scriviamo, perché la nostra gioia sia perfetta. Questo è il messaggio che abbiamo udito da lui e che ora vi annunziamo: Dio è luce e in lui non ci sono tenebre. Se diciamo che siamo in comunione con lui e camminiamo nelle tenebre, mentiamo e non mettiamo in pratica la verità. Ma se camminiamo nella luce, come egli è nella luce, siamo in comunione gli uni con gli altri, e il sangue di Gesù, suo Figlio, ci purifica da ogni peccato. Se diciamo che siamo senza peccato, inganniamo noi stessi e la verità non è in noi. Se riconosciamo i nostri peccati, egli che è fedele e giusto ci perdonerà i peccati e ci purificherà da ogni colpa. Se diciamo che non abbiamo peccato, facciamo di lui un bugiardo e la sua parola non è in noi” (1Gv 1,1-10).
“Alla fine apparve agli undici, mentre stavano a mensa, e li rimproverò per la loro incredulità e durezza di cuore, perché non avevano creduto a quelli che lo avevano visto risuscitato. Gesù disse loro: Andate in tutto il mondo e predicate il vangelo ad ogni creatura. Chi crederà e sarà battezzato sarà salvo, ma chi non crederà sarà condannato. E questi saranno i segni che accompagneranno quelli che credono: nel mio nome scacceranno i demòni, parleranno lingue nuove, prenderanno in mano i serpenti e, se berranno qualche veleno, non recherà loro danno, imporranno le mani ai malati e questi guariranno. Il Signore Gesù, dopo aver parlato con loro, fu assunto in cielo e sedette alla destra di Dio. Allora essi partirono e predicarono dappertutto, mentre il Signore operava insieme con loro e confermava la parola con i prodigi che l'accompagnavano” (Mc 16,14-20).
Inutile precisare che Cristo e Dio ci sono sempre nella Parola, chi non sempre c’è sovente è l’uomo incaricato di rendere testimonianza alla Parola.
Senza l’opera dell’uomo, l’opera di Cristo e di Dio sarebbe vana e per questo loro non la pongono in essere. Non la pongono, perché manca la conferma da parte della Chiesa.
Infine è giusto ricordare che l’intento dell’Autore in questi due versetti è chiaro, preciso. Non può essere né disatteso, né ignorato.
Nessuno può ignorare la via della salvezza che Dio ha tracciato per noi in Cristo Gesù. Non la può ignorare per ragioni divine e per ragioni storiche, per testimonianza del cielo e per conferma della terra.
Cielo e terra, Dio e l’uomo, il Padre e il Figlio insieme attestano la verità della salvezza offertaci da Cristo. Dinanzi a così divini testimoni e uomini trasformati dalla salvezza alla quale rendono testimonianza, nessuno senza grave colpa, può tirarsi indietro.
Il suo peccato sarebbe veramente grande. Peccherebbe contro il cielo e contro la terra.
Se questa poi è l’unica modalità esatta di dare la salvezza, dobbiamo dire che oggi la salvezza non è data perché manca la conferma della Chiesa. Molti uomini di Chiesa non confermano la parola promulgata da Cristo, donano invece loro pensieri e loro teorie di salvezza.
La salvezza, ognuno se lo ricordi, è solo nella conferma della Parola e dell’opera di Cristo. Altre vie non sono consentite. Altre vie salvezza non ne danno.