00 13/01/2012 23:09
CAPITOLO OTTAVO

NUOVO SANTUARIO E NUOVA ALLEANZA
[1]Il punto capitale delle cose che stiamo dicendo è questo: noi abbiamo un sommo sacerdote così grande che si è assiso alla destra del trono della maestà nei cieli,
Per ben sette capitoli l’Autore ci ha parlato di Cristo Gesù. Di Lui ci ha detto tante cose. Ora sente la necessità di fare il punto della situazione.
Non vuole che il destinatario si perda dietro le molteplici verità annunziate e per questo manifesta qual è la sua intenzione, la verità centrale che sta trattando e i risultati già ottenuti attraverso la sua argomentazione dottrinale.
Il punto capitale è quello centrale, più che centrale, è il punto dal quale ogni altra argomentazione o verità trae origine. Il punto capitale è quel punto di diramazione di altri punti, di altre vie, è la verità madre di tante altre verità.
Per l’Autore il punto capitale è la grandezza e la perfezione del sacerdozio di Gesù Signore: noi abbiamo un sommo sacerdote così grande che si è assiso alla destra del trono della maestà nei cieli.
Come si può constatare la grandezza del sacerdozio di Cristo Gesù è qui considerata non in base alla sua Persona, bensì in relazione al “luogo” dell’esercizio del culto.
Il motivo di questa comparazione bisogna trovarlo nel sacerdozio secondo Aronne e dei suoi discendenti: tutti costoro entravano (e non sempre) alla presenza del Signore, nel suo tempio sulla terra, in quello di Gerusalemme.
Entravano ed uscivano. Entravano il tempo di fare il rito dell’espiazione e uscivano. Non rimanevano.
Non era possibile rimanere alla presenza di Dio in un luogo così sacro. Neanche si intravedeva il luogo della dimora del Signore, poiché l’incenso ne impediva la vista.
Era questo uno dei significati delle abbondanti incensazioni. Erano in qualche modo segno della nube che attestava la presenza del Signore, ma anche ne impediva la vista.
“Aronne offrirà dunque il proprio giovenco in sacrificio espiatorio per sé e, fatta l'espiazione per sé e per la sua casa, immolerà il giovenco del sacrificio espiatorio per sé. Poi prenderà l'incensiere pieno di brace tolta dall'altare davanti al Signore e due manciate di incenso odoroso polverizzato; porterà ogni cosa oltre il velo. Metterà l'incenso sul fuoco davanti al Signore, perché la nube dell'incenso copra il coperchio che è sull'arca e così non muoia. Poi prenderà un po’ di sangue del giovenco e ne aspergerà con il dito il coperchio dal lato d'oriente e farà sette volte l'aspersione del sangue con il dito, davanti al coperchio” (cfr. Lev 16,11-14).
Gesù invece non entra nel “santo dei santi” del tempio della terra, non brucia l’incenso perché non si veda il “Volto del Signore”, e neanche si allontana dal luogo santissimo della presenza del Signore una volta compiuto il rito cui lo abilitava il suo sacerdozio.
Gesù entra nel Santuario del Cielo. Entra, vi rimane. Si siede alla destra del trono della Maestà divina.
È questa una verità fondamentale, essenziale della nostra fede: “Gesù siede alla destra del Padre”. Abita presso di Lui, è con Lui, sta con Lui per sempre.
Alla destra del Padre è assiso per esercitare eternamente il suo sacerdozio, per intercedere per noi.
Questa è la prima, fondamentale, essenziale differenza tra il sacerdozio di Aronne e quello di Cristo Gesù.
Gesù vede il Padre, parla con il Padre, intercede presso il Padre, faccia a faccia. Lui è presso il Padre per esercitare eternamente il suo sacerdozio in nostro favore.
[2]ministro del santuario e della vera tenda che il Signore, e non un uomo, ha costruito.
La differenza la fa il “luogo”, ma anche la “verità” del luogo.
Assiso alla destra del Padre, Gesù è ministro, cioè sacerdote. È Ministro, sacerdote del cielo, perché è nel cielo che Lui si è assiso presso il Padre. È il cielo il luogo della presenza e della dimora di Dio.
Viene ora affermata la seconda differenza.
Il tempio di Gerusalemme non era la vera tenda di Dio. Essa era una “figura” della vera tenda.
La vera tenda, o vera abitazione di Dio è il Paradiso, il Cielo. Ora Cristo entra in questa vera tenda, in questo vero santuario di Dio e di questa vera tenda e santuario egli è ministro, sacerdote.
Questa vera tenda non l’ha costruita un uomo. L’ha costruita Dio.
Se è Dio che l’ha costruita, essa rimane in eterno. Se fosse stata costruita da un uomo, mai sarebbe potuta divenire eterna; sarebbe stata soggetta alle intemperie, sia degli uomini che della natura.
Sappiamo quale sorte fu riservata al tempio di Gerusalemme con la deportazione in Babilonia dei Giudei.
Conosciamo qual è la sorte attuale del grande tempio frequentato anche da Gesù fin dalla sua infanzia.
Di questo tempio rimane solo un muro, detto il “muro del pianto”. Niente altro. La tenda di Dio, figura sulla terra della tenda del cielo non c’è più. Non c’è più il luogo sulla terra della presenza di Dio. Questa la verità che l’Autore vuole insegnare ai suoi destinatari. Gesù è entrato nel vero santuario, nella vera tenda e questa è eterna come Dio è eterno; questa è indistruttibile come Dio è indistruttibile; questa è inaccessibile all’uomo come Dio è inaccessibile nella sua eternità ed infinità, questa è invalicabile dall’uomo.
Cristo invece l’ha valicata, vi è entrato, si è assiso alla destra del Padre, si è assiso come vero ministro del vero santuario, della vera tenda.
Si è assiso per rimanere in eterno, per esercitare in eterno il suo sacerdozio in nostro favore.
È eterno il sacerdozio, il ministero, la tenda, il santuario, l’abitazione. Tutto è eterno in Cristo Gesù.
In Aronne invece tutto era momentaneo: il sacerdozio, la persona, la tenda, il tempio. Momentanea era l’entrata nel tempio perché immediata era l’uscita da esso.
[3]Ogni sommo sacerdote infatti viene costituito per offrire doni e sacrifici: di qui la necessità che anch'egli abbia qualcosa da offrire.
Ci viene ricordato ora qual era il ministero sacerdotale dell’Antica Legge: quello di offrire doni e sacrifici.
Chi vuole può leggere i primi capitoli del Libro del Levitico, nei quali sono contenuti tutti i sacrifici, le oblazioni e le libagioni che dovevano essere offerti a seconda delle differenti circostanze in cui si sarebbe potuta venire a trovare la vita di un uomo, di una famiglia, dell’intera comunità.
Niente viene lasciato alla libera interpretazione, o improvvisazione del sacerdote. Tutto invece è minuziosamente precisato, puntualizzato, specificato.
In questo versetto viene ricordata qual è la costituzione e la ministerialità del sacerdote. Le ricapitoliamo, pur avendone parlato già abbondantemente.
Il sacerdote, o il sommo sacerdote:
viene preso e costituito (prima verità)
per offrire doni e sacrifici (seconda verità)
li offre per se stesso (terza verità)
li offre per gli altri (quarta verità).
Queste quattro verità costituiscono il Sacerdozio alla maniera di Aronne. Quello di Gesù Signore è differente, diverso nella sostanza, e non solo nella forma.
In questo versetto (3) l’Autore vuole che noi riflettiamo sull’offerta che è composta di beni terreni, materiali (animali, farina, olio e altro).
Vuole che consideriamo anche l’altra verità: colui che offre il sacrificio per gli altri, deve offrire anche per se stesso. Anche lui ha bisogno di purificazione, di espiazione, di liberarsi dai peccati e dalle trasgressioni commessi nella Legge del Signore.
È proprio su queste due verità che si fonda la sostanziale differenza con il sacerdozio esercitato da Cristo Gesù. Questa differenza ci porta in una realtà infinitamente diversa. Coglierla diviene essenziale per la nostra fede, che proprio in questa differenza trova la sua verità.
[4]Se Gesù fosse sulla terra, egli non sarebbe neppure sacerdote, poiché vi sono quelli che offrono i doni secondo la legge.
L’affermazione di questo versetto è chiara, limpida in sé.
Gesù non è sacerdote alla maniera di Aronne. Sulla terra egli mai ha esercitato un simile ministero.
Mai Lui ha offerto un dono secondo la legge. Secondo la legge sono altri, e sono anche in abbondanza, quelli che offrono i doni e fanno le offerte, o compiono i riti.
Pensare ad un sacerdozio di Cristo alla maniera di Aronne è cosa impossibile. L’impossibilità è data dalla storia di Cristo e dal non esercizio di un simile sacerdozio.
Anche questa verità è giusto che si colga, si comprenda, si trasformi in fede: Gesù non è stato sacerdote alla maniera di Aronne.
Nella fede ci sono verità al positivo, ma anche verità al negativo. Le verità al negativo servono per dare rilievo e risalto alle verità al positivo.
Dicendo che Gesù non è stato sacerdote alla maniera di Aronne libera la mente da ogni confusione tra il suo Sacerdozio e quello di Aronne.
Quello di Cristo Gesù non è una purificazione del sacerdozio alla maniera di Aronne. È un sacerdozio diverso, differente. È un altro sacerdozio.
Tra i due non c’è alcun punto di contatto, né sulla terra, né nel cielo. Gesù non è venuto per purificare l’esistente, è venuto per creare il nuovo: Nuovo è il Sacerdozio, Nuova è l’Alleanza, Nuovo il Comandamento, Nuovo il Popolo, Nuova la Tenda, Nuova la Verità, Nuova la Grazia. Tutto in Lui è nuovo, perché Nuova ed Eterna è la Persona che opera tutto questo.
L’Incarnazione del Verbo è il Nuovo Assoluto di Dio. Tanto Nuovo, che anche in Dio tutto è Nuovo a partire dall’Incarnazione.
Anche Dio è Nuovo a partire dall’Incarnazione. Prima Dio era solo Dio. Era solo Purissima Divinità. Ora nel Figlio è Purissima Divinità, ma anche Santissima Umanità. Dio è uomo, vero uomo. È Vero Dio, nel Figlio, ma è anche Vero Uomo. È Nuovo per la Nuova Essenza che è divenuto nell’Incarnazione.
[5]Questi però attendono a un servizio che è una copia e un'ombra delle realtà celesti, secondo quanto fu detto da Dio a Mosè, quando stava per costruire la Tenda: Guarda, disse, di fare ogni cosa secondo il modello che ti è stato mostrato sul monte.
L’Autore fa un passo in avanti, tanto avanti che è prima ancora dell’istituzione del Sacerdozio di Aronne.
La Tenda del Convegno fu costruita da Mosè. Fu però il Signore a ordinare la sua costruzione e anche a fornirgli il modello. Tutto questo è mirabilmente raccontato nel Libro dell’Esodo (c. 25), in questi termini:
“Il Signore disse a Mosè: Ordina agli Israeliti che raccolgano per me un'offerta. La raccoglierete da chiunque sia generoso di cuore. Ed ecco che cosa raccoglierete da loro come contributo: oro, argento e rame, tessuti di porpora viola e rossa, di scarlatto, di bisso e di pelo di capra, pelle di montone tinta di rosso, pelle di tasso e legno di acacia, olio per il candelabro, balsami per unguenti e per l'incenso aromatico, pietre di ònice e pietre da incastonare nell'efod e nel pettorale. Essi mi faranno un santuario e io abiterò in mezzo a loro. Eseguirete ogni cosa secondo quanto ti mostrerò, secondo il modello della Dimora e il modello di tutti i suoi arredi.
Faranno dunque un'arca di legno di acacia: avrà due cubiti e mezzo di lunghezza, un cubito e mezzo di larghezza, un cubito e mezzo di altezza. La rivestirai d'oro puro: dentro e fuori la rivestirai e le farai intorno un bordo d'oro. Fonderai per essa quattro anelli d'oro e li fisserai ai suoi quattro piedi: due anelli su di un lato e due anelli sull'altro.
Farai stanghe di legno di acacia e le rivestirai d'oro. Introdurrai le stanghe negli anelli sui due lati dell'arca per trasportare l'arca con esse. Le stanghe dovranno rimanere negli anelli dell'arca: non verranno tolte di lì.
Nell'arca collocherai la Testimonianza che io ti darò.
Farai il coperchio, o propiziatorio, d'oro puro; avrà due cubiti e mezzo di lunghezza e un cubito e mezzo di larghezza.
Farai due cherubini d'oro: li farai lavorati a martello sulle due estremità del coperchio. Fa’ un cherubino ad una estremità e un cherubino all'altra estremità. Farete i cherubini tutti di un pezzo con il coperchio alle sue due estremità. I cherubini avranno le due ali stese di sopra, proteggendo con le ali il coperchio; saranno rivolti l'uno verso l'altro e le facce dei cherubini saranno rivolte verso il coperchio.
Porrai il coperchio sulla parte superiore dell'arca e collocherai nell'arca la Testimonianza che io ti darò. Io ti darò convegno appunto in quel luogo: parlerò con te da sopra il propiziatorio, in mezzo ai due cherubini che saranno sull'arca della Testimonianza, ti darò i miei ordini riguardo agli Israeliti.
Farai una tavola di legno di acacia: avrà due cubiti di lunghezza, un cubito di larghezza, un cubito e mezzo di altezza. La rivestirai d'oro puro e le farai intorno un bordo d'oro.
Le farai attorno una cornice di un palmo e farai un bordo d'oro per la cornice.
Le farai quattro anelli d'oro e li fisserai ai quattro angoli che costituiranno i suoi quattro piedi. Gli anelli saranno contigui alla cornice e serviranno a inserire le stanghe destinate a trasportare la tavola.
Farai le stanghe di legno di acacia e le rivestirai d'oro; con esse si trasporterà la tavola.
Farai anche i suoi accessori, piatti, coppe, anfore e tazze per le libazioni: li farai d'oro puro. Sulla tavola collocherai i pani dell'offerta: saranno sempre alla mia presenza.
Farai anche un candelabro d'oro puro. Il candelabro sarà lavorato a martello, il suo fusto e i suoi bracci; i suoi calici, i suoi bulbi e le sue corolle saranno tutti di un pezzo. Sei bracci usciranno dai suoi lati: tre bracci del candelabro da un lato e tre bracci del candelabro dall'altro lato. Vi saranno su di un braccio tre calici in forma di fiore di mandorlo, con bulbo e corolla e così anche sull'altro braccio tre calici in forma di fiore di mandorlo, con bulbo e corolla. Così sarà per i sei bracci che usciranno dal candelabro. Il fusto del candelabro avrà quattro calici in forma di fiore di mandorlo, con i loro bulbi e le loro corolle: un bulbo sotto i due bracci che si dipartano da esso e un bulbo sotto gli altri due bracci e un bulbo sotto i due altri bracci che si dipartano da esso; così per tutti i sei bracci che escono dal candelabro. I bulbi e i relativi bracci saranno tutti di un pezzo: il tutto sarà formato da una sola massa d'oro puro lavorata a martello.
Farai le sue sette lampade: vi si collocheranno sopra in modo da illuminare lo spazio davanti ad esso. I suoi smoccolatoi e i suoi portacenere saranno d'oro puro. Lo si farà con un talento di oro puro, esso con tutti i suoi accessori. Guarda ed eseguisci secondo il modello che ti è stato mostrato sul monte”.
Era questo il “luogo” della presenza di Dio sulla terra. Da questo “luogo” Dio parlava a Mosè.
Cosa in verità ci vuole dire l’Autore?
Si è detto che tra i due sacerdozi – quello di Cristo e l’altro di Aronne – non c’è alcun punto di contatto. Sono sostanzialmente differenti.
A questa differenza sostanziale apporta un nuovo elemento che serve per distanziarla ancora di più.
La Tenda del Convegno sulla terra era una copia, o un’ombra, o figura delle realtà celesti, cioè della Tenda del Cielo.
Se è figura la Tenda, figura è anche il sacerdozio, figura è l’offerta. Tutto è figura.
La figura non è realtà. È ciò che rinvia alla realtà, non ancora presente, ma che sta per venire, sta per compiersi.
La realtà del Sacerdozio è quello di Cristo. La verità del Sacerdote è Cristo. Tutti gli altri che furono prima di Lui hanno esercitato un ministero che è solo figura di ciò che sarà il vero ministero e sono anche loro un’ombra, una figura del vero sacerdote che è Cristo.
Con questa ulteriore puntualizzazione, l’Autore sposta l’asse della verità da Aronne a Cristo.
Non è più Aronne il punto di riferimento per comprendere il Sacerdozio di Cristo, è il Sacerdozio di Cristo che ci consente di comprendere il Sacerdozio di Aronne e di classificarlo come una figura, un’ombra, ma non la realtà del vero Sacerdozio e del vero Sacerdote che è Cristo Gesù.
Il Sacerdozio di Aronne deve scomparire dalla loro mente, come scompare il buio quando il sole splende in pieno meriggio. Cristo è la luce, Aronne è l’ombra. Appare la luce, scompare l’ombra; appare la realtà, scompare la figura, si eclissa, perde ogni sua consistenza, perché non è realtà, come un’ombra non è la realtà della persona, o della cosa che tratteggia e fa in qualche modo intravedere.
L’ombra però ha la sua importanza. Deve condurci alla realtà. Una volta consegnatici ad essa, deve scomparire, sparire, perché si gusti e si viva solo la verità della realtà.
Il Modello è Cristo. Modello di tutto, di ogni cosa. Modello anche della testimonianza contenuta nella tenda del convegno.
[6]Ora invece egli ha ottenuto un ministero tanto più eccellente quanto migliore è l'alleanza di cui è mediatore, essendo questa fondata su migliori promesse.
In questo versetto l’Autore ci dona tre verità, che ci manifestano con maggiore chiarezza l’essenza stessa del Sacerdozio di Cristo Gesù.
Egli, Gesù, ha ottenuto un ministero più eccellente
Quanto migliore è l’alleanza di cui è mediatore
Essendo questa fondata su migliori promesse
Da quanto viene affermato, si evince una intima connessione tra il Sacerdozio di Cristo, l’Alleanza migliore e le migliori promesse della stessa.
Essendo l’Alleanza migliore, perché migliori sono le promesse è necessario che vi sia anche un sacerdozio capace di portare ogni cosa a compimento.
Sarebbe veramente non senso promettere il “meglio”, stabilire per questo “meglio” promesso una migliore alleanza e poi non avere gli strumenti adatti, capaci di portare a termine, a pienezza di realizzazione quanto promesso e stabilito anche sulla base di un’alleanza.
Essendo le promesse migliori, migliore deve essere l’alleanza, ma soprattutto migliore deve essere il sacerdozio che realizza quanto il Signore ha voluto e sigillato con un patto.
Tuttavia c’è da precisare una verità, non contenuta in questo versetto, ma che deve essere necessariamente messa in luce, in tutta la sua chiarezza.
Dio ha potuto fare migliori promesse e anche annunziare un’alleanza migliore solo in vista di Cristo e del Suo Sacerdozio.
Ora, secondo lo spirito e anche la lettera del Nuovo Testamento, Cristo è stato pensato nella sua Incarnazione fin dall’eternità, prima ancora che Adamo fosse stato creato, Dio aveva già il suo disegno di Incarnazione.
Sempre secondo la lettera e lo spirito del Nuovo Testamento non è Cristo che fu fatto ad immagine di Adamo, è bensì Adamo che fu fatto, pensato ad immagine di Cristo.
Prima è pensato Cristo da Dio, poi Adamo e se Adamo è stato pensato, ciò è stato possibile in Dio in quanto Lui aveva già pensato a Cristo Gesù e lo aveva pensato per essere l’immagine vera di ogni uomo.
Ogni uomo è vero uomo se si fa ad immagine di Cristo Gesù, se realizza se stesso secondo la misura della verità e della carità che sono in Cristo Gesù. Questa è la nostra verità.
Ora se Cristo è prima della creazione dell’uomo, è prima del peccato, prima dell’Antica Alleanza, prima del sacerdozio che la reggeva, prima di ogni altra cosa. Non solo è prima, ma anche dopo. Tutto il dopo della creazione è finalizzato a Lui, deve trovare compimento del suo eterno sacerdozio alla maniera di Melchisedek.
Questa è la verità. Ed è anche questo il motivo per cui le cose migliori sono possibili perché Dio ha già Colui che le realizza.
Avendo chi le realizza, le può anche promettere. Altrimenti sarebbe stato impossibile per il Signore promettere qualcosa di così grande, senza la Persona capace di portare a compimento ogni cosa.
Fermarsi all’Antico Testamento e alle sue istituzioni, anche le più sante, è fermare lo stesso disegno di Dio, non un disegno nato dalla storia, ma l’unico disegno di Dio: quello pensato fin dall’eternità, quello nel quale tutto si rende comprensibile e tutto acquisisce la sua verità, compreso tutto l’Antico Testamento e la storia della salvezza prima della nascita dalla Vergine Maria del Verbo della vita.
Questo ci fa gettare uno sguardo nell’eternità, ci fa andare oltre il tempo e la storia, oltre il peccato e la trasgressione. Ci fa andare al disegno eterno di Dio che ha un solo scopo: quello di fare di ogni uomo sulla terra un’immagine di Cristo Gesù, l’Immagine eterna e storica del vero uomo.
Ma questa immagine non si costruisce fuori di Cristo, bensì in Lui, per Lui e con Lui ed è questa l’essenza primaria, fondamentale del suo Sacerdozio e non solamente quella di espiare i nostri peccati.
Gesù è il Sacerdote che si offre al Padre, ma anche il Sacerdote offerto dal Padre a noi, a noi dato, perché noi in lui ci facciamo, ci offriamo, diventiamo veri della sua stessa verità.
Sono queste le cose migliori contenute nell’alleanza migliore che Dio ha stabilito per noi nel Sangue del suo sommo ed eterno sacerdote, Gesù Cristo nostro Signore. Sacerdote che offre se stesso per noi, Sacerdote che è offerto dal Padre per noi, per la nostra vita e verità eterna.
È questo il suo ministero eccellente. È eccellente perché divino, eterno, stabilito dal Padre prima della creazione del mondo, prima che iniziasse la stessa storia.
[7]Se la prima infatti fosse stata perfetta, non sarebbe stato il caso di stabilirne un'altra.
Viene ora ribadita l’imperfezione della prima Alleanza. Perché allora Dio ha stabilito questa prima Alleanza, pur sapendo e conoscendo la sua imperfezione?
La risposta è già stata data, anche se non in modo chiaro ed esplicito, quando si è parlato dell’uomo storico e dell’uomo metafisico.
L’uomo creato da Dio è avvolto dal tempo. Possiamo dire che si fa nel tempo, perché nel tempo diviene.
Dio prende quest’uomo e con sommo amore, somma cura, somma benevolenza, somma attenzione inizia a condurlo verso la sua più alta umanizzazione.
Dio sa chi è l’uomo. Lo ha fatto a sua immagine e somiglianza. Questa immagine è stata come frantumata dal peccato. Frantumata, ma non distrutta, non abolita, non cancellata.
Si tratta ora di mettere ogni cosa al suo posto, ma non solamente ricucendo il tutto, quanto operando per nuova creazione, per un nuovo inizio della storia dell’umanità e questo nuovo inizio è in Cristo Gesù e nel suo mistero di morte e di risurrezione, di verità e di grazia, di santità e di giustizia. Questo nuovo inizio è nello Spirito Santo che crea la nuova vita nel cuore dell’uomo.
Ecco allora che tutto l’Antico Testamento, in ogni sua istituzione, è una tappa verso Cristo. Tutto il Nuovo invece è una tappa verso la conoscenza della verità tutta intera.
Ancora l’uomo conosce poco di Dio, sa niente di Lui. Sa poco e niente perché ancora poco e niente conosce della Rivelazione.
Lo Spirito Santo che conduce la Chiesa verso la verità tutta intera ancora non ha finito di parlare, di illuminare, di spiegare, di far comprendere.
È questa l’essenza dell’uomo storico: quella di camminare verso Dio nella comprensione della sua verità e mentre cammina nella verità, quella di farsi verità con l’aiuto dello Spirito Santo.
Farsi verità di Cristo in Cristo, con Cristo, per Cristo, nella novità sempre attuale che crea nel suo cuore lo Spirito di Dio.
È questo il motivo per cui fu stabilita la prima Alleanza, come prima tappa verso la pienezza che si ottiene solamente grazie a Cristo e al suo Santo Spirito.
Allora non si può parlare di sostituzione vera e propria. Si deve parlare più correttamente di cammino storico dell’uomo e la storia progredisce da ciò che è imperfetto verso ciò che è perfetto e da ciò che è inefficace verso ciò che è efficace.
Se comprendiamo questo, riusciamo anche a comprendere l’agire di Dio e l’immensa misericordia che ha verso di noi, oggi, ieri, domani, sempre.
[8]Dio infatti, biasimando il suo popolo, dice: Ecco vengono giorni, dice il Signore, quando io stipulerò con la casa d'Israele e con la casa di Giuda un'alleanza nuova;
Viene ora riportato per intero il passo di Geremia (31,31-34), che contiene la promessa del Signore di stringere con il suo popolo una nuova alleanza.
Il passo è già stato riportato per intero nelle pagine precedenti, incluso tutto il capitolo 31.
Ora a noi interessa individuare con esattezza tutti gli elementi di questa nuova alleanza e fare, se possibile, il collegamento con Cristo Gesù.
La prima affermazione dell’Autore è questa: Dio biasimando il suo popolo, dice…
Questo biasimo è la constatazione che un’alleanza fondata solo sulla vecchia natura dell’uomo non può produrre frutti di verità e di giustizia.
Se l’uomo, per la sua natura corrotta dal peccato, potesse osservare tutta la legge di Dio, veramente non ci sarebbe bisogno di altro.
Una verità deve essere chiarita fin da subito.
Il peccato, ogni peccato, non è solamente una violazione esterna della Legge. Se fosse una violazione esterna della Legge, la Legge verrebbe violata, ma l’uomo resterebbe intatto nella sua natura, nella sua essenza.
Il peccato in questo caso sarebbe fuori di lui, non in lui. Lui resterebbe intatto in se stesso e quindi, anche se ha offeso Dio in modo grave, a Dio si chiede perdono e tutto ritornerebbe come prima.
Questo sarebbe il risultato, se il peccato fosse solo una trasgressione di legge, anche della più santa e più sacra.
Invece il peccato non è solamente questo. Non è solamente offesa a Dio e agli uomini, distruzione dell’amicizia con Dio e con gli uomini.
Il peccato è morte: morte nell’anima, nello spirito, nel corpo. Morte nell’intelligenza e nella volontà. Morte nei sentimenti e nelle relazioni. Morte della stessa unità nell’uomo tra le sue facoltà.
Da questa morte non ci si risolleva da sé. Né la Legge ha questa forza di riportare l’uomo nella sua vita vera.
Il biasimo allora diviene constatazione storica di Dio, fatta per mezzo del profeta, di una impossibilità dell’uomo di osservare la Legge, perché la natura corrotta dalla morte, è incapace, non può, non sa, non vede, è cieca, sorda, muta ad ogni richiamo del Signore.
Con Geremia è venuto il momento, poiché i tempi sono maturi, per il Signore di dare pienezza di verità al futuro dell’uomo.
Egli fa tutto questo attraverso una promessa: ecco vengono giorni, dice il Signore, quando io stipulerò con la casa d’Israele e con la casa di Giuda un’alleanza nuova.
È, questa, vera profezia di un avvenimento che si compirà un giorno: sappiamo che si compirà, non sappiamo quando si compirà. Il quando non appartiene alla rivelazione. Alla rivelazione appartiene l’evento.
È l’evento il vero contenuto della profezia. Ogni evento della profezia però si può compiere nel cielo o sulla terra, ma anche in un lontano futuro, come anche immediato.
Le parole usate ci dicono che avverrà di certo, resta però ignota la data del suo compimento: ecco verranno giorni…
Altra verità da sottolineare è questa: ciò che il Signore promette non riguarda solo una parte della discendenza di Abramo, bensì ogni singola tribù dei Figli di Israele.
Che il popolo del Signore sia diviso, questo non implica che l’alleanza si fa con una tribù e si escludano le altre.
La promessa della benedizione nella discendenza di Abramo è con tutti i figli di Abramo. Con tutti loro il Signore stringerà nei giorni che verranno questa alleanza nuova.
Questo ci fa dire che il peccato può anche distruggere il disegno eterno di Dio sull’uomo. Il Signore, però, ha come finalità, scopo, intenzione di ristabilire l’uomo – non un uomo, o quest’uomo – nel suo progetto originario, eterno, stabilito e fondato per lui prima della sua stessa creazione.
Questo ci fa dire anche che il peccato non può mutare la volontà di Dio, perché essa è stata stabilita prima dello stesso peccato.
Ognuno però ha la potestà di rendere nullo per sé il disegno eterno di Dio, ma mai impedire che Dio lo possa realizzare in tutto il suo splendore di vita eterna, vita divina, vita cristica.
Ciò che il Signore farà è la stipula di un’alleanza nuova. È nuova per rapporto a quella antica. Ma non è nuova solamente perché quella è stata e, quindi, è già vecchia, questa sarà e, quindi, è nuova.
È nuova perché nuovi saranno i contenuti di questa alleanza, nuove le promesse. L’Autore ci ha già detto che le promesse sono migliori e per questo l’alleanza è migliore e migliore è anche il sacerdozio sul quale viene stabilita e fondata.
[9]non come l'alleanza che feci con i loro padri, nel giorno in cui li presi per mano per farli uscire dalla terra d'Egitto; poiché essi non son rimasti fedeli alla mia alleanza, anch'io non ebbi più cura di loro, dice il Signore.
È giusto che ci chiediamo in che cosa consistesse esattamente questa alleanza.
Per avere la più perfetta conoscenza possibile, prima presenteremo il testo così come esso è esposto nel Libro dell’Esodo e inseguito lo si analizzerà nei suoi elementi fondamentali.
Ecco Il testo e le modalità dell’alleanza secondo l’Esodo. Si riportano in successione e per intero i capitoli 19.20.21.22.23.24.
Dopo aver preso visione di quanto è avvenuto al Sinai, verranno offerti in sintesi gli elementi costitutivi dell’Alleanza.
Es. 19: “Al terzo mese dall'uscita degli Israeliti dal paese di Egitto, proprio in quel giorno, essi arrivarono al deserto del Sinai. Levato l'accampamento da Refidim, arrivarono al deserto del Sinai, dove si accamparono; Israele si accampò davanti al monte. Mosè salì verso Dio e il Signore lo chiamò dal monte, dicendo: Questo dirai alla casa di Giacobbe e annuncerai agli Israeliti: Voi stessi avete visto ciò che io ho fatto all'Egitto e come ho sollevato voi su ali di aquile e vi ho fatti venire fino a me. Ora, se vorrete ascoltare la mia voce e custodirete la mia alleanza, voi sarete per me la proprietà tra tutti i popoli, perché mia è tutta la terra! Voi sarete per me un regno di sacerdoti e una nazione santa. Queste parole dirai agli Israeliti.
Mosè andò, convocò gli anziani del popolo e riferì loro tutte queste parole, come gli aveva ordinato il Signore. Tutto il popolo rispose insieme e disse: Quanto il Signore ha detto, noi lo faremo.
Mosè tornò dal Signore e riferì le parole del popolo. Il Signore disse a Mosè: Ecco, io sto per venire verso di te in una densa nube, perché il popolo senta quando io parlerò con te e credano sempre anche a te. Mosè riferì al Signore le parole del popolo.
Il Signore disse a Mosè: Va’ dal popolo e purificalo oggi e domani: lavino le loro vesti e si tengano pronti per il terzo giorno, perché nel terzo giorno il Signore scenderà sul monte Sinai alla vista di tutto il popolo. Fisserai per il popolo un limite tutto attorno, dicendo: Guardatevi dal salire sul monte e dal toccare le falde. Chiunque toccherà il monte sarà messo a morte. Nessuna mano però dovrà toccare costui: dovrà essere lapidato o colpito con tiro di arco. Animale o uomo non dovrà sopravvivere. Quando suonerà il corno, allora soltanto essi potranno salire sul monte.
Mosè scese dal monte verso il popolo; egli fece purificare il popolo ed essi lavarono le loro vesti. Poi disse al popolo: Siate pronti in questi tre giorni: non unitevi a donna.
Appunto al terzo giorno, sul far del mattino, vi furono tuoni, lampi, una nube densa sul monte e un suono fortissimo di tromba: tutto il popolo che era nell'accampamento fu scosso da tremore. Allora Mosè fece uscire il popolo dall'accampamento incontro a Dio. Essi stettero in piedi alle falde del monte. Il monte Sinai era tutto fumante, perché su di esso era sceso il Signore nel fuoco e il suo fumo saliva come il fumo di una fornace: tutto il monte tremava molto. Il suono della tromba diventava sempre più intenso: Mosè parlava e Dio gli rispondeva con voce di tuono.
Il Signore scese dunque sul monte Sinai, sulla vetta del monte, e il Signore chiamò Mosè sulla vetta del monte. Mosè salì. Poi il Signore disse a Mosè: Scendi, scongiura il popolo di non irrompere verso il Signore per vedere, altrimenti ne cadrà una moltitudine! Anche i sacerdoti, che si avvicinano al Signore, si tengano in stato di purità, altrimenti il Signore si avventerà contro di loro!.
Mosè disse al Signore: Il popolo non può salire al monte Sinai, perché tu stesso ci hai avvertiti dicendo: Fissa un limite verso il monte e dichiaralo sacro.
Il Signore gli disse: Va’, scendi, poi salirai tu e Aronne con te. Ma i sacerdoti e il popolo non si precipitino per salire verso il Signore, altrimenti egli si avventerà contro di loro!. Mosè scese verso il popolo e parlò”.
Es. 20: “Dio allora pronunciò tutte queste parole: Io sono il Signore, tuo Dio, che ti ho fatto uscire dal paese d'Egitto, dalla condizione di schiavitù: non avrai altri dei di fronte a me. Non ti farai idolo né immagine alcuna di ciò che è lassù nel cielo né di ciò che è quaggiù sulla terra, né di ciò che è nelle acque sotto la terra. Non ti prostrerai davanti a loro e non li servirai. Perché io, il Signore, sono il tuo Dio, un Dio geloso, che punisce la colpa dei padri nei figli fino alla terza e alla quarta generazione, per coloro che mi odiano, ma che dimostra il suo favore fino a mille generazioni, per quelli che mi amano e osservano i miei comandi.
Non pronuncerai invano il nome del Signore, tuo Dio, perché il Signore non lascerà impunito chi pronuncia il suo nome invano.
Ricordati del giorno di sabato per santificarlo: sei giorni faticherai e farai ogni tuo lavoro; ma il settimo giorno è il sabato in onore del Signore, tuo Dio: tu non farai alcun lavoro, né tu, né tuo figlio, né tua figlia, né il tuo schiavo, né la tua schiava, né il tuo bestiame, né il forestiero che dimora presso di te. Perché in sei giorni il Signore ha fatto il cielo e la terra e il mare e quanto è in essi, ma si è riposato il giorno settimo. Perciò il Signore ha benedetto il giorno di sabato e lo ha dichiarato sacro.
Onora tuo padre e tua madre, perché si prolunghino i tuoi giorni nel paese che ti da il Signore, tuo Dio. Non uccidere. Non commettere adulterio. Non rubare. Non pronunciare falsa testimonianza contro il tuo prossimo.
Non desiderare la casa del tuo prossimo. Non desiderare la moglie del tuo prossimo, né il suo schiavo, né la sua schiava, né il suo bue, né il suo asino, né alcuna cosa che appartenga al tuo prossimo.
Tutto il popolo percepiva i tuoni e i lampi, il suono del corno e il monte fumante. Il popolo vide, fu preso da tremore e si tenne lontano. Allora dissero a Mosè: Parla tu a noi e noi ascolteremo, ma non ci parli Dio, altrimenti moriremo!
Mosè disse al popolo: Non abbiate timore: Dio è venuto per mettervi alla prova e perché il suo timore vi sia sempre presente e non pecchiate.
Il popolo si tenne dunque lontano, mentre Mosè avanzò verso la nube oscura, nella quale era Dio. Il Signore disse a Mosè: Dirai agli Israeliti: Avete visto che vi ho parlato dal cielo! Non fate dei d'argento e dei d'oro accanto a me: non fatene per voi! Farai per me un altare di terra e, sopra, offrirai i tuoi olocausti e i tuoi sacrifici di comunione, le tue pecore e i tuoi buoi; in ogni luogo dove io vorrò ricordare il mio nome, verrò a te e ti benedirò. Se tu mi fai un altare di pietra, non lo costruirai con pietra tagliata, perché alzando la tua lama su di essa, tu la renderesti profana. Non salirai sul mio altare per mezzo di gradini, perché là non si scopra la tua nudità.
Es. 21: Queste sono le norme che tu esporrai loro. Quando tu avrai acquistato uno schiavo ebreo, egli ti servirà per sei anni e nel settimo potrà andarsene libero, senza riscatto. Se è entrato solo, uscirà solo; se era coniugato, sua moglie se ne andrà con lui. Se il suo padrone gli ha dato moglie e questa gli ha partorito figli o figlie, la donna e i suoi figli saranno proprietà del padrone ed egli se ne andrà solo. Ma se lo schiavo dice: Io sono affezionato al mio padrone, a mia moglie, ai miei figli; non voglio andarmene in libertà, allora il suo padrone lo condurrà davanti a Dio, lo farà accostare al battente o allo stipite della porta e gli forerà l'orecchio con la lesina; quegli sarà suo schiavo per sempre.
Quando un uomo venderà la figlia come schiava, essa non se ne andrà come se ne vanno gli schiavi. Se essa non piace al padrone, che così non se la prende come concubina, la farà riscattare. Comunque egli non può venderla a gente straniera, agendo con frode verso di lei. Se egli la vuol dare come concubina al proprio figlio, si comporterà nei suoi riguardi secondo il diritto delle figlie. Se egli ne prende un'altra per sé, non diminuirà alla prima il nutrimento, il vestiario, la coabitazione. Se egli non fornisce a lei queste cose, essa potrà andarsene, senza che sia pagato il prezzo del riscatto.
Colui che colpisce un uomo causandone la morte, sarà messo a morte. Però per colui che non ha teso insidia, ma che Dio gli ha fatto incontrare, io ti fisserò un luogo dove potrà rifugiarsi.
Ma, quando un uomo attenta al suo prossimo per ucciderlo con inganno, allora lo strapperai anche dal mio altare, perché sia messo a morte.
Colui che percuote suo padre o sua madre sarà messo a morte.
Colui che rapisce un uomo e lo vende, se lo si trova ancora in mano a lui, sarà messo a morte.
Colui che maledice suo padre o sua madre sarà messo a morte.
Quando alcuni uomini rissano e uno colpisce il suo prossimo con una pietra o con il pugno e questi non è morto, ma debba mettersi a letto, se poi si alza ed esce con il bastone, chi lo ha colpito sarà ritenuto innocente, ma dovrà pagare il riposo forzato e procurargli le cure.
Quando un uomo colpisce con il bastone il suo schiavo o la sua schiava e gli muore sotto le sue mani, si deve fare vendetta. Ma se sopravvive un giorno o due, non sarà vendicato, perché è acquisto del suo denaro.
Quando alcuni uomini rissano e urtano una donna incinta, così da farla abortire, se non vi è altra disgrazia, si esigerà un'ammenda, secondo quanto imporrà il marito della donna, e il colpevole pagherà attraverso un arbitrato.Ma se segue una disgrazia, allora pagherai vita per vita: occhio per occhio, dente per dente, mano per mano, piede per piede, bruciatura per bruciatura, ferita per ferita, livido per livido.
Quando un uomo colpisce l'occhio del suo schiavo o della sua schiava e lo acceca, gli darà la libertà in compenso dell'occhio. Se fa cadere il dente del suo schiavo o della sua schiava, gli darà la libertà in compenso del dente.
Quando un bue cozza con le corna contro un uomo o una donna e ne segue la morte, il bue sarà lapidato e non se ne mangerà la carne. Però il proprietario del bue è innocente. Ma se il bue era solito cozzare con le corna già prima e il padrone era stato avvisato e non lo aveva custodito, se ha causato la morte di un uomo o di una donna, il bue sarà lapidato e anche il suo padrone dev'essere messo a morte. Se invece gli viene imposta una compensazione, egli pagherà il riscatto della propria vita, secondo quanto gli verrà imposto. Se cozza con le corna contro un figlio o se cozza contro una figlia, si procederà nella stessa maniera. Se il bue colpisce con le corna uno schiavo o una schiava, si pagheranno al padrone trenta sicli d'argento e il bue sarà lapidato.
Quando un uomo lascia una cisterna aperta oppure quando un uomo scava una cisterna e non la copre, se vi cade un bue o un asino, il proprietario della cisterna deve dare l'indennizzo: verserà il denaro al padrone della bestia e l'animale morto gli apparterrà.
Quando il bue di un uomo cozza contro il bue del suo prossimo e ne causa la morte, essi venderanno il bue vivo e se ne divideranno il prezzo; si divideranno anche la bestia morta. Ma se è notorio che il bue cozzava già prima e il suo padrone non lo ha custodito, egli dovrà dare come indennizzo bue per bue e la bestia morta gli apparterrà.
Quando un uomo ruba un bue o un montone e poi lo scanna o lo vende, darà come indennizzo cinque capi di grosso bestiame per il bue e quattro capi di bestiame per il montone”.
Es. 22: “Se un ladro viene sorpreso mentre sta facendo una breccia in un muro e viene colpito e muore, non vi è vendetta di sangue. Ma se il sole si era già alzato su di lui, a suo riguardo vi è vendetta di sangue. Il ladro dovrà dare l'indennizzo: se non avrà di che pagare, sarà venduto in compenso dell'oggetto rubato. Se si trova ancora in vita e in suo possesso ciò che è stato rubato, si tratti di bue, di asino o di montone, restituirà il doppio.
Quando un uomo usa come pascolo un campo o una vigna e lascia che il suo bestiame vada a pascolare nel campo altrui, deve dare l'indennizzo con il meglio del suo campo e con il meglio della sua vigna.
Quando un fuoco si propaga e si attacca ai cespugli spinosi, se viene bruciato un mucchio di covoni o il grano in spiga o il grano in erba, colui che ha provocato l'incendio darà l'indennizzo.
Quando un uomo dá  in custodia al suo prossimo argento od oggetti e poi nella casa di questo uomo viene commesso un furto, se si trova il ladro, restituirà il doppio. Se il ladro non si trova, il padrone della casa si accosterà a Dio per giurare che non ha allungato la mano sulla proprietà del suo prossimo. Qualunque sia l'oggetto di una frode, si tratti di un bue, di un asino, di un montone, di una veste, di qualunque oggetto perduto, di cui uno dice: E` questo!, la causa delle due parti andrà fino a Dio: colui che Dio dichiarerà colpevole restituirà il doppio al suo prossimo.
Quando un uomo dá  in custodia al suo prossimo un asino o un bue o un capo di bestiame minuto o qualsiasi bestia, se la bestia è morta o si è prodotta una frattura o è stata rapita senza testimone, tra le due parti interverrà un giuramento per il Signore, per dichiarare che il depositario non ha allungato la mano sulla proprietà del suo prossimo. Il padrone della bestia accetterà e l'altro non dovrà restituire. Ma se la bestia è stata rubata quando si trovava presso di lui, pagherà l'indennizzo al padrone di essa. Se invece è stata sbranata, la porterà in testimonianza e non dovrà dare l'indennizzo per la bestia sbranata.
Quando un uomo prende in prestito dal suo prossimo una bestia e questa si è prodotta una frattura o è morta in assenza del padrone, dovrà pagare l'indennizzo. Ma se il padrone si trova presente, non deve restituire; se si tratta di una bestia presa a nolo, la sua perdita è compensata dal prezzo del noleggio.
Quando un uomo seduce una vergine non ancora fidanzata e pecca con lei, ne pagherà la dote nuziale ed essa diverrà sua moglie. Se il padre di lei si rifiuta di dargliela, egli dovrà versare una somma di denaro pari alla dote nuziale delle vergini.
Non lascerai vivere colei che pratica la magìa.
Chiunque si abbrutisce con una bestia sia messo a morte.
Colui che offre un sacrificio agli dei, oltre al solo Signore, sarà votato allo sterminio.
Non molesterai il forestiero né lo opprimerai, perché voi siete stati forestieri nel paese d'Egitto.
Non maltratterai la vedova o l'orfano. Se tu lo maltratti, quando invocherà da me l'aiuto, io ascolterò il suo grido, la mia collera si accenderà e vi farò morire di spada: le vostre mogli saranno vedove e i vostri figli orfani.
Se tu presti denaro a qualcuno del mio popolo, all'indigente che sta con te, non ti comporterai con lui da usuraio: voi non dovete imporgli alcun interesse.
Se prendi in pegno il mantello del tuo prossimo, glielo renderai al tramonto del sole, perché è la sua sola coperta, è il mantello per la sua pelle; come potrebbe coprirsi dormendo? Altrimenti, quando invocherà da me l'aiuto, io ascolterò il suo grido, perché io sono pietoso.
Non bestemmierai Dio e non maledirai il principe del tuo popolo.
Non ritarderai l'offerta di ciò che riempie il tuo granaio e di ciò che stilla dal tuo frantoio. Il primogenito dei tuoi figli lo darai a me. Così farai per il tuo bue e per il tuo bestiame minuto: sette giorni resterà con sua madre, l'ottavo giorno me lo darai.
Voi sarete per me uomini santi: non mangerete la carne di una bestia sbranata nella campagna, la getterete ai cani”.
Es. 23: “Non spargerai false dicerie; non presterai mano al colpevole per essere testimone in favore di un'ingiustizia. Non seguirai la maggioranza per agire male e non deporrai in processo per deviare verso la maggioranza, per falsare la giustizia. Non favorirai nemmeno il debole nel suo processo.
Quando incontrerai il bue del tuo nemico o il suo asino dispersi, glieli dovrai ricondurre. Quando vedrai l'asino del tuo nemico accasciarsi sotto il carico, non abbandonarlo a se stesso: mettiti con lui ad aiutarlo.
Non farai deviare il giudizio del povero, che si rivolge a te nel suo processo. Ti terrai lontano da parola menzognera. Non far morire l'innocente e il giusto, perché io non assolvo il colpevole. Non accetterai doni, perché il dono acceca chi ha gli occhi aperti e perverte anche le parole dei giusti.
Non opprimerai il forestiero: anche voi conoscete la vita del forestiero, perché siete stati forestieri nel paese d'Egitto.