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CAPITOLO SETTIMO





MELCHISEDEK FIGURA DI CRISTO
[1]Questo Melchìsedek infatti, re di Salem, sacerdote del Dio Altissimo, andò incontro ad Abramo mentre ritornava dalla sconfitta dei re e lo benedisse;
Si è detto che Melchisedek compare nella Scrittura una sola volta, in un solo episodio, che riportiamo per intero, un’altra volta, aggiungendovi l’impresa della vittoria di Abramo sui re:
“Al tempo di Amrafel re di Sennaar, di Arioch re di Ellasar, di Chedorlaomer re dell'Elam e di Tideal re di Goim, costoro mossero guerra contro Bera re di Sòdoma, Birsa re di Gomorra, Sinab re di Adma, Semeber re di Zeboim, e contro il re di Bela, cioè Zoar. Tutti questi si concentrarono nella valle di Siddim, cioè il Mar Morto. Per dodici anni essi erano stati sottomessi a Chedorlaomer, ma il tredicesimo anno si erano ribellati. Nell'anno quattordicesimo arrivarono Chedorlaomer e i re che erano con lui e sconfissero i Refaim ad Astarot-Karnaim, gli Zuzim ad Am, gli Emim a Save-Kiriataim e gli Hurriti sulle montagne di Seir fino a El-Paran, che è presso il deserto.
Poi mutarono direzione e vennero a En-Mispat, cioè Kades, e devastarono tutto il territorio degli Amaleciti e anche degli Amorrei che abitavano in Azazon-Tamar. Allora il re di Sòdoma, il re di Gomorra, il re di Adma, il re di Zeboim e il re di Bela, cioè Zoar, uscirono e si schierarono a battaglia nella valle di Siddim contro di esso, e cioè contro Chedorlaomer re dell'Elam, Tideal re di Goim, Amrafel re di Sennaar e Arioch re di Ellasar: quattro re contro cinque. Ora la valle di Siddim era piena di pozzi di bitume; mentre il re di Sòdoma e il re di Gomorra si davano alla fuga, alcuni caddero nei pozzi e gli altri fuggirono sulle montagne.
Gli invasori presero tutti i beni di Sodoma e Gomorra e tutti i loro viveri e se ne andarono. Andandosene catturarono anche Lot, figlio del fratello di Abram, e i suoi beni: egli risiedeva appunto in Sòdoma. Ma un fuggiasco venne ad avvertire Abram l'Ebreo che si trovava alle Querce di Mamre l'Amorreo, fratello di Escol e fratello di Aner i quali erano alleati di Abram. Quando Abram seppe che il suo parente era stato preso prigioniero, organizzò i suoi uomini esperti nelle armi, schiavi nati nella sua casa, in numero di trecentodiciotto, e si diede all'inseguimento fino a Dan. Piombò sopra di essi di notte, lui con i suoi servi, li sconfisse e proseguì l'inseguimento fino a Coba, a settentrione di Damasco. Ricuperò così tutta la roba e anche Lot suo parente, i suoi beni, con le donne e il popolo.
Quando Abram fu di ritorno, dopo la sconfitta di Chedorlaomer e dei re che erano con lui, il re di Sòdoma gli uscì incontro nella Valle di Save, cioè la Valle del re. Intanto Melchisedek, re di Salem, offrì pane e vino: era sacerdote del Dio altissimo e benedisse Abram con queste parole: Sia benedetto Abram dal Dio altissimo, creatore del cielo e della terra, e benedetto sia il Dio altissimo, che ti ha messo in mano i tuoi nemici. Abram gli diede la decima di tutto.
Poi il re di Sòdoma disse ad Abram: Dammi le persone; i beni prendili per te. Ma Abram disse al re di Sòdoma: Alzo la mano davanti al Signore, il Dio altissimo, creatore del cielo e della terra: né un filo, né un legaccio di sandalo, niente io prenderò di ciò che è tuo; non potrai dire: io ho arricchito Abram. Per me niente, se non quello che i servi hanno mangiato; quanto a ciò che spetta agli uomini che sono venuti con me, Escol, Aner e Mamre, essi stessi si prendano la loro parte” (Cfr Gn 14,1-24).
Le verità di questo primo versetto possono essere così riassunte:
Il contesto storico è la vittoria di Abramo sui re che avevano catturato Lot.
In questo contesto e in esso solamente appare la figura di un uomo avvolto dal mistero: Melchisedek.
Melchisedek è re di Salem.
È sacerdote del Dio Altissimo.
Al Dio Altissimo offre pane e vino.
Melchisedek benedice Abramo.
Melchisedek è insieme sacerdote e re. Cristo è sacerdote e re.
Melchisedek è sacerdote del Dio Altissimo. Cristo è sacerdote del Dio Altissimo.
Melchisedek benedice Abramo. Cristo Gesù è la benedizione di ogni uomo.
Melchisedek offre al Dio Altissimo pane e vino. Cristo offre al Dio Altissimo il pane e il vino perché lo trasformi in sacramento di salvezza, nel sacramento del Suo corpo e del Suo Sangue.
Già si può individuare il motivo per cui Cristo Gesù è sacerdote alla maniera di Melchisedek:
perché è re e sacerdote.
Perché offre al Dio Altissimo pane e vino.
Dicendo alla maniera, non significa che vi sia sostanziale identità. La similitudine è nella forma, nella sostanza vi è la più alta dissimilitudine.
È giusto però che seguiamo l’Autore nello sviluppo delle sue argomentazioni:
[2]a lui Abramo diede la decima di ogni cosa; anzitutto il suo nome tradotto significa re di giustizia; è inoltre anche re di Salem, cioè re di pace.
Melchisedek riceve da Abramo la decima di tutto ciò che aveva recuperato in battaglia. Anche questa azione di Abramo ha un significato che presto ci sarà svelato. Anticipandolo, è da dire che è il superiore che benedice l’inferiore.
Melchidesdek è superiore ad Abramo. Ma Abramo non è Abramo, Abramo è tutto il popolo di Dio. Melchisedek è superiore al popolo di Dio e quindi anche ad Aronne e al suo sacerdozio, poiché in Abramo anche Aronne riconosce il sacerdozio di Melchisedek superiore al suo.
Dopo aver dato le notizie storiche, che sono esclusivamente quelle riportate nel capitolo 14 della Genesi, in questi pochissimi versetti, l’Autore aggiunge Lui le proprie considerazioni.
Legge ed interpreta il testo. Questa interpretazione è ispirata, perché fa parte del Testo Sacro del Nuovo Testamento. Essendo ispirata diventa per noi verità su cui possiamo edificare la nostra fede in Cristo Gesù.
Partiamo dal nome:
Melchisedek significa: re di giustizia.
Egli è re di Salem, cioè re di pace.
Sono, questi, i due doni messianici per eccellenza: la giustizia e la pace.
Cristo è sacerdote alla maniera di Melchisedek perché Lui sarà per il mondo intero non solo il re nel cui regno abiteranno la giustizia e la pace, ma lui stesso sarà il datore della giustizia e della pace.
Egli annunzierà la giustizia e la creerà nei cuori. Annunzierà la pace e la darà a tutti coloro che crederanno nella sua Parola.
Cristo è re di giustizia e di pace, perché “autore” di esse, autore però per il mondo intero.
È sufficiente leggere uno solo dei Canti del Servo del Signore di Isaia per convincersi di questa verità.
“Ecco il mio servo che io sostengo, il mio eletto di cui mi compiaccio. Ho posto il mio spirito su di lui; egli porterà il diritto alle nazioni. Non griderà né alzerà il tono, non farà udire in piazza la sua voce, non spezzerà una canna incrinata, non spegnerà uno stoppino dalla fiamma smorta. Proclamerà il diritto con fermezza; non verrà meno e non si abbatterà, finché non avrà stabilito il diritto sulla terra; e per la sua dottrina saranno in attesa le isole. Così dice il Signore Dio che crea i cieli e li dispiega, distende la terra con ciò che vi nasce, dà  il respiro alla gente che la abita e l'alito a quanti camminano su di essa: Io, il Signore, ti ho chiamato per la giustizia e ti ho preso per mano; ti ho formato e stabilito come alleanza del popolo e luce delle nazioni, perché tu apra gli occhi ai ciechi e faccia uscire dal carcere i prigionieri, dalla reclusione coloro che abitano nelle tenebre. Io sono il Signore: questo è il mio nome; non cederò la mia gloria ad altri, né il mio onore agli idoli. I primi fatti, ecco, sono avvenuti e i nuovi io preannunzio; prima che spuntino, ve li faccio sentire. Cantate al Signore un canto nuovo, lode a lui fino all'estremità della terra; lo celebri il mare con quanto esso contiene, le isole con i loro abitanti. Esulti il deserto con le sue città, esultino i villaggi dove abitano quelli di Kedàr; acclamino gli abitanti di Sela, dalla cima dei monti alzino grida. Diano gloria al Signore e il suo onore divulghino nelle isole”. (Cfr. Is. 42,1-12).
Non è forse un inno alla pace, l’altro cantico del Servo, sempre di Isaia?
Ascoltatemi, o isole, udite attentamente, nazioni lontane; il Signore dal seno materno mi ha chiamato, fino dal grembo di mia madre ha pronunziato il mio nome. Ha reso la mia bocca come spada affilata, mi ha nascosto all'ombra della sua mano, mi ha reso freccia appuntita, mi ha riposto nella sua faretra. Mi ha detto: Mio servo tu sei, Israele, sul quale manifesterò la mia gloria. Io ho risposto: Invano ho faticato, per nulla e invano ho consumato le mie forze. Ma, certo, il mio diritto è presso il Signore, la mia ricompensa presso il mio Dio.
Ora disse il Signore che mi ha plasmato suo servo dal seno materno per ricondurre a lui Giacobbe e a lui riunire Israele, poiché ero stato stimato dal Signore e Dio era stato la mia forza mi disse:
E` troppo poco che tu sia mio servo per restaurare le tribù di Giacobbe e ricondurre i superstiti di Israele. Ma io ti renderò luce delle nazioni perché porti la mia salvezza fino all'estremità della terra. Dice il Signore, il redentore di Israele, il suo Santo, a colui la cui vita è disprezzata, al reietto delle nazioni, al servo dei potenti: I re vedranno e si alzeranno in piedi, i principi vedranno e si prostreranno, a causa del Signore che è fedele, a causa del Santo di Israele che ti ha scelto.
Dice il Signore: Al tempo della misericordia ti ho ascoltato, nel giorno della salvezza ti ho aiutato. Ti ho formato e posto come alleanza per il popolo, per far risorgere il paese, per farti rioccupare l'eredità devastata, per dire ai prigionieri: Uscite, e a quanti sono nelle tenebre: Venite fuori. Essi pascoleranno lungo tutte le strade, e su ogni altura troveranno pascoli. Non soffriranno né fame né sete e non li colpirà né l'arsura né il sole, perché colui che ha pietà di loro li guiderà, li condurrà alle sorgenti di acqua. Io trasformerò i monti in strade e le mie vie saranno elevate. Ecco, questi vengono da lontano, ed ecco, quelli vengono da mezzogiorno e da occidente e quelli dalla regione di Assuan.
Giubilate, o cieli; rallegrati, o terra, gridate di gioia, o monti, perché il Signore consola il suo popolo e ha pietà dei suoi miseri. Sion ha detto: Il Signore mi ha abbandonato, il Signore mi ha dimenticato. Si dimentica forse una donna del suo bambino, così da non commuoversi per il figlio delle sue viscere? Anche se queste donne si dimenticassero, io invece non ti dimenticherò mai.
Ecco, ti ho disegnato sulle palme delle mie mani, le tue mura sono sempre davanti a me. I tuoi costruttori accorrono, i tuoi distruttori e i tuoi devastatori si allontanano da te. Alza gli occhi intorno e guarda: tutti costoro si radunano, vengono da te. Com'è vero ch'io vivo oracolo del Signore ti vestirai di tutti loro come di ornamento, te ne ornerai come una sposa. Poiché le tue rovine e le tue devastazioni e il tuo paese desolato saranno ora troppo stretti per i tuoi abitanti, benché siano lontani i tuoi divoratori. Di nuovo ti diranno agli orecchi i figli di cui fosti privata: Troppo stretto è per me questo posto; scostati, e mi accomoderò. Tu penserai: Chi mi ha generato costoro? Io ero priva di figli e sterile; questi chi li ha allevati? Ecco, ero rimasta sola e costoro dove erano?Così dice il Signore Dio: Ecco, io farò cenno con la mano ai popoli, per le nazioni isserò il mio vessillo. Riporteranno i tuoi figli in braccio, le tue figlie saran portate sulle spalle.
I re saranno i tuoi tutori, le loro principesse tue nutrici. Con la faccia a terra essi si prostreranno davanti a te, baceranno la polvere dei tuoi piedi; allora tu saprai che io sono il Signore e che non saranno delusi quanti sperano in me. Si può forse strappare la preda al forte? Oppure può un prigioniero sfuggire al tiranno? Eppure dice il Signore: Anche il prigioniero sarà strappato al forte, la preda sfuggirà al tiranno. Io avverserò i tuoi avversari; io salverò i tuoi figli. Farò mangiare le loro stesse carni ai tuoi oppressori, si ubriacheranno del proprio sangue come di mosto. Allora ogni uomo saprà che io sono il Signore, tuo salvatore, io il tuo redentore e il Forte di Giacobbe” (cfr. Is 49,1-26).
[3]Egli è senza padre, senza madre, senza genealogia, senza principio di giorni né fine di vita, fatto simile al Figlio di Dio e rimane sacerdote in eterno.
L’Autore vede Melchisedek come “una apparizione”, come un mistero che si rende visibile per qualche istante e poi scompare.
Di lui non si conosce né il prima, né il dopo. Appare e scompare in questo brano della Scrittura.
Appare per benedire Abramo e poi scompare. Appare di nuovo nel Salmo per dire che il Figlio di Dio, generato dal Padre è sacerdote alla maniera di Melchisedek e poi scompare di nuovo per tutto l’arco dell’Antico Testamento.
Poi compare un’altra volta in questa Lettera agli Ebrei e poi scompare nuovamente, per non trovare più traccia di Lui.
Quest’uomo è senza legami con questa terra:
senza padre
senza madre
senza genealogia
senza principio di giorni né fine di vita.
Queste quattro caratteristiche ci fanno relazionare Melchisedek solo ed esclusivamente al suo “ministero”, o “funzione”: offre pane e vino al Dio Altissimo, benedice Abramo, è re di giustizia e di pace.
Poiché è senza principio di giorni né fine di vita, l’Autore sposta ora il termine della similitudine. Non è più Cristo Gesù alla maniera di Melchisedek, bensì Melchisedek alla maniera di Cristo.
Melchisedek è alla maniera di Cristo, perché come Cristo Gesù, è senza principio di giorni né fine di vita.
Poiché senza principio di giorni e senza fine di vita, come Cristo, egli è sacerdote in eterno.
L’eternità del sacerdozio di Cristo è fondata sulla sua eternità.
Questa è un’altra differenza con il sacerdozio alla maniera di Aronne. Questo finiva con la morte di chi lo esercitava. Di Aronne si è visto che Lui ha smesso prima di morire di esercitare il suo sacerdozio. Al suo posto è subentrato il figlio.
Non sappiamo però in che modo Melchisedek eserciti il suo sacerdozio eterno. L’autore lo afferma: fatto simile al Figlio di Dio e rimane sacerdote in eterno, ma non lo spiega.
Se lo afferma è vero. Non possiamo però fondare sulla Scrittura Antica questa verità. Dobbiamo accoglierla come rivelazione del Nuovo Testamento.
Il Salmo 109 ci aiuta in questo? Proviamo a leggerlo secondo questa prospettiva:
“Di Davide. Salmo. Oracolo del Signore al mio Signore: Siedi alla mia destra, finché io ponga i tuoi nemici a sgabello dei tuoi piedi. Lo scettro del tuo potere stende il Signore da Sion: Domina in mezzo ai tuoi nemici. A te il principato nel giorno della tua potenza tra santi splendori; dal seno dell'aurora, come rugiada, io ti ho generato.
Il Signore ha giurato e non si pente: Tu sei sacerdote per sempre al modo di Melchisedek. Il Signore è alla tua destra, annienterà i re nel giorno della sua ira. Giudicherà i popoli: in mezzo a cadaveri ne stritolerà la testa su vasta terra. Lungo il cammino si disseta al torrente e solleva alta la testa.
L’eternità è affermata. È affermata sia della Persona di Cristo che del suo Sacerdozio:
dal seno dell’aurora, come rugiada, io ti ho generato (cfr. anche il Salmo 2)
Tu sei sacerdote per sempre al modo di Melchisedek.
Il problema interpretativo diventa difficile quando bisogna legare il “per sempre”.
“Al modo di Melchisedek” include anche l’eternità in Melchisedek, o semplicemente l’offerta del pane e del vino?
Oppure il Padre annunzia che Cristo Gesù rimarrà eternamente sacerdote alla sua presenza, non però alla maniera di Aronne, bensì alla maniera di Melchisedek?
Se la soluzione non è possibile desumerla dal Salmo 109, lo si può benissimo trarre da ciò che l’Autore ci dice in questa sua Lettera e cioè che è Melchisedek ora alla maniera di Cristo, cioè eterno come sacerdote e non invece Cristo alla maniera di Melchisedek, per quanto riguarda l’eternità, essendo Melchisedek semplicemente un uomo e nessun uomo può rivestirsi di eternità.
Al di là del fondamento della verità, resta la verità che per noi è quella che ci annunzia sia il Salmo 109 che quanto viene affermato in questo contesto.
Tra Cristo e Melchisedek c’è una identità sia nell’esercizio del sacerdozio (pane e vino) che nella durata (per sempre, in eterno).
Al di là di questo non possiamo aggiungere altro. Per onestà intellettuale dobbiamo semplicemente fermarci.
Al di là di tutto però regna la verità sovrana: è Dio che genera il Figlio e lo costituisce sacerdote per sempre alla maniera di Melchisedek.
Ma è anche Dio che fa Melchisedek simile al Figlio suo e gli conferisce un sacerdozio eterno, anche se ci rimane ignoto il modo come Melchisedek eserciti in eterno questo suo ministero.
[4]Considerate pertanto quanto sia grande costui, al quale Abramo, il patriarca, diede la decima del suo bottino.
L’Autore, come si può facilmente constatare, con saggezza ispirata, ci sta conducendo, prendendoci quasi per mano, a valutare ogni elemento che descrive l’incontro di Abramo con Melchisedek.
Nei versetti precedenti si è soffermato sulla figura di Melchisedek. Ora su ciò che Abramo gli fa e che lui fa ad Abramo.
Abramo dona a Melchisedek la decima di tutto il bottino.
Per gli Ebrei Abramo era tutto. Era il padre dal quale tutti loro discendevano. Era il più grande di tutti loro e tutti loro in qualche modo si vedevano in Abramo.
Abramo, il più grande, dona la decima a Melchisedek.
Possiamo ora comprendere la frase di esordio di questa nuova argomentazione: considerate pertanto quanto sia grande costui.
Grande quanto chi? Più grande di chi?
Il versetto che segue ci offre la risposta:
[5]In verità anche quelli dei figli di Levi, che assumono il sacerdozio, hanno il mandato di riscuotere, secondo la legge, la decima dal popolo, cioè dai loro fratelli, essi pure discendenti da Abramo.
Chi riscuoteva la decima, anche se era offerta al Signore, erano i sacerdoti.
“Ogni decima della terra, cioè delle granaglie del suolo, dei frutti degli alberi, appartiene al Signore; è cosa consacrata al Signore. Se uno vuole riscattare una parte della sua decima, vi aggiungerà il quinto. Ogni decima del bestiame grosso o minuto, e cioè il decimo capo di quanto passa sotto la verga del pastore, sarà consacrata al Signore. Non si farà cernita fra animale buono e cattivo, né si faranno sostituzioni; né si sostituisce un animale all'altro, tutti e due saranno cosa sacra; non si potranno riscattare. Questi sono i comandi che il Signore diede a Mosè per gli Israeliti, sul monte Sinai” (cfr. Lev. 27,30-34).
Il dono della decima è vero atto di adorazione. Si riconosceva il Signore Autore di tutto e a Lui si donava parte del dono che lui aveva dato.
Questa concezione – del ritorno al Signore di parte del dono del Signore – è espressa mirabilmente da Davide, in un suo inno di ringraziamento:
“Il re Davide disse a tutta l'assemblea: Salomone mio figlio, il solo che Dio ha scelto, è ancora giovane e debole, mentre l'impresa è grandiosa, perché la Dimora non è destinata a un uomo ma al Signore Dio. Secondo tutta la mia possibilità ho fatto preparativi per il tempio del mio Dio; ho preparato oro su oro, argento su argento, bronzo su bronzo, ferro su ferro, legname su legname, ònici, brillanti, topàzi, pietre di vario valore e pietre preziose e marmo bianco in quantità. Inoltre, per il mio amore per la casa del mio Dio, quanto possiedo in oro e in argento dò per il tempio del mio Dio, oltre quanto ho preparato per il santuario: tremila talenti d'oro, d'oro di Ofir, e settemila talenti d'argento raffinato per rivestire le pareti interne, l'oro per gli oggetti in oro, l'argento per quelli in argento e per tutti i lavori da eseguirsi dagli artisti. Ora, chi vuole essere generoso oggi per il Signore?
Si dimostrarono volenterosi i capifamiglia, i capitribù di Israele, i capi di migliaia e di centinaia e i dirigenti degli affari del re.
Essi diedero per l'opera del tempio cinquemila talenti d'oro, diecimila darìci, diecimila talenti d'argento, diciottomila talenti di bronzo e centomila talenti di ferro. Quanti si ritrovarono pietre preziose le diedero a Iechièl il Ghersonita, perché fossero depositate nel tesoro del tempio. Il popolo gioì per la loro generosità, perché le offerte erano fatte al Signore con cuore sincero; anche il re Davide gioì vivamente.
Davide benedisse il Signore davanti a tutta l'assemblea. Davide disse: Sii benedetto, Signore Dio di Israele, nostro padre, ora e sempre. Tua, Signore, è la grandezza, la potenza, la gloria, lo splendore e la maestà, perché tutto, nei cieli e sulla terra, è tuo. Signore, tuo è il regno; tu ti innalzi sovrano su ogni cosa. Da te provengono la ricchezza e la gloria; tu domini tutto; nella tua mano c'è forza e potenza; dalla tua mano ogni grandezza e potere. Ora, nostro Dio, ti ringraziamo e lodiamo il tuo nome glorioso.
E chi sono io e chi è il mio popolo, per essere in grado di offrirti tutto questo spontaneamente? Ora tutto proviene da te; noi, dopo averlo ricevuto dalla tua mano, te l'abbiamo ridato. Noi siamo stranieri davanti a te e pellegrini come tutti i nostri padri. Come un'ombra sono i nostri giorni sulla terra e non c'è speranza. Signore nostro Dio, quanto noi abbiamo preparato per costruire una casa al tuo santo nome proviene da te, è tutto tuo. So, mio Dio, che tu provi i cuori e ti compiaci della rettitudine. Io, con cuore retto, ho offerto spontaneamente tutte queste cose. Ora io vedo il tuo popolo qui presente portarti offerte con gioia. Signore, Dio di Abramo, di Isacco e di Israele, nostri padri, custodisci questo sentimento per sempre nell'intimo del cuore del tuo popolo. Dirigi i loro cuori verso di te” (cfr. 1Cro 29,1-18).
I figli di Abramo donano la decima ai loro fratelli sacerdoti, in verità non la donano loro direttamente, direttamente la donano al Signore.
I sacerdoti sono solo i beneficiari della decima, ma non i destinatari. Destinatario è il Signore e il pagamento della decima è vero atto di culto, vera adorazione, vero ringraziamento a Dio.
La riscossione della decima rimane però all’interno del popolo di Dio, della discendenza di Abramo.
È questa la libertà che il popolo si era conquistata, o verso cui lo aveva condotto il Signore.
Pagare ad altri, che non fossero i figli di Abramo, la decima, sarebbe stata per loro azione di sottomissione, di subordinazione, che sarebbe potuto essere visto anche come atto di schiavitù.
Per questo l’Autore con fine saggezza si premura a specificare che la decima era riscossa dai loro fratelli, essi pure discendenti di Abramo.
La decima data e riscossa rimaneva all’interno del popolo, non usciva dal popolo e quindi non c’era alcuna sottomissione o schiavitù a gente estranea, o ad un popolo, o ad un uomo superiore ad essi.
Superiore ad essi c’era solo il Signore e nessun altro.
[6]Egli invece, che non era della loro stirpe, prese la decima da Abramo e benedisse colui che era depositario della promessa. [7]Ora, senza dubbio, è l'inferiore che è benedetto dal superiore.
Cosa succede invece nel caso di Melchisedek?
È verità. Melchisedek non è discendenza di Abramo, non è della stirpe dei figli di Israele. Egli è estraneo alla carne di Abramo.
Costui che è estraneo alla carne di Abramo e in Abramo sarebbero dovute essere benedette tutte le tribù della terra, compresa quella di Melchisedek, benedice Abramo, non è benedetto in Abramo, nella sua discendenza.
Questa è storia. Segue la conclusione dell’Autore: Chi benedice è superiore a chi viene benedetto; il benedetto è inferiore al Benedicente.
Se Abramo è benedetto da Melchisedek, Melchisedek è superiore allo stesso Abramo.
Se è superiore, è superiore in tutto, non in una cosa. È l’essere che è superiore, non questa o quell’altra funzione, ministero, qualità.
Anche il sacerdozio alla maniera di Melchisedek è superiore al sacerdozio secondo Aronne.
Volendo trarre già una qualche conclusione in ordine al tema trattato, dobbiamo senz’altro dire che essendo Cristo sacerdote alla maniera di Melchisedek, non solo è vero sacerdote, ma vive un sacerdozio superiore a quello finora vissuto dallo stesso Aronne e dai suoi diretti discendenti.
Questo è detto per confutare quanti avrebbero potuto pensare che Cristo, non essendo della discendenza di Aronne, mai avrebbe potuto essere sacerdote.
Questa tesi è falsa – e lo si è già visto – per due motivi:
Tutta la fede di Israele non si fonda su una tradizione, bensì sulla Parola attuale che Dio fa risuonare in mezzo al suo popolo.
La Parola attuale di Dio aveva costituito Aronne e i suoi figli Sacerdoti. La stessa Parola aveva preannunziato che anche tra i pagani si sarebbe un giorno preso Sacerdoti e Leviti. L’identica Parola dice che il Figlio di Dio, che non è discendenza di Aronne, è sacerdote in eterno alla maniera di Melchisedek.
L’identica Parola, l’unica e la stessa merita che le venga data una sola fede. È verità la prima Parola, è verità la seconda, è verità la terza. È volontà di Dio la prima Parola, è volontà di Dio la seconda, è volontà di Dio la terza.
Non si può credere vera la prima Parola – quella che parla del Sacerdozio di Aronne e dei suoi discendenti – e non vere le altre due Parole – quelle riguardanti i Pagani e lo stesso Figlio di Dio.
Prima che questione cristologica, come si può constatare, è vera questione di rapporto con la Parola, alla quale va data una sola fede, una sola adesione.
È quanto ci insegna San Paolo nella Seconda Lettera a Timoteo (3,14-16):
“Tu però rimani saldo in quello che hai imparato e di cui sei convinto, sapendo da chi l'hai appreso e che fin dall'infanzia conosci le sacre Scritture: queste possono istruirti per la salvezza, che si ottiene per mezzo della fede in Cristo Gesù. Tutta la Scrittura infatti è ispirata da Dio e utile per insegnare, convincere, correggere e formare alla giustizia, perché l'uomo di Dio sia completo e ben preparato per ogni opera buona”.
Chi fa distinzione tra Parola e Parola nella Scrittura manca di ogni fondamento valido sul quale innalzare la sua fede nel Dio dei Padri.
[8]Inoltre, qui riscuotono le decime uomini mortali; là invece le riscuote uno di cui si attesta che vive.
Altra superiorità di Melchisedek su tutto il popolo di Dio, o dei figli di Israele l’Autore la trova nella differenza che esiste in quanto a vita.
Melchisedek si dice che è vivo. È vivo perché il suo sacerdozio è eterno.
Sull’eternità del suo sacerdozio si è discusso nelle pagine precedenti e si è concluso che per noi vale il fatto che esso viene affermato come rivelazione in questa Lettera, anche se l’analisi del testo contenuto nel Salmo 109 potrebbe anche far intravedere la sua eternità: Tu sei sacerdote in eterno alla maniera di Melchisedek, intendendo alla maniera di Melchisedek proprio l’eternità del suo sacerdozio.
Ripeto: al di là delle possibili interpretazioni di questo testo, l’Autore afferma – ed è per noi vera rivelazione – l’eternità del Sacerdozio di Melchisedek.
È questa la verità sulla quale sta impostando il passo successivo della sua argomentazione e che riguarda proprio l’eternità di Melchisedek come sacerdote dinanzi a Dio.
L’eternità è vita. Melchisedek, se è sacerdote per sempre dinanzi a Dio, è vivo.
Aronne invece e i suoi discendenti sono morti, muoiono, morranno. Il loro non è un sacerdozio eterno, perché finisce con loro.
Uomini mortali pagano la decima ad un uomo che vive, che non muore, che è immortale.
Anche questa è superiorità di Melchisedek su tutto Israele. Israele mortale paga la decima ad un uomo immortale, eterno, che vive per sempre dinanzi a Dio.
[9]Anzi si può dire che lo stesso Levi, che pur riceve le decime, ha versato la sua decima in Abramo: [10]egli si trovava infatti ancora nei lombi del suo antenato quando gli venne incontro Melchìsedek.
In questo versetto è detto semplicemente che in Abramo tutto il popolo di Dio si prostra dinanzi a Melchisedek. Tutto il popolo di Dio paga la decima. Tutto il popolo di Dio è benedetto da Melchisedek.
Se è tutto il popolo di Dio che è benedetto, è benedetto anche Levi che benedice il popolo nel nome del Signore.
Una delle funzioni dei Sacerdoti era proprio questa: benedire il popolo nel nome del Signore.
Ecco il momento che fonda questa norma:
“Il Signore aggiunse a Mosè: Parla ad Aronne e ai suoi figli e riferisci loro: Voi benedirete così gli Israeliti; direte loro: Ti benedica il Signore e ti protegga. Il Signore faccia brillare il suo volto su di te e ti sia propizio. Il Signore rivolga su di te il suo volto e ti conceda pace. Così porranno il mio nome sugli Israeliti e io li benedirò” (Cfr. Num 6, 22-27).
Ecco in un altro passo come viene descritta la figura e la missione del Sacerdozio alla maniera di Aronne:
“Egli innalzò Aronne, santo come lui, suo fratello, della tribù di Levi. Stabilì con lui un'alleanza perenne e gli diede il sacerdozio tra il popolo. Lo onorò con splendidi ornamenti e gli fece indossare una veste di gloria. Lo rivestì con tutta la magnificenza, lo adornò con paramenti maestosi: calzoni, tunica e manto. All'orlo della sua veste pose melagrane, e numerosi campanelli d'oro all'intorno, che suonassero al muovere dei suoi passi, diffondendo il tintinnio nel tempio, come richiamo per i figli del suo popolo.
L'ornò con una veste sacra, d'oro, violetto e porpora, capolavoro di ricamo; con il pettorale del giudizio, con i segni della verità, e con tessuto di lino scarlatto, capolavoro di artista; con pietre preziose, incise come sigilli, su castoni d'oro, capolavoro di intagliatore, quale memoriale con le parole incise secondo il numero delle tribù di Israele. Sopra il turbante gli pose una corona d'oro con incisa l'iscrizione sacra, insegna d'onore, lavoro stupendo, ornamento delizioso per gli occhi.
Prima di lui non si erano viste cose simili, mai un estraneo le ha indossate; esse sono riservate solo ai suoi figli e ai suoi discendenti per sempre. I suoi sacrifici vengono tutti bruciati, due volte al giorno, senza interruzione. Mosè lo consacrò e l'unse con l'olio santo. Costituì un'alleanza perenne per lui e per i suoi discendenti, finché dura il cielo: quella di presiedere al culto ed esercitare il sacerdozio e benedire il popolo nel nome del Signore.
Il Signore lo scelse tra tutti i viventi perché gli offrisse sacrifici, incenso e profumo come memoriale e perché compisse l'espiazione per il suo popolo. Gli affidò i suoi comandamenti, il potere sulle prescrizioni del diritto, perché insegnasse a Giacobbe i decreti e illuminasse Israele nella sua legge. E aumentò la gloria di Aronne, gli assegnò un patrimonio, gli riservò le primizie dei frutti, dandogli innanzi tutto pane in abbondanza. Si nutrono infatti delle vittime offerte al Signore che egli ha assegnato ad Aronne e ai suoi discendenti.
Tuttavia non ha un patrimonio nel paese del popolo, non c'è porzione per lui in mezzo al popolo, perché il Signore è la sua parte e la sua eredità. Pincas, figlio di Eleazaro, fu il terzo nella gloria per il suo zelo nel timore del Signore per la sua fermezza quando il popolo si ribellò, egli infatti intervenne con generoso coraggio e placò Dio in favore di Israele. Per questo fu stabilita con lui un'alleanza di pace, perché presiedesse al santuario e al popolo; così a lui e alla sua discendenza fu riservata la dignità del sacerdozio per sempre”. (Cfr. Sir 45, 6-24).
Colui che doveva benedire tutto il popolo nel nome del Signore in Abramo è benedetto da Melchisedek.
Colui al quale Dio gli “assegnò un patrimonio, riservandogli le primizie dei frutti, dandogli innanzi tutto pane in abbondanza – Si nutrono infatti delle vittime offerte al Signore che egli ha assegnato ad Aronne e ai suoi discendenti – proprio costui dona la decima a Melchisedek e da Melchisedek viene anche benedetto.
Viene così confermato – ove ancora ce ne fosse bisogno – che il Sacerdozio di Melchisedek è superiore al Sacerdozio alla maniera di Aronne. È superiore perché Melchisedek nella sua persona e nel suo ministero è superiore ad Aronne, non solo ad Aronne, ma a tutto il popolo di Dio, che in Abramo si sottomette a Melchisedek.
Il Sacerdozio di Cristo che è alla maniera di Melchisedek, non solo è vero sacerdozio, è anche superiore a quello esercitato finora dai figli di Aronne.
Affermato il principio, ora non resta all’Autore che dirci in che cosa il Sacerdozio di Cristo supera e abolisce, o dichiara nullo, il sacerdozio alla maniera di Aronne.
È questo il passaggio, anche, dall’Antica alla Nuova Alleanza.