00 11/01/2012 12:55
CAPITOLO QUARTO

SENZA TIMORE
[1]Dobbiamo dunque temere che, mentre ancora rimane in vigore la promessa di entrare nel suo riposo, qualcuno di voi ne sia giudicato escluso.
Per l’Autore il discorso non può dirsi ancora concluso. Ritiene giusto passare dall’implicito all’esplicito, dalla trattazione indiretta al coinvolgimento diretto dei destinatari della Lettera.
C’è un timore che deve avvolgere ogni cuore ed è questo: è possibile non entrare nel riposo di Dio. È possibile venirne esclusi.
Chi? Non gli Ebrei di ieri, ma proprio quelli di oggi. Anzi proprio quelli che hanno già creduto in Cristo. Proprio costoro sono esposti alla perdizione eterna.
È giusto allora che ognuno si chieda perché regni questo grave pericolo. La risposta non può essere che una sola: finché si è su questa terra, nessuno ha raggiunto il riposo promesso da Dio.
Siamo tutti in cammino, nessuno vi è ancora arrivato, né mai potrà dirsi nel riposo di Dio chi è su questa terra.
Il riposo di Dio si raggiunge con la morte e finché si è in vita si cammina verso di esso.
Chi alla fine potrà essere giudicato non degno di entrare nel riposo di Dio? Tutti coloro che sono caduti dalla fede, che non hanno perseverato in essa.
Ma in quale fede avrebbero dovuto perseverare tutti costoro? Nell’ascolto della Parola che Dio aveva fatto risuonare loro per mezzo di Cristo Gesù, Parola dallo stesso Gesù consegnata allo Spirito perché introducesse i credenti nella pienezza della sua verità.
Cadere dalla fede è facile. È sufficiente distaccarsi da una sola Parola del Vangelo e si è già senza più fede nel cuore.
Questo rischio è sempre dinanzi ai nostri occhi. Anche la teologia e i suoi molteplici e complessi sistemi di interpretazione del mistero potrebbero essere una vera caduta dalla fede.
È caduta dalla fede perché si lascia la Parola di Dio e ci si affida a dei sistemi di comprensione che mai potranno esaurire il contenuto di verità e di sapienza che emana da essa.
Il cristiano deve vigilare perché questo mai accada. Deve porre ogni attenzione non solo a rimanere nella Parola, ma anche a crescere nella sua verità, oggi. Tutto ciò che è stato ieri, è di ieri e deve rimanere di ieri. Oggi la Parola parla al cuore; oggi lo Spirito conduce verso la verità tutta intera. Oggi è giusto che ci si lasci parlare dalla Parola; oggi è cosa santa che ci si lasci guidare dallo Spirito verso la verità tutta intera.
È questo il timore dell’Autore ed è ben fondato. Basta un niente e si è già fuori della vera fede. Chi si pone fuori della fede corre il rischio di non entrare nel riposo del Signore.
[2]Poiché anche a noi, al pari di quelli, è stata annunziata una buona novella: purtroppo però ad essi la parola udita non giovò in nulla, non essendo rimasti uniti nella fede a quelli che avevano ascoltato.
La buona novella è la nostra vocazione eterna: Dio ci chiama accanto a sé nella gloria del Cielo, rivestiti della spiritualità che rifulge ora nel corpo di Cristo.
Il Vangelo che viene annunziato è la porta, la via attraverso cui bisogna inoltrarsi per raggiungere la gloria promessa.
La verità che viene ora proclamata in questo versetto è questa: Il Vangelo si annunzia, nel Vangelo bisogna rimanere. Si rimane nel Vangelo, rimanendo uniti nella fede a quelli che lo annunziano.
Se si perde la fede nella Parola annunciata, se ci si separa da coloro che lo annunciano, cioè gli Apostoli, non si è più nel Vangelo, si è fuori della via che conduce all’eredità eterna, siamo semplicemente senza salvezza.
In altre parole: Dio non parla direttamente ai cuori, Dio non spiega direttamente la sua verità alle menti e alle intelligenze.
C’è la mediazione sia nel dono della Parola che nell’insegnamento e nella comprensione di essa.
Nel Vangelo non c’è autonomia né di comprensione, né d’interpretazione, né di lettura, né di spiegazione.
Nel Vangelo c’è solamente ascolto: ascolto di annunzio, ascolto di insegnamento, unità di verità e unità di fede; legame di comprensione e di interpretazione.
Questo significa che l’elemento che dona vita alla Parola è il mediatore della Parola e il mediatore è l’Apostolo del Signore.
Nella Chiesa si ascolta il mediatore, si segue l’insegnamento dell’Apostolo, in una comunione di fede, di verità, di dottrina, di comprensione.
Questa comunione non è facoltativa, è obbligatoria se si vuole rimanere nella verità della salvezza, se si vuole percorrere la via che conduce alla gloria eterna, che è la nostra vocazione.
Questo ci deve anche condurre ad affermare che quanti sono senza l’Apostolo, il mediatore della Parola, sono anche senza la retta fede nel Vangelo. La parola che costoro danno o che vivono non è per quanti la vivono garanzia di verità, certezza di cammino sicuro.
Chi non entrò nella Terra Promessa tra quanti sono usciti dall’Egitto? Tutti coloro che non hanno ascoltato la Parola che veniva loro annunziata per mezzo del Mediatore Mosè. Mosè era la voce di Dio in mezzo a loro. L’unione di fede con Mosè era garanzia di verità, sicurezza nel cammino verso la Terra, certezza di realizzare ogni buona e santa promessa di Dio.
Chi non entrerà nella gloria del Cielo? Tutti coloro che si distaccano, si sono distaccati e si distaccheranno da Coloro che Dio ha costituiti Mediatori della Sua Volontà di Salvezza, Portatori agli uomini della Sua Verità, Annunciatori del Suo Vangelo, Suoi ministri per indicare la via del Cielo ad ogni uomo.
Non bisogna mai dimenticare che una delle note costitutive della Chiesa è proprio l’ascolto dell’insegnamento degli Apostoli. Questa verità la troviamo sia negli Atti degli Apostoli, che nel Credo.
Atti degli Apostoli cap. 2,42: “Erano assidui nell'ascoltare l'insegnamento degli apostoli e nell'unione fraterna, nella frazione del pane e nelle preghiere.
E nel Credo: Credo la Chiesa una, santa, cattolica, apostolica.
L’apostolicità della Chiesa è proprio in ordine al dono attuale della Verità, assieme all’altro dono della grazia. Grazia e verità vengono dall’Apostolo e senza Apostolo non c’è verità, non c’è grazia di Cristo Gesù.
[3]Infatti noi che abbiamo creduto possiamo entrare in quel riposo, secondo ciò che egli ha detto: Sicché ho giurato nella mia ira: Non entreranno nel mio riposo! Questo, benché le sue opere fossero compiute fin dalla fondazione del mondo.
Il riposo di Dio è quello eterno. È il Paradiso. Verso questo riposo deve camminare il cristiano.
La via è la fede nella Parola. La fede nella Parola si conserva rimanendo uniti a coloro che sono i Ministri e i Mediatori sulla terra della Parola di Dio.
La fede inizia nel momento in cui si ascolta la Parola e la si accoglie nel cuore.
La fede rimane, finché rimane nel cuore la Parola assieme alla comunione con coloro che sono gli Strumenti del dono della Parola.
Per gli Ebrei il “riposo” iniziale era il possesso della Terra Promessa. Per i cristiani, per tutti coloro che sono dopo di Cristo, il riposo è la vita eterna nel Paradiso.
È questa anche la preghiera della Chiesa verso coloro che sono morti. Per loro chiede il riposo eterno: “L’eterno riposo dona loro, Signore, e splenda ad essi la luce perpetua. Riposino in pace”.
Il riposo eterno, la pace eterna, la luce perpetua regnano solo nel Paradiso. La terra è luogo di travaglio, di cammino, di fatica, di sofferenza, di croce, di dolore, di affanno, di inquietudine, di morte.
Il Paradiso è luogo di gioia, di pace, di riposo, di tranquillità, di non affanno, di non più lacrime, di serenità eterna.
Verso questa eternità di gioia e di pace, di serenità e di amore il cristiano deve camminare lungo tutto il cammino della sua vita e il cammino deve farlo nella fede. Questa è la nostra verità. Ogni altro insegnamento contrario è falsità, errore, idolatria, menzogna, pensiero dell’uomo, non certo insegnamento di Cristo, trasmesso secondo verità da coloro che Lui stesso ha costituito suoi ministri e amministratori dei suoi misteri.
L’argomentazione si fa delicata, anzi sottile. Per comprenderla non dobbiamo dimenticarci che l’Autore sta parlando agli Ebrei.
Chi sono gli Ebrei? Sono i discendenti di Abramo, ai quali il Signore aveva promesso la Terra calpestata da Abramo.
Domanda: questa Terra era la realtà ultima, o solo figura di ciò che il Signore avrebbe un giorno dato a tutti quelli che avrebbero vissuto secondo la fede di Abramo?
Per l’Autore non ci sono dubbi. L’eredità di Abramo è Cristo Signore. L’eredità dei figli di Israele non è quella cui li ha condotti Mosè, è invece quella cui li conduce Cristo Gesù.
Qual è la conclusione? Gli Ebrei non sono ancora entrati nel luogo del loro riposo. Loro vi entreranno se ascolteranno la Parola di Cristo e ad essa rimarranno uniti ascoltando coloro che Gesù ha posto e costituito Mediatori della sua grazia e della sua verità.
Con questo versetto e con quelli che seguono immediatamente dopo, l’Autore sposta il luogo del riposo: dalla Terra Promessa alla Gloria Celeste.
Non è lui in realtà che lo sposta, è la stessa Scrittura, che lui legge alla luce dello Spirito Santo.
Infatti: Se si collega l’ultima frase di questo versetto con quanto segue, si comprende ogni cosa con molta facilità. Proviamoci:
Benché le sue opere fossero compiute fin dalla fondazione del mondo. [4]Si dice infatti in qualche luogo a proposito del settimo giorno: E Dio si riposò nel settimo giorno da tutte le opere sue.
Dopo che Dio ha creato il mondo (benché le sue opere fossero compiute fin dalla fondazione del mondo), finisce per il Signore il lavoro e Lui entra nel suo riposo.
Lo afferma con ogni chiarezza la Genesi (cc1,1-2-4), nei quali è descritta tutta la Creazione di Dio, che finisce con l’affidamento del Creato all’uomo e con il riposo del Signore. Finisce l’opera di Dio, inizia quella dell’uomo. Qual è l’opera dell’uomo? Quella di portare se stesso in Dio, nella sua gloria, secondo l’Autore della Lettera agli Ebrei.
Ora però ci interessa sapere che Dio è entrato nel suo risposo al termine del lavoro e che l’uomo entrerà anche lui nel riposo di Dio al termine del suo lavoro. Leggiamo:
“In principio Dio creò il cielo e la terra. Ora la terra era informe e deserta e le tenebre ricoprivano l'abisso e lo spirito di Dio aleggiava sulle acque. Dio disse: Sia la luce! E la luce fu. Dio vide che la luce era cosa buona e separò la luce dalle tenebre e chiamò la luce giorno e le tenebre notte. E fu sera e fu mattina: primo giorno.
Dio disse: Sia il firmamento in mezzo alle acque per separare le acque dalle acque. Dio fece il firmamento e separò le acque, che sono sotto il firmamento, dalle acque, che son sopra il firmamento. E così avvenne. Dio chiamò il firmamento cielo. E fu sera e fu mattina: secondo giorno.
Dio disse: Le acque che sono sotto il cielo, si raccolgano in un solo luogo e appaia l'asciutto. E così avvenne. Dio chiamò l'asciutto terra e la massa delle acque mare. E Dio vide che era cosa buona. E Dio disse: La terra produca germogli, erbe che producono seme e alberi da frutto, che facciano sulla terra frutto con il seme, ciascuno secondo la sua specie. E così avvenne: la terra produsse germogli, erbe che producono seme, ciascuna secondo la propria specie e alberi che fanno ciascuno frutto con il seme, secondo la propria specie. Dio vide che era cosa buona. E fu sera e fu mattina: terzo giorno.
Dio disse: Ci siano luci nel firmamento del cielo, per distinguere il giorno dalla notte; servano da segni per le stagioni, per i giorni e per gli anni e servano da luci nel firmamento del cielo per illuminare la terra. E così avvenne: Dio fece le due luci grandi, la luce maggiore per regolare il giorno e la luce minore per regolare la notte, e le stelle. Dio le pose nel firmamento del cielo per illuminare la terra e per regolare giorno e notte e per separare la luce dalle tenebre. E Dio vide che era cosa buona. E fu sera e fu mattina: quarto giorno.
Dio disse: Le acque brulichino di esseri viventi e uccelli volino sopra la terra, davanti al firmamento del cielo. Dio creò i grandi mostri marini e tutti gli esseri viventi che guizzano e brulicano nelle acque, secondo la loro specie, e tutti gli uccelli alati secondo la loro specie. E Dio vide che era cosa buona. Dio li benedisse: Siate fecondi e moltiplicatevi e riempite le acque dei mari; gli uccelli si moltiplichino sulla terra. E fu sera e fu mattina: quinto giorno.
Dio disse: La terra produca esseri viventi secondo la loro specie: bestiame, rettili e bestie selvatiche secondo la loro specie. E così avvenne: Dio fece le bestie selvatiche secondo la loro specie e il bestiame secondo la propria specie e tutti i rettili del suolo secondo la loro specie. E Dio vide che era cosa buona. E Dio disse: Facciamo l'uomo a nostra immagine, a nostra somiglianza, e domini sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo, sul bestiame, su tutte le bestie selvatiche e su tutti i rettili che strisciano sulla terra. Dio creò l'uomo a sua immagine; a immagine di Dio lo creò; maschio e femmina li creò. Dio li benedisse e disse loro: Siate fecondi e moltiplicatevi, riempite la terra; soggiogatela e dominate sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo e su ogni essere vivente, che striscia sulla terra. Poi Dio disse: Ecco, io vi do ogni erba che produce seme e che è su tutta la terra e ogni albero in cui è il frutto, che produce seme: saranno il vostro cibo. A tutte le bestie selvatiche, a tutti gli uccelli del cielo e a tutti gli esseri che strisciano sulla terra e nei quali è alito di vita, io do in cibo ogni erba verde. E così avvenne. Dio vide quanto aveva fatto, ed ecco, era cosa molto buona. E fu sera e fu mattina: sesto giorno.
Così furono portati a compimento il cielo e la terra e tutte le loro schiere. Allora Dio, nel settimo giorno portò a termine il lavoro che aveva fatto e cessò nel settimo giorno da ogni suo lavoro. Dio benedisse il settimo giorno e lo consacrò, perché in esso aveva cessato da ogni lavoro che egli creando aveva fatto”.
Qual è il lavoro che l’uomo dovrà fare? Esso è uno solo: entrare e rimanere nella Parola di Dio.
La Parola di Dio che lo ha fatto, la stessa Parola lo nutre, lo conduce, lo guida, lo sostiene, lo protegge, lo conserva in vita, lo porta nel luogo del riposo di Dio.
Entrare e non rimanere non dona vita. La vita è nell’entrare e nel rimanere.
Si entra ascoltando la predicazione degli Apostoli. Si rimane ascoltando l’insegnamento degli Apostoli.
La Parola della vita è di Cristo Gesù. Cristo l’ha donata agli Apostoli. Gli Apostoli la danno non una volta per sempre. La danno insegnandola, la insegnano donandola, oggi, in quest’ora storica, in questo momento del lavoro dell’uomo.
[5]E ancora in questo passo: Non entreranno nel mio riposo!
Questo versetto – lo si è già citato in tutto il contesto del salmo 94 – viene qui riportato con un solo intento.
Anche questa verità è già stata annunziata: è il passaggio dalla Terra Promessa alla Promessa dei Cieli Nuovi e della Terra Nuova.
Il viaggio sia degli Ebrei che di ogni altro uomo è questa vocazione ad incamminarsi verso i Cieli Nuovi e la Terra Nuova.
La Terra Promessa è solo figura; se è figura di una realtà più grande, divina, anche gli Ebrei sono chiamati a cambiare l’oggetto della loro speranza e quindi la fonte della loro fede.
Non si può cambiare l’oggetto della Speranza se non si cambia la fonte della fede.
La fonte della fede è Cristo. Cristo ha costituito strumenti della Sua Fonte gli Apostoli nella Chiesa.
Ascoltando la Parola degli Apostoli si accoglie la Nuova Promessa, perché Nuova è la Parola della Fede.
Si può comprendere tutto questo, se si puntualizza una piccolissima verità: la fede che noi professiamo non è in Dio. La fede è nella Parola di Dio. La fede è nella Parola che Dio ci dona oggi.
Poiché Dio oggi parla, oggi dona la Parola, oggi noi dobbiamo credere nella Parola che Lui ci dona.
Se rimaniamo ancorati alla Parola di ieri, siamo fuori della retta fede. La fede di ieri era per ieri. La fede di oggi è per oggi. Oggi Dio parla per oggi. Domani parlerà per domani.
Dio, per mezzo di Mosè, ha parlato in Egitto. Si è compiuta la liberazione. Quella Parola serviva al faraone per lasciare partire il suo popolo.
Il popolo è partito. C’è un mare da attraversare, c’è un deserto da percorrere. Dio quotidianamente deve parlare. La fede è nella Parola quotidiana di Dio.
Israele è entrato nella Terra Promessa. Questo possesso è solo figura, non realtà della sua vera vocazione.
La realtà della sua vocazione Dio l’annunzia, preparandola, con i profeti. La compie in Cristo. L’annunzia attraverso la Parola di Cristo.
Chi non ascolta la Parola di Cristo rimane fuori della realtà. Resta nella figura, ma la figura non è il compimento della promessa di Dio.
In altre parole: il riposo di Dio non è la Terra, bensì il Cielo. Il Cielo non è manifestato dalla Parola di Mosè, ma da quella di Cristo Gesù.
La Parola della fede è ora quella di Cristo Gesù. Chi ci dona questa parola e come essa ci viene donata?
Questa Parola ce la donano gli Apostoli oggi attraverso l’annunzio e l’insegnamento.
Finché dura il cammino verso il Cielo, chi vuole pervenire ed entrare in esso, deve ascoltare Parola ed insegnamento degli Apostoli.
[6]Poiché dunque risulta che alcuni debbono ancora entrare in quel riposo e quelli che per primi ricevettero la buona novella non entrarono a causa della loro disobbedienza, [7]egli fissa di nuovo un giorno, oggi, dicendo in Davide dopo tanto tempo: Oggi, se udite la sua voce, non indurite i vostri cuori!
Qui l’Autore fa un altro passaggio, in verità già presentato, anche se non ancora con tutta la chiarezza che ora merita che gli venga donata.
Ci sono due Parole di Dio. È su questa “duplice” Parola di Dio che tutta l’argomentazione dell’Autore si fonda.
La prima Parola Dio l’ha detta nel deserto. Lì Egli promise che quanti non avevano ascoltato la sua voce non sarebbero entrati nel luogo del suo riposo.
Il riposo contenuto in questa “prima” Parola di Dio è la Terra Promessa, figura, non realtà, della vera e definitiva promessa di Dio.
Quanti hanno creduto sono entrati nel riposo di Dio. Sono entrati però nella figura, non nella realtà del riposo.
Nella realtà del riposo, che è il Cielo, sarebbero dovuti entrare, ma per questo avrebbero dovuto iniziare ad ascoltare nuovamente il Signore che con sapienza e saggezza infinita li stava conducendo.
Avvenne invece che il popolo si concentrò tutto sulla terra già conquistata, pensando che questo fosse il luogo definitivo del suo riposo.
Su questo errore cominciò ad interpretare ogni nuova Parola di Dio. Così operando altro non faceva se non portare sempre e continuamente la sua vecchia storia, il suo vecchio riposo, la figura nella nuova realtà di Dio, anziché la nuova realtà di Dio nella sua vecchia storia e nel suo vecchio riposo.
In fondo Israele commise lo stesso errore di molti uomini di Chiesa: anziché portare tutto l’Antico Testamento nella realtà nuova di Cristo, hanno portato la realtà nuova di Cristo nella vecchia struttura dell’Antico Testamento.
Qual è il risultato? Ci si taglia fuori del cammino verso il riposo verso cui Dio sta conducendo ogni uomo.
Questo accade quando ci si dimentica che la fede non è in Dio, ma nella sua Parola; e per noi: quando ci dimentichiamo che la fede non è solo nella Parola di Dio, ma anche nella Verità tutta intera cui conduce lo Spirito del Signore, mediante l’Apostolo di Cristo Gesù.
Anche ogni sistema teologico deve essere considerato e visto come una fotografia, che blocca la verità in quell’attimo in cui il sistema viene pensato. Una fotografia non è la verità tutta intera della Parola. È un momento di essa. Da aggiungere che lo stesso “soggetto” può essere visto da angolazioni differenti ed ecco nello stesso tempo, nello stesso luogo, diverse sfaccettature, che altro non sono che un insieme di fotogrammi dell’unica verità in quel medesimo ed unico tempo.
Questo vuol dire una cosa sola: la storia di ieri, tutta la storia della santità cristiana, deve essere considerata come una fotografia della verità tutta intera cui fino a quel momento ha condotto lo Spirito Santo. Quella storia però non è la verità tutta intera. Oggi lo Spirito parla alla sua Chiesa, oggi bisogna porsi all’ascolto dello Spirito Santo, come domani, come sempre.
[8]Se Giosuè infatti li avesse introdotti in quel riposo, Dio non avrebbe parlato, in seguito, di un altro giorno.
Viene ancora una volta affermato con chiarezza il mistero della promessa di Dio. Viene detto che la vera terra non è la Terra di Canaan, bensì quella del Cielo.
In effetti è così. Se la Terra Promessa fosse l’oggetto della rivelazione di Dio, con l’entrata del Popolo del Signore in quella Terra, la rivelazione si sarebbe potuta considerare conclusa.
Dio ha chiamato Abramo, gli ha promesso la Terra, ora che la promessa è stata realizzata, tutto si sarebbe potuto dichiarare finito.
Invece nulla di tutto questo: lo sguardo di Dio è perennemente oltre ogni conquista già acquisita e ogni promessa già realizzata, compiuta.
Lo sguardo di Dio è verso un’altra promessa, un’altra salvezza, un’altra liberazione, un altro popolo, un’altra conquista.
È quest’altra cosa che interessa al Signore ed è per essa che Lui lavora, opera.
Se Israele non comprende questo, nulla ha compreso della sua vocazione, nulla ha compreso di Dio, nulla sa di se stesso.
Dio è infinitamente oltre lo stesso senso letterale della sua Parola, di ogni sua Parola.
Ogni Parola di Dio è carica di mistero, che nessuna realizzazione, nessun compimento potrà mai esaurire.
Dio vuole attrarre al suo mistero che è infinito, eterno, incommensurabile, oltre ogni possibile comprensione.
Verso questo mistero egli conduce l’uomo, se questi si lascia condurre.
Per lasciarsi condurre, l’uomo deve porgere l’orecchio ad ogni Parola che Dio fa udire nell’oggi della storia.
Se Lui ha parlato prima con Mosè e poi con Davide, la Parola detta per bocca di Davide e l’altra detta per bocca di Mosè non sono la stessa cosa. Non lo sono perché la storia è cambiata, l’uomo è cambiato.
L’uomo a cui parla Mosè è uno. L’uomo a cui parla Davide è un altro. Ciò che Dio dice per bocca di Mosè non è ciò che dice per bocca di Davide.
Chi non porge ascolto a ciò che Dio veramente vuole dire, rimarrà sempre nella più nera delle confusioni e nessuna verità potrà mai farsi strada nel suo cuore.
Ogni Parola di Dio ha un suo significato particolare ed è questo significato che ci conduce verso la pienezza del mistero che Dio vuole realizzare attraverso noi.
La Parola di Davide rivela dunque che c’è una Terra oltre la Terra Promessa; ci dice che la Terra Promessa non è la Terra di Dio, quella ultima e definitiva.
Ci dice anche che c’è la reale possibilità che questa Terra non venga raggiunta, se oggi non si pone ascolto alla Voce del Signore.
L’Autore non ha dubbi, leggendo la Scrittura: Dio parla oggi. La vera saggezza dell’uomo è sapere e volere ascoltare il Dio che parla oggi.
L’oggetto della fede non è la Parola di ieri, è la Parola di oggi. È questa Parola che ci introduce verso la Terra oltre ogni terra già conquistata.
[9]E` dunque riservato ancora un riposo sabatico per il popolo di Dio.
Anche questo riposo sabatico è oltre il riposo sabatico, o dell’anno giubilare allora vissuto.
Cosa è in verità l’anno sabatico e l’altro anno: quello del grande giubileo? Leggiamo in Levitico 25:
Circa l’Anno sabatico (Lev 25,1-7): “Il Signore disse ancora a Mosè sul monte Sinai: Parla agli Israeliti e riferisci loro: Quando entrerete nel paese che io vi dò, la terra dovrà avere il suo sabato consacrato al Signore. Per sei anni seminerai il tuo campo e poterai la tua vigna e ne raccoglierai i frutti; ma il settimo anno sarà come sabato, un riposo assoluto per la terra, un sabato in onore del Signore; non seminerai il tuo campo e non poterai la tua vigna. Non mieterai quello che nascerà spontaneamente dal seme caduto nella tua mietitura precedente e non vendemmierai l'uva della vigna che non avrai potata; sarà un anno di completo riposo per la terra. Ciò che la terra produrrà durante il suo riposo servirà di nutrimento a te, al tuo schiavo, alla tua schiava, al tuo bracciante e al forestiero che è presso di te; anche al tuo bestiame e agli animali che sono nel tuo paese servirà di nutrimento quanto essa produrrà”.
Circa l’Anno del giubileo (Lev. 25,8-28): “Conterai anche sette settimane di anni, cioè sette volte sette anni; queste sette settimane di anni faranno un periodo di quarantanove anni. Al decimo giorno del settimo mese, farai squillare la tromba dell'acclamazione; nel giorno dell'espiazione farete squillare la tromba per tutto il paese. Dichiarerete santo il cinquantesimo anno e proclamerete la liberazione nel paese per tutti i suoi abitanti. Sarà per voi un giubileo; ognuno di voi tornerà nella sua proprietà e nella sua famiglia. Il cinquantesimo anno sarà per voi un giubileo; non farete né semina, né mietitura di quanto i campi produrranno da sé, né farete la vendemmia delle vigne non potate. Poiché è il giubileo; esso vi sarà sacro; potrete però mangiare il prodotto che daranno i campi.
In quest'anno del giubileo, ciascuno tornerà in possesso del suo. Quando vendete qualche cosa al vostro prossimo o quando acquistate qualche cosa dal vostro prossimo, nessuno faccia torto al fratello. Regolerai l'acquisto che farai dal tuo prossimo in base al numero degli anni trascorsi dopo l'ultimo giubileo: egli venderà a te in base agli anni di rendita. Quanti più anni resteranno, tanto più aumenterai il prezzo; quanto minore sarà il tempo, tanto più ribasserai il prezzo; perché egli ti vende la somma dei raccolti.
Nessuno di voi danneggi il fratello, ma temete il vostro Dio, poiché io sono il Signore vostro Dio. Metterete in pratica le mie leggi e osserverete le mie prescrizioni, le adempirete e abiterete il paese tranquilli. La terra produrrà frutti, voi ne mangerete a sazietà e vi abiterete tranquilli. Se dite: Che mangeremo il settimo anno, se non semineremo e non raccoglieremo i nostri prodotti?, io disporrò in vostro favore un raccolto abbondante per il sesto anno ed esso vi darà frutti per tre anni. L'ottavo anno seminerete e consumerete il vecchio raccolto fino al nono anno; mangerete il raccolto vecchio finché venga il nuovo.
Le terre non si potranno vendere per sempre, perché la terra è mia e voi siete presso di me come forestieri e inquilini. Perciò, in tutto il paese che avrete in possesso, concederete il diritto di riscatto per quanto riguarda il suolo. Se il tuo fratello, divenuto povero, vende una parte della sua proprietà, colui che ha il diritto di riscatto, cioè il suo parente più stretto, verrà e riscatterà ciò che il fratello ha venduto. Se uno non ha chi possa fare il riscatto, ma giunge a procurarsi da sé la somma necessaria al riscatto, conterà le annate passate dopo la vendita, restituirà al compratore il valore degli anni che ancora rimangono e rientrerà così in possesso del suo patrimonio. Ma se non trova da sé la somma sufficiente a rimborsarlo, ciò che ha venduto rimarrà in mano al compratore fino all'anno del giubileo; al giubileo il compratore uscirà e l'altro rientrerà in possesso del suo patrimonio”.
Si è già detto che bisogna andare oltre tutto l’esistente. C’è qualcosa che si deve compiere e ciò che si è compiuto è solamente una pallidissima figura.
Il riposo sabatico è quello eterno. Sarà nel cielo che l’uomo smetterà di lavorare. Ora, fino a quel giorno, dovrà sempre lavorare e il suo lavoro consiste in una sola opera: condurre se stesso nel Regno dei Cieli, accogliendo e rimanendo nella Parola che Dio oggi dona all’uomo.
Questo riposo sabatico inizia accogliendo l’anno di grazia, o il giubileo che Cristo Gesù è venuto ad annunziare, proclamare, bandire.
Esso dona la remissione di ogni peccato, l’espiazione di ogni debito, la cancellazione di ogni pena dovuta alle colpe, in modo che ogni uomo possa iniziare come nuova creatura il suo nuovo cammino che lo porterà nella nuova terra.
Nuova creatura, nuovo cammino, nuova Parola, nuova Terra, nuovo riposo, nuova vita: vita eterna che è posta tutta nella Parola nuova che Gesù è venuto a portare sulla nostra terra e che gli Apostoli hanno iniziato a predicare per tutto il mondo, offrendo ad ognuno la grazia e la verità che sono in Cristo Gesù.
Anche gli Ebrei devono passare dal vecchio anno sabatico al nuovo e dal vecchio giubileo al nuovo. Chi non fa questo passaggio, rimane nella vecchia Parola e quella non dona più salvezza, perché ora la Parola di Dio è Cristo Gesù ed è data per mezzo dei suoi Apostoli.
È l’Antico Testamento che invita ad andare oltre se stesso. Guai a fermarsi ad esso. Non è più strumento di vera vita.
Così è per il Nuovo Testamento. Anche Esso ci invita ad andare sempre oltre, a non fermarsi alla sua Lettera, perché la Lettera deve essere letta e spiegata dallo Spirito Santo.
Tutti i guai nella Chiesa nascono nel momento in cui ci si ferma a ieri: alla Parola di ieri, alla comprensione di ieri, alla teologia di ieri, alla spiritualità di ieri, al Movimento di ieri, al Gruppo di ieri, all’Associazione di ieri, all’Ordine di ieri, alla Congregazione di ieri.
Lo Spirito non può essere fermato a “ieri”. Lo Spirito oggi parla alla Chiesa, all’uomo, alle comunità, alle Chiese, ad ogni associazione ed è oggi che bisogna ascoltarlo, perché bisogna andare sempre oltre, infinitamente oltre, oltre fino al raggiungimento della pienezza della verità: pienezza di ieri che non può essere più pienezza di oggi. Ad ogni giorno la sua pienezza, ad ogni giorno il superamento di ieri.
Questa è la struttura della via eterna: il cammino nell’oggi dello Spirito Santo.
[10]Chi è entrato infatti nel suo riposo, riposa anch'egli dalle sue opere, come Dio dalle proprie.
Dio ha cessato dalle opere compiute non appena ebbe finito la creazione del cielo, della terra, dell’uomo.
Ha cessato dopo aver affidato l’universo alle cure e alla custodia dell’uomo.
L’uomo, quando entrerà nel suo riposo? Entrerà dopo aver finito il completamento del suo cammino, dopo aver percorso tutta la via che lo conduce nella Nuova Terra e nei Nuovi Cieli.
Quello dell’uomo è un cammino inverso a quello di Dio. Dio si riposò dopo aver compiuto un’opera fuori di sé. L’uomo si riposa dopo aver portato a compimento l’opera dentro di sé.
Come porta a compimento quest’opera? Accogliendo ogni Parola che Dio proferisce oggi, o di cui oggi dona il suo vero significato e realizzandola nella sua carne, nel suo spirito, nella sua anima.
Con la Parola Dio crea l’universo fuori di sé. Con la stessa Parola che è fuori di Sé, perché è da Dio, l’uomo crea l’universo di Dio dentro di sé e l’universo di Dio è la vita eterna.
Dal momento che l’uomo ancora non è entrato nel suo riposo è segno che ancora deve lavorare. Gli Ebrei, poiché a loro è indirizzata la Lettera, non sono nel riposo ultimo, definitivo, completo. Non sono neanche sulla giusta via. Per loro il primo passo da fare è quello di passare dalla Parola di Dio alla Parola di Cristo e dall’insegnamento dei loro Rabbini all’insegnamento degli Apostoli.
È attraverso questa via nuova che si entra nella vita nuova e si potrà raggiungere il riposo ultimo, definitivo, vero, eterno.
In conclusione: L’Antico Testamento, Mosè, i Profeti, la Legge, le Istituzioni, lo stesso culto, la moralità, la fede sono incompleti. Tutto è incompleto.
L’Antico Testamento ha il suo compimento in Cristo, la sua Verità in Cristo, il suo Culto in Cristo, la sua vita in Cristo. Tutto è in Cristo e chi non passa a Cristo rimane in una religione bloccata in se stessa, finita per sempre.