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ESORTAZIONE ALLA FEDELTÀ
[7]Per questo, come dice lo Spirito Santo: Oggi, se udite la sua voce, [8]non indurite i vostri cuori come nel giorno della ribellione, il giorno della tentazione nel deserto, [9]dove mi tentarono i vostri padri mettendomi alla prova, pur avendo visto per quarant'anni le mie opere. [10]Perciò mi disgustai di quella generazione e dissi: Sempre hanno il cuore sviato. Non hanno conosciuto le mie vie. [11]Così ho giurato nella mia ira: Non entreranno nel mio riposo.
Questi versetti sono tratti dal Salmo 94, che così recita:
“Venite, applaudiamo al Signore, acclamiamo alla roccia della nostra salvezza. Accostiamoci a lui per rendergli grazie, a lui acclamiamo con canti di gioia. Poiché grande Dio è il Signore, grande re sopra tutti gli dei. Nella sua mano sono gli abissi della terra, sono sue le vette dei monti. Suo è il mare, egli l'ha fatto, le sue mani hanno plasmato la terra. Venite, prostràti adoriamo, in ginocchio davanti al Signore che ci ha creati. Egli è il nostro Dio, e noi il popolo del suo pascolo, il gregge che egli conduce. Ascoltate oggi la sua voce: Non indurite il cuore, come a Meriba, come nel giorno di Massa nel deserto, dove mi tentarono i vostri padri: mi misero alla prova pur avendo visto le mie opere. Per quarant'anni mi disgustai di quella generazione e dissi: Sono un popolo dal cuore traviato, non conoscono le mie vie; perciò ho giurato nel mio sdegno: Non entreranno nel luogo del mio riposo”.
La professione di fede in Dio deve divenire necessariamente ascolto della sua voce.
Dio è il pastore del gregge. Israele è il popolo del suo pascolo. Tra Pastore e gregge c’è una sola legge possibile: l’ascolto della voce del Pastore. Altre leggi non sono di vita, bensì di morte.
È successo invece che tra il popolo del suo pascolo e il Signore quasi sempre ha regnato la legge del non ascolto, della ribellione.
Ecco i due episodi per cui il Signore decide che la generazione uscita dall’Egitto mai avrebbe messo piedi nella Terra Promessa. Anche Mosè, a causa del Popolo, fu condannato alla stessa pena. Sono due esempi paradigmatici di non ascolto (cfr. Numeri cc.14 e 20)
Numeri 14: “Allora tutta la comunità alzò la voce e diede in alte grida; il popolo pianse tutta quella notte. Tutti gli Israeliti mormoravano contro Mosè e contro Aronne e tutta la comunità disse loro: Oh! fossimo morti nel paese d'Egitto o fossimo morti in questo deserto! E perché il Signore ci conduce in quel paese per cadere di spada? Le nostre mogli e i nostri bambini saranno preda. Non sarebbe meglio per noi tornare in Egitto? Si dissero l'un l'altro: Diamoci un capo e torniamo in Egitto. Allora Mosè e Aronne si prostrarono a terra dinanzi a tutta la comunità riunita degli Israeliti. Giosuè figlio di Nun e Caleb figlio di Iefunne, che erano fra coloro che avevano esplorato il paese, si stracciarono le vesti e parlarono così a tutta la comunità degli Israeliti: Il paese che abbiamo attraversato per esplorarlo è un paese molto buono. Se il Signore ci è favorevole, ci introdurrà in quel paese e ce lo darà: è un paese dove scorre latte e miele. Soltanto, non vi ribellate al Signore e non abbiate paura del popolo del paese; è pane per noi e la loro difesa li ha abbandonati mentre il Signore è con noi; non ne abbiate paura.
Allora tutta la comunità parlò di lapidarli; ma la Gloria del Signore apparve sulla tenda del convegno a tutti gli Israeliti. Il Signore disse a Mosè: Fino a quando mi disprezzerà questo popolo? E fino a quando non avranno fede in me, dopo tutti i miracoli che ho fatti in mezzo a loro? Io lo colpirò con la peste e lo distruggerò, ma farò di te una nazione più grande e più potente di esso. Mosè disse al Signore: Ma gli Egiziani hanno saputo che tu hai fatto uscire questo popolo con la tua potenza e lo hanno detto agli abitanti di questo paese. Essi hanno udito che tu, Signore, sei in mezzo a questo popolo, e ti mostri loro faccia a faccia, che la tua nube si ferma sopra di loro e che cammini davanti a loro di giorno in una colonna di nube e di notte in una colonna di fuoco. Ora se fai perire questo popolo come un solo uomo, le nazioni che hanno udito la tua fama, diranno: Siccome il Signore non è stato in grado di far entrare questo popolo nel paese che aveva giurato di dargli, li ha ammazzati nel deserto. Ora si mostri grande la potenza del mio Signore, perché tu hai detto:
Il Signore è lento all'ira e grande in bontà, perdona la colpa e la ribellione, ma non lascia senza punizione; castiga la colpa dei padri nei figli fino alla terza e alla quarta generazione. Perdona l'iniquità di questo popolo, secondo la grandezza della tua bontà, così come hai perdonato a questo popolo dall'Egitto fin qui.
Il Signore disse: Io perdono come tu hai chiesto; ma, per la mia vita, com'è vero che tutta la terra sarà piena della gloria del Signore, tutti quegli uomini che hanno visto la mia gloria e i prodigi compiuti da me in Egitto e nel deserto e tuttavia mi hanno messo alla prova già dieci volte e non hanno obbedito alla mia voce, certo non vedranno il paese che ho giurato di dare ai loro padri. Nessuno di quelli che mi hanno disprezzato lo vedrà; ma il mio servo Caleb che è stato animato da un altro spirito e mi ha seguito fedelmente io lo introdurrò nel paese dove è andato; la sua stirpe lo possiederà. Gli Amaleciti e i Cananei abitano nella valle; domani tornate indietro, incamminatevi verso il deserto, per la via del Mare Rosso.
Il Signore disse ancora a Mosè e ad Aronne: Fino a quando sopporterò io questa comunità malvagia che mormora contro di me? Io ho udito le lamentele degli Israeliti contro di me. Riferisci loro: Per la mia vita, dice il Signore, io vi farò quello che ho sentito dire da voi. I vostri cadaveri cadranno in questo deserto. Nessuno di voi, di quanti siete stati registrati dall'età di venti anni in su e avete mormorato contro di me, potrà entrare nel paese nel quale ho giurato di farvi abitare, se non Caleb, figlio di Iefunne, e Giosuè figlio di Nun. I vostri bambini, dei quali avete detto che sarebbero diventati una preda di guerra, quelli ve li farò entrare; essi conosceranno il paese che voi avete disprezzato. Ma i vostri cadaveri cadranno in questo deserto. I vostri figli saranno nòmadi nel deserto per quarant'anni e porteranno il peso delle vostre infedeltà, finché i vostri cadaveri siano tutti quanti nel deserto. Secondo il numero dei giorni che avete impiegato per esplorare il paese, quaranta giorni, sconterete le vostre iniquità per quarant'anni, un anno per ogni giorno e conoscerete la mia ostilità. Io, il Signore, ho parlato. Così agirò con tutta questa comunità malvagia che si è riunita contro di me: in questo deserto saranno annientati e qui moriranno.
Gli uomini che Mosè aveva mandati a esplorare il paese e che, tornati, avevano fatto mormorare tutta la comunità contro di lui diffondendo il discredito sul paese, quegli uomini che avevano propagato cattive voci su quel paese, morirono colpiti da un flagello, davanti al Signore. Ma di quelli che erano andati a esplorare il paese rimasero vivi Giosuè, figlio di Nun, e Caleb, figlio di Iefunne. Mosè riferì quelle parole a tutti gli Israeliti; il popolo ne fu molto turbato. La mattina si alzarono presto per salire verso la cima del monte, dicendo: Eccoci qua; noi saliremo al luogo del quale il Signore ha detto che noi abbiamo peccato. Ma Mosè disse: Perché trasgredite l'ordine del Signore? La cosa non vi riuscirà. Poiché il Signore non è in mezzo a voi, non salite perché non siate sconfitti dai vostri nemici! Perché di fronte a voi stanno gli Amaleciti e i Cananei e voi cadrete di spada; perché avete abbandonato il Signore, il Signore non sarà con voi. Si ostinarono a salire verso la cima del monte, ma l'arca dell'alleanza del Signore e Mosè non si mossero dall'accampamento. Allora gli Amaleciti e i Cananei che abitavano su quel monte scesero, li batterono e ne fecero strage fino a Corma”.
Numeri 20: “Ora tutta la comunità degli Israeliti arrivò al deserto di Sin il primo mese e il popolo si fermò a Kades. Qui morì e fu sepolta Maria. Mancava l'acqua per la comunità: ci fu un assembramento contro Mosè e contro Aronne. Il popolo ebbe una lite con Mosè, dicendo: Magari fossimo morti quando morirono i nostri fratelli davanti al Signore! Perché avete condotto la comunità del Signore in questo deserto per far morire noi e il nostro bestiame? E perché ci avete fatti uscire dall'Egitto per condurci in questo luogo inospitale? Non è un luogo dove si possa seminare, non ci sono fichi, non vigne, non melograni e non c'è acqua da bere.
Allora Mosè e Aronne si allontanarono dalla comunità per recarsi all'ingresso della tenda del convegno; si prostrarono con la faccia a terra e la gloria del Signore apparve loro. Il Signore disse a Mosè: Prendi il bastone e tu e tuo fratello Aronne convocate la comunità e alla loro presenza parlate a quella roccia, ed essa farà uscire l'acqua; tu farai sgorgare per loro l'acqua dalla roccia e darai da bere alla comunità e al suo bestiame.
Mosè dunque prese il bastone che era davanti al Signore, come il Signore gli aveva ordinato. Mosè e Aronne convocarono la comunità davanti alla roccia e Mosè disse loro: Ascoltate, o ribelli: vi faremo noi forse uscire acqua da questa roccia? Mosè alzò la mano, percosse la roccia con il bastone due volte e ne uscì acqua in abbondanza; ne bevvero la comunità e tutto il bestiame.
Ma il Signore disse a Mosè e ad Aronne: Poiché non avete avuto fiducia in me per dar gloria al mio santo nome agli occhi degli Israeliti, voi non introdurrete questa comunità nel paese che io le dò.
Queste sono le acque di Mèriba, dove gli Israeliti contesero con il Signore e dove Egli si dimostrò santo in mezzo a loro. Mosè mandò da Kades messaggeri al re di Edom per dirgli: Dice Israele tuo fratello: Tu sai tutte le tribolazioni che ci sono avvenute: come i nostri padri scesero in Egitto e noi in Egitto dimorammo per lungo tempo e gli Egiziani maltrattarono noi e i nostri padri. Noi gridammo al Signore ed egli udì la nostra voce e mandò un angelo e ci fece uscire dall'Egitto; eccoci ora in Kades, che è città ai tuoi estremi confini. Permettici di passare per il tuo paese; non passeremo né per campi, né per vigne e non berremo l'acqua dei pozzi; seguiremo la via Regia, senza deviare né a destra né a sinistra, finché avremo oltrepassati i tuoi confini. Ma Edom gli rispose: Tu non passerai sul mio territorio; altrimenti uscirò contro di te con la spada. Gli Israeliti gli dissero: Passeremo per la strada maestra; se noi e il nostro bestiame berremo la tua acqua, te la pagheremo; lasciaci soltanto transitare a piedi. Ma quegli rispose: Non passerai! Edom mosse contro Israele con molta gente e con mano potente. Così Edom rifiutò a Israele il transito per i suoi confini e Israele si allontanò da lui. Tutta la comunità degli Israeliti levò l'accampamento da Kades e arrivò al monte Cor. Il Signore disse a Mosè e ad Aronne al monte Cor, sui confini del paese di Edom: Aronne sta per essere riunito ai suoi antenati e non entrerà nel paese che ho dato agli Israeliti, perché siete stati ribelli al mio comandamento alle acque di Mèriba. Prendi Aronne e suo figlio Eleazaro e falli salire sul monte Cor. Spoglia Aronne delle sue vesti e falle indossare a suo figlio Eleazaro; in quel luogo Aronne sarà riunito ai suoi antenati e morirà. Mosè fece come il Signore aveva ordinato ed essi salirono sul monte Cor, in vista di tutta la comunità. Mosè spogliò Aronne delle sue vesti e le fece indossare a Eleazaro suo figlio; Aronne morì in quel luogo sulla cima del monte. Poi Mosè ed Eleazaro scesero dal monte. Quando tutta la comunità vide che Aronne era morto, tutta la casa d'Israele lo pianse per trenta giorni”.
Sono questi momenti drammatici del non ascolto del Signore, ma tutto il cammino dei figli di Israele nel deserto, nei lunghi quaranta anni fu drammatico, segnato sempre dal non ascolto e dalla non fede nella Parola del Signore.
Il pericolo è uno solo, lo stesso che segnala Paolo nella Prima Lettera ai Corinzi:
“Non voglio infatti che ignoriate, o fratelli, che i nostri padri furono tutti sotto la nuvola, tutti attraversarono il mare, tutti furono battezzati in rapporto a Mosè nella nuvola e nel mare, tutti mangiarono lo stesso cibo spirituale, tutti bevvero la stessa bevanda spirituale: bevevano infatti da una roccia spirituale che li accompagnava, e quella roccia era il Cristo. Ma della maggior parte di loro Dio non si compiacque e perciò furono abbattuti nel deserto. Ora ciò avvenne come esempio per noi, perché non desiderassimo cose cattive, come essi le desiderarono. Non diventate idolàtri come alcuni di loro, secondo quanto sta scritto: Il popolo sedette a mangiare e a bere e poi si alzò per divertirsi. Non abbandoniamoci alla fornicazione, come vi si abbandonarono alcuni di essi e ne caddero in un solo giorno ventitremila. Non mettiamo alla prova il Signore, come fecero alcuni di essi, e caddero vittime dei serpenti. Non mormorate, come mormorarono alcuni di essi, e caddero vittime dello sterminatore. Tutte queste cose però accaddero a loro come esempio, e sono state scritte per ammonimento nostro, di noi per i quali è arrivata la fine dei tempi. Quindi, chi crede di stare in piedi, guardi di non cadere. Nessuna tentazione vi ha finora sorpresi se non umana; infatti Dio è fedele e non permetterà che siate tentati oltre le vostre forze, ma con la tentazione vi darà anche la via d'uscita e la forza per sopportarla. Perciò, o miei cari, fuggite l'idolatria” (Cfr. 1Cor 10 1-14).
L’idolatria è dare valore divino ai pensieri umani, alla volontà umana, ai desideri umani, ai progetti umani, ad ogni opera dell’uomo.
Si è sempre nell’idolatria quando la parola dell’uomo, la sua scienza, la sua intelligenza, la sua dottrina, la sua teologia prende il posto della Parola di Dio.
[12]Guardate perciò, fratelli, che non si trovi in nessuno di voi un cuore perverso e senza fede che si allontani dal Dio vivente.
L’ammonimento, fatto alla luce di quanto è avvenuto ai padri nel deserto, è carico di tragiche responsabilità.
Ognuno è avvisato, santamente messo in guarda da ogni forma di idolatria.
Ma qual è l’idolatria, quale la non fede per uno che viveva nei tempi di Cristo Gesù?
L’idolatria e la non fede è rimanere ancorati alla dottrina e alla Parola dell’Antico Testamento e non passare all’insegnamento e alla Verità del Nuovo.
È idolatria, è non fede restare ancorati alla Legge di Mosè, mentre ora la voce di Dio, la voce che parla oggi, ci annunzia la grazia e la verità per mezzo di Gesù Cristo.
In fondo si chiede di fare il passaggio che il Vangelo secondo Giovanni esprime chiaramente nel Prologo (cfr. Gv 1,1-18):
“In principio era il Verbo, il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio. Egli era in principio presso Dio: tutto è stato fatto per mezzo di lui, e senza di lui niente è stato fatto di tutto ciò che esiste. In lui era la vita e la vita era la luce degli uomini; la luce splende nelle tenebre, ma le tenebre non l'hanno accolta. Venne un uomo mandato da Dio e il suo nome era Giovanni. Egli venne come testimone per rendere testimonianza alla luce, perché tutti credessero per mezzo di lui. Egli non era la luce, ma doveva render testimonianza alla luce.
Veniva nel mondo la luce vera, quella che illumina ogni uomo. Egli era nel mondo, e il mondo fu fatto per mezzo di lui, eppure il mondo non lo riconobbe. Venne fra la sua gente, ma i suoi non l'hanno accolto. A quanti però l'hanno accolto, ha dato potere di diventare figli di Dio: a quelli che credono nel suo nome, i quali non da sangue, né da volere di carne, né da volere di uomo, ma da Dio sono stati generati. E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi; e noi vedemmo la sua gloria, gloria come di unigenito dal Padre, pieno di grazia e di verità.
Giovanni gli rende testimonianza e grida: Ecco l'uomo di cui io dissi: Colui che viene dopo di me mi è passato avanti, perché era prima di me. Dalla sua pienezza noi tutti abbiamo ricevuto e grazia su grazia. Perché la legge fu data per mezzo di Mosè, la grazia e la verità vennero per mezzo di Gesù Cristo. Dio nessuno l'ha mai visto: proprio il Figlio unigenito, che è nel seno del Padre, lui lo ha rivelato”.
Chiunque non fa questo passaggio dalla Legge alla Grazia e alla Verità che Dio ci ha donato per mezzo di Gesù Cristo, vive da idolatra, rimane con un cuore perverso, resta senza la vera fede. Il suo è un cuore che si allontana da Dio.
Perché questo cuore è perverso? È perverso perché giudica l’agire del Signore. È perverso perché è lui che decide ciò che è buono da ciò che è cattivo, ciò che è verità da ciò che non lo è, ciò che è Parola di Dio da ciò che non è parola di Dio; ciò che bisogna accogliere da ciò che non bisogna accogliere, ciò che si deve vivere da ciò che non è opportuno, giusto che si viva.
Questo cuore è perverso perché è idolatra ed è idolatra chiunque rimane fuori della Parola di Gesù, fuori della sua Grazia e della sua Verità, fuori del suo Vangelo, semplicemente fuori di Cristo. Essere lontani dal Dio vivente equivale ora ad essere lontani dal Cristo vivente.
Tutti devono mettere ogni attenzione, ogni vigilanza a non allontanarsi da Cristo Gesù. È Lui ora l’apostolo e il sommo sacerdote della fede e quindi della Parola e della Verità del Padre.
[13]Esortatevi piuttosto a vicenda ogni giorno, finché dura quest'oggi, perché nessuno di voi si indurisca sedotto dal peccato.
L’oggi che dura è il tempo della misericordia di Dio, il tempo del suo amore, il tempo del dono della sua Parola, della sua Grazia, della sua Verità. L’oggi è il tempo della compassione di Cristo, che va alla ricerca della pecorella smarrita.
La domanda da porre al nostro spirito è una sola: quanto dura quest’oggi?
La Scrittura, sia nel Nuovo che nell’Antico Testamento, insegna che Dio è ricco di pietà e di misericordia, ma anche che è lento all’ira. Ci insegna che c’è un limite non superabile dall’uomo nel peccato.
Il Nuovo Testamento pone questo limite nel peccato contro lo Spirito Santo, che non è solo il combattimento contro la verità di Dio e di Cristo, ma anche la presunzione di salvarsi senza merito, senza cioè accogliere la Parola di Cristo e vivere secondo ogni suo insegnamento.
Quest’oggi dura finché l’uomo non si indurisce sotto il suo peccato, finché il suo cuore non sarà divenuto tutto di pietra, di bronzo, di ferro.
È questo il momento del non ritorno.
Nessuno deve tentare il Signore, sfidare la sua misericordia, abusare della sua grazia, restando senza fede e camminando di peccato in peccato, lontano dalla verità e dalla grazia di Cristo.
Pur non conoscendo il mistero del dono della grazia e della verità di Dio per ogni singolo cuore, dobbiamo però confessare una verità con timore e con tremore. La verità è questa: il tempo della misericordia può finire, finisce.
Sapendo questo, comprendiamo il significato del versetto (13) che stiamo trattando: bisogna che ognuno si faccia carico dell’anima di suo fratello e con ogni esortazione lo convinca dell’urgenza di rimanere ancorato in Cristo Gesù e nella Nuova Via da Lui istituita per attraversare il deserto della vita fino al raggiungimento del Cielo.
Questa opera di amore, di carità, di compassione, che si fa aiuto vicendevole, sostegno reciproco, non deve essere fatta una volta e poi basta; deve essere opera quotidiana, giornaliera.
Ogni giorno ci si deve esortare alla fede, alla fedeltà, all’ascolto, alla messa in pratica della Parola di Gesù.
Più si cresce nella fede e più grande è la certezza di rimanere ancorati in essa, lontani da ogni peccato.
Per questo è urgente l’opera di tutti verso tutti. È questo il vero stile della comunità del Signore. Non uno verso tutti. Non ce la farebbe. Ma tutti verso tutti.
Qual è il fine di questa universale e quotidiana reciproca esortazione? Quello di far sì che nessuno cada nel peccato dell’idolatria e nessuno in questo peccato indurisca il suo cuore, fino al punto del non ritorno.
È questa una regola divina. È la vera regola che deve regnare in ogni comunità cristiana. Ognuno è chiamato a farsi carico della vita spirituale dei suoi fratelli. Le modalità devono essere quelle della discrezione, della dolcezza, della grande carità, del silenzio, della preghiera, del saggio consiglio, della prudenza, della circospezione nel fare l’esortazione, nella grande umiltà di chi vuole solo il bene dell’altro e per questo sta lontano da ogni superbia, vanagloria, arroganza, presunzione, fariseismo e peccati del genere.
Le forme potrebbero essere quelle indicate da San Paolo nella Prima Lettera ai Corinzi, Inno della carità (c. 13) e nella Lettera ai Romani, il vero culto spirituale (c. 12).
Queste regole vengono riportate per ottenere una convinzione immediata sulla loro grande opportunità, in modo che il nostro amore non vada perduto e l’altro si indurisca sotto il peso del peccato a causa della nostra poca accortezza in amore e in carità.
Prima lettera ai Corinzi (13,1-13): “Se anche parlassi le lingue degli uomini e degli angeli, ma non avessi la carità, sono come un bronzo che risuona o un cembalo che tintinna. E se avessi il dono della profezia e conoscessi tutti i misteri e tutta la scienza, e possedessi la pienezza della fede così da trasportare le montagne, ma non avessi la carità, non sono nulla. E se anche distribuissi tutte le mie sostanze e dessi il mio corpo per esser bruciato, ma non avessi la carità, niente mi giova. La carità è paziente, è benigna la carità; non è invidiosa la carità, non si vanta, non si gonfia, non manca di rispetto, non cerca il suo interesse, non si adira, non tiene conto del male ricevuto, non gode dell'ingiustizia, ma si compiace della verità. Tutto copre, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta. La carità non avrà mai fine. Le profezie scompariranno; il dono delle lingue cesserà e la scienza svanirà. La nostra conoscenza è imperfetta e imperfetta la nostra profezia. Ma quando verrà ciò che è perfetto, quello che è imperfetto scomparirà. Quand'ero bambino, parlavo da bambino, pensavo da bambino, ragionavo da bambino. Ma, divenuto uomo, ciò che era da bambino l'ho abbandonato. Ora vediamo come in uno specchio, in maniera confusa; ma allora vedremo a faccia a faccia. Ora conosco in modo imperfetto, ma allora conoscerò perfettamente, come anch'io sono conosciuto. Queste dunque le tre cose che rimangono: la fede, la speranza e la carità; ma di tutte più grande è la carità!”
Lettera ai Romani (12,1-21): “Vi esorto dunque, fratelli, per la misericordia di Dio, ad offrire i vostri corpi come sacrificio vivente, santo e gradito a Dio; è questo il vostro culto spirituale. Non conformatevi alla mentalità di questo secolo, ma trasformatevi rinnovando la vostra mente, per poter discernere la volontà di Dio, ciò che è buono, a lui gradito e perfetto. Per la grazia che mi è stata concessa, io dico a ciascuno di voi: non valutatevi più di quanto è conveniente valutarsi, ma valutatevi in maniera da avere di voi una giusta valutazione, ciascuno secondo la misura di fede che Dio gli ha dato. Poiché, come in un solo corpo abbiamo molte membra e queste membra non hanno tutte la medesima funzione, così anche noi, pur essendo molti, siamo un solo corpo in Cristo e ciascuno per la sua parte siamo membra gli uni degli altri. Abbiamo pertanto doni diversi secondo la grazia data a ciascuno di noi. Chi ha il dono della profezia la eserciti secondo la misura della fede; chi ha un ministero attenda al ministero; chi l'insegnamento, all'insegnamento; chi l'esortazione, all'esortazione. Chi dá, lo faccia con semplicità; chi presiede, lo faccia con diligenza; chi fa opere di misericordia, le compia con gioia. La carità non abbia finzioni: fuggite il male con orrore, attaccatevi al bene; amatevi gli uni gli altri con affetto fraterno, gareggiate nello stimarvi a vicenda.
Non siate pigri nello zelo; siate invece ferventi nello spirito, servite il Signore. Siate lieti nella speranza, forti nella tribolazione, perseveranti nella preghiera, solleciti per le necessità dei fratelli, premurosi nell'ospitalità. Benedite coloro che vi perseguitano, benedite e non maledite. Rallegratevi con quelli che sono nella gioia, piangete con quelli che sono nel pianto. Abbiate i medesimi sentimenti gli uni verso gli altri; non aspirate a cose troppo alte, piegatevi invece a quelle umili. Non fatevi un'idea troppo alta di voi stessi. Non rendete a nessuno male per male. Cercate di compiere il bene davanti a tutti gli uomini. Se possibile, per quanto questo dipende da voi, vivete in pace con tutti. Non fatevi giustizia da voi stessi, carissimi, ma lasciate fare all'ira divina. Sta scritto infatti: A me la vendetta, sono io che ricambierò, dice il Signore. Al contrario, se il tuo nemico ha fame, dagli da mangiare; se ha sete, dagli da bere: facendo questo, infatti, ammasserai carboni ardenti sopra il suo capo. Non lasciarti vincere dal male, ma vinci con il bene il male”.
Seguendo queste regole di amore, l’esortazione di sicuro produrrà frutti di vera crescita nella fede e di autentico sostegno nel cammino nella Parola di Gesù.
[14]Siamo diventati infatti partecipi di Cristo, a condizione di mantenere salda sino alla fine la fiducia che abbiamo avuta da principio.
La fede cristiana vive di due momenti essenziali, di cui l’uno non può esistere senza l’altro.
Questi due momenti sono: la nuova realtà che viene generata dalla fede; il cammino nella fede perché la nuova realtà generata dalla fede porti frutti.
Quando un uomo, una donna, un bambino, un adulto credono alla Parola che viene loro annunziata e si lasciano battezzare, loro acquisiscono una nuova realtà.
Questa realtà è chiamata in modi diversi, che indicano però una cosa sola: il dono che Dio ha fatto di sé a colui che ha creduto e che lo ha trasformato nella natura.
L’Autore chiama questa nuova realtà: “partecipi di Cristo”. San Pietro dice la stessa cosa : “partecipi della divina natura”.
Cristo è diventato parte di noi e noi parte di Cristo. San Paolo dice tutto questo con un'altra parola: “Corpo di Cristo”. Il cristiano è corpo di Cristo. Cristo è il Capo, noi siamo le membra.
San Giovanni nel suo Vangelo, parla di “vite e di tralci”. Cristo è la vite, noi siamo i tralci. Traiamo la linfa vitale da Lui e per Lui produciamo.
Questa nuova realtà ci è data però a modo di seme. Come il seme viene affidato alla terra perché lo faccia germogliare e produrre, fino alla completa maturazione del frutto, così è la nuova realtà che Dio, Cristo, lo Spirito Santo creano in noi.
Essa viene seminata nel nostro cuore, nella nostra vita, nella nostra natura. Dal momento in cui viene seminata, fino all’ultimo giorno della nostra esistenza sulla terra essa ci viene affidata perché noi la facciamo crescere e fruttificare.
Qual è la via giusta, l’unica via che ci consente di fare questo?
La risposta dell’Autore è assai esplicita e semplice allo stesso tempo: a condizione di mantenere salda sino alla fine la fiducia che abbiamo avuta da principio.
Qual è la fiducia che abbiamo avuto fin da principio? È senz’altro la fede risposta nella Parola.
A noi è stata annunziata la Parola di Gesù. In questa Parola abbiamo creduto. In questa Parola ci siamo lasciati battezzare. Per questa Parola creduta siamo divenuti partecipi di Cristo.
Se usciamo dalla Parola, usciamo da Cristo, non siamo più partecipi di Lui, perché cadiamo nella morte e chi è nella morte è privo sia della vita che della grazia di Gesù Signore.
Realizza la nuova realtà, la porta a compimento solo colui che persevera nella Parola.
Ritornando all’argomento della Lettera: qual è la Parola che dobbiamo osservare?
La risposta è una sola: quella di Cristo Gesù. Ora la via della vita è nella Parola di Gesù. Chi non mantiene fede alla Parola di Gesù, esce dalla via della vita e ritorna in una via di morte, senza alcuna possibilità di salvezza, di redenzione di vita eterna.
Chi separa i due momenti non ha Cristo. Chi non compie i due momenti non ha Cristo. Chi sceglie solo il primo momento non ha Cristo.
Cristo è all’inizio, durante e dopo, sempre. È prima, durante, dopo se è nella Parola. Cristo e Parola non si possono separare, come non si possono separare Dio e Parola.
La Parola di Dio è la Parola di Cristo Gesù. Non ha la Parola di Dio chi si distacca dalla Parola di Cristo Gesù.
Ricordiamoci l’inizio della Lettera: prima Dio ha parlato per mezzo dei Profeti. Ora ci parla per mezzo del Figlio.
Il Figlio è ora, in quest’oggi, la Parola di Dio. È questa la verità che dona salvezza. Su questa verità bisogna mantenere salda la fiducia che si ha avuta fin da principio.
Avere un solo dubbio sulla verità di Cristo significa non avere più fiducia e senza più fiducia non si è più partecipi di Cristo.
[15]Quando pertanto si dice: Oggi, se udite la sua voce, non indurite i vostri cuori come nel giorno della ribellione, [16]chi furono quelli che, dopo aver udita la sua voce, si ribellarono? Non furono tutti quelli che erano usciti dall'Egitto sotto la guida di Mosè? [17]E chi furono coloro di cui si è disgustato per quarant'anni? Non furono quelli che avevano peccato e poi caddero cadaveri nel deserto? [18]E a chi giurò che non sarebbero entrati nel suo riposo, se non a quelli che non avevano creduto?
In questi versetti viene illustrato, attraverso il riferimento esplicito all’Antico Testamento, quanto affermato circa il legame inscindibile, di vita, tra le due realtà: il prima e il dopo.
L’Autore vede un rischio latente nella comunità degli Ebrei, tra quanti cioè erano venuti alla fede in Cristo dal Giudaismo.
Il rischio è questo: abbandonare la Parola di Gesù per ritornare alla vecchia fede, o alle vecchie credenze.
Questo rischio si vince, o si supera mantenendo la fiducia accordata da principio alla Parola.
Perché questa fiducia venga accordata sempre, l’Autore dona un aiuto leggendo la storia passata, dalla quale si evince che non c’è salvezza senza perseveranza nell’ascolto.
Chi non entrò nella Terra Promessa? Tutti coloro che, usciti dall’Egitto, non prestarono più fede alla Parola di Dio.
A che cosa ci si ribella, se non alla Parola che Dio faceva udire “oggi” per mezzo di Mosè?
Ma chi è uscito dall’Egitto se non chi aveva prestato fede alla Parola di Dio?
La Parola di Dio aveva condotto fuori dall’Egitto. La stessa Parola avrebbe dovuto introdurli nella Terra Promessa.
La Parola che libera dall’Egitto è detta “oggi”, nel giorno della liberazione. Ma anche la Parola che introduce nella Terra Promessa è detta “oggi”, nel giorno del nuovo cammino.
Una volta che c’è una ribellione nella Parola detta “oggi”, c’è anche una interruzione nel cammino, che potrebbe essere momentanea, se si ritorna nella fede e quindi nell’ascolto di ciò che è stato proferito, oppure il cammino si perde per sempre e non si entra nella “terra”.
La verità che l’Autore ci insegna è questa: nessuno compie l’opera della liberazione che è stata generata dalla Parola se non persevera nell’ascolto della Parola sino alla fine.
È valso per quanti sono usciti dall’Egitto, vale per quanti sono stati resi partecipi di Cristo.
La conclusione è duplice: ognuno si può escludere da sé dal cammino della vita, decidendo di mettersi fuori della Parola per sempre.
Ma c’è l’altra verità: Dio potrebbe decidere di escludere qualcuno a motivo del suo peccato.
Lo si è già detto: ognuno stia attento a non arrivare al punto del non ritorno nella grazia. Questo punto è il peccato contro lo Spirito Santo.
Questo peccato esclude dalla vita eterna già su questa terra. Uno non deve attendere il momento della morte per essere nella morte eterna; nella morte eterna si è già in vita. Si vive, ma è come se fossimo già morti e questo a motivo dell’esclusione che Dio ha sanzionato per noi.
Mistero tremendo! Mistero vero! Mistero della volontà dell’uomo e della sua responsabilità eterna!
[19]In realtà vediamo che non vi poterono entrare a causa della loro mancanza di fede.
In questo versetto è detto in modo chiaro, esplicito, senza alcuna possibilità di fraintendimento che la non entrata nella Terra Promessa avvenne per la loro mancanza di fede.
Il concetto è già stato precisato. Si tratta ora di puntualizzarlo in vista della verità che l’Autore ci vuole insegnare.
Chiediamoci: qual è la verità che sta molto a cuore all’Autore e che in ogni modo sta cercando di mettere in evidenza?
Essa può essere così sistematicizzata, o presentata:
Dio non ha parlato ai Padri una volta sola e basta. Dio parlava ai Padri. La Parola di Dio quotidianamente scendeva dal Cielo.
Se vogliamo fare un paragone, essa può essere paragonata alla manna. Come la manna cadeva ogni giorno, così cade ogni giorno la Parola di Dio dal Cielo.
Come i figli di Israele raccoglievano la manna, così avrebbero dovuto raccogliere la Parola, per nutrirsi della vita divina e poter proseguire il viaggio fino al raggiungimento della vera Terra Promessa, che è il Paradiso.
Dio parla, non ha semplicemente parlato: è questa la verità dell’Autore.
A Dio che parla si risponde con la fede. Dio parla oggi. Oggi bisogna porre tutta la nostra fede nella sua Parola. Se questo non avviene e si rimane nella non fede, la vera Terra Promessa non si raggiunge.
Senza la Parola di Dio siamo privi della sua vita divina in noi e ogni forza ci manca per continuare il viaggio verso la vita eterna.
In questo dono della Parola, Cristo Gesù occupa il primo posto, più che Mosè, più che gli Angeli, più che ogni altro profeta dell’Antico Testamento.
Gesù è il Figlio del Padre che ci porta la Parola ultima, definitiva del Padre, ci dona la sua volontà di salvezza e di redenzione, ci indica il sentiero per il raggiungimento della vita eterna.
Chi non crede che Cristo è l’apostolo e il sommo sacerdote della Parola di Dio cade dalla fede, viene a trovarsi privo della Parola della vita.
È senza vita, perché è senza la Parola di Dio. Essendo senza vita, è già nella morte. È in tutto simile ai suoi padri che sono morti nel deserto a causa della loro non fede nella Parola che Dio quotidianamente faceva giungere loro per mezzo del suo servo Mosè.
Non è sufficiente aver accolto un tempo la Parola, nella Parola bisogna perseverare sino alla fine dei nostri giorni. La vita è nella Parola. Dio la dona, l’uomo la raccoglie, la mangia, vive per essa.
Poiché la vita dell’uomo è dalla Parola ed è nella Parola, c’è un’altra verità che bisogna mettere in evidenza, in risalto, sul candelabro.
Noi che crediamo nella Parola abbiamo l’altro grave obbligo di camminare nella Parola verso la verità tutta intera, verità che la Parola contiene, che però solo lo Spirito Santo può rendere chiara ed esplicita alla nostra mente e al nostro cuore.
Come incorreva nella morte chi uscito dall’Egitto smetteva di ascoltare la Parola di Dio, così incorre nella morte, non fa un buon cammino spirituale, anzi non lo fa affatto, anche chi quotidianamente non si lascia condurre dallo Spirito Santo verso la verità tutta intera.
La Chiesa vive se ascolta lo Spirito Santo. Questa è la sua verità, questa deve essere la nostra verità, perché Chiesa è ognuno di noi chiamato a lasciarsi condurre dallo Spirito verso la verità tutta intera per entrare in possesso della vita eterna, oggi e nell’eternità beata.
La conclusione non può essere che una sola: è nella morte chi non ascolta la Parola che Dio fa risuonare oggi per mezzo di Cristo; è nella morte chi non cammina verso la verità tutta intera cui oggi conduce lo Spirito del Signore.
Chi vuole la vita deve camminare nell’oggi di Cristo e nell’oggi dello Spirito Santo.
Proviamo ora a leggere le parole iniziali del capitolo, di sicuro le comprenderemo assai meglio:
“Oggi, se udite la sua voce, non indurite i vostri cuori come nel giorno della ribellione, il giorno della tentazione nel deserto, dove mi tentarono i vostri padri mettendomi alla prova, pur avendo visto per quarant'anni le mie opere. Perciò mi disgustai di quella generazione e dissi: Sempre hanno il cuore sviato. Non hanno conosciuto le mie vie. Così ho giurato nella mia ira: Non entreranno nel mio riposo”.
Il Signore ci conceda di ascoltare sempre la voce dello Spirito Santo che parla alla nostra intelligenza, al nostro cuore, alla nostra volontà per condurci alla verità tutta intera oggi, domani, sempre, per tutti i giorni della nostra vita.