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PARTE TERZA

3
IL POSCRITTO
(6,11-18)

11Vedete con che grossi caratteri vi scrivo, ora, di mia mano. 12Quelli che vogliono fare bella figura nella carne, vi costringono a farvi circoncidere, solo per non essere perseguitati a causa della croce di Cristo. 13Infatti neanche gli stessi circoncisi osservano la legge, ma vogliono la vostra circoncisione per trarre vanto dalla vostra carne. 14Quanto a me invece non ci sia altro vanto che nella croce del Signore nostro Gesù Cristo, per mezzo della quale il mondo per me è stato crocifisso, come io per il mondo. 15Non è infatti la circoncisione che conta, né la non circoncisione, ma l’essere nuova creatura. 16E su quanti seguiranno questa norma sia pace e misericordia, come su tutto l’Israele di Dio. 17D’ora innanzi nessuno mi procuri fastidi: difatti io porto le stigmate di Gesù nel mio corpo.
18La grazia del Signore nostro Gesù Cristo sia con il vostro spirito, fratelli. Amen.

Questa chiusura si discosta dalla conclusione delle altre lettere paoline. Infatti, invece di presentare i soliti saluti personali, Paolo torna a parlare dei suoi avversari (6,12-13) e della sua presa di posizione personale nel problema della circoncisione (6,14-17), con la preghiera conclusiva di non dargli più preoccupazioni in avvenire (6,17). "Le frasi sono come brusche sottolineature finali che in breve ridestano ancora una volta l’intero dibattito" (Schlier). Il v.18 chiude con un brevissimo augurio.

v. 11. "La grafia in caratteri grandi vuol far colpo e sottolineare il contenuto delle parole" (Schlier). "Scrivendo queste ultime righe di propria mano, Paolo ha voluto insistere personalmente sull’avvertimento apostolico che la sua lettera recava ai Galati" (Bonnard). "Catone scriveva con caratteri grandi affinché il ragazzo potesse leggerli, Paolo affinché le sue parole facessero maggior impressione" (Almquist). Proprio l’annotazione fatta di proprio pugno distingue la mano dell’apostolo da quella del segretario. In queste poche righe Paolo stende un sommario conclusivo di tutte le parti precedenti della lettera, al quale poi nel v.17 viene aggiunta dall’apostolo ancora un’osservazione del tutto personale e quasi sorprendente.

v. 12. La pretesa della circoncisione che gli avversari accampano nei confronti dei Galati, secondo Paolo nasce dal desiderio "di fare bella figura nella carne". Ma soprattutto cercano di costringere i Galati alla circoncisione per una precisa intenzione: "Vi costringono a farvi circoncidere, solo per non essere perseguitati a motivo della croce di Cristo". Ma da parte di chi sono perseguitati i giudeocristiani? Questa domanda rimane senza risposta. Forse Paolo attribuisce ai suoi avversari l’intento di esigere la circoncisione al fine di potersi sottrarre a una persecuzione dei giudei. Però di fatto non si può intravedere una persecuzione in atto né abbiamo notizia che sia avvenuta in seguito.

v. 13. Si potrebbe credere che agli avversari sta a cuore la legge; ma in realtà proprio loro, benché siano circoncisi, non osservano la legge. Paolo dice che i suoi avversari vogliono circoncidere i Galati per un piano tattico: farsi dei simpatizzanti presso i giudei e quindi non venire perseguitati da loro. Come prova dei loro successi essi possono mostrare la carne di coloro che essi hanno persuaso a farsi circoncidere.

v. 14. Mentre gli avversari di Paolo vogliono trovare vanto nella carne degli etnicocristiani circoncisi, Paolo si vanta solamente della croce del Signore Gesù Cristo. Mediante questa croce per Paolo il mondo è crocifisso cioè ucciso, morto. Questo mondo è ben preciso e determinato: è il mondo della carne, della legge, del peccato e della morte, che sta in contrasto con la nuova creazione (v.15) e che da essa è stato eliminato. Qui per mondo si intende il vecchio mondo visto come spazio e potenza del male. La croce di Cristo ha inferto al mondo antico il colpo mortale. E di conseguenza Paolo è un crocifisso, cioè un morto nei confronti di questo vecchio mondo del male, e per sempre (perfetto estàurotai). Fin dal battesimo Paolo è crocefisso insieme con Cristo (2,19). Secondo Gal 5,24 quelli che appartengono a Cristo hanno crocefisso la carne insieme alle passioni e alle concupiscenze. Ora Cristo, la nuova creazione in persona, vive in Paolo (2,20) cosicché il mondo della vecchia creazione è morto per sempre per lui. Ciò comporta delle conseguenze di cui l’apostolo rende consapevoli nel v. seguente.

v. 15. "Infatti né la circoncisione né l’incirconcisione vale qualcosa, ma una nuova creazione". Le cose che appartengono al mondo vecchio hanno perso completamente il loro valore e la loro importanza. "Se uno è in Cristo, è una creatura nuova; le cose vecchie sono passate, ecco ne sono nate di nuove" (2Cor 5,17). Per mezzo del battesimo si ha la nuova creazione in Cristo (Gal 3,27-28; 2Cor 5,17), nel quale le antiche vie di salvezza dell’umanità non possiedono più valore alcuno. Quindi non ha più senso vantarsi di esse. L’unico oggetto di vanto legittimo ora è soltanto la croce di Gesù, per mezzo della quale il mondo, e ciò che per esso è importante, è stato crocifisso, ossia è morto, ha perso totalmente valore.

v. 16. La "norma" a cui in precedenza il modo di vivere si conformava era il mondo stesso e in esso, dal punto di vista di Paolo, specialmente la legge. Ora la "norma" a cui deve conformarsi la vita dei battezzati è la "nuova creazione" (v.15) con tutto ciò che soltanto in essa ha valore. Sulla base di 5, 25 si può anche dire: la nuova norma è lo Spirito, nel quale soprattutto si manifesta la nuova creazione, l’esistenza escatologica. "A tutti coloro che si conformeranno a questa norma, pace e misericordia verranno su di loro". I destinatari di questa promessa sono primariamente i Galati, poi l’Israele di Dio. L’apostolo invoca la salvezza anche sul suo popolo. Poiché nella lettera ai Galati dichiara superata la via della legge, che il giudaismo percorre ancora, egli raccomanda Israele alla misericordia di Dio. Così in Gal 6,16 l’apostolo allude precisamente a ciò che espliciterà poi in Rm 9-11. Paolo non ha mai dimenticato il suo popolo.

v. 17. Le molestie e i fastidi di cui Paolo parla sono tutte le preoccupazioni apostoliche che gli eventi in Galazia gli provocano e delle quali la sua lettera offre una testimonianza così impressionante. A tale richiesta egli dà una motivazione tutta particolare: "infatti io porto nel mio corpo le stigmate di Gesù". Le stigmate indicano le cicatrici prodotte dai maltrattamenti a cui Paolo è andato soggetto durante le persecuzioni. "Forse esse provengono da una persecuzione, durante la quale Paolo dovette subire la flagellazione giudaica dei ‘quaranta colpi meno uno’. Questo genere atroce di punizione, che non di rado finiva con la morte del punito, era quanto mai adatto a lasciare sul corpo dell’apostolo cicatrici così gravi, da far risultare veramente appropriato il paragone con le ferite mortali di Gesù" (Borse). Il Borse pensa più precisamente alle tribolazioni sofferte da Paolo in Asia, di cui egli riferisce in 2Cor 1,18 ss. Queste cicatrici sono un motivo sufficiente perché Paolo possa scrivere ai Galati di non dargli più nessuna noia, perché esse sono la prova più convincente, visibile a tutti, che mostra al fianco di chi sta l’apostolo e chi sta al fianco dell’apostolo: Gesù stesso. Le cicatrici doloranti sul corpo di Paolo mettono a tacere tutte le obiezioni a suo carico. I suoi avversari non hanno stigmate come queste, il loro corpo non è segnato dalla croce di Gesù. Essi si vantano della carne circoncisa, Paolo invece della croce di Gesù.

v. 18. Senza aggiungere altro, Paolo conclude con la benedizione apostolica. Egli augura che la grazia del Signore Gesù Cristo sia con lo spirito dei Galati, e con ciò, volontariamente o involontariamente, riesprime molto in breve, nell’augurio benedicente e conclusivo della lettera, l’intendimento teologico di essa: è la grazia di Gesù Cristo, l’unica che può giustificare, che Paolo augura a questi suoi fedeli. Nel fare ciò li chiama "fratelli", il che di solito non accade nel saluto di benedizione. I Galati devono sapere che Paolo, ora come prima, nonostante le preoccupazioni che essi gli hanno dato (6,7), li considera suoi diletti fratelli: egli non li ha ripudiati. Infine Paolo chiude la sua lettera ai Galati con un "amen", che si ritrova solo in Rm 15,33 e 16,27. Esso ha il significato di un’autoconferma e di un suggello di ciò che l’apostolo ha scritto alle comunità della Galazia con tanta energia apostolica e teologica. Ma esprime anche la speranza che queste comunità ripetano anch’esse tale "amen" ad alta voce e con totale adesione, quando la lettera verrà loro letta dagli anziani. Esso infine esprime la sicura fiducia dell’apostolo che la grazia del Signore Gesù Cristo trionfi nei cuori dei Galati.