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L’APERTURA DEI SETTE SIGILLI
(6,1–8,1)

L’Agnello deve ora rompere i sette sigilli uno dopo l’altro, in modo da scoprire innanzitutto la parte esterna del rotolo del libro. Le prime sette visioni costituiscono secondo la struttura del libro l’inizio della serie di catastrofi che assumeranno un carattere sempre più terribile fino al ritorno di Cristo. La successione delle visioni è articolata in modo che le prime quattro immagini sono disegnate con tratti e in parallelo l’una all’altra (6,1-8). La quinta (6,9-11) e la sesta (6,12-17) sono descritte con maggiore ampiezza. Ma prima che l’Agnello apra il settimo sigillo (8,1) c’è un intermezzo nel quale lo sguardo è rivolto alla comunità, che è la schiera di coloro che sono stati segnati da Dio, sui quali si estende la sua protezione.

 

 

I PRIMI QUATTRO SIGILLI: I CAVALIERI APOCALITTICI

1 Quando l'Agnello sciolse il primo dei sette sigilli, vidi e udii il primo dei quattro esseri viventi che gridava come con voce di tuono: «Vieni». 2 Ed ecco mi apparve un cavallo bianco e colui che lo cavalcava aveva un arco, gli fu data una corona e poi egli uscì vittorioso per vincere ancora.
3 Quando l'Agnello aprì il secondo sigillo, udii il secondo essere vivente che gridava: «Vieni». 4 Allora uscì un altro cavallo, rosso fuoco. A colui che lo cavalcava fu dato potere di togliere la pace dalla terra perché si sgozzassero a vicenda e gli fu consegnata una grande spada.
5 Quando l'Agnello aprì il terzo sigillo, udii il terzo essere vivente che gridava: «Vieni». Ed ecco, mi apparve un cavallo nero e colui che lo cavalcava aveva una bilancia in mano. 6 E udii gridare una voce in mezzo ai quattro esseri viventi: «Una misura di grano per un danaro e tre misure d'orzo per un danaro! Olio e vino non siano sprecati».
7 Quando l'Agnello aprì il quarto sigillo, udii la voce del quarto essere vivente che diceva: «Vieni». 8 Ed ecco, mi apparve un cavallo verdastro. Colui che lo cavalcava si chiamava Morte e gli veniva dietro l'Inferno. Fu dato loro potere sopra la quarta parte della terra per sterminare con la spada, con la fame, con la peste e con le fiere della terra.

Dopo la grande visione del trono di Dio e dell’Agnello, inizia l’apertura dei sette sigilli.

I primi quattro vengono aperti rapidamente: sono tutti portatori di avvenimenti di sciagura. All’apertura del quinto sigillo la serie delle sciagure si interrompe: si apre la visione celeste (i martiri che attendono il giudizio di Dio) il cui scopo principale è di svelare il senso e la conclusione degli avvenimenti.

Il sesto sigillo riprende il motivo delle sciagure, ma, a differenza dei primi quattro sigilli, il suo svolgimento è lento e si sviluppa in due quadri antitetici: il giudizio di Dio e il raduno degli eletti. L’apertura dei primi quattro sigilli è ordinata dai quattro viventi che sono accanto al trono di Dio.

Il cavallo bianco e il suo arciere simboleggiano le invasioni dei Parti ai confini orientali dell’impero: cavalieri terribili e inafferrabili, che imperversarono per tutto il primo secolo dopo Cristo.

Il cavallo rosso è il simbolo della guerra civile.

Il cavallo nero, come è indicato dalla bilancia che il suo cavaliere tiene in mano, è la carestia. Gli storici ricordano una grande carestia che colpì l’Asia Minore negli anni 92-93 d.C. I prezzi dei generi di prima necessità (frumento e orzo) saliranno alle stelle, ma non invece il vino e l’olio.

Infine il cavallo verdastro è simbolo della morte: colpisce la quarta parte dell’umanità con la guerra, la fame, la peste e le fiere.

Qui dobbiamo soffermarci su due annotazioni.

La prima è che Giovanni ci ricorda che non è ancora la fine. La carestia è grave, ma non totale. I flagelli della guerra, della fame e della peste sono terribili, ma colpiscono solo un quarto dell’umanità.

La seconda è che Giovanni eredita sostanzialmente le sue immagini dai profeti dell’Antico Testamento. Si legge nel profeta Zaccaria 6,1-8: "Alzai gli occhi ed ecco quattro cocchi uscire da due monti... Il primo cocchio aveva cavalli rossi, il secondo cavalli neri, il terzo cavalli bianchi, il quarto cavalli pezzati, tutti velocissimi". E nel profeta Ezechiele (14,21): "Così parla il Signore: ‘Quando manderò contro Gerusalemme questi quattro flagelli, cioè la spada, la peste, la fame e le fiere, per sterminare in essa uomini e animali, lascerò dei superstiti che metteranno in salvo figli e figlie’".

I due profeti pensavano a Gerusalemme e al popolo di Dio infedele, Giovanni pensa invece all’intera storia umana.

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vv. 1--8. Giovanni guarda. L’Agnello toglie il primo sigillo dal documento ed ecco subito un avvenimento. Uno dei quattro viventi che stanno intorno al trono di Dio (4,6-8) grida con voce tonante: "Vieni!". Il fatto si ripete quattro volte, e ogni volta, dopo il grido, si muove un cavallo che ha in groppa un cavaliere.

Il primo cavallo è bianco e il suo cavaliere ha in mano un arco, riceve una corona di vittoria e si ritira vincitore. Abbiamo detto sopra che questo cavallo bianco e il suo arciere simboleggiano le invasioni dei Parti.

Il secondo cavaliere, che cavalca un cavallo rosso, è dotato del tremendo potere di far scomparire la pace dalla terra (Mc 13,7-8). Il cavallo nero, il cui cavaliere tiene in mano la bilancia, simboleggia la carestia che si accompagna a tutte le guerre (Mc 13,8). A ciascuno sarà pesata esattamente la sua razione di cibo. Una voce offre generi di prima necessità a prezzi altissimi. Per un denaro, ossia per il salario di una giornata di lavoro di un operaio (Mt 20,2), si compra una razione di frumento sufficiente al fabbisogno giornaliero di un uomo. Per lo stesso prezzo si ottiene una quantità tre volte maggiore di orzo, che è di minor pregio. In paragone ai prezzi allora correnti, ciò significa un aumento da otto a dodici volte, che getta soprattutto la povera gente nella miseria più nera per la straordinaria scarsità dei generi alimentari essenziali.

Ancora più spaventosa è la quarta visione: in sella a un cavallo di colore verdastro cavalca la morte. La visione si riferisce probabilmente alla peste, che in periodi di guerra, flagellava spaventosamente l’umanità. Ma questo cavaliere non è solo: il mondo dei morti, l’Ade, cavalca insieme alla morte per raccogliere subito le vittime e portarle nel suo regno. La morte e l’Ade hanno in loro potere un quarto dell’umanità, uccidendo di spada, di fame e di pestilenze. Dove è stata prodotta la desolazione compaiono le bestie feroci per proseguire e completare la distruzione.

 

IL QUINTO SIGILLO: LE ANIME DEI MARTIRI Al PIEDI DELL’ALTARE CELESTE

9 Quando l'Agnello aprì il quinto sigillo, vidi sotto l'altare le anime di coloro che furono immolati a causa della parola di Dio e della testimonianza che gli avevano resa. 10 E gridarono a gran voce:
«Fino a quando, Sovrano,
tu che sei santo e verace,
non farai giustizia
e non vendicherai il nostro sangue
sopra gli abitanti della terra?».
11 Allora venne data a ciascuno di essi una veste candida e fu detto loro di pazientare ancora un poco, finché fosse completo il numero dei loro compagni di servizio e dei loro fratelli che dovevano essere uccisi come loro.

All’apertura del quinto sigillo la scena improvvisamente cambia: non più la terra, ma il cielo, non più le sciagure, ma l’anticipo della loro conclusione. I martiri, che furono uccisi a motivo della parola di Dio e della testimonianza resa al vangelo, sono "ai piedi dell’altare". Ciò significa che il martire fu sempre visto come un sacrificio sull’altare di Dio. I martiri con le loro invocazioni desiderano affrettare la conclusione degli avvenimenti ("fino a quando, Signore?"). Ma la risposta è semplice: il tempo non è più tanto lungo ("ancora un poco") e, comunque, il suo prolungarsi è dovuto alla bontà di Dio che vuole completare il numero degli eletti. Siamo ancora nel tempo della salvezza, non del giudizio definitivo. Gli sconvolgimenti che avvengono sono premonitori e vogliono spingere al ravvedimento, non dichiarare chiusa la partita.

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vv. 9–11. Oltre che alla guerra, alla fame, alla peste e alla morte, i credenti saranno sottoposti a una particolare tribolazione: la persecuzione e il martirio. Giovanni scorge in cielo un altare ai cui piedi si trovano le anime di coloro che sono stati uccisi "per la parola di Dio e per la testimonianza". La morte dei testimoni è paragonata a un sacrificio (Fil 2,17; 2Tm 4,6). Secondo le concezioni tradizionali degli antichi, l’anima, la vita, risiedeva nel sangue (Lv 17,11.14; Dt 12,23). Quando con il sangue della vittima si aspergeva l’altare degli olocausti (Lv 4,7; ecc.), si versava sull’altare l’anima, ossia la vita degli animali. Le anime dei martiri, che sono rimasti fedeli fino all’ultimo e hanno subito una morte sacrificale, si trovano ai piedi dell’altare celeste, nell’immediata vicinanza di Dio, e restano con lui fino alla risurrezione dei giusti (7,15). In questa attesa le anime domandano quanto manca perché venga finalmente il giorno del giudizio, nel quale Dio vendicherà il loro sangue sugli abitanti della terra, ossia sugli increduli che li hanno uccisi. Poiché Dio è il Signore, il Santo e il Verace (3,7), emetterà un giudizio giusto e infliggerà ai colpevoli il castigo che si meritano.

Questa invocazione dei martiri è più che un puro grido di vendetta. Essi infatti rimettono il giudizio a Dio (Rm 12,29) e pregano che egli stabilisca presto la sua giustizia sulla terra. Questa loro preghiera viene esaudita: ognuno di loro riceve una veste bianca che è il vestito dei beati in cielo (3,4-5). Essi sono rivestiti (2Cor 5,1ss) e dotati di vesti lucenti come gli angeli. Alla loro domanda Dio risponde che devono attendere ancora per breve tempo, finché sia raggiunto il numero prefissato di coloro che devono subire il martirio.

Dunque le sofferenze che devono ancora colpire la comunità di Gesù sono fissate da Dio, il quale, essendo il Signore, non permette che accada nulla senza la sua volontà. Ancora un poco e poi Dio giudicherà la grande città, Babilonia la meretrice (18,20), in cui è stato versato il sangue dei profeti e dei santi e di tutti quelli che sono stati assassinati sulla terra (18,24). Egli vendicherà su di lei il sangue dei suoi servi (19,2), dopo che i martiri insieme con Cristo adempiranno il ministero di sovrani e giudici (20,4). Ma per ora bisogna attendere con pazienza. Le sofferenze della comunità non sono ancora finite. Anzi, ne dovrà subire di nuove, ma ormai soltanto per poco tempo.

 

 

IL SESTO SIGILLO: LO SCUOTIMENTO DEL COSMO

12 Quando l'Agnello aprì il sesto sigillo, vidi che vi fu un violento terremoto. Il sole divenne nero come sacco di crine, la luna diventò tutta simile al sangue, 13 le stelle del cielo si abbatterono sopra la terra, come quando un fico, sbattuto dalla bufera, lascia cadere i fichi immaturi. 14 Il cielo si ritirò come un volume che si arrotola e tutti i monti e le isole furono smossi dal loro posto. 15 Allora i re della terra e i grandi, i capitani, i ricchi e i potenti, e infine ogni uomo, schiavo o libero, si nascosero tutti nelle caverne e fra le rupi dei monti; 16 e dicevano ai monti e alle rupi: Cadete sopra di noi e nascondeteci dalla faccia di Colui che siede sul trono e dall'ira dell'Agnello, 17 perché è venuto il gran giorno della loro ira, e chi vi può resistere?

Con l’apertura del sesto sigillo la visione assume una dimensione cosmica: il sole e la luna, le stelle e il cielo, i monti e le isole sono coinvolti nella catastrofe. Questi sconvolgimento cosmici non sono, ovviamente, da prendere in senso letterale. Vanno considerati come delle "sigle convenzionali" comuni al genere profetico apocalittico. Costituiscono la coreografia che accompagna normalmente la venuta del "giorno del Signore". Per quanto riguarda questo passo, è chiaro che lo sconvolgimento del cosmo non è il tema della narrazione, ma la sua cornice: ha lo scopo di rendere drammatico e pauroso il giudizio che sta per venire: "È giunto il gran giorno dell’ira di Dio e chi potrà resistere?" (6,17). Tutti gli uomini, senza eccezione, sono colpiti dal giudizio di Dio. E tutti gli orgogliosi, che credono di fare a meno di Dio e di opporsi al suo progetto, sono ora invasi dalla paura. A questo punto ci aspetteremmo che il giudizio di Dio sia finalmente descritto e che l’Apocalisse sveli il suo segreto più volte annunciato. E invece no. Tutto è come sospeso e la conclusione è differita.

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vv. 12–14. La visione è composta di numerosi elementi distinti, tratti da diversi libri dell’Antico Testamento, e raccolti a formare una descrizione unitaria. Il sole si oscura, come se si coprisse di vesti da lutto. La luna si colora di rosso come il sangue. Secondo l’idea degli antichi, le stelle erano fissate alla volta celeste. Ora esse cadono come i frutti tardivi da un fico scosso dalla bufera. L’ordine dell’universo è sconvolto. la tenda del cielo si avvolge come il rotolo di una pergamena, le montagne e le isole vengono spostate.

vv. 15–17. Questi fatti gettano nel terrore tutti gli uomini. Una elencazione di sette categorie di persone indica l’umanità intera, che è preda del terrore senza eccezioni. Lo smarrimento della gente è espresso dal desiderio che le montagne e le rocce cadano su di essa (Lc 23,30) pur di non dover comparire davanti al giudice. Consapevoli della loro colpa (Gen 3,8), essi cercano in ogni modo di sottrarsi al giudizio dell’ira che l’Agnello terrà con potestà divina.

Il giorno del giudizio, già annunciato dai profeti (GI 3,4; Sof 1,15.18; 2,2; ecc.), si avvicina. Ma che cosa accadrà al popolo di Dio in mezzo a queste catastrofi che investiranno la terra? Esso ne sarà preservato e salvato (cap. 7).

 

 

INTERMEZZO: LA PRESERVAZIONE DEL POPOLO DI DIO

1 Dopo ciò, vidi quattro angeli che stavano ai quattro angoli della terra, e trattenevano i quattro venti, perché non soffiassero sulla terra, né sul mare, né su alcuna pianta.
2 Vidi poi un altro angelo che saliva dall'oriente e aveva il sigillo del Dio vivente. E gridò a gran voce ai quattro angeli ai quali era stato concesso il potere di devastare la terra e il mare: 3 «Non devastate né la terra, né il mare, né le piante, finché non abbiamo impresso il sigillo del nostro Dio sulla fronte dei suoi servi».
4 Poi udii il numero di coloro che furon segnati con il sigillo: centoquarantaquattromila, segnati da ogni tribù dei figli d'Israele:
5 dalla tribù di Giuda dodicimila;
dalla tribù di Ruben dodicimila;
dalla tribù di Gad dodicimila;
6 dalla tribù di Aser dodicimila;
dalla tribù di Nèftali dodicimila;
dalla tribù di Manàsse dodicimila;
7 dalla tribù di Simeone dodicimila;
dalla tribù di Levi dodicimila;
dalla tribù di Issacar dodicimila;
8 dalla tribù di Zàbulon dodicimila;
dalla tribù di Giuseppe dodicimila;
dalla tribù di Beniamino dodicimila.
Il trionfo dei nuovi eletti in cielo
9 Dopo ciò, apparve una moltitudine immensa, che nessuno poteva contare, di ogni nazione, razza, popolo e lingua. Tutti stavano in piedi davanti al trono e davanti all'Agnello, avvolti in vesti candide, e portavano palme nelle mani. 10 E gridavano a gran voce:
«La salvezza appartiene al nostro Dio seduto sul trono e all'Agnello».
11 Allora tutti gli angeli che stavano intorno al trono e i vegliardi e i quattro esseri viventi, si inchinarono profondamente con la faccia davanti al trono e adorarono Dio dicendo:
12 «Amen! Lode, gloria, sapienza, azione di grazie, onore, potenza e forza al nostro Dio nei secoli dei secoli. Amen».
13 Uno dei vegliardi allora si rivolse a me e disse: «Quelli che sono vestiti di bianco, chi sono e donde vengono?». 14 Gli risposi: «Signore mio, tu lo sai». E lui: «Essi sono coloro che sono passati attraverso la grande tribolazione e hanno lavato le loro vesti rendendole candide col sangue dell'Agnello. 15 Per questo stanno davanti al trono di Dio e gli prestano servizio giorno e notte nel suo santuario; e Colui che siede sul trono stenderà la sua tenda sopra di loro.
16 Non avranno più fame,
né avranno più sete,
né li colpirà il sole,
né arsura di sorta,
17 perché l'Agnello che sta in mezzo al trono
sarà il loro pastore
e li guiderà alle fonti delle acque della vita.
E Dio tergerà ogni lacrima dai loro occhi».
8.1 Quando l'Agnello aprì il settimo sigillo, si fece silenzio in cielo per circa mezz'ora.

Un angelo dà l’ordine di "non recare danno né alla terra, né al mare, né agli alberi: prima devono essere segnati in fronte i servi di Dio". Così sarà visibile la loro appartenenza al Signore e l’angelo sterminatore li potrà distinguere e risparmiare. Più avanti (13,16) ci verrà detto che anche il mondo ha il suo sigillo con cui segnare i propri seguaci. Anche il mondo vuole distinguere quelli che gli appartengono e quelli che hanno un altro padrone: per favorire i suoi e perseguitare quelli che non gli appartengono.

La folla degli eletti è incalcolabile. Essa proviene prima di tutto dal popolo d’Israele e poi da ogni nazione, tribù, popolo e lingua. Giovanni pensa al nuovo Israele secondo la fede.

La visione della folla dei salvati, che canta l’inno di lode e di ringraziamento attorno al trono di Dio, è talmente importante che Giovanni vuole offrirci una sua esplicita interpretazione. Secondo gli esegeti di un tempo, i salvati sono coloro che "sono passati attraverso la grande tribolazione e hanno lavato le loro vesti nel sangue dell’Agnello". La grande tribolazione allude forse alle persecuzioni subite dai cristiani sotto Diocleziano. Ma può anche riferirsi alla grande tribolazione che, secondo tutti i testi apocalittici, precederà il giudizio finale. Probabilmente si riferisce a tutte le lotte e a tutte le persecuzioni che avvengono in ogni tempo della storia. Ma la traduzione italiana è errata e fuorviante. Letteralmente si traduce: "Costoro sono quelli che vengono dalla tribolazione, quella grande (…). Ora "la tribolazione, quella grande" è certamente la morte e la risurrezione di Cristo. Difatti il testo dice che hanno lavato le proprie vesti rendendole candide col sangue dell’Agnello" e non col versamento del proprio sangue. Tutti gli abitanti del paradiso, avvolti in bianche vesti, sono stati salvati dalla morte e risurrezione di Cristo.

La descrizione del premio degli eletti è fatta in termini tradizionali: la comunione con Dio ("che porrà la sua tenda in mezzo a loro") e la cessazione di ogni afflizione ("non avranno più né fame né sete... e Dio asciugherà ogni lacrima dai loro occhi"); il pastore-Messia li guiderà e li proteggerà ("li condurrà alle sorgenti di acqua viva").

Anche questa visione è costruita con materiali provenienti dall’Antico Testamento. La scena dell’angelo che imprime sulla fronte degli eletti il sigillo di Dio si riferisce a Ez 9,4: "Iahvè disse all’uomo vestito di bianco: "Passa attraverso la città di Gerusalemme e segna un tau (lettera dell’alfabeto che aveva la forma di una croce) sulla fronte degli uomini che gemono e che piangono per tutte le nefandezze che si commettono in mezzo ad essa". Anche le immagini con cui viene descritta la pace degli eletti sono desunte dai profeti. In Is 49, si legge: "Non patiranno né fame né sete, non li offenderà il vento caldo né il sole, poiché Dio misericordioso li guiderà e li farà riposare presso le sorgenti di acqua fresca". E in Is 25,8: "Il Signore distruggerà la morte per sempre e asciugherà le lacrime su ogni volto". Infine Ez 34,23: "Soccorrerò le mie pecore, perché non servano da preda, e farò giustizia tra pecora e pecora".

Nella concezione biblica gli eventi della storia sono la risposta dell’uomo alla proposta di Dio (risposta di accettazione o di rifiuto), e sono anche la risposta di Dio all’uomo (giudizio). L’Apocalisse parla di catastrofi, guerre, crolli di istituzioni, di ideologie e di idolatrie. Tutto questo è un giudizio nel senso di punizione: gli uomini, rifiutando il progetto di Dio, hanno immesso nella storia germi disgregatori e ne raccolgono i frutti. Ma è anche un giudizio nel senso di salvezza: il crollo delle idolatrie permette al disegno di Dio di proseguire. Dio spezza il tentativo degli uomini di sbarrare la strada al suo futuro; rimuove l’ostacolo che impedisce al mondo nuovo di affiorare. Così il giudizio è punizione e salvezza, è un distruggere e un ricominciare daccapo.

Nell’Apocalisse l’insistenza sul tema del giudizio ha lo scopo di consolare e di avvertire. Una duplice consolazione: i buoni trionferanno; le crisi e le catastrofi che travagliano la storia non sono la fine del disegno di Dio, ma la condizione perché si avveri. E un duplice avvertimento:il giudizio sarà severo e imminente, e dunque ciascuno vi si prepari. Di fronte a certi fatti clamorosi della storia e di fronte ai loro orgogliosi protagonisti il credente non si lasci incantare. Impari a smitizzare le false potenze dai piedi di argilla. Sono "idoli vuoti" (o palloni gonfiati) che agli occhi di chi è prigioniero delle apparenze sembrano forti e temibili, ma che agli occhi della fede riprendono subito le loro meschine proporzioni: sono sconfitti, non vittoriosi.

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vv. 1–3. Giovanni vede in primo luogo quattro angeli, ritti alle quattro estremità della terra, che è immaginata come una vasta superficie piatta quadrangolare (20,8). Ciascuno di essi trattiene uno dei quattro poderosi venti (14,18; 16,5), che se fossero lasciati in libertà causerebbero spaventevoli devastazioni sulla terra e sul mare. Per il momento le tremende forze della natura sono trattenute dalle salde mani degli angeli. Durante questa breve pausa si vede un angelo con un anello al dito, che è il sigillo del Dio vivente. Egli grida agli angeli, che tengono sotto controllo le potenze apportatrici di sciagure, di non lasciarle ancora in libertà. Prima bisogna che i servi di Dio siano segnati in fronte con il suo sigillo. Era un’usanza molto diffusa nel mondo antico marcare il bestiame e gli schiavi con il fuoco per stabilire in modo definitivo chi fosse il loro padrone. Perciò chi è segnato con il sigillo di Dio gli appartiene (Gal 6,17). Se è sua proprietà è anche sotto la sua protezione. Chi porta il segno di Dio sarà salvato nel giorno del giudizio. Nel linguaggio dei primi cristiani si definiva il battesimo con il nome di sigillo, perché i battezzati sono proprietà di Dio e hanno ricevuto il segno di appartenenza al loro Signore (2Cor 1,22; Ef 1,13; 4,30). Ciò non significa che essi saranno sottratti ai dolori e alle persecuzioni, ma il Signore li proteggerà contro il tremendo assalto di satana.

vv. 4–8. Il testo non descrive il modo in cui gli eletti ricevono il segno in fronte, ma indica invece il risultato dell’operazione e il numero dei segnati: 144.000, ossia dodici volte dodicimila. Questo numero ha un significato simbolico. Si parla qui delle dodici tribù d’Israele, che costituiscono l’intero popolo di Dio e di cui ciascuna è rappresentata da dodicimila persone.

vv. 9–12. Questa nuova visione è la continuazione di quella precedente. Una grande schiera proveniente da tutti i popoli e nazioni sta davanti al trono di Dio e dell’Agnello. In questa immagine è descritta la chiesa trionfante del cielo. Coloro che sono radunati davanti al trono di Dio hanno vesti bianche e recano in mano palme in segno di vittoria (1Mac 13,51; 2Mac 10,7). Essi intonano l’inno di lode e acclamano Dio e l’Agnello. Questo canto sarà ripreso dopo la cacciata del drago (12,10) e dopo la caduta di Babilonia (19,1). L’inno di vittoria, che risuona già adesso, ha qui evidentemente il significato di un preannuncio. La vittoria è talmente certa che Giovanni la contempla già prima che avvenga la lotta. In cielo la chiesa trionfante esalta fin d’ora la vittoria di Dio e dell’Agnello. I cori celesti rispondono prostrandosi e rendendo a Dio un omaggio di adorazione. Con una serie di sette termini (1Cr 29,11) si proclama che soltanto a Dio spetta ogni onore. L’inno comincia e termina con la parola Amen, e chiunque la pronuncia fa suo ciò che è stato detto prima (cf. 5,14).

vv. 13–17. Questi versetti aggiungono una spiegazione all’immensa schiera che nella liturgia celeste canta le lodi di Dio e dell’Agnello. Soltanto questa immagine e più avanti quella di Babilonia la meretrice (17,7-18) sono spiegate esaurientemente. Da un lato c’è il popolo di Dio e dall’altro i seguaci di Babilonia. Non c’è alcun dubbio su chi otterrà la vittoria perché Giovanni contempla fin d’ora la chiesa trionfante. Uno dei ventiquattro anziani (4,4), un angelo, si avvicina a Giovanni e gli domanda chi siano e da dove vengano queste persone. La domanda serve per introdurre la spiegazione umilmente chiesta dal Veggente. L’angelo spiega che sono quelli che vengono dalla grande tribolazione, che è la morte e risurrezione di Cristo. Essi hanno superato la prova non per forza propria, ma perché le loro vesti sono state lavate e rese bianche nel sangue dell’Agnello. Con questa immagine paradossale del sangue dell’Agnello che rende bianche le vesti dei credenti si vuol dire che essi partecipano al valore salvifico della morte espiatrice di Gesù (1,5), in virtù della quale sono stati preservati dal soccombere nella prova (22,14). Perciò essi stanno davanti al trono di Dio e lo servono giorno e notte nel suo tempio (22,3). La loro gloriosa condizione viene descritta con espressioni tratte dalle promesse dell’Antico Testamento. Dio abita con loro (21,3); alla fine dei tempi infatti egli starà con il suo popolo, così come un tempo si attendeva con Israele nel deserto. La presenza di Dio bandisce ogni dolore: non vi sarà più fame né sete, e il sole o il vento infuocato non colpiranno più i beati (Is 49,1 0).

L’Agnello, che stava al centro della sala celeste (5,6), li condurrà come il buon pastore e li guiderà verso fonti zampillanti (Sal 23,2) da cui sgorga l’acqua della vita (Gv 4,10-15; Ap 22,1-2). Dio asciugherà ogni lacrima, perché allora sarà annientata anche la morte (Is 25,8; Ap 21,3–4). Tutte queste espressioni indicano la gloria futura, che avrà inizio con il nuovo mondo di Dio. La sua venuta è talmente certa che Giovanni può già adesso contemplare la schiera dei vincitori trasfigurati che dimorano vicino a Dio in una beatitudine senza fine. La chiesa militante sulla terra va verso l’unificazione con la chiesa trionfante del cielo.

8,1. Soltanto ora l’Agnello rompe l’ultimo dei sette sigilli. Dopo che il sigillo è stato tolto e il rotolo del libro aperto, sopravviene in cielo un profondo silenzio. Nell’attesa di ciò che ora deve venire, l’universo tace per mezz’ora senza che accada nulla. Questo silenzio è impressionante in modo indicibile. Solo dopo che è passato questo periodo di tempo, continua la successione degli eventi apocalittici, non come ripetizione di ciò che è già accaduto ed è già stato visto, ma in una progressione di catastrofi sempre più spaventose. Le sette visioni connesse con l’apertura dei sigilli hanno già lasciato intendere di che cosa si tratti, proponendo in forma concentrata e breve, i temi e i motivi di ciò che avverrà. Lo sviluppo di ciò che finora sommariamente è stato accennato verrà ampiamente esposto nelle immagini che da qui in avanti appariranno, accavallandosi le une sulle altre.