00 13/12/2011 13:07

PROLOGO

1 Rivelazione di Gesù Cristo che Dio gli diede per render noto ai suoi servi le cose che devono presto accadere, e che egli manifestò inviando il suo angelo al suo servo Giovanni. 2 Questi attesta la parola di Dio e la testimonianza di Gesù Cristo, riferendo ciò che ha visto. 3 Beato chi legge e beati coloro che ascoltano le parole di questa profezia e mettono in pratica le cose che vi sono scritte. Perché il tempo è vicino.

L’introduzione del libro (1,1-3) e la conclusione (22,6-10) vanno lette insieme. Si richiamano e costituiscono una cornice che inquadra l’intero discorso. Ci vengono fornite le prime indispensabili notizie: l’origine del messaggio, il suo contenuto, i destinatari, lo spirito con cui ascoltarlo.

Il messaggio viene da Dio, non dall’uomo: qui sta la sua autorevolezza. La rivelazione di cui il libro è portatore ha il suo punto di partenza nel Padre e ha come successivi mediatori Gesù Cristo, gli angeli e Giovanni, e raggiunge il suo termine nell’assemblea liturgica, quando lo "scritto" viene letto ad alta voce da un lettore e ascoltato con fede da tutta l’assemblea: "Beato colui che leggerà e quelli che ascolteranno".

Il contenuto del messaggio è indicato dall’espressione "le cose che devono accadere presto" presente sia nell’intestazione (1,1) che nella conclusione (22,6). L’espressione proviene dal libro di Daniele (2,23ss) in un capitolo in cui Daniele spiega il sogno del re: solo il profeta illuminato da Dio è in grado di farlo. Allo stesso modo le cose che Giovanni sta manifestando non sono raggiungibili dalla sapienza degli uomini, dalla loro scienza e dalla loro analisi: solo Dio le può rivelare e solo la fede le può conoscere. Il contenuto di questa Apocalisse è la manifestazione del piano salvifico di Dio che si è manifestato in Gesù Cristo e che si sta realizzando nella storia. L’Apocalisse non è semplicemente un annuncio, ma un appello che indica ai "servi di Dio" ciò che devono fare.

Già nell’intestazione e nella conclusione è indicato l’atteggiamento di fondo che devono avere i destinatari della lettera: leggere, ascoltare, mettere in pratica (1,3). Leggere e ascoltare fedelmente, senza nulla aggiungere o togliere come è detto in chiusura del libro: "Se qualcuno farà delle aggiunte, Dio farà cadere su di lui i flagelli descritti in questo libro; e se qualcuno toglierà qualcosa dalle parole di questo libro profetico, Dio strapperà lui dall’albero della vita e dalla città santa" (22,18-19).

Il "mettere in pratica" consiste nel prendere con coraggio, senza esitazioni e subito le proprie decisioni. Soprattutto il giusto perseguitato e scoraggiato riprenda la propria strada nonostante le apparenti smentite e sconfitte: "Il tempo è vicino: l’ingiusto commetta pure le sue ingiustizie, l’immondo divenga pure sempre più immondo, ma il giusto perseveri nella sua giustizia e il santo si santifichi sempre di più. Ecco, vengo presto: porto con me la ricompensa che darò a ciascuno" (22,11-12).

Nell’intestazione e nella conclusione è proclamata la beatitudine per coloro che leggono, ascoltano e mettono in pratica. Lungo il libro ci sono altre beatitudini che in qualche modo esemplificano e concretizzano la beatitudine generale dell’inizio e della fine.

C’è una beatitudine che dichiara che la morte non è più una minaccia per il giusto: "Beati d’ora in poi, i morti che muoiono nel Signore. Sì, dice lo Spirito, riposeranno dalle loro fatiche; perché le loro buone opere li seguono" (14,13). C’è una beatitudine per coloro che sono vigilanti, sempre pronti all’arrivo del Signore: "Ecco, io verrò come un ladro; beato colui che è vigilante e che conserva le sue vesti; così non camminerà nudo e non lascerà scorgere la sua vergogna" (16,15). Un’altra beatitudine è per coloro che hanno accettato l’invito alle nozze: "Beati quelli che sono stati invitati alla cena di nozze dell’Agnello" (19,9). E infine una beatitudine per coloro che praticano la giustizia e rifiutano il peccato: "Beati coloro che lavano le loro vesti, in modo che possano mangiare dell’albero della vita ed entrare attraverso le porte nella città. Fuori restano i cani, i fattucchieri, gli immorali, gli omicidi, gli idolatri e chiunque ama e pratica la menzogna" (22,14-15).

Giovanni designa il suo scritto con nomi diversi. Tre in particolare: rivelazione, profezia e testimonianza.

Il primo indica l’origine del messaggio e la sua autorevolezza: viene da Dio e non dal ragionamento dell’uomo.

Il secondo ne indica lo scopo: offrire alla comunità gli strumenti per conoscere in profondità il senso salvifico delle vicende che accadono. Profezia non è previsione del futuro, ma lettura del presente con gli occhi di Dio.

Il terzo dice riferimento a Gesù Cristo, in particolare alla sua morte e risurrezione. È la memoria di Gesù la luce che permette di leggere in profondità le vicende che accadono. E questa lettura trasforma la comunità in una vivente testimonianza resa al Signore morto e risorto che si manifesta attraverso il coraggioso martirio dei suoi membri.

L’Apocalisse parla della storia dell’uomo, ma più profondamente parla del Cristo morto e risorto. È un canto di trionfo al Cristo Crocifisso e Risorto.

*****

v. 1 Rivelazione di Gesù Cristo: questo è il contenuto del libro. L’autore non collega la parola "rivelazione" con il proprio nome, ma indica Gesù Cristo, anzi Dio Padre stesso, come fonte e suprema autorità di questo messaggio che egli deve trasmettere agli altri. Come nei vangeli sinottici Gesù comunica ai suoi discepoli più fidati cosa deve accadere negli ultimi tempi e con quali eventi verrà annunciata la venuta del Figlio dell’uomo (Mc 13,1-27 e par.), così anche qui Gesù Cristo svela il futuro ai suoi servi, coloro che egli ha scelto e preso al proprio servizio. Dio fa conoscere la sua volontà ai suoi servi, i profeti, e rivela loro il suo segreto (cf. Am 3,7).

Nell’Apocalisse viene ampliato il significato di "servi di Dio": essi non sono soltanto i profeti, ma l’intera comunità cristiana (2,20; 7,3; 19,2), la quale ha ricevuto lo Spirito e ha vissuto l’adempimento delle promesse profetiche. Ad essa Dio si rivolge con il messaggio del veggente. Testimoni della verità della rivelazione sono Dio Padre, Gesù Cristo, l’angelo e Giovanni stesso. Giovanni menziona soltanto il proprio nome senza aggiungere alcuna indicazione. Egli è evidentemente noto alla comunità come servitore della Parola. Egli è uno dei servi di Dio che devono ripetere agli altri ciò che hanno ricevuto.

Ma qual è il contenuto di questo messaggio? Rivelazione significa svelamento delle cose nascoste, significa che l’invisibile diventa visibile. Ciò che viene rivelato sono gli avvenimenti futuri che già determinano il presente. Giovanni può gettare uno sguardo nel mondo segreto di Dio, il quale vuole mostrare ai suoi servi, i profeti, le cose che devono accadere tra breve. Tali eventi seguono il corso che è determinato unicamente dalla decisione di Dio. Ciò che Dio ha stabilito sarà realizzato senza ridimensionamenti né ritardi.

v. 2. Giovanni non ha tenuto per sé ciò che gli è stato rivelato, ma lo ha detto agli altri e ha attestato la parola di Dio e la testimonianza di Gesù Cristo.

v. 3. L’introduzione si chiude con l’affermazione di uno stato di beatitudine, la prima delle sette sparse nel libro. In questo versetto è detto beato chi legge agli altri il libro dell’Apocalisse.

Oltre a quelli che leggono sono dichiarati beati anche coloro che ascoltano quelle parole e le osservano. Dando alla lettura e all’ascolto del suo libro una così grande promessa, l’autore mostra quale autorità egli rivendichi per sé. La sua parola non vale meno di quella dei profeti dell’Antico Testamento (22,18-19). Nella pienezza della propria autorità profetica egli rivolge alla comunità il suo monito: il tempo è vicino. Il tempo che rimane non deve essere sciupato, ma totalmente utilizzato.

 

 

PREAMBOLO IN FORMA EPISTOLARE

4 Giovanni alle sette Chiese che sono in Asia: grazia a voi e pace da Colui che è, che era e che viene, dai sette spiriti che stanno davanti al suo trono, 5 e da Gesù Cristo, il testimone fedele, il primogenito dei morti e il principe dei re della terra.
A Colui che ci ama e ci ha liberati dai nostri peccati con il suo sangue, 6 che ha fatto di noi un regno di sacerdoti per il suo Dio e Padre, a lui la gloria e la potenza nei secoli dei secoli. Amen.
7 Ecco, viene sulle nubi e ognuno lo vedrà;
anche quelli che lo trafissero
e tutte le nazioni della terra si batteranno per lui il petto.
Sì, Amen!
8 Io sono l'Alfa e l'Omega, dice il Signore Dio, Colui che è, che era e che viene, l'Onnipotente!

L’Apocalisse è una lettera e come ogni altra lettera inizia con il mittente, i destinatari e il saluto. Il mittente è indicato dal semplice nome "Giovanni". È evidentemente un personaggio noto alla comunità. Gli studiosi non sono d’accordo sulla sua precisa identità. I destinatari della lettera sono le "sette chiese dell’Asia" che vengono accuratamente nominate nel v. 11: Efeso, Smirne, Pergamo, Tiatira, Sardi, Filadelfia, Laodicea. Sono città collocate sull’antica strada imperiale che collegava i principali centri dell’Asia proconsolare. Il numero "sette", caro a tutta la letteratura apocalittica, simboleggia la pienezza. Dunque, nell’intenzione dell’autore, lo scritto – pur essendo in particolare diretto a quelle sette chiese – è anche diretto a tutta la chiesa.

Il saluto che Giovanni rivolge alle chiese è tipicamente biblico e cristiano: "Grazia e pace". I due termini evocano il complesso dei beni messianici e sottolineano esplicitamente che questi beni sono dono dell’amore gratuito di Dio.

Dio è descritto con una perifrasi: "Colui che è, che era, che viene", che ricorda il nome divino dell’Esodo (3,14): "Io sono colui che sono". Dio è il Signore di tutta la storia (del passato, del presente e del futuro). Questo tema è centrale per Giovanni: la storia è nelle mani di Dio. Può sembrare un’affermazione scontata per quelli che vivono in situazioni tranquille, ma non lo è per coloro che vivono nel turbine della persecuzione.

I sette spiriti sono gli arcangeli che, secondo la concezione giudaica, stanno davanti al trono di Dio (3,1; 4,5; 5,6).

Gesù Cristo è descritto con tre titoli: testimone fedele, primogenito dei morti, Signore dei re della terra. Sono tre titoli che prendono in considerazione i momenti principali della vita di Gesù: la passione, la risurrezione e la glorificazione.

Giovanni sente il bisogno di terminare la breve introduzione indicando a chiare lettere il "suo Vangelo" perché l’Apocalisse è soprattutto un Vangelo, una "lieta notizia". Eccola: "Viene tra le nubi; tutti gli uomini lo contempleranno, anche quelli che l’hanno trafitto" (v. 7). C’è sullo sfondo la visione di Daniele (7,13), utilizzata da tutta la tradizione evangelica (Mc 13,26; 15,62) e un testo di Zaccaria (12,10.14), utilizzato dal vangelo di Giovanni come conclusione del racconto della crocifissione (Gv 19,37): "Volgeranno lo sguardo a colui che hanno trafitto". La breve introduzione si chiude riaffermando la signoria di Dio sulla storia: "Io sono il principio e la fine, colui che è, che era, che viene, l’Onnipotente" (v. 8).

La struttura di questo brano mette al centro Dio. Si apre e si chiude (vv. 4 e 8) con l’affermazione della sovranità di Dio sulla storia. Ed è unicamente su questa sovranità di Dio che l’uomo è autorizzato a sperare.

Al centro di questo quadro teocentrico sta una sintesi della storia di Gesù (vv. 5-6): una storia di amore e di donazione (colui che ci ama), di liberazione dal peccato (ci ha liberati dai nostri peccati nel suo sangue) e di recupero dell’unità (ha fatto di noi una comunità di sacerdoti).

Al centro di questo dramma sta la croce. È ricordata tre volte, in poche righe: "Il testimone fedele e il primogenito dei morti", "ci ha liberati dai nostri peccati nel suo sangue" (v. 5) e "quelli che l’hanno trafitto" (v. 7).

Il Vangelo dell’Apocalisse è il trionfo della Croce. Una "lieta notizia" per coloro che stanno percorrendo la strada della Croce.

In questo brano è visibile un movimento di discesa e di salita, di dono e di risposta. Da Dio scende il dono della grazia e della pace (v. 4), dall’uomo sale l’inno di ringraziamento e di lode (v. 5). La salvezza è dono gratuito di Dio, all’uomo non resta che accoglierla e ringraziare. I motivi del ringraziamento e della lode sono esplicitamente elencati: l’amore del Cristo, il riscatto dal peccato, la comunità. Questo brano rilegge l’Antico Testamento e la tradizione cristiana. L’Apocalisse è una grandiosa rilettura dell’Antico Testamento, e alcune sue pagine sono un vero e proprio mosaico di immagini e di espressioni bibliche. È una rilettura originale, cristologica, fatta a partire da un centro ben chiaro: la signoria di Dio sugli eventi della storia e la via della Croce come unica strada di vittoria.

*****

v. 4. Il termine ekklesía qui usato, corrisponde al concetto di popolo, che il Dio d’Israele aveva chiamato e scelto per sé. Le comunità cristiane, attribuendosi il titolo di popolo di Dio, affermano il diritto di costituire le comunità di Dio, per le quali valgono le promesse della Scrittura. Questo popolo di Dio esiste ovunque si radunino degli uomini che invocano il nome di Gesù e confessino che Gesù è il Cristo. Perciò tanto la singola comunità quanto la chiesa nel suo insieme è designata con lo stesso termine di ekklesía. Giovanni scrive al popolo di Dio che è nelle sette comunità della provincia romana dell’Asia proconsolare. Il numero sette, spesso ricorrente nell’Apocalisse, era molto usato nel mondo antico per indicare la pienezza della santità. Parlando alle sette comunità, Giovanni parla dunque all’intera chiesa di Cristo.

L’augurio di pace era usuale in tutto l’Oriente; ma qui ha un contenuto nuovo. Infatti la pace di cui si parla è la salvezza finale che ha avuto inizio con la venuta di Gesù Cristo (Lc 2,14) e nella quale Dio ha manifestato la sua grazia. Grazia e pace (cf. 22,21) si riferiscono a quell’unico evento con il quale Dio si è rivolto agli uomini e ha chiamato a sé il suo popolo.

Come appare in questo testo il nome di Dio è indeclinabile, perché Dio è immutabile nella sua maestà. Egli è colui che è nel passato, nel presente e nel futuro. Dio non rimane immobile; per questo non è detto che egli sarà, ma che egli viene. Questa espressione anticipa già il tema di tutto il libro, che tratta appunto della venuta di Dio alla fine dei giorni.

I sette spiriti sono gli arcangeli, come abbiamo detto sopra. Qualcuno però ritiene che essi esprimano la pienezza dello Spirito di Dio che è stato conferito alla sua chiesa (sette spiriti – sette comunità).

v. 5. Il nome di Gesù Cristo è corredato da tre predicati che corrispondono alla successione delle tre affermazioni della confessione di fede cristiana: morto, risorto, glorificato. Egli è il testimone che ha reso testimonianza alla verità (Gv 18,37) ed è chiamato fedele perché ha sostenuto la sua testimonianza fino alla morte (1Tm 6,13; Ap 2,13). La sua risurrezione significa l’inizio della risurrezione di tutti i morti (1Cor 15,20; Col 1,18) e per questo motivo è chiamato primogenito dei morti. Infine egli è il Glorioso costituito principe su tutti i re della terra, che tiene nelle sue mani tutta la potenza e la forza (Mt 28,19; Fil 2,11; Ef 1,20ss).

Giovanni parla della maestà del Signore glorificato e del suo potere universale non solo per esprimere una realtà di fede, ma anche per trasmettere alla chiesa perseguitata che Cristo è il re di tutti i re della terra: per questo la comunità può rimanere fiduciosa durante i terrori degli ultimi giorni e perseverante nella lode. Questa lode è rivolta a Cristo per il suo amore continuamente all’opera che si è manifestato nell’atto irripetibile del dono di sé per noi (Gal 2,20; Ef 5,2.25). Egli ci ha riscattati dai nostri peccati mediante il suo sangue.

v. 6. A coloro che Cristo ha liberato in questo modo, egli stesso ha concesso di partecipare alla sua dignità di principe sopra tutti i re della terra.

L’Antico Testamento diceva che gli Israeliti dovevano essere per Dio un sacerdozio regale e un popolo santo (Es 19,6); lo stesso vale ora per la comunità cristiana: essa deve servire Dio, rivestita di autorità regale e di purezza sacerdotale. Al presente essa è soltanto un misero gruppo di uomini soggetti alle persecuzioni, ma ha ricevuto fin d’ora la valida assicurazione di appartenere al suo Signore re e sacerdote. Per mettere in risalto la singolarissima dignità di Cristo, è detto che Dio è suo padre. Per questo gli si addice ogni lode di eternità in eternità. Con la parola Amen si convalida la lode. Questa parola era usata per fare propria la preghiera pronunciata da un altro (1Cor 14,16). Le comunità nelle quali vengono lette le parole scritte da Giovanni aderiscono, con un Amen, alla lode di Cristo.

vv. 7–8. Questi versetti preannunciano il contenuto del libro. Gli eventi finali di cui tratta il libro dell’Apocalisse cominciano con la passione, la morte e la risurrezione di Gesù Cristo (vv. 5-6) e si estendono fino alla sua venuta nell’ultimo giorno (v. 7). Il simbolismo delle lettere dell’alfabeto non era in uso nell’Antico Testamento; era invece molto diffuso nel mondo ellenistico, dal quale poi è passato nel giudaismo. L’alfabeto intero veniva messo in relazione con il tutto, così, per es., le ventiquattro ore del giorno si indicavano con le ventiquattro lettere dell’alfabeto greco. Giovanni, con l’uso simbolico delle lettere dell’alfabeto ha utilizzato la formula A e ?, alfa e omega, per indicare l’onnipotenza di Dio (21,6) e di Cristo (22,13; 1,17; 2,8) in quanto è colui che crea e porta a compimento. Tutto il potere è nelle sue mani. Perciò i suoi nemici possono strepitare quanto vogliono: a lui spetta la prima e l’ultima parola.