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Capitolo quarto: IL CONTENUTO CENTRALE DELLA FEDE O L’ESSENZA DEL CRISTIANESIMO (pagg. 51-73)

Il nucleo centrale della fede cristiana

Dopo aver parlato della struttura dell’atto di fede, si tratta ora di passare ai suoi contenuti.
Il vasto campo della dogmatica i tanti ambiti che essa tocca può far perdere il riferimento centrale essenziale che nel cristianesimo è Cristo Gesù morto e risorto, tutto ruota attorno a questa verità, ed ogni affermazione dogmatica è ad essa collegata in forma più o meno forte (da qui la gerarchia delle verità di UR 11).

La narrazione biblica

La Bibbia ci descrive la fede degli ebrei come derivata da una esperienza via via più chiara del Dio liberatore, di Jahvè, il Dio dell’alleanza che, fedele, misericordioso e giusto, guida e protegge il suo popolo: è questo il semplice nucleo centrale della fede degli ebrei.
Per i cristiani, per il Nuovo Testamento, tutto ruota attorno a Gesù e all’annuncio del Regno che è venuto a portare e a realizzare, le professioni di fede del Nuovo Testamento hanno proprio come oggetto Gesù risorto (Gesù è il Cristo, Gesù è il Signore, Gesù è il Figlio di Dio…, Dio lo ha resuscitato dai morti…).

Alla ricerca dell’essenza del cristianesimo

È evidente che l’essenza del cristianesimo è Cristo Gesù, la sua persona e il suo messaggio, dunque il vangelo.
Ma nella storia vi sono state visioni riduttive di Gesù, la prima fu quella dello gnosticismo per il quale Gesù era il maestro di sapienza che portava agli eletti la conoscenza che poteva salvare rendendoli consapevoli della propria origine divina.
In tal modo la salvezza è atto proprio, personale di ciascuno, dopo aver ricevuto la rivelazione della propria condizione.
Qui la morte di croce non serve e in effetti lo spirito divino operante nell’uomo Gesù di Nazaret dal momento del battesimo lo abbandona prima della morte.
Questa visione auto-redentiva dell’uomo è propria della religiosità della modernità ed è anche sostenuta da certa psicologia (p. es. Jung), Gesù consente all’uomo così di prendere coscienza di sé, di liberarsi dagli affanni e dai condizionamenti etc.
Ma Gesù non è solo un uomo illuminato, egli è molto di più, siamo qui di fronte ad una inaccettabile riduzione di Gesù e del cristianesimo!
Altra riduzione è propria di chi vede in Gesù solo il modello di comportamento e nel cristianesimo solo una etica straordinaria (deismo inglese e illuminismo in genere).
Qui non c’è spazio per la divinità di Cristo ridotto a solo uomo, l’interesse è poi rivolto solo al messaggio e tutti i misteri del cristianesimo sono ricompresi alla luce della ragione ed eventualmente rifiutati come mito.
La religione va infatti finalmente ricondotta nei limiti della pura ragione (Kant, messaggio morale, universalità di una religione così ricompresa).
Gesù mette poi in pratica un modello etico che in realtà è proprio di ogni uomo essendo esso razionale.
Gesù essendo uomo della storia non può pretendere nessuno criterio di universalità (problema di Lessing e di tutto l’illuminismo e il razionalismo), ma in realtà è proprio questo aspetto lo scandalo della fede (Kierkegaard).
Una esegesi e una teologia segnata da questi pregiudizi non può che proporre una visione riduttiva di Gesù come accadde nell’episodio della Leben-Jesu-Forschung (ricerca sulla vita di Gesù: Reimarus, Renan) per la quale Gesù era maestro di dottrine morali, ma non aveva niente di divino.
Un’altra riduzione è quella di vedere nel cristianesimo semplicemente il codificarsi di una esperienza religiosa che nasce nel singolo a motivo del sentimenti di dipendenza assoluta (Schleiermacher).
Per Schleiermacher il cristianesimo era semplicemente la forma migliore di religione.
Tutta la teologia liberale protestante del XIX secolo è segnata da questa impostazione e riduce l’annuncio del Regno ad un generico ideale universale di morale e di pace.
L’essenza del cristianesimo non è Gesù, ma la figura del Padre (opera di A. von Harnack) Gesù è l’uomo religioso perfetto che ha fatto una esperienza perfetta di rapporto con Dio, ma non conta lui, conta solo il suo messaggio e la sua testimonianza.
Contro questa riduzione di Dio arriverà poi la teologia dialettica di Barth che con Bonhoeffer esalterà a tal punto la divinità, l’assoluta lontananza, la non disponibilità di Dio all’uomo, da negare al cristianesimo lo statuto di religione (da lui intesa negativamente come riti e culti finalizzati a raggiungere un Dio indisponibile, quindi fallimentari e sacrileghi) per dire che esso è solo fede.

L’inscindibilità del messaggio di Gesù Cristo dalla sua persona

Non si possono scindere messaggio e persona, per il cristiano essi sono un tutt’uno in Gesù di Nazaret.
I primi cristiani dopo la morte di Gesù non annunciavano una dottrina (il Regno di Dio), ma una persona, Cristo Gesù morto e risorto, il resto viene dopo come conseguenza.
S. Paolo annuncio solo Cristo e Cristo crocifisso (1Cor 1,22-24; 2,2) e Cristo risorto, perché senza resurrezione vana sarebbe la fede (1Cor 15, 14-19).

Capitolo quinto: IL CRISTIANESIMO E’ UNA FEDE

Il cristianesimo è anzitutto una fede

Se è una fede, allora il cristianesimo è un dono gratuito che l’uomo deve solo accogliere, non è frutto di una conquista, ma è frutto di un annuncio, di un vangelo che co è stato trasmesso.
La fede, infatti, nasce dall’ascolto: fides ex auditu (Rm 10,9) che a sua volta nasce dalla rivelazione voluta da Dio stesso.
La fede cristiana deve naturalmente esprimersi in forme religiose (cioè culto, norme morali, teologia etc.) e si deve considerare superata la contrapposizione tra fede e religione che fu di Barth e di Bonhoeffer.
La religione ora diventa l’atteggiamento di risposta dell’uomo a Dio che si rivela, non semplicemente il frutto di una ricerca solo umana di Dio (questo era la religione condannata da Barth come idolatria!).
Questa fede mantiene per definizione un dato di insicurezza che deriva dal fatto che ancora noi non siamo in visione, e che essa non è la conclusione di un ragionamento logico, da qui l’inquietudine sempre tipica del credente.

Il cristianesimo è la nuova alleanza

Questa alleanza consiste nella figliolanza, il dono di poter diventare ed essere figli nel Figlio.
I titoli cristologici presenti nel vangeli e nelle lettere ci segnalano la comprensione che di lui ebbero i primi cristiani, così per loro Gesù era uomo, ma anche era Dio (miracoli, resurrezione…), dunque era autenticamente il liberatore, prima di tutto liberatore dal peccato e dalla morte, poteva giustificare, poteva divinizzare, rendeva possibile la comunione con il Dio-Trinità.
In Gesù abbiamo come davanti il modello di una umanità compiuta, pienamente realizzata.
Così Gesù rende possibile tutto ciò, da qui il cristianesimo che trasmette tale possibilità nei secoli, questa comunione ora possibile è un entrare, un partecipare al mistero d’amore che lega Padre-Figlio-Spirito Santo.

Il cristianesimo attende nella speranza la resurrezione dei morti e la vita del mondo che verrà

È questa la speranza cristiana e nessun uomo può vivere senza una speranza, essa si basa non su una riflessione o su una ideologia, bensì sulla persona di Gesù di Nazaret e sulla sua vicenda di morte e resurrezione, in lui vediamo annunciato e realizzato quello che sarà anche il nostro futuro.
In questo senso la fine dei tempi non fa paura, non vi è nella fede cristiana il mito dell’eterno ritorno, né quello della re-incarnazione, se così fosse si svilirebbe la fondamentale centralità degli eventi storici di Gesù di Nazaret e la necessità, qui ed ora, della testimonianza e della risposta.

Il cristianesimo è sequela mistica, profetica e politica di Gesù Cristo

Prima della legge viene la sequela di Cristo quale legge del cristiano, tale sequela ha in sé prima di tutto una dimensione mistica che sta ad indicare il rapporto di amore-preghiera per Dio che non ci immerge in Dio nel senso della religiosità orientale e neppure ci allontana dall’impegno concreto per i fratelli.
Mistica è la consapevolezza di essere in Cristo grazie all’opera dello Spirito (battesimo etc…), Paolo usa espressioni del tipo essere in Cristo vivere per Cristo, innestati in Cristo etc. e così anche Giovanni: vite e tralci (Gv 15).
Da notare che questa comunione non è mai semplice frutto dell’ascesi umana, ma è possibile solo per grazia, per la discesa di Dio in Cristo.
Paolo contesta la mistica dei corinti richiamando la croce.
Accanto alla mistica di deve essere la politica, la carità, nella logica dell’incarnazione che si appropria della realtà, non si allontana da essa, il cristiano non cerca il distacco dal mondo, dal dolore dalla sofferenza, ma assume in sé queste cose andando verso una loro sublimazione perché comunque questo mondo è di passaggio (Ardusso: mistica degli occhi aperti, non mistica degli occhi chiusi, pag. 89).

Il cristianesimo esiste come chiesa

Io credo-noi crediamo, dimensione individuale e assieme comunitaria della fede cristiana, la fede è un dato condiviso continuamente da trasmettere, il battesimo ci inserisce pienamente nella chiesa, il cristianesimo è bene lontano dal confinamento della religione nel privato tipica di certa religiosità post-moderna.
Gesù ha voluto la chiesa, ci salva comunitariamente, nonostante i limiti umani dell’istituzione, la fede cristiana non è dunque illuminazione personale e non può cadere in un soggettivismo illusorio, costruito, in quanto essa è così offerta, non raggiunta, essa deriva dalla testimonianza dell’annuncio mediato dalla chiesa che lo protegge e lo garantisce nella sua autenticità.