00 30/11/2011 22:30

1 Corinti 2, 1-10; 



Annuncio del vangelo con timore e trepidazione


- Nel raccontarci la nostra chiamata, Paolo parla non solo della cose che sono accadute, ma anche della struttura intima dell'annuncio di Gesù, che con le parole del Vangelo ci porta dalla morte alla vita. Nel brano di oggi racconta infatti il suo rapporto con Gesù mentre lo Spirito lo spingeva a chiamare quelli che nel nome di Dio dovevano essere salvati. Più si cammina nella fede, anche se fra molti peccati, più si capisce che il termine assoluto di riferimento è Gesù. Anche chiedere perdono è confessare al Signore la nostra temerarietà, cecità, poca sapienza che riversiamo su tutto e su tutti quando perdiamo la luce serena di Gesù e rimaniamo nei nostri pensieri. Chiediamo di essere restituiti alla luce e di essere riconosciuti, nel perdono, come figli amati.


- vs 3 "Io venni in mezzo a voi in debolezza e con molto timore e trepidazione"; timore e trepidazione si trovano spesso nel Nuovo e Antico Testamento (es: le donne al sepolcro vuoto; i discepoli al vedere Gesù risorto che non osano chiedere chi era; Pietro in casa di Cornelio).

- vs 2: "ritenni di non sapere..." è in realtà "giudicai di non sapere in voi..."; è un giudizio di salvezza, come quello di cui parla il vangelo (vs 47).

- Nel testo di oggi si possono cogliere alcuni richiami ai testi della liturgia di ieri (III domenica di Pasqua). vs 9: le cose di cui parla (che non salgono al cuore dell'uomo) sono quelle della sapienza di Dio, mentre ieri Gesù rimproverava i discepoli perchè nel loro cuore salivano ragionamenti non frutto della sapienza di Dio. I "perfetti" (vs 6): ieri (1 Gv 2, 5) ci veniva spiegato che l'amore di Dio è perfetto in colui che osserva la Parola, e quindi diventa sempre più capace di parlare non con propri ragionamenti, ma per rivelazione di Dio.


- Non è semplice capire cosa sia accaduto, come sia andata la vicenda dell'annuncio. E' chiaro che timore e tremore non sono dovuti alle difficoltà che potevano venire dalla gente (greci o ebrei zelanti), ma al rapporto stesso con la Parola. In che modo ci si può accostare al vangelo, se non con un senso d'inadeguatezza che porta addirittura al disagio? Di fronte al vangelo ci si sente lontani e spaventati. Il vangelo è uno sconvolgimento, perchè le cose di Dio sono troppo grandi.

La manifestazione dello Spirito e della sua potenza (vs 4) non fa pensare, come suggerisce la nota della Bibbia di Gerusalemme, a miracoli, ma piuttosto alla predicazione di Pietro come narrata negli Atti ed al conseguente "cuore trafitto" degli ascoltatori. C'è una corrispondenza fra timore e tremore di Paolo che annuncia, e timore e tremore di coloro che ricevono l'annuncio. Perchè timore e tremore? Perchè deve morire la nostra sapienza, perchè lo Spirito opera in noi con una sapienza tutta nascosta e tutta regalata. Il mistero della Pasqua e la frantumazione di chi riceve la parola di Dio per l'illuminazione che viene dall'alto richiamano il versetto "alla tua luce vediamo la luce" del Salmo 35. Senza la sua luce regalata, non si vede nessuna luce.

E' un discorso di grande respiro, in cui si nota l'assenza di ogni considerazione di tipo morale. Paolo qui descrive semplicemente cosa succede. Né di lui, né degli altri si dice che sono o debbono essere particolarmente bravi (anche se si può sperare che lo diventino per la potenza del dono di Dio). Tutto parte dall'azione buona di Dio. Poi ci saranno indicazioni sul come fare, ma è importante pensare alla nostra vita come opera bella di Dio.

15-4-97 1 Corinti 2, 10-16; Gv 13, 1-11 (Giovanni)


Abbiamo ricevuto lo Spirito di Dio


- In questa liturgia celebriamo il piegarsi di Dio verso di noi, la divina compassione e l'eterna condiscendenza del Padre per i figli. Dio ha pietà di noi, ci visita, forza le porte chiuse del nostro cuore e del nostro spirito. Dio ci riempie di sè, proclama e dona la sua pace, abbatte il muro di separazione, fa di tutti un popolo solo con la sua croce. Nulla impedisce la potenza del dono di Dio, se non il demone dell'orgoglio che ci inganna e ci lascia alla tristezza della nostra solitudine. Chiediamo perdono per non aver avuto parte con Lui, per non avergli consentito di essere l'eredità magnifica della nostra vita.


- vs 11: noi abbiamo lo Spirito di Dio per conoscere le cose di Dio: queste cose si possono conoscere seguendo il Signore nella mitezza, nella piccolezza, fino alla croce. In Fil 1, 29 dice: "a voi è stata concessa la grazia non solo di credere in Cristo, ma anche di soffrire per lui".

- vs 16: noi abbiamo il pensiero di Cristo: è una rivelazione esplosiva. Ma qual'è il pensiero di Cristo? E' il pensiero del più piccolo, di colui che, come Gesù nel vangelo di oggi, serve i fratelli.

- vs. 12: lo Spirito che ci è donato (uno spirito umile) ha una sua attività: deve farci capire che tutto ci viene da Dio. Bisogna esplorare il nostro rapporto con Dio. Parla poi di cose, non di segreti. Lo Spirito non è un lusso che ci permette indagini particolari, ma ci fa vedere le cose come stanno alla luce della verità. Al vs.14, anzichè "uomo naturale" direbbe "psichico", con una connotazione un po' negativa: è un uomo ferito (la natura è ferita) e non può raggiungere la verità. L'uomo spirituale è colui che fa una ricerca vera.

- Il richiamo al vangelo di Matteo, quando Gesù ringrazia il padre per aver rivelato le cose ai piccoli, ci fa capire che la dimensione spirituale non si può conquistare, ma solo ricevere. Se si esce dalla dimensione di fanciullezza, si entra in quella psichica. Siamo chiamati ad esercitare il giudizio (vs.15) su ogni cosa, riflettere su ogni cosa. Avere il pensiero di Cristo (vs.16) chiama ad un grande impegno.


- Quello che Gesù fa nel brano evangelico (lavanda dei piedi) esprime in modo perfetto ciò che dice Paolo nella lettera. L'accostamento dei due testi è particolarmente importante per l'obiezione di Pietro e la risposta che il Signore gli dà. Avere il pensiero di Cristo vuol dire avere un pensiero totalmente ricevuto, non un pensiero proprio: è l'opposto della sapienza umana. La lavanda dei piedi è emblematica della possibilità dell'uomo di entrare nella condizione di Dio. Il testo (vs 1) dice che lo Spirito "scruta" (non dice lo Spirito "conosce"). E' un verbo dinamico, perchè Dio è infinito e lo Spirito continua a viaggiare dentro il suo mistero. Nella sapienza nuova si continua a scrutare, mentre le sapienze mondane tendono a definire. Non c'è una dottrina fissa, ma lo Spirito ci introduce in un movimento perenne.

Le cose iniziano non col capire, ma col fare cose che capiremo dopo e che già abbiamo ricevuto in dono (vedi sia il vangelo che la lettera). La notizia importante che oggi ci è segnalata è che Dio ha varcato il confine e si è donato a noi. Lo Spirito di Dio lo si può continuamente ricevere, mai possedere. Nel vangelo, è la carità. Se non ci è dato lo Spirito di Dio, abbiamo lo spirito dell'uomo, carnale, chiuso dentro la morte (è il "non avrai parte" di cui parla il vangelo) e non potremo capire niente del mistero di Dio. All'uomo psichico le cose di Dio sembrano stoltezze. E' solo lo Spirito di Cristo che ci permette di vedere la verità. Ma è stata ben calcolata da parte di Dio la tenuta del contenitore "uomo"? Reggiamo questo vino troppo frizzante? Forse no. Tutte le volte che facciamo la Comunione capiamo che si sta rapidamente compiendo per noi il mistero della Pasqua e che è l'ultima ora della storia. La barca tocca subito la riva: più in là di così non si può andare. Il Signore mette fine a tutta la dialettica dei nostri pensieri. Ormai ci siamo.

16-4-97 1 Corinti 3, 1-9; Gv 13, 12-20 (Giovanni)


Approfondire il mistero del Signore per volersi bene


- In Paradiso le cose funzionano bene perchè tutto e tutti concorrono a gioire attorno al mistero di Dio, che è Cristo mandato a far nuove tutte le cose. Il senso della nostra vita deve essere un itinerario di ammirazione e di riconoscenza perchè Dio ha fatto bene tutte le cose. Dobbiamo abbandonare ogni residuo di tristezza e confessare l'ingombro che la nostra persona e la nostra violenza pongono davanti alla dilatazione del mistero del Signore. Dobbiamo confessare di essere stati di ostacolo a tanti, e di essere stati noi stessi sedotti da molti aspetti della vita. Chiediamo di avere un cuore libero e un pensiero puro, perchè la nostra vita sia aperta al dono che il Padre oggi vuole rinnovare in ciascuno di noi e in noi tutti insieme.


- vs 3: fa pensare all'annuncio della Passione e alla risposta che Gesù dà a Pietro: tu non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini. Invidie e contese sono mancanze di amore, e quindi cose di satana, per cui "lungi da me....".

- vs 5: riprende il discorso dell'unitarietà e delle differenze. Fa vedere la bellezza del cristiano, che è chiamato a generare gli altri alla fede. Poi dice che chi pianta e chi irriga sono"l'uno" (una cosa sola) Il motivo di unione è l'unicità del corpo di Cristo. Questo termine, "l'uno", appare in Gv 10 nel brano del buon pastore quando Gesù dice: "Io e il Padre siamo una cosa sola".

- vs 5: la parola "ministri" (diaconi) è usata da Gesù nel passo di Luca quando dice "Io sto in mezzo a voi come colui che serve". E anche "Chi riceve me, riceve colui che mi ha mandato". Si tratta di accogliere chi il Signore manda, di fare posto alla parola.

- E' importante il brano evangelico per il vs 8: ricorda Gesù che dà l'esempio perchè facciamo come lui. Le azioni sono diverse ma, compiute come il Signore (lavare i piedi), ci fanno diventare "uni" con lui.

- vs.1 "neonati in Cristo": c'è un contrasto col fatto che si parla della sapienza del mondo. Paolo ricorda ai Corinzi che c'è una dimensione fondamentale nella quale sono molto indietro. Essere neonati in Paolo è sempre una situazione da superare (nell'inno all'amore, nella lettera agli Ebrei). In Ef 4, 11-14 è legato all'unità, all'arrivare all'uomo perfetto. E' un grande richiamo a crescere e maturare

- vs 1: "neonati in Cristo": può significare "carnali". Chi è lontano da Cristo non viene escluso, ma ritorna all'inizio della strada.

- vs 5: e' importante che Dio fa crescere e dà pace alla vita della chiesa. Altrimenti i ministri(=sacerdoti) sarebbero agitati per voler far molto e i fedeli delusi per gli scarsi risultati.

- vs 2: il tono è quello di una cura affettuosa e materna per persone che vanno rispettate e accolte per quello che sono, più che rimproverate.


- Il brano di oggi, in modo inatteso, va a cercare le ragioni per le quali i Corinti non si vogliono bene. Noi di solito non lo facciamo, e piangiamo su noi stessi perchè non ci vogliamo bene, senza cercarne il motivo. E' un testo severo, ma orientato. Li sgrida non perchè non si vogliono bene, ma perchè non si decidono a prendere una posizione giusta di fronte al mistero di Dio. Sottolinea una duplice impossibilità: lui non ha potuto dare loro quello che doveva dare, loro non potevano prenderlo. I Corinti hanno tutti i doni, ma di questi si impossessano. Bisogna prendere la via giusta, secondo la quale si vedono i pregi e i limiti di ciascuno, e ci si vuole bene. Tutto va guardato con affetto. Ciascuno fa una parte piccola (chi semina, chi irriga, ecc.). Tutto sarebbe frantumato e statico se sotto non ci fosse la dinamica misteriosa di Dio. Ciascuno rimane stupito dal grande esito finale delle sue parziali azioni. Fanno parte di un'unica grande impresa, e le singole azioni valgono molto perchè c'è il risultato dell'insieme. Ma siccome non abbiamo ben qualificato l'azione di Dio, pensiamo che l'importanza sia nelle nostre azioni. La grande ansia della vita cristiana, stare attorno alla tavola senza volersi bene, si placa se si tiene presente il mistero del Signore. Paolo comanda di approfondirlo questo mistero: questo farà si che ci vogliamo bene. Dobbiamo essere più contenti di Lui, allora saremo anche più contenti di noi e degli altri. Fuori dallo spazio cristiano, il problema della carità c'è ma viene messo meno in evidenza. Gesù apre gli occhi e ci fa mettere in gioco tutto.