00 30/11/2011 22:13

1 Corinti 1, 4-9; 



I doni sono dati a ciascuno per tutti


- Il corto brano di oggi è molto importante per tutta la lettera. Paolo passerà presto ad ammonire e rimproverare i Corinti per le molte contraddizioni della loro vita, che sembrano negare quanto oggi è descritto. Non deve sorprenderci. La forma del vangelo è sempre questa: annuncio e memoria del dono di Dio, che mette a giudizio la vita dei credenti. Ogni ammonizione e rimprovero, però, non sono fine a sè stessi, ma ci sono dati per mandarci verso la pienezza del dono, che è riservato a tutti. La vita parte dal dono di Dio già ricevuto ed è tesa alla pienezza dello stesso dono. Chiediamo perdono per tutte le volte che smarriamo questa via, per quando lasciamo che il giudizio arresti la nostra vita su considerazioni che non sono nè di grazia nè di pace. Chiediamo che grazia e pace, per la potenza della misericordia di Dio, rischiarino i nostri cuori e i nostri sentimenti e rendano buone le nostre parole.


- vs 6: "testimonianza" può essere letta non come dice la nota (testimonianza resa a Cristo), ma come testimonianza di Cristo, cioè la sua passione e resurrezione, fonte di ogni dono.

- vs 7 "... nessun dono di grazia più vi manca, mentre aspettate la manifestazione del Signore ": fa intravvedere la tensione del cuore di Paolo per provvedere "l'equipaggiamento" ai suoi fratelli durante l'attesa della pienezza della rivelazione. Da una parte sembra abbiano tutto, ma poi c'è una dinamica: un dono promuove il desiderio di un altro (come succede per l'Eucarestia).

- vs. 8 richiama il vs. 6: questo dono è la fedeltà di Dio. Essere irreprensibili è dono del Signore, come dice la regola sulla comunione con Dio e fra noi.

- vs 9: "... dal quale (Dio) siete stati chiamati alla comunione...". E' la premessa di un discorso che verrà sviluppato nei Cap.10 e 11 ed in tutta la lettera. Questa comunione è il dono fondamentale di cui siamo stati arricchiti (vs 5 ) E' la comunione con Gesù e di Gesù col Padre e lo Spirito.

- vs 4 "Ringrazio sempre.." Ringraziamento continuo, nonostante tutto, perchè Paolo vede prima di tutto i doni.

- In ogni versetto, come ieri, è nominato Gesù Cristo; questo non impedisce però di nominare molte volte Dio, anche attraverso verbi al passivo che hanno Dio per soggetto. Gesù è lo spazio in cui Dio opera in fedeltà. Al vs 9 non dice "dal quale", ma "per mezzo del quale (Dio)" siete stati chiamati.

- vs 5: "...arricchiti di tutti i doni..."ricorda l'Eucarestia e la regola che dice che in essa è tutto ricevuto.


- E' un testo sotto sotto molto severo. Anzichè partire dall'elenco dei difetti e dei peccati dei fedeli della chiesa di Corinto, Paolo parte da un ringraziamento a Dio per tutti i doni che ha fatto loro in Gesù. Poi per tutto il resto della lettera dovrà parlare delle aggressioni fatte al dono di Dio. Questo vale anche per noi. Abbiamo ricevuto tutto, non ci manca nulla, non abbiamo alibi: quindi il testo è severissimo. Se la storia fosse più misera, meno illuminata, minore sarebbe la nostra responsabilità, avremmo meno errori nostri.

Paolo evita di parlare di singole persone, di singoli avvenimenti, di singoli doni; tratta tutto globalmente e c'è un rapporto fra tutta la realtà e l'unica persona di Gesù. Poi parlerà di suddivisioni di vario genere. La testimonianza di Cristo è fortissima in mezzo a loro. Cristo è lì presente. Poi c'è la certezza che le cose andranno ancora meglio: loro non sono ancora arrivati, ma Paolo non dice che sono così cattivi da aver rovinato tutto. Li avverte che "avverrà": Dio è fedele, continuerà la sua opera buona. Quindi quello che Paolo rivolgerà ai Corinti non sarà un rimprovero senza speranza e senza pace. Sarà una cosa delicata, ma senza interrogativi angoscianti.

C'è anche da sottolineare che il dono viene sempre fatto a tutti anche quando è depositato in un singolo cuore. La comunione non è un progetto nostro (cioè, singolarmente abbiamo avuto dei bei doni, e allora cerchiamo di metterli assieme). Invece i doni sono già dati a ciascuno per tutti. La comunione è già dentro l'atto di Dio. Una comunità divisa, non può accogliere il dono.

10-4-97 1 Corinti 1, 10-17; Gv 12, 20-26 (Giovanni)


Essere unanimi in Gesù


- Non si può che acconsentire a quanto oggi ci dice la lettera, in quanto sappiamo bene che non c'è nulla di più doloroso di tutto ciò che contraddice la comunione alla quale siamo stati chiamati. L'esperienza terribile della divisione la percepiamo già nel nostro cuore quando ci accorgiamo della nostra capacità sottile di cogliere anche la minima traccia di male nella vita dei nostri fratelli. A volte ci sembra che la comunione d'amore non possa essere una realtà, ma il Signore ci chiama ad essa ogni giorno e, malgrado le nostre resistenze, fa in modo che si compia il grande mistero della carità. E' importante che tutto questo avvenga attraverso una esperienza di dolore, il salutare dolore della consapevolezza dei nostri peccati. Convertiamoci insieme dai peccati alla pace di Dio, pienamente consapevoli di essere parte dell'assemblea santa, ma anche di esserlo soltanto grazie alla misericordia che il Padre effonde sulla nostra vita.


- vs 17: si collega al vangelo quando dice: "il seme se non muore non porta frutto". Questa è la sapienza dell'evangelizzazione.

- vs 13: contiene tre domande poste in modo diverso: la prima può avere risposta sia positiva che negativa, la seconda e la terza solo negativa. Questo è importante perchè è l'affermazione che nessun uomo può essere salvato nel nome di un altro, ma Cristo può essere diviso dall'uomo. Nei primi versetti viene data molta importanza al fatto che ci vuole unità di pensiero. Rimanendo vero il valore della diversità, c'è però da considerare che la croce di Cristo deve essere la base comune di tutto.

- vs 17: "...a predicare il vangelo non con un discorso sapiente, perchè non venga resa vana la croce..". I nostri discorsi non hanno garanzie di verità; il discorso sapiente è la croce di Cristo, che rivela e sana.

- E' importante la comunione di intenti, come anche indicato in Fil 2, 5: "Abbiate in voi gli stessi sentimenti che furono in Cristo Gesù". La sapienza è la carità e quindi il problema non è quello di una diversità di opinioni, ma di portare tutto nella carità, di uniformare se stessi a Cristo.

- vs 17: "...non venga resa vana la croce". "Vano" è usato nei Filippesi quando parla di svuotamento fino alla morte di croce. Anche qui sembra sia uno svuotamento di Paolo a causa della sua fede nella croce.

- vs 12: "..ciascuno di voi..". Nessuno è esente, tutta la chiesa di Corinto è coinvolta in questa diatriba forse fatta nel nome di una risposta più radicale al vangelo, secondo diversi "tagli" della predicazione. Ma questo può portare all'inganno di mettere gli uomini al posto di Dio.

- Il vs 10 (dire tutti la stessa cosa) è spiegato dal vs 17 (come predicare il vangelo). Al vs 10 "perfetta unione" può voler dire "preparati". Questo richiama Ebrei 10, 5 :"un corpo mi hai preparato", che poi nel Salmo citato (Salmo 39) è "gli orecchi mi hai aperto". E' l'ascolto della parola.


- C'è esigenza di un'unità che raccoglie tutto, tutto l'essere, l'agire, i pensieri, i sentimenti, la volontà. L'apostolo forse non tende a dirci che dobbiamo lottare per fare emergere l'unità, ma ci dice che questa unità è il punto di partenza (e, vedremo, d'arrivo). Non si può transigere: bisogna partire dall'unità di pensiero e di intendimenti, cioè da Gesù; su questo bisogna essere d'accordo. Questa unanimità si può anche trovare in cose piccole: quando preghiamo insieme, pensiamo e diciamo le stesse cose. Anche il canto è importante per celebrare questa unità. C'è una bellezza consolante nella celebrazione, al di là di noi, in cui si realizza la nostra unità in Gesù. Può sembrare molto piccolo questo, ma anche la morte di Gesù umanamente è una cosa piccola. Stare dentro al nome di Gesù significa vivere nella carità. La giornata poi è un esilio che ci espone a negare comunione e carità. Tutto questo ci è dato e dobbiamo amarlo. Non dobbiamo aver paura della parola perfezione, perchè è opera del Signore come il nostro battesimo, che abbiamo totalmente ricevuto. Dobbiamo accogliere con fiducia e lieti la Messa che ci unifica, sia pure nelle nostre passività, perchè è dono di Dio, con cui iniziamo la giornata. Siamo pessimi cristiani, ma il Cristo è morto per noi. Bisogna aver volontà di accettare questo, di partire da questo; poi entreremo nella nostra storia frantumata. Ogni forma di appartenenza non rinnovata dall'annuncio evangelico, rischia di essere carnale. Quello che ci unisce è Gesù, che è molto più importante di quello che ci divide (Papa Giovanni). Trasmettere il vangelo ad altri, significa liberarli. Con fiducia dobbiamo fare memoria per tutto il giorno di ciò che ci unisce: se questo prevale e "vigila" sulla nostra giornata, sarà un'unanimità sapienziale. Questo è il richiamo più severo alla conversione urgente e profonda. Dobbiamo preoccuparci di questa unanimità nel Signore; poi vedremo che lo spirito ha ampi spazi di diversità.


11-4-97 1 Corinti 1, 17-25; Gv 12, 27-36 (Giovanni)


Sapienza del mondo e sapienza cristiana


- Sapienza e stoltezza ci sono state regalate per capire che anche a noi è chiesto di farci guidare dallo spirito di Dio.


- La croce viene chiamata stoltezza: si assimila alla stoltezza della predicazione. La predicazione è una realtà molto vicina a noi (nella Messa), e quindi possiamo avvicinarci anche alla croce. Nella regola il lavoro è indicato come opera che può parlare con eloquenza della croce.

- vs 21: la stoltezza della predicazione ci fa aderenti a Cristo: accogliere la stoltezza della predicazione ci mette in rapporto nuziale con Lui.

- vs 18: "quelli che si salvano" letteralmente è "quelli che sono salvati". Al vs 20, "sottile ragionatore": cercare è positivo, ma bisogna che non sia orientato verso il mondo. Si può pensare anche alla ricerca della Maddalena al sepolcro.

- vs 21: La liturgia della parola non è introduzione alla liturgia eucaristica. Paolo rivendica l'autonomia della predicazione che è di per se stessa salvezza.

- Il cristianesimo è una profonda delusione per il mondo. I segni cercati dai greci e dai Giudei (vs 22) sono le aspirazioni più alte dell'umanità. La debolezza di Dio è più forte degli uomini (vs 25): la croce non porta trasformazione eclatanti, ma trasforma dall'interno tutte le cose (lievito nascosto).


- Quando si è in contatto con la parola del Signore ci viene messo davanti tutto il quadro della nostra vita. Dobbiamo ripudiare la sapienza del mondo per ereditare quella del vangelo? Ci è chiesta una conversione? Quando si arriva alla salvezza dei credenti (vs 21), si arriva al cuore del problema. Noi sperimentiamo la sapienza della croce attraverso la sconfitta di quella del mondo che è in noi. Ed è sempre così. Nessuno può assumere la sapienza della croce come regola applicabile una volta per sempre, ma si vivrà sempre la sapienza di Dio come dono di salvezza su tutte le nostre sconfitte. Esempio: uno che lavora è giusto che goda del frutto del suo lavoro, ma la sapienza nuova gli dirà di donare tutto. La sapienza di Gesù è la contraddizione che Dio mette sempre nelle nostre sapienze mondane. Dio ha disposto il fallimento dei nostri programmi e delle nostre certezze (cioè la Pasqua), per far sempre risorgere in noi la via del vangelo. Noi stiamo troppo a pensare che cosa bisogna fare. Invece bisogna ogni giorno sperimentare che Dio ci salva, accorgersi delle cose che Lui fa per noi e farne tesoro. Procedere nella sapienza vuol dire accorgersi di come Gesù ci fa passare dalla morte alla vita.

12-4-97 1 Corinti 1, 26-31; Gv 12, 37-43 (Giovanni)



Chi si vanta si vanti nel Signore


- Ognuno di noi si sente profondamente unito a quelli che Dio, in tutti i luoghi e in tutti i tempi, ha chiamato e chiama. Ringraziamo il Signore, stupiti di essere nella schiera degli eletti. Siamo sempre costretti a verificare con dolore e imbarazzo che la chiamata è collegata a quello che consideriamo nostra umiliazione e nostra sconfitta. Anche le persone che ci sono accanto sono una verifica che Dio ha scelto in loro quello per cui noi li giudicheremmo. Perchè Dio è buono, e la sua misericordia è senza fine. Perchè non è attratto dalle nostre virtù, ma ha compassione delle nostre miserie. Mentre chiediamo perdono per i nostri peccati, ricordiamo che Gesù può soccorrerci proprio perchè si è umiliato.


- vs 26: Paolo chiede di guardare la chiamata, e di considerare che essa è collegata alla stoltezza. "Chiamata" implica una minorità di chi la riceve. E' stata la stoltezza della predicazione (vs 21) che li ha resi stolti e quindi adatti alla chiamata.

- Al vs 9 aveva detto "...chiamati alla comunione del Figlio suo Gesù...": oggi si può riprendere quel vs. Come contrasto al vantarsi, dice che siamo in Cristo Gesù e che il nostro vanto è nella nostra comunione con Gesù (vs 30-31).

- vs 30: "Gesù ... diventato per noi sapienza" vuol dire "fatto sapienza per noi". Ricorda tutto il cammino fatto da Gesù, dal Padre fino a noi. Il modo scelto (l'umiliazione) è quello che può liberare ogni uomo. Dal brano di oggi del vangelo si vede invece che coloro che preferiscono la gloria del mondo non sono liberati, ma rimangono nella paura.

- A proposito della chiamata, ricordiamo che in Ef 1, 4 dice che Dio "In lui (Cristo) ci ha scelti prima della creazione del mondo, e che in Gv 15, 1 dice: "Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi...".

- La chiamata è già avvenuta, per cui guardandoci attorno nella nostra comunità ci rendiamo conto delle nostre miserie e allo steso tempo, della potenza di Dio. Il fatto stesso che siamo qui è dimostrazione della potenza di Dio.

- L'ultimo vs richiama alla mente la preghiera di Salomone fanciullo che invoca il dono della sapienza (Sap 9).


- E' bello avvertire che siamo coinvolti tutti assieme in una considerazione attuale (vs 1), ma che riflette tutta la nostra storia. Ma come mai fra noi ci sono pochi nobili, potenti, sapienti? Come mai chi è dotato ed attrezzato trova difficoltà? Perchè tutto quello che siamo ed abbiamo entra in crisi nell'incontro col vangelo. Perchè in chi è chiamato, Dio ha scelto le cose deboli, non quelle forti; i difetti, non le virtù. E si noti che sceglie le cose deboli e stolte del mondo, non cose misteriose: le nostre sconfitte, le nostre ferite, gli spazi in cui noi non possiamo. Sono queste le cose a cui è attento, e che portano alla elezione. Noi invece tendiamo a mondanizzare il nostro rapporto con Dio, siamo portati a pensare che esso si incentri sul fatto che Lui approva le nostre virtù e disapprova i nostri difetti, quasi fosse un macchinino per registrare bene/male. Invece il centro di tutto è la compassione. Noi siamo ossessionati dal dare a noi e agli altri un comportamento etico: si deve fare così e non così, ecc. Invece dovremmo semplicemente contemplare il fatto che Lui dalla morte fa fiorire la vita. Oggi sottolinea che il nostro vanto è nel Signore: quanto è stato bravo il Signore per me! Dentro di noi Dio ha confuso tutte le cose sapienti. S. Tommso dice che ogni cosa buona, giusta e vera viene da Dio. Però storicamente non è così. Dio con noi ha solo un rapporto di salvezza, che non è bene/male, ma tirar fuori dal male verso il bene. Questo è il vero respiro della fede. La prospettiva è quella di una gioiosità infinita. Ci sono persone, come Maria di Nazaret e i beati, che sanno bene chi è Dio ed esultano in Lui. Noi invece vogliamo essere come Lui, e ci mettiamo molto impegno. Col riferimento alla chiamata, Paolo vuole dirci: "non vedi come sono andate le cose?". Noi non siamo qui per una gara vinta, ma per la sua misericordia. E di questo dobbiamo vantarci.