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1 Corinti 15, 50-58;



Nell'attesa, vigilare nella carità


Nella recita del rosario affidiamo molte volte alla Madonna le nostre vicende nel tempo e, in modo privilegiato, l'ora della nostra morte. Chiediamo l'aiuto della Vergine perchè la morte sia vinta, perchè possa essere pienezza di tutto quello che siamo andati cercando nel cammino della nostra vita: la fedeltà al dono del battesimo, che ci permette di chiamare Dio "Padre". Questo aiuto lo chiediamo anche oggi. Chiediamo al Signore che ci conceda una giornata lieta, liberata dal peccato, feconda di frutti non nostri, ma di Gesù in noi. Chiediamo che il pedono del peccato ci faccia uscire dalla notte della incredulità e ci faccia rimanere nell'opera buona in assoluto, che è l'amore verso Dio e tra noi.


- Qual'è la nostra opera? La conversione dei costumi. Non è opera vana perchè Gesù ha vinto il peccato. Perchè Dio sia tutto in tutti, deve avvenire la nostra trasformazione, che solo Lui può fare.

- Il vs 51 è molto diverso nella vulgata (vedi nota). Nel vs 52 ritorna lo stesso verbo (trasformare), riferito non più a "tutti", ma a "noi". Chi sono "tutti? Chi siamo "noi"? Forse è un mistero, come Paolo stesso dice.

- I vs 54 e 55 convogliano tutte le scritture verso l'affermazione della sconfitta della morte. Dall'attesa di Isaia 25 (Dio divorerà la morte per sempre) fino ad Ap 6, 8 e 20, 14 dove c'è la distruzione totale e definitiva della morte e degli inferi (gettati nello stagno di fuoco). Gesù nel giorno dell'Ascensione porta con sè in cielo prigionieri e prigionia. Questo cambia tutto, come sottolineato dalla liturgia pasquale orientale, che è piena di esultanza e tripudio.

- vs 54: inghiottire. Questo verbo nella scrittura è usato generalmente per indicare cha la morte inghiotte la vita (le vacche magre inghiottono le vacche grasse; l'empio inghiotte il giusto). Qui è usato in modo rovesciato, come ripreso anche dai canti pasquali.

- vs 56: la legge. Forse vuol dire che la legge, che sanzionava l'impossibilità dell'uomo, è ora superata dal nuovo regime dell'amore.

- vs 57-58: il peccato viene vinto da Gesù; noi dobbiamo stare irremovibili, fermi in questa opera del Signore, che è la carità. Questa fatica non è vana, dà frutto.


- Per quanto riguarda i vs 51-52, vanno letti pensando che quando suonerà la tromba non saremo tutti morti. I morti risorgeranno, e quelli vivi dovranno essere trasformati prima di andare dal Signore. Su questo i due testi convergono. Questo problema della trasformazione al suono della tromba sembra lontano nel futuro, ma ci serve anche per oggi. Per capire bene, bisogna pensare a Pietro che, nel vangelo di oggi, mentre pesca è nudo e si mette la veste per correre verso Gesù. In Gal 3, 27 Paolo dice "quanti siete stati battezzati in Cristo, vi siete rivestiti di Cristo". Anche per noi oggi c'è necessità assoluta di ravvedimento. Nel brano parla di "corruzione" che deve vestirsi di "non corruzione". Questo richiama anche la parabola di Mt dove l'uomo senza abito nuziale viene cacciato dal banchetto. Così come si è, nella nudità creaturale di Adamo, non si può ereditare il Regno di Dio. A questo proposito S. Agostino dice che la legge è un abito di pelle provvisorio dato da Dio all'uomo. Il vero grande abito, quello delle nozze, è Cristo. Per ereditare il Regno bisogna essere rivestiti di Lui. Siccome non sappiamo l'ora della fine, dobbiamo essere sempre vigilanti tenendo nelle lampade l'olio dello spirito e del ravvedimento. Bisogna "rimanere" (Col 1, 23), perseverando nella grande fatica della carità. La Messa è una anticipazione della tromba che segna la fine di tutti i tempi. Nella Messa, infatti, ci mettiamo in comunione con Gesù che viene a noi. E' l'anticipazione del grande banchetto finale, dove dobbiamo portare anche noi un po' del pesce che abbiamo pescato (che cioè Lui ci ha fatto pescare). Nella Messa si augurano i tempi ultimi dove tutto riposa nella gloria. Qui la morte è vinta, e tutto si compie e tutto è offerto e riscattato. Questa possibilità dell'anticipo dei tempi è la grande grazia che ci fa Dio anche oggi.


9-6-97 1 Corinti 16, 1-12; Gv 21, 15-19 (Giovanni)



La colletta, segno di carità


- E' bello che quest'ultimo capitolo della lettera faccia ritornare sulla nostra vita quotidiana tutto l'insegnamento del Signore, che non resta quindi una teoria. Questo insegnamento non è neppure limitato ad una ipotesi di indicazioni personali o collettive, ma piuttosto stabilisce la fisionomia nuova della esistenza di tutti. E' il Signore che trasforma, crea relazioni, gioie, dolori; è il Signore che fa andare avanti le cose. Questo lo scopriamo anche nella nostra vita quotidiana. Noi siamo preoccupati quando ci accorgiamo di sentimenti o di situazioni che non prevedono il Signore. Per questo anche oggi confessiamo la nostra condizione di peccatori che hanno bisogno di essere salvati, di persone che hanno bisogno di protezione. Chiedere perdono vuol dire trovare la condizione di umiltà e la consapevolezza di essere lontani dai suoi pensieri e dalle sue parole.


- E' interessante vedere come Paolo manifesti in modo chiaro le sue intenzioni e progetti, e poi però lasci sempre aperta la possibilità che il Signore decida in modo diverso (vs 4, 6, 12). Attraverso queste espressioni autobiografiche, si vede come l'Apostolo sia sempre pronto ad accettare la volontà del Signore.

- vs 3: "...portare le vostre grazie a Gerusalemme"; usa un termine che altre volte è espresso con "benedizione" nel senso che quanto i fratelli donano ai bisognosi, è qualcosa che essi prima hanno ricevuto. Questa "grazia", donata in Cristo, è il termine che avava aperto la lettera (cap 1, vs 4), ed è bello che adesso giunga a Gerusalemme.

- Sullo stesso argomento: in 2 Cor 8, 9 dice: "Conoscete infatti la grazia del Signore nostro Gesù Cristo: da ricco che era, si è fatto povero per voi, perchè voi diventaste ricchi per la sua povertà". La grazia è il dono gratuito di Dio. Paolo in questo momento sente che, accanto a questo dono, c'è un ordine (fare la colletta) che non è un imperativo, ma è un punto a cui si giunge dopo un cammino insieme: è la concretezza della carità.

- vs 2-3: "Ogni primo giorno della settimana, ciascuno metta da parte..": è la domenica, il giorno del Signore, ed è bello che usi il verbo "porre", come Gesù, che ha posto la vita per noi. In 2 Cor 8, 9 dice che è tutta opera del Signore. La Parola è cresciuta fra loro.

- vs 10: viene ripreso il termine "l'opera del Signore", cui tutti sono chiamati. Quello che Paolo chiede rispetto a Timoteo, è nel respiro della eucarestia. "Accomiatatelo in pace" ricorda la fine della Messa ("Andate in pace"), un saluto attraverso il quale uno va via arricchito di tutti i doni della comunione.


- Si può assolvere Apollo che sembra disobbediente e caparbio? Forse ci si può orientare verso altri brani in cui è chiaro che è il Signore che agisce attraverso lo Spirito. E' Dio che ha il suo carattere, che vuole e non vuole. Qui il traduttore ha parlato di non volere in modo assoluto, ma forse si tratta dei tempi di Dio, che non sono i nostri.

Ci sono molte parole importanti, capisaldi della dottrina, trasferiti nella vita quotidiana. Però non bisogna pensare che solo in questo cap 16 ci sia la concretezza, mentre tutto il resto è astratto. La colletta non è l'unica carità concreta. Il Signore, nell'economia sacramentale, ci dà l'opportunità preziosa di trattarci come se ci volessimo bene. Quindi non si tratta di concreto/astratto, ma di un segno che il Signore ci consente di scambiarci, appunto come segno di un qualcosa di più grande che è la carità. La colletta di Corinto è molto importante, anche perchè le cose a Gerusalemme non vanno bene, e loro hanno l'opportunità di compiere un gesto buono. Così nella liturgia dobbiamo fare gesti che vanno al di là del nostro sentire: dobbiamo mangiare lo stesso pane anche se non ci vogliamo bene. Questo succede anche nella vita. Le parole importanti usate da Paolo in ambiti modesti sono ragioni di speranza. C'è l'assoluta liberalità di Dio che ci fa il dono indipendentemente da quello che facciamo noi. "Mi si è aperta una porta grande e propizia, anche se gli avversari sono molti" (vs 9). La nostra vita viene condizionata in gioie e dolori perchè la nostra vecchia condizione inadatta è stata visitata. La grazia, al di là di noi, ha creato relazioni nuove e su tutto c'è un'attenzione nuova dovuta al fatto che il vangelo ci è stato annunciato. Noi avvertiamo che la nostra vita è chiamata ad una celebrazione sempre più grande e ci dispiace quando vediamo che siamo usciti dalla preziosità di questa strada nuova.

10-6-97 1 Corinti 16, 13-18; Gv 21, 20-25 (Francesco)


Fate tutto nella carità


- Stiamo avvicinandoci alla fine della lettera, e oggi riceviamo una indicazione conclusiva che riprende alcuni grandi temi trattati in precedenza. Questo brano non va letto come appendice, ma come una ricapitolazione del messaggio che porta l'intera lettera. Le parole di oggi ci richiamano infatti alla necessità di operare sempre nella carità. Facciamo dunque un esame di coscienza in questa direzione, e chiediamo perdono al Signore per tutte le nostre opere, azioni e pensieri che si sono allontanati dall'amore verso Dio e verso i nostri fratelli.


- Molto preziose le presenze della diaconessa Stefana e della sua famiglia; sono di grande esempio ed aiuto. La raccomandazione di Paolo è di stare sottomessi a lei e a loro (nella vulgata si usa il termine sudditi, che deriva dal verbo"dedicare la vita"). Più uno dedica la sua vita alla carità, tanto più viene costituito in autorità. Paolo sembra dire che bisogna tener conto di questo.

- vs 13: "..comportatevi da uomini, siate forti", richiama "la donna forte" di Pr 31, che è l'anima cristiana. L'accostamento dei due testi aiuta a fare una lettura più chiara.

- Anche nei salmi si ritrova la stessa parola: "Spera nel Signore e sii forte" (Sm 26,14), "Siate forti, riprendete coraggio, o voi tutti che sperate nel Signore" (Sm 30,25). Non una forza nostra, ma un'energia che viene dal timore di Dio e dallo sperare in lui.

- vs 14: "Tutto si faccia..". E' un imperativo che racchiude anche i verbi precedenti. E' il celebrare la venuta di Gesù tra noi e la sua Pasqua.

- vs 15: "Una raccomandazione: vi scongiuro" E' molto forte, Paolo richiede una conoscenza profonda di quelle persone in ordine alla spesa della vita per il vangelo.

- Opportuno il taglio del testo che, dopo i primi due versetti che sembrano spingere ad operatività, ora spinge a riconoscere la presenza di Dio nelle persone e il suo amore riversato sulla chiesa. Quindi la carità, più che fare, è occuparsi delle persone che Dio ci ha messo accanto.

- vs 17: "assenza". Potrebbe voler dire "mancanza", un desiderio di presenza che non può avvenire. "Allietare" è un dono di pace, possibilità di trovare una pausa nelle tribolazioni di Paolo e anche degli inviati (messaggeri). E' un testo con molte sfumature delicate sulle modalità della carità. Si avverte come un invito ad ordinare la propria vita dando una preminenza al servizio.


- Il primo verbo, "vigilate", dà tutto un tono speciale alla lettera, indirizzandola nel clima di una attesa, e quindi mettendo in un rilievo particolare i punti che parlano della fine. In particolare il Cap 7, che parla del tempo che si è fatto breve, e delle conseguenze che questo ha sulla nostra vita, i beni della terra, le persone, il matrimonio, la verginità, ecc. C'è un impellente avvicinarsi del Signore, ricordato anche al Cap 11 sulla cena eucaristica: "finchè Egli venga", che è un invito alla vigilanza. Il testo del vangelo ci spinge ulteriormente in questa direzione, perchè il discepolo prediletto deve rimanere finchè Gesù venga. Anche le indicazioni successive sono tutte in relazione alla stabilità nella vigilanza. Fare tutto nell'amore assume gli stessi accenti del cap 13, dove il primato della carità era determinato dal suo confronto col tempo: tutto finisce, ma la carità non avrà mai fine. La carità è una virtù dell'uomo maturo, e in questo senso parla di uomini forti. Quindi è un invito alla vigilanza rispetto alla carità.

La seconda parte del testo, che riguarda le persone, è molto bella; ci fa vedere che la lettera non è solo teorica, ma come era iniziata coi nomi di alcune famiglie, per lamentarne la divisione, così si conclude coi nomi di famiglie e di intere case. Non si parla solo di individui, ma qui la carità è vissuta a livello comunitario, è tutta una casa che svolge una diaconia verso i santi. Bisogna riconoscere questo, come al cap 11 diceva che bisogna riconoscere il corpo del Signore dagli altri cibi: sapere riconoscere per onorare. E' anche importante il fatto che queste famiglie non solo vanno riconosciute, ma ad esse ci si deve sottomettere. La piccola chiesa domestica ha una sua autorità all'interno della più vasta assemblea ecclesiale. Quanto alla fatica di chi collabora, va vista come una partecipazione alla passione del Signore. Il "riempire la carenza" da parte di alcuni è bello: è un gesto di carità che solleva Paolo da ulteriori preoccupazioni.

In conclusione, si può pensare che questo brano sia un prolungamento su cose concrete dell'inno alla carità. Questo accade anche nella nostra vita: attorno a noi ci sono famiglie che con il loro esempio ci danno forza per proseguire, nella vigilanza, il nostro cammino nella fede.

11-6-97 1 Corinti 16, 19-23; Mt 10, 7-13 (Francesco)


L'importanza del saluto


La regola dice che i voti sono un'umile risposta al dono che solo Dio può dare. Così il saluto col quale apriamo la liturgia è un umile risposta al saluto che Dio ci ha rivolto con la grazia del battesimo. Tutta la vita è un riflettersi del dono di Dio, un trasmettersi l'uno all'altro la notizia di questo dono. Il saluto è importante, perchè è appunto il trasmettersi qualcosa che ciascuno ha già ricevuto, la grazia di Dio. Chiediamo perdono per ogni ostacolo che abbiamo frapposto fra la grazia di Dio e la vita nostra e dei nostri fratelli, per ogni volta che la nostra poca carità è stata di impedimento al fluire della grazia verso tutti i cuori.


- Bacio santo, rimandi biblici: 1) Il Cantico dei cantici che si apre con questo bacio nuziale, chiesto al Signore. I baci della sua bocca sono le parole del Signore divenute gesto. 2) Il figliol prodigo: il padre va incontro al figlio e lo bacia: ognuno è fatto strumento di Dio per accogliere il fratello perduto e ritrovato.

- Bella la vicinanza delle due letture (oggi, S. Barnaba, si legge Mt 10, 7-13). Nella lettera il termine della casa è riferito alla comunità che è la chiesa. La dimensione vasta come l'Asia diventa dimensione domestica di una chiesa che si raduna in una casa, un focolare. Nel vangelo (vs 13): "Entrando nella casa, rivolgetele il saluto". Si avverte l'importanza di entrare nella casa in cui si raccoglie questa umanità.

- Colpisce la dimensione del saluto, che va da tutte le chiese dell'Asia fino alla singola casa dei fratelli, all'uno o all'altro di loro e copre tutti i rapporti. Richiama il saluto di Maria ad Elisabetta. Il saluto è cosa molto importante: porta tutto il dono ricevuto.

- Stupisce la maledizione del vs 22, subito seguita dall'invocazione "vieni Signore". Richiama 1 Cor 5: "Quest'individuo sia dato in balia di Satana per la rovina della sua carne, affinchè il suo spirito possa ottenere la salvezza nel giorno del Signore".

- vs 23: "Il mio amore con tutti voi in Cristo Gesù" Espressione unica, parla del suo amore personale. Usualmente l'amore è riferito a Dio Padre. Può voler dire che abbiamo un amore che va incanalato nella giusta direzione. E' una dimensione d'affetto personale, caratteristica di ciascuno, che è veicolo della manifestazione dell'amore di Dio. Amore ricevuto, ma personale.

- La chiusura della lettera sembra in tono minore rispetto ai grandi temi trattati, ma ad un esame più attento appare un invito a ricordare tutto quanto è stato detto nei 16 capitoli perchè non siano passati invano. Il saluto è importante, anche il modo in cui si fa è prezioso, bisognerebbe sempre ricordare i saluti africani così personalizzati.


- Dobbiamo dare molto rilievo a questi saluti, che non sono semplicemente la chiusura di una lettera, ma riconoscimento e comunicazione del dono di Dio. C'è la parola "chiesa" che è stata il tema della lettera. Dal problema del rapporto con i ministri, il cibo, ebrei e gentili, verginità e matrimonio, carismi: tutti segni che portano a riconoscere la comunione di Dio con ciascuno di noi. Questa è la chiesa. Ci sono realtà comunitarie tenute insieme dall'amore del Signore. Dopo il riconoscimento del dono, il saluto è anche trasmissione del dono perchè sia estesa la comunione. Il saluto è importante: l'Annunciazione è sostanzialmente un saluto, così pure la Visitazione. Quindi il dono ricevuto e conosciuto viene trasmesso da chiesa a chiesa. Dalla realtà del saluto, Paolo passa all'invito al saluto, fino a farne quasi un comandamento, perchè il dono di Dio deve raggiungere tutti.

E' bello che questo saluto sia rivolto a tutte le realtà toccate dalla lettera, incluse le chiese delle case, le chiese domestiche (vulgata). Viene dato il titolo di chiesa a tutti gli effetti, con pari dignità, anche alla dimensione domestica. L'espressione "domestica" è stata ripresa dal Concilio per definire il dono che viene dal sacramento del matrimonio. Intorno a questo saluto, c'è l'espressione dell'amore: il bacio contiene in sè l'espressione nuziale. La maledizione "se qualcuno non ama .." contiene lo stesso verbo usato da Gesù quando chiede a Pietro se lo ama. Tutta la lettera ci ha parlato di questo amore per Gesù, ed è importante che venga ripreso con queste espressioni severe e forti; a sottolineare quello che solo conta nella nostra vita. Così in "Maranà tha" c'è il grande desiderio di Paolo che il Signore venga a completamento del grande dono già ricevuto. C'è attesa nella vigilanza, come già visto ieri. La lettera si chiude con la denuncia di un'assenza, e con l'epressione di un desiderio di Gesù. "Mio amore" è l'ultimo tocco personale di Paolo che vuole trasmettere a tutti l'amore ricevuto.