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MEDITIAMO LE SCRITTURE (Vol 4) Anno B

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    00 28/12/2011 08:11
    a cura dei Carmelitani


    1) Preghiera
    Signore nostro Dio, che oggi nei santi Innocenti sei stato glorificato non a parole, ma col sangue, concedi anche a noi di esprimere nella vita la fede che professiamo con le labbra.
    Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, nell'unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli.

    2) Lettura del Vangelo
    Dal Vangelo secondo Matteo 2,13-18
    I Magi erano appena partiti, quando un angelo del Signore apparve in sogno a Giuseppe e gli disse: "Àlzati, prendi con te il bambino e sua madre e fuggi in Egitto, e resta là finché non ti avvertirò, perché Erode sta cercando il bambino per ucciderlo".
    Giuseppe destatosi, prese con sé il bambino e sua madre nella notte e fuggì in Egitto, dove rimase fino alla morte di Erode, perché si adempisse ciò che era stato detto dal Signore per mezzo del profeta: "Dall'Egitto ho chiamato il mio figlio".
    Erode, accortosi che i Magi si erano presi gioco di lui, s'infuriò e mandò ad uccidere tutti i bambini di Betlemme e del suo territorio dai due anni in giù, corrispondenti al tempo su cui era stato informato dai Magi.
    Allora si adempì quel che era stato detto per mezzo del profeta Geremia: "Un grido è stato udito in Rama, un pianto e un lamento grande; Rachele piange i suoi figli e non vuole essere consolata, perché non sono più".

    3) Riflessione
    ? Il Vangelo di Matteo, redatto attorno agli anni 80 e 90, si preoccupa di mostrare che in Gesù si compiono le profezie. Molte volte viene detto: "Tutto ciò avvenne affinché si adempisse ciò che era stato detto dal Signore...." (cf. Mt 1,22; 2,17.23; 4,14; 5,17; ecc.). Questo perché i destinatari del Vangelo di Matteo sono le comunità dei giudei convertiti che vivevano una profonda crisi di fede e di identità. Dopo la distruzione di Gerusalemme nell'anno 70, i farisei erano l'unico gruppo del giudaismo sopravissuto. Negli anni 80, quando cominciarono a riorganizzarsi, crebbe l'opposizione tra giudei farisei e giudei cristiani. Questi finirono per essere scomunicati dalla sinagoga e separati dal popolo delle promesse. La scomunica rese ancora più acuto il problema dell'identità. Non potevano più frequentare le loro sinagoghe. E furono assaliti dal dubbio: Sarà che ci sismo sbagliati? Chi è il vero popolo di Dio? Gesù è veramente il Messia?
    ? E' per questo gruppo sofferto che Matteo scrive il suo vangelo, come Vangelo di consolazione per aiutarli a superare il trauma della rottura, come Vangelo di rivelazione per mostrare che Gesù è il vero Messia, il nuovo Mosè in cui si compiono le promesse, come Vangelo della nuova pratica per insegnare il cammino di come raggiungere la nuova giustizia, più grande della giustizia dei farisei (Mt 5,20).
    ? Nel vangelo di oggi appare questa preoccupazione di Matteo. Lui consola le comunità perseguitate mostrando che anche Gesù fu perseguitato. Rivela che Gesù è il Messia, infatti per ben due volte insiste nel dire che le profezie si compieranno in lui; e suggerisce inoltre che Gesù è il nuovo Messia, poiché, come Mosè, anche lui è perseguitato e deve fuggire. Indica un nuovo cammino, suggerendo che devono fare come i magi che seppero evitare la vigilanza di Erode e ritornarono alla loro dimora, prendendo un altro cammino.

    4) Per un confronto personale
    ? Erode dette l'ordine di uccidere i bambini di Betlemme. L'Erode di oggi continua ad uccidere milioni di bambini. Muoiono di fame, di denutrizione, di malattia, a causa dell'aborto. Oggi chi è Erode?
    ? Matteo aiuta a superare la crisi di fede e di identità. Oggi, molti vivono una crisi profonda di fede e di identità. Il Vangelo, come può aiutare a superare questa crisi di fede?

    5) Preghiera finale
    Il nostro aiuto è nel nome del Signore
    che ha fatto cielo e terra. (Sal 123)

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    00 29/12/2011 08:17
    padre Lino Pedron
    Commento su Luca 2,22-35

    Il Signore visita il suo tempio. Egli non viene per giudicare l'inosservanza della legge, ma per sottomettersi come uomo all'obbedienza al Padre al quale gli uomini hanno disobbedito. Viene a pagare il debito dell'uomo.

    Dio non esige il sacrificio dell'uomo alla propria maestà (questa è la menzogna di Adamo e di tutte le perversioni religiose), ma esige il riconoscimento di sé come dono e sergente di vita perché possiamo attingervi in abbondanza.

    Presentandosi a Dio, l'uomo viene restituito a se stesso. Riconoscendo che la vita dell'uomo è data da Dio, noi scopriamo l'altissimo dono della vita.

    Simeone significa "Dio ha ascoltato". Lo Spirito Santo era su di lui: per questo ascolta e osserva la Parola. Solo gli uomini illuminati dallo Spirito sanno spiegare esattamente la Scrittura e giudicare gli eventi della salvezza. Le braccia del vecchio Simeone rappresentano le braccia bimillenarie d'Israele che ricevono il fiore della nuova vita, la promessa di Dio.

    Il Cantico di Simeone si pone sulla linea della grande tradizione del Servo di Jahvé: "Io ti renderò luce delle nazioni perché tu porti la mia salvezza fino all'estremità della terra" (Is 49,6). Ora si compie quanto era stato predetto: "Alzati, rivestiti di luce, la gloria del Signore brilla su di te. Poiché, ecco, le tenebre ricoprono la terra, nebbia fitta avvolge le nazioni; ma su di te risplende il Signore, la sua gloria appare in te. Cammineranno i popoli alla tua luce, i re allo splendore del tuo sorgere" (Is 60,1-3).

    Solo chi vede Gesù salvatore può vivere e morire in pace. Solo l'incontro con Dio può sanare la vita dal veleno della paura della morte e guarire l'uomo dalla falsa immagine di Dio. Dietro la porta della morte non ci attende un abisso di tenebre, ma la sala illuminata del banchetto della vita eterna.

    Alla salvezza e alla pace, già presenti nel Cantico di Zaccaria, qui si aggiunge la luce con una chiara connotazione di universalismo: la salvezza è per tutti i popoli.

    Simeone, mosso dallo Spirito, ha riconosciuto Gesù; ora predice a Maria il destino del figlio. La persona di Gesù è spiegata ancora oggi a noi dall'Antico Testamento.

    Gesù sarà insieme causa di caduta e di risurrezione per le moltitudini d'Israele, perché porta una salvezza "scandalosa" che nessuno è in grado di accettare. Gesù contraddice ogni pensiero dell'uomo. E' scandalo e follia. Per questo tutti lo contraddicono, si scandalizzano di lui e cadono.

    Viene qui adombrato il mistero della morte e risurrezione del Signore che come spada attraverserà il cuore di ogni discepolo e di tutta la Chiesa, di cui Maria è figura.

    Simeone, mosso dallo Spirito, ha riconosciuto Gesù; ora predice a Maria il destino del figlio. Anche Maria e Giuseppe, che sono i più prossimi a Gesù, hanno bisogno della parola rivelatrice per poter comprendere ciò che, in Gesù, Dio ha fatto per gli uomini. Per quanto si possa comprendere la pienezza delle imperscrutabili ricchezze di Cristo, rimane sempre in misura ancora maggiore ciò che supera la nostra capacità di comprensione.

    Anche i genitori di Gesù si meravigliano e si stupiscono. La loro fede scopre e riconosce le profondità della sapienza e dell'amore di Dio.

    Gesù è segno di contraddizione. In lui si realizza la parola del profeta Isaia:" Egli sarà laccio e pietra d'inciampo e scoglio che fa cadere per le due case d'Israele, laccio e trabocchetto per chi abita in Gerusalemme. Tra loro molti inciamperanno, cadranno e si sfracelleranno, saranno presi e catturati" (8,14-15). Dio ha dato a Gesù questa missione, perché Israele prendesse una decisione nei suoi confronti. Chi sta con lui sarà salvato; chi gli si oppone, cadrà. Israele sarà salvato non perché è il popolo eletto da Dio, ma perché prenderà la sua decisione a favore di Gesù. Solo chi sceglie Gesù appartiene veramente al popolo di Dio.

    Gesù sarà insieme causa di caduta e di risurrezione per il popolo d'Israele, perché porta una salvezza "scandalosa" che nessuno è in grado di accettare. Gesù contraddice ogni pensiero dell'uomo. E' scandalo e follia! Per questo tutti lo contraddicono, si scandalizzano di lui e cadono. Viene qui adombrato il mistero della morte e risurrezione del Signore che come spada attraverserà il cuore di ogni discepolo e di tutta la Chiesa, di cui Maria è figura.

    Il cantico di Simeone provoca inevitabilmente una reazione di meraviglia nei genitori. Essi fanno una progressiva scoperta del figlio, che li riempie di gioia, ma anche di sorpresa. Questo cantico è seguito da una profezia rivolta alla madre. Per Luca essa ha un compito particolare da assolvere accanto al figlio nel piano della salvezza. Per la prima volta viene segnalato il duro cammino che il Salvatore dovrà percorrere. Egli sarà un segno di contraddizione; la madre sarà trapassata da una spada. In mezzo alla sua gente Gesù sarà una pietra di scandalo per alcuni e una pietra di fondamento per risorgere a nuova vita per altri. La spada che trafigge l'anima di Maria indica i contrasti cui andrà soggetto il figlio, ma soprattutto la sua morte in croce. La spada che si abbatterà sul Cristo ferirà mortalmente anche la madre. Si tratta di una stessa passione, sopportata simultaneamente, ciascuno per la sua parte, dal figlio e dalla madre.

    La missione di Maria, cominciata nelle gioia e nell'esultanza (cfr 1,28), si va coprendo di ombre, che si infittiranno sempre di più fino al Calvario.

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    00 30/12/2011 08:01
    padre Antonio Rungi
    La madre di tutte le famiglie

    Oggi, prima domenica dopo il tempo natalizio ed a pochi giorni dalla solennità del Natale, celebriamo la festa della santa famiglia di Nazaret, composta da tre straordinarie persone: Gesù, Giuseppe e Maria. E? la famiglia di Dio fatto carne nel grembo verginale di Maria. La famiglia di Gesù, ma anche la famiglia delle famiglie, nel senso che è il modello perfetto di ogni famiglia cristiana o comunque tale in ragione della scelta di una vita insieme che i coniugi intendono fare accedendo al matrimonio.
    In un tempo di profonda crisi di identità delle famiglie italiane, con separazioni, divorzi e convivenze di ogni genere, proporre all?attenzione delle nostre famiglie questa singolare, speciale ed unica famiglia nel vero senso del termine significa dare slancio all?azione missionaria ed apostolica oltre che pastorale proprio nel campo familiare, quello che più necessita di impegno costante e punti di forza essenziali per recuperare la famiglia cristiana.
    La ricchezza della parola di di Dio di questa domenica post-natalizia ci aiuta ad entrare nel mistero della famiglia di Nazaret ed attingere da essa il necessario sostegno morale e spirituale per continuare ad andare avanti nelle nostre famiglie, segnate da tante sofferenze, difficoltà ed emergenze.
    Nella prima lettura, tratta dal libro della Genesi, viene narrata la nascita per certi versi miracolosi del figlio di Abramo, Isacco. Il testo sacro ci immette in questa singolare esperienza di paternità e maternità fatta da Abramo e Sara, che fu una straordinaria benedizione per loro. I figli sono doni di Dio ed è una gioia grande quando vengono al mondo ed allietano quelle famiglie nelle quali questi novelli fiori d?umanità vengono alla luce con la nascita. Capire che il figlio è un dono e non un diritto ed una pretesa da conseguire violando anche le leggi sacrosante della natura o dell?etica cristiana e familiare significa pregare perché il dono della maternità e della paternità non venga meno a nessuno. Invece, sappiamo quanta sofferenza c?è in quelle coppie ove il figlio non è venuto. Il recente documento pontificio ?Dignitas personae? ci apre nuovi orizzonti di riflessione e meditazione sul grande tema della dignità umana e della vita umana. In esso vengono affrontati i temi più attuali e scottanti del problema della procreazione assistita e di tante altre questioni attinenti alla vita di coppia, matrimoniale e familiare, alla difesa e promozione della vita umana dal concepimento al suo naturale termine.
    Anche la seconda lettura, tratta dalla Lettera agli Ebrei, ritorna sulla figura di Abramo, presentato qui come l?uomo di fede per eccellenza. Tanto fu forte la sua fiducia in Dio che ebbe il dono della paternità in età avanzata per lui e per la sua moglie Sara. La figura di Abramo è anche presentata come il padre nella fede per il popolo di Israele, tanto che i suoi figli spirituali nella fede furono una moltitudine immensa. La linea di trasmissione della fede di generazione in generazione ha avuto origine in Abramo ed è seguita in Isacco. A conferma che il dono della fede e l?accoglienza e la trasmissione di essa avviene all?interno di una famiglia naturale e non c?è da meravigliarsi che i propri genitori trasmettano ai figli la fede ricevuta. Anzi proprio questo retroterra e questa pregressa esperienza di fede aiuta ad accogliere con maggiore responsabilità quel dono che è rivolto a tutti, ma che richiede la risposta continua di ognuno.
    In ultimo il testo del Vangelo ci presenta un quadro familiare di grande effetto ed efficacia per la comprensione del mistero del Salvatore. Siamo al momento della presentazione del Signore al tempio e ad aspettare questo grande e atteso evento c?è il vecchio Simeone che oggi occupa la scena principale del vangelo sulla sacra famiglia. Il vecchio Simeone riconosce in Gesù il vero ed atteso salvatore ed è felice che il Signore gli abbia permesso di vedere questo giorno. E? la persona della gratitudine, ma anche della profezia, del coraggio e dell?assenza di ogni paura soprattutto della morte che nel Bambino Gesù già vede la vittoria su di essa. Ora questo santo uomo di Dio, che aveva atteso per anni la venuta del messia, può lasciare felice la terra per incontrare per sempre il Signore nell?eternità.
    Nelle nostre famiglie si educhi al senso dell?eterno, alla prospettiva dell?immortalità e della bontà di Dio che si manifesta in noi in Gesù Cristo, Verbo incarnato del Padre, nel quale riponiamo ogni nostra attesa e speranza, soprattutto quella della salvaguardia della famiglia da ogni minaccia presente e futura.
    In questo difficile momento storico per la tenuta delle famiglie cristiane, la santa famiglia di Nazaret dia la forza e il coraggio per superare ogni difficoltà, affinché le famiglie camminino nel segno della gioia e della speranza cristiana.

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    00 31/12/2011 09:03
    a cura dei Carmelitani
    Commento Giovanni 1,1-18

    1) Preghiera
    Dio onnipotente ed eterno, che nella nascita del tuo Figlio hai stabilito l'inizio e la pienezza della vera fede, accogli anche noi come membra del Cristo, che compendia in sé la salvezza del mondo. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive regna con te, nell'unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli.

    2) Lettura del Vangelo
    Dal Vangelo secondo Giovanni 1,1-18
    In principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio. Egli era in principio presso Dio: tutto è stato fatto per mezzo di lui, e senza di lui niente è stato fatto di tutto ciò che esiste. In lui era la vita e la vita era la luce degli uomini; la luce splende nelle tenebre,
    ma le tenebre non l'hanno accolta. Venne un uomo mandato da Dio e il suo nome era Giovanni Egli venne come testimone per rendere testimonianza alla luce, perché tutti credessero per mezzo di lui. Egli non era la luce, ma doveva rendere testimonianza alla luce. Veniva nel mondo la luce vera, quella che illumina ogni uomo. Egli era nel mondo,
    e il mondo fu fatto per mezzo di lui, eppure il mondo non lo riconobbe. Venne fra la sua gente, ma i suoi non l'hanno accolto. A quanti però l'hanno accolto, ha dato potere di diventare figli di Dio: a quelli che credono nel suo nome, i quali non da sangue, né da volere di carne, né da volere di uomo, ma da Dio sono stati generati. E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi; e noi vedemmo la sua gloria, gloria come di unigenito dal Padre, pieno di grazia e di verità, Giovanni gli rende testimonianza e grida: "Ecco l'uomo di cui io dissi: Colui che viene dopo di me mi è passato avanti, perché era prima di me". Dalla sua pienezza noi tutti abbiamo ricevuto e grazia su grazia. Perché la legge fu data per mezzo di Mosè, la grazia e la verità vennero per mezzo di Gesù Cristo. Dio nessuno l'ha mai visto: proprio il Figlio unigenito, che è nel seno del Padre, lui lo ha rivelato.

    3) Riflessione
    Il Prologo è la prima cosa che si vede aprendo il vangelo di Giovanni. Ma fu anche l'ultima ad essere scritta. E' il riassunto finale, posto all'inizio. In esso, Giovanni descrive il cammino della Parola d Dio. Era accanto a Dio, da prima della creazione, e per mezzo di lei tutto fu creato. Tutto ciò che esiste è espressione della Parola di Dio. Come avviene con la Sapienza di Dio, (Pr 8,22-31), così anche la Parola volle giungere più vicino a noi e si fece carne in Gesù. Venne in mezzo a noi, svolse la sua missione e ritornò a Dio. Gesù è questa Parola di Dio. Tutto ciò che dice e fa è comunicazione che ci rivela il Padre.
    ? Nel dire "In principio era il Verbo", Giovanni evoca la prima frase della Bibbia che dice:"In principio Dio creò il cielo e la terra" (Gen 1,1). Dio creò tutto per mezzo della sua Parola. "Parla e tutto è fatto" (Sal 33,9; 148,5). Tutte le creature sono un'espressione della Parola di Dio. Questa Parola viva di Dio, presente in tutte le cose, brilla nelle tenebre. Le tenebre cercano di spegnerla, ma non ci riescono. La ricerca di Dio, sempre nuova, rinasce nel cuore umano. Nessuno riesce a coprirla. Non riusciamo per molto tempo a vivere senza Dio!
    ? Giovanni Battista venne per aiutare la gente a scoprire e gustare questa presenza luminosa e consolatrice della Parola di Dio nella vita. La testimonianza di Giovanni Battista è stata molto importante, così tanto che molta gente pensava che era lui il Cristo (Messia) (Atti 19,3; Gv 1,20). Per questo, il Prologo chiarisce dicendo: "Giovanni non era la luce! Venne per dare testimonianza alla luce!"
    ? Così come la Parola di Dio si manifesta nella natura, nella creazione, così pure si manifesta nel "mondo", cioè nella storia dell'umanità, in particolare, nella storia del popolo di Dio. Ma il "mondo" non riconobbe, né ricevette la Parola. "Venne fra la sua gente, ma i suoi non l'hanno accolto". Qui, quando dice gente, Giovanni vuole indicare il sistema sia dell'impero che della religione dell'epoca, ambedue rinchiusi in se stessi e, per questo, incapaci di riconoscere la Buona Notizia (Vangelo), la presenza luminosa della Parola di Dio.
    ? Ma le persone che si aprono accettando la Parola, diventano figli e figlie di Dio. La persona diventa figlio e figlia di Dio non per i propri meriti, né per appartenere alla razza di Israele, ma per il semplice fatto di aver fiducia e credere che Dio nella sua bontà, ci accetta e ci accoglie. La Parola di Dio entra nella persona e fa' che questa si senta accolta come un figlio, come una figlia da Dio. E' il potere della grazia di Dio.
    ? Dio non vuole rimanere lontano da noi. Per questo, la sua Parola, giunse ancora più vicino e si fece presente in mezzo a noi nella persona di Gesù. Il Prologo dice letteralmente: "E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi". Anticamente, nel tempo dell'esodo, nel deserto Dio viveva in una tenda in mezzo al popolo (Es 25,8). Ora la tenda in cui Dio abita con noi è Gesù, "pieno di grazia e di verità". Gesù venne a rivelare chi è questo nostro Dio, presente in tutto, fin dall'inizio della creazione.

    4) Per un confronto personale
    ? Tutto ciò che esiste è un'espressione della Parola di Dio, una rivelazione della sua presenza. Sono sufficientemente contemplativo per poter ricevere e sperimentare questa presenza universale della Parola di Dio?
    ? Cosa significa per me essere chiamato figlio di Dio?

    5) Preghiera finale
    Esultino davanti al Signore che viene,
    perché viene a giudicare la terra.
    Giudicherà il mondo con giustizia
    e con verità tutte le genti. (Sal 95)

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    Coordin.
    00 01/01/2012 08:40
    Gaetano Salvati
    La donna della pienezza

    Circondati dal clima del Natale, la liturgia di oggi medita la presenza di Dio nella storia dell'uomo, e sul ruolo sublime di Maria, Madre del Salvatore e donna della pienezza del tempo.
    La Prima lettura, tratta dal libro dei Numeri, riferisce che il nome divino, invocato per tre volte, assicura a Israele l'intervento di Dio che protegge e concede la pace (Nm 6,24-26). La benedizione del Signore è ripresa nel canto del Salmo: il credente ringrazia l'Altissimo che garantisce alle nazioni giustizia (Sal 66,5-8). Il popolo dell'Alleanza (Israele), quindi, è consapevole che il Signore accompagna i suoi passi, perché Egli volge verso di loro il Suo volto.
    San Paolo, nella seconda lettura, racconta che "quando venne la pienezza del tempo, Dio mandò il suo Figlio, nato da donna, nato sotto la legge" (Gal 4,4). Innanzitutto, per "pienezza", San Paolo non vuole intendere un determinato periodo storico, quanto piuttosto, una situazione favorevole che il Padre ha scelto per redimere l'uomo. Questo momento è raggiunto anche grazie al "fiat" di Maria al piano d'Amore di Dio verso di Lei e verso l'umanità. Il Verbo incarnato nel seno della donna di Nazaret è la rivelazione dell'Amore traboccante, completo, totale, di Dio verso ogni uomo: amore che realizza la riconciliazione e la pacificazione dell'umanità con Dio. In Gesù di Nazaret la storia umana diviene storia di salvezza, racconto dell'amorosa relazione fra Dio e l'uomo. Gesù, Dio come il Padre, facendosi uomo diviene sia il centro del tempo che l'inizio di una nuova direzione per la creatura redenta. Non una storia distrutta, ma riscritta e glorificata dalla sua Persona e dall'effusione dello Spirito "che grida in noi - suoi discepoli - Abbà" (Padre), orma della presenza della Santissima Trinità nella vita del cristiano: Dio Padre, infatti, inviando il Figlio, ha effuso negli unti in Cristo il dono dello Spirito.
    Qual è il ruolo di Maria di Nazaret in questo disegno altissimo della Trinità?
    Il Vangelo di Luca la proclama Madre del Figlio, Colei che ha accolto la voce dell'Angelo, e ha ricevuto lo Spirito. Lei è la donna della pienezza, perché ha obbedito, nella fede, al suo Signore. Obbedendo, è divenuta l'immagine della Trinità, cioè la Madre che ha concepito e partorito la pienezza della rivelazione di Dio all'uomo (Gesù). In Maria, la benedizione del Signore rivolta al popolo d'Israele tramite Mosè, si è fatta storia, realtà concreta, salvezza fondata dal Silenzio divino fattosi Parola eterna, che risuona, per lo Spirito, nei cuori di ogni pellegrino nel tempo. La Madre del nostro Salvatore è l'umile ancella che, come ai pastori giunti per adorare il Bambino, dà ristoro ai viandanti scossi e agitati dalle tempeste del mondo, mostrando loro il frutto perfetto dell'opera di salvezza: Cristo Gesù.
    Anche per questo motivo, il primo giorno dell'anno, la Chiesa contempla Maria quale porta aperta verso l'orizzonte infinito d'Amore, e affida tutta l'umanità alla Madre del Salvatore, la donna che dona la pace a coloro i quali, "senza indugio" (Lc 2,16), vanno alla ricerca del Figlio.
    Riusciremo a trovare il Signore imitando l'ospitalità della Madre: Lei, che ha accudito la Parola eterna fatta carne, invita il credente ad inchinarsi dinnanzi alla mangiatoie sparse per il mondo, cioè nei luoghi dove è tenace la sofferenza e l'aridità spirituale, per aiutare i fratelli bisognosi e confortare gli angustiati. Con la nostra testimonianza di trasformati in icone viventi della Trinità, accoglieremo quanti si sentono persi a causa della tribolazioni del mondo; e, contemporaneamente, contempleremo nei volti di questi viandanti nel tempo, il Volto del Bambino che muta ogni pena in gioia e pace. Amen.

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    Coordin.
    00 02/01/2012 09:21
    padre Lino Pedron


    Per comprendere bene la testimonianza di Giovanni Battista, bisogna chiarire cosa significa il termine "giudei". Nel linguaggio del Vangelo di Giovanni, essi sono i capi religiosi che entrano in polemica con Gesù, sono gli avversari di Gesù e di Giovanni Battista, sono i rappresentanti del mondo che non crede. Essi vanno distinti dagli "israeliti", che sono invece quelli che ascoltano la parola di Gesù (cfr Gv 1,47) e sono i "poveri di Dio", il "resto d'Israele" che attende il Messia.
    La delegazione, composta da persone autorevoli, come sacerdoti e leviti, pone al Battista la fondamentale domanda della sua identità: "Tu chi sei?". Giovanni confessa con schiettezza di non essere il Cristo, il Salvatore atteso da Israele.
    A questa prima risposta negativa seguono altre domande degli inviati: "Chi sei allora, sei Elia??Sei tu il profeta?" (v. 21). Il Battista risponde con prontezza e decisione anche a queste domande. Egli non è Elia o il Profeta, personaggi attesi per il tempo messianico.
    Il disorientamento dei suoi interlocutori è grande. Agli inviati, che ancora una volta cercano una spiegazione sulla sua identità, presenta se stesso con le parole di Isaia: "Voce di uno che grida nel deserto" (v. 23), e prepara la via al Cristo, vera salvezza.
    Egli è la voce che invita a ritornare nel deserto per preparare spiritualmente il cammino al Messia. Egli non richiama l'attenzione su di sé, ma su colui che sta per arrivare.
    I giudei, però, non sono soddisfatti delle sue risposte e gli domandano ancora: "Perché dunque battezzi, se tu non sei il Cristo, né Elia, né il Profeta?" (v. 24). Ed egli con la sua precisa risposta giustifica il suo operato e la sua missione: "Io battezzo con acqua" (v. 26). Giovanni pratica questo rito perché ogni uomo si disponga ad accogliere la rivelazione del salvatore d'Israele.
    La definitiva conferma che egli non è il Messia, Giovanni la dà ai suoi interlocutori dicendo che il Cristo è già presente in mezzo al popolo. Egli non accosta la sua persona a quella del Salvatore per fare un confronto, ma solo per mettere in risalto la grandezza e la dignità del Cristo. La sua vita ha dimensioni di eternità e Giovanni non è degno di rendergli il più umile dei servizi, come quello di slacciare i sandali, che pure era un compito riservato agli schiavi.
    La subordinazione del Battista a Gesù è totale. Con la parola e con la vita egli offre al Messia una testimonianza che cerca di suscitare la fede di tutti verso il grande sconosciuto che vive tra gli uomini e che essi non conoscono. La sua umiltà e la sua fedeltà sono esemplari: egli allontana sempre più l'attenzione e lo sguardo da sé per orientare tutti verso il suo Signore.

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    Coordin.
    00 03/01/2012 11:41
    a cura dei Carmelitani
    Commento Giovanni 1,29-34

    1) Preghiera

    O Dio, tu hai voluto che l'umanità del Salvatore,
    nella sua mirabile nascita dalla Vergine Maria,
    non fosse sottoposta alla comune eredità dei nostri padri;
    fa' che liberati dal contagio dell'antico male
    possiamo anche noi far parte
    della nuova creazione,
    iniziata da Cristo tuo Figlio.
    Egli è Dio, e vive e regna con te...

    2) Lettura del Vangelo

    Dal Vangelo secondo Giovanni 1,29-34
    Il giorno dopo, Giovanni vedendo Gesù venire verso di lui disse: "Ecco l'agnello di Dio, ecco colui che toglie il peccato del mondo! Ecco colui del quale io dissi: Dopo di me viene un uomo che mi è passato avanti, perché era prima di me. Io non lo conoscevo, ma sono venuto a battezzare con acqua perché egli fosse fatto conoscere a Israele".
    Giovanni rese testimonianza dicendo: "Ho visto lo Spirito scendere come una colomba dal cielo e posarsi su di lui. Io non lo conoscevo, ma chi mi ha inviato a battezzare con acqua, mi aveva detto: "L'uomo sul quale vedrai scendere e rimanere lo Spirito è colui che battezza in Spirito Santo. E io ho visto e ho reso testimonianza che questi è il Figlio di Dio".

    3) Riflessione

    ? Nel Vangelo di Giovanni la storia ed il simbolo si uniscono insieme. Nel testo di oggi, il simbolismo consiste soprattutto nelle evocazioni di testi conosciuti dell'Antico Testamento che rivelano qualcosa riguardo l'identità di Gesù di Nazaret. In questi pochi versi (Gv 1,29-34) esistono le seguenti espressioni con densità simbolica: a) Agnello di Dio; b) Togliere il peccato del mondo; c) Esisteva prima di me; d) La discesa dello Spirito sotto forma di una colomba; e) Figlio di Dio.
    a) Agnello di Dio. Questo titolo evocava il ricordo dell'esodo. La notte della prima Pasqua, il sangue dell'Agnello Pasquale, con cui si macchiavano le porte delle case, era per la gente segno di liberazione (Es 12,13-14). Per i primi cristiani Gesù è il nuovo Agnello Pasquale che libera il suo popolo (1Cor 5,7; 1Pt 1,19; Ap 5,6.9).
    b) Togliere il peccato del mondo. Evoca una frase molto bella della profezia di Geremia: "Nessuno più avrà bisogno di insegnare al suo prossimo o ai suoi fratelli: "Riconoscerete il Signore, perché tutti mi conosceranno, dal più piccolo al più grande, dice il Signore; poiché io perdonerò la loro iniquità e non mi ricorderò più del loro peccato." (Ger 31,34).
    c) Esisteva prima di me. Evoca diversi testi dei libri sapienziali, in cui si parla della Saggezza di Dio che esisteva prima di tutte le altre creature e che era accanto a Dio, quale maestro dell'opera nella creazione dell'universo e che, alla fine, fissò la sua dimora in mezzo al popolo di Dio (Pro 8,22-31; Eccle 24,1-11).
    d) Discesa dello Spirito sotto forma di una colomba. Evoca l'azione creatrice dove viene detto che "lo spirito di Dio aleggiava sulle acque" (Gen 1,2). Il testo della Genesi suggerisce l'immagine di un uccello che vola sul nido. Immagine della nuova creazione in movimento grazie all'azione di Gesù.
    e) Figlio di Dio: è il titolo che riassume tutti gli altri. Il miglior commento di questo titolo è la spiegazione di Gesù stesso: "Gli risposero i Giudei: «Non ti lapidiamo per un'opera buona, ma per la bestemmia e perché tu, che sei uomo, ti fai Dio». Rispose loro Gesù: «Non è forse scritto nella vostra Legge: Io ho detto: voi siete dèi? Ora, se essa ha chiamato dei coloro ai quali fu rivolta la parola di Dio (e la Scrittura non può essere annullata), a colui che il Padre ha consacrato e mandato nel mondo, voi dite: Tu bestemmi, perché ho detto: Sono Figlio di Dio? Se non compio le opere del Padre mio, non credetemi; ma se le compio, anche se non volete credere a me, credete almeno alle opere, perché sappiate e conosciate che il Padre è in me e io nel Padre.»" (Gv 10,33-38)

    4) Per un confronto personale

    ? Gesù ha offerto se stesso, completamente, per tutta l'umanità, ed io cosa posso offrire per aiutare il mio prossimo?
    ? Anche noi abbiamo ricevuto lo Spirito Santo. Quanto sono conscio che sono il suo tempio?

    5) Preghiera finale

    Cantate al Signore un canto nuovo,
    perché ha compiuto prodigi.
    Gli ha dato vittoria la sua destra
    e il suo braccio santo. (Sal 97)

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    00 04/01/2012 08:25
    padre Lino Pedron


    Chi legge il vangelo di Giovanni rimane colpito fin dall'inizio dal mistero della persona di Gesù e della sua grande umanità, che colma e soddisfa le aspirazioni fondamentali dell'uomo. Gesù, come ogni uomo, è conoscibile soprattutto dalle relazioni che si instaurano con lui e dal rapporto che egli ha con la singola persona.
    Il brano di oggi mette in luce il rapporto tra Gesù e i primi discepoli. Il testo presenta il fatto storico della loro chiamata e il messaggio teologico sulla fede che porta a seguire Gesù.
    Giovanni vuole offrire ai suoi lettori i tratti caratteristici dell'essere discepolo, cioè la fede come esperienza vissuta nell'incontro e nell'adesione alla persona del Cristo. Gesù è il Rivelatore che il discepolo accoglie nella fede (cfr Gv 1,12; 20,29-31).
    Il Battista vede Gesù che cammina e, penetrando nell'intimo del cuore del Signore, lo indica ai suoi. La sua missione di precursore sta ormai per finire. Quando arriva lo sposo, l'amico delle sposo si deve ritirare (cfr Gv 3,29-30). Il passaggio di Gesù indica al Battista che per lui è arrivata l'ora di fermarsi per lasciare il posto al Cristo.
    I due discepoli del Battista diventano discepoli di Gesù e si assumono anch'essi il compito di rendergli testimonianza, camminando dietro a lui. Essi rappresentano il passaggio dall'epoca dell'Antico Testamento, che ha il suo vertice e compimento nel Battista, al Nuovo Testamento, dove il regno di Dio arriva con Gesù.
    Le prime parole che Gesù pronuncia nel vangelo di Giovanni sono la prima e fondamentale domanda che è rivolta ad ogni uomo che intenda seguire il Cristo: "Che cercate?" (v. 38; cfr 18,4; 20,15). Sono un invito per il discepolo a chiarire a se stesso che cosa cerca realmente nella vita.
    Con questa semplice domanda, Gesù scava nel cuore degli uomini, fa appello ai loro profondi desideri e fa emergere i loro pensieri più veri. Gesù bisogna cercarlo, perché egli si concede solo a chi lo cerca impegnando tutto se stesso.
    Il venire a Gesù, il vedere dove sta per rimanere con lui sono espressioni che contengono l'invito a fare una diretta esperienza personale con lui e descrivono un vero cammino di fede. E' essenziale sapere dove Gesù "vive", perché là dove Gesù è a casa sua, anche il discepolo troverà la propria dimora. Il "luogo" dove sta Gesù è il Padre (cfr Gv 1,18; 12,45; 14,3-9; 17,6-11).
    Anche il discepolo deve collocarsi a partire da questo luogo (cfr Gv 12,26); deve "dimorare" presso Gesù. L'uso del verbo "dimorare" nel vangelo di Giovanni indica la condizione essenziale per entrare gradualmente nel mistero di Cristo. L'incontro dei primi discepoli con Gesù è decisivo e avvia una presenza durevole, indicata dall'ora decima, che è "l'ora perfetta della storia del mondo" (cfr Filone, Vita di Mosè 1,96), l'ora del compimento, in cui si conclude la ricerca dei discepoli: l'incontro con Gesù.
    I discepoli ora seguono Gesù non per impulso di altri, ma perché affascinati da un'esperienza personale. Da questo momento, essi incominciano a chiamare altri a seguirlo. Il loro annuncio è la comunicazione di una certezza: Gesù è il Messia. Ogni chiamata riproduce sempre il loro itinerario spirituale di vita: annuncio, conoscenza ed esperienza diretta di Gesù. Così Andrea si fa guida del fratello Simone verso Gesù. Egli, prima testimonia la sua fede, comunicando l'esperienza avuta con il Messia, poi stimola il fratello a vivere in prima persona l'esperienza che lui ha vissuto.
    Lo sguardo con cui il Maestro accoglie Simone è così profondo che basta a capovolgerne la vita. Simone riceve il nome di Pietro dalla "Pietra spirituale" che è Cristo (cfr 1Cor 10,4).

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    00 05/01/2012 15:33
    a cura dei Carmelitani
    Commento Giovanni 1,43-51

    1) Preghiera

    O Dio, che nella nascita del tuo unico Figlio
    hai dato mirabile principio alla nostra redenzione,
    rafforza la fede del tuo popolo,
    perché sotto la guida del Cristo
    giunga alla meta della gloria eterna.
    Egli è Dio, e vive e regna con te...

    2) Lettura del Vangelo

    Dal Vangelo secondo Giovanni 1,43-51
    In quel tempo, Gesù aveva stabilito di partire per la Galilea; incontrò Filippo e gli disse: "Seguimi". Filippo era di Betsaida, la città di Andrea e di Pietro.
    Filippo incontrò Natanaele e gli disse: "Abbiamo trovato colui del quale hanno scritto Mosè nella Legge e i Profeti, Gesù, figlio di Giuseppe di Nazaret". Natanaele esclamò; "Da Nazaret può mai venire qualcosa di buono?". Filippo gli rispose: "Vieni e vedi".
    Gesù intanto, visto Natanaele che gli veniva incontro, disse di lui: "Ecco davvero un Israelita in cui non c'è falsità". Natanaele gli domandò: "Come mi conosci?". Gli rispose Gesù: "Prima che Filippo ti chiamasse, io ti ho visto quando eri sotto il fico". Gli replicò Natanaele: "Rabbi, tu sei il Figlio di Dio, tu sei il re d'Israele!". Gli rispose Gesù: "Perché ti ho detto che ti avevo visto sotto il fico, credi? Vedrai cose maggiori di queste!".
    Poi gli disse: "In verità, in verità vi dico: vedrete il cielo aperto e gli angeli di Dio salire e scendere sul Figlio dell'uomo".

    3) Riflessione

    ? Gesù ritornò a Galilea. Incontrò Filippo e lo chiamò dicendogli: "Seguimi!" Lo scopo della chiamata è sempre lo stesso: "seguire Gesù". I primi cristiani cercarono di conservare i nomi dei primi discepoli, e di alcuni conservarono perfino il cognome ed il nome del luogo di origini. Filippo, Andrea e Pietro erano di Betsaida (Gv 1,44). Natanaele era di Cana. Oggi molti dimenticano i nomi delle persone che erano all'origine della loro comunità. Ricordare i nomi è un modo di conservare l'identità.
    ? Filippo incontra Natanaele e parla con lui di Gesù: "Abbiamo trovato colui del quale hanno scritto Mosè nella Legge e i Profeti, Gesù, figlio di Giuseppe di Nazaret." Gesù è colui a cui si riferisce tutta la storia dell'Antico Testamento.
    ? Natanaele chiede: "Da Nazaret può mai uscire qualcosa di buono?" Probabilmente, nella sua domanda spunta anche la rivalità che esisteva tra i piccoli villaggi della stessa regione: Cane e Nazaret. Inoltre, secondo l'insegnamento ufficiale degli scribi, il Messia sarebbe venuto da Betlemme, in Giudea. Non poteva venire da Nazaret in Galilea (Gv 7,41-42). Andrea da la stessa risposta che Gesù aveva dato agli altri due discepoli: "Venite e vedete voi stessi!" Non è imponendo, bensì vedendo che le persone si convincono. Di nuovo lo stesso cammino: incontrare, sperimentare, condividere, testimoniare, condurre verso Gesù!
    ? Gesù vede Natanaele e dice: "Ecco un Israelita autentico, in cui non c'è inganno". Ed afferma che già lo conosceva quando era sotto il fico. Come poteva essere Natanaele un "israelita autentico" se non accettava Gesù in qualità di Messia? Natanaele "era sotto il fico". Il fico era il simbolo di Israele (cf. Mi 4,4; Zc 3,10; 1Re 5,5). Israelita autentico è colui che sa disfarsi delle sue proprie idee quando percepisce che non concordano con il progetto di Dio. L'israelita che non è disposto ad operare questa conversione non è né autentico, né onesto. Natanaele è autentico. Lui aspettava il messia secondo l'insegnamento ufficiale dell'epoca. (Gv 7,41-42.52). Per questo, all'inizio, non accettava un messia venuto da Nazaret. Ma l'incontro con Gesù lo aiutò a capire che il progetto di Dio non sempre è come la gente immagina o desidera che sia. Lui riconosce il suo inganno, cambia idea, accetta Gesù come messia e confessa: "Maestro, tu sei il Figlio di Dio: tu sei il re di Israele!" La confessione di Natanaele è appena l'inizio: Chi sarà fedele, vedrà il cielo aperto e gli angeli salire e scendere sopra il Figlio dell'uomo. Sperimenterà che Gesù è il nuovo legame tra Dio e noi, esseri umani. E' il sogno di Giacobbe divenuto realtà (Gen 28,10-22).

    4) Per un confronto personale

    ? Qual è il titolo di Gesù che più ti piace? Perché?
    ? Hai avuto un intermediario tra te e Gesù?

    5) Preghiera finale

    Buono è il Signore,
    eterna la sua misericordia,
    la sua fedeltà per ogni generazione. (Sal 99)

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    00 06/01/2012 16:02
    Commento su Mt 2,1-12

    I Magi dell'Epifania nella tradizione popolare sono diventati "re" e "tre" per i doni che offrirono. Rappresentano anche i tre figli di Noè, ossia tutta l'umanità. Oggi le loro reliquie si trovano a K-ln in Germania, frutto del bottino che il Barbarossa sottrasse a Milano nel 1164. I magi erano gli appartenenti alla casta sacerdotale della Persia, l'odierno Iran. Più tardi, con questo nome furono designati i teologi, i filosofi e gli scienziati orientali. Essi con il loro viaggio a Betlemme anticipano e preannunciano la venuta dei popoli pagani al Vangelo. Matteo vuole associare i pagani, fin dall'inizio della vita di Gesù, al regno universale di Dio. Gesù è la luce che illumina i popoli; è la sapienza che sorpassa quella di Salomone e attira a sé tutti i re e i sapienti della terra.

    È bella la loro ricerca guidati dalla stella. Si fanno aiutare dalle scritture. Come i pastori erano segno di quelli che, nel popolo d'Israele, avevano custodito l'attesa messianica, così i magi rappresentano i lontani, le genti, compresi coloro che, poveri delle Scritture, si lasciano guidare dalla conoscenza e vera sapienza ai segni che conducono al bambino e a Maria, sua madre.

    Nell'atteggiamento di Erode c'è il dramma dell'indurimento interiore di quella parte di Israele che avrebbe dovuto custodire la fede dei padri e che invece raggiunge i pastori, umili sentinelle nella notte e questi saggi venuti da lontano. Per Erode la domanda dei Magi è motivo di spavento, per i lontani, invece, è motivo di riavvicinamento, di incontro con il Figlio di Dio.

    La stella li precede, li conduce avanti, quasi portandoli per mano! La stella è lo Spirito che sta davanti e accompagna. Lo Spirito Santo è il Dio dei lontani che si fanno vicini. La stella, come lo Spirito, compie il suo compito finché giunge e si ferma "sopra il luogo dove si trovava il bambino". 

    La stella porta anche alla Madre perché i magi, entrati nella casa, "videro il bambino con Maria sua madre, si prostrarono e lo adorarono". Solo la visione del Bambino con la Madre porta all'adorazione, alla pienezza di comunione, l'obiettivo di tutto il grande viaggio della fede. L'adorazione che non è umiliazione, ma incontro tra la Santità di Dio e l'umile condizione umana.

    Commento a cura di don Angelo Sceppacerca

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    00 07/01/2012 09:26
    padre Lino Pedron


    Matteo vede il trasferimento di Gesù da Nazaret a Cafarnao come realizzazione di Is 8,23-24 e quindi come volontà di Dio.
    Isaia aveva annunciato il passaggio da un tempo di oppressione a un tempo di salvezza. Il tempo della sventura ricorda probabilmente la conquista dei territori del nord, abitati da tribù del popolo d'Israele, da parte del re assiro Tiglat-Pileser (cfr 2Re 15,29) nel 734 a.C. Questa invasione portò a una notevole fusione della popolazione ebraica con i pagani. Per questo il territorio fu chiamato "provincia dei pagani" (Galìl haggojìm) da cui è derivato il nome di Galilea.
    Sia in Mt 4,5 sia in 12,18-21 la salvezza dei pagani è presentata con una citazione di Isaia, perché la salvezza universale è l'adempimento di una promessa dell'Antico Testamento. La luce è simbolo della presenza di Dio che salva. Essa sconfigge le tenebre della perdizione e della morte.
    Il v 17 è un breve sommario che riguarda la proclamazione del regno dei cieli. Non è data alcuna indicazione precisa né del luogo né degli ascoltatori per indicare che questo annuncio è rivolto a tutti gli uomini di tutti i tempi e di tutti i luoghi. Da questo momento la proclamazione del regno dei cieli non cesserà più. Essa continuerà nella predicazione dei discepoli che sono inviati a diffondere il vangelo del regno in tutto il mondo (Mt 24,14; 26,13). D'ora in avanti è per tutti tempo di decisione e di conversione.
    La conversione è il punto di partenza della vita cristiana: i racconti di chiamata che seguono devono essere letti come esempi di ciò che la conversione può esigere dall'uomo. La conversione al regno dei cieli si realizza nel seguire Gesù e nell'entrare nella comunità dei discepoli che si stanno raccogliendo attorno a lui.
    Le folle che seguono Gesù formano l'uditorio del discorso della montagna che segue nei cap. 5-7. Matteo ci presenta Gesù come il primo missionario e l'esempio di tutti i futuri missionari. In lui parola e azione procedono insieme. Il suo annuncio riguarda sempre il regno dei cieli, ossia ciò che Dio ha fatto e farà per la salvezza degli uomini.
    L'attività intensa svolta da Gesù in Galilea consegue un triplice risultato: la sua fama si diffonde, la gente porta a lui i suoi malati, affluiscono grandi folle. Tutta la miseria del suo popolo sta lì davanti a lui ed egli offre la sua salvezza a tutti i bisognosi.
    L'annuncio del vangelo del regno dei cieli è soprattutto a favore dei poveri e dei sofferenti. Gesù si impegna totalmente nella liberazione dell'uomo da tutte le sue miserie.

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    00 09/01/2012 08:07
    a cura dei Carmelitani
    Commento Marco 1,14-20

    1) Preghiera

    Ispira nella tua paterna bontà, o Signore,
    i pensieri e i propositi del tuo popolo in preghiera,
    perché veda ciò che deve fare
    e abbia la forza di compiere ciò che ha veduto.
    Per il nostro Signore Gesù Cristo... 




    2) Lettura

    Dal Vangelo secondo Marco 1,14-20
    Dopo che Giovanni fu arrestato, Gesù si recò nella Galilea predicando il vangelo di Dio e diceva: Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino; convertitevi e credete al vangelo.
    Passando lungo il mare della Galilea, vide Simone e Andrea, fratello di Simone, mentre gettavano le reti in mare; erano infatti pescatori. Gesù disse loro: Seguitemi, vi farò diventare pescatori di uomini. E subito, lasciate le reti, lo seguirono.
    Andando un poco oltre, vide sulla barca anche Giacomo di Zebedeo e Giovanni suo fratello mentre riassettavano le reti. Li chiamò. Ed essi, lasciato il loro padre Zebedeo sulla barca con i garzoni, lo seguirono.



    3) Riflessione

     Dopo l?arresto di Giovanni, Gesù si recò nella Galilea predicando il vangelo di Dio. Giovanni fu arrestato dal re Erode per aver denunciato il comportamento immorale del re (Lc 3,18-20). La prigione di Giovanni Battista non impaurì Gesù! Anzi! Vide in essa un simbolo della venuta del Regno. Ed oggi, sarà che sappiamo leggere i fatti della politica e della violenza urbana per annunciare la Buona Novella di Dio
     Gesù proclamava la Buona Novella di Dio. La Buona Novella è di Dio non solo perché viene da Dio, ma anche e sopratutto perché Dio è il suo contenuto. Dio, lui stesso, è la maggiore Buona Novella per la vita umana. Lui risponde all?aspirazione più profonda del nostro cuore. In Gesù appare ciò che avviene quando un essere umano lascia entrare e regnare Dio. Questa Buona Novella del Regno di Dio annunciata da Gesù ha quattro aspetti:
    a) Il tempo è compiuto! Per gli altri giudei il tempo non si era ancora compiuto. Mancava molto per la venuta del Regno. Per i farisei, per esempio, il Regno poteva giungere solo quando l'osservanza della Legge fosse perfetta. Gesù aveva un altro modo di leggere i fatti. Lui dice che il tempo è compiuto.
    b) Il Regno di Dio è vicino! Per i farisei la venuta del Regno dipendeva dal loro sforzo. Sarebbe giunto solo dopo che loro avessero osservato la legge. Gesù dice il contrario: Il Regno è vicino. E' già qui! Indipendentemente dallo sforzo compiuto! Quando Gesù dice: Il Regno è vicino, non vuol dire che il regno sta giungendo solo in quel momento, ma che già era lì. Ciò che tutti aspettavano, era già presente nella loro vita, e loro non lo sapevano, non lo percepivano (cf. Lc 17,21). Gesù lo percepì! Poiché lui leggeva la realtà con uno sguardo differente. Ed è in questa presenza nascosta del Regno in mezzo alla gente che Gesù si rivela ai poveri della sua terra. Ed è questo il seme del Regno che riceverà la pioggia della sua parola ed il calore del suo amore.
    c) Convertitevi! Il significato esatto è cambiare il modo di pensare e di vivere. Per poter percepire la presenza del Regno nella vita, la persona dovrà cominciare a pensare ed a vivere in modo diverso. Dovrà cambiare vita e trovare un'altra forma di convivenza! Dovrà lasciare da parte il legalismo dell insegnamento del fariseo e permettere che la nuova esperienza di Dio invada la sua vita e gli dia uno sguardo nuovo per leggere e capire i fatti.d)Credete nella Buona Notizia! Non era facile accettare questo messaggio. Non è facile per noi cominciare a pensare in modo diverso da tutto ciò che abbiamo imparato, fin da piccoli. Questo è possibile solo mediante un atto di fede. Quando qualcuno porta una notizia diversa, è difficile accettarla, e si accetta solo se la persona che reca la notizia gode della nostra fiducia. E così tu dirai agli altri: Puoi accettare! Io conosco la persona! Non inganna! Ti puoi fidare! Di Gesù ci si può fidare!
    Il primo obiettivo dell?annuncio della Buona Novella è quello di formare comunità. Gesù passa, guarda e chiama. I primi quattro chiamati, Simone, Andrea, Giovanni e Giacomo, ascoltano, lasciano tutto e seguono Gesù per formare comunità con lui. Sembra amore a prima vista! Secondo la narrazione di Marco, tutto avvenne poi nel primo incontro con Gesù. Paragonando con gli altri vangeli, la gente percepisce che i quattro già conoscevano Gesù (Gv 1,39; Lc 5,1-11). Ebbero già l'opportunità di convivere con lui, di vederlo aiutare la gente e di ascoltarlo nella sinagoga. Sapevano come lui viveva e ciò che pensava. La chiamata non è stata una cosa di un solo momento, ma è questione di ripetute chiamate ed inviti, di progressi e regressi. La chiamata inizia e ricomincia sempre di nuovo! In pratica, coincide con la convivenza di due tre anni con Gesù, fin dal battesimo fino al momento in cui Gesù fu innalzato al cielo (At 1,21-22). E allora perché Marco lo presenta come un fatto repentino d?amore a prima vista? Marco pensa all?ideale: l'incontro con Gesù deve provocare una mutazione radicale nella nostra vita!

    4) Per un confronto personale

     Un fatto politico, la prigione di Giovanni, portò Gesù ad iniziare l annuncio della Buona Novella di Dio. Oggi, i fatti della politica e della polizia influiscono sull annuncio che facciamo della Buona Novella alla gente?
    Convertitevi! Credete alla Buona Novella!? Come sta avvenendo questo nella mia vita? 




    5) Preghiera finale

    Tu sei, Signore,
    l Altissimo su tutta la terra,
    tu sei eccelso sopra tutti gli dei. 
    (Sal 96)

    [Modificato da Coordin. 09/01/2012 08:14]
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    Coordin.
    00 10/01/2012 08:18
    Comanda persino agli spiriti impuri e gli obbediscono!

    L'insegnamento è l'opera primaria, fondamentale, essenziale, costitutiva della missione di Gesù. Il suo però non è fatto solo di parole sempre vere, sempre conformi alla volontà del Padre suo, è anche fatto di opere, azioni, comportamenti, relazioni.
    Ogni uomo è composto di mente, cuore, volontà, mani, piedi, rapporti infiniti. Gesù porta nella verità del Padre tutto intero il suo corpo. Ogni parte di esso rivela e manifesta tutta la volontà di Dio, la sua divina carità, il suo amore, la sua pietà, la sua onnipotenza. Non esiste una sola parte del corpo di Cristo che non sia manifestazione di Dio che è verità, carità, sapienza, intelletto, misericordia, compassione, pietà, ogni altra virtù. Il corpo di Cristo possiamo definirlo come un grande schermo: su di esso veniva proiettato ogni giorno il mistero onnipotente e indicibile del Padre.
    L'uomo non può mai comprendere Dio. In Cristo Gesù Lo può però vedere in azione, all'opera, mentre parla, dialoga, agisce, consiglia, ammaestra, insegna, risponde, interroga, cammina, soffre, ha fame, sete, sente e avverte la cattiveria dell'uomo, la sua malvagità, insensatezza, invidia, superbia, ogni altro peccato. Gesù è la manifestazione concreta, corporale, di tutta la santità di Dio. Questo è il suo insegnamento. Questa eredità Lui ha anche lasciato ai suoi discepoli: essere la presenza sulla terra della santità di Dio, della sua grazia e onnipotenza, verità e sapienza, carità e amore, giustizia e compassione, pietà e misericordia.
    La folla vede e fa la differenza. Quella di Gesù non è una parola semplicemente detta. È parola onnipotente, capace di liberare, sanare, comandare anche agli spiriti immondi e questi devono sparire, fuggire, lasciare la loro preda. È questa l'autorità di Gesù: la sua forza irresistibile nel bene. Niente è sopra di Lui. Tutto è sotto di Lui. Tutto da Dio è stato messo ai suoi piedi. L'universo intero si fa obbediente ad ogni suo comando. Dio lo ha reso partecipe di tutta la sua divina ed eterna onnipotenza.
    Fare la differenza è essenziale perché possa nascere la fede in un cuore. La differenza dice diversità. La diversità rivela ciò che è buono e ciò che è meno buono, ciò che è giusto, meno giusto, peccaminoso, ciò che è santo e ciò che santo non è, ciò che è parola inutile, vana, oziosa e ciò che invece è parola efficace, potente, onnipotente. Se il cristiano non si appropria della "pesante eredità" che Gesù gli ha lasciato e cioè che tutto il suo corpo è lo schermo in cui scorre quotidianamente l'immagine e la verità del suo Dio, il mondo rimarrà sempre nel suo relativismo. Non potrà essere se non così. Non vede la differenza, perché noi non siamo la differenza, non la facciamo, a causa del nostro corpo che è in tutto simile al corpo degli altri non cristiani e non credenti. La nostra forza è il corpo. È il corpo che rivela e manifesta Dio. È il corpo che lo rende visibile al mondo intero. È il corpo la via della fede. È il corpo lo strumento della verità.
    Vergine Maria, Madre della Redenzione, facci santi, perfetti nel nostro corpo. Esso è la via per la conoscenza di Dio. Angeli e Santi, venite in nostro aiuto.

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    Coordin.
    00 11/01/2012 08:41
    a cura dei Carmelitani


    1) Preghiera

    Ispira nella tua paterna bontà, o Signore,
    i pensieri e i propositi del tuo popolo in preghiera,
    perché veda ciò che deve fare
    e abbia la forza di compiere ciò che ha veduto.
    Per il nostro Signore Gesù Cristo... 




    2) Lettura

    Dal Vangelo secondo Marco 1,29-39
    In quel tempo, Gesù uscito dalla sinagoga, si recò subito in casa di Simone e di Andrea, in compagnia di Giacomo e di Giovanni. La suocera di Simone era a letto con la febbre e subito gli parlarono di lei. Egli, accostatosi, la sollevò prendendola per mano; la febbre la lasciò ed essa si mise a servirli.
    Venuta la sera, dopo il tramonto del sole, gli portavano tutti i malati e gli indemoniati. Tutta la città era riunita davanti alla porta.
    Guarì molti che erano afflitti da varie malattie e scacciò molti demoni; ma non permetteva ai demoni di parlare, perché lo conoscevano.
    Al mattino si alzò quando ancora era buio e, uscito di casa, si ritirò in un luogo deserto e là pregava.
    Ma Simone e quelli che erano con lui si misero sulle sue tracce e, trovatolo, gli dissero: ?Tutti ti cercano!?. Egli disse loro: ?Andiamocene altrove per i villaggi vicini, perché io predichi anche là; per questo infatti sono venuto!?
    E andò per tutta la Galilea, predicando nelle loro sinagoghe e scacciando i demoni.



    3) Riflessione

    Gesù restaura la vita per il servizio. Dopo aver partecipato alla celebrazione del sabato nella sinagoga, Gesù entra in casa di Pietro e guarisce sua suocera. La guarigione fa sì che lei si alzi in piedi e, con la salute e la dignità recuperate, comincia a servire le persone. Gesù non solo guarisce la persona, ma fa anche in modo che questa si metta al servizio della vita.
    Gesù accoglie gli emarginati. Quando comincia ad imbrunire, il pomeriggio, terminato il sabato, quando spunta nel cielo la prima stella, Gesù accoglie e guarisce i malati ed i posseduti che la gente gli aveva portato. I malati ed i posseduti erano le persone più emarginate in quell?epoca. Non avevano nessuno a cui ricorrere. Dipendevano dalla carità pubblica. Oltre a questo, la religione le considerava impure. Non potevano partecipare alla comunità. Era come se Dio le rifiutasse e le escludesse. Gesù le accoglie. Ecco quindi che appare chiaro in cosa consiste la Buona Novella di Dio e ciò che vuole fare nella vita della gente: accogliere gli emarginati e gli esclusi, ed inserirli di nuovo nella convivenza della comunità.
    Rimanere uniti al Padre, mediante la preghiera. Gesù ci viene presentato mentre prega. Compie un grande sforzo per avere il tempo e l?ambiente adeguato per pregare. Si alza prima degli altri e si reca in un luogo deserto, per poter stare solo con Dio. Molte volte i vangeli ci parlano della preghiera di Gesù, in silenzio (Mt 14,22-23; Mc 1,35; Lc 5,15-16; 3,21-22). Attraverso la preghiera mantiene viva la coscienza della sua missione.
    Mantenere viva la coscienza della missione e non rinchiudersi nel risultato già ottenuto.Gesù è conosciuto. Tutti vanno dietro a lui. Questa pubblicità piace ai discepoli. Vanno a cercare Gesù per riportarlo di nuovo dalla gente che lo cercava, e gli dicono: Tutti ti cercano. Pensavano che Gesù sarebbe andato al banchetto. Rimangono delusi! Gesù non fa caso e dice loro: Andiamocene altrove. E? per questo infatti che sono venuto! Sicuramente saranno rimasti meravigliati! Gesù non era come loro se lo immaginavano. Gesù aveva una coscienza molto chiara della sua missione e voleva trasmetterla ai discepoli. Non vuole che si chiudano nel risultato già ottenuto. Non devono guardare indietro. Ma devono mantenere viva, come fa Gesù, la coscienza della loro missione. E? la missione ricevuta dal Padre, che deve orientare le loro decisioni.
    E? per questo infatti che sono venuto! Questo fu il primo malinteso tra Gesù ed i suoi discepoli. Per il momento, si tratta solo di una piccola divergenza. Più avanti, nel vangelo di Marco, questo malinteso, malgrado le molte avvertenze di Gesù, crescerà e arriverà ad essere quasi una rottura tra Gesù ed i discepoli (cf. Mc 8,14-21.32-33; 9,32;14,27). Anche oggi ci sono malintesi sul cammino dell?annuncio della Buona Novella. Marco aiuta a fare attenzione alle divergenze, per non permettere che crescano fino alla rottura.



    4) Per un confronto personale

    ? Gesù non è venuto per essere servito, ma per servire. La suocera di Pietro comincia a servire. Ed io, faccio in modo che la mia vita sia un servizio a Dio ed ai miei fratelli ed alle mie sorelle?
    ? Gesù ha coscienza della sua missione mediante la preghiera. E la mia preghiera? 




    5) Preghiera finale

    Lodate il Signore e invocate il suo nome,
    proclamate tra i popoli le sue opere.
    Cantate a lui canti di gioia,
    meditate tutti i suoi prodigi.

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    Coordin.
    00 12/01/2012 08:15
    Movimento Apostolico - rito romano
    Lo voglio, sii purificato!

    Oggi si incontrano la santità di Gesù e la lebbra dell'uomo. In natura è la lebbra che contagia chi è sano. Per questo il lebbroso doveva sempre stare a distanza e avvisare della sua impurità, in modo che nessuno venisse a contatto con lui. Era una disposizione di grande carità. La lebbra era a quei tempi malattia difficile, quasi sempre incurabile. Non vi era alcuna medicina efficace. L'unico rimedio era quello di impedire ogni contatto. Amare è anche evitare, prevenire, quando non si può curare.
    Gesù è il Santo di Dio. La sua "malattia divina che è la santità" è più forte di qualsiasi malattia della terra. Chi viene a contatto con la santità di Gesù, da essa viene contagiato, guarito, sanato, purificato, mondato. Anche i morti a contatto con la santità di Gesù risuscitano e riprendono la loro vita. Questa è la forza della santità. Per questo al cristiano niente è più necessario della santità. Un discepolo di Gesù che si fa santo, che nella santità cresce, diviene la salvezza del mondo, perché si fa guarigione per ogni peccato, vizio, imperfezione. La santità è anche lo strumento della conversione.
    Gesù però non è venuto per sanare i corpi. Lo fa anche, ma solo come segno, attestazione, testimonianza che il Regno di Dio è presente nel seno dell'umanità. Lui è venuto per guarire il cuore dell'uomo, il suo spirito, la sua anima. È venuto per mostrare visibilmente all'uomo e per dirgli udibilmente tutta la volontà del Padre, dalla quale è ogni vita, anche quella dei corpi e non solo quella delle anime. Il miracolo del corpo lo fa anche, ma per compassione, pietà, grande carità. Non vuole però che gli uomini vadano a Lui solo per il corpo, dimenticandosi dell'anima e dello spirito.
    La carità di Gesù è grande, la sua pietà è infinita, la sua misericordia estesa quanto i cieli. Guarisce il lebbroso, gli comanda però che nessuno venga a saperlo. Che la cosa rimanga tra loro due soli. Invece il lebbroso sanato se ne va e diffonde la notizia in tutta la regione .Qual è l'effetto di questa testimonianza? Gesù non può più entrare pubblicamente in nessuna città. Tutto il mondo della malattia e della sofferenza corre dietro di Lui. Deve rimanere in luogo deserti, isolati. Ma anche qui, accorrono da ogni parte. Quasi sempre vengono però per la sola guarigione del corpo.
    Gesù si dispiace di questo uso improprio della sua santità. Questa non deve solo servire per sanare i corpi, molto di più deve essere usata per guarire l'anima e lo spirito. Solo che la malattia del corpo tutti la vedono e avvertono i limiti da essa imposti. Quella dell'anima e dello spirito nessuno la vede. Per questo occorre la parola della rivelazione, quella luce divina che ci mette dinanzi agli occhi la nostra malattia spirituale, in modo che noi chiediamo al Signore la sua immediata e pronta guarigione. È la malattia dell'anima la vera tristezza, il vero limite dell'umanità. Oggi questa malattia è divenuta un vero cancro letale e tuttavia tutti la ignorano e fingono che essa non ci sia. Addirittura si trovano per essa rimedi di vera stoltezza ed insipienza, tanto grande è la nostra cecità morale, spirituale, intellettuale.
    Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli e Santi di Dio, sanateci da ogni cecità.
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    Coordin.
    00 13/01/2012 08:15
    padre Lino Pedron
    Commento su Marco 2,1-12

    Il perdono è attività tipicamente divina: perdonare è creare di nuovo. Pretendere di perdonare i peccati vuol dire attribuirsi la potenza creatrice di Dio stesso. Da questa pretesa deriva l'accusa di bestemmia rivolta a Gesù. Si capisce allora il significato della guarigione che segue: "Perché sappiate che il Figlio dell'uomo ha il potere sulla terra di rimettere i peccati, ti ordino - disse al paralitico - alzati, prendi il tuo lettuccio e va' a casa tua"(vv.10-11). Notate: sulla terra! Dio solo ha questo potere. Ora, in Gesù la potenza stessa di Dio è presente in mezzo agli uomini, a loro disposizione, come forza efficace di salvezza. Giustamente i presenti si meravigliano e dicono: "Non abbiamo mai visto nulla di simile!" (v.12).

    L'agire di Gesù appare come un segno visibile della presenza di Dio che salva. Egli non è soltanto uno che diagnostica il male: ha il potere personale di liberare l'uomo dal male. E, se qualcuno, come gli scribi, lo mette in dubbio, egli sa dimostrarlo coi fatti. Gesù non è uno dei tanti saggi che comunica il sapere; la sua parola è azione creatrice: il malato diventa sano, il peccatore giusto.

    Solo Dio può guarire dalla lebbra (2Re 5,7; Mc 1,42); solo lui può rimettere i peccati. La lebbra è la malattia mortale che distrugge l'esterno, il peccato è la malattia mortale che distrugge l'interno dell'uomo: è una paralisi che impedisce di muoversi e di raggiungere Dio. Gesù purifica la nostra vita dalla morte proprio perdonando il peccato e rimettendoci sulla strada che ci porta a Dio.

    La legge è buona perché distingue il bene dal male, la vita dalla morte. Ma non salva nessuno, anzi ci condanna tutti, perché seguiamo la via del male e della morte. Essa ha come fine quello di farci vedere la nostra lebbra, di mostrarci la nostra paralisi e di convincerci del nostro peccato, perché possiamo rivolgerci al medico per essere guariti.

    "La legge è per noi come un pedagogo che ci ha condotto a Cristo, perché fossimo giustificati per la fede" (Gal 3,24). La sua funzione è indispensabile per condurci continuamente davanti al perdono di Dio. Giunti lì, la legge ha espletato completamente la sua funzione. Essa cessa quando si è raggiunta la grazia.

    Il vangelo è la buona notizia che Dio non è né la coscienza né la legge, ed è più grande del nostro cuore (1Gv 3,20). Egli è puro amore e grazia, e si prende cura del nostro male e della nostra morte. Invece di escluderci, ci tocca come ha toccato il lebbroso; invece di condannarci, ci perdona come ha perdonato il paralitico. Così ci guarisce da ciò che ci impedisce di camminare per la via del bene e della vita.

    Si può dire che la legge è la diagnosi del male e il vangelo ne è la terapia. Per quanto diverse, la diagnosi e la terapia sono tutte e due necessarie. Il centro di questo brano è il perdono del peccato, che nessuna legge e nessuna coscienza può concedere.

    In questo racconto è in gioco la vera immagine di Dio, che è perdono e misericordia, e la vera immagine di Gesù, che è il Figlio dell'uomo che ha il potere di rimettere i peccati e di salvare l'uomo.

    La Chiesa è raffigurata come la casa dalla porta spalancata a tutti, al cui centro sta Gesù, verso il quale corrono tutti. Sopra di lui anche il tetto è scoperchiato e aperto verso il cielo. Bisogna togliere ogni ostacolo perché tutti arrivino a Gesù per ottenere il perdono e la vita.

    Il paralitico non ha ancora la fede. Se l'avesse, camminerebbe, perché credere è seguire Gesù (cfr Mc 1,15-20). Si parla invece della fede dei suoi portatori. Chi già cammina, porta a Gesù chi è ancora legato dal male. Il credente è responsabile davanti a Dio del mondo intero. Chi ancora non crede è portato a Cristo dalla fede del credente.

    In sintesi: il peccato è in radice l'ignoranza dell'amore che Dio ha per noi. Dio è amore e accoglienza infinita per tutte le sue creature. L'angoscia è il posto vuoto di Dio nel cuore dell'uomo, e nessun idolo può sostituirlo.

    In questo brano Gesù dichiara, per l'unica volta, il motivo dei suoi miracoli. Essi servono a noi per sapere chi è lui e che cosa ci dona: il perdono dei peccati. I miracoli sono le credenziali della sua missione divina, perché solo Dio può perdonare i peccati.

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    Coordin.
    00 14/01/2012 09:11
    Movimento Apostolico - rito romano
    Io non sono venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori

    Tutte le azioni di Gesù sono rivelazione purissima per noi. Anche il più semplice dei suoi gesti ci manifesta la verità eterna del Padre, la sua divina carità, il suo immenso amore, la sua pietà che non conosce limiti. Nessun'azione di Cristo Signore è puramente umana, della terra. Ogni sua azione è rivelatrice del Cielo, perché purissimo compimento della volontà di Dio.
    Noi invece siamo stolti, sommamente insipienti, perché abbiamo creato l'uomo diviso, spaccato, squartato in due: da un lato abbiamo l'uomo politico, pubblico, economista, sportivo, scienziato, professore, matematico e dall'altro l'uomo privato, religioso, di fede. Da una parte abbiamo l'uomo senza coscienza e dall'altra la persona umana che noi vogliamo sia nella pienezza della verità.
    Questa è vera stoltezza, insipienza, stupidità, vera pazzia. L'uomo è uno, il cuore è uno, il corpo è uno, l'appartenenza è una. Non si può dividere, squartare, spaccare. Neanche si possono servire contemporaneamente due padroni: il mondo e Cristo Signore. Questa stoltezza consuma il cristiano, perché lo rende inutile al mondo e a Dio, alla società e alla Chiesa. Quando è con Dio vive servendo il mondo. Quando invece è con il mondo, per nulla serve Dio. Rimane sempre con il mondo.
    Il cuore di Gesù invece è tutto, sempre, nel Padre, dal Padre, per il Padre: in pubblico e in privato, quando parla e quando opera, quando agisce e quando decide, quando ammaestra e quando risponde. Gesù non è diviso. È intero. Sempre. Ovunque. Dinanzi ad ogni uomo. In ogni luogo di questo mondo. È questo oggi il vero dramma del cristiano: la sua perenne divisione, la sua volontà di appartenere a due padroni, la sua stoltezza nel pensarsi persona pubblica senza il peso del privato e persona privata senza la pesantezza del suo essere pubblico.
    Oggi Gesù passa e chiama un pubblico peccatore perché lo segua, divenga suo discepolo, un apostolo della sua verità e del Vangelo di Dio. Levi comprende quanto il Signore gli aveva chiesto e convoca tutti i suoi amici peccatori e li presenta al suo Maestro, perché chiami loro come aveva chiamato lui per una sequela di conversione e di fede nel Vangelo. I farisei non ci stanno a questa rivoluzione religiosa. Per loro il peccatore deve rimanere in eterno peccatore, il santo per sempre santo, senza alcuna comunione possibile. Gesù non si lascia irretire dalla loro empietà. Ribatte affermando semplicemente che è proprio del medico curare i malti. Così è anche proprio del Santo di Dio sanare tutti i peccatori, chiamandoli alla conversione e alla fede. Ecco allora in che consiste per noi la vera santità: nell'andare a chiamare i peccatori, accogliendoli e condividendo con loro la propria santità, dalla quale è la conversione e la fede. Una santità che disprezza i peccatori è di sicuro una falsa santità. Dio di essa mai potrà compiacersi. Dio che è il Santo non vuole la morte del peccatore, ma che si converta e viva, ritornando pentito nella sua Casa per vivere eternamente con Lui.
    Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli e Santi, aiutateci ad essere santi veri.

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    Coordin.
    00 15/01/2012 09:19
    Wilma Chasseur
    La chiamata

    II tema di oggi è quello della chiamata. Già nella prima lettura vediamo il giovane Samuele che, nella notte, si sente chiamare tre volte per nome e pensa che sia il profeta Eli, ma questi capisce che a chiamarlo è il Signore e gli dice: "Vattene a dormire e se ti chiamerà ancora, dirai: Parla, Signore, il tuo servo ti ascolta". E Samuele fece così e divenne poi un grande profeta.

    - "Andate, seguite Lui!"
    Ogni esistenza è già una prima chiamata: Dio ci ha tratti dall'abisso vertiginoso del nulla e, dandoci l'essere, ci ha dato anche un progetto da compiere, un disegno da realizzare che è addirittura disegnato "sul palmo delle sue mani" (Isaia 49). E' questo il senso della nostra vita: collaborare a un grande progetto che Dio ha da tutta l'eternità su ognuno di noi.
    Il Vangelo ci parla della chiamata di Giovanni e Andrea: "Il giorno dopo il Battista stava ancora là con due dei suoi discepoli e fissando lo sguardo su Gesù che passava disse: Ecco l'Agnello di Dio! E i due discepoli, sentendolo parlare così seguirono Gesù". Stupefacente questa umiltà del Battista: prima si era definito solo una voce che grida nel deserto e ora è solo più un dito puntato che indica un Altro. E lo indica a due dei suoi discepoli che lo abbandonano per seguire il nuovo Maestro. Avrà sofferto nel vederli andar via, ma non fa nulla per trattenerli, sa che lui deve diminuire per lasciar crescere il vero Maestro. Sa che lui è solo l'amico dello sposo, ma lo sposo è un altro. Quale esempio di sovrana libertà e di totale distacco da se stesso! Sublime grandezza di Giovanni!

    - "Dove abiti?"
    E i due discepoli del Battista iniziano a seguire quel Nazareno che trasformerà totalmente la loro vita. Per questi uomini di Galilea inizia qualcosa di radicalmente nuovo: la salvezza è entrata nella loro vita e non ne uscirà mai più! Quella forza nuova che è entrata nel mondo, continuerà a rimanervi fino alla fine dei secoli. Quella stessa voce che ha chiamato i primi discepoli continuerà a chiamarne infiniti altri, di ogni razza, popolo, lingua e nazionalità. Continuerà a risuonare fra gli uomini e donne di tutti i tempi e ad attraversare i secoli senza che questi possano coprirne il suono o offuscarne il ricordo, ma la rivestiranno di un manto di universalità senza confini.
    " Gesù allora si voltò e vedendo che lo seguivano disse: che cercate? Rabbì dove abiti? Venite e vedrete". Ecco Dio che entra nella storia degli uomini. E vi entra mentre stanno vivendo la loro vita di sempre, si presenta alla loro riva per invitarli a diventare collaboratori del suo piano di salvezza.

    - "Venite e vedrete". E noi?
    E si presenta alla nostra riva, a noi discepoli di oggi per rinnovare il suo invito. Anche a noi dice: "venite e vedrete!" E' sempre Lui che si presenta per primo, ma siamo sempre noi che dobbiamo lasciare le nostre reti e i nostri appigli per seguirlo. Vedremo in seguito che anche altri apostoli, appena ebbero udito la voce del Maestro, lasciarono subito la barca, le reti e il padre, per seguirlo. Segno che da Gesù emanava veramente un fascino straordinario, assolutamente unico, che faceva vibrare le corde nascoste del cuore umano. Incontrando il Suo sguardo, quei primi discepoli capirono sicuramente di essere infinitamente amati e sentirono che valeva la pena di lasciare tutto pur di continuare a incontrare quello sguardo e sentire quella voce, unica al mondo, che veniva da "oltre". E parlava un linguaggio divino. Di colpo capirono che Colui che li chiamava non era più soltanto l'Uomo di Galilea, ma lo splendore della gloria del Padre, l'eletto, l'inviato, Colui che, solo, aveva parole di vita eterna. Andarono dunque e si fermarono presso di Lui. Per sempre!

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    Coordin.
    00 16/01/2012 08:58
    a cura dei Carmelitani


    1) Preghiera

    Dio onnipotente ed eterno,
    che governi il cielo e la terra,
    ascolta con bontà le preghiere del tuo popolo
    e dona ai nostri giorni la tua pace.
    Per il nostro Signore Gesù Cristo...



    2) Lettura 

    Dal Vangelo secondo Marco 2,18-22
    In quel tempo, i discepoli di Giovanni e i farisei stavano facendo un digiuno. Si recarono allora da Gesù e gli dissero: ?Perché i discepoli di Giovanni e i discepoli dei farisei digiunano, mentre i tuoi discepoli non digiunano??.
    Gesù disse loro: ?Possono forse digiunare gli invitati a nozze quando lo sposo è con loro? Finché hanno lo sposo con loro, non possono digiunare. Ma verranno i giorni in cui sarà loro tolto lo sposo e allora digiuneranno. Nessuno cuce una toppa di panno grezzo su un vestito vecchio; altrimenti il rattoppo nuovo squarcia il vecchio e si forma uno strappo peggiore. E nessuno versa vino nuovo in otri vecchi, altrimenti il vino spaccherà gli otri e si perdono vino e otri, ma vino nuovo in otri nuovi?.



    3) Riflessione

    I cinque conflitti tra Gesù e le autorità religiose. In Mc 2,1-12 abbiamo visto il primo conflitto. Era attorno al perdono dei peccati. In Mc 2,13-17, il secondo conflitto è sulla comunione attorno al tavolo, con i peccatori. Il vangelo di oggi presenta il terzo conflitto sul digiuno. Domani abbiamo il quarto conflitto, attorno all?osservanza del sabato (Mc 2,13-28). Dopo domani, l?ultimo dei cinque conflitti sarà attorno alla guarigione nella giornata del sabato (Mc 3,1-6). Il conflitto sul digiuno occupa un luogo centrale. Per questo, le parole sul rammendo nuovo sul vestito vecchio e sul vino nuovo in otri nuovi (Mc 2,21-22) devono essere capite sotto una luce che irradia la sua chiarezza anche sugli altri conflitti, due prima e due dopo.
    Gesù non insiste nella pratica del digiuno. Il digiuno è una pratica assai antica, praticata in quasi tutte le religioni. Gesù stesso la praticò durante quaranta giorni (Mt 4,2). Ma lui non insiste con i suoi discepoli affinché facessero la stessa cosa. Li lascia liberi. Per questo, i discepoli di Giovanni Battista e dei farisei, che erano obbligati a digiunare, vogliono sapere perché Gesù non insiste sul digiuno.
    Quando lo sposo sta con loro non hanno bisogno di digiunare. Gesù risponde con un paragone. Quando lo sposo sta con gli amici dello sposo, cioè durante la festa di nozze, non hanno bisogno di digiunare. Gesù si considera lo sposo. I discepoli sono gli amici dello sposo. Durante il tempo in cui lui, Gesù, sta con i discepoli, c?è la festa di nozze. Arriverà un giorno in cui lo sposo sarà assente. E allora, se vogliono, possono digiunare. Gesù allude alla sua morte. Sa e sente che se vuole continuare per questo cammino di libertà, le autorità religiose vorranno ucciderlo.
    Rammendo nuovo su un vestito vecchio, vino nuovo in otri nuovi. Queste due affermazioni di Gesù, che Marco colloca qui, chiariscono l?atteggiamento critico di Gesù dinanzi alle autorità religiose. Non si mette una toppa di panno grezzo su un vestito vecchio. Quando il vestito si lava, il rattoppo nuovo squarcia il vestito e si forma uno strappo peggiore. Nessuno mette vino nuovo in otri vecchi, perché altrimenti la fermentazione del vino nuovo spaccherà gli otri vecchi. Vino nuovo in otri nuovi! La religione difesa dalle autorità era come un vestito vecchio, come un otre vecchio. Non bisogna voler combinare ciò che è nuovo e portato da Gesù, con vecchi costumi. Non si può ridurre la novità di Gesù alla misura del giudaismo. O l?uno, o l?altro! Il vino che Gesù porta fa spaccare l?otre vecchio. Bisogna saper separare le cose. Gesù non è contro ciò che è ?vecchio?. Ciò che vuole evitare è che il vecchio si imponga al nuovo e, così comincia a manifestarlo. Sarebbe lo stesso che ridurre il messaggio del Concilio Vaticano II al catechismo anteriore al Concilio, come vogliono alcuni.



    4) Per un confronto personale

    ? A partire dall?esperienza profonda di Dio che lo incoraggiava dal di dentro, Gesù aveva molta libertà in relazione alle norme e pratiche religiose. Ed oggi, abbiamo questa stessa libertà o ci manca la libertà dei mistici?
    ? Rattoppo nuovo su un vestito vecchio, vino nuovo in otre vecchio. Esiste questo nella mia vita? 




    5) Preghiera finale

    Abbiamo conosciuto l?amore che Dio
    ha per noi e vi abbiamo creduto.
     (1Gv 4,16)

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    Coordin.
    00 17/01/2012 09:11
    Messa Meditazione
    Il sabato è per l'uomo

    Lettura
    Nella prima lettura, Dio invita Samuele a "ungere" ? cioè consacrare ? Davide, il più piccolo tra i figli di Iesse, nuovo re di Israele. Il profeta scopre così che i criteri di Dio sono diversi da quelli degli uomini: egli non guarda la forza fisica, ma il cuore. Gesù, nel Vangelo, invita a riscoprire il senso profondo del sabato.

    Meditazione
    Anche questa volta, la controversia con i farisei ha origine dal comportamento dei discepoli di Gesù. Per permettere a tutti l'osservanza del sabato, la casistica giudaica aveva indicato i lavori che era necessario cessare in quel giorno, tra i quali mietere, fare covoni, battere il grano. Raccogliere spighe è, per i farisei, uno dei "lavori illeciti" in giorno di sabato, perché non si distingue dal mietere. La risposta di Gesù richiama un episodio della vita del re Davide che, spinto dal bisogno, mangiò, insieme ai suoi compagni, i pani che ogni sabato erano offerti a Dio e che potevano essere consumati solo dai sacerdoti (cfr. 1Sam 21,2-8). Come Davide, in una situazione di necessità, viene meno ad una norma rituale, così i discepoli di Gesù, per nutrirsi, vengono meno all'osservanza del sabato. Ricordando che il sabato è in funzione dell'uomo, e non viceversa, Gesù non ne abroga l'osservanza, ma critica coloro che hanno l'hanno resa una legge che vincola l'uomo, lo sottomette, invece di liberarlo e far sì che possa sviluppare pienamente le sue potenzialità di vita e di amore. Creato a immagine di Dio, infatti, l'essere umano è chiamato a osservare il sabato per compiersi a somiglianza di Dio creatore e liberatore: cessando di lavorare e accettando di riposare il settimo giorno, l'uomo dimostra, come Dio, di essere libero rispetto al proprio potere di dominio (Es 20,8-11); donando, in giorno di sabato, la libertà dalla schiavitù del lavoro a chi è a lui sottoposto (Dt 5,12-15) dimostra, non solo di non essere schiavo del proprio lavoro, ma anche di non voler imporre ad altri questa schiavitù. Affermando che «il Figlio dell'uomo è signore anche del sabato», Gesù si presenta come colui che ci offre la possibilità di vivere veramente come immagine del Dio creatore e liberatore: in lui, nelle sue parole, nelle sue azioni, possiamo scoprire la strada che ci permette di realizzarci secondo il progetto di Dio.

    Preghiera
    «Cristo ci ha liberato perché restassimo liberi» (Gal 5,1): spinto da queste parole di Paolo, chiedo perdono al Padre per le volte in cui, con gesti o parole, ho imposto a me stesso o agli altri il "giogo della schiavitù".

    Agire
    Al termine della giornata, ripenso a quanto ho vissuto per individuare gesti o parole con cui ho permesso agli altri di vivere in pienezza: di questo ringrazio Dio.

    Commento a cura di Marzia Blarasin



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    Coordin.
    00 18/01/2012 08:58
    padre Lino Pedron


    Un altro episodio ancora riguardo al sabato. Questa volta però non sono i discepoli di Gesù che trasgrediscono la legge, ma Gesù stesso. Il criterio di Gesù è questo: "Fare il bene, salvare una vita" (v. 4). Proprio a questo deve servire la legge del sabato: per la libertà e per il bene dell'uomo, per evitargli una vita da schiavo e da forzato.
    "Rattristato per la durezza dei loro cuori" (v. 5). Gesù aveva cercato di evitare questa situazione; si era sforzato di rompere le barriere cercando il dialogo, perché fossero loro a dire ciò che si poteva fare in giorno di sabato, "ma essi tacevano" (v. 5). A questo punto Gesù fece la sua scelta: scelse l'uomo e lo guarì. Non lasciò passare quel giorno di festa senza che diventasse anche per quel malato un segno concreto di libertà. Gesù ha sempre amato la libertà per sé e per gli altri.
    "Tennero consiglio contro di lui per farlo morire" (v. 6). Perché Gesù deve morire se guarisce la gente e cerca il vero bene dell'uomo? Per gli scribi la vera immagine di Dio può essere soltanto quella del giudice che condanna il colpevole (e, in questo, ben volentieri, gli darebbero una mano: cfr anche Gv 8,3-11).
    E' abissale la differenza tra la loro concezione di Dio e il vero Dio, manifestato da Gesù: un Dio che sana, perdona, riconcilia, ama. Nel contrasto tra Gesù e coloro che detengono il potere, sono in gioco due diverse concezioni di Dio.
    Facciamo una breve digressione sulla logica dei farisei. Essi non hanno approvato la guarigione di un malato in giorno di sabato per timore di violare la legge, ma non hanno scrupolo, in giorno di sabato, di decidere la morte di una persona innocente, del Salvatore, di Dio stesso. Guarire e far vivere è un delitto che merita la morte, far morire è un'opera buona che rende gloria a Dio. Strana logica, strana morale: è la "morale" dell'odio che si oppone alla morale dell'amore. I farisei avevano fatto di Dio il nemico dell'uomo: il colmo dell'opera diabolica (cfr Gen 3; Gv 8,44).
    In Gesù si rivela Dio-con-noi-e-per-noi: questa è la grande novità della rivelazione. Ma gli uomini spesso rifiutano un Dio amico che li ama e li libera, e gli preferiscono un falso Dio che li spadroneggi. Di fronte alla durezza di cuore dei farisei, Gesù prova indignazione e tristezza. Il Cristo manifesta contemporaneamente la collera di Dio e la sua compassione che non viene mai meno di fronte alle sue creature incapaci di aprirsi alle sue sollecitazioni.
    Il miracolo della guarigione dell'uomo che aveva la mano secca costerà la vita a Gesù. La croce si profila ormai chiaramente. E' il prezzo del dono che ci fa guarendo la nostra mano incapace di accogliere e di donare. Le sue mani inchiodate scioglieranno la nostra mano rigida.
    Si scorge all'orizzonte l'albero dal quale penderà Gesù, il frutto della vita, verso cui possiamo e dobbiamo tendere la mano per diventare come Dio (cfr Gen 3).
    Questo racconto chiude una tappa del vangelo in cui Gesù ci ha rivelato chi è lui per noi in ciò che ha fatto per noi.

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    Coordin.
    00 19/01/2012 08:45
    a cura dei Carmelitani


    1) Preghiera 

    Dio onnipotente ed eterno,
    che governi il cielo e la terra,
    ascolta con bontà le preghiere del tuo popolo
    e dona ai nostri giorni la tua pace.
    Per il nostro Signore Gesù Cristo... 




    2) Lettura

    Dal Vangelo secondo Marco 3,7-12
    In quel tempo, Gesù si ritirò presso il mare con i suoi discepoli e lo seguì molta folla dalla Galilea. Dalla Giudea e da Gerusalemme e dall?Idumea e dalla Transgiordania e dalle parti di Tiro e Sidone una gran folla, sentendo ciò che faceva, si recò da lui.
    Allora egli pregò i suoi discepoli che gli mettessero a disposizione una barca, a causa della folla, perché non lo schiacciassero. Infatti ne aveva guariti molti, così che quanti avevano qualche male gli si gettavano addosso per toccarlo.
    Gli spiriti immondi, quando lo vedevano, gli si gettavano ai piedi gridando: ?Tu sei il Figlio di Dio!?. Ma egli li sgridava severamente perché non lo manifestassero.



    3) Riflessione

    ? La conclusione a cui si giunge alla fine di questi cinque conflitti (Mc 2,1 a 3,6), è che la Buona Novella così come era annunciata da Gesù diceva esattamente il contrario dell?insegnamento delle autorità religiose dell?epoca. Per questo, alla fine dell?ultimo conflitto, si prevede che Gesù non avrà una vita facile e sarà messo a morte. La morte spunta all?orizzonte. Decidono di farlo morire (Mc 3,6). Senza una conversione sincera non è possibile per le persone giungere ad una comprensione corretta della Buona Novella.
    Un riassunto dell?azione evangelizzatrice di Gesù. I versetti del vangelo di oggi (Mc 3,7-12) sono un riassunto dell?attività di Gesù ed accentuano un contrasto enorme. Poco prima, in Mc 2,1 a 3,6, si è parlato solo di conflitti, incluso il conflitto di vita e morte tra Gesù e le autorità civili e religiose della Galilea (Mc 3,1-6). E qui nel riassunto, appare il contrario: un movimento popolare immenso, più grande del movimento di Giovanni Battista, poiché la gente viene non solo dalla Galilea, ma anche dalla Giudea, da Gerusalemme, dall?Idumea, dalla Transgiordania, e perfino dalla regione pagana di Tiro e Sidone per incontrarsi con Gesù! (Mc 3,7-12). Tutti vogliono vederlo e toccarlo. É tanta la gente, che Gesù stesso rimane preoccupato. Corre il pericolo di essere schiacciato dalla moltitudine. Per questo chiede ai discepoli di mettere una barca a disposizione in modo che la gente non lo schiacciasse. E dalla barca parlava alla moltitudine. Erano soprattutto gli esclusi e gli emarginati che venivano da lui con i loro mali: i malati e gli indemoniati. Costoro, che non erano accolti nella convivenza sociale della società del tempo, sono accolti da Gesù. Ecco il contrasto: da un lato i capi religiosi e civili decidono di mettere a morte Gesù (Mc 3,6); dall?altro, un movimento popolare immenso che cerca in Gesù la salvezza. Chi vincerà?
    Gli spiriti impuri e Gesù. L?insistenza di Marco a proposito dell?espulsione dei demoni è molto grande. Il primo miracolo di Gesù è l?espulsione di un demonio (Mc 1,25). Il primo impatto causato da Gesù è dovuto all?espulsione di demoni (Mc 1,27). Una delle cause principali dello scontro di Gesù con gli scribi è l?espulsione dei demoni (Mc 3,22). Il primo potere che gli apostoli riceveranno quando sono mandati in missione è il potere di scacciare i demoni (Mc 16,17). Cosa significa nel Vangelo di Marco scacciare i demoni?
    Al tempo di Marco, stava aumentando la paura dei demoni. Alcune religioni, invece di liberare la gente, alimentavano la paura e l?angoscia. Uno degli obiettivi della Buona Novella di Gesù è proprio quello di aiutare la gente a liberarsi da questa paura. La venuta del Regno significava la venuta di un potere più forte. Gesù è ?l?uomo più forte? giunto per conquistare Satana, il potere del male, e rubargli l?umanità prigioniera della paura (Mc 3,27). Per questo Marco insiste molto sulla vittoria di Gesù sul potere del male, sul demonio, su Satana, sul peccato e sulla morte. Dall?inizio alla fine, con parole quasi uguali, ripete lo stesso messaggio: ?E Gesù scacciava i demoni!? (Mc 1,26.27.34.39; 3,11-12.15.22.30; 5,1-20; 6,7.13; 7,25-29; 9,25-27.38; 16,9.17). Sembra quasi un ritornello! Oggi, invece di usare sempre le stesse parole preferiamo usare parole diverse. Diremmo: ?Il potere del male, Satana, che mette tanta paura alla gente, Gesù lo vinse, lo dominò, lo conquistò, lo rovesciò dal trono, lo scacciò, lo eliminò, lo annichilì, lo abbatté, lo distrusse e lo uccise!? Ciò che Marco vuole dirci è questo: ?Ai cristiani è proibito avere paura di Satana!? Dopo che Gesù risuscitò, è una mania ed è mancanza di fede chiamare in causa, ogni momento, Satana come se avesse ancora qualche potere su di noi. Insistere nel pericolo dei demoni affinché la gente ritorni in chiesa, vuol dire ignorare la Buona Novella del Regno. E? mancanza di fede nella risurrezione di Gesù!



    4) Per un confronto personale

    ? Come vivi la tua fede nella risurrezione di Gesù? Contribuisce in qualche modo a farti vincere la paura?
    ? Scacciare i demoni. Come fai per neutralizzare questo potere nella tua vita? 




    5) Preghiera finale

    Esultino e gioiscano in te quanti ti cercano,
    dicano sempre: ?Il Signore è grande?
    quelli che bramano la tua salvezza.
     (Sal 39)

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    Coordin.
    00 20/01/2012 08:20
    Eremo San Biagio


    Dalla Parola del giorno
    Ecco, vengono giorni, dice il Signore, nei quali io stipulerò con la casa d?Israele e con la casa di Giuda un?alleanza nuova. [?] E questa è l?alleanza che io stipulerò con la casa d?Israele dopo quei giorni, dice il Signore: porrò le mie leggi nella loro mente e le imprimerò nei loro cuori; sarò il loro Dio ed essi saranno il mio popolo.

    Come vivere questa Parola?
    L?autore della lettera agli Ebrei sottolinea qui un elemento fondante della rivelazione veterotestamentaria: quella dell?Alleanza. E ne cita il testo più famoso che è proprio questo di Geremia. Qui, il concetto del patto d?amore (berit = patto nuziale!) tra Dio e il suo popolo risplende per una qualifica di novità rispetto a ciò che era stato prima. Geremia parla infatti di nuova alleanza in cui Dio stesso s?incarica d?iscrivere la legge non più su tavole di pietra ma nell?interiorità dell?uomo; nella mente e soprattutto nel cuore. L?autore sacro parla anche di quell?atmosfera tipica di quest?alleanza in cui la conoscenza del Signore è un intimo conoscerlo, un intimo contattare Lui.
    È un venire da Lui educato a una qualità nuova di vita. Ed è profezia dell?alleanza nuova ed eterna che Gesù ha portato a perfezione siglandola col suo sangue, di cui facciamo memoria viva in ogni celebrazione eucaristica.

    Oggi, nella mia pausa contemplativa, chiederò allo Spirito di poter entrare un po? più vitalmente, un po? più a fondo nell?alleanza nuziale con ?sorsate? di silenzio vivo. In silenzio terrò lo sguardo del cuore su Gesù e comprenderò che tutto ciò che compio come volontà di Dio nella mia giornata, può risplendere di puro amore se lo vivo unito nel cuore a Gesù, se lo compio insieme a Lui perché piace al Padre.

    Tu sei il mio Dio, il mio cuore non trova pace che in te!

    Parole di un grande Papa
    Rinasca in noi la stima del silenzio, atmosfera indispensabile a una vita davvero interiore. C?insegni il silenzio ad essere fermi nei buoni pensieri, pronti a cogliere le segrete ispirazioni di Dio e le esortazioni dei veri maestri. Ci suggerisca quanto importante sia la meditazione, l?approfondimento e quella preghiera interiore che Dio solo vede nel segreto.
    Paolo VI

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    Coordin.
    00 21/01/2012 09:55
    a cura dei Carmelitani


    1) Preghiera

    Dio onnipotente ed eterno,
    che governi il cielo e la terra,
    ascolta con bontà le preghiere del tuo popolo
    e dona ai nostri giorni la tua pace.
    Per il nostro Signore Gesù Cristo... 




    2) Lettura 

    Dal Vangelo secondo Marco 3,20-21
    In quel tempo, Gesù entrò in una casa e si radunò di nuovo attorno a lui molta folla, al punto che non poteva neppure mettersi a tavola per mangiare qualcosa.
    Allora i suoi, sentito questo, uscirono per andare a prenderlo; poiché dicevano: ?È fuori di sé?.



    3) Riflessione

    ? Il vangelo di oggi è molto breve. Appena due versetti. Parla di due cose: (a) della grande attività di Gesù che non gli lascia tempo nemmeno per mangiare e, (b) la reazione contraria della famiglia di Gesù, fino a pensare che era diventato pazzo. Gesù aveva problemi con la famiglia. La famiglia, a volte, aiuta ed altre volte, rende difficile il cammino. Avvenne con Gesù ed avviene con noi.
    ? Marco 3,20: L?attività di Gesù. Gesù ritorna a casa. La sua casa ora è Cafarnao (Mc 2,1). Non sta più con la famiglia a Nazaret. Sapendo che Gesù sta a casa, la gente si dirige verso di lui. Ed attorno a lui si riunisce tanta gente che non trova più il tempo nemmeno di mangiare. Marco parla di nuovo del servizio prestato fino al punto di non avere tempo di mangiare in pace (Mc 6,31).
    ? Marco 3,20: Conflitto con la famiglia. Quando i parenti di Gesù seppero questo, dissero: ?E? impazzito!? Forse, perché Gesù non seguiva più un comportamento normale. Forse perché comprometteva il nome della famiglia. Comunque, i parenti di Gesù decisero di riportarlo a Nazaret, segno questo che la relazione di Gesù con la sua famiglia si stava logorando. Ciò deve essere stato motivo di molta sofferenza sia per Gesù che per sua madre, Maria. Più avanti, (Mc 3,31-35) Marco racconta come fu l?incontro dei parenti con Gesù. Loro giunsero alla casa dove stava. Probabilmente erano venuti da Nazaret. Da lì, fino a Cafarnao, sono 40 chilometri, sua madre era insieme a loro. Non potevano entrare in casa, perché c?era gente perfino davanti alla porta. Per questo gli mandano a dire: Tua madre, i tuoi fratelli e le tue sorelle sono lì fuori e ti cercano! La reazione di Gesù è stata molto decisa: Chi è mia madre, chi sono i miei fratelli? Lui stesso risponde indicando la moltitudine che stava attorno: Ecco qui mia madre e i miei fratelli! Poiché tutti coloro che fanno la volontà di Dio sono mio fratello, mia sorella, mia madre! Allargò la famiglia! Gesù non permette che la famiglia lo allontani dalla missione.
    La situazione della famiglia al tempo di Gesù. Nell?antico Israele, il clan, in pratica la grande famiglia (la comunità), costituiva la base della convivenza sociale. Costituiva la protezione delle piccole famiglie e delle persone, la garanzia del possedimento della terra, il veicolo principale della tradizione, la difesa dell?identità. Era il modo concreto che la gente di quella epoca aveva di incarnare l?amore di Dio nell?amore verso il prossimo. Difendere il clan, la comunità era lo stesso che difendere l?Alleanza. In Galilea, al tempo di Gesù, a causa del sistema romano, impiantato nei lunghi anni di governo di Erode Magno (37 aC a 4 aC) e di suo figlio Erode Antipa (4 aC a 39 dC), tutto ciò non esisteva più, o sempre meno. Il clan (comunità) si stava debilitando. Le imposte da pagare sia al governo che al tempio, l?indebitamento crescente, la mentalità individualista dell?ideologia ellenista, le frequenti minacce di repressione violenta da parte dei romani, l?obbligo di accogliere i soldati e dare loro ospitalità, i problemi sempre maggiori di sopravvivenza, tutto questo portava le famiglie a rinchiudersi in se stesse e nelle proprie necessità. Non si praticava più l?ospitalità, la condivisione, la comunione attorno al tavolo, l?accoglienza agli esclusi. Questa chiusura era rafforzata dalla religione dell?epoca. L?osservanza delle norme di purezza era il fattore che causava l?emarginazione di molte persone: donne, bambini, samaritani, stranieri, gente posseduta dal demonio, pubblicani, malati, mutilati, paralitici. Invece di promuovere l?accoglienza e la comunione, queste norme favorivano la separazione e l?esclusione.
    Così, sia la struttura politica, sociale ed economica, come pure l?ideologia religiosa dell?epoca, tutto cospirava a favore dell?indebolimento dei valori centrali del clan, della comunità. Orbene, affinché il regno di Dio potesse manifestarsi di nuovo nella convivenza comunitaria della gente, le persone dovevano superare i limiti stretti della piccola famiglia ed aprirsi di nuovo alla grande famiglia, alla Comunità.
    Gesù ci da l?esempio. Quando i suoi parenti giungono a Cafarnao e cercano di impossessarsi di lui e di portarlo di nuovo a casa, lui reagisce. Invece di rinchiudersi nella sua piccola famiglia, lui allarga la famiglia (Mc 3,33-35). Crea comunità. Chiede la stessa cosa a tutti coloro che vogliono seguirlo. Le famiglie non possono rinchiudersi in se stesse. Gli esclusi e gli emarginati devono essere accolti, di nuovo nella convivenza e, così, sentirsi accolti da Dio (cf Lc 14,12-14). Era questo il cammino per raggiungere l?obiettivo della Legge che diceva: ?Tra di voi non ci siano poveri? (Dt 15,4). Come i grandi profeti del passato, Gesù cerca di rafforzare la vita comunitaria nei villaggi della Galilea. Lui ritorna al senso profondo del clan, della famiglia, della comunità, quale espressione dell?incarnazione dell?amore di Dio nell?amore del prossimo.



    4) Per un confronto personale

    ? La famiglia aiuta o rende difficile la tua partecipazione alla comunità cristiana? Come assumi l?impegno nella comunità cristiana?
    ? Cosa ci dice tutto questo circa le nostre relazioni nella famiglia e nella comunità? 




    5) Preghiera finale

    Applaudite, popoli tutti,
    acclamate Dio con voci di gioia;
    perché terribile è il Signore, l?Altissimo,
    re grande su tutta la terra.
     (Sal 46)

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    Coordin.
    00 22/01/2012 09:53
    mons. Gianfranco Poma
    Gesù si recò in Galilea annunciando il Regno di Dio

    Il piccolo brano del Vangelo che la Liturgia della terza domenica del tempo ordinario ci offre (Mc.1,14-20), si apre con il primo dei sommari di cui Marco si serve per segnare i punti importanti che danno una struttura precisa alla sua opera. "Dopo che Giovanni fu arrestato, Gesù si recò in Galilea annunciando il Vangelo di Dio e dicendo: Il tempo è compiuto e si è avvicinato il regno di Dio; convertitevi e credete nel Vangelo": per due volte ritorna il richiamo al "Vangelo", già presente nella frase con cui Marco apre la sua opera. Tutto questo ci orienta a sottolineare l'importanza di questi due versetti, sintesi di tutto il messaggio di Gesù: qui troviamo la risposta alla domanda che ci poniamo quando ci chiediamo quale sia il contenuto essenziale dell'esperienza cristiana. "Il Vangelo di Dio" è la sintesi del messaggio che Gesù porta all'umanità in nome di Dio, il cui contenuto, come mostrerà il seguito dell'opera, è la persona stessa di Gesù: il senso del "Vangelo di Dio" slitta quindi verso Gesù, il Dio che si è fatto vicino per annunciare all'uomo la liberazione che Dio opera in Cristo.
    "Dopo che Giovanni fu arrestato, Gesù si recò in Galilea": l'arresto di Giovanni provoca l'allontanamento di Gesù dalla Giudea e l'inizio della sua predicazione in Galilea. Tutto in realtà è simbolico: Gerusalemme che avrebbe dovuto accogliere il profeta, lo ha ucciso, mentre la Galilea, simbolo del mondo, regione esposta al peccato, accoglie Gesù e proprio in Galilea Gesù risorto aspetterà i suoi discepoli per camminare con loro sulle strade del mondo. Così Marco comincia a presentare l'esperienza storica di Gesù, manifestazione della realtà del Vangelo di Dio che egli annuncia, come una realtà sconvolgente: il centro religioso di Israele, chi avrebbe dovuto essere pronto ad accogliere l'inviato di Dio, lo respinge; chi era ritenuto lontano, chiuso a Dio, in realtà si apre a Lui e lo accoglie.
    Così Marco, con il suo modo narrativo semplice e scarno che l'accompagna fino alla fine, comincia a presentare il Vangelo di Dio, con la sua logica radicalmente provocatoria, perché, chi legge e vuol essere discepolo di Gesù, sia consapevole di essere chiamato a decidere con estrema chiarezza con una logica che è opposta a quella del mondo. "Io infatti, non mi vergogno del Vangelo - dirà S.Paolo - perché è potenza di Dio per la salvezza di chi crede" (Rom.1,16). E ancora: "Mentre i Giudei chiedono segni e i Greci cercano sapienza, noi annunciamo Cristo crocifisso, scandalo per i Giudei e stoltezza per i pagani; ma per coloro che sono chiamati, sia Giudei che Greci, Cristo è potenza di Dio e sapienza di Dio" (1 Cor.1,22-24). Al seguito di Marco, noi oggi dobbiamo domandarci se alla radice della nostra fede c'è una scelta consapevole e chiara della radicalità che essa comporta.
    Gesù in Galilea annuncia il "Vangelo di Dio": è un lieto annuncio quello che egli porta. Anche Matteo comincia il suo Vangelo con un lieto annuncio, quello che l'angelo porta a Giuseppe: "Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere con te Maria, tua sposa.: tutto questo è avvenuto perché si adempisse ciò che è stato detto dal Signore, per mezzo del profeta: Ecco la giovane ragazza concepirà un figlio che si chiamerà Emmanuele, nome che significa Dio con noi" (Mat.1,20-22). E in Luca, l'angelo porta il lieto annuncio ai pastori: "Non temete: ecco, vi porto un lieto annuncio. Oggi è nato per voi un salvatore che è Cristo Signore". (Lc.2,10). Anche Giovanni, a modo suo comincia il suo Vangelo con il lieto annuncio che viene da Dio: "In principio era la Parola.e la Parola si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi; e noi abbiamo contemplato la sua gloria." (Giov.1,1.14). In Marco è Gesù stesso che porta il "lieto annuncio": è sostanzialmente lo stesso "lieto annuncio" di tutti i quattro Vangeli. Aderire al Vangelo, ascoltare la Parola che ci è annunciata, credere in Gesù è entrare in una esperienza di gioia, una gioia che viene da Dio, che Lui solo può darci: è la felicità che l'uomo cerca e che Dio, ora, gli dona. Ma proprio perché è dono di Dio, è Lui stesso che si dona, è sconvolgente: mai l'uomo potrebbe immaginare ciò che Egli stesso gli annuncia. Entrare nella gioia di Dio richiede la fede in Lui.
    Il lieto annuncio che viene da Dio è che Dio, per amore, si è fatto carne, perché Dio è l'Amore; è nato come ogni bambino, per poter parlare, vivere, morire come noi, condividere tutto ciò che è fragile perché noi potessimo vivere la nostra fragilità con la gioia di poterla scoprire e sentire abitata dall'infinita bellezza di Dio.
    Il "Vangelo di Dio" annunciato da Gesù secondo Marco, assume una forma precisa: è singolare il fatto che il Vangelo di Marco sia stato per secoli sottovalutato perché ritenuto solo narrativo, fonte degli altri Vangeli. In realtà, ad una lettura fattasi sempre più attenta, rivela la sua raffinatezza e precisione teologica.
    "Il tempo è compiuto e si è avvicinato il regno dei cieli; convertitevi e credete nel Vangelo": gli esegeti hanno studiato attentamente questa frase sottolineando la rielaborazione teologica delle parole di Gesù fatta dalla comunità credente.
    "Il Vangelo di Dio" è anzitutto l'annuncio di ciò che, imprevedibilmente, Dio compie. "Il tempo è compiuto": nello scorrere cronologico del tempo, è accaduto un evento che è il compimento di ciò che nel tempo viene sempre atteso, un evento che contiene il senso pieno del tempo e della storia, è la presenza della persona di Gesù, inaugurata dalla sua nascita, è la presenza di Dio nel tempo che fa sì che il tempo sia pieno di Dio. "Il regno dei cieli si è avvicinato": l'esperienza operante di Dio che salva, che dà senso alla fragilità, è presente, è già in atto, non è più da attendere come conclusione della storia. Tutto il seguito del Vangelo mostrerà concretamente come nelle parole e nei gesti di Gesù si realizzi il compimento del tempo e come il regno dei cieli si sia avvicinato.
    "Il Vangelo di Dio" comprende pure l'annuncio di come sia chiamato a porsi l'uomo di fronte all'opera di Dio: "convertitevi e credete nel Vangelo". Anzitutto "convertitevi": la conversione è anzitutto cambiamento di mentalità, di modo di vedere, di pensare, è il veder Dio in tutte le cose, percepire tutto come dono, talvolta misterioso e incomprensibile, dell'amore del Padre. E poi, "credete nel Vangelo": significa dar credito totale al "lieto annuncio", a questa "Parola liberante" che ci annuncia la presenza amorevole di Dio, significa affidare tutta la nostra vita a Colui che mostra che il Vangelo proclamato è una realtà operante che ci afferra e ci trasforma se noi abbiamo il coraggio di abbandonarci in Lui.
    La seconda parte del nostro brano comincia a narrare la realtà del Vangelo: lo sguardo di Gesù e la sua parola rifondano l'esistenza di persone precise, due coppie di fratelli, Simone e Andrea, Giacomo e Giovanni, che si trovano nella concretezza della situazione della loro vita. "Ed essi, subito, lasciarono le loro reti.lasciarono il loro padre nella barca con i garzoni, e seguirono Lui": spesso la risposta dei primi discepoli è stata interpretata come abbandono dei beni materiali. Forse Marco intende parlare di una radicalità frutto di una esperienza nuova: chi incontra lo sguardo e la parola di Cristo vive una tale esperienza di amore che genera la vera libertà, di poter vivere di tutto o di niente e comunque di non essere schiavo di nulla.

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    Coordin.
    00 23/01/2012 08:32
    Come può Satana scacciare Satana?

    Lettura
    Nel vangelo, Gesù dimostra assurda l'accusa che gli viene mossa dagli scribi di essere uno strumento nelle mani di Satana. Nella prima lettura, Davide è unto re di Israele dagli anziani del popolo. Come re, conquista la città di Gerusalemme, futura capitale del regno.

    Meditazione
    Gli scribi non possono negare l'efficacia e la potenza dell'agire di Gesù, ma danno una spiegazione tutta loro riguardo al perché il Signore riesce a sanare le persone. Lo accusano di essere posseduto da Beelzebul e di scacciare i demoni per mezzo del principe dei demoni: non solo è per loro un posseduto, ma il demone che lo possiede agisce per mezzo di lui. A queste accuse, Gesù risponde attraverso un ragionamento che dimostra come esse conducano a conseguenze assurde. Come può, infatti, Satana scacciare Satana, ribellarsi contro se stesso? Se questo avvenisse, e quindi davvero Gesù scacciasse i demoni in forza del principe dei demoni che abita in lui, allora accadrebbe a Satana quello che accade ad un regno o ad una casa divisa in se stessa: non resisterebbe, il suo dominio starebbe per terminare. È evidente, così, che l'accusa degli scribi non ha senso. L'immagine dell'uomo forte, invece, rivela come devono essere correttamente interpretate le cose: Gesù può liberare dai demoni non perché è posseduto da Beelzebul, ma perché è più forte di lui. La sentenza finale pone l'accento sulla misericordia di Dio che si spinge fino al limite estremo, per far risaltare l'unica eccezione, l'unica realtà per cui non esiste perdono: la bestemmia contro lo Spirito. L'evangelista collega questa affermazione con il fatto che gli scribi accusano Gesù di essere posseduto da uno spirito immondo. In questo modo, la bestemmia contro lo Spirito si concretizza nel non riconoscere che Gesù è uno strumento dello Spirito. È il rifiuto ostinato, l'atteggiamento di incredulità di chi volontariamente rifiuta di riconoscere nelle opere compiute da Gesù l'azione di Dio. Questo peccato non può essere perdonato, perché esclude l'atteggiamento di fede e il desiderio di conversione che sono necessari per aprirsi ad accogliere il perdono di Dio.

    Preghiera
    «Dio ha scelto ciò che nel mondo è stolto per confondere i sapienti, Dio ha scelto ciò che nel mondo è debole per confondere i forti» (1Cor 1,27): chiedo al Padre la grazia di poter leggere il mio quotidiano con i suoi occhi, senza scandalizzarmi per il modo "originale" in cui Lui porta avanti il suo disegno di salvezza.

    Agire
    Provo a scoprire se le persone il cui comportamento è per me motivo di scandalo non siano invece strumenti nelle mani del Padre che, attraverso di esse, mi chiede di convertire qualche realtà della mia vita.

    Commento a cura di Marzia Blarasin



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    Coordin.
    00 24/01/2012 08:48
    Eremo San Biagio


    Dalla Parola del giorno
    Gli dissero: "Ecco tua Madre, i tuoi fratelli e le tue sorelle sono fuori e ti cercano". (...) Girando lo sguardo su quelli che gli stavano seduti intorno disse: "Ecco mia Madre e i miei fratelli! Chi compie la volontà di Dio, costui è mio fratello, sorella e madre".

    Come vivere questa Parola?
    Gesù fa di noi persone addirittura imparentate strettamente con Lui, se il nostro vivere è un continuo tendere a compiere la volontà di Dio. Questa sua parola trova poi una significativa sottolineatura nella prima lettura (Lettera agli Ebrei) dov'è rivelato che Cristo, entrando nel mondo, dice: "Tu non hai voluto né sacrificio né offerta, un corpo invece mi hai preparato. Allora ho detto: Ecco, io vengo per fare, o Dio, la tua volontà".
    Altrove il Vangelo coglie sulle labbra di Gesù un'intensa affermazione: "Mio cibo è fare la volontà del Padre". Si tratta di capire che, per il credente, la volontà di Dio è indispensabile come un alimento vitale, luminosa quanto il sole che vivifica tutto.
    A volte però, nel tessuto dei giorni, ci si ferma a cogliere solo ciò che della volontà di Dio si mostra come una realtà difficile da affrontare, dolorosa. Allora, tutt'al più, ci si rassegna. Si fa come chi, di fronte ad uno scrigno che contiene tesori, si ferma allo scrigno, al forziere difficile da aprire.
    E' tutta questione di fede! Bisogna "giocarsi" in profondità: credere che la volontà di Dio è un'immensa, continua fonte di amore-salvezza, di trasformazione del male in bene, della morte in vita che più non muore. E' poco cristiana la grigia rassegnazione!

    Oggi, nel mio rientro al cuore, sosterò a contemplare Gesù risorto da morte. Chiederò di crescere nella speranza teologale che è coltivare l'assoluta fiducia in un Dio che solo può volere il mio vero bene, la mia salvezza e, dunque, la pace del mio cuore ora e qui, anche se a volte incontro circostanze difficili e dolorose che Egli trasformerà in tesori di amore e di grazia.

    La voce di un grande mistico
    Tutto ciò che Dio vuole, proprio in quanto Egli lo vuole, è buono.
    Maestro Eckhart

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    Coordin.
    00 25/01/2012 08:31
    padre Lino Pedron


    La finale del vangelo di Marco insiste sulla missione di portare il vangelo in tutto il mondo, unendo strettamente la testimonianza della parola a quella delle opere, dei segni.
    Con l'esortazione alla missione universale si congiunge l'affermazione che per la salvezza sono richiesti la fede e il battesimo. Inoltre agli annunciatori del vangelo viene promesso che la loro predicazione missionaria sarà sostenuta e confermata dai miracoli compiuti da Gesù risorto.
    La trasmissione delle parole di Gesù è al centro del testo e ha lo scopo di fare cristiani tutti i popoli. La missione, l'andare da tutti gli uomini, è un incarico che va capito bene.
    Se la missione è trasmettere agli uomini la parola di Gesù e le sue direttive per fare di loro, mediante il battesimo, dei discepoli, ciò esclude due malintesi.
    Il primo è il malinteso della rivendicazione del potere politico. Una concezione utopistica è quella di W. Soloviev che ritiene il regno di Dio come uno stato teocratico in questo mondo, e vede questa concezione radicata nella volontà di Gesù. Sulla terra vi sarebbe un unico potere, e questo non apparterebbe a Cesare, ma a Gesù Cristo.
    L'altro malinteso è la relativizzazione dell'incarico missionario, che arriva a sostenere che il compito dell'evangelizzazione consiste nell'aiutare i buddisti a diventare buddisti migliori, i musulmani a diventare più ferventi musulmani, e via dicendo.
    Il dialogo necessario con le religioni mondiali non elimina la necessità dell'annuncio e della testimonianza, della fede cristiana e del battesimo. E' il Cristo risorto al quale è stato dato ogni potere in cielo e in terra (cfr Mt 18, 28), che manda i cristiani a predicare il vangelo ad ogni creatura.
    La missione è necessaria per volontà di Dio, il quale ha risuscitato Gesù Cristo dai morti.

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    Coordin.
    00 26/01/2012 08:18
    Movimento Apostolico - rito romano
    Pregate dunque il signore della messe, perché mandi operai nella sua messe!

    Il mondo è immenso. La terra è vasta, sconfinata. Nessuno la potrà evangelizzare da solo. E tuttavia ognuno, poiché Corpo di Cristo Signore, ha l'obbligo di portare il Vangelo ad ogni creatura. Come fare per superare il limite della fisicità del nostro corpo, della temporalità della nostra vita, della brevità della nostra esistenza, della limitatezza delle nostre forze? Come divenire illimitati, senza spazio e senza tempo? Come fare per assolvere a questo divino mandato per tutti i secoli dei secoli?
    La via c'è ed è infallibilmente efficace, vera, duratura, senza limite, immortale. È divenire noi "generatori" di un gran numero di altri apostoli, missionari, evangelizzatori, operai nella messe del Signore. Noi però non li possiamo generare fisicamente e neanche spiritualmente. Chi può chiamare, inviare, costituire, rendere ministri e amministratori dei suo misteri è solo il Padre nostro celeste. Manifestiamo a Dio nella preghiera questa urgenza e necessità di essere noi "moltiplicati" all'infinito e il Signore dall'alto dei Cieli dona compimento alla nostra preghiera.
    È quanto fa Gesù. Prima chiede al Padre che gli dia le nuove colonne del suo nuovo popolo, i nuovi patriarchi. Ma anche questi sono pochi. Insufficienti. Il Dodici può essere ed è solo un numero nel cui simbolo è contenuta la perfezione. Il Dodici esprime una quantità quasi infinita, numerosissima. Ma esso da solo non basta. Per questo dopo chiede al Padre che gli mandi molti altri operai. Il Padre esaudisce la preghiera di Gesù e vengono oggi costituiti settantadue discepoli, anche loro inviati nel mondo a predicare, annunziare, manifestare la presenza del regno di Dio tra noi.
    Un apostolo o un discepolo di Gesù che vive con verità, santità, giustizia, carità, compassione, misericordia, zelo, dedizione, responsabilità la sua missione, vede sempre la pochezza della sua opera. È come se vi fosse dinanzi a lui una marea immensa da servire e lui è solo. Le sue forze poche. Il tempo insufficiente. Il limite troppo angusto. Lui deve servirli tutti. Ma non può. Se non può lui, potranno di sicuro altri. A lui il mandato di Cristo Gesù di mettersi in preghiera, di salire anche lui sul monte come il Signore, andare dal Padre e manifestarli il suo limite.
    La preghiera deve essere il frutto di un cuore che ama le anime e desidera ardentemente la loro salvezza. Vuole che il gregge del Padre si ricompongo e glielo dice: "Padre, il tuo gregge è ancora piccolo, troppo piccolo. Quelli di fuori sono innumerevoli ed io sono solo. Manda operai che possano radunare il tuo gregge disperso. Tu li manderai, io li accoglierò come Cristo ha accolto quelli che tu gli hai mandato e così aiutati, sorretti, spronati da me, possono divenire dei buoni operai nel tuo campo. Signore, che ami il tuo gregge, manda operai, mandane molti".
    Vergine Maria, Madre della Redenzione, sempre tu vieni in mezzo a noi per chiamare operai. Chiamane molti anche oggi. Angeli e Santi di Dio, intervenite anche voi.

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    Coordin.
    00 27/01/2012 08:34
    Eremo San Biagio
    Commento su 2Sam 11,15

    Dalla Parola del giorno
    "Ponete Uria sul fronte della battaglia più dura; poi ritiratevi da lui perché resti colpito e muoia"

    Come vivere questa Parola?
    I testi dei giorni precedenti ci hanno presentato Davide nella sua rettitudine e grandezza morale. Un uomo che espone la propria vita per salvare il popolo dai Filistei, che pur avendone la possibilità non uccide chi lo ricerca a morte, che non insuperbisce per la posizione raggiunta e tutto attribuisce a Dio ringraziandolo. Eppure quest'uomo, come tutti, è moralmente vulnerabile.
    Oggi lo vediamo scadere in due gesti spregevoli: abusa di una donna il cui marito si trova al fronte e poi, per coprire la propria colpa, ne fa uccidere il marito.
    Si resta allibiti, sgomenti. Un uomo così integro!
    Nessuno può contare sulle proprie forze così da poter dire con sicurezza: io non sbaglierò mai! Anzi, proprio questa sicurezza sarebbe l'inizio di un pericoloso sdrucciolamento. E il lasciarsi andare anche in cose che in quel momento sembrano di poco rilievo apre un pericoloso varco a cadute più rovinose.
    La vigilanza a cui richiama Gesù è quanto mai necessaria a tutte le età e in tutte le circostanze, data la connaturale fragilità dell'uomo. "Ogni intento del cuore umano è incline al male fin dall'adolescienza" (Gen 8,21) ammonisce la Bibbia.
    Una sana ed equilibrata diffidenza di se stessi non solo non nuoce, ma mentre mantiene nell'umiltà fa procedere con avvedutezza e senza staccare la mano da quella di Dio.

    Signore Gesù, tu ben conosci quanto sia fragile la nostra natura e come sia inevitabile cadere se tu non ci sostieni. Donaci la forza dello Spirito Santo perché, da lui sostenuti, possiamo camminare sicuri nella via che il Padre ci ha tracciato.

    La voce del santo dei giovani
    Figlio, hai un'anima sola, pensa a salvarla. Nulla giova acquistare tutto il mondo se perdi l'anima tua.
    S. Giovanni Bosco

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